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SETTIMA SERIE

AVVERTENZA
1. -Questo volume, settimo della serie VII, abbraccia il periodo compreso fra il 24 settembre 1928 e il 12 settembre 1929. Esso inizia il giorno successivo a quello del trattato italo-greco e termina con la nomina di Dino Grandi a ministro degli Affari Esteri. 2. -Anche questo volume è basato principalmente sulla documentazione conservata nell'Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri, e soprattutto nelle sue due articolazioni fondamentali, costituite dalla Cifra (per i telegrammi) e dalla Seria PoLitica. Altri documenti sono stati tratti dalla serie di Gabinetto. Le Carte Lancellotti, posizione 11-12, che conservano i documenti riservati della direzione generale Affari Politici, insieme a documenti di Gabinetto, iniziano praticamente col 1930. Tuttavia, per il periodo coperto dal presente volume, esse contengono una parte della documentazione relativa alla diffusione della cultura all'estero (da integrare con quella conservata nell'Archivio Centrale dello Stato, Ministero della Cultura Popolare); alcuni documenti sull'Albania e sull'irredentismo corso; e, di particolare importanza, la documentazione relativa ai contatti con le Heimwehren austriache. Nulla, invece, che interessi il presente volume si trova nell'altra serie delle Carte Lancellotti, quella del Libro Verde. Una osservazione analoga va fatta a proposito dei limiti cronologici di altri tre fondi. Alludiamo al fondo Società delle Nazioni, e ai due fondi cosiddetti della Segreteria Generale (fondo inventariato e fondo non inventariato), che sono raccolte di documenti provenienti da uffici diversi del Ministero (Gabinetto, Affari Politici, Affari Economici, Società delle Nazioni, ecc.), ricchi sopratutto per gli anni successivi al 1929. Il fondo Conferenze, infine, è stato utile per completare la documentazione relativa all'accor<fo navale anglo-francese e alla prima conferenza dell'Aja dell'agosto 1929.

3. Questa documentazione è stata integrata con ricerche condotte nell'Archivio Centrale dello Stato e nell'Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore della M.arina. Per quanto riguarda l'Archivio Centrale dello Stato, si sono rivelati utili i seguenti fondi: Ministero della Cultura Popolare; Presidenza del Consiglio; Verbali delle riunioni del Consiglio dei Ministri; Ministero di Grazia e Giustizia, serie Vescovi; Segreteria Particolare del Duce, Carteggio riservato; Carte Mussolini, Autografi; Carte Graziani. L'Ufficio Storico della Marina, Archivio dell'Ufficio Trattati, contiene un'ampia e ordinata documentazione relativa al problema del disarmo navale, non solo nei suoi aspetti tecnici ma anche in quelli politici. Per non appesantire ulteriormente il volume, ci siamo limitati ad inserirvi due soli documenti (i nn. 61 e 426), rimandando lo studioso ad un lavoro sul disarmo navale fra le due guerre di prossima pubblicazione, cui sta attendendo il Tenente Generale di Commissariato della Marina Giovanni Bernardi sulla base della documentazione dell'Ufficio Storico della Marina. Esito negativo hanno invece dato le ricerche nell'Archhdo dello Stato Maggiore dell'Esercito, cortesemente fatte eseguire dal Colonnello Vittorio de Castiglioni., Capo di quell'Ufficio Storico. Il fondo conservato in microfilm a Washington presso i National Archives sotto il titolo The Personal Papers of Benito Mussolini non contiene, per questo periodo, documentazione di rilevante importanza sulla politica estera. Ringrazio il prof. Renzo De Felice che cortesemente mi ha fatto consultare l'indice del fondo stesso.

4. La documentazione del volume presenta purtroppo numerose lacune. In parte esse sono dovute al fatto che dalle ricerche eseguite non è risultato che, in questo periodo, Mussolini verbalizzasse i suoi colloqui con i diplomatici e gli uomini di governo stranieri. Particolarmente grave è la lacuna nelle trattative che si conclusero con la Conciliazione, a proposito delle quali non si è trovato nessun documento inedito. Siamo quindi costretti a rimandare alla documentazione già pubblicata, prevalentemente da C. A. BIGGINI, Storia inedita della Conciliazione, Milano, 1942, e in F. PACELLI, Diario della Conciliazione, a cura di M. MAcCARRONE, Città del Vaticano, 1959. Anche per quanto riguarda i rapporti con la Santa Sede nei mesi successivi alla Conciliazione rimandiamo alla documentazione già edita, in particolare da A. CoRSETTI, Dalla preconciliazione ai patti del Laterano, estratto dall'« Annuario 1968 della Biblioteca Civica di Massa», e, più ampiamente, da P. CIPROTTI, Atti della Commissione mista dei delegati della Santa Sede e del governo italiano per predisporre l'esecuzione del Concordato (11 aprile -25 novembre 1929), Milano, 1968. Sono inoltre da tener presenti una lettera di Tacchi Venturi del 17 febbraio 1929 e una di Salandra del 14 maggio successivo, per le quali cfr. R. DE FELICE, Mussolini il fascista, II. L'organizzazione dello Stato fascista, 1925-1929, Torino, 1968, pp. 474 e 430.

Avvertiamo infine che abbiamo ridotto al minimo la documentazione sulla conferenza dell'Aja per le riparazioni di guerra dell'agosto 1929 a causa del carattere strettamente tecnico delle discussioni; e che, anzichè ripubblicare i documenti già editi nella ricerca del Vedovato sulle contrastanti vedute tra il ministro ad Addis Abeba, Cora, e il governatore dell'Eritrea, Zoli, abbiamo preferito pubblicarne altri sullo stesso problema, onde consentire allo studioso un panorama più ampio.

5. Solamente sei dei documenti compresi nel presente volume erano già editi: uno -il n. 12 -in G. VEDOVATO, Gli accordi itala-etiopici del 1928 (nuova ed. in G. VEDOVATO, Studi africani e asiatici, Firenze, 1964, I, pp. 161-363); un altro -il n. 22 -nelle pubblicazioni ufficiali del tempo; un altro ancora l'allegato al n. 99 -nel Popolo di Roma dell'8-9 dicembre 192'8; infine tre documenti -i nn. 428, 447 e 590 -in L. KEREKES, Abenddiimmerung einer Demokratie. Mussolini, Gombos und die Heimwehr, Wien-Frankfurt-Zi.irich, 1966, e in L. KEREKES, Akten zu den geheimen Verbindungen zwischen der Bethlen -Regierung und der osterreichischen Heimwehrbewegung, in « Acta Historica », XI, Budapest, 1965.

Nel licenziare il volume desidero ringraziare quanti mi hanno agevolato le ricerche: in particolare il prof. L,eopoldo Sandri, sovrintendente dell'Archivio Centrale dello Stato, il dott. Costanzo Casucci e la dottoressa Elvira Gencarelli, !\Ammiraglio di isquadra Carlo Paladini, direttore dell'Ufficio Storico della Marina, e il Generale Giovanni Bernardi.

Ho un debito di gratitudine verso la dottoressa Emma Ghisalberti per l'intelligenza e la solerzia con cui ha prestato la sua collaborazione anche per questo volume.

GIAMPIERO CAROCCI

Abbreviazioni usate:

A C S = Archivio Centrale dello Stato.

U S M = Ufficio Storico della Marina.

x


DOCUMENTI
1
1

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (1), AL SOTTOSEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE

T. 4932. Roma, 24 settembre 1928, ore 24.

Telegramma n. 104 (2). Non sono contrario in massima ricevere Roma Marinkovich. Però ciò non può avvenire prima fine ottobre. Se Marinkovich desidera parlarmi lo deve f>are non approfittando suo viaggio di ritorno da Parigi, ma partendo espressamente da Belgrado.

2

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 5801/1868. Belgrado, 24 settembre 1928 (per. il 29).

Il barone Forster, ministro di Ungheria, giunto ieri da Budapest mi ha intrattenuto sulla questione croata. Egli mi ha così esposto il punto di vista ungherese:

• Siamo persuasi che il movimento è serio, quantunque non abbiamo molta fiducia che i croati sappiano organizzare una vera rivoluzione. È più facile che i croati cerchino appoggio in Italia od altrove che in Ungheria, poichè ci conosciamo troppo bene e troppe volte essi si sono comportati male con noi. Per ora il Governo di Budapest guarda al movimento con poca speranza di vederlo riuscire, ma con grande attenzione. Posso assicurare che l'Ungheria non ha fatto niente per aiutare i croati. È mio parere che però qualche cosa bisognerebbe fare, e sono meravigliato che Roma e Budapest non si siano ancora scambiate le loro impressioni. Anzi è mio pensiero personale che un'intesa dei due Governi circa la linea di condotta da seguire nei confronti del movimento croato non sarebbe fuori posto. Questo mi propongo di dire a Budapest ove sarò di ritorno dopo domani, quantunque non mi lusinghi che il mio Governo possa prendere l'iniziativa in tal senso. L'Ungheria è troppo circondata da nemici, ed ha il problema delle minoranze, rimaste fuori dei suoi confini, che la occupano ancora più della questione croata. Noi riteniamo che Pribicevich, uomo di grande malafede, abbandonerà i croati alla prima occasione. L'idea propalata dai serbi di addivenire ad una amputazione ha solo un valore di minaccia per impaurire i croati, ma non può essere considerata come seria. Le provincie distaccate finirebbero per gravitare verso i paesi vicini, non certo verso la Serbia •.

Su questo punto, avendo io chiesto se anche il conte Khuen Hedervary, competente nella materia, era dello stesso parere, ho avuto una risposta affermativa.

Forster ha poi continuato: • I serbi cercano una via di soluzione, che permetta loro di vivere alla giornata e di continuare con questo sistema di governo che li lascia arricchirsi alle spalle delle nuove provincie. Essi non prendono niente sul serio, e quindi neppure il movimento croato. Si illudono che tutto passerà anche questa volta come in passato. Ma i croati questa volta dicono invece sul serio; questa è opinione generale a Budapest. La massoneria lavora per i serbi. Questa verità non mi è possibile dirla al mio ministero degli esteri, perchè temerei di urtare la suscettibilità di qualche mio collega •. Avendo io insistito per sapere se la massoneria era ancora tanto potente a Budapest, il Forster mi ha risposto : • Purtroppo sì •.

Egli mi ha poi chiesto se da parte nostra vi erano stati contatti con i croati. Io ho risposto decisamente di no. Egli ha poi aggiunto che la stampa ungherese molto opportunamente ora non si occupa più dei croati, poichè un troppo accentuato interessamento, come era avvenuto nei primi tempi, poteva sollevare i sospetti dei serbi e dei francesi ed inglesi, che egli considera decisamente

contrari ai croati.

Ritiene poi che la crisi economica che attraversa questo paese, sopratutto ora che il raccolto del mais è andato perduto, servirà [ad] accentuare la posizione di intransigenza assunta dai croati.

Queste dichiarazioni, che egli mi ha fatto in via del tutto confidenziale (e che prego vivamente V. E. di voler tenere il più riservate poss:bile) sembrami che diano luogo ad alcuni rilievi:

l) vi è una marcata differenza fra il senso di assoluto scetticismo, che aveva il Forster circa il movimento croato, sino a quindici giorni fa, ossia prima della sua ultima gita a Budapest, e l'opinione odierna che il movimento sia serio ed occorra seguirlo ed eventualmente aiutarlo;

2) il Forster ha cercato di indagare se l'Italia sta lavorando, ed anche la sua avance sull'opportunità di un accordo sull'azione da svolgere aveva, a mio parere, carattere di sondaggio per accertare quali fossero le nostre intenzioni.

È da ricordare però che il R. incaricato d'affari a Budapest aveva telegrafato che quel ministero d'affari esteri aveva assicurato che questa legazione di Ungheria aveva avuto istruzioni di tenersi in contatto con me a tale riguardo (l);

3) Forster ha cercato durante tutta la sua conversazione di far vedHe che l'Ungheria segue attentamente il movimento ma non lo appoggerà sia perchè diffida dei croati, sia perchè non vuoi compromettersi, ma non ha nascosto che si preoccupa moltissimo di quello che gli altri stati saranno per fare.

II pensiero del signor Forster coincide inoltre con quelli da me già espressi a V. E. sulla malafede del Pribicevich che, o prima o poi, si staccherà dalla coalizione demorurale, sul valore puramente polemico della così detta • amputazione • che non ha alcuna base di possibilità, sulla difficoltà che i croati sappiano o possano dimostrare il possesso di una forza risolutiva da opporre a quella di cui i serbi dispongono e sulla decisa ostilità al movimento croato da parte dei Governi francese ed inglese.

(l) -Il tel.. firmato da Mussolini, fu minutato da Grandi. (2) -Cfr. serie VII, vol. VI, n. 678.

(l) Cfr. serie VII, vol. VI, n. 565.

3

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 5803/1892. Belgrado, 25 settembre 1928 (per. il 29).

Mio telegramma per corriere n. 8465/1852 del 1° corrente.

Il signor Pribicevich seguita a dare delle giornaliere dichiarazioni alla stampa. A parte la polemica sulla politica interna, che si sbizzarrisce in mille argomenti, appare sempre più sintomatico il fatto che egli mantiene una costante linea di attacco verso l'Italia, congiunta al solito ritornello della necessità di una unione jugoslavo-bulgara.

Nella stampa di ieri Pribicevich, attaccando Marinkovich, dichiara per l'ennesima volta che l'Italia sta stringendo un cerchio di ferro intorno alla Jugoslavia, e che per romperlo occorre l'unione colla Bulgaria. « Colla Bulgaria diverremo una grande potenza capace di una politica estera indipendente, capace di realizzare pienamente il principio: i Balcani ai popoli balcanici •. Attacca poi l'attuale Governo bulgaro e rimpiange Stambuliski « che se ancora governasse, l'unione bulgaro-jugoslava sarebbe un fatto compiuto •. Termina imprecando contro gli uomini politici che governano questo paese e che non si accorgono che esso è in istato di vassallaggio verso l'Italia, la quale cerca solo l'avanzata nei Balcani, che si effettuerà non certo attraverso Zagabria e Lubiana, ma attraverso la grande strada imperiale romana: l'Albania.

È mia opinione che questo quotidiano attacco di Pribicevich all'Italia, accoppiato sempre all'auspicio dell'unione dei popoli slavi del sud, risponda prevalentemente, se non unicamente, a ragioni di politica interna, che hanno però, come è noto a V. E., sempre ripercussioni decisive nella politica estera di questo paese. Pribicevich sa che l'unica base di cemento di questo mal connesso stato è l'odio contro l'Italia, che occorre fare apparire ad ogni costo sovrastante e minacciante. Egli tuona quindi contro di noi, perchè sa che in ciò tutti sono d'accordo, croati, serbi e sloveni, e quindi, abbinando deprecazione contro il Governo di Belgrado e contro il serbismo imperante, alle filippiche contro l'Italia, egli tende ad offrire ai contendenti il terreno di unione e di conciliazione, alle quali egli è tenacemente attaccato.

E nell'unione della Jugoslavia alla Bulgaria, Pribicevich, come già Stefano Radich, vede il trionfo della democrazia rurale, da contrapporsi all'imperialismo italiano, e la messa in minoranza dell'elemento dell'antica Serbia nella direzione dello stato S.H.S.

Il fenomeno Pribicevich è poi da tenere in seria considerazione, non tanto per il valore intrinseco dell'uomo, quanto perchè le sue idee sono perfettamente inquadrate nelle direttive della crociata massonico-democratica che muove da Parigi alla conquista dei Balcani. Democrazia repubblicaneggiante ed unione di tutti gli slavi del sud, non sono forse i due temi favoriti dei giornali di sinistra francesi e di quei scrittori, uso Ancel, che vendono della falsa scienza politica a scopo di propaganda democratica massonica?

Questa è la ragione principale per cui le parole di Pribicevich, apparentemente elucubrazioni vuote di contenuto, vanno invece seguite e pesate per

gli sviluppi avvenire. Perchè se la unione non solo, ma anche il semplice accordo politico fra Jugoslavia e Bulgaria sono oggi, malgrado le influenze e le pressioni della massoneria francese e le teoriche necessità della politica estera jugoslava, lontano dalla realizzazione, correnti prevalenti o contingenze imprevedute potrebbero o prima o poi condurre a questa ipotetica situazione. Il problema dell'unione bulgaro-serbo-croato-slovena sarà a quel momento problema per noi sullo stesso identico piano di quello odierno dell'Anschluss, e potrà determinare la rapida riunione di sicuri interessi a ciò contrari, nella quale spetterà all'Italia la parte predominante e direttiva che già si intravede e della quale già oggi V. E. luminosamente pone le basi.

4

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 5799/1894. Belgrado, 25 settembre 1928 (per. il 29).

Richiamo speciale attenzione di V. E. su progetto futuro rimaneggiamento centro Europa e Balcani riassunto in una carta geografica stampata dal giornale Hrvatsko Pravo del 20 corrente, ed inviata a V. E. dal R. consolato generale in Zagabria col telegramma-posta n. 3273 del 22 corrente.

Nell'offrire ai lettori tale progetto il giornale predetto lo fa precedere dal titolo: • Quando si parla della terribile amputazione, ecco come in Inghilterra pensano sull'amputazione. Nuova organizzazione dell'Europa centrale •. A questo titolo è aggiunta questa nota esplicativa: • Questa carta proviene dall'Inghilterra e circola in tutta Europa. Noi la riportiamo per dovere di cronaca. Per Belgrado circolano invece sette diverse carte secondo le aspirazioni di gruppi politici serbi •. Il giornale belgradese nazionalista J edinstvo del 23 corrente riproduce la carta geografica predetta col seguente commento:

« Nelle colonne del nostro giornale abbiamo già tante volte parlato dell'opera traditrice del comitato per la stampa istituito dalla coalizione croata con centrale a Vienna. Il capo anonimo di tale comitato e di tutte le affiliazioni a Parigi, Londra e Budapest è Toni Schlegl, ex cappellano; ed il dottc,r Prebeg Frankovac, dott. Krnjevich, Klobuciarich e Saks, dirigenti dell'azione, hanno sviluppato una campagna infernale contro questo stato. A Parigi lavora un intero gruppo di ' gioventù' con il quale si trova anche Mato Vucetich, corrispondente dell'Obz01·, ed a Londra lavorano tre radiciani con l'aiuto del nostro addetto per la stampa, Smodlaka. A Budapest si trovano Klobuciarich e Saks i quali lavorano con Hejasc e la filiale di Rothermere a Budapest.

Essi hanno anche a Belgrado i loro agenti i quali da qui gli forniscono

calunnie e false informazioni.

Il comitato di Budapest che aiuta anche il Governo ungherese, nel quale è oggi ministro Gèimbèis, è molto attivo. Il comitato ungaro-croato è molto energico ed ha già iniziato l'azione in Inghilterra. Il giornale frankiano

Hrvatsko Pravo riporta la carta geografica che i membri di questo comitato diffondono in Inghilterra sotto il titolo: 'New organisation of middle Europe '. Riportiamo la fedele riproduzione di tale carta perchè si possa vedere fino

a dove giunge la sfacciataggine dei disfattisti e dei traditori •. Il giornale termina chiedendo al Governo S.H.S. di adottare subito le più energiche misure contro i traditori.

Questo commento sopra trascritto è importante perchè getta una prima luce sull'organizzazione della propaganda croata all'estero che avrebbe come centro Vienna e diramazioni a Parigi, Londra e Budapest.

Sembrami che sarebbe opportuno interessare le nostre R. rappresentanze nelle predette capitali al fine di accertare quanto vi sia di vero nelle affermazioni dell'Jedinstvo. Faccio intanto notare che non si parla di organizzazione di propaganda a Roma, il che può essere una voluta prudente omissione, ma può rispondere anche ad uno stato di fatto rispondente a direttive precise già affiorate dall'annuncio dato dal R. console generale in Zagabria che Trumbich si sarebbe recato a Parigi e Londra e solo eventualmente a Roma.

Ma altre considerazioni non meno interessanti possono scaturire dall'esame della carta geografica pubblicata dallo Hrvatsko Pravo:

l) la Cecoslovacchia viene soppressa ed assorbita nel modo seguente: la Boemia alla Germania, la Moravia all'Austria e la Slovacchia con la Russia carpatica all'Ungheria.

2) la Transilvania verrebbe staccata dalla Romania e tornerebbe una repubblica indipendente sotto il nome di • Sedmogradska Republika • (Settima repubblica).

3) la Slovenia sarebbe incorporata nella repubblica austriaca così che il confine itala-austriaco si estenderebbe dall'Ortler sino a Fiume.

4) l'Ungheria riprenderebbe la Voivodina sino a Zemun senza il Sirmio. Avrebbe poi, oltre la parte predetta della Cecoslovacchia una rettifica di confine verso l'Austria.

5) la Croazia comprenderebbe, oltre alla Croazia propriamente detta, le seguenti regioni: Fiume, la Dalmazia sino alle bocche di Cattaro, l'Erzegovina, una buona parte della Bosnia, la Slavonia ed il Sirmio.

6) la Serbia, oltre alle vecchie provincie, avrebbe il rimanente della Bosnia, il Montenegro, e la Macedonia greca.

Tutta questa ricostruzione della futura carta dell'Europa centrale e balcanica ha valore -oltre che come prova che i croati pensano seriamente ad una separazione, anzi ad uno smembramento del regno di Serbia -perchè in essa si rivela in modo palese la tendenza a favorire i tedeschi di Germania e di Austria, ed anche, per quanto più limitatamente, gli ungheresi. Vi si traccia infatti perfino un sensibile ingrandimento della Germania con l'assorbimento della Boemia, ed all'Austria viene data anche la Slovenia, così che i tedeschi potrebbero allora premere sulle nostre frontiere con direzione convergente su Trieste lungo tutto il grande arco da Merano a Fiume.

Da tali manifestazioni si trae quindi l'impressione che il movimento croato sia già accaparrato dai circoli propagandisti tedeschi sia di Austria che di Germania, come lo starebbe a dimostrare anche il fatto rivelato dal giornale belgradese sopracitato che Vienna sarebbe il centro di irradiazione della propaganda croata nelle capitali europee.

Questa è la fondamentale ragione per la quale mi sono sempre e costantemente espresso con V. E. negli ultimi mesi circa i pericoli che possono derivare da uno smembramento di questo stato. Un mutamento delle frontiere jugoslave è troppo tentante occasione per non modificare quelle che Versailles impose per tutta l'Europa. I centri austriaci non sono morti e facilmente possono riformarsi ed agire.

Ma poichè la questione è in movimento, può rimanere in una situazione di stasi ancora molti e molti mesi, ma può anche da un momento all'altro sboccare nella crisi definitiva e risolutiva, è per me fuori dubbio che quanto si riferisce al movimento croato deve essere non solo minutamente seguito ma fortemente organizzato e preparato per impedire che prendano il sopravvento all'ultimo momento tendenze ed influenze a noi ostili.

Dall'Anschluss, (vedi mio telegramma per corriere n. 7037/1558 del 24 agosto 1928) come da una disgregazione di questo stato la minaccia di avere una estensione del mondo germanico (sia austriaco o tedesco, non sono che espressioni verbali di una medesima forza) alle nostre frontiere si ripete e pone lo stesso problema per noi. Se tale pericolo vi sia le nostre hanno da essere avanzate, non giungere le tedesche fino a Postumia e Fiume.

Se è, come è difatti che è verso Vienna e la Germania che croati tendono per cultura, tradizioni, abitudini civili ed abito mentale, e verso l'Austria per religione, la questione croata viene a formare un'altra potente arma di cui i germani possono e vogliono servirsi per squassare questa cervellotica costruzione centro europea, e dare fisionomia teutonica alla futura nuova carta della media Europa.

n problema angoscioso che si è posto dinanzi all'Italia dal 1915 -favorire il centralismo serbo con tutti i pericoli di una estensione balcanica o il croatismo con la tendenza però a riallacciarsi o prima o poi al germanesimo permane ancora integro.

La migliore via e la migliore soluzione è, se al momento della crisi risolutiva si giunga, aiutare lo smembramento di questo stato.

Questo però dovrebbe avverarsi sotto il nost1·o controllo, così da condurre le future fo7·mazioni statali che venissero a formarsi nella nostra orbita, se non nel nostro completo dominio.

La forza politica italiana è oggi ben diversa da quella che fu dal 1915 al 1922. È oggi possibile immaginare un nostro deciso intervento che del punto dove si incontrano le tre grandi razze, italiana, tedesca e slava, faccia quella formazione statale indipendente, o politicamente connessa alla nostra, che costituisca in territorio non etnicamente italiano la più salda difesa del nostro lterritorio] nazionale, sia la testa di ponte sicura della nostra penetrazione nel centro Europa cui la nostra energia crescente ci dà ogni diritto.

5

IL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA RR. 3312. Zagabria, 25 settembre 1928.

Mi riferisco al telespresso riservato personale del 19 corrente n. 5706 (1).

Ho dato verbalmente conoscenza dell'allegato alla nota persona (2), che ringrazia vivamente per la comunicazione fattagli e più ancora per il contenuto del documento che ha dichiarato essere di grande efficacia e redatto in modo magistrale.

Non ho avuto nemmeno bisogno di rilevare la lealtà con la quale è stata realizzata la promessa datagli, giacchè egli stesso ha spontaneamente e ripetutamente dichiarato la sua piena soddisfazione e la sua completa fiducia.

Ho preso con lui un appuntamento per la prossima settimana. Dopo tale colloquio sarà probabilmente opportuno che venga a Roma a riferire, valendomi, -ove nulla osti -della autorizzazione generica datami da codesto Ministero con telegramma diretto a Bled alla R. Legazione e colà comunicatomi.

L'allegato è stato distrutto.

6

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5777/782. Belgrado, 26 settembre 1928, ore 20,20 (per. ore 23,50).

A telegramma di V. E. 4952/411 (3). Desiderio Marinkovich incontrarsi con V. E. può benissimo essere stato suggerito a Ginevra da Briand sempre propenso a manifestazioni esteriori cui può essere attribuito significato superiore al vero. In ogni modo ritengo esso sia determinato da progetto accreditare Marinkovich come • grande pacifista • (vedi Ere Nouvelle) per tendere in ultimo a dimostrare al mondo bancario la ottima posizione internazionale della .Jugoslavia ed ottenere quel prestito che permetta allo stato S.H.S. di uscire dalla vita alla giornata che le finanze jugo

slave stanno ora attraversando (concluso prestito tedesco di 100 milioni di marchi-oro corrisposto in materiale ferroviario elettrico ed altro, trattative in corso per cessione del monopolio fiammiferi a trust svedese verso prestito di

un miliardo, mentre intanto banca nazionale fa anticipi settimanali di poche diecine milioni per pagamento funzionari ed altre necessità inderogabili dello stato).

Mi permetto poi rispettosamente aggiungere a quanto V. E. ha già risposto, che visita Marinkovich a V. E. potrebbe se mai essere utile suggello di una soddisfacente conclusione di trattative, non iniziale incontro forse sterile di concreti risultati, anche se accompagnato dalle consuete dichiarazioni di amicizia che lascerebbero il tempo che trovano, ma che intanto gioverebbero esclusivamente ai fini di questa politica. Ma soprattutto penso che fin quando la politica estera S.H.S. non esca dalla diretta influenza del re e dalle mani dell'alto comando militare con Marinkovich e gli altri attuali elementi radica-democratici oggi al potere, sarebbe illusione credere alla possibilità di un reale definitivo favorevole mutamento della politica jugoslava verso di noL

(l) -Non rinvenuto. (2) -Pavelié? (3) -Del giorno 25, che non si pubblica.
7

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. 4981/292. Roma, 26 settembre 1928, ore 24.

Le invio con telegramma per corriere un cenno riassuntivo degli argomenti trattati con Venizelos nel corso dei colloqui (l) che ho con lui avuto in occasione della firma del trattato italo-greco. Come la S. V. rileverà la nota principale e più importante delle dichiarazioni fattemi da Venizelos è stata quella del suo desiderio di fare una politica di pace e di amicizia con tutti i suoi vicini, in particolar modo colla Turchia, colla quale intende stabilire rapporti che partano dalla accettazione leale e definitiva delle situazioni attuali e che trovino la loro consacrazione in un accordo che egli spera di concludere al più presto.

Ho marcatamente e replicatamente insistito con Venizelos che i due patti bilaterali italo-turco ed itala-greco, destinati a stabilizzare le relazioni fra le potenze del Mediterraneo orientale, dovevano trovare la loro logica e necessaria conclusione, ai fini di tale politica realizzatrice degli accordi di Milano, in una pronta conclusione del trattato greco-turco. Venizelos mi è sembrato convinto

e disposto in tal senso.

Di quanto sopra ho informato questo ambasciatore di Turchia. La S. V. ne dia in ogni modo riservata notizia a Tewfik Roussdi bey, affinchè egli possa apprezzare esattamente la portata del trattato colla Grecia e la costanza delle

direttive della politica italiana verso la Turchia.

(l) Cfr. serie VII, vol. VI, n. 679.

8

IL SOTTOSEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5759/106. Ginevra, 26 settembre 1928, ore 23 (per. ore 0,30 del 27).

Telegramma di V. E. n. 4932 (1).

Ho comunicato suo pensiero alla delegazione jugoslava. Ministro Rakich, che sarà a Roma tra qualche giorno, prenderà con V. E. gli opportuni accordi per l'ulteriore seguito della questione.

9

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI

T. 4993/417. Roma, 27 settembre 1928, ore 24.

Suoi telegrammi nn. 1813, 1818 e 1824 (2).

Autorizzo V. S. a far rilevare colle opportune proteste, a codesto Governo, gli articoli ingiuriosi e minacciosi che vanno intensificandosi in codesta stampa contro l'Italia, citando in particolare quelli segnalatimi e sopratutto i ridicoli ammonimenti dello Slovenec, sintomatici date le note relazioni del giornale con codesto presidente del consiglio.

Protesta, che dovrà essere serena e dignitosa, dovrà porre soprattutto in chiaro questo: che le affermazioni pacifiche e bene intenzionate che il signor Marinkovich va facendo da un pezzo e particolarmente all'estero per addossarci la responsabilità dello stato delle nostre relazioni colla Jugoslavia, trovano la più chiara smentita in simili pubblicazioni destinate ad eccitare l'animosità delle popolazioni jugoslave contro di noi, malgrado che, come nel caso dello Slovenec, il Governo di Belgrado abbia innegabilmente ogni mezzo di impedirle e di influire su codesta opinione pubblica in altro senso.

Siccome desidero che di questo stato di cose si cominci all'estero a rendersi esatto conto, mi tenga al corrente dettagliatamente del suo passo, per norma dell'azione che mi riservo di svolgere in questo ordine di idee.

D'altra parte non mi sembrerebbe fuori luogo che la stampa italiana rilevasse l'articolo stesso, al fine di dimostrare all'opinione pubblica mondiale di quali sentimenti poco rassicuranti dia prova la stampa ufficiosa S. H. S. •.

n telegramma reca a margine l'annotazione di Mussolini: c Si •·

(l) -Cfr. n. l. (2) -Con t. s. per corriere 5637/1813 del 18 settembre Galli aveva richiesto: • Sarò grato all'E. V. se vorrà farmi conoscere, se ritenga opportuno che faccia un passo presso questo Governo al fine di far rilevare il linguaggio oltraggioso, ed eccitante all'odio verso di noi, adoperato dall'organo del presidente del consiglio.
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L'INCARICATO D'AFFARI A MOSCA, QUARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 5920/423. Mosca, 27 settembre 1928 (per. il 6 ottobre).

Le cosiddette rivelazioni della Krasnaia Svezda circa la portata politica del patto anglo-francese sono state qui seguite da vivaci e prolungati commenti da parte di tutta la stampa sovietica.

Fin dal primo momento, come del resto in qualsiasi manifestazione anche secondaria dell'attività diplomatica, si è voluto vedere nel patto una manovra inglese per obbligare la Francia a mutare la sua linea politica verso l'U.R.S.S.; resta difficile stabilire in che cosa, secondo le linee del Governo sovietico, dovrebbe consistere questo mutamento della politica francese, poichè oramai da parecchio tempo a questa parte, l'attitudine francese verso i Sovieti è stata assolutamente negativa: persino il socialisteggiante signor Herbette si è da oltre un anno trasformato in vivace critico di tutta la politica sovietica ed in sostenitore della necessità di un fronte unico delle potenze borghesi contro il pericolo comunista.

Nei circoli ufficiali il patto anglo-francese ha destato una serie di nuove speranze. A parte la solita concezione comunista della inevitabilità di nuova guerra fra le grandi potenze capitaliste, guerra che dovrebbe facilitare l'avvento della rivoluzione mondiale, qui si spera che il risentimento manifestatosi a Washington, Berlino e Roma decida questi paesi a mutare il loro atteggiamento verso l'Unione. Degli Stati Uniti si parla poco, il riconoscimento da parte degli americani è un avvenimento nei riguardi del quale si sono avute troppe delusioni; si parla invece molto della Germania e dell'Italia.

La politica cosiddetta di Locarno ha sempre destato qui le maggiori apprensioni: nonostante le previsioni pessimistiche si è sempre temuto che un bel giorno Francia e Germania riuscissero sul serio a mettersi d'accordo ed allora l'amicizia russa avrebbe perduto per la Germania gran parte della sua ragione di essere; ora il mutamento della politica inglese e l'insuccesso di Miiller a Ginevra sono salutati con gioia, sia come un colpo inflitto all'odiato partito social-democratico, sia come un avvenimento che possa rimettere decisamente la Germania sulla via dell'orientamento orientale.

Non minori speranze in questo momento suscita l'Italia: mentre da una parte si ironizza sulle • delusioni italiane • la cui politica di • servilismo • verso l'Inghilterra ha portato l'Italia a trovarsi isolata, dall'altra si riportano ampiamente gli articoli del Tevere su di una nuova politica orientata verso tutti i malcontenti, verso Berlino, Angora e Mosca (1). Politica megalomane -si dice in sostanza -ma che contiene qualche elemento sano e che può portare all'Italia considerevoli vantaggi.

È difficile dire che cosa si aspettino da noi. Collaborazione economica e finanziaria no: il mercato italiano malgrado tutto è qui poco conosciuto e soprattutto non si ritiene che noi siamo in grado di offrire loro i grandi crediti di cui si ha bisogno. Si direbbe che nella mente dei governanti sovietici ci si rappresenta l'Italia come uno staterello irrequieto, asservito ora a questo ora a quell'imperialismo, paese di poca o nessuna importanza ma da cui si può trar profitto come da un elemento di disordine servendosene ora come perturbatore dell'ordine esistente verso i grandi stati capitalisti, ora come di spauracchio imperialista verso i paesi del prossimo oriente: uno strumento insomma facilmente maneggiabile ma di più che secondaria importanza.

Personalmente ho evitato qualsiasi conversazione sull'argomento: a qualche funzionario del Narkomindiel che ha cercato di parlarmene ho risposto che non avevo altre informazioni che quelle apparse sulla stampa.

Durante una conversazione con un ministro straniero, un alto funzionario del commissariato degli esteri gli ha detto che l'Italia aveva quello che si meritava per essersi fatta strumento della politica antisovietica dell'Inghilterra nel prossimo oriente e nell'Europa orientale e che ora non le restava altra alternativa che di cercare di riprendere un atteggiamento favorevole all'U.R.S.S., come ai primi tempi dopo la ripresa delle relazioni diplomatiche.

(l) Allude agli articoli pubblicati il 5-6 settembre (Nuova variazione su vecchio tema), il 6-7 settembre (At!a scoperta dd fascismo), il 10-11 settembre (Il crepuscolo dei luoghi comuni).

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IL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 5855/3338. Zagabria, 28 settembre 1928 (pe1·. H 2 ottobre,).

Telegramma di V. E. n. 4937/46 del 27 corrente (1).

Non sono in grado pel momento di controllare notizia relativa viaggio generale Sarkotic al confine ungaro-croato, essendo attualmente assenti da Zagabria le persone che sarebbero in grado di darmi informazioni al riguardo.

Circa scopo di tale viaggio (e cioè presenziare primi atti del dramma movimento separatista) ritengo che si tratti della progettata dichiarazione dell'indipendenza della Croazia, su cui ebbi già a riferire con telegramma per corriere del 14 corrente n. 104 (1).

I capi dei partiti croati stanno discutendo sulla opportunità e sulle modalità di tale passo.

Il colloquio da me preannunziato (con rapporto n. 3312 del 25 corrente diretto al Gabinetto ministro) (2) per la prossima settimana in seguito al quale potrebbe essere opportuna la mia venuta a Roma si riferisce appunto a tale progetto.

5 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

A Vienna si parla già di • primi atti • perchè gli esuli sogliano magari inconsciamente affrettare gli eventi con la fantasia. Ma i capi responsabili del movimento croato, i quali stando sul posto dovrebbero sopportare insieme coi loro seguaci le gravissime conseguenze di un atto decisivo, intendono procedere con ogni ponderazione e dopo aver ottenuto possibilmente delle assicurazioni che i croati non saranno del tutto abbandonati a se stessi.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 5.
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L'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, PORTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

(Ed. in VEDOVATO, pp. 276-277)

T. 5811/183. Addis Abeba, 29 settembre 19218, ore 22 (per. ore 2,30 del 30).

Telegramma di V. E. n. 4985/136 (1).

Dai telegrammi successivi al mio telegramma n. 174 (2) V. E. avrà potuto rilevare come le previsioni pessimistiche e le oscure manovre di questa legazione di Francia non solo non si siano assolutamente realizzate, ma come il reggente con abilità veramente eccezionale abbia saputo trasformare una situazione inizialmente di netto svantaggio per lui in un suo grande successo personale. Tale successo in definitiva viene a consolidare in modo oltremodo sensibile quello da noi ottenuto per la conclusione dei noti accordi. Di guisa che l'ambiente non potrebbe essere oggi più favorevole ed io non saprei abbastanza insistere presso V.E. perchè si ponga mano il più sollecitamente possibile all'integrazione ed ai perfezionamenti di quanto ha formato oggetto degli accordi medesimi. Mi permetto di esporre quanto precede a V. E. anche perchè mi risulta, da persona vicina al ras Tafari, che il Governo francese ha qui iniziato trattative per la concessione di una zona franca all'Abissinia in Gibuti. Tale zona, mi è stato assicurato, sarebbe del doppio (sic) di quella da noi proposta per Assab. Riferisco naturalmente ciò con ogni riserva, salvo a controllare ed indagare ulteriormente in proposito.

Assicuro V. E. che avevo provveduto cautamente ed indirettamente a fare rilevare al ras Tafari la differenza del nostro atteggiamento da quello di altri, durante i recenti avvenimenti. Posso dire anche che il gesto del ministro di Francia ha prodotto presso ras Tafari sfavorevole impressione. Ne ho avuto conferma ieri l'altro durante rivista del Mascal, dall'attitudine estremamente cordiale del ras Tafari verso di me, attitudine che non è sfuggita agli altri miei colleghi.

(l) -Del 26 settembre, che non si pubblica. (2) -H t. 5o48; 174, ncn pubblicato, è del 21 settembre. Un passo ed. in VEDOVATO, p. 276.
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IL MINISTRO A VARSAVIA, MAJONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 5912. Varsavia, 29 settembre 1928 (per. il 6 ottobre).

Zalewsky mi ha oggi lungamente intrattenuto sulla questione dello sgombero renano nei riflessi della Polonia, pregandomi di riferirne a V. E. Ecco quanto il ministro mi ha detto:

• -Soluzione problema renano senza intervento stati orientali, specialmente Polonia, costituisce perpetuazione stato di cose gravemente pregiudizievole interessi generale pace. Locarno ha determinato nella pubblica opinione tedesca la concezione di una assoluta differenziazione tra frontiere occidentali ed orientali: salvaguardia delle prime da parte delle principali potenze già alleate, indifferenza per le seconde. Assenza totale Polonia da un compromesso per sgombro renano radicherebbe nel Reich questa singolare disposizione spiriti, preparatoria per una futura azione. Noi sappiamo difatti che per far accettare Locarno, Stresemann ha dichiarato a Berlino essere quel patto passerella sulla quale egli avrebbe fatto passare, a varì intervalli, prima sgombero renano, poi Anschluss, infine corridoio polacco. Si tratta dunque di interessi generali europei che si fondono con quelli più particolarmente polacchi. Da ciò necessità associare, in un momento del compromesso, la Polonia alle altre potenze. La questione sta nel trovare questo " momento " e la " forma " di visibilità dell'intervento polacco. Si potrebbe, in via giuridica invocare art. 428 trattato di Versaglia, il quale nel trattare delle garanzie esecuzione, parla delle truppe " delle potenze alleate ed associate ": locuzione che comprenderebbe anche Polonia, com'è detto preambolo trattato stesso, mentre ogni qualvolta s'è voluto accennare alla Francia, al Gìappone, all'Inghilterra, all'Italia ed agli Stati Uniti si è usata la locuzione " Le principali potenze alleate ed associate ". Ma argomentazione peccherebbe troppo di sofisma e Varsavia non intende invocarla. Intervento Polonia verrebbe giustificato nel momento in cui verrebbe firmato il compromesso relativo al comitato vigilanza ed arbitrato, per la concatenazione che indubbiamente esiste fra frontiere [occidentali] e frontiere orientali, come Locarno stesso ha implicitamente riconosciuto. La firma apposta anche da un rappresentante Polonia a tale parte compromesso (per le altre Varsavia non crede di avere fondamento per potervi insistere) troncherebbe una volta per sempre pericolosa concezione formatasi nei riguardi dei due ordini di frontiere Germania, e che determina formazione atmosfera incontestabilmente pericolosa per pace. Il Governo polacco confida che Governo italiano condividerà tale punto di vista ed esprime perciò calda preghiera ch'esso voglia farsene sostenitore a tempo opportuno •. Ho dichiarato ministro che avrei riferito conversazione a V. -E. e gli ho chiesto intanto s'egli avesse già intrattenuto in argomento signor

Briand. Zalewsky mi ha risposto affermativamente, aggiungendo però: • Briand ha consentito nel mio pensiero, e mi ha assicurato suo appoggio: ma sue promesse sono sempre molto vaghe ed è per lui molto facile trovare modo eluderle , .

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

L. P. Berlino, 30 settembre 1928.

L'ex Kronprinz ha riparlato della sua visita a S. E. Mussolini, della quale già Le scrissi, con il maggiore entusiasmo. Ha detto che ha conosciuto in vita sua due persone che gli avevano fatto grandissima impressione: Re Leopoldo del Belgio ed Edoardo VII, ma che non sono da paragonarsi con il Duce. Ha soggiunto di aver dato direttive ai giornali di destra di non attaccare più S. E. Mussolini quando si parla di Alto Adige ecc.

I suddetti giornali lo hanno accettato solo in parte. Apprezza molto ed ha molta fiducia nello Stahlhelm.

Le delusioni di Ginevra hanno dato forza ai Partiti ed alle organizzazioni di opposizione; i monarchici hanno perfino aperta una sottoscrizione per celebrare il 70° compleanno dell'ex Kaiser con l'istituzione di un'Opera di Carità. Ma se il programma di opposizione negativa è forte, non può dirsi altrettanto degli accenni ad un programma positivo.

Circa la salute di Stresemann si continua a dire che è precaria; che ogni piccolo incidente può esser grave e fatale: ha avuto giorni scorsi un forte raffreddamento, ma se l'è cavata con un giorno di letto.

Tra i nomi degli eventuali successori si dice che il più forte aspirante sia Breitscheid. Corrono anche voci, non so quanto fondate di un'altra destinazione di Schubert.

Mi dicono che in Italia vi sia un sentimento molto forte contro la Francia, e si volgono gli occhi alla Germania. Ho visto anche qualche accenno su qualche giornale. La Germania intanto è quel che è: effettivamente disarmata, con i territori occupati, e con le riparazioni che si rendono sempre più gravi e difficili.

Fortunatamente noi siamo lontani dai tempi in cui Bismarck poteva pensare e dire la sua frase ingiur:iosa contro l'Italia. Ed il Duce prosegue risolutamente la politica italiana nell'Alto Adige.

Sarà veduta una ripresa di strilli a proposito dell'insediamento del nuovo Prefetto (1). Ma notevole la frase della Kreu.z Zeitung « che la questione dei tedeschi in Alto Adige riguarda l'Austria».

Mi hanno detto che a sostituire l'addetto d'aviazione Fier verrebbe l'On. Ricci o l'On. Locatelli. È vero?

(l) Dì Bolzano.

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IL MINISTRO A PRAGA, VANNUTELLI REY, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 5914/346. Praga, 2 ottobre 1928 (per. H 6).

Ho fatto a Benès la comunicazione prescrittami col telegramma n. 143 (1). Egli mi ha assicurato che codesta Legazione di Cecoslovacchia riceverà istruzione di procedere in tempo utile al rinnovamento del patto di collaborazione cordiale mediante scambio di note con V. E.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. 5094/304. Roma, 3 ottobre 1928, ore 24.

Richiamo attenzione di V. S. sopra dichiarazioni fatte a Parigi da Venizelos a rappresentanti stampa serba e riprodotte da giornali ateniesi. Venizelos avrebbe infatti detto fra altro che è disposto firmare patto di amicizia con Bulgaria anche prima della dissoluzione del comitato rivoluzionario macedone perchè occorre rafforzare posizione del Governo bulgaro, che è • tragica •.

Conto ad ogni modo che costà si rendano esatto conto dell'importanza e dei vantaggi che per la Bulgaria rappresenta la politica che l'Italia va concretamente realizzando nei riguardi della Balcania e del Mediterraneo orientale e di questi primi sviluppi del recente trattato italo-greco.

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IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 5951/198. Vienna, 3 ottob1·e 1928 (per il 7).

Come ho già riferito a V. E. le • Heimwehren •, o corpi militarizzati di destra, principiano a dare qualche segno di migliore ordinamento e di maggiore attività. Se ne cominciano a vedere fin da ora gli effetti sui socialisti per il contegno più conciliante da questi assunto, il quale va dai discorsi meno minacciosi dei loro capi e dalle loro proposte di negoziare in materie come quella della legge sugli affitti nelle quali fino ad ora si erano mostrati intransigenti, alla stessa loro dichiarazione d'esser pronti, se si disarmano le « Heimwehren •,

a disarmare anche il « Republikanischer Schutzbund • ordinato sin dalla costituzione della repubblica per la difesa apparente di questa ma per la reale offesa contro la borghesia.

Del migliore ordinamento e della maggior attività delle • Heimwehren • l'ultimo e più importante segno è la loro decisione di un'adunata a WienerNeustadt, cittadella dei socialisti, sulla quale ho già riferito e continuerò a riferire. Ma poichè quali che siano per essere le conseguenze di tale decisione, è probabile che d'ora innanzi l'intervento nella vita pubblica del paese di queste • Heimwehren • sostenute dal Governo si farà sentire più spesso e con maggior peso, mi sembra utile considerare l'importanza di tale fattore così nei riguardi della stessa Austria come nei riguardi dell'Italia.

Per ciò che concerne la situazione interna austriaca è certo che un'azione più energica delle « Heimwehren » sarà benefica. A prescindere dai possibili maggiori effetti ulteriori, difficili a prevedersi sin da ora essendo essi risultati di due fattori -l'azione cioè di queste e la reazione del • Republikanischer Schutzbund », è innegabile che, come dicevo più sopra, già si nota un contegno più conciliante nei socialisti. Secondo ebbi altre volte a riferire, il problema austriaco, se è alla superficie eeonomico, è nel fondo politico, in quanto deriva principalmente dall'atteggiamento dei social-democratici, che preoccupati degli interessi particolari del loro partito invece che di quelli generali dello stato hanno obbligato questo a una politica economica non rispondente alle necessità del paese e hanno così ritardato una sua più rapida ricostituzione; basti ricordare, fra tutti, i danni che derivano all'economia statale dalla legge di protezione sugli affitti specialmente nei riguardi della capitale, la quale è quasi un terzo dell'Austria. Questa politica anti-economica è stata finora imposta dai socialisti con la prepotenza che deriva dall'impunità. Di quanto i primi sintomi si confermassero, di quanto questa prepotenza socialista andasse attenuandosi, di tanto si avvantaggerebbero le finanze, le industrie e i commerci della repubblica e si accelererebbe il suo risanamento.

Nè i benefici si limiterebbero all'Austria, ma si estenderebbero anche a noi. Non occorrono molte parole per dimostrare i vantaggi, specie per uno stato come il nostro nel quale il fascismo ha ristabilito il valore dei concetti di autorità, ordine e disciplina, di confinare con un altro nel quale tali parole non siano più vuote di senso, ma abbiano veramente riacquistato il loro reale contenuto. I socialisti austriaci sono tra i maggiori nemici del fascismo e non solo teoricamente ma anche praticamente, com'è provato dai discorsi di tutti i loro dirigenti e dagli articoli di tutti i loro giornali, nei quali le accuse più ingiuste e le offese più volgari sono quotidianamente dirette a noi innanzi tutto, anche se dopo si volgono altresì all'Ungheria, alla Spagna, alla Bulgaria e alla Turchia.

Tuttavia di contro a questi notevoli vantaggi vi sono inconvenienti, altrettanto, se non maggiormente, notevoli. Se è vero che attacchi al fascismo non sono mancati nè mancano nelle varie province austriache e specialmente nel Tirolo da parte di quelle classi borghesi dalle quali pure derivano i membri delle

• Heimwehren •, è altresì vero che le • Heimwehren • stesse hanno negli ultimi tempi evitato atteggiamenti ostili nei nostri riguardi. Esse si sono, per bocca dei loro capi e specialmente del supremo dirigente Steidle, astenute da apprez

zamenti sull'Alto Adige e hanno ripetute volte dichiarato che non erano costituite per scopi di politica estera bensì solo di politica interna e cioè la difesa dello stato contro i socialisti. Hanno anche fatto qualcosa di più: hanno manifestato alcuni propositi, in relazione a tale programma, i quali sono per alCuni atteggiamenti analoghi a quelli nostri, così da farsi designare per fascisti dai loro avversari. Senonchè il concetto che del fascismo gli uni e gli altri hanno è assai diverso da quello che potrebbe credersi, essendo tenuto entro i limiti dell'oggetto della loro lotta, cioè della prevalenza nella vita statale dei borghesi

o dei socialisti; le « Heimwehren » hanno ristretto lo scopo ultimo della loro azione a quel rafforzamento del concetto di stato che per il fascismo non è fine bensì mezzo allo svolgimento di un'opera morale, politica, legislativa, economica ecc. che nessuno si propone qui, a cominciare sembra dallo stesso Steidle, di seguire, non solo nello specifico, ma nemmeno nel generico suo contenuto. Basta tra tutte l'affermazione di Steidle che le • Heimwehren • vogliono proteggere contro i socialisti lo • stato democratico ». Poichè dunque nulla vi è di comune tra fascismo e • Heimwehren • se non la lotta contro i socialisti, poichè queste hanno piuttosto evitato di manifestarsi contro il fascismo che non di fare aperte e ferme dichiarazioni a favore di esso, poichè infine traggono i loro membri da provincie nelle quali l'opinione pubblica dei borghesi ci è ostile, e specialmente dall'ostilissimo Tirolo, e i loro comandanti militari dagli ex ufficiali dell'antico esercito, ci si può chiedere se questo contegno relativamente favorevole, o quanto meno indifferente, non derivi da contingenti ragioni di opportunità. Il giorno in cui le • Heimwehren •, iniziata una seria battaglia contro i socialisti, riuscissero a prevalere, esse, rafforzate e imbaldanzite, si volgerebbero dalla politica interna a quella estera del loro paese, e accentue;rebbero la generale tendenza di fare della lotta contro l'Italia uno degli scopi di questa politica. Allo stesso modo che le nostre difficoltà politiche con l'Austria si sono iniziate il giorno in cui questa ha cominciato a sentire gli effetti del suo risanamento economico, tali difficoltà si accrescerebbero molto di più il giorno in cui a questo risanamento economico, che va indubbiamente progredendo, si avesse qui la convinzione si sia aggiunto quello politico.

Un'Austria socialista ci può dare qualche imbarazzo per la nostra politica interna, per quanto la solidità dei nostri presenti ordinamenti faccia in tutto escludere che gli imbarazzi possano mutarsi in pericoli. Ma un'Austria con gran prevalenza conservatrice ce ne darebbe assai più per la nostra politica estera. È vero che i socialisti austriaci, mettendosi in contraddizione con i loro principi, fanno più o meno i nazionalisti nei riguardi delle rivendicazioni austriache sull'Alto Adige; ma ciò deriva principalmente da interessi elettorali -nelle province e specie nel Tirolo essi sono in forte minoranza -e da scopi di tattica parlamentare. Un'Austria nella quale il signor Steidle -che si è sempre guardato dal manifestarsi sull'Alto Adige, e meno che mai dal dichiarare di aver rinunciato ad esso -avesse il sopravvento uscendo vittorioso dalla lotta contro la tirannia socialista imperversante qui in Vienna da dieci anni con grave danno morale e materiale della borghesia, potrebbe darci difficoltà assai maggiori che un'Austria nella quale infieriscono i discorsi del signor Ellenbogen e gli articoli dell'Arbeiter Zeitung.

(l) T. 4860/14,3 del 21 settembre, ore 24, e firma Grandi: auto;rizzazione a « rispondere Benes che R. Governo è disposto rinnovo puro e semplice del patto ».

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, KOCH

T. 5123/298. Roma, 4 ottobre 1928, ore 24.

Suoi telegrammi nn. 512 e 513 (1).

Comunico (2) suoi telegrammi ad Atene perchè R. incaricato d'affari cerchi per quanto possibile influire su Venizelos nel senso desiderato, a sviluppo del resto delle precise premure che gli sono state recentemente fatte a Roma in occasione della firma del trattato itala-greco.

Occorrerà, peraltro, che dal canto suo Tewfik Roussdi bey tenga presenti interessi generali ed importanti connessi ad una rapida conclusione dell'accordo greco-turco e, in tale ordine di idee, cerchi di approfittare delle favorevoli disposizioni manifestate da Venizelos per stringere direttamente i tempi di una conclusione, allo scopo di neutralizzare nel modo il più efficace qualsiasi interferenza comunque preoccupante di Vicugnas, senza che considerazioni di persone vengano ad arrestare ancora una volta la definizione di un accordo che sembrerebbe ormai suscettibile di immediata realizzazione.

19

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ALDROVANDI, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, AL MINISTRO A VIENNA, AURITI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, DE ASTIS

T. PER CORRIERE 5101. Roma, 4 ottobre 1928.

Il R. ministro a Belgrado riferisce in data 25 settembre: • (come nel telegramma per corriere n. 5799/1894 fino alle parole: " ...propaganda croata nelle capitali europee ") » (3).

Pregola tenermi dettagliatamente al corrente di quanto le venisse costà a risultare circa le segnalate organizzazioni croate in codesta capitale ed, in genere, circa il pensiero di codesti circoli responsabili e di pubblica opinione a proposito del movimento croato e dei suoi prevedibili sviluppi.

(l) -T. s. 5866/512-513 del 30 settembre, con cui Koch trasmetteva il suggerimento di interporre i buoni uffici dell'Italia presso Venizelos. (2) -Con t. per corriere n. 5124, pari data. (3) -Cfr. n. 4.
20

IL VICEDIRETTORE GENERALE DELLA PUBBLICA SICUREZZA, RAMACCINI, AL CAPO DELL'UFFICIO III JUGOSLAVIA DELLA DIREZIONE GENERALE EUROPA E LEVANTE, INDELLI

N. R. 442/35305. Roma, 4 ottobre 1928.

Per opportuna conoscenza, si trascrive quanto il Prefetto di Milano ha riferito in merito a degli articoletti apparsi sul giornale Popolo d'Italia sotto il titolo: • La Bandiera Dalmata insegna dei Volontari di Guerra •:

«Comunico che l'Associazione Volontari di Guerra nella seduta del 2 corrente deliberò, in risposta alle violenze Jugoslave, di assumere quale insegna della propria associazione i colori Dalmati abbrunati, e di intensificare l'azione di propaganda a favore della Dalmazia, seguendo sempre le direttive del Governo.

Il programma dell'associazione è precisamente quello di tener vivo lo spirito irredentistico e di rintuzzare, attraverso la stampa, e con manifestazioni, le quotidiane ingiurie Jugoslave » (1).

21

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, E AL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA

T. 5152. Roma, 6 ottobre 1928, ore 24.

(Per Zagabria). Mio telegramma n. 5092/49 (2). Ho telegrafato a Belgrado quanto segue:

(Per Belgrado). Suo telegramma per corriere n. 8628/1917.

(Per tutti). Nè S. E. il capo del Governo nè io abbiamo avuto colloqui con

alcuna delegazione croata e neppure risulta che una delegazione del genere sia stata a Roma a sollecitare di esser da noi ricevuta. Notizia data dal giornale Drzava è quindi assolutamente falsa, come la maggior parte di quelle che stampa jugoslava propaga tutte le volte che tendenziosamente cerca di tirare in ballo l'Italia a scopo polemico nelle lotte interne che dilaniano codesto paese.

V. S. provveda a farlo largamente sapere ed ove lo creda necessario ed opportuno autorizzala a smentire la notizia su codesta stampa.

(l) -Annotazione marginale di pugno di Grandi: « Visto dal Capo del Governo che approva». (2) -Del 3 ottobre. che non si pubblica.
22

MEMORANDUM DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, PER L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, BEAUMARCHAIS

(Ed. in MINISTERO AFFARI EsTERI, Co1Tispondenza scambiata fra i Governi itaLiano britannico e francese circa l'accordo navale britannico-francese, Roma, 1923, pp. 13-17; e in ID., Documenti relativi alla politica navale dell'Italia, Roma, 1934, pp. 29-32) (l)

N. 6143. Roma, 6 ottobre 1928.

l) Il Governo italiano ha l'onore di riferirsi al memorandum del 3 agosto,

n. 203 (2) col quale l'Ambasciata della Repubblicca francese gli ha comunicato un accordo intervenuto fra i Governi francese e britannico relativamente al disarmo navale, da servire per i lavori della Commissione preparatoria della Conferenza per il disarmo (3). In esso è inoltre indicato che l'adozione delle proposte di cui si tratta avrebbe permesso al Governo britannico di dare soddisfazione al Governo francese per quanto riguarda le riserve istruite. Poichè il Trattato di Washington regola già le limitazioni di determinate categorie, la Conferenza del disarmo dovrebbe fissare un tonnellaggio massimo applicabile a tutte le Potenze, che nessuna Potenza potrebbe superare per il totale delle navi di ciascuna di queste categorie, durante il periodo in cui resterà in vigore la Convenzione.

2) Il Governo francese ha chiesto al Governo italiano di dare la sua adesione al progetto surriferito. Il Governo italiano deve premettere che esso non potrebbe indursi alla discussione separata del problema navale. Le considerazioni che seguono sono quindi subordinate alla più larga e logica considerazione del problema nei suoi tre aspetti : terrestre, navale, aereo. Parimenti, esso non potrebbe considerare il problema del disarmo limitatamente ad alcuni Stati soltanto. Gli armamenti e le loro limitazioni non possono avere carattere assoluto, ma relativo a quelli degli altri Stati.

3) In materia di disarmo terrestre, navale, aereo, il Governo italiano è disposto a priori ad assumere come limite dei propvi armamenti cifre qualsiasi, anche le più basse, purchè non sorpassate da alcun'altra Potenza continentale europea. Il Governo italiano ritiene che il mezzo più idoneo per l'applicazione di tale principio, nel campo navale, sia l'adozione del criterio della limitazione globale del tonnellaggio, piuttosto che l'applicazione del criterio della limitazione per categorie. Questo da un punto di vista generale, applicabile a tutti gli Stati. Un altro punto, che ai fini desiderati riveste importanza ancora maggiore, riguarda direttamente gli Stati meno armati. Lo Stato con maggiori risorse finanziarie troverebbe infatti, nella limitazione per categorie, il mezzo per creare e mantenere una assoluta superiorità per ognuno dei diversi tipi di navi sugli Stati con

risorse finanziarie minori. Laddove il tonnellaggio globale, lasciando ad ogni Stato l'adattamento e la scelta dei tipi che meglio rispondono alle esigenze della propria sicurezza, consente ai paesi meno armati di trovare in questa scelta ed in questo adattamento un certo compenso alla superiorità altrui. Vanno tenute presenti a questo proposito, nei particolari riguardi italiani, le speciali esigenze della difesa nazionale dipendenti dalle condizioni naturali del Paese.

4) Considerazioni analoghe valgono per l'altra proposta franco-britannica, relativa alla dichiarazione preventiva di un programma navale. L'adozione, infatti, di tale misura, porterà di necessità ogni Paese a presentare ed attuare un programma navale quanto più ampio possibile per far fronte agli imprevisti che i progressi tecnici ed i mutamenti di situazione possano determinare nell'efficienza dei diversi tipi di navi.

5) Il progetto franco-britannico parla delle navi di linea e delle navi portaerei, per suggerire l'estensione delle relative regole del Trattato di Washington agli Stati non firmatari. Nelle difficoltà di conciliare i diversi punti di vista il Governo italiano si chiede se intanto uno dei mezzi atti ad avvantaggiare la causa della limitazione degli armamenti non potrebbe essere quella per cui le cinque Potenze firmatarie del Trattato di Washington si impegnassero a rinviare a dopo l'anno 1936 la costruzione delle navi di linea (capitar ships) che il Trattato consentirebbe loro di impostare durante il periodo 1931-1936. Per parte sua il Governo italiano sarebbe pronto ad assumere questo impegno, ove esso fosse assunto contemporaneamente dagli altri Stati firmatari (1).

(l) Il documento è ed. anche in MrNrsrÈRE DES AFFAIRES ETRANGÈRES, Limitation des armements navaLs, Paris, 1928, pp. 66-68. I documenti relativi all'accordo navale franco-britannico sono editi anche in una pubblicazione inglese che non si è potuta consultare.

(2) Ed. in Corrispondenza scambiata, cit., e in Limitation des armements navaLs, cit.

(3) Sul problema della parità navale tra Italia e Francia nel periodo coperto dal presente volume cfr. gli accenni nei documenti americani del 6 maggio e 25 giugno 1929, ed. in Papers ReLating to the Foreign ReLations of the United States, 1929, l, pp. 107 e 133-135.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO

T. 5154/468. Roma, 7 ottobre 192'8, ore 24.

Mi risulta che è stato fatto credere al signor Kellogg che mancata presenza Parigi inviato speciale del Governo italiano per firma patto contro la guerra dipese da cattiva volontà Governo italiano, e costituì un atto di scortesia verso Governo Stati Uniti e personalmente signor Kellogg. Quanto sopra si è fatto circolare negli ambienti del dipartimento di stato ed ha suscitato consueta speculazione elementi ostili Italia e fascismo. Procuri V. E. di cogliere una opportuna occasione per far cadere discorso sopra tale argomento e confermare Kellogg che mancata presenza inviato speciale Governo italiano Parigi dipese soltanto da circostanze di Governo che impedirono ultimo momento assenza da Roma sottosegretario Grandi, il quale, come ebbi a comunicare ambasciatore Fletcher in un primo tempo, era stato da me designato rappresentarmi Parigi (2).

(l) -Un documento analogo fu rimesso in pari data all'ambasciata d'Inghilterra (cfr. Corrispondenza scambiata, cit., pp. 7-11). (2) -La minuta è di pugno di Grandi.
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APPUNTO (l)

SEGRETO. . .. (2)

Il Generale Sarkotic nell'ultimo colloquio che ebbi con lui il 22 u. s. mi fece presente le grandi difficoltà cui il gruppo demo-rurale in Croazia, va incontro per le diversità di vedute esistenti fra gli stessi capi del movimento croato. Soprattutto Macek il Presidente dei rurali, malgrado sia uomo di grande energia e di intelligenza acuta deve giocare di equilibrismo per destreggiarsi ai continui cambiamenti che si susseguono nelle direttive politiche che il Governo di Belgrado impartisce ai suoi funzionari, e alla continua e crudele irrisione di cui Pribicevic ogni tanto cerca di colpirlo per la sua italofilia d'occasione; perciò lo si mette in condizione di non potere prendere un atteggiamento decisivo ed energico nei confronti di Belgrado e nel contempo di fronte a Pribicevic il quale seguita ad agire come il vero manipolatore della politica dei demo-rurali di fronte Belgrado.

Secondo il Sarkotic, non sarebbe difficile che Re Alessandro in un tempo prossimo, tentasse di risolvere direttamente la spinosa questione che dilania lo stato SHS, avendo ormai perduta la fiducia nel Governo presieduto da Korosec e nel partito radicale -spinto com'è alla scissione per il noto dissidio esistente fra Stojanovic e l'ex Presidente del Consiglio Vukicevic. Il Re a quanto sembra vorrebbe venirne fuori ad ogni costo, trattando direttamente col partito croato. A quanto sembra sarebbe disposto di arrivare ad un qualsiasi compromesso purchè resti nell'ambito della Costituzione.

Certamente un compromesso di tal genere anche se sottoscritto dai destristi non sarebbe bene accolto dal popolo croato. Macek lo sa, e per questo, rimane sempre più titubante.

Ormai la questione croata è arrivata a tal punto che non è più possibile

ritornare indietro. Giornalmente, il popolo croato, senza distinzione di partiti

o di tendenze va riacquistando la sua energia, facendo presente ai capi di non essere più possibile alcuna soluzione, se non quella della separazione integrale della Croazia nei suoi eonfini storici ed etnografici.

Il lavoro intenso che si va svolgendo per indurre Macek a rompere definitivamente con Pribicevic, lascia sperare possa avere il sopravvento e che, fra qualche tempo, la situazione sia chiarita nel senso di far conoscere all'Europa l'atteggiamento decisivo che il popolo croato va assumendo di fronte all'oppressore.

Certo sarebbe opportuno che la stampa italiana, specialmente i giornali delle provincie limitrofe alla Croazia, cominciassero col pubblicare articoli sulle ragioni storiche dello Stato Croato a governarsi da sè liberamente. Questi arti

coli certamente avrebbero un'influenza enorme sull'animo di Macek, il quale comprende che il giorno che si decidesse prendere un atteggiamento decisivo, potrebbe contare sull'amicizia della grande nazione vicina.

Altro punto importante, sarebbe quello di centralizzare i vari contatti in una sola persona, onde evitare confusioni e malintesi, che il più delle volte, determinano degli stati d'animo di disorientamento e che poi facilmente portano alla delusione.

A mio avviso (Gen. Sarkotic) credo che coloro che sono all'estero abbiano una visione molto più vasta e più precisa della situazione di quelli che vivono in Croazia, soggetti come sono, ai timori continui di eventuali rappresaglie da parte delle autorità jugoslave. Anche perchè dall'estero si può comunicare facilmente coi capi responsabili del movimento croato, a mezzo di persone che sentono la responsabilità della loro missione e perciò metterli in condizioni di spirito di assoluta rigidità da non potere per nessun motivo prendere oggi un atteggiamento, e domani un altro, come abitualmente purtroppo avviene (1).

(l) -L"appunto, privo di destinatario, ma col visto di Grandi, che lo indirizzava agli«Uffici », è firmato V. M., con ogni probabilità Vittorio Mazzotti. (2) -La data manca. L'appunto pervenne a un non identificato ufficio (Albania?) 1'8 ottobre 1928.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI

T. (P. R.) 11735/822. Roma, 9 ottobre 1928, ore 24.

Richiamo sua attenzione su lettera on. Filippo Turati al Journal pubblicata su ultimo numero della Libertà (2) e nella quale si accenna chiaramente ed esplicitamente agli aiuti che il Governo francese ha dato agli anti-fascisti italiani (3).

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BRUXELLES, DURAZZO

T. (P. R.) 11736/216. Roma, 9 ottobre 1928, ore 24.

Richiami attenzione codesto Governo sul fatto che ridicole notizie sulla abdicazione del re sono state primamente lanciate da una rivista anti-fascista L'Observateur (4) che si pubblica a Bruxelles. Questa condiscendenza delle autorità belghe turberà seriamente i rapporti fra Italia e Belgio (3).

(l) -Sulla questione della persona incaricata dei contatti tra il movimento croato e il Governo italiano cfr. serie VII, vol. VI, nn. 641, 649, 651, 655. (2) -La lettera, datata Parigi 26 settembre, fu pubblicata nella Libertà del 7 ottobre so.tto il titolo « Gli antifascisti italiani a Parigi. Una lettera di Turati al Journal •. (3) -La minuta è di pugno di Mussolini.

(4) Cfr. La Libertà del 7 ottobre, che pubblicava con un commento sotto il titolo «Dopo il colpo di stato del Gran Consiglio. L'abdicazione suprema • l'articolo uscito sull'Observateur «l'eccellente rivistina antifascista che pubblica a Bruxelles il nostro amico Armando Zanetti .:

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L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5980/544. Washington, 9 ottobre 1928, ore 17 (per. ore 4 dellO).

Nelle mie conversazioni di ieri con il segretario di stato e con il signor Castle, ho fatto cadere discorso su argomento indicatomi da V. E. col telegramma n. 5154/468 (1). È noto a V. E. che segretario di stato desiderava molto che V. E. intervenisse cerimonia firma trattato, e, quando intese che non era possibile, tuttavia mi espresse sua soddisfazione per poter egli incontrarsi con

S. E. Grandi. Rimase dolente che anche questa occasione cadesse. Premesso questo, egli mi ha assicurato chiaramente ieri che non aveva menomamente pensato, per il mancato intervento di V. E. e di S. E. Grandi, ad un atto di scortesia da parte dell'Italia nè verso il suo paese nè verso la sua persona, nè che l'Italia intendesse con questo svalutare la sua partecipazione al trattato. È comunque da escludersi che propaganda massonica abbia avuto alcuna presa su di lui. Ad un mio accenno alle sinistre attività della massoneria, egli ha voluto ricordarmi che, quando durante la discussione del nostro accordo per il debito di guerra la massoneria americana cominciò ad agitarsi, egli ebbe personalmente un colloquio con il colonnello Cowles, influente capo massonico e gli dichiarò nettamente che il Governo Stati Uniti non avrebbe consentito nessuna manifestazione di ostilità al regime di un paese amico. In seguito a tale colloquio Cowles, come informai a suo tempo, fece dichiarazione pubblica per distaccare la causa della massoneria americana da quella della massoneria italiana. Senza dunque poter escludere che massoneria francese abbia lavorato a diffondere voci tendenziose, debbo tuttavia escludere che tali voci abbiano avuto effetto alcuno negli ambienti del dipartimento di stato. Segretari di questa ambasciata che hanno contatti frequenti ed amichevoli con funzionari minori del dipartimento di stato, mi hanno tutti detto che per loro conto, essi non hanno mai notato negli ambienti del dipartimento di stato alcun atteggiamento antifascista nè generico nè specifico per questo caso. Mi riferisco anche al telegramma n. 184 del 17 settembre (2) al quale rispondo separatamente. Comunque sarò grato di qualunque segnalazione precisa che mi possa mettere sulla strada per più minute indagini.

(l) -Cfr. n. 23. (2) -Non rinvenuto.
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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 5994. Belgrado, 9 ottobre 1928 (per. l'll).

Mio telegramma filo n. 808 (1).

Dopo il pranzo offerto ieri sera da re Alessandro alle missioni miUtari estere (2), al corpo diplomatico, al Governo ed all'esercito S.H.S. il re si è avvicinato a me ed a Sciumenkovich che stavamo discorrendo in disparte e mi ha comunicato di avere apposto la sua firma in quello stesso giorno alle convenzioni di Nettuno (3) ed avere scelto il momento in cui la nostra missione si trovava a Belgrado appunto per dare al suo atto una maggiore solennità ed un auspicio. Volere suo fermo: buoni rapporti si stabilissero definitivamente fra Jugoslavia ed Italia, sparisse ogni equivoco, si iniziasse fecondo avvenire.

Ha poi aggiunto che era stato lusingato per l'arrivo della nostra missione militare, aveva rivisto con gioia i suoi vecchi camerati, incaricato il generale Petitti di esprimere a S. M. i suoi vivi ringraziamenti per l'adesione italiana ai festeggiamenti, per la composizione della nostra rappresentanza militare.

Mi ha quindi chiesto se la missione era soddisfatta del suo soggiorno in Belgrado. Ho risposto che era soprattutto soddisfatta dell'accoglienza di S. M., delle espressioni gentili che da lui essa aveva sentite, e rivolgendomi a Sciumenkovich gli ho esposto le doglianze circa la conferenza del generale Kalafatovich, la sobrietà delle espressioni della stampa di Belgrado (mio odierno telegramma per corriere n. 8956/1894) (4).

Da qui il passo all'atteggiamento consueto della stampa S.H.S. è stato breve ed ho detto al re che se si voleva realmente che migliori rapporti si stabilissero con l'Italia occorreva che le espressioni della stampa corrispondessero alle dichiarazioni ufficiali.

Il re assentendo alle mie doglianze ha dato le solite giustificazioni di libertà. Al che ho replicato che fra uno scalmanato che per via avesse gridato contro il Governo fascista, il R. esercito, l'Italia, e che per queste manifestazioni sarebbe stato probabilmente punito ed un altro che invece tali frasi scriveva in un giornale non vi era differenza che di mezzo, non altro. Se il primo potevasi punire dovevasi fare altrettanto per il secondo. Trovasse il Governo il mezzo legale, scegliesse fra libertà e danno alle relazioni internazionali. Non era tollerabile che quanto è più sacro in cuore italiano fosse quotidianamente ingiuriato.

Il re avendo allora asserito che anche la nostra stampa aggrediva la Jugoslavia ho subito replicato che lo pregavo di farmi segnalare tutto quanto egli stimava offensivo, il lavoro non sarebbe stato certo grave. Gli ripetevo quanto avevo più volte detto al ministro Sciumenkovich: ero pronto in qualunque momento a fare un bilancio, ero sicuro non sarei stato certo io perdente nè per qualità di offese nè per quantità. Occorreva un pronto rimedio se si voleva sinceramente quanto il Governo S.H.S. dichiarava per bocca di suoi ministri responsabili e che ora S.M. mi confermava sì autorevolmente.

Il colloquio si è poi prolungato su argomenti personali e secondari. Poichè si svolgeva in un angolo del salone mentre tutto il resto degli invitati era ammassato nel fondo ed è durato una buona mezz'ora non ha certo mancato di essere notato da tutti i presenti fra i quali il re si è poi dopo mescolato.

Ho continuato col solo Sciumenkovich e sempre sull'argomento stampa. Circa l'ultima protesta (1), Sciumenkovich, mi ha detto che le commemorazioni di questi giorni gli avevano impedito di rispondere. Lo avrebbe fatto adesso e sperava darmi assicurazioni e spiegazioni soddisfacenti.

Il colloquio col re Alessandro è stato cordialissimo, improntato alla maggiore cortesia, ed è ovvio, alla massima mia deferenza verso il sovrano. Le sue espressioni sono state certo buone ed importanti. Ma una rondine non fa primavera.

(l) -T. 5971/808 pari data, che non si pubblica. (2) -Convenute a Belgrado per la celebrazione del decimo anniversario della battaglia che aveva rotto il fronte di Salonicco. La delegazione militare italiana era guidata dal generale Petitti di Roreto. . (3) -Lo scambio delle ratifiche delle convenzioni di Nettuno e degli altri accord1 italo-jugoslavi ebbe luogo a Roma il 14 novembre successivo. (4) -Sic, ma forse il secondo numero è 1984. In tal caso allude al t. 5995/1984, che non si pubblica.
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L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, DE ASTIS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 6148/2603. Budapest, 10 ottobre 1928 (per. H 14).

A telegramma di V. E. per corriere n. 5056 del 2 c. m. (2).

Segretario generale ministero affari esteri mi ha detto in via del tutto confidenziale che è stato deciso di prendere contatto con i croati • allo scopo di illuminarli sulla situazione ed eventualmente consigliarli •. Ha aggiunto che i serbi solo ora si sono accorti che la situazione è ben più grave di quel che essi credessero da principio, mentre non appare che i croati siano convenientemente orientati.

Ho pregato il conte Khuen Hédervary di tenermi al corrente di qualsiasi novità esprimendogli nel contempo il mio personale avviso che la decisione era stata molto opportuna dato che, da quanto si può giudicare attraverso i giornali e le indiscrezioni, non sembra che i croati abbiano direttive ben definite.

Dal telegramma n. 1868 ,in data 24 settembre de'l R. ministro a Belgrado rilevo che il barone Forster si è meravigliato che Roma e Budapest non si siano scambiate le loro impressioni dato l'interesse dei due Governi a seguire una comune linea di condotta nella questione. Al contrario, in base alle istruzioni contenute nel telegramma di V. E. n. 4099/213 in data 10 agosto (1), io intrattenni lungamente il signor Walko in proposito e mantenni poi quotidiani contatti tanto con il ministro degli esteri in persona, quanto con i funzionari competenti, dei quali ho riferito con miei telegrammi n. 222, 223, 224, 225, 227 e seguenti (2). Diradai poi le mie visite quando ebbi la certezza che il Governo ungherese non intendeva svolgere un'azione qualsiasi, per non ingenerare la falsa convinzione che il R. Governo fosse impressionato degli avvenimenti. Mi sembra quindi strano che il signor Walko non abbia messo al corrente il barone Forster dei colloqui confidenziali che io ebbi con lui.

Quanto poi il barone Forster riferisce relativamente alla • amputazione •, ed in particolare che il conte Khuen Hédervary sarebbe del parere che • le provincie distaccate finirebbero per gravitare verso i paesi vicini e non certo verso la Serbia •, è almeno parzialmente in contrasto con ciò che lo stesso segretario generale ebbe a dirmi e che io riferii all'E. V. con telegramma-posta

n. 2269/929 del 5 settembre. Le idee in proposito del conte Khuen sono troppo precise e • personali • perchè vi possano essere equivoci. Quanto il barone Forster afferma è giusto, ed è pienamente condiviso qui, da quanti ho avuto occasione di parlare, ma il conte Khuen afferma che la • piccola Croazia separata verrebbe a trovarsi alla mercè dei serbi che fatalmente la riassorbirebbero •.

(l) -Cfr. n. 9. (2) -Col quale veniva ritrasmesso il n. 2.
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L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. RR. 4875/1247. Washington, 10 ottobre 1928.

Con particolare riferimento al telegramma di V. E. in data 26 settembre

n. -448 col quale mi è stato trasmesso un interessantissimo telegramma del R. -lVIinistro a Belgrado relativo al prestito internazionale alla Jugoslavia (3), mi onoro di qui unito trasmettere copia di un rapporto direttomi il 6 corrente, sub numero 4153, dal R. Addetto Commerciale (4). A mia preghiera, il Comm. Angelone riferisce con esso circa una conversazione che io ho avuto, in sua presenza, col Sig. Walker, presidente della Casa Blair & Co la quale, come è noto all'E. V., si è assunta la quota americana nella nota operazione di prestito (3\ I due tell. non sono stati identificati.

6 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

in favore della Jugoslavia. V. E. potrà rilevare con quali argomenti io abbia cercato di chiarire gli scopi reali che animano il Governo di Belgrado nel ricercare il finanziamento di cui si tratta e come io mi sia adoperato a far valere le ragioni che militano contro la convenienza, da parte della finanza americana, di partecipare alla operazione stessa.

Questa mia delicata attività mi è possibile grazie alle relazioni particolarmente amichevoli che io ho, come con altri importanti istituti di New York, anche con la Banca Blair, relazioni che mi permettono di parlare con sincerità e con franchezza nella sicurezza che le mie espressioni non verranno riportate e tanto meno verranno in qualunque modo rese di pubblica ragione.

V. E. ben sa dalla mia precedente corrispondenza postale e telegrafica come da tempo io mi adoperi, e oso credere con successo, a quest'azione per così dire di sabotaggio delle operazioni finanziarie jugoslave. È [mio] desiderio aggiungere che non è solo a Wall Street che io svolgo attività in tal senso, ma anche nei frequentissimi colloqui che ho con il Segretario di Stato e con i più alti funzionari del Dipartimento. Così ad esempio, anche il 2 corrente io ho potuto intrattenere specificamente sull'argomento l'Assistente Segretario di Stato Signor Castle, il quale ha preso nota delle mie indicazioni e delle mie osservazioni tendenti a dimostrare come le vere ragioni per le quali il progettato prestito sta a cuore al Governo di Belgrado siano di carattere militare.

A svolgere tale mia opera, come ho avuto occasione di far rilevare in precedente corrispondenza, mi sono particolarmente utili le notizie aggiornate che codesto Ministero mi fa pervenire con una regolarità di cui ringrazio circa i veri obbiettivi della politica e particolarmente della politica finanziaria jugoslava. Mi riferisco per ultimo al telespresso 248488 del 22 settembre. Dei dati interessantissimi in esso contenuti io non mancherò di valermi nella mia azione, riservandomi di riferirne all'E. V.

(l) -Cfr. serie VII, vol. VI, n. 541, in realtà del 9 agosto. (2) -Cfr. ibid., nn. 546, 550. (4) -L'allegato non si pubblica.
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IL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. (P. R.) RR. 13955/127. Zagabl"ia, 11 ottob1·e 1928, ore 20,15

('per. ore 24).

Telegramma V. E. n. 11593/50 del 7 corrente riservatissimo (1).

Ringrazio V. E. per autorizzazione datami (2). Ieri sera ho avuto noto colloquio, ma ritengo opportuno ritardare mia venuta fino a prossimo ritorno di Macek per potere più esaurientemente riferire sulle varie questioni. Telegraferò data arrivo. Telegrafato quanto precede Belgrado.

(1) Di p~ccola registrazione, che non si pubblica.

(2) A venire a Roma per conferire.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, PORTA (l)

TELESPR. RR. 251517/654. Roma, 11 ottobre 1928.

(Solo per Colonie). Nota di V. E. (Direzione Generale Africa Orientale Uff. I) N. 5356.

(Solo per Addis Abeba). Per opportuna conoscenza e norma della S. V. Le comunico la seguente nota diretta in data odierna al R. Ministero delle Colonie:

(Per tutti). Ho ricevuto la copia del rapporto N. 153 viaggio, diretta a V. E. dal Governatore dell'Eritrea, con allegatavi una corrispondenza scambiata fra il Governo dell'Asmara, la R. Legazione in Addis Abeba, ed alcuni nostri Agenti in Etiopia, relativamente ad alcuni incidenti, certamente deplorevoli, verificatisi ai nostri danni, in territorio abissino.

Come l'E. V. ha anche riconosciuto, tali incidenti non sono certamente gravi in se stessi, giacchè dipendono dalle particolari condizioni ambientali dell'Etiopia; e d'altra parte, quando si consideri con quanta difficoltà il Governo del Negus Tafari faccia sentire la sua autorità alla periferia sembrerebbe invero opportuno e preferibile, come ha fatto presente il Ministro Cora, che gli Agenti locali cercassero di appianare direttamente gli incidenti stessi, a meno che questi non rivestano uno speciale carattere di gravità, da rendere necessario l'intervento della R. Legazione presso il Governo Centrale.

Tali considerazioni non sono certo sfuggite al giusto apprezzamento del Governatore dell'Eritrea il quale, oltre tutto, avrebbe dovuto però anche tener presente come nel corso delle laboriose e difficili trattative per i noti accordi, condotte personalmente dal Negus Tafari, appariva poco opportuno rischiare, con una vibrata azione diplomatica, di creare col Governo Etiopico una ·situazione eccessivamente tesa per questioni, in realtà, di secondaria importanza ed alle quali peraltro dal Negus stesso, non appena il Comm. Cora ha potuto intrattenerlo in proposito, si è cercato di dare una soluzione (telegramma della R. Legaz.ione in Addis Abeba n. 616) (2).

Non posso quindi condividere la definizione di • tardiva ed inefficace • data dal governatore dell'Eritrea all'azione della R. Legazione che invece non esito ad approvare.

D'altra parte per le responsabilità che derivano al Ministero degli Affari Esteri nei riguardi delle relazioni itala-etiopiche, non posso prendere atto del preavviso che S. E. Zoli ha creduto di portare a conoscenza dell'E. V. • che qualora fatti simili si ripetessero e se l'intervento della R. Legazione in Addis Abeba dovesse dimostrarsi ancora tardivo ed inefficace, il Governo della Colonia

si vedrebbe costretto ad agire direttamente per far rispettare da chiunque il buon diritto ed il decoro dell'Italia •.

Se invece ulteriori incidenti dovessero verificarsi, gli Agenti locali dovranno adoperarsi per la loro risoluzione diretta e nel caso di impossibilità di risolverli, riferirne contEmporaneamente alla R. Legazione ed al Governo dell'Asmara. Ma il giudizio drca il seguito da dare agli incidenti stessi, nei riguardi di un'azione o meno della R. Legazione presso il Governo Centrale Etiopico, come pure il giudizio se considerare o meno soddisfacenti le risoluzioni che dal predetto Governo saranno date agli incidenti stessi, spettano unicamente a questo R. Mimstero degli Affari Esteri.

Prego l'E. V. volersi compiacere impartire in tal senso istruzioni al Governatore dell'Eritrea.

(1) -Ad Addis Abeba il telespresso venne inviato a firma di. Guariglia con il n. 251518/65. (2) -Numero probabilmente errato.
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L'INCARICATO D'AFFARI A MOSCA, QUARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 6222/438. Mosca, 11 ottobre 1928 (per. il 19).

Parlandomi del patto italo-greco Litvinoff mi ha chiesto se avevo notizie recenti circa i negoziati fra Grecia e Turchia per la conclusione di un patto di non aggressione. Valendomi del contenuto del telegramma di V. E. per corriere

n. 4992 del 27 settembre u. s. (l) gli ho risposto che Venizelos aveva confermato a V. E. le sue intenzioni di liquidare il passato con la Turchia.

Mi ha osservato che egli non prestava soverchia fede a queste affermazioni di Venizelos: lo considerava come un uomo politico assai infido e che l'Italia, da parte sua, avrebbe fatto meglio a non fare nessun conto su di lui. Secondo Litvinoff, quello che Venizelos desidera è un accordo con la Jugoslavia, ma, astuto com'è, per non attirare l'attenzione, specialmente dell'Italia, su questa sua politica, farà precedere od accompagnare il suo accordo con la Jugoslavia con una serie di accordi con altre potenze: ma la linea fondamentale della sua politica sarebbe stata ostile all'influenza italiana nei Balcani.

Ha poi deplorato la morte di Radic: non perchè egli fosse sempre stato un aperto partigiano del riconoscimento dell'U.R.S.S. da parte della Jugoslavia, ma perchè lo considerava l'uomo di stato più intelligente e più moderato del regno S.H.S. Anche l'Italia avrebbe dovuto dolersene perchè con lui sarebbe sempre stato facile intendersi. Mi ha aggiunto che, per parte sua, egli non ha mai fatto e non farà nulla per una ripresa di relazioni diplomatiche fra l'Unione e la Jugoslavia. I Sovieti non hanno nessun interesse nei Balcani se non in quanto gli avvenimenti politici in quella regione possono influenzare la politica della Romania e della Polonia nei riguardi dell'U.R.S.S. Per il resto egli sarà ben felice di potere, per lungo tempo ancora, tenersi lontano da quel centro di disordini e di intrighi. Allo stato attuale delle cose una ripresa delle relazioni

diplomatiche fra la Russia e lo stato S.H.S. sarebbe un avvenimento basato sull'equivoco: gli jugoslavi pensano di trovare a Mosca un appoggio alle loro mire imperialiste e panslaviste come al tempo del governo imperiale, ed il Governo dell'Unione non ha nessuna intenzione di prestarsi ad un simile giuoco.

(l) Cc.n cui Mussolini trasmetteva, oltre che a Mosca, a Parigi, Londra, Berlino, Angora, Madrid, Atene, Budapest, Bucarest, Belgrado, Sofia, Durazzo, Praga e Vienna il contenuto del colloquio romano del 23 settembre, per il quale cfr. serie VII, vol. VI, n. 679.

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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 9076/2026. Belgrado, 11 ottobre 1928.

Con riferimento al mio telegramma n. 787 del 29 settembre u. s. (1), ho l'onore di qui acclusa inviare copia della traduzione di un articolo editoriale del giornale Slovenec di Lubiana pubblicato il giorno 3 corrente col titolo:

• Non tradiremo la Nazione •.

Detto articolo è scritto dopo il passo fatto da questa R. Legazione (2) contro il linguaggio adoperato dalla stampa jugoslava in generale, e da alcuni giornali, fra cui lo Slovenec, in particolare. Non solo non si cerca di modificare con frasi adatte la impressione prodotta dall'articolo del giorno 3 corrente, per cui fu elevata la protesta, ma con tono arrogante la politica del nostro Paese è ancora attaccata (3).

La campagna che conduce lo Slovenec con tono tanto aspro e con intendimenti così minacciosi è fondata sul trattamento fatto alle minoranze slave nelle nuove provincie italiane. Essa investe quindi uno dei lati più importanti della nostra politica interna con inevitabili ripercussioni sulla politica estera.

L'abate Koroscez segue la stessa linea di Monsignor Seipel. Il comune carattere sacerdotale dei due, e la loro antica appartenenza allo stesso partito nel defunto impero absburgico fanno quasi pensare che fra i due vi sia stretto contatto per una comune azione ai danni dell'Italia, prendendo a pretesto il trattamento fatto dal Governo Italiano alle minoranze allogene.

La campagna dello Slovenec oltrepassa quindi il significato di abituale attacco contro l'Italia, quali abbiamo registrato sulla stampa S.H.S. dalla formazione di questo Regno ad oggi, ed acquista una importanza di gran lunga superiore, ricollegandosi alla lotta dei circoli pangermanisti contro l'Italia per la questione delle razze allogene.

Si dimentica dallo Slovenec che è in nostre mani una potente arma di ritorsione in materia di trattamento delle minoranze: la questione macedone. E che questa questione si sollevi è temuto dai serbi che in passato hanno attenuato simili campagne a favore degli allogeni.

Oggi, per il bisogno di tenersi uniti gli sloveni nella lotta contro i croati, ne deriva che, diminuiti i freni messi in opera dai serbi, l'irredentismo sloveno

ha senza dubbio in questi ultimi tempi raddoppiato di efficienza, potendo contare ora perfino nell'appoggio del Presidente del Consiglio S.H.S.

È questa una situazione nuova nella politica dei due stati.

Ed è bene tener[ne] conto e per le sue ripercussioni nella nostra politica col centro Europa, e per non trovarci impreparati ad eventuali mosse di Marinkovic nelle conversazioni che egli intenderebbe iniziare.

Intanto sembra certo doversi trovare un punto di unione, fra questa campagna, l'azione di Wilfan, e la ripresa di attività della Narodna Odbrana (teleposta n. 9055/2014 e n. 9058/2016 in data odierna) (1).

(l) -T. 5839/787, che non si pubblica. (2) -Per l'autorizzazione al passo cfr. n. 9. (3) -Con successivo t. (p.r.) 12937/474 del 7 novembre 1928 Grandi comunicava: «Anche se passi già fatti da codesta legazione... non hanno avuto per ora seguito da parte codesto Governo, è bene che sua attenzione venga richiamata ad ogni buon fine ogni qualvolta si insista costà • in attacchi di stampa all'Italia. « La possibilità di documentare l'atteggiamento tenuto dalla stampa jugoslava, a malgrado delle nostre rimostranze, potrebbe tornare utile al momento opportuno •.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 6219/836. Londm, 12 ottob1·e 1928 (per. il 19).

Telegramma di V. E.. per corriere n. 5155 del 7 corrente (2).

Ho conferito ieri col signor Sargent del Foreign Office circa situazione a Malta, gli ho ricordato precedenti passi rimasti senza risposta ed ho attirato la sua attenzione sugli ultimi incidenti e sulla metodica campagna anti-italiana che turba i rapporti tra la popolazione dell'isola e gli italiani ivi residenti con incresciosa e giustificata ripercussione sull'opinione pubblica italiana.

Il signor Sargent mi ha promesso di riferirne al Colonia! Office e a lord Strickland stesso, che è ancora in Inghilterra e ritornerà a Malta fra pochi giorni. Mi ha fatto presente la difficoltà di un intervento efficace del Governo imperiale presso il Governo autonomo di Malta e mi ha detto che un più misurato linguaggio di una parte della stampa italiana sulle cose interne dell'isola varrebbe certamente a calmare gli animi ed a non rinfocolare incresciose e pericolose polemiche. Nel che non posso che convenire.

A sua richiesta ho lasciato al signor Sargent gli allegati al rapporto del

R. console generale a Malta n. 739/185 del 19 settembre scorso.

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IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 6156/331. Sofia, 13 ottobre 1928, ore 19,30 (per. ore 5,35 del 14).

Tesi franco-anglo-serba troverebbe inoltre (3) in questi fatti motivi di rafforzamento e i Buroff e Zankoff saranno inevitabilmente spinti a intensificare loro politica anti-macedone filo-serba con motivi e ragionamenti che opinione pubblica finirà per stanchezza morale politica trovare sempre meno ingiustificati.

Non si può prevedere oggi che cosa farà il Governo tanto più che Liapce:ff è malato e Buroff è a Varna. Resta enigmatica condotta generale Volkoff unanimemente indicato (e ritengo fondatamente) come protetto di Mihailoff e che non ritiene esercitare sul capo macedone sua autorità almeno nel proibirgli ripetere assassini in Sofia nell'interesse della Bulgaria e in nome di quei principi nazionalisti anti-serbi che Volkoff oggi apertamente professa. Vedrò stasera T.[omalewski] e riferirò. Ma egli poco potrà dirmi. In conversazione da me avuta con lui tre giorni fa, l'ho trovato molto demoralizzato e pessimista e sopratutto disorientato sul da farsi (1). Anche indipendentemente dal fatto di ieri sera, di riconciliazione tra le due fazioni della O.R.M.I. è assolutamente inutile parlare.

(l) -Non si pubblicano. (2) -Non si pubblica. (3) -Il telegramma fa seguito al precedente t. 6155;330 nel quale Piacentini, dopo aver riferito su uno scontro a fuoco fra seguaci di Mihailov e di Protogerov, sottolineava le gravi responsabilità di Mihailov per fatti del genere che si ripetevano spesso.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 6183/750. Berlino, 13 ottobre 1928 (per. il 16).

Telegramma di V. E. per corriere n. 5101 in data 4 corrente (2).

Dalle indagini svolte finora risulta che i centri di propaganda croata esistenti in alcune capitali europee non sarebbero ancora noti a questo ministero degli affari esteri ove del resto si propende a considerare come fantasie, nella presente situazione politica generale, i progetti di rimaneggiamento del centro europeo e dei Balcani del genere di quello indicato nel predetto telegramma.

Mi risulta d'altro canto che il ministro di Germania a Belgrado, nell'informare il suo Governo circa gli avvenimenti jugoslavi, ha espresso la opinione che i capi croati non intendano giungere realmente ad un distacco della Croazia dalla Jugoslavia e che sarà trovato, presto o tardi, qualche forma di compromesso tra le correnti attualmente in lotta.

Nulla finora è comparso nella stampa tedesca a proposito del progetto sopra indicato.

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APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

Roma, 14 ottobre 1928.

Il signor Venizelos nelle dichiarazioni da lui fatte ai Rappresentanti della stampa ellenica il 24 settembre u. s. ha detto che, come dichiarerà anche alla Camera, una questione dodecannesina tra l'Ellade e l'Italia non esiste, in

Il promemoria di Grandi per Mussolini del 25 agosto (n. 587) non è altro che il rapporto fatto da Parini per Grandi il giorno 22 sui suoi colloqui con Tomalewski, con alcuni tagli e con l'aggiunta, fatta personalmente da Grandi, dell'ultima parte, a partire dalla fine di p. 518 («A questo punto ... •).

quanto che, dopo la firma del Trattato di Losanna, questa questione esiste soltanto tra i dodecannesini e l'Italia, come precisamente la questione di Cipro è una questione non tra l'Ellade e l'Inghilterra bensì tra l'Inghilterra e il popolo Cipriota.

Tali dichiarazioni corrispondono a quanto il signor Venizelos ha detto nel corso delle sue conversazioni con me. Da mia parte gli ho dichiarato che il Governo fascista non ha mai inteso colla sua politica di procedere ad un'opera di snazionalizzazione fra i gruppi di popolazione di origine greca che abitano le Isole del Dodecanneso, e si trovano sotto la sovranità dell'Italia, tanto più che dette popolazioni sono tranquille e ossequienti alle leggi dello Stato Italiano.

(l) Tomalewski si era recato a Roma nell'agosto precedente (cfr. serie VII, vol. VI, nn. 584, 587). Si era incontrato il 21 e il 22 con Piero Parini, sua vecchia conoscenza, e il 24 con Grandi.

(2) Cfr. n. 19.

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IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 6166/388. Fienna, 15 ottobre 1928, ore 15,13 (per. ore 17,30).

Mazzotti mi prega comunicare: • Riservato. Ieri secondo quanto mi viene riferito avrebbe avuto luogo in un castello vicinanze Baden riunione segreta, dottor Macek, generale Sarkotich, e dottor Pernar. Vi si sarebbe firmato protocollo segreto di vera e propria alleanza fra croati e ungheresi • (1).

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L'INCARICATO D'AFFARI AD ATENE, DE ANGELIS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 6193/565. Atene, 16 ottobre 1928, ore 21,45 (per. ore 24 del 17).

Avendo qualche giornale di stamane dato notizia sommaria di uno scambio di lettere che avrebbe avuto luogo a Belgrado tra il signor Venizelos e il Governo jugoslavo relativamente ad un riscatto per parte del Governo greco delle azioni della ferrovia Ghevgheli-Salonicco che ora si trovano in mani serbe, ho presa occasione da tale pubblicazione per chiedere francamente a questo presidente del consiglio, nella visita di restituzione da me fattagli stamane stessa, se avessi potuto informare V. E. come dalle di lui recenti conversazioni di Belgrado non fossero usciti accordi e documenti comunque non destinati alla pubblicità.

Il signor Venizelos, premettendo che mi rispondeva con pari franchezza,

mi ha dichiarato che, oltre al protocollo già reso di pubblica ragione, esistono:

l) una lettera unìlaterale al Governo jugoslavo con la quale egli si im

pegna ad esaminare • con spirito di giustizia • un reclamo, ammontante a diversi

M. -A. MACARTNEY, A History of Hungary, New York, 1956, I, pp. 85-86.

milioni, dei cessionari serbi delle azioni della ferrovia Ghevgheli-Salonicco per indennità di requisizione e simili operate dal Governo ellenico durante la guerra relativamente alla detta ferrovia, indennità che non sarebbero state ancora corrisposte;

2) un'altra sua lettera al Governo di Belgrado contenente l'impegno di far pagare entro un mese un indennizzo di due milioni e mezzo di dracme, già riconosciuto dai passati Governi ellenici, per alcune proprietà appartenenti a cittadini jugoslavi emigrati in Serbia ed occupate da profughi greci.

Oltre a queste due lettere, ha marcato Venizelos, • non esiste assolutamente nulla •.

Egli poi mi ha confermato quanto mi aveva detto ieri qualcuno dei suoi collaboratori più vicini, che cioè fin dai suoi primi colloqui al Quai d'Orsay Venizelos aveva nettamente dichiarato di non poter accordare alla Jugoslavia facilitazioni o fare concessioni che fossero in contrasto non solo con la lettera ma anche con lo spirito del patto itala-greco. Il Quai d'Orsay l'aveva inteso, ed in tal senso aveva anche influito sul Governo di Belgrado (1).

(l) -La notizia dell'incontro fu confermata da De Astis, il quale però riteneva c per lo meno prematura • la firma di un protocollo (t. 6305/270, Budapest, 24 ottobre). Ad un accordo, stipulato nel 1929 durante un incontro segreto tra Macek e Apor, accenna
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L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, DE ASTIS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 6257. Budapest, 16 ottobre 1928 (per. il 21).

Ho intrattenuto oggi il ministro degli esteri sul contenuto del telegramma per corriere di V. E. n. 5101 del 4 ottobre (2). Egli mi ha detto che nulla gli risulta circa il comitato croato agente a Budapest. Ha preso ad ogni modo appunto dei nomi, assicurandomi che mi avrebbe eventualmente comunicato quanto gli potrà risultare in proposito. Mi ha aggiunto che non è improbabile che agenti croati svolgano qui una qualsiasi attività che non avrebbe però l'importanza che viene attribuita dal giornale belgradese Jedinstvo.

Da fonte fiduciaria sono stato poi informato che a Budapest si propone di

iniziare una campagna sulla stampa in favore della causa croata il dott. Ivo

Frank, capo esiliato del partito del diritto croato che, dopo l'attentato della

Scupcina si è unito al partito di Radich, ed ora è tenuto informato dal comitato

direttivo della coalizione demorurale di ogni passo da essa deciso. Il dott. Ivo

Frank avrebbe dichiarato a persona di sua fiducia che • è vicino il tempo in

t. -per corriere 1820 del 12 ottobre:

« Vi è stata da parte Jugoslavia una arrendevolezza assoluta e suo ripiegamento su

pretese fin qui avanzate è impressionante. Questo Ministro Grecia col quale ho parlato

stamani spiega ciò con necessità da parte Jugoslavia stabilire almeno con uno dei paesi

confinanti una migliore atmosfera rompendo cerchio ostile, e con la considerazione che

sette milioni greci sono bene armati e posseggono artiglieria superiore.

Io aggiungo che vi sono state non dubbie e forti pressioni francesi su Marinkovich allo

scopo di ottenere almeno un accordo generale dal quale l'attività della diplomazia fran

cese può poi sperare di ritrarre qualche vantaggio nelle direzioni che persegue con nota

insistenza, e sopratutto creare terreno per obbligare Bulgaria accordo con Jugoslavia. Grecia

deve poi questo mezzo alla maggiore libertà in cui è posta seguito patto con Italia.

Venizelos ha incaricato Ministro Grecia ripetermi che nulla sarebbe da lui fatto neanche contro spirito Patto segnato con V. E. •·

cui la Croazia si staccherà dalla Serbia, Zagabria però vuole prima che il problema sia reso internazionale, perchè la separazione deve avvenire solamente nel caso che la Serbia non risulti molto più grande della Croazia». Il dott. Frank intende svolgere la campagna sulla stampa per smuovere l'opinione pubblica, che, secondo lui, negli ultimi tempi dimostrerebbe eccessivo disinteresse per la questione croata e per spingere ad un'azione decisa questi circoli governativi, i quali, secondo sue informazioni, finora hanno agito in senso contrario agli interessi croati specialmente per ciò che concerne l'atteggiamento delle minoranze ungheresi in Jugoslavia. Il dott. Frank disse ancora alla stessa persona che nella prossima primavera si terranno in Jugoslavia le elezioni politiche e che il popolo croato approfitterà dell'occasione per dar manifestazione plebiscitaria alla sua volontà di essere indipendente.

Per quanto concerne le altre informazioni chiestemi da V. E. col succitato telegramma per corriere, mi riferisco alle notizie contenute nella mia precedente corrispondenza, che riassumo qui di seguito:

l) circoli responsabili non hanno dato da principio eccessiva importanza al movimento, che ora è invece considerato molto serio e tale da giustificare particolare interessamento. Vedi mio telegramma per corriere n. 2603 del 10 ottobre (l);

2) pubblica opinione simpatizza per i croati ed auspica che movimento sbocchi nell'indipendenza della Croazia;

3) stampa ha in un primo tempo dato ampio spazio alla cronaca degli avvenimenti, commentandoli molto favorevolmente e ricordando i vincoli di fraternità esistenti fra i popoli croato ed ungherese. Essa auspicava, più o meno apertamente, la liberazione del popolo oppresso. Da un mese a questa parte invece, quasi per un ordine ricevuto, i quotidiani si limitano a pubblicare la semplice cronaca degli avvenimenti.

(l) -Sulle trattative jugo-greche cfr. quanto aveva comunicato da Belgrado Galli con

(2) Cfr. n. 19.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, ALOISI

T. 5338/147. Roma, 17 ottobre 1928, ore 24.

Ringrazio V. E. rapporto n. 239 (2) nel quale ella ha chiaramente esposto interessi e forze in giuoco nel Pacifico.

Interessi italiani in Cina meno importanti quelli di altre potenze non sono tuttavia trascurabili e sono suscettibili sviluppo. Cina ha riserve materie prime e mercato cinese potrà assorbire in avvenire quantità prodotti.

Affinchè V. E. sia al corrente atteggiamento italiano ho incaricato R. ministro Pechino comunicarle mio telegramma n. 163 (3).

Italia come grande potenza deve esser presente anche in Cina e, pur non essendo disposta tollerare soprusi da parte quelle autorità, tenta politica conciliante e pacifica in quanto condizione sviluppo nostri interessi mi sembra essere costituzione colà di un Governo stabile e ordinato.

Da quanto precede apparirà a V. E. opportunità non concludere in questo momento accordo formale col Giappone. Circostanze diranno in seguito se converrà avvicinarsi ancora di più al Giappone nella sua politica estremo-orientale.

V. E. potrebbe pertanto nei suoi contatti con codesto Governo tener preparato terreno per tale eventualità senza che ciò abbia a turbare corso nostre trattative con la Cina.

Infine non mi sembra che politica giapponese verso U.R.S.S. possa formare materia accordo con Italia poichè nostri interessi sono prevalentemente europei; del resto da un lato pressione Russia su Mongolia e Manciuria non minaccia interessi italiani in estremo oriente e dall'altro non sembra che Giappone possa darci valido appoggio nelle questioni europee.

(l) -Cfr. n. 29. (2) -Non si pubblica. Ma cfr. serie VII, vol. VI, n. 629. (3) -Allude al t. 5251/163 dell'l! ottobre: istruzioni circa il negcziato da condurre col Governo nazionalista cinese per un nuovo trattato di commercio.
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L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, DE ASTIS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 117/2674. Budapest, 17 ottobre 1928 (per. il 21).

Mio telegramma per corriere n. 2603 del 10 corrente (1).

Come annunciato all'E. V. con mio telegramma per corriere del 16 corrente (2) mi sono oggi nuovamente recato da Walko; ministro degli esteri mi ha detto che sono stati presi i primi contatti con • organi croati seri •.

Le prime notizie pervenutegli confermerebbero la gravità della situazione, la quale ha indotto ora il Governo ungherese ad abbandonare la sua attitudine di vigile osservatore mantenuta durante l'estate scorsa.

Questo Governo si è interessato innanzi tutto per sapere quali fossero le vere intenzioni dei dirigenti croati e, dalle informazioni avute oggi stesso, risulterebbe che la Croazia non si accontenterebbe più di semplici concessioni.

Ministro degli esteri mi ha domandato se il R. Governo aveva preso contatto con i dirigenti del movimento croato e, in caso negativo, se esso intende eventualmente servirsi degli stessi intermediari del Governo ungherese. Qualora il R. Governo avesse già stabilito contatti egli gradirebbe essere informato sulle personalità croate avvicinate e sulle notizie avute. Mi ha infine fatto comprendere che occorrerebbe attuare una stretta collaborazione itala-ungherese sia nella linea di condotta da seguire che nel programma da svolgere.

Ho risposto a Walko che non ero a conoscenza se il R. Governo fosse o meno entrato in relazione con elementi croati. Gli ho ricordato il mio primo colloquio dello scorso agosto nel quale prospettai la necessità di un attivo

scambio di idee in presenza di una situazione che interessava ugualmente in Italia ed Ungheria. Ho anche ricordato le mie visite quasi quotidiane che seguirono a quel colloquio e che cessarono in seguito all'atteggiamento passivo assunto dall'Ungheria. L'ho assicurato che avrei trasmesso le sue richieste all'E. V. e che gli avrei dato una risposta al più presto.

Prego V. E. di mettermi in grado di rispondere e di rinnovarmi istruzioni in proposito.

(l) -Cfr. n. 29. (2) -Allude forse al n. 41.
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L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, PETRUCCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 6266/2093. Belgrado, 20 ottob1·e 1928 (per. il 22).

Già a più riprese, durante i giorni scorsi, a proposito dell'idea lanciata dalla stampa serba circa • l'amputazione • ed ultimamente nel rispondere alla seconda parte di un questionario di cui al telegramma-posta n. 3485, inviato in data 13 corrente a questa R. legazione ed a codesto R. ministero dal R. console generale in Zagabria, i separatisti e parte della stampa croata hanno avanzato la supposizione che a Belgrado si pensi ormai che la Jugoslavia « è matura per la separazione •. Si aggiungeva anzi che gli sforzi fatti da Belgrado per separare Pribicevich dai croati non erano diretti a indebolire questi ultimi e ad indurii a più miti consigli, ma piuttosto, • affinchè i serbi che restano sotto i croati, sollevino clamore e diano delle prove a Belgrado che la Serbia, con larghezza di vedute, ha lasciato ai croati più di quello che occorreva •.

Sembrami opportuno di far presente che l'atmosfera che si respira in questa capitale è tutt'altro che impregnata di così rosei propositi. I serbi, popolo fiero, guerriero, pervicace, nella sua bellica prepotenza, atavicamente predisposto alla lotta ed al depredare, non si lascerà sfuggire con un semplice tratto compiacente di penna le ricche regioni croate, da cui ha munto finora tanto denaro andato ad impinguare le casse dell'esercito serbo e ad arricchire di palazzi Belgrado e di opulente opere pubbliche la vecchia Serbia.

È verissimo che il " serbismo • contrapposto al • jugoslavismo • è di vecchia data ed ebbe come padre spirituale lo stesso Nicola Pasich. Ma anche su questa tendenza • serbista • bisogna intendersi: il serbismo da principio mirava a riunire nello stesso regno le provincie prettamente, o suppostamente serbe, ossia la Bosnia Erzegovina, il Montenegro, la Macedonia e la Vojvodina con parte del Banato. E quando le fortunose vicende diplomatiche della pace, più che le gesta di guerra, aprirono alle sitibonde fauci serbe orizzonti insperati, il serbismo seguitò sì a mantenersi come stato d'animo, di una parte dei vecchi serbi, in contrapposto al jugoslavismo, ma non nel senso che i serbisti fossero proclini a rinunciare • sic et simpliciter • alle ricche provincie (Croazia, Slovenia, Sirmio e Dalmazia) che i compiacenti alleati di Versailles loro offrivano. Essi intendevano dare alla costituzione del nuovo stato così ingrandito una fisionomia completamente serba, cosicchè dette provincie entrassero a far parte

dello stato serbo come parti subordinate e non aventi parità di diritti con le

provincie propriamente serbe. Ebbero, in una parola, l'idea di fondare la

« grande Serbia •, una di lingua, di amministrazione, psicologicamente volta

verso le tradizioni orientali piuttosto che occidentali, bizantine ed ortodosse

piuttosto che cattoliche e latine, con una unità quindi legislativa e morale,

che permettesse al nuovo stato di presentarsi come una salda compagine nazio

nale di fronte all'Europa. Non bisogna dimenticare che le provincie occidentali

cattoliche dell'ex monarchia austro-ungarica, avevano sino alla vigilia dell'armi

stizio parteggiato e lottato tenacemente e fedelmente per l'impero che crollava

e che davanti a loro era posto quindi un dilemma molto semplice: o essere

considerate come vinte con tutti gli aggravi della sconfitta, o assurgere alla

succulenta tavola dei vincitori, sia pure a prezzo di sparire nella guaina del

nuovo regno. Ed il momento era così spaventosamente critico che non c'era da

esitare nella scelta.

E se nel travaglio interno del dopoguerra, prevalse il jugoslavismo, ciò fu

molto per opera dei croati rifugiati all'estero, saldamente sostenuti da larghe

correnti di simpatia delle grandi nazioni vincitrici, e per volontà del sovrano

e dell'esercito, a cui la grande Jugoslavia sorrideva più che la grande Serbia.

E dall'armistizio ad oggi la corrente jugoslavista si è andata affermando e raf

forzando per opera sopratutto di quei fattori che costituiscono l'elemento co

mune saldante delle varie parti del regno, e cioè: la corona, l'esercito, la

diplomazia, il corpo insegnante nelle scuole pubbliche, i ceti finanziari e com

merciali, senza contare le numerose società segrete inquadrate nella Massoneria. Non è possibile pensare ad esempio che lo stato maggiore S.H.S. sia disposto ad accettare pacificamente il distacco della Croazia con parte della Bosnia e della Dalmazia dal regno S.H.S. L'accettare il separatismo croato significherebbe per i serbi un grave scacco al loro amor proprio nazionale, una ritirata da posizioni faticosamente conquistate, una patente di incapacità civile e morale di fronte all'Europa. Significherebbe quindi una dolorosissima diminuzione morale e materiale a cui non potranno assoggettarsi se non sotto l'impeto della forza. E del resto tutte le manovre di questi giorni, tutte le passerelle lanciate verso i croati (notizia di una presunta visita del re a Zagabria, ricerca di contatti fra radicali pascisiani e membri della coalizione, azione del signor _Savich, ecc.) il tono della stampa serba insolitamente patetico e lusingatore,

ma che tradisce la nostalgia per un abbraccio che faccia dimenticare tutto, e

tanti altri sintomi, che solamente chi vive qui può avvertire, lasciano compren

dere quanto i serbi siano attaccati all'unità dello stato S.H.S. Quindi è mia

impressione che se separazione avverrà, questa non potrà essere che sotto la

forma di un distacco violento, ad impedire il quale saranno messi in opera dai

serbi tutti i mezzi sia interni che esterni a loro disposizione. E degli uni e degli

altri ugualmente potenti essi possono disporre alla prima occasione.

L'esercito è saldo ed agirà spietatamente. In una azione di semplice repres

sione nessuna speranza può essere nutrita sulle reclute croate o dislocate fuori

della Croazia o inquadrate saldamente fra i serbi. Questi ultimi potranno poi

subito contare su tutti i profittatori, i pavidi, gli interessati di tutti i ceti al

ritorno alla normalità. E non è detto che gli stessi contadini croati, abbandonati a loro stessi per la soppressione dei capi, e sotto la minaccia delle baionette, non si sottomettano, almeno in un primo tempo. Quanto ai fattori esterni su cui i serbi possono appoggiarsi, V. E. potrà meglio di me giudicarne il valore.

Quanto sopra ho creduto di esporre non perchè sia venuta meno in me la convinzione che la causa croata, che è sacrosanta avendo in sè i caratteri dinamici e imperituri dei grandi movimenti umani, non debba finire per vincere, ma perchè sembrami che sia necessario tenere ben presente, anche per quel che ci concerne, che gli avvenimenti futuri non possono portare ad un pacifico affermarsi dei diritti croati alla loro indipendenza.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, DE ASTIS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. s. 2704/1094. Budapest, 20 ottobre 1928.

Persona in ottimi rapporti di amicizia con il Prof. Sufflay di Zagabria, mi ha fatto rimettere l'accluso memoriale in cui, dopo aver esposto sinteticamente la situazione dei partiti in Croazia, si sottopone all'esame del R. Governo un progetto per aiutare la Croazia a conquistare la sua indipendenza. Il documento precisa le forme di assistenza richiesta ed indica, in linea di massima, le condizioni cui le parti si obbligherebbero in caso di costituzione dello Stato croato indipendente. Il programma consegnato dal Dottor Ivo Frank, di cui è menzione nel memoriale, fu trasmesso all'E. V. con rapporto numero 1723/544 del 2 luglio 1927 (1). Ne accludo ad ogni buon fine un'altra copia. Ho ragione di ritenere che il documento è opera o, per lo meno, ispirazione del Prof. Sufflay, consigliere di lVIacek.

Mi risulta che in merito al luogo dell'incontro fra fiduciari del R. Governo e del partito contadino croato vi è stata una discussione, proponendo alcuni Budapest ed altri Zagabria. Ha prevalso quest'ultima tesi considerato che la vigilanza delle spie serbe potrebbe facilmente essere elusa a Zagabria se, ad esempio, un pseudo giornalista italiano si rechi colà con lo scopo dichiarato di sollecitare delle interviste che sarebbero effettivamente richieste e pubblicate, mentre approfitterebbe degli incontri per stabilire gli opportuni contatti. Si avrebbe così il vantaggio di far procedere le trattative più sollecitamente poichè tutte le questioni potrebbero essere risolte sul luogo stesso della discussione.

Sarò grato all'E. V. se vorrà inviarmi istruzioni in proposito, in aggiunta

-o a modificazione di quelle che eventualmente mi fossero state impartite in risposta al mio telegramma per corriere n. 2650 del 16 c. m. (2).

n 7 novembre Durini di Mc.nza trasmise a Roma un altro promemoria redatto dalla stessa persona, chiedendo istruzioni per l'eventuale risposta. II documento reca a margine l'annotazione di Guariglia: • Nieme per ora» (R. rr. 2824/1145).

ALLEGATO.

In merito alla nota questione, ho l'onore di comunicare quanto segue: La coalizione demorurale uscita dalla Scupcina di Belgrado dispone di 88 mandati ed è composta da 3 partiti e precisamente: l) 65 mandati il Partito dei Contadini, Presidente del quale è il Dott. Vladimiro Macek, ex vicepresidente della Scupcina;

2) il Blocco croato con 2 mandati, Presidente del quale è il Dott. Antonio Trumbic, ex Ministro degli Affari Esteri. Il Blocco è composto veramente da due partiti: il Partito Federalista Croato (Trumbic) ed il Partito Croato del Diritto (Dott. Antonio Pavelic);

3) il Partito Democratico Indipendente con 21 mandati, Presidente del quale è Svetozar Pribicevic, ex Ministro degli Interni e della Pubblica I,struzione.

Questi tre partiti comprendono quasi tutti i mandati della Croazia, Slavonia e Dalmazia e dispongono anche di varii mandati bosniaci e sloveni. I primi due partiti sono interamente composti da elementi croati; il terzo invece nella maggior parte da serbi di Croazia. Il Blocco rappresenta l'elemento intellettuale della Croazia.

Piattaforma comune della coalizione sono le decisioni dell'agosto scorso, le quali hanno proclamato il boicottaggio contro la • Scupcina sanguinaria • ed hanno stabilito che un ritorno a Belgrado poteva avvenire solamente nel caso che un Governo superiore a tutti i partiti indicesse libere elezioni. Le decisioni inoltre vogliono la cessazione dell'egemonia serba e una vera, effettiva uguaglianza dei diritti dei cittadini.

Pribicevic è patriotta serbo, il quale anche con la sua politica attuale intende salvare la Jugoslavia. Belgrado però l'ha dichiarato traditore dell'idea serba. Qualora si giungesse ad un distacco tra Serbia e Croazia, credo che egli si porrà dalla parte di Zagabria, perchè il distacco della Croazia renderebbe impossibile qualsiasi sua attività a Belgrado.

I dirigenti dei partiti croati a proposito dei loro fini fanno delle dichiarazioni in contrasto tra di loro anzichè no. La causa di questo fatto va ricercata nella circostanza che essi non vedono chiaramente le possibilità. La verità è che tutti sono favorevoli al distacco dalla Serbia come è favorevole al distacco il 99 % della nazione croata. I dirigenti del Partito dei Contadini, con la loro tenace resistenza passiva intendono paralizzare tutta la vita pubblica e sociale e costringere in tal modo Belgrado ad un passo disperato, nel mentre il Blocco sarebbe disposto a provocare esso stesso il distacco. Tra codesti Partiti quindi vi è solamente una differenza di tattica, ma ciò nonostante sono decisi a rimanere compatti ed a non abbandonarsi a vicenda nel corso dell'azione. La loro stampa è unanime nello scrivere in senso separatista. L'idea dell'« amputazione » sorta nei circoli panserbi è rigettata da Zagabria soltanto apparentemente. Zagabria intende staccarsi da Belgrado a tutti i costi.

Credo che questi • umori • corrispondano pienamente agli interessi della nazione croata ed insieme a quelli dell'Italia e dell'Ungheria. Il corso dell'azione per il distacco deve essere accelerato perchè non sopravvenga qualche circostanza atta eventualmente a dare un altro sviluppo alle cose. Non ritengo necessario soffermarmi a considerare quali vantaggi deriverebbero all'Italia ed all'Ungheria da una Croazia indipendente. Appunto perciò, dopo di aver preso i debiti contatti con Zagabria, mi sia permesso di proporre quanto segue:

l) La stampa italiana dovrebbe continuare la campagna favorevole alla Croazia iniziata nelle ultime settimane. Si dovrebbe rilevare che la nazione italiana non considera nemici i croati, che è comprensibile se i croati, sentinelle avanzate della cultura occidentale intendono liberarsi dalla barbara oppressione dell'Oriente, che gli italiani non intendono approfittare del contrasto serbo-croato e non aspirano ad annettersi territori croati.

2) A Zagabria si considera la situazione nel senso che Belgrado non si opporrebbe con le armi ad una decisione dei croati favorevole al distacco. Cercherebbe di portarsi via il maggior numero possibile di territori e poi si trincererebbe dietro frontiere strategicamente favorevoli. Prima però che Zagrabria prenda una simile decisione, vorrebbe avere dall'Italia delle garanzie in base alle quali essa, qualora Belgrado intervenisse con le armi, procederebbe per via diplomatica ed, allo scopo di evitare spargimento di sangue, porterebbe il contrasto serbo-croato innanzi ad un foro internazionale.

3) Zagabria accetta di fatto qualsiasi amputazione, di diritto però nessuna. Pretenderà appunto perciò un plebiscito presso la Società delle Nazioni per i territori che eventualmente restassero occupati da Belgrado. Anche a questo proposito chiede l'appoggio dell'Italia.

4) La stampa separatista lotta con grandi difficoltà finanziarie, ed anche per le « Camicie azzurre • -la forza armata del nuovo stato -che stanno per essere organizzate sarebbero necessari dei mezzi materiali. Per affrettare il corso dell'azione in favore del distacco dovrebbero essere inviati degli agitatori nei villaggi. Per non subire gli svantaggi di eventuali pause sarebbe pure necessario provvedere a dei mezzi finanziarii.

In cambio di tali aiuti, Zagabria fa pienamente suo il programma consegnato al R. Governo d'Italia per mezzo della R. Legazione d'Italia in Budapest l'anno scorso dal dott. Ivo Frank, rilevando nella presente occasione soltanto quanto segue:

l) La Croazia smilitarizzerebbe la costa croata e non manterrebbe una flotta.

2) La Croazia, Slavonia e Dalmazia, fatta eccezione per i territori del Murakoz (Oltre-Mura) e della Bosnia Erzegovina, dichiarerebbero il loro completo disinteressamento per tutti i territori attualmente appartenenti alla Jugoslavia.

3) La Croazia desidera partecipare pienamente alla sfera d'interessi del

l'Italia.

Siccome oggi il centro della questione croata si trova a Zagabria, riterrei

necessarie delle trattative dirette a proposito di quanto ho avuto l'onore di esporre

nella presente relazione, tra Zagabria e l'Italia. Quale sede delle trattative dovrebbe

essere scelta Zagabria, ove dovrebbe essere inviato un delegato. Non appena mi

fosse comunicato il nome di tale delegato, io gli comunicherei con chi deve

incontrarsi a Zagabria. Nel corso di tali trattative loro due poi stabiliranno l'ulte

riore azione da svolgere.

(l) -Cfr. serie VII, vol. V, n. 313. (2) -Il telegramma, il cui numero è probabilmente errato, non è stato identificato. Cfr. comunque n. 41. .
46

APPUNTO DEL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA

SEGRETO. Roma, 22 ottobre 1928.

Prima di partire da Zagabria ho avuto un colloquio con M. P. S. (1).

Col primo non avevo avuto finora che qualche rapporto indiretto. Egli mi

ha detto che è per la Croazia indipendente e separata. Se venisse offerta la

forma dell'unione personale o della federazione, l'accetterebbe, considerandola

però come una tappa verso la separazione.

È per la demilitarizzazione della Croazia e per la neutralizzazione garantita

dalle Potenze.

Intende condurre la lotta aspettando che i serbi si indeboliscano sempre

più; crede vicina la rovina economica dello Stato dovuta soprattutto alla man

canza dei crediti esteri, e la conseguente svalorizzazione del dinaro.

C'è il progetto di addivenire tra due o tre mesi alla proclamazione della

indipendenza della Croazia da farsi da tutti i deputati croati riuniti nel Sabor,

organizzando contemporaneamente una solenne dimostrazione popolare. È da ritenere che in tal caso Pribicevic uscirebbe dalla coalizione. I serbi potrebbero assumere al riguardo tre atteggiamenti diversi: l) prendere severe misure di polizia (arresti in massa dei deputati, censura ecc.); 2) fare intervenire gendarmeria ed esercito, organizzare attacchi di comitagi con grave spargimento di sangue; 3) ignorare l'evento, o rimpicciolirne l'importanza mettendolo in ridicolo. Quale sarebbe l'atteggiamento dell'Italia in ciascuno di questi tre casi? Il M. dice che sarebbe desiderabile che Italia ed Inghilterra (l'atteggiamento della Francia in favore della Serbia non è dubbio) si mettessero d'accordo, possibilmente sin d'ora, per un intervento, specialmente allo scopo d'impedire un massacro d'inermi, e nell'interesse della pace europea.

Trumbic si recherà presto -via Vienna -a Parigi ove intende soprattutto informare quegli ambienti politici delle aspirazioni del popolo croato e sondare le intenzioni francesi rispetto alla Croazia; indi andrà a Londra e poi a Roma.

Ha anche parlato della possibilità -per quanto assai vaga -della adesione serba all'idea della • amputazione •. A tal proposito ha parlatò dei confini che dovrebbe avere lo Stato croato. E cioè: con l'Italia gli attuali. Con l'Ungheria, il Mura, la Drava, il Danubio. Si lascerebbe cioè all'Ungheria il Prekomurie, e la Croazia si disinteresserebbe della Voivodina (Banato, Backa, Baranya) che l'Ungheria desidera togliere alla Serbia. Su tali confini i croati e gli ungheresi sono già d'accordo; come pure sul transito attraverso la Croazia per Fiume e Spalato. Il Sirmio anche dovrebbe andare alla Croazia, ma si potrebbe trattare per lasciare ai Serbi la linea da Ilok in giù. La Bosnia dovrebbe appartenere per circa due terzi alla Croazia (programma massimo); come programma minimo dalla linea del fiume Vrbas. È da considerare che pure essendo Spaho in coalizione coi Serbi, i mussulmani della Bosnia collaborano nei comuni coi Partiti croati; sicchè in caso di separazione, e se vi fosse un plebiscito essi voterebbero tutti per la Croazia ed anche Spaho abbandonerebbe i serbi. L'Erzegovina dovrebbe appartenere alla Croazia fino all'altezza di Sebenico; e tutto il resto potrebbe andare alla Serbia. Infine la Dalmazia fino a Cattaro dovrebbe appartenere allo Stato croato. Cattaro potrebbe andare al Montenegro (come una parte dell'Erzegovina) se esso venisse riconosciuto.

A mia domanda mi ha dichiarato che a Praga non ha avuto alcun colloquio con Macdonald (l); e che l'Onorevole Pernar si è recato recentemente a Fiume unicamente per far partire di là più liberamente alcune lettere e corrispondenze di propaganda.

Circa l'atteggiamento del Vaticano mi ha detto che il clero, anche se non si mostra favorevole alla causa croata non può nuocere, non avendo molta influenza sulla popolazione; ma certo sarebbe bene che il Vaticano lasciasse i Vescovi liberi di agire secondo i loro sentimenti. P. a questo punto ha detto che sarebbe molto opportuno che Monsignor Saric, vescovo di Serajevo, che si è apertamente dichiarato in favore della causa croata, fosse nominato vescovo coadiutore in Zagabria con diritto di successione.

7 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

Ho poi continuato il colloquio coi soli P. S. Essi mi hanno parlato dell'organizzazione della gioventù in squadre -camicie azzurre -secondo il progetto qui accluso (1). Per quanto riguarda la progettata dichiarazione dell'indipendenza croata

P. mi ha detto che il partito separatista e il federalista -che hanno i loro seguaci nella città di Zagabria -e in poche altre grandi città -ritengono opportuno agire presto perchè altrimenti il tempo potrebbe calmare gli animi dei cittadini; mentre il partito radiciano vuoi procedere più cautamente e senza fretta essendo sicuro che lo stato d'animo dei contadini non è soggetto a mutamenti.

Mi ha anche detto che farebbe in Croazia una molto favorevole impressione se venisse pubblicata la notizia che uno dei capi dei partiti croati -trovandosi per caso in Italia --è stato presentato a S. E. Mussolini intrattenendosi qualche minuto in conversazione. Sarebbe ciò possibile?

(l) I primi due sono identificabili in Macek e Pavelié. L'identificazione del terzo è incerta: Sutnay? slegl? Sarkotié?

(l) Macek si era recato a Praga.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, DE ASTIS

T. 5426. Roma, 23 ottobre 1928, ore 18.

Suo telegramma per corriere n. 2674 (2).

Fin dagli inizi dell'attuale movimento croato, il Governo italiano si e preoccupato di seguire colla maggiore vigilanza una situazione i cui sviluppi potrebbero toccarci assai da vicino. Allo scopo è stato tenuto informato dello svolgersi degli avvenimenti da varie e sicure fonti che hanno avuto occasione di aver contatti colle più diverse personalità croate. Dall'opinione che si è formato, il Governo italiano è persuaso che la crisi croata sia effettivamente seria e meriti di essere ulteriormente seguita con attenzione. Non risulta, peraltro, che le cose siano ad un tal punto di imminenti e radicali definizioni, che possano comunque giustificare fin da ora una collaborazione programmatica di azione fra noi e l'Ungheria, che, evidentemente, precorrerebbe degli avvenimenti di cui non è dato tuttora scorgere la effettiva e concreta portata e le precise direzioni.

La futura sorte e la sistemazione avvenire della Croazia, d'altra parte, è argomento che va esaminato, prima che da una fase di vigilante osservazione si passi a quella di un'eventuale azione da parte nostra, colla maggiore ponderazione e col possesso di esatti elementi di valutazione, in relazione ad interessi specificatamente italiani, alla stregua di situazioni chiare e mature.

Tutto ciò, che del resto è stato in termini opportuni recentemente accennato a questo ministro di Ungheria, è bene che la S. V. tenga presente, per personale sua norma, nelle future sue conversazioni con Walko, nel mantenere con lui amichevoli e confidenziali scambi di idee e di informazioni che, nella linea di condotta che l'Italia ha seguito e per il momento continua a seguire, possono tornare assai utili.

(l) -Manca. (2) -Cfr. n. 43.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI

TELESPR. RR. 253927/673. Roma, 25 ottobre 1928.

Nota di V. E. (Direzione Generale Africa Orientale Ufficio I) n. 6112 del 19 ottobre scorso (1).

Ho ricevuto il telegramma diretto dall'Imam Jahia al Governatore dell'Eritrea ed il commento fattovi da S. E. Zoli, ed esaminata fondamentalmente tutta la questione dei nostri rapporti con lo Yemen, credo opportuno di fissare alcune direttive, per norma di condotta del Governatore.

Tali direttive ho concretate nel seguente telegramma che prego l'E. V. --ove non abbia particolari considerazioni od osservazioni da farmi conoscere -di voler trasmettere a S. E. Zoli :

• Ho esaminato telegramma Imam Jahia e considerazioni fatte da V. E. con Suo n. 32. In realtà Imam -come V. E. osserva -non chiede esplicitamente nostra azione mediatrice ma attraverso sue generiche dichiarazioni e soprattutto dalle nuove insistenti sollecitazioni per fornitura armi, è lecito supporre che egli abbia voluto rivolgerei un appello di carattere politico. Invero mentre egli rinnova sue proteste contro azione inglese che dichiara contraria al diritto internazionale, d'altra parte fa due volte richiamo ai nostri rapporti che chiama

"di alleanza ".

Anzitutto poichè il telegramma Imam risulta rispondere ad un telegramma inviatogli da V. E. prego trasmettermi al più presto testo integrale di quest'ultimo che non è finora qui pervenuto. Ciò premesso, è necessario in via preliminare rendersi esatto conto delle odierne reali disposizioni dell'Imam verso di noi. Infatti V. E. nella Sua relazione del 19 luglio scorso (2) informava di essere riuscito a migliorare rapidamente situazione di evidente diffidenza che fino a quell'epoca aveva caratterizzato nostri rapporti con Imam, ed il re,cente telegramma di quest'ultimo offre a V. E. motivo di affermare la ristabilita fiducia del Sovrano verso di noi.

Anche a me sembra che se ne possa trarre la stessa impressione. Senonchè dobbiamo anche chiederci se tali migliorate disposizioni dell'Imam non siano piuttosto unicamente dovute ad un tentativo di assicurarsi il nostro appoggio prima di affrontare una nuova crisi con l'Inghilterra, e se perciò, ove tale appoggio non gli fosse accordato, nella misura che egli si attenderebbe, noi potremmo trovarci nuovamente nella malagevole situazione che ora sembra superata. In realtà è egualmente pericoloso così illudere l'Imam sulla possibHità di prestargli un efficace aiuto contro l'Inghilterra come francamente notificargli un nostro rifiuto a seguirlo fino agli estremi limiti ai quali egli sembra tuttora intenzionato di portare la sua azione. Ma non è neanche possibile di continuare nel vago, lasciando la situazione aperta agli equivoci, sia nei riguardi dello Yemen che in quelli dell'Inghilterra. Occorre che, uscendo dalle frasi convenzionali che da tempo ci scambiamo per telegrafo, si abbia un chiaro diretto

scambio di idee con l'Imam per assodare alcuni punti fondamentali delle nostre

future relazioni, per impostare finalmente queste ultime su basi concrete e che

riescano di comune vantaggio.

Ciò che è necessario far comprendere nettamente all'Imam è che noi siamo sempre disposti a fornirgli ogni possibile appoggio diplomatico e politico, ma che non possiamo assecondarlo quando la sua condotta si manifesta in operazioni militari contro l'Inghilterra, i cui scopi sono evidentemente illusori e puerili. Dobbiamo invece cercare di portarlo a riconoscere come il vero interesse dello Yemen non sia di cozzare inutilmente ed indebolire le proprie forze contro un nemico assai più potente di lui, ma che il miglior modo di conseguire i propri fini senza una dannosa fretta sia invece quello di consolidare il regime politico del Paese, svilupparne le risorse e le energie, affermare l'autorità statale su tutte le popolazioni del territorio, formare insomma uno Stato forte e civilmente progredito, tale da imporre il rispetto ai vicini, e dare anche agli Inglesi una sensazione di potenza e di stabilità che avrebbe un vero peso nelle future relazioni anglo-yemenite.

Su queste linee l'Italia è sinceramente disposta e pronta a concedere all'Imam tutto il suo appoggio materiale e morale, contribuendo con ogni sforzo a fornirgli i mezzi adeguati per assicurare allo Yemen un importante avvenire politico. Noi non domandiamo con ciò all'Imam di rinunciare alle sue aspirazioni territoriali nè di giungere a qualsiasi costo ad un accordo con l'Inghilterra che possa in qualche modo pregiudicarlo, ma solo di attenersi nei suoi rapporti con gli Inglesi sostanzialmente allo statu quo, attendendo la realizzazione dei suoi pretesi diritti non da dannose difficili azioni militari ma dallo sviluppo degli avvenimenti politici.

Le condizioni alle quali noi dobbiamo subordinare i nostri aiuti e quindi anche le ulteriori forniture di armi sono perciò essenzialmente due: l) che l'Imam si astenga da atti che possano provocare delle reazioni militari da parte inglese, nelle quali egli ha tutto da perdere e poco da guadagnare; 2) che lo stesso Imam ci dia sicuro affidamento di voler sviluppare quella collaborazione economica con l'Italia che ha dato fin qui troppo scarsi risultati, evitando che si ripetano quelle diffidenze e quei sospetti (ed anche, è d'uopo affermarlo, quel larvato ostruzionismo) che hanno in questi ultimi tempi autorizzato il dubbio che l'amicizia dello Yemen per noi sia unicamente ispirata dal desiderio di rifornirsi agevolmente di armi e munizioni, sfruttando i nostri rapporti esclusivamente a scopo antinglese.

Comprendo quanto sia difficile di giungere con l'Imam a queste chiarificazioni senza ingenerargli il sospetto che ciò dipenda da un mutato indirizzo della politica del R. Governo, (il quale indirizzo in realtà è stato sempre il medesimo fin dall'inizio della nostra azione verso lo Yemen, se pure l'Imam abbia potuto qualche volta ricevere delle impressioni diverse, dall'azione dei nostri agenti, o troppo saltuaria, o indotta a forzare le tinte dalla necessità di raggiungere pratiche realizzazioni o vineere resistenze o superare concorrenze altrui), ma è indispensabile che V. E. trovi il modo di avere finalmente un contatto con l'Imam attraverso persona di assoluta fiducia e di equilibrata e serena sensibilità politica, per poter iniziare con ogni cautela e con quelle gradazioni imposte dalla mentalità orientale, una efficace azione politica che permetta di porre

i nostri rapporti con lo Yemen in quei limiti e su quelle basi che ho esposto e che sono le sole atte a raggiungere gli scopi che il R. Governo deve proporsi, evitando sia dei gravi attriti con il Governo Inglese sia una diminuzione del nostro prestigio nello Yemen.

Come è evidente, condizione principale perchè V. E. possa seguire queste direttive del R. Governo è quella di inviare a Sanaa al più presto e per lo meno temporaneamente la persona adatta.

Attendo quindi di conoscere se Ella ha qualche proposta da farmi in proposito.

Intanto Ella potrebbe rispondere al telegramma dell'Imam prendendo atto delle sue dichiarazioni di amicizia verso l'Italia, ed esponendogli la convenienza di inviare presso di lui un fiduciario, allo scopo di addivenire ad un utile scambio di idee sulle questioni che interessano i due Paesi ».

(l) -Non si pubblica. (2) -Ed. ampiamente in VEDOVATO, pp. 290-306,
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APPUNTO DELL'UFFICIO SOCIETA DELLE NAZIONI (l)

Roma, 28 ottobre 1928.

l. -Nella questione delle nostre richieste in fatto di riparazioni tedesche, il punto di vista italiano è stato costantemente espresso nella formula: • interdipendenza fra debiti e riparazioni, cioè tante riparazioni quante ne accorrano per pagare i debiti (A), più un equo compenso (B) pei danni di guerra ecc. •.

Questa formula è stata indicata in dichiarazioni e Note diplomatiche: Nota del 12 maggio 1923 diretta al Governo tedesco; Nota del 2 agosto 1923 al Governo britannico; Nota del 18 ottobre 1923 al Governo belga, confermate e ripetute in successivi atti e conferenze internazionali.

2. -La parte (B) della formula • equo compenso ecc. », è stata di fatto avanzata, più come richiesta sussidiaria, che assoluta; più cioè, per assicurarci in ogni caso la parte (A) • debiti •, che per realizzare molto da essa.

Non parrebbe tuttavia utile, neanche nella fase attuale, di rinunciare senz'altro a questa seconda parte. La limitazione pura e semplice delle nostre richieste all'equivalenza debiti riparazioni (A) presenterebbe evidentemente vantaggi come possibilità di effetto sulle opinioni pubbliche, ma ci priverebbe anticipatamente di un utile terreno di manovra e di scambio. Al riguardo è a tener presente l'ampiezza delle richieste altrui, particolarmente di quelle della Francia.

Piuttosto varrebbe -mantenendo integra la formula consueta (A più B) completarla nel senso che • l'Italia è disposta a transigere sulla seconda parte (" equo compenso ecc. ") in relazione alle concessioni che gli altri faranno sulle proprie richieste •.

Questo temperamento avrebbe il vantaggio tra l'altro di avvicinarci al punto di vista inglese.

3. -Per quanto la formula italiana, tanto nella parte (B), quanto nella parte (A) «debiti» implichi di fatto una revisione delle .percentuali di Spa (l) (e possa ritenersi che esistano ragioni anche giuridiche a sostegno di tale revisione), non si ritiene che sarebbe buona politica porre la questione sotto questo profilo, e in genere parlarne. Una tale innovazione provocherebbe infatti necessariamente e logicamente un rifiuto generale, senza alcun costrutto, anzi con evidente danno. Alla revisione dovrebbe invece arrivarsi di fatto attraverso appunto alla formula da tempo adottata, e che ha già fatto buona prova: debiti più danni.

Non si tratta di una semplice questione di forma. Ai fini del negoziato essa può assumere importanza fondamentale.

4. -Questa linea di condotta s'inquadra -così si ritiene -nelle direttive tracciate da S. E. il Capo del Governo nel discorso del giugno scorso al Senato (2).

(l) L'appunto è privo di firma.

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IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 6526/765. Sofia, 30 ottobre 1928 (per. il 9 novembre).

Riferimento telespresso n. 250350/278 del 4 ottobre corrente, posizione Albania 9-3 (3).

Ho attentamente esaminato la proposta avanzata dai • noti bulgari • di Vienna a nome del comitato segreto sorto in seno all'organizzazione degli agrari fuorusciti bulgari, proposta tendente ad ottenere il nostro appoggio e il nostro aiuto nonchè eventualmente quello del Governo bulgaro per poter continuare il Lavoro di demoLizione contro L'opera nefasta dei capi fuorusciti.

L'idea di una campagna giornalistica contro la losca attività antibulgara e antitaliana che si svolge in Serbia e aLirove a mezzo dei noti capi agrari Todoroff, Oboff, Stojanoff, ecc. può, a primo aspetto, apparire utile tanto per la Bulgaria che per i nostri interessi politici in questo paese. Senonchè per ottenere risultati pratici ed efficaci occorrerebbe che tanto l'Italia che la Bulgaria non solo concedessero i mezzi necessari ma consentissero anche a che la

• campagna • fosse diretta speciaLmente contro la Serbia e la Cecoslovacchia, le quali sostengono e sospingono il movimento agrario tendente a minare l'ordine interno della Bulgaria in vista della conquista del potere da parte del partito agrario che -come è noto -è legato a Belgrado da precisi accordi per una unione serbo-bulgara, ed è in pari tempo sovvenzionato e diretto da Mosca, come è stato dimostrato anche dai recenti arresti di comunisti in Sofia.

Ho detto che la • campagna • dovrebbe essere diretta contro la Serbia e contro la Cecoslovacchia, dovrebbe cioè mettere in chiaro che cosa fanno i Governi di questi due paesi a pro' degli agrari e quindi contro l'ordine costi

tuito in Bulgaria, perchè se la • campagna • dovesse soltanto avere per iscopo la denunzia delle malefatte degli Oboff, dei Costa Todoroff e loro compagni, il risultato sarebbe certamente di assai scarso valore. Essi infatti, e i loro sostenitori, con l'appoggio molto probabile degli stessi Governi di Belgrado e di Praga, opporrebbero ai loro denunziatori facili smentite ricche di invenzioni e di contro-accuse, qualificandoli certamente di • traditori della causa • e di

• -venduti • (all'Italia, s'intende). E siccome in questi paesi balcanici le popolazioni sono da troppo tempo -per non dire da sempre -abituate a queste manifestazioni di dissidi aventi per sfondo apparente • la Patria • o la salvezza del Paese (come hanno detto appunto gli agrari di Vienna al signor Mazzotti), ma consistenti, in realtà, in questioni più o meno personali a base scandalistica (la scissione attuale dell'ORMI ne è, purtroppo, una grave e preoccupante prova), ne consegue che una campagna giornalistica come quella proposta dai • -benpensanti agrari dissidenti di Vienna • sarebbe destinata, in antidpo, all'insuccesso, senza contare che essa disorienterebbe questa opinione pubblica più di quello che oggi non sia e ne accrescerebbe lo scetticismo.

Se dunque la • campagna • può essere condotta in modo completo, svelando cioè e precisando come i fuorusciti agrari agiscano per conto, con i mezzi e dietro istruzioni ed ordini di Belgrado e di Praga, allora si potrebbe contare su un qualche risultato sull'opinione pubblica.

Ma giudicare se sia opportuno o meno appoggiare e, naturalmente, dirigere una tale campagna che dovrebbe investire direttamente due Governi stranieri, non può essere di mia competenza. Io avevo solo il dovere, per rispondere alla richiesta direttami da V. E. col precitato telespresso n. 278, di informare che una campagna avente per iscopo soltanto • la demolizione • dei leaders agrari fuorusciti è da considerarsi superflua ed inutile ai nostri fini, tanto più che detti leaders sono, qui, già interamente demoliti per la grande maggioranza dei bulgari, che da quella campagna non apprenderebbero gran che di nuovo e di impressionante; mentre per gli agrari residenti in Bulgaria la • campagna • non farebbe che ingrandire la personalità degli • esiliati •.

Quanto ad interessare noi -a tale proposito -il Governo bulgaro, esprimo parere nettamente contrario. La situazione attuale in Bulgaria -specie dopo la scissione dell'ORMI, la démarche e la solidarietà anglo-franco-serba, la crisi ministeriale risolta soltanto provvisoriamente, ecc. -è talmente confusa e la • posizione • dell'Italìa di fronte alla vita politica estera e interna della Bulgaria è talmente delicata, che una nostra offerta al Governo bulgaro (di cui il ministro degli esteri è sempre Buroff) per metterlo in certo qual modo in relazione con elementi agrari fuorusciti, e ottenere appoggi ed aiuti per essi che sino a prova contraria sono qui considerati come i traditm·i della Bulgaria, una tale offerta sarebbe certo rifiutata e forse -da alcuni -non favorevolmente interpretata.

Se i membri del • Comitato dissidente di Vienna • hanno realmente le buone patriottiche intenzioni da loro affermate, posso assicurare V. E. che essi hanno a loro disposizione non uno ma parecchi mezzi per far giungere al signor Liapceff o ad altre personalità bulgare di loro fiducia quelle proposte e quelle offerte che essi vorrebbero invece far pervenire pel tramite dell'Italia.

(l) -Allude alla conferenza di Spa del luglio 1920 nella quale furono ripartite fra gli alleati le percentuali delle riparazioni tedesche. (2) -Annotazione marginale di pugno di Grandi: • S. E. il Capo del Governo approva questa linea di condotta. Darne visione a S. E. Pirelli ». (3) -Non si pubblica.
51

IL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 6407/144. Zagabria, 31 ottobre 1928, ore 20,50 (per. ore 1 dello novembre).

Trovasi attualmente a Parigi onorevole Hezman, delegato partito radiciano, il quale ha fatto qui sapere di avere appreso da buona fonte che il Governo francese ha fatto recentemente un passo a Belgrado per sconsigliare maniera forte ed esortare Serbia a fare ampie concessioni ai croati giungendo, se necessario, fino alla federazione. Governo francese sarebbe preoccupato dal fatto che i croati cercano contatti con l'Italia. A questo proposito osservo che recente viaggio Miglioli in Croazia ha avuto appunto lo scopo di creare negli ambienti croati sfiducia verso l'Italia. Egli però, come appare dagli articoli riprodotti nella Rassegna della stampa di questo consolato, è stato male accolto dal partito croato che ha capito il suo giuoco.

Ho telegrafato quanto precede a Belgrado.

52

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A DURAZZO, CORTESE

T. 5565/430. Roma, 1° novembre 1928, ore 24.

Suo telegramma n. 508 (1).

Mentre approvo suo atteggiamento sulla questione di principio relativa alle preventive consultazioni. sopra comuni interessi di politica estera, l'avverto che effettivamente io non vedo difficoltà a che codesto Governo stipuli con quello greco un patto di amicizia analogo a quello concluso tra Roma ed Atene.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, PETRUCCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 6441/887. Belgrado, 2 novembre 1928, ore 22,30 (per. ore 3 del 3).

S. M. Re Alessandro e S. M. la Regina Maria e persone del seguito hanno oggi fatto vistare loro passaporti presso questa R. legazione per transitare Italia diretti in Francia.

Questo maresciallo di corte ha evitato di far conoscere a questa R. legazione la data esatta della partenza dicendo di aver già provveduto ad informare le Regie autorità attraverso codesta legazione S. H. S.

Partenza del Sovrano da Belgrado e dallo Stato in un momento tanto critico della vita costituzionale di questo paese, non appena sarà conosciuta dal pubblico (per ora è tenuta segretissima) non mancherà sollevare vivaci commenti e penosa impressione. Non è facile per ora stabilire cause vere del viaggio. Sarà data come ragione ufficiale questione salute del Sovrano, che del resto è effettivamente molto deteriorata. Può intanto dirsi con sufficiente approssimazione che ragione principale sta nella crisi stessa, che a mio avviso è non solo gravissima ma ad una svolta decisiva. A Parigi si compirà il tentativo principale di salvare questo regno da una situazione minacciosa. Il tentativo abbraccerà sia il lato politico interno, che quello finanziario, che sono poi due aspetti di uno stesso fenomeno.

Finanziariamente è urgentissimo un grosso prestito per evitare che questo Stato entri in istato palese di fallimento. Quello ultimo ottenuto da un consorzio svedese per un miliardo di dinari è già esaurito per fare fronte agli impegni più urgenti della vita giornaliera dello Stato. Esso avrà al più l'effetto di dare quel tanto di vita che basti ad intraprendere le pratiche per il grosso prestito.

Costituzionalmente la lotta serbo-croata è al suo punto culminante e da un momento all'altro è da prevedere un urto violento. L'attitudine ferma e fierissima dei croati ha non solo sorpreso ma anche sbigottito i serbi, che in questo momento trovansi stretti fra il desiderio di abbandonarsi alla loro naturale tendenza di ricorrere a mezzi violenti e la paura che i croati dispongano già di una tale propaganda all'estero e di tali appoggi anche presso alcuni Stati vicini che una repressione violenta possa essere tardiva e screditarli per sempre di fronte all'opinione pubblica mondiale.

Da notizie dell'ultima ora si rileva poi che anche Parigi e Londra abbiano alla fine aperto gli occhi e che si stiano serissimamente preoccupando della crisi interna e del movimento croato. Parigi si sarebbe fatto iniziatore di passi atti a persuadere il Gov,erno S. H. S. a venire ad un accomodamento coi croati.

Inoltre servendosi di legami massonici Parigi avrebbe stabilito contatto anche con i croati e il viaggio di Trumbich non sarebbe a ciò estraneo. Notizie poi di fonte attendibile mi rivelano un altro retroscena, secondo cui il Vaticano sosterrebbe l'Abate Korosec nella lotta contro i croati servendosi come intermediario del noto Mons. D'Herbigny gesuita a capo dell'Istituto Vaticano per gli studi orientali.

L'azione di questo alto prelato, che è anche un ardente patriotta francese, rientrerebbe quindi nella sfera di quella del Quai d'Orsay. Per diverse strade quindi Vaticano e Massoneria tenderebbero via Parigi a soffocare il movimento croato ed a salvare il regno S. H. S.

(l) T. 6274/508 del 22 ottobre, che non si pubblica.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 6450/1056/623. Parigi, 3 novembre 1928, ore 21,45 (per. ore 24).

Mio telegramma n. 1051/619 (1).

Colloquio Poincaré··Pirelli avvenuto oggi. È stato cordiale ed interessante. Come da colloquio con Churchill anche da quello con Poincaré signor Pirelli ha tratto impressione desiderio che alleati procedano tutti d'accordo.

Converrebbe evitare che in questi giorni nostra stampa impressionasse sfavorevolmente rapporti generali italo-francesi. Pirelli sarà lunedì Milano donde prenderà accordi per venuta Roma dove Buti giungerà lunedì sera. Anche colloquio iersera Pirelli-Gilbert fu cordiale ed interessante.

55

ALBERTO PIRELLI AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

CONFIDENZIALE. Roma, 4 novembre 1928.

l. -V. E. si è compiaciuta d'incaricarmi di conferire col Cancelliere dello Scacchiere e con l'Agente Generale dei pagamenti a proposito della recente deliberazione di Ginevra circa la fissazione del debito tedesco e la convocazione di una Conferenza di esperti. Ho l'onore di riferire all'E. V. circa tali colloqui. Essi si sono svolti: quelli con il signor Churchill e con i funzionari della Tesoreria britannica, il 1° novembre a Londra; quelli con Gilbert, il 2 e il 3 novembre a Parigi.

Durante il mio breve soggiorno a Parigi per intrattenermi con l'Agente Generale dei pagamenti, avendo il signor Poincaré manifestato il desiderio di vedermi, riferisco all'E. V. anche intorno alla conversazione che ho avuto con quest'ultimo (Parigi, 3 novembre).

2. -Tanto da parte inglese, quanto da parte dell'Agente Generale dei pagamenti, come pure del signor Poincaré, ho trovato un'accoglienza decisamente cortese, e dichiarazioni visibilmente marcate circa il proposito di tenersi in contatto e di collaborare con l'E. V.

Quanto al merito della questione, devo distinguere tra atteggiamento generico inglese e francese (A), e precisazione di richieste (B) da parte dei due Paesi.

Per quanto riguarda l'atteggiamento generico (A), esso si potrebbe riassumere dicendo che tanto inglesi quanto francesi non sono contrari alla convocazione della Conferenza; essi assumono un'attitudine di attesa, e non prenderanno iniziative. C'è tuttavia una differenza tra Francia e Inghilterra: in Fran

eia, sotto l'attitudine di attesa, esiste un reale desiderio che la questione sia portata avanti; in Inghilterra l'atteggiamento di attesa corrisponde a quello che è il vero pensiero del Governo, specie della Tesoreria.

Quanto a precisazione di richieste (B), la Gran Bretagna domanda il pagamento dei debiti; la Francia quello dei debiti più i danni di guerra.

Tanto a Parigi quanto a Londra si insiste sulla necessità che tutti i Governi interessati procedano d'accordo, e per parte specie del signor Gilbert si mostra fiducia nella buona volontà del signor Poincaré, che per ragioni politiche (rapporti franco-tedeschi) e finanziarie (percentuale francese di Spa del 52%, superiore alle percentuali di tutti gli altri Stati messi assieme) è naturalmente destinato in questa trattativa ad avere una parte specialmente notevole. Nella situazione preminente fattale a Spa, è in fondo la Francia che sarà chiamata a fare le maggiori concessioni, se ad un accordo si deve addivenire; donde la tendenza generale a curare in tutti i modi possibili l'atteggiamento del Governo francese in generale, e del signor Poincaré in particolare. (L'Accordo di Spa è, come è noto, del 16 luglio 1920).

3. -Per parte mia, mi sono naturalmente attenuto alle istruzioni impartitemi dalla E. V. (1). Mi ero recato a conferire col signor Churchill e col signor Gilbert in risposta all'invito da loro rivolto. Il mio mandato consisteva anzitutto nell'ascoltare per poi riferire. Il punto di vista italiano non era ancora stato definitivamente stabilito. In via di massima lo si poteva però dedurre dal discorso fatto dalla E. V. al Senato nel giugno scorso e da tutte le precedenti indicazioni (note diplomatiche, ecc.).

Dal lato più particolarmente finanziario, l'Italia non aveva alcuna speciale ragione in questo momento di riaprire la questione. Infatti l'Italia riscuote ancora più di quello che paga. Ponendosi però da un punto di vista più generale di Grande Potenza interessata alla ricostruzione economica e politica dell'Europa, l'Italia non poteva vedere che con piacere tutto quello che a tale scopo potesse convenientemente servire. Reclamava per sè i debiti, più qualche cosa, secondo le dichiarazioni precedenti. Nell'interesse generale era disposta a fare delle concessioni su questo di più, in relazione alle concessioni altrui, purchè beninteso l'equivalenza debiti-riparazioni non avesse mai ad esser messa in discussione. Sia il Cancelliere dello Scacchiere che il signor Gilbert, e lo stesso signor Poincaré, hanno riconosciuto l'equità del nostro punto di vista.

Per quanto equa e inderogabile, la nostra posizione trova tuttavia -è bene di chiarire qui -una difficoltà di realizzazione nella circostanza che (laddove la nostra percentuale di Spa, applicata all'attuale annualità Dawes di due miliardi e mezzo di marchi oro, è sufficiente a stabilire nel corso del sessantennio il pareggio tra debiti italiani e riparazioni spettanti all'Italia) qualsiasi diminuzione di tale annualità verrebbe ad alterare a nostro danno il pareggio stesso, ove non fosse accompagnata da temperamenti a nostro favore. A differenza di noi, l'Inghilterra si trova in grado di poter concedere, senza pregiudizio del pagamento dei propri debiti, un margine di riduzione; il pareggio inglese cesserebbe ove l'annualità tedesca da due miliardi e mezzo venisse ridotta a due miliardi.

La Francia, come è noto, ha un largo margine attivo al disopra delle somme necessarie al pagamento dei debiti, ma ha sempre reclamato e le è sempre stato riconosciuto un diritto ad un largo indennizzo per i danni dell'invasione.

Devo notare come il signor Gilbert mi abbia in un primo tempo accennato alla possibilità che un eventuale deficit italiano venga colmato coi pagamenti in conto riparazioni dell'Ungheria. Avendogli io espresso l'inopportunità di tale soluzione, mettendomi prevalentemente dal Iato tecnico, il signor Gilbert non vi ha più insistito. L'idea però resta. Essa è evidentemente d'origine francese. Di essa mi ha tenuto parola anche il signor Poincaré, allargandola fino a comprendere i pagamenti che l'Austria dovrebbe essere chiamata a fare, evidentemente in deroga alla moratoria attualmente esistente. Egli si è anzi particolarmente soffermato sull'Austria, chiarendo come in tal guisa si potrebbe fra l'altro costituire un ostacolo di più alle velleità tedesche di realizzare l'Anschluss.

4. -L'atteggiamento inglese, che ho di sopra indicato come atteggiamento di attesa, è -come si sa -il frutto di un compromesso fra la posizione della Tesoreria, notoriamente contraria a riaprire la questione, almeno fintanto che il Piano Dawes continui a funzionare regolarmente, e la posizione assunta, evidentemente per considerazioni di politica generale, dal Foreign Office e dal Primo Ministro, favorevoli invece alla deliberazione di Ginevra. II Cancelliere dello Scacchiere, anche se più o meno completamente, sembra essersi arreso alle vedute del Ministro ad interim degli Esteri e del Primo Ministro; ma è evidente che nei funzionari della Tesoreria britannica continuano invece a sussistere delle riserve.

In questi giorni deve essere stata o verrà rimessa alla E. V. una comunicazione, con la quale il Governo inglese precisa la propria posizione. Di essa il Cancelliere dello Scacchiere mi ha dato visione in via confidenziale e riservata nel corso del colloquio del l<> novembre. Nella nota si trova la conferma che il Governo inglese, pure associandosi all'azione intrapresa, non prenderà iniziative. (Tale atteggiamento contrasta visibilmente con quello che lo stesso Governo inglese ebbe a prendere e a mantenere durante il periodo preparatorio e poi durante i lavori del Comitato Dawes del 1924 e della Conferenza di Londra dello stesso anno, di cui esso fu in fondo il promotore e l'animatore). Nella comunicazione vengono precisate le richieste britanniche. II punto di vista inglese è in fondo che le riparazioni debbono anzitutto servire a dare a tutti gli Stati creditori della Germania i mezzi per soddisfare i debiti di guerra. Per sè la Gran Bretagna chiede, in relazione, quanto occorre perchè -insieme coi pagamenti francesi e italiani, e quelli degli altri Stati minori -la Tesoreria abbia abbastanza per soddisfare gli Stati Uniti. Questo pareggio fra riscossioni da un lato, e pagamenti dall'altro, non sarà raggiunto dall'Inghilterra che nel corso dell'attuale anno di riparazioni (1° settembre 1928-31 agosto 1929). Finora la Tesoreria britannica ha pagato agli Stati Uniti qualcosa di più di quello che ha riscosso. La Gran Bretagna ha sempre chiesto di avere anche il rimborso di tali arretrati, ma su questi ultimi si dichiara ora pronta a transigere. L'atteggiamento inglese si mantiene quindi fedele alla nota Balfour (agosto 1922) con l'attenuazione relativa agli arretrati. Esso è pertanto analogo all'atteggiamento

italiano. Unisco copia di un telegramma da Londra al Corriere della Sera del 4 novembre (allegato n. l) (1), dove è riportato un articolo del Financia! Times che mette simpaticamente in rilievo tali affinità di vedute, e che trae evidentemente le proprie informazioni dagli ambienti ufficiali britannici.

Incidentalmente vale di chiarire qui che, appunto perchè la Gran Bretagna ha ormai raggiunto il pareggio fra i pagamenti e le riscossioni, essa non ha ragioni finanziarie attuali per promuovere una modificazione della situazione esistente. È vero che essa vedrebbe con piacere un alleggerimento dell'onere rappresentato dall'Accordo Baldwin-Mellon del 1923 per i debiti, ma è altrettanto vero che non farà un passo in tal senso. Donde il suo atteggiamento contrario a qualsiasi iniziativa per promuovere cambiamenti in una situazione che attualmente (appunto perchè le assicura il pareggio) essa dichiara soddisfacente; e il proposito (mi riferisco sopratutto al pensiero della Tesoreria) di lasciare ad altri la cura di farlo, siano essi i tedeschi e i francesi come nel caso presente, siano essi anche gli americani, qualora (non raggiungendosi attualmente una nuova sistemazione, e il Piano Dawes andando verso una crisi) la situazione tedesca possa divenir tale da preoccupare anche l'America come principale creditrice verso la Germania per prestiti commerciali.

La nota inglese, della quale ho sopra discorso, tocca anche qualche altro punto, come quello della commercializzazione del debito della Germania, per cui avanza riserve di indole tecnica, che probabilmente nascondono però preoccupazioni di altra natura: fra l'altro quella dell'enorme vantaggio finanziario che possa venire alla Francia dalla realizzazione di ingenti somme, quali naturalmente le deriverebbero da una mobilizzazione del debito tedesco.

5. -Anche in Francia si può distinguere fra Ministero degli Esteri e Ministero delle Finanze, e più precisamente fra il signor Briand ed il signor Poincaré. Anzitutto si può osservare che la trattativa è accentrata nelle mani di quest'ultimo. All'Ambasciatore tedesco, che si era recato da lui per consegnargli la stessa comunicazione fatta a noi ed agli altri alleati, il signor Briand rivolse infatti preghiera di fare tale comunicazione direttamente al Ministro delle Finanze e Presidente del Consiglio. Il signor Briand vuole evidentemente, per <lra almeno, tenersi in disparte, per riservarsi una parte sua speciale se le circostanze lo esigeranno. Forse vi influiscono anche considerazioni di politica interna, in relazione alle difficoltà che il Partito radicale, proprio in questi giorni, e in modo sempre più attivo, sta creando al Gabinetto Poincaré (Congresso di Angers). Pure dal lato politico la questione presenta d'altronde, nei riguardi francesi, elementi più complessi di quelli propri degli altri Paesi, non fosse che in ragione dell'occupazione renana. A proposito di questa il signor Poincaré ha tenuto a dirmi che egli interpreta il Trattato di Versailles (e sa che i tedeschi, o quanto meno i socialisti tedeschi, se ne rendono perfettamente conto) nel senso che la durata della occupazione non cessa automaticamente nel 1935, ma si estende oltre, sino a quando gli obblighi tedeschi non siano stati adempiuti, sino a quando cioè gli alleati non ritengano che la Germania abbia soddisfatto agli obblighi di riparazione, o almeno non sia stata commercializzata una gran parte del debito tedesco per tale titolo. Il signor Poincaré mi

disse: • Sul Reno oggi ci siamo; ma se ci ritirassimo e poi la Germania mancasse ai suoi pagamenti, il rioccupare la zona renana potrebbe essere difficile

o quasi impossibile. Se i tedeschi fossero persuasi di avere il diritto di farci ritirare entro 6 anni, avrebbero preferito certamente di aspettare questo periodo e non di chiedere ora una nuova sistemazione delle riparazioni , .

La Francia ha bensì una data preoccupante davanti a sè, e cioè l'agosto 1929, quando scade il suo debito di 400 milioni di. dollari verso l'America per acquisto di stocks di guerra. Se essa ratifica l'Accordo Mellon-Béranger, il debito sopradetto resta conglobato nell'Accordo stesso e ridotto notevolmente, ma in caso diverso la Francia dovrà pagarlo in pieno. D'altra parte il signor Gilbert mi ha detto confidenzialmente che non appena fosse convocato il Comitato degli Esperti, Poincaré intenderebbe di assumersi la responsabilità di ratificare tanto l'Accordò Mellon-Béranger quanto quello Churchill-Caillaux. Egli farebbe ciò ·con atto del potere esecutivo, sottoponendo poi la cosa ad un voto di fiducia

del Parlamento.

Quanto alle richieste francesi, esse sono chiaramente indicate nella comunicazione che l'Ambasciata di Francia a Roma ha fatto il lo corrente all'E. V. Anche la Francia chiede che il nuovo regolamento le assicuri i mezzi per pagare i propri debiti. In più, essa domanda una indennità che le permetta di far fronte ai carichi risultanti dai danni di guerra. (Il signor Poincaré ha chiarito che con le parole faire face non aveva voluto riferirsi • alla totalità , dei danni, ma lasciar aperta la via ad un compromesso). Inoltre essa afferma che le percentuali di Spa non debbano esser modificate a suo danno; ed è questo il punto più saliente della comunicazione francese. Sarà naturalmente a vedersi che cosa il Governo francese intenda di fatto con quest'ultima richiesta, tenuto anche conto della circostanza che si può probabilmente sostenere che l'applicazione dell'Accordo di Spa non è sempre avvenuta finora in modo del tutto letterale e rigoroso. Ho interessato la Delegazione italiana presso la Commissione delle Riparazioni a Parigi a fare opportune ricerche per precisare questo punto.

6. -L'atteggiamento tedesco (secondo si può rilevare dalle conversazioni che ho avuto) non si presta ad una facile definizione. La Germania è evidentemente ed anzitutto preoccupata di affrettare la evacuazione della Renania, ed è per questa ragione che si è indotta all'attuale discussione. Mettendo nuovamente, e in modo più preciso, sul tappeto a Ginevra (settembre 1928) tale questione, essa ha implicitamente provocato il riaprirsi della questione delle riparazioni, in quanto gli alleati hanno chiaramente dichiarato che nessuna evacuazione era possibile fin quando le riparazioni (che oramai sono ritenute il solo obbligo di Trattato che la Germania deve adempiere) non saranno state soddisfatte in modo definitivo. La Germania pur non respingendo di fatto questa connessione, si sforza formalmente di non farla apparire, e la redazione delle deliberazioni di Ginevra relative tanto al problema renano quanto a quello delle riparazioni, mostrano chiaramente questo proposito tedesco.

Come è noto, il signor Stresemann, assumendo un punto di vista diverso da quello francese e diametralmente opposto a quello particolare del signor Poincaré, sostiene che la presenza delle truppe alleate in Germania contrasti con lo spirito delle stipulazioni di Locarno e più recentemente con la conclu

sione del Patto Kellogg, ed insiste quindi nel reclamare che l'evacuazione avvenga al più presto e indipendentemente dal problema delle riparazioni. Il Reich ha accettato, cionondimeno, di fare esso per primo le aperture necessarie per la convocazione della Conferenza degli Esperti che, secondo i deliberati di Ginevra. deve rivedere e definire il debito tedesco.

Una nota in questo senso è stata infatti diretta ai diversi Governi interessati (il primo di novembre all'Italia). Se anche non vi sia espresso esplicitamente, appare chiaro in questa nota del Governo tedesco la preoccupazione che l'iniziativa per la convocazione della Conferenza abbia piuttosto carattere collettivo che non della sola Germania, per evitare che, presentandosi in veste di postulante, essa abbia a mettersi senz'altro in una posizione di inferiorità.

Il signor Churchill mi ha detto in modo esplicito, a proposito del passo germanico, che egli aveva dichiarato al signor Gilbert che la Conferenza degli Esperti non avrebbe avuto alcun senso se i tedeschi non fossero stati disposti a fare delle offerte ragionevoli, tali quindi da soddisfare le legittime richieste degli Stati creditori. Questo avvertimento deve essere stato trasmesso ai tedeschi ed interpretato come il risultato dell'incontro Poincaré-Churchill, onde esiste qualche maggiore esitazione tedesca a promuovere la riunione degli Esperti. Il signor Churchill ha parlato confidenzialmente di una cifra di due miliardi di marchi oro all'anno per tutta la durata degli Accordi per i debiti (per oltre, quindi, 60 anni) in confronto dei due miliardi e mezzo che la Germania paga attualmente; e il signor Gilbert si è mostrato fiducioso che questa offerta possa essere effettivamente raggiunta dai tedeschi, anzi si è spinto fino a dire che non esclude la possibilità di una cifra maggiore. Egli basa le sue speranze sul desiderio del Cancelliere Mi.iller di conseguire l'evacuazione renana, sa che l'elemento industriale e nazionalista tedesco fa molte riserve; ma pensa che potranno essere superate, e cita a questo proposito il fatto che uno dei membri tedeschi della Commissione degli Esperti sarebbe appositamente scelto fra gli industriali nazionalisti renani. Anche da parte del Governatore della Banca d'Inghilterra pare si sia manifestato l'avviso che la cifra di due miliardi di marchi oro all'anno rientri nelle possibilità tedesche. Per contro, da un lato il signor Poincaré mi ha dichiarato che non vede alcuna ragione perchè i tedeschi debbano diminuire la cifra dei loro pagamenti attuali; e dall'altro il signor Schacht, Governatore della Banca tedesca d'Impero, magna pars nella preparazione del Piano Dawes e circondato di altissimo prestigio in Germania, sembra assumere un atteggiamento sfavorevole a qualsiasi offerta superiore al

miliardo e mezzo di marchi oro.

7. -Gli Stati Uniti (qui pure, secondo desumo dalle conversazioni avute) mantengono la nota posizione che fra riparazioni e debiti non vi è possibilità di connessione. È comunque certo che parteciperanno ai lavori della Conferenza nella stessa maniera in cui parteciparono a quelli per il Piano Dawes, se la Conferenza sarà costituita, come sembra parimenti sicuro, da esperti indipendenti: pare anzi che anche questa volta essi siano disposti ad assumerne la presidenza. In genere, l'America si dichiara desiderosa di agevolare, per quanto dipende da essa, una nuova sistemazione; e di fatto esiste un vero e proprio interesse americano ad un regolamento soddisfacente. Gli americani sono ora

mai i grandi prestatori di denaro dell'Europa, particolarmente della Germania, ed una crisi europea, e specialmente tedesca, non potrebbe che grandemente danneggiarli.

8. -Per quanto riguarda particolarmente la mia conversazione col signor Gilbert, dopo le indicazioni a varie riprese fornite nel corso di questo rapporto, non resta molto a dire. Egli non assume nè d'altronde potrebbe assumere, un atteggiamento formalmente determinato in riguardo a questo negoziato, pur desideroso come si mostra a facilitare una sistemazione soddisfacente. Nei riguardi italiani, appare oramai persuaso della difficoltà e della specialità della nostra situazione, nonchè dell'equità delle nostre richieste, ma non ha saputo finora indicare una via d'uscita.

Tanto a Parigi quanto a Londra mi sono state fatte dichiarazioni di vivo elogio per lui e per l'attività che sta svolgendo. Egli non farà parte del Comitato degli Esperti, sia per poter esercitare fuori del Comitato una influenza speciale sui tedeschi, sia perchè, se il Comitato fallisse allo scopo, non ne resti intralciata l'applicazione del Piano Dawes e in genere la sua opera come Agente dei Pagamenti tedeschi.

9. -Due altri punti da considerare sono: il mandato da conferire agli Esperti; la commercializzazione del debito.

Riguardo al primo, ho insistito affinchè il mandato abbia ad essere ampio abbastanza da permettere ad ogni Paese di far valere le proprie richieste. L'Agente Generale dei Pagamenti ha preparato uno schema di • mandato •, che unisco in allegato (Ali. n. 2) (1). Egli ha richiamato la mia attenzione particolare sulla frase: • e questioni connesse •, dove la parola • connesse •, riferendosi a quella • riparazioni •, dovrebbe togliere ogni dubbio circa la possibilità di discutere anche del problema dei debiti di guerra in relazione alla fissazione del debito tedesco: come pure la frase • cambiamenti negli accordi esistenti •.

Commercializzazione del debito. -Sia da parte inglese che francese si tiene a dichiarare che non esiste un interesse particolare a tale commercializzazione, a meno che l'America non avesse a fare offerte interessanti, nel senso di essere disposta a concedere un forte sconto, contro pagamento anticipato dei suoi crediti di guerra. In particolare, gli inglesi credono che la finanza del loro Paese non potrebbe sottoscrivere largamente ad una emissione tedesca che dovesse poi servire a pagare l'America, in quanto una tale sottoscrizione determinerebbe un trasferimento di valuta inglese verso l'America con possibile pregiudizio del cambio.

Il signor Poincaré, da parte sua, ha tenuto a farmi osservare che la Francia

non ha più bisogno di un anticipato pagamento germanico, ora che la Banca

di Francia dispone di larghe riserve sia d'oro che di divise estere. Tutto questo

tende naturalmente, in gran parte, a lasciare alla Germania l'iniziativa di una

commercializzazione del suo debito, in connessione con l'evacuazione della

Renania.

Il signor Gilbert, ed anche i Rappresentanti della Casa Morgan con cui ho parlato, confermano che difficilmente l'America si indurrà a fare una dichiarazione preventiva di essere disposta a concedere un alto sconto per i pagamenti

anticipati sui debiti di guerra, mentre essi ritengono che l'America avrebbe un sicuro interesse ad accettare proposte in tal senso quando i Governi alleati si trovassero in possesso di somme da offrire. È quindi probabile che il Comitato degli Esperti sia chiamato anche a fare qualche progetto per la commercializzazione del debito, mentre forse la attuazione pratica sarà rinviata all'iniziativa tedesca.

10. -Circa la sede della Conferenza, si parla di Berlino, di Parigi o di Bruxelles. Il signor Poincaré mi disse che egli non vuoi suggerire Parigi per non urtare i tedeschi che hanno proposto Berlino. Le preferenze di Gilbert e Churchill sono per Parigi. Niente è stato ancora deciso in proposito.

Relativamente al carattere degli Esperti si insiste sulla qualifica di • indipendenti » ; ma tutti sanno e dichiarano che essi dovranno ricevere almeno delle istruzioni-limite dai propri Governi. In altri termini, non saranno funzionari; porteranno cioè nei negoziati e daranno alle conclusioni, specialmente rispetto alle pubbliche opinioni tedesche, francesi e americane, il prestigio della loro competenza e del loro nome nel campo internazionale, ma saranno di fatto i portavoce dei Paesi a cui appartengono.

Sembra che entreranno nel Comitato, Schacht della Reichsbank e Moreau della Banque de France. Invece la Banca d'Inghilterra assume un'attitudine, almeno per ora, molto riservata.

Mi riservo di illustrare più compiutamente a voce, nel colloquio che avrò l'onore di chiedere a V. E., l'esposizione che precede, colla quale, oltre che a riferire sui colloqui da me avuti mi sono proposto di fornire all'E. V. l'indicazione della situazione quale essa appare attualmente. In altro rapporto prenderò in esame i mezzi tecnici più acconci per la tutela, in seno alla prossima Conferenza degli Esperti, degli interessi italiani, e per cercare di modificare a nostro vantaggio la condizione di inferiorità che deriva all'Italia dagli Accordi internazionali di Spa del luglio 1920.

(l) T. 6440/1051/619 del 3 novembre. ore 13,30, per. ore 15,30, che non si pubblica.

(l) Cfr. n. 49.

(l) Non si pubblica.

(l) Non si pubblica.

56

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI

T. PER CORRIERE RR. 5639. Roma, 6 novembre 1928.

Suo telegramma n. 884 (1).

È effettivamente esatto che il conte Durini, di ritorno dal suo congedo, è stato intrattenuto da quel ministro degli esteri sull'argomento e nel senso di cui al citato telegramma di codesta legazione.

Per utile notizia e norma della S. V. le comunico, qui di seguito, un precedente scambio di telegrammi che aveva avuto luogo fra il R. incaricato d'Affari e questo ministero a tale riguardo (2).

8 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

(l) -Non rinvenuto. (2) -Si riferisce ai nn. 43 e 47.
57

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 6498/1064/631. Parigi, 6 no·vembre 1928, ore 20,45 (per. ore 24).

Mio telegramma n. 1059/626 (1).

Briand mi ha ricevuto stamane subito dopo consiglio ministri nel quale è stata decisa dimissione Gabinetto Poincaré che egli stesso mi ha annunciato. Riferisco per corriere particolari cordiale conversazione avuta. Avendo accennato all'errore e al danno di una campagna di stampa come

quella dell'Oeuvre la quale vorrebbe far comparire accordo itala-francese come un mercato della nazionalità degli italiani in Tunisia contro dei chilometri quadrati di deserto e mirerebbe a fare dell'accordo non un atto di amichevole regolamento di fondate domande italiane e di chiarimento tra due nazioni ma la fonte di polemiche e la continuazione di disagio tra i due popoli, signor Briand ne ha pienamente convenuto.

58

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI

T. 5654/922. Roma, 7 novembre 1928, ore 24.

Suo n. 7450 (2).

Articolo giornale Oeuvre sopra eventuale intesa itala-francese, oltre che non essere riguardoso verso capo Governo italiano, pubblica circostanze che giornale non può avere appreso che da ambienti ufficiali. Quai d'Orsay così suscettibile pretese indiscrezioni da parte palazzo Chigi spero troverà parola viva deplorazione per coloro che hanno fornito informazioni così delicate giornale cartellista. Quanto sopra non è fatto in ogni modo per facilitare eventuale conclusione trattative. V. E. vorrà esprimersi in questo senso presso codesto ministero affari esteri.

(l) Del 5 novembre, che non si pubblica. Manzoni riteneva che un passo di un articolo dell'Oeuvre, nel quale si parlava di Beaumarchais, poteva essere « la risposta all'articolo Giornale d'Italia del 24 ottobre che errò nel portare in giuoco la persona stessa dell'Ambasciatore ». M2nzoni alludeva all'articolo di fondo del Giornale d'Italia • Una domanda e una risposta , di Gayda, a proposito dell'accordo navale anglo-francese.

(2) Il numero è forse 7430. Si tratta di un telegramma stampa.

59

IL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

N. 6487 uu. R. Roma, 8 novembPe 1928.

Il R. Governatore della Colonia Eritrea, cui furono trasmesse le istruzioni concretate da V. E. nel telespresso del 25 ottobre ultimo (Direzione Generale Europa e Levante, Ufficio V, n. 253927/673) (l) ha risposto con il telegramma 20 ottobre-3 novembre n. 3226, che allego in copia (2).

Come è noto a codesto R. Ministero, è stato deciso l'invio in missione del Direttore Coloniale Moreno con l'incarico di svolgere presso l'Imam l'opera di chiarificazione indicata nel citato telespresso. Aggiungo ora che il Direttore Moreno sarà in grado di partire nell'ultima decade del mese in corso. Ciò posto, si palesa urgente l'invio all'Imam da parte del R. Governatore del telegramma che V. E. aveva richiesto nell'ultima parte delle Sue istruzioni: telegramma che, come risulta dalle comunicazioni di S. E. Zoli, non è stato ancora trasmesso. Da questo punto di vista quindi una risposta al Governatore è urgente.

Con riferimento a quanto è detto nella quinta parte del telegramma .. di quest'ultimo (invio di persona • nuova » a Sanaa) ritengo opportuno di &egnalare a V. E. che il Moreno ha già compiuto una missione presso l'Imam, con esito assai favorevole.

ALLEGATO l.

ZOLI A FEDERZONI

T. RR. 45/3226. Asmara, lo novembre 1928, ore 19.

Terza parte.

Sesto. È necessario anzitutto ricordare che nostri rapporti amicizia collo Imam, culminati nella conclusione noto patto, non si sono ottenuti per intervento della divina provvidenza, ma bensì per una tenace e sottile, forse troppo sottile, opera politica che sostanzialmente era antinglese. Conviene anche aggiungere che tale politica in tanto è stata possibile in quanto era tale, perchè se non fosse esistito un dissidio anglo-yemenita, noi non avremmo mai potuto penetrare nè polHicamente nè economicamente nello Yemen.

Settimo. Ora può anche darsi che intenzioni di chi faceva quella politica per conto nostro non fossero antinglesi, ma è certo che Imam così l'ha interpretata e per questo motivo soltanto l'ha seguita e, V. E. mi consenta dirlo, in perfetta buona fede! Si è venuta così a creare una situazione, fatta debita proporzione, anaioga a quella della Turchia di Abdul Hàmid, nella quale Yemen è stato portato per così dire automaticamente a sfruttare competizione e concorrenza

seconda Zoli comunicava che il programma attuale dell'Imam poteva riassumersi nei seguenti

tre punti: • a) -resistenza alle pretese territoriali inglesi ai confini di Aden, per ora nel campo

politico, domani presumibilmente in quello militare; b) -assestamento rapido ed energico

della situazione interna Yemen; c) -tentativo accordarsi con Ibn Saud e promessa infor

marci andamento trattative perchè nostra azione verso Hegiaz possa mantenersi parallela •.

delle potenze interessate nello Yemen. Relativa facilità del successo ottenuto da quella nostra politica è dovuta quindi al fatto che noi siamo stati il • tertius gaudens • nel dissidio anglo-yemenita.

Ottavo. Certamente sarebbe stato di tutto vantaggio per noi che quel dissidio fosse rimasto allo stato cronico; ma bisogna riconoscere che non era in nostro potere di mantenerlo tale. E, quando dissidio è scoppiato in conflitto, noi ci siamo trovati necessariamente di fronte non soltanto all'attivo ma anche al passivo della posizione conquistata. Altro contendente essendo Inghilterra, è chiaro che tale passivo doveva essere neèessariamente grosso e non poteva non includere per noi qualche rischio. V. E. ha tuttavia potuto constatare che anche nella fase più acuta conflitto militare anglo-yemenita, mentre si riusciva di qui ristabilire contatto diretto e fiducioso coll'Imam, si riusciva altresì procedere colla residenza Aden in amichevole accordo. Tali amichevoli rapporti continuano anche ora, come V. E. avrà potuto riconoscere dai telegrammi di Medici, anzi si sono cordialmente intensificati dopo arrivo nuovo residente britannieo.

Nono. Conviene ora da altra parte riepilogare azione inglese dopo conversazioni Roma (l) e cercare precisare moventi che la determinarono. Non ho perciò che a richiamarmi a quanto dicevo a V. E. con mio 518 del due luglio scorso: • inglesi in passato esercitarono sempre influenza esclusiva sullo Yemen; essi furono evidentemente sorpresi da nostra azione politica che culminò nel trattato collo Imam e quindi nelle conversazioni Roma, cui essi dovettero accondiscendere obtorto collo; da tenersi presente tuttavia che, per quanto sorpresi, nelle conversazioni Roma essi insistettero nel tenere ferme tutte loro rivendicazioni circa confine protettorato Aden e che, mentre Roma discutevasi, già ammassavansi Aden squadriglie bombardamento; tentarono poi nelle varie successive missioni e trattative dirette, apparentemente, di addivenire pacificamente al regolamento questioni confine, ma in sostanza di riprendere primitiva influenza sullo Yemen; falliti tutti tentativi, sono ricorsi alla azione militare, nella quale mezzi naturalmente differiscono ma fini remoti rimangono gli stessi: assicurare dominio assoluto via imperiale delle Indie attraverso un Mar Rosso nettamente dominato da loro, lungo tutta sua costa orientale senza alcuna soluzione continuità e su tutte o quasi sue isole. Ed è chiaro che ad uno Yemen ligio ed amico, inglesi potrebbero lasciare perfettamente amministrazione dei nove distretti contestati, come gliela avevano lasciata sino a tre mesi fa. Mentre, a mio subordinato parere, è anche evidente che inglesi non possono avere ammesso, se non per temporanea opportunità, nè ammettere sinceramente e lealmente nello Yemen, proprio alle spalle dl loro caposaldo di Aden, quella specie di condominio politico con noi, che era sostanzialmente il substrato inespresso delle conversazioni di Roma •. A questo esame che io facevo sin dal due luglio scorso e comunicavo all'E. V. nulla ancora ho da togliere o da aggiungere: tutti coloro che hanno seguito di qui azione britannica formansi lo stesso giudizio e non hanno dubbi in proposito. Debbo anche ricordare a V. E. che stesso

R. console Aden in data 27 scorso scriveva (mio citato 518 due luglio scorso):

• Situazione, quale presentasi oggi, è in sostanza situazione voluta dagli inglesi stessi che in due anni la hanno predisposta e preparata in modo da portare alla rioccupazione di tutto territorio protettorato e ad un trattato che stabilisca preminenza Inghilterra sullo Yemen •.

Segue parte quarta.

ALLEGATO II.

ZOLI A FEDERZONI

T. RR. 97/3226. Asmara, 2 novembre 1928, ore 21.

Decimo. In tali condizioni e dopo considerazioni esposte nei precedenti punti, sesto, settimo, ottavo e nono, spero che V. E. riconoscerà che sarebbe assai difficile oggi consigliare allo Imam di rispettare statu quo che non è quello di oggi bensì quello del ventiquattro giugno scorso e che quello statu quo non è lui che lo ha violato bensì gli inglesi. E questo del resto, è quello che Imam già dice alla sua maniera quando continua protestare contro violenza britannica e vantare sua sopportazione, pazienza, tolleranza eccetera. Ed ancora più difficile sarebbe andargli a dire: • Astieniti da atti che possono provocare azioni militari da parte inglese •. Perchè ancora più facile gli sarebbe rispondere: • Ma io non mi muovo! sono gli inglesi che per cessare loro aggressioni contro Yemen pretendono che io riconosca fatto compiuto della loro violenta usurpazione di territorio yemenita •. E questo a un dipresso Imam già dice come risulta da comunicazione Dubbiosi trasmessa a V. E. con mio n. 10 viaggio dell'otto ottobre da Addis Abeba.

Undecimo. Quanto alle considerazioni del R. Ministero esteri circa nostra penetrazione economica nello Yemen, esse sono indubbiamente giustissime e da me sempre tenute presenti. Ma anche qui bisogna intendersi e parlare chiaro. Comunque esso sia dipinto costì, sta di fatto che Yemen è paese di... (l) economia, abitato da popolazioni per carattere, per tradizione e per religione profondamente xenofobe, rette da reggimenti primitivi, chiuse, diffidenti, sospettose, negatrici di ogni civiltà occidentale che non conoscono, che non apprezzano e non desiderano: non erro se affermo che Imam è persona autorevole più evoluta, più aperta e più avvicinabile del suo regno. In un paese di tale natura ogni penetrazione economica è necessariamente difficile e lentissima, ed ottime argomentazioni contenute suo 7801 non avrebbero proprio alcun peso. È giusto invece riconoscere che in questo campo noi abbiamo già ottenuto moltissimo. Nostre esportazioni dallo Yemen superano oggi di molto esportazioni inglesi ed indiane in passato preminenti, e nostre importazioni sono oggi quasi metà della importazione totale paese. Agente commerciale russo per Yemen Onitschenko, qui venuto da Hodeida, afferma che italiani accentrano oggi nove decimi commercio caffè che è più importante, si può dire unico, prodotto del paese: sta di fatto che sola Scitar aveva circa un mese fa giacente Massaua per un milione lire caffè Yemen al prezzo di Hodeida, ciò che vuol dire quattro o cinque milioni, al prezzo di Italia. Conviene anche riconoscere che per tutto quel poco che gli occorre e che egli può fare entrare nei margini delle sue limitate risorse e nella testa dei suoi riottosi sudditi, Imam si rivolge a noi: a noi domanda cotonifici; a noi domanda modesti macchinari; a noi ha mandato recentemente tre allievi farmacisti che sono qui Asmara per istruzione. E sono questi già passi da gigante per un paese di quella natura ed in quelle condizioni. Altro si potrà ottenere andando innanzi, ma non bisogna aver fretta e soprattutto non si può logicamente sperare che trattative di carattere economico possano avere seguito rapido e felice in un paese che si considera in guerra e che traversa una crisi di assestamento interno particolarmente grave che vincola ogni cura suoi dirigenti ed assorbe gran parte sue risorse.

Dodicesimo. Tutti questi fatti e queste considerazioni ho creduto doveroso sottoporre all'esame dell'E. V. e del R. Ministero esteri perchè essi mi sembrano atti chiarire definitivo giudizio che R. Governo può formarsi della reale situazione dei nostri rapporti collo Yemen. La quale, se mi sia consentito esprimere in proposito mio giudizio personale, è tale che non, ripeto non, consiglia un mutamento di rotta in questo momento, e neppure giustificherebbe invio allo Imam di un

nostro fiduciario per ottenere quella ulteriore chiarificazione che R. Ministero esteri desidera: chiarificazione che è assai dubbio si potesse ottenere, mentre è certo che si determinerebbero gravissimi sospetti e forse assoluta sfiducia dello Imam verso di noi.

Segue parte quinta.

ALLEGATO III.

ZOLI A FEDERZONI

T. RR. 89/3226. Asmara, 3 novembre 1928, ore 19,50.

Non credo troppo presumere se affermo che sola persona che oggi potrebbe sperare ottenere qualcosa di pratico da un contatto diretto collo Imam, senza troppo suscitarne sospetti e diffidenze, sarei io. Ed avrei già proposto a V. E. una mia visita a Sanaa, alla quale mi davano facile incentivo desideri ripetutamente espressi dallo Imam e nei suoi telegrammi e parlando coi nostri agenti, vedermi e conoscermi personalmente, se non mi avess~ro dissuaso seguenti considerazioni di carattere politico. Una mia visita a Sanaa, mentre conflitto anglo-yemenita è tuttora in una fase acuta, non potrebbe effettuarsi se non a condizione di essere molto • ben presentato • agli inglesi. Epperò bisognerebbe anche avere certezza che la mia visita fosse per ottenere dallo Imam almeno un suo radicale mutamento di atteggiamento verso Inghilterra, che potesse poi essere da noi valorizzato a Londra come un successo dei nostri spontanei buoni uffici presso Imam. Ora, questa certezza io sono lungi dal prevederla; e questo dichiaro francamente a V. E. poichè, come ho elencato tutto quello che abbiamo ottenuto e possiamo ottenere dallo Imam, così tengo a dichiarare tutto quello che non possiamo sperarne nè oggi nè mai. Mancanza di quella certezza mi ha dissuaso dal proporre a V. E. una mia visita a Sanaa e me ne dissuade ancora oggi; ma assai più problematl.co per i risultati che se ne possono logicamente sperare ed assai più pericoloso per la continuità dei nostri buoni rapporti coll'Imam sarebbe invio a Sanaa di persona nuova colla missione che, secondo Suo 7801, si intenderebbe affidarle. Insisto nella mia previsione che non si otterrebbe la desiderata chiarificazione (pensi V. E. che Imam non intrattiene mai neppure Dubbiosi, nonostante lo conosca da lungo tempo e gli dimostri piena fiducia, delle questioni di qualche importanza politica delle quali tratta soltanto nei telegrammi a me diretti!) mentre si provocherebbero certamente diffidenze e sospetti dello Imam e del suo entourage. Mia subordinata convinzione è pertanto che miglior consiglio sia quello di continuare nella via che abbiamo seguita sin qui tenendo occhi bene aperti e cercando profittare di ogni favorevole occasione per tentare di ricondurre gli avvenimenti nel piano dei nostri sostanziali interessi. Convengo con V. E. e con R. ministero esteri che tale via non è libera da incognite e da rischi; ma è ancora la sola oggi che io veda opportunità di seguire con nostro profitto. Assicuro V. E. questa mia è una opinione ... (l): intendo dire che è basata sullo esame e non sul giudizio della situazione... (l) che è la sola che cada sotto il mio diretto controllo. È evidente che da Roma e nel quadro della politica generale, questa situazione può assumere aspetti del tutto diversi e quindi inspirare giudizi e determinare decisioni anche diametralmente opposti. Epperò compiuto mio dovere di fornire all'E.V. tutti elementi che possono servire ad illuminarla ed espostale anche francamente mia opinione, non mi resta che aggiungere che io sono e rimango un fedele esecutore di ordini, che sono pronto ad eseguire con tutta intelligenza e buon volere di cui dispongo, anche se sieno per avventura contrastanti colla mia visione forzatamente unilaterale e localizzata. Pertanto, mentre invio con prossimo corriere tutti i documenti elencati più sopra e anche copia conforme del presente telegramma, attendo istruzioni definitive di V. E. prima di rispondere al telegramma Imam.

(l) -Cfr. n. 48. (2) -Di questo telegramma si pubblicano solo le parti terza, quarta e quinta. Nella parte

(l) Sulle conversazioni italo-inglesi di Roma nel gennaio-febbraio 1927 circa l'Arabia cfr. Documents on British Foreign Policy 1919-1939, serie I A, vol. II, nn. 460, 462, 463, 465, 468, 469.

(l) Gruppo indecifrato: povera?

(l) Gruppo indecifrato.

60

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE RR. S. 121/10006/2262. Belgrado, 10 novembre 1928 (per. il 13).

La situazione fra serbi e croati non presenta sensibili mutamenti nè novità di rilievo. Tuttavia la situazione è sostanzialmente insanabile, il dissidio non rimediabile, il distacco psicologico dei due popoli completo. Ma, e ripeto cosa già detta, tutto ciò è allo stato potenziale. Questi giorni passati dopo il mio ritorno da Roma, mi confermano che si è ancora lontani da una crisi risolutiva, a meno che impazienze od imprudenze non determinino qualche grave incidente improvviso. Ma ed i croati non hanno ancora preparazione ed animus come Belgrado, ad onta della volontà di elementi più vivi, evita con cura di prendere provvedimenti decisivi e violenti e determinare sanguinose reazioni interne, ripercussione internazionale. Ognuna delle parti sta ad attendere quale sia la prima che prenderà la responsabilità della provocazione, mentre elementi intermedi cercano una possibile via di conciliazione.

Con ciò la crisi pare destinata a durare ancora a lungo come è nostro interesse far durare. Ritorno perciò sull'argomento dei nostri contatti col partito separatista croato.

V. E., nei giorni in cui fui costà, si degnò approvare la mia proposta: che il R. console generale di Zagabria fosse per ragioni di opportuna prudenza sollevato dai contatti attivi, limitandosi a compiti informativi di controllo, a meno casi di estrema gravità e di assoluta eccezione. I compiti attivi, gli aiuti di denaro od altro dovranno da ora in poi giungere al partito croato per altra via, sì da potere evitare che da un incidente qualsiasi non si debba risalire immediatamente alla responsabilità diretta del R. Governo.

E ciò per vario ordine di considerazioni:

l) Non dobbiamo mai trascurare nei contatti coi croati, che sono soltanto considerazioni contingenti e transitorie che possono indurre alcuni di quegli elementi a far tacere il tradizionale odio contro di noi, al quale furono spinti dalla educazione austriaca che conserva tutta la sua efficienza. Perciò od improvviso mutare di circostanze, o malafede od opportunità di contrattazione politica possono spingere tali elementi a vendere quanto in loro possesso per vantaggi personali o politici.

Sarebbe errore, e, a mio fermo giudizio, offesa al puro sentimento dei nostri patriotti, mettere allo stesso livello quello attuale dei separatisti croati con lo spirito di sacrificio e di dedizione che animò i nostri irredenti.

2) La conoscenza di aiuti concreti, specie di denaro, da parte di V. E. ai separatisti croati, potrebbe produrre in tutta la Croazia una singolare reazione ed un improvviso movimento assolutamente opposto alle finalità che ci si propone di raggiungere.

3) Il Governo di Belgrado cerca sicuramente avere ogni possibile elemento di prova relativo ai nostri contatti con i croati, forse lo possiede già.

Ciò allo scopo di determinare un incidente nel momento di più favorevole sfruttamento nella opinione pubblica internazionale.

Ho avuto un lungo colloquio a Trieste con S. E. Suvich da V. E. designato per i contatti attivi. A S. E. Suvich mi legano stretti rapporti fino dal periodo del mio servizio consolare in quella città.

S. E. Suvich, che era già a conoscenza della decisione di V. E. ed aveva già conferito con S. E. Grandi, mi ha esposto alcune considerazioni personali che a suo avviso potrebbero limitare la sua azione o comprometterla. Alcuni punti da lui indicati meritano invero ogni attenzione e V. E., che forse a quest'ora avrà già udito S. E. Suvich, prenderà al riguardo le decisioni che sembreranno più opportune.

In proposito mi preme subordinatamente osservare:

l) I contatti che S. E. Suvich dovrà avere non sono di tale continuità e frequenza quotidiana da poter compromettere la sua attività privata e determinare il ritiro da alcuni degli interessi di grande importanza cui egli ora presiede.

Non sembra indispensabile che Suvich debba sempre ed unicamente mantenere tali contatti. S. E. Suvich ha anzi aecennato alla opportunità della costituzione di un comitato segreto che potrebbe meglio mascherare il compito ora affidatogli. E ciò mi sembra saggio. Sotto la sua responsabilità e con la sua scelta egli, stimo, potrà agevolmente trovare intorno a sè nell'ambiente triestino e dalmata quelle quattro o cinque persone di sicuro patriottismo che offrano ogni garanzia di segretezza e discrezione e non abbiano ambizioni esibizionistiche. Non sarà inutile comprendere nel comitato qualcheduno di quelli che nel periodo fiumano si occuparono già del separatismo croato e che avevano allora condotto l'azione con molta maestria e successo. Utile strumento fu allora il maggiore Finzi (in primo tempo alla I armata poi se non erro alla VII). Egli dimostrò diabolica furberia e non dubbia eapacità. Furono in ultimo sollevate eccezioni contro di lui per supposte indelicatezze. Ignoro quanto vi sia di vero. Ma se egli potesse riprendere la sua azione con quelle cautele prudenziali e di controllo necessarie, potrebbe forse ottenere utili risultati, e la sua eventuale compromissione personale, poichè collegata ai precedenti suddetti, potrebbe essere facilmente spiegata e staccata dalla responsabilità del R. Governo.

2) Stimo che se i separatisti croati o gli altri partiti si inducessero a cer

care qualche fuoruscito che stabilisse un comitato all'estero, questi sarebbe la

via migliore e di più sicura efficacia per essere portavoce strumento e mezzo per

far giungere i nostri aiuti in Croazia, con un minimo di nostra compromissione.

Qui l'azione del Comm. Rochira dovrebbe essere produttiva di risultati. Egli

ha ormai tanta conoscenza dei buoni patriotti croati che non dovrebbe essere

impossibile persuadere qualche elemento sicuro a fare il sacrificio di stabilirsi in

qualche grande città estera, eventualmente a nostre spese. Questa o queste per

sone in contatto col comitato segreto dovrebbero nei limiti dell'umano possibile,

sviare ogni sospetto di responsabilità del R. Governo.

Qualora V. E. concordi con tale proposta le necessarie istruzioni potranno essere date al Comm. Rochira nel senso che V. E. crederà meglio.

3) Ma un comitato croato all'estero esiste già. Questo è a Vienna col generale Sarkotich, più volte nominato. Si tratta di persona proba, di patriottismo sicuro, di alta autorità. Che egli si valga come suo principale aiuto del colonnello Duich e che questi sia noto fin qui come itaLofobo non dovrebbe allarmare eccessivamente, a mio giudizio. Non credo che i Pavelic e compagni siano stati fino a poco tempo fa degli ardenti italofili. Sono le contingenze politiche che determinano il fondo mutevole delle simpatie politiche. E lo scopo da raggiungere è così indispensabile ai nostri interessi che la possibilità di contatti fra il costituendo comitato segreto ed il generale Sarkotich dovrebbe essere bene studiata ed attuata e non fermata da tale preoccupazione.

4) Vedrà poi V. E. 'Se per permettermi di meglio seguire la nostra azione non sia opportuno modificare le istruzioni di ,cui al telegramma di V. E. n. 72/ 370 del 31 agosto u. s. (l) nel senso di fare obbligo al Comm. Rochira di comunicarmi anche tutto quanto egli riferisce a V. E. nei riguardi dei suoi contatti con i separatisti croati. Le misure materiali ora prese nella cancelleria diplomatica, la circostanza che ormai tutto il personale subalterno è< costituito da RR. CC. ed il servizio di corriere fatto anche da RR. CC. mi permette oggi di garantire la segretezza di qualsiasi documento e la impenetrabilità degli archivi di questa

R. legazione (2).

61

PROMEMORIA DELL'UFFICIO TRATTATI DELLO STATO MAGGIORE DELLA MARINA

(USM, Cart. 3215)

Roma, 10 novembre 1928.

TRATTATIVE PER LA LIMITAZIONE DEGLI ARMAMENTI

NAVALI CON LA FRANCIA

Premesse.

l) -Il materiale navale richiede per la sua costruzione un tempo di gran lunga superiore (tre o quattro anni per una nave maggiore) a quello necessario per la costituzione di forze terrestri, od aeree. Inoltre il diritto internazionale ed i Trattati in vigore ne vietano l'acquisto dai neutri in tempo di guerra.

2) -Le forze navali sono tra gli armamenti quelli che esercitano maggior

peso nei rapporti internazionali ed il cui sviluppo dà maggior ombra ai Paesi

ricchi, specie agli Imperi coloniali. In una guerra futura, alla quale partecipassero

Potenze ex nemiche, queste, essendo praticamente disarmate sul mare, apprezze

rebbero una alleanza in ragione principalmente del contributo navale che po

trebbe offrire.

3) -La situazione geografica dell'Italia la rende particolarmente vulnerabile

agli attacchi dal mare. Mediante la dichiarazione dei nostri rifornimenti essen

ziali « contrabbando di guerra » e la loro intercettazione, ottenuta a mezzo di

unità operanti presso i passaggi obbligati delle nostre linee di comunicazione, potremmo facilmente essere posti in condizioni olt11emodo critiche.

4) -La recente controversia per il compromesso navale anglo-francese ha dimostrato quanto la Franda sia restia a rassegnarsi alla • parità navale • con noi, malgrado il precedente di Washington per le grandi navi e il riconoscimento da parte dell'allora Presidente del Consiglio Briand dello stesso principio nei riguardi del naviglio leggero e sommergibile (istruzioni di Briand agli Ambasciatori di Francia a Londra ed a Washington, li 23-12-1921:

«En ce qui concerne l'Italie, sur les bàtiments légers et sous-marins, nous ne faisons pas obstacles à ce qu'elle obtienne le meme chiffre que nous, mais nous n'admettons pas que le chiffre qu'elle demande soit une base pour fixer le notre "· Documento 85 del Ubro Giallo sulla Conferenza di Washington) (1). Per quanto l'Italia abbia ristrettezze finanziarie che ne ostacolano lo sviluppo navale non c'è nessuna ragione affinchè si vincoli a rinunciare a un suo diritto.

Tattica delle trattative.

Per le considerazioni suesposte sembrerebbe opportuno, confermato il principio della • interdipendenza degli armamenti » -nel senso che la questione del disarmo va trattata nel suo insieme e che la limitazione di un ramo degli armamenti deve essere subordinata al raggiungimento di un conveniente accordo nei riguardi della limitazione degli altri due -abbordare anzitutto la questione navale, chiedendo ai negoziatori francesi se sono disposti oppure no ad accettare il principio di • parità di tonnellaggio globale » per le due Marine. Naturalmente qualsiasi distinzione tra forze navali metropolitane o per la difesa dei territori d'oltremare è assolutamente da escludersi.

Programma navale.

A tal proposito conviene osservare non essere accettabile da parte nostra la dichiarazione preventiva di un programma navale impegnativo, inquantochè

o tale programma è per un numero ragguardevole di anni ed allora sarebbe inammissibile, e per i margini di sicurezza richiesti porterebbe alla corsa degli armamenti, o è di breve durata e allora si tradurrebbe, di fatto, nella consolidazione dello statu quo e delle posizioni di vantaggio attuali, a tutto danno dei Paesi, che, come il nostro, non hanno atteso la Conferenza del Disarmo per ridurre al minimo i loro armamenti navali. Nulla osta -analogamente all'art. XVI del Trattato di Washington e come già venne proposto dalla nostra Delegazione a Ginevra -ad accettare l'impegno reciproco di comunicarsi le caratteristiche generali di ciascuna nuova nave da guerra da costruire, sei mesi od un anno prima della sua impostazione sullo scalo.

Livello degli armamenti.

Come proponeva Briand nel dispaccio surriportato diretto agli Ambasciatori di Francia, non avremmo nulla in contrario -sempre, ben inteso che venga accettato il principio della • parità • -di lasciare alla Francia di fissare le cifre. In mancanza di accordo non potremo che esplicare una azione intesa a far ridurre quanto possibile ogni genere di armamento dei nostri vicini.

Argomentazioni.

Occorre ben chiarire che non siamo noi a chiedere il disarmo malgrado che siamo i più avanzati su tale via. Alle insistenti premure altrui rispondiamo che saremmo disposti a rinunciare alla nostra libertà attuale in fatto di naviglio minore e sommergibile nel senso di impegnarci a non superare il livello di armamenti al quale sono disposte a limitarsi le altre Potenze continentali dell'Europa. Con ciò assolviamo pienamente l'obbligo di cui all'art. 8 del Patto della Società delle Nazioni, perchè, chiusi come siamo nel Mediterraneo, con scarsezza di combustibili e di materie prime, con linee di comunicazione e coste vulnerabilissime, se anche avessimo la parità effettiva di forze navali con la Francia saremmo rispetto a questa in condizioni di grande inferiorità. Non possiamo fare il tortò ai tecnici e agli uomini di Stato francesi di supporli ignorare questi elementarissimi fatti.

Situazione delLa Francia.

E non veng,ano a ripetere i francesi che essi hanno due frontiere marittime distanti che li obbligano a tener divise le loro forze. I due mari costituiscono invece un inestimabile vantaggio, inquantochè rendono praticamente impossibile il blocco e consentono di effettuare tranquillamente qualsiasi rifornimento a sicuro ridosso e lungi dal teatro principale di operazioni. Inoltre il Trattato di Locarno ha per ,certo un risultato sicuro ed è quello di interporre la più grande flotta del mondo, quella Britannica, tra la Germania e le coste settentrionali ed occidentali della Francia. Pertanto, i nostri vicini, per esigenti che siano in fatto di

• sicurezza », non potrebbero chiedere una soluzione più efficace e completa per la protezione delle loro coste sulla Manica e sull'Atlantico. Ne deriva che la loro flotta può, senza esitazioni, esse!'e nella sua totalità concentrata in Mediterraneo, in formidabili basi interposte tra Gibilterra e l'Italia e fiancheggianti a breve distanza le nostre vitali linee di rifornimenti.

Possibili concessioni.

Se i negoziatori francesi accettano il principio della « parità di tonnellaggio globale » delle due flotte, nessuna difficoltà vi sarebbe a fare concessioni su punti secondari. E si potrebbe magari -a subordinato avviso di questo Stato Maggiore -transigere sui contingenti terrestri necessari alla difesa locale del loro impero coloniale. In caso contrario, ossia di rifiuto di accettare il principio della • parità navale», sarebbe inutile e dannoso aver previamente discusso con spirito di conciliazione gli altri aspetti del problema della limitazione degli armamenti.

Riserva di massima. Sempre nell'ipotesi dell'accettazione del principio della • parità navale in linea di diritto», converrebbe chiarire senza possibilità di equivoci che qualunque concessione fatta su altri punti dovrà ritenersi nulla e non avvenuta se il principio stesso venisse in seguito comunque infirmato.

Limitazione dei bilanci.

Si ha motivo di credere ·che i francesi vogliano particolarmente insistere sulla limitazione dei bilanci mHitari, sia complessiva che per alcuni capitoli, e ciò allo scopo di permettere confronti e controlli, limitare • indirettamente • le riserve istruite ed i materiali di mobilitazione, e, soprattutto, ostacolare efficacemente la perequazione degli armamenti alla quale noi tendiamo. La limitazione delle spese militari, offre infatti inconvenienti simili a quelli dei programmi navali impegnativi e al pari di questi si tradurrebbe nel consolidamento di fatto dello • statu quo ».

Per tali motivi converrà mantenere fermo il nostro punto di vista, g1a condiviso dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna e dalla Germania, di non ammettere la limitazione diretta delle spese, ma di dichiararci disposti a pubblicarle conformemente alle proposte del Comitato di Esperti di bilanci militari.

Pubblicità delle dotazioni di materiale da guerra.

Si potrebbe piuttosto, in ottemperanza al paragrafo 6 dell'art. 8 del Patto della Società delle Nazioni, ammettere anche una certa pubblicità in fatto di dotazioni di materiali da guerra, avvicinandoci in questo alla tesi germanica, ma opporsi sempre al controllo internazionale. I francesi, invece, subordinano la pubblicità al controllo, sostenendo la tesi doversi limitare soltanto ciò che si può ,controllare.

Durata della ferma.

Inaccettabili infine sembrano le limitazioni della durata massima del servizio sotto le armi, data l'attuale tendenza ad aumentare sempre più la percentuale di specialisti a lunga ferma, e per il fatto che esiste una durata di servizio ,Ja più economica: una ferma troppo breve richiedendo un aumento di quadri per mantenere l'efficienza della compagine militare (come ha fatto la Francia portando a 104.000 i permanenti per ridurre la ferma ad un anno) una più lunga ripercuotendosi dannosamente sull'economia generale del Paese (1).

(l) -Cfr. serie VII, vol. VI, n. 604. (2) -Annotazione di Guariglia: « atti per ora •·

(l) Cfr. MrNISTÈRE DES AFFAIRES ÉTRANGÈRES, Documents diplomatiques. Conférence de Washington, jui!let 1921-février 1922, Paris, 1923, pp. 77-79. Il passo cit. a p. 78.

(l) Nella stessa cartella si conserva una L p. del comandante Ruspoli a un • Caro Ammiraglio » in data Ginevra 20 settembre 1928. Ruspoli esponeva il principio, sostenuto dalla delegazione a Ginevra, della parità navale con la Francia, e suggeriva l'opportunità che l'Italia avanzasse la proposta di rinviare al 1937 la costruzione delle navi di linea previste dal trattato di Washington. Nella riunione del Consiglio dei ministri del 25 gennaio 1929 l'opportunità di costruire navi di linea di grande tonnellaggio fu sostenuta dal sottosegretario Sirianni, dagli ammiragli Acton e Burzagli e dal ministro Rocco. L'ammiraglio Thaon de Revel sostenne invece l'opportunità di limitarsi alla costruzione di incrociatori da 10.000 tonn. e di sommergibili, viù utili in caso di guerra contro la Francia. Mussolini si dichiarò d'accordo con Thaon de Revel. Rocco, favorevole ad aumentare gli stanziamenti della Marina, suggerì di chiedere alla Spagna una base atlantica ma Mussolini rispose che la cosa era impossibile perché la Spagna era « sotto la tutela inglese ed il terrore francese » (ACS, Verbali delle riunioni del Consiglio dei ministri). Lo stesso giorno 25 gennaio il Consiglio dei ministri emise parere favorevole ad aumentare gli stanziamenti per nuove costruzioni nei due bilanci del ministero della Marina del 1930-31 e del 1931-32 da milioni annuali 407 a 600. Il ministro Mosconi e il ragioniere generale De Bellis erano contrarti all'aumento che fu poi deciso da Mussolini in agosto (ACS, Presidenza del Consiglio 1928-1930, faso. l/2-2/8144).

62

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 6565/568. Angora, 11 novembre 1928, ore 14,30 (per. ore 4 del 12).

La pretesa indiscrezione da fonte francese su favorevole corso del negoziato ita·lo-francese e sull'imminente conclusione di un accordo per gli itaHani nella Tunisia come pure la susseguente informazione parimenti di fonte francese che quell'indiscrezione avrebbe indispettito V. E. (l) poichè ella avrebbe preferito che segreto fosse mantenuto fino alla conclusione dell'accordo non hanno mancato qui e in particolar modo in Tewfik Roussdi bey di produrre effetto voluto.

Questa è l'impressione dei miei colleghi di Russia e di Germania. Osservano a tal proposito che se notizia dell'imminente a.ccordo fosse vera e se realmente Italia e Francia riuscissero a breve scadenza concludere un accordo di tanta importanza, per Tewfik Roussdi bey verrebbe a mancare uno degli elementi sui quali ha basato e basa sua politica verso Francia cioè se non l'ostilità per lo meno la posizione antitetica dell'Italia di fronte alla Francia nel Mediterraneo.

È probabile che confidenza dei miei colleghi sia avvenuta non a solo scopo di amichevole informazione ed io non mancherò parlando con Tewfik Roussdi bey di indagare se realmente quelle notizie francesi abbiamo in lui prodotto effetto voluto. Ho detto intanto ai colleghi e dirò occorrehdo a Tewfik Roussdi bey esser vero che da tempo si proseguono conversazioni tra i Governi d'Italia e di Francia per risolvere questioni pendenti fra i due paesi ma che nulla mi faceva credere prossima conclusione accordo generale. Quanto poi alle notizie su riferite, chiaro ne è lo scopo; ciò è sufficiente per definirle tendenziose.

63

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 6578/570-571. Angora, 11 novembre 1928, ore 18,30 (per. ore 4 del 12).

Tewfik Roussdi bey nella conversaz·ione di iersera mi ha dato impressione di qualcuno che aveva dei pesi sull'animo e che è ben contento di potersene sbarazzare parlando con una persona in cui ha fiducia, col rappresentante del paese che oggi insieme alla Russia costituisce il caposaldo della sua azione sul terreno dei rapporti internazionali. Verso la Russia continuano i rapporti ad essere molto cordiali, ma come è noto la ragione loro è la paura che qui si ha del vicino, mentre verso di noi la fiduciosa amic·izia che ci viene dimost11ata ha per base nel suo pensiero la concordanza di interessi nei Balcani e nel Mediterraneo. Senza molte reticenze e di sua iniziativa mi ha lasciato intravedere che i due pesi maggiori erano l'eventualità di un imminente accordo nostro con la Francia per gli optanti italiani in Tunisia, in generale per il Mediterraneo e

quel «malaugurato affare» del mancato riconoscimento del re d'Albania da parte del Gazi (1). A turbare l'animo del ministro su quei due punti ha largamente contribuito il linguaggio della stampa francese e inglese che se egli può dominare all'interno, eliminando le ripetizioni nei giornali turchi, indispone Gazi e favorisce azione dei nemici del regime Kemalista all'estero.

Per quanto riguarda eventualità imminente conclusione accordo con Francia mi sono espresso nei termini del mio telegramma n. 568 (2) e spero di esser riuscito a tranquillizzarlo.

Per quanto riguarda riconoscimento re d'Albania ho cominciato con lo smentire che V. E. mi avesse consegnato (contrariamente a quanto scrivevano giornali) lettera per S. E. il Presidente e ogni altra simile fandonia. Ho tenuto anzi, nella mia conversazione, a togliergli il timore che V. E. da quel mancato riconoscimento avesse tratto motivo di risentimento, di sospetto contro politica turca ben sapendo:

l) che di quel mancato riconoscimento responsabile primo è il Gazi;

2) che Ismet pascià e Tewfik Roussdi bey da prima favorevoli ora debbono coprire la persona e la responsabilità del presidente. Tewfik Roussdi bey riconosce che i suoi avversari all'estero, in primo luogo i francesi hanno giuocato al Governo di Angora e a lui principalmente un brutto tiro e che questo è ben riuscito. Avendogli io osservato unicamente che in Italia si è pensato dover esistere ragioni profonde ben serie per indurre in questo affare Governo turco distaccarsi dalle altre grandi e piccole potenze europee ed extra europee le quali hanno riconosciuto re Zogu e per indurre un'alta mente come quella dì Mustafà Kemal a prendere una posizione antitetica contro quegli che fino a ieri chiamava suo buon amico, Tewfik Roussdi bey mi ha risposto che le ragioni del mancato riconoscimento sono di carattere interno. Gazi ha dovuto di fronte ai suoi nemici all'estero e ai suoi stessi nemici all'interno dimostrare la propria profonda avversione contro chiunque manca alla fede giurata alla costituzione. Troppa gente crede o fa finta di credere a pregiudizio di lui avere egli velleità regali perchè non gli sembras,se opportuno <!on un gesto dare un colpo a quelle maligne insinuazioni. Disgraziatamente, dicevami il ministro, quel gesto ha avuto

conseguenze anche fuori casa. È stolto, dicevami, il dire che Turchia persegue in Albania mire speciali e infame il pensare che quel gesto abbia carattere e scopo

antitaliano.

Proseguendo il suo discorso sull'argomento che io, ripeto, avevo ben curato di non provocare per evitare che mie parole fossero interpretate e riferite come critica all'atto che so voluto dal Gazi, Tewfik Roussdi bey mi diceva: cosa ci resta a fare? Io penso, aggiungeva, di pazientare, dando al tempo modo di calmare gli animi per addivenire in un periodo più o meno ristretto al riconoscimento di re Zogu, oppure di richiamare il nostro incaricato d'affari affidando la protezione degli interessi turchi in Albania all'Italia, così porremo in tacere voci che cercano sfruttare avvenuto a danno buoni rapporti tra Italia e Turchia.

Non vedendo da qui se esistono ragioni che rendano a noi desiderabile assumerci in Albania questo nuovo peso e reputando che questa nuova decisione del Governo turco se presa avrebbe reso ancor più gravi le •conseguenze internazionali del mancato riconoscimento nei riguardi di re Zogu ho taciuto lasciando con ciò a V. E. libera la strada a quella delle risposte che ella crederà di dare alla domanda del ministro.

Personalmente sono d'avviso che prima o poi, quando a Ismet e a Tewfik Roussdi bey sarà possibile di farlo vincendo intima avversione del Gazi e salvando la faccia, il riconoscimento avrà luogo. Ogni atto d'impazienza acuirebbe situazione mentre il dare ai turchi tempo faciliterà opera di ravvedimento dimostrando loro che posizione presa è contraria ai loro interessi e prestigio in Albania e nei Balcani. Tewfik Roussdi bey mi ha assicurato che userà ogni riguardo per questo incaricato d'affari di Albania e avrà cura di evitare qualsiasi difficoltà tra due Governi.

(l) Cfr. n. 58.

(l) -Kemal Pascià si era rifiutato di riconoscere il nuovo regno di Albania per non dare un appiglio, sia pure indiretto, alla voce secondo cui egli intendeva farsi proclamare imperatore. (2) -Cfr. n. 62.
64

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 6569/569. Angora, 11 novembre 1928, ore 14,30 (per. ore 8 del 12).

Tewfik Roussdi bey mi ha detto aver già comunicato per scritto alla presi

denza grande assemblea nazionale 1patto con noi concluso e ·che nei prossimi

giorni in consiglio dei ministri sarà fissata data e procedura approvazione del

medesimo da parte rappresentanza nazionale.

Ripeto a questo proposito che sarebbe opportuno dal punto di vista poJ.itico

che avvenisse (contemporaneamente o quasi se possibile) comunicazione al no

stro parlamento del patto in modo che dichiarazioni pubbliche di amicizia verso

nostro paese che in quell'occasione saranno pronunziate in Angora abbiano

eco in Roma.

Le disposizioni d'animo verso Italia da parte sia Governo, sia opinione pub

blica, continuano ad essere fiduciosamente amichevoli come tutti connazionali

residenti in questo paese me lo confermano. Amicizia con l'Italia continua nelle

tre persone dirigenti, Gazi Ismet pascià Tewfik Roussdi bey, essere una del.le prin

cipali basi della loro azione. Naturalmente però sia all'estero per mezzo della

stampa sia all'interno per mezzo di occulti intrighi l'opera dei nostri concor

renti nel levante del Mediterraneo non è calmata direi anzi presenta segni d'ina

sprimento mirando più che altri a Tewfik Roussdi bey. Sarebbe stato opportuno

per neutralizzarla almeno per qualche tempo che venisse realizzata promessa

restituzione della visita di Tewfik Roussdi a Milano. Questi iersera mi ha ricor

dato promessa di S. E. Grandi. Ho cercato spiegargli ragioni per le quali in

questo momento S. E. non può allontanarsi da Roma.

In difetto di questa restituzione conviene almeno che non manchino pub

bliche dichiarazioni di V. E. le quali giungano qui gradite e rinfranchino gli

animi nostri.

65

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 6573/573. Angora, 11 novembre 1928, ore 21 (per. ore 8,15 del 12).

Tewfik Roussdi bey mi ha parlato iersera a lungo dei rapporti fra i due paesi (1). Egli ha cominciato col dirmi che personalmente ha simpatia stima per il conte Chambrun e che quantunque questi dica di lui essere persona intrattabile ostinata tuttavia reciproci rap_porti sono i più cordiali.

Nelle prime conversazioni Chambrun proposegli conclusione di un patto di collaborazione generale esprimendo in pari tempo con molte e molte belle parole suo divisamento arrivare in breve definizione questione frontiera siriana. Tewfik Roussdi bey decisamente rifiutò sin dal principio di intavolare negoziati per patto generale di collaborazione insistendo invece an~itutto risolvere questioni pendenti specie quella concernente frontiera. Intavolate conversazioni in proposito si è reso manifesto ben presto che i poteri di Chambrun erano e sono molto più limitati delle sue parole. Ben sovente infatti egli mette in evidenza posizione della Francia di mandataria nella Siria e le difficoltà a lui provenienti dalle autorità militari o coloniali francesi. Fatto è che negoziato pur essendo cominciato procede molto lentamente. Interrotto per partenza Chambrun Costantinopoli sarà ripreso 14 corrente. Chambrun va dicendo che al 1° gennaio sarà compiuto e concluso accordo per Siria. Tewfik Roussdi bey ne dubita ma mi ha dichiarato lavorarvi con miglior buona fede e volontà.

Quando all'accordo generale di collaborazione Tewfik Roussdi bey mi diceva esser cosa ben differente, verso la quale nè egli nè Ismet si sentono portati nell'odierna situazione europea e mediterranea.

Come francamente egli ha dichiarato a Chambrun questo patto entrerebbe nel campo della politica generale sul quale attuale Governo turco non può assolutamente piegarsi di fronte tendenze napoleoniche (sic) della repubblica francese dopo guerra. L'attività del Governo turco urta in questa tendenza non solo alla frontiera siriana, nei Balcani, a Belgrado, Sofia, Atene, ma anche in casa propria. Finchè Francia vorrà comandare non speri aver Turchia per collaboratrice.

In questo momento, mi confidava Tewfik Roussdi bey, non solo egli ma Gazi

e Ismet Pascià sono pieni di risentimento pe:r le difficoltà create loro dalla stam

pa francese dovunque. Di fronte a ciò le moine del conte Chambrun che aspira

a ottenere un successo personale a poco varranno.

Tewfik Roussdi bey ha concluso: • Per 1a frontiera siriana se Francia vuole e

è disposta a qualche concessione potremo intenderei -e ciò sarebbe altret

tanto utile alla Francia in Siria quanto alla Turchia. Per un patto generale politico con la Francia noi non abbiamo simpatia; se le circostanze, la situazione internazionale a ciò ci spingeranno noi lo faremo, ma non all'insaputa dell'Italia e dentro i limiti segnatici dal patto italo-turco » (1).

(l) Cioè Francia e Turchia.

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APPUNTO DEL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, PER IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

Roma, 12 novembre 1928.

Nel sottoporre all'esame di V. E. l'accluso interessante rapporto del R. Console Generale a Malta (2), mi permetto di osservare che la campagna condotta finora dai giornali italiani (e specialmente dalla Tribuna) contro Lord Strickland non sembra la più adatta a raggiungere i difficili scopi che dobbiamo proporci.

Questa campagna è attuata infatti unicamente sotto la forma di attacchi personali, violenti ed ingiuriosi, contro il Capo del Governo Maltese, ed ispirata dall'On. Mizzi, di Malta, il quale non sembra la persona più adatta per favorire la formazione a Malta di un ambiente più simpatico all'italianità.

Io ritengo che piuttosto di mettersi in una via di aspre polemiche di stampa, assolutamente inefficaci per far cambiare le decisioni del Governo Maltese ed ancora meno adatte a provocare un intervento del Governo di Londra, ci convenga assai più di svolgere un'azione calma e serena per accaparrare simpatie all'Italia, realizzando un serio programma di propaganda culturale e fascista.

Come giustamente osserva il R. Console a Malta, la campagna contro la lingua italiana a Malta minaccia di assumere proporzioni sempre maggiori, trasformandosi in una vera e propria campagna italofoba. E ciò in ,parte per nostra colpa.

Mi permetto quindi sottoporre a V. E. le seguenti proposte:

l) Dare istruzioni all'Ufficio Stampa di vietare ai giornali italiani (e spec:ialmente alla Tribuna) qualsiasi pubblicazione sulle cose maltesi se non sia stata previamente sottoposta all'esame di questo Ministero e da esso approvata.

«Presso questi circoli francesi e nel personale dell'Ambasciata di Francia poi la soluzione dell'annosa questione ha suscitato forte malumore perchè i sacrifizii acconsentiti dai maggiori interessati nella questione cioè i portatori francesi non avrebbero dato queivantaggi indiretti che si attendevano a Parigi cioè a dire la ripresa della egemonia capitalistica francese per il tramite della Banca Ottomana -la quale è vero per alcuni anni ancora (otto anni) continuerà a far il servizio di cassa per il pagamento delle cedole ma già prevede che tale favore le andrà perduto al momento della cessazione dell'attuale contratto del Governo di Angora. La convenzione del giugno infatti prevede la designazioned'un'altra Banca per quel servizio nel caso che la Banca Ottomana fosse per cessare le sue operazioni in Turchia.

• All'ambasciata di Francia si vede in tutto ciò un risultato della politica geniale e attiva di V. E. in questo paese e si dice che mai il Governo turco si sarebbe deciso a prendere una posizione di tanta indipendenza di fronte al Quai d'Orsay e ai gruppi capitalisti parigini se non avesse avuto il sostegno di V. E. e la sicurezza di poter all'occorrenza contare sull'appoggio del capitale italiano. Alla stessa Ambasciata si assicura però che la Francia non starà con le mani in tasca e che per mezzo del Signor Passereau (addetto commerciale) tenterà, a base di quattrini e sovvenzioni, di riprendere le posizioni finanziarie che è andata perdendo •.

9 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

2) Far preparare intanto una serie di articoli obiettivi e sereni sulle questioni che ci interessano a Malta per pubblicarli mano a mano sui giornali italiani.

3) Incaricare il R. Console a Malta di studiare in qual modo si possa accaparrarci i servizi ài un giornale maltese, allo scopo di efficace propaganda italiana, e senza entrare nelle polemiche locali.

4) Inviare a Malta di tanto in tanto qualche serio conferenziere e vedere se sia possibile creare localmente qualche nostra istituzione di penetrazione culturale, appoggiandola ad esempio all' «Italica » (l).

(l) Cfr. anche quanto riferiva lo stesso Orsini Baroni con r. 6382/1042, Angora, 4 dicembre, a proposito dell'accordo ratificato dalla Turchia circa il debito pubblico ottomano:

(2) Manca.

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L'AMBASCIATORE A MOSCA, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 462. Mosca, 12 novembre 1928.

Ho veduto avantieri Litvinov al Commissariato del Popolo per gli Affari Esteri e l'ho trovato assai più riservato del solito, meno eccessivo nei suoi giudizi, in altre parole in uno stato d'anirr,o che tradiva l'incertezza del momento politico ed il timore di esprimere opinioni od enunciare principi i quali potrebbero essere invalidati dagli avvenimenti in un avvenire prossimo.

Litvinov mi ha chiesto per prima cosa se avessi avuto occasione di vedere

V. E. durante il mio congedo ed alla mia risposta affermativa ha domandato se non vi fosse alcun mutamento nei rapporti fra l'Italia e l'URSS. Mi aspettavo tale domanda risultandomi che gli articoli pubblicati un paio di mesi fa dal Tevere (2) ed auspicanti una politica di avvkinamento e col·laborazione italasovietica avevano suscitato a Mosca molte speranze. Risposi che la nostra politica nei riguardi dei Soviets non aveva subito mutamenti e continuava ad essere ispirata ai noti principi di lealtà e correttezza.

Con tono piuttosto rassegnato Litvinov mi domandò allora quale ritenevo sarebbe stata la ripercussione sulla nostra politica della sgradevole sorpresa prodotta sull'opinione pubblica italiana dal patto navale franco-britannico.

Gli risposi che per comprendere esattamente la politica italiana occorreva partire dalla premessa che l'opinione pubblica da noi ha unanimemente fiducia nel Governo, cosicchè in Italia non siamo fortunatamente più soggetti agli isterismi di certi altri paesi. II patto navale poteva essere considerato da due punti di vista: quello tecnico e quello politico. Dal lato tecnico l'Italia aveva risposto alla comunicazione fattale con una nota (3) in cui il suo punto di vista era espo

sto con una chiarezza e sincerità che era stata universalmente apprezzata. Dal lato politico il patto non aveva prodotto in Italia una sorpresa eccessiva perchè ci era noto che la base fondamentale delle politiche inglese e francese era la continuazione della cordiale intesa. Ciò rispondeva del resto alla logica: l'Inghilterra non aveva mai tollerato il Predominio continentale di una Potenza nè era disposta a tollerarlo d'ora innanzi. Poichè la Francia era ·la sola Potenza la quale poteva aspirare ad esercitare tale predominio nel momento presente, l'Inghilterra che sul territorio francese aveva condotto la grande guerra con i suoi eserciti, trovava corrispondente ai suoi interessi di intrattenere con la sua vicina relazioni di amicizia che, ancorchè intime, anzi per questa stessa loro natura, le permettevano di esercitare sopra essa un opportuno controllo. Non poteva esistere dubbio che l'Inghilterra poneva a fondamento della sua politica il mantenimento della ·pace nel mondo, perchè essa non avrebbe certamente nulla da guadagnare da una guerra in qualunque parte del globo terrestre. Essa esercitava quindi le funzioni di custode della pace mondiale. Dato tale stato di cose e dato che l'Italia, pur tutelando i suoi diritti ed interessi, anzi appunto perchè li tutelava energicamente, faceva una politica di pace basata sull'equilibrio europeo, noi non avevamo soverchie ragioni di preoccuparci di un patto, certamente inconsulto per il modo con cui è stato conchiuso, ma che, appunto perchè tale, è condannato da una parte notevole dell'opinione pubblica in Inghilterra e trova oppositori nella stessa Francia.

Litvinov mi ascoltò e poi disse che peraltro ci trovavamo in uno stato di isolamento.

Osservai che la risposta poteva essere data da lui medesimo qualora riflettesse un istante all'importanza che l'amicizia dell'ItaHa rappresenta per l'InghHterra, interessata alla libertà delle sue comunicazioni nel Mediterraneo. Nessun'altra alleanza, intesa od accordo avrebbe potuto sostituire per l'Inghilterra l'amicizia ed eventualmente la collaborazione dell'Italia.

E se anche l'Italia avesse dovuto essere isolata dalle altre grandi Potenze occidentali, la sua politica di costruzione metodica all'interno e quella di leali intese all'estero le davano una forza che si accresceva di anno in anno e che non poteva non imporre rispetto ed ammirazione e far desiderare a più di uno Stato di poter contare, in date evenienze, sul suo potente appoggio.

Litvinov mi chiese allora se le conversazioni fra l'Italia e la Francia continuassero, al che risposi brevemente che esse si svolgevano in un'atmosfera di buona volontà d'intendersi. Il mio interlocutore mi domandò quindi come procedessero i negoziati colla Jugoslavia. Gli dissi che non sapevo d.i quali negoziati intendesse parlare. La Jugoslavia aveva finalmente ratificato le convenzioni di Nettuno ed eliminato così uno degli ostacoli che si erano frapposti sinora all'amichevole discussione dei molti problemi interessanti i due paesi limitrofi. Ma per il momento la Jugoslavia aveva tali preoccupazioni interne che non poteva pensare ad altro.

Litvinov osservò allora che la Francia non avrebbe mai permesso che noi ci intendessimo con i Jugoslavi e che anzi essa, per accrescere il cerchio dei nostri avversari, aveva forzato la mano a Venizelos affinchè conchiudesse il patto di amicizia e non aggressione con la Jugoslavia.

Gli risposi che per il momento il patto medesimo non era ancora conchiuso, che occorreva innanzi tutto dirimere le divergenze esistenti fra Belgrado ed Atene circa l'uso del porto di Salonicco da parte dello Stato S.C.S. e che ad ogni modo il fatto indiscutibile che Venizelos, pur essendo stato più di una volta in passato tiepido fautore dell'Italia, aveva tenuto ad iniziare la nuova fase della sua politica con la conclusione del patto di amicizia itala-greco dimostrava due cose: ch'egli non intendeva schierarsi fra gli. avversari dell'Italia e che, da uomo politico intelligente, aveva riconosciuto l'accresciuto valore politico dell'Italia nel Mediterraneo ed il vantaggio per la Grecia di avere amico il nostro paese.

LHvinov insistette nel dire che Belgrado ed Atene sarebbero state costrette a fare quanto voleva la Francia perchè la maggioranza delle azioni della ferrovia che conduce a Salonicco apparteneva a capitalisti francesi e perchè la Francia aveva un troppo grande interesse ad assicurarsi il rifornimento di armi e munizioni, attraverso Salonicco, tanto della Jugoslavia che della Romania.

Come V. E. avrà potuto rilevare, Litvinov, forse per la prima volta dacchè sono a Mosca, non accennò a manovre antisovietiche dell'Inghilterra nè le attribui l'intenzione di muovere guerra all'URSS. Egli mi ascoltò quando accennai alle intenzioni ultrapacifiche dell'Inghilterra senza dire una parola e pose invece ogni cura nel mostrare di considerare impossibile una intesa itala-francese.

(l) -Cfr. anche il rapporto riservato del console generale a Malta, Villarey, del 29 giugno 1928, critico verso i modi con cui il locale partito nazionalista difendeva l'italianità di Malta. Cfr. inoltre altro. rapporto Villarey del 2 giugno dove era detto che « l'attuale situazione parlamentare mette il governo [Strickland] nell'impossibilità di dare tutto lo. sviluppo che avrebbe desiderato alla guerra contro la lingua italiana.; a margine Guariglia ha annotato: « e questo è l'importante ver ora. Quindi, per ora, si possono attendere gli avvenimenti>. (2) -Cfr. p. 10 nota. (3) -Cfr. n. 22.
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L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. CONF. P. S. N. Washington, 12 novembre 1928.

Mi riferisco al telegramma per corriere n. 41 Gab. del 17 settembre scor

so riservatissimo (l) che, conforme le istruzioni, ho distrutto dopo presane co

noscenza.

Ho avuto qualche occasione di discorrere con personalità amer.icane della

situazione della Croazia, e con le dovute precauzioni, ho ispirato il mio linguag

gio alle linee tracciate nel dispaccio suddetto di V. E. In generale ho rilevato

una volta di più la straordinaria ignoranza, anche presso persone della classe

cosiddetta colta, delle questioni europee. Questa ignoranza spesso si estende al

campo della geografia. Inoltre non esiste alcun interesse, da parte della pubblica

opinione, alle questioni attinenti a molte competizioni internazionali europee.

E la massima del «no entanglements », che il Congresso ha stabilito a base della

politica europea di questo paese, risponde realmente al sentimento pubblico.

Ma come ho più volte fatto presente, un tale disinteressamento non deve

menomare in noi la cura di seguire e coltivare la pubblica opinione americana.

Il 6 novembre Grandi, nel rispondere a un rapporto sulla propaganda croata negli Stati Uniti, aveva scritto a De Martino: « Per l'importanza che l'argomento presenta... prego l'E. V. di seguire per quanto possibile tale attività po.litica ed i suoi pratici effetti, tenendomi al corrente •.

Anzi dobbiamo tenerci sempre sulla breccia e provvedere ai mezzi necessari per la difesa e il contrattacco, pei momenti di crisi. Per questo ho raccomandato a

V. E. l'accoglimento della proposta per la costituzione di un ufficio stampa a New York, che l'E. V. ha approvato. La pubblica opinione e la stampa di questo paese sono capaci di assumere in determinate circostanze atteggiamenti impulsivi e combattivi circa questioni europee, atteggiamenti che possono essere pericolosi appunto per effetto della ,generale ignoranza che prevale sulle vere condizioni dell'Europa. V. E. mi ha dato verbalmente istruzioni chiare sulla necessità di curare la pubblica opinione americana, come fattore internazionale. Le pubbliche interviste dell'E. V. hanno potentemente contribuito a mantenere e intensificare la favorevolissima situazione dell'Italia Fascista presso il pubblico americano, situazione che è continuamente insidiata dai nostri avversari e concorrenti. Per parte mia, nello svolgimento della mia opera ho costantemente tenute presenti quelle istruzioni di V. E., di cui nessuno può negare H buon successo. Talvolta ho dovuto spiegare opera moderatrice, per me personalmente poco simpatica, presso organizzazioni italiane e presso funzionari consolari ardenti di sentimento patriottico ma deficienti di senso politico.

Chiudo questa disgressione fuor d'opera, e torno alla Croazia.

La stampa americana si è occupata poco o nulla della questione croata. Accludo due ritagli di corrispondenze da Zagabria. L'intonazione del giornale -al solito-si desume dai titoli apposti alle corrispondenze; uno dei quali dice: la Croazia si muove per rompere il giogo jugoslavo.

Ma oltre i colloqui più o meno inconcludenti, ne ho avuto uno che considero di qualche significato col Signor W. R. Castle, Assistent Secretary of State, che è la personalità del Dipartimento di Stato più al corrente delle cose d'Europa, e che ha veramente voce in capitolo. Ho preso lo spunto più adatto facendo notare a lui, repubblicano, il naufragio di quell'edificio assurdo che il democratico Presidente Wilson aveva architettato alla Conferenza di Parigi, strumento inconscio degli avversari d'Italia, nell'assetto del problema adriatico. Il Signor Castle ne convenne pienamente ed osservò che il piano di Wilson, Professore d'Università, era essenzialmente teorico. Castle mi osservò che fu un errore di trasferire popolazioni come quelle di Croazia e di Transilvania da Stati con civiltà più evoluta a Stati meno evoluti. Egli si estese a mettere in evidenza le condizioni civili dell'amministrazione Austro-Ungarica in confronto delle condizioni della Serbia e della Romania. Egli concluse affermando ancora che fu un errore « to transfer a population from a higher to a lower civilization ».

Naturalmente quanto precede mi fu detto a titolo esclusivamente personale e con la riserva sottintesa ma chiara, che è di regola in miei analoghi colloqui con personalità di questo Governo, circa la nessuna possibilità d'ingerenza del Governo Federale. Questa mia conversazione con Mr. Castle faceva seguito ad altre precedenti circa le operazioni finanziarie jugoslave riguardo le quali, valendomi degli elementi fornitimi da codesto Ministero, ho costantemente esercitato un'azione di sabotaggio, sia presso questi 'ambienti governativi, sia negli ambienti finanziari di Wall Street, come ho riferito in numerosi rapporti.

Circa il movimento croato fra gli emigrati in questo paese, mi riferisco ad altri miei rapporti.

(l) Cfr. serie VII, vol. VI, n. 653.

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IL CORRISPONDENTE DELLA STAMPA DA VIENNA, ZINGARELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. P. Vienna, 12 novembre 1928.

Mi sento in obbligo di comunicare all'E. V. -riferendomi al colloquio del quale volle onorarmi ai 10 dello scorso mese -.certe notizie che ho rag,ione di ritenere esatte, date le ineccepibili fonti.

Il viaggio in Europa dell'ex ministro degli Esteri jugoslavo dottor Trumbic (l) non è stato approvato da tutti i capi dell'opposizione croata (superfluo avvertire che fra questi capi non va incluso il Pribicevic, nei cui riguardi sussiste la nota diffidenza). Ante Pavelic e i suoi amici d'oltre frontiera hanno giudicato il viaggio inutile, anche perchè Trumbic s'è recato soltanto a Parigi e a Londra. Trumbic ha ugualmente messo in atto il suo proposito, dicendosi convinto dell'interesse che Inghilterra e Francia debbono avere a spingere Belgrado verso le trasformazioni di regime alle quali i croati aspirano. Secondo Trumbic, se la Francia vuole, Re Alessandro -che ha tenuto a trovarsi in Francia assieme a lui -si convertirà al federalismo (2). Ante Pavelic ed i suoi amici all'estero sono dl contrario avviso e prevedono che Trumbic ritornerà a mani vuote e deluso.

Trumbic si è recato a Parigi e a Londra, perchè considera il riavvlcmamento franco-inglese un fatto definitivo. Incitato a visitare pure Roma, si è dimostrato riservato, palesemente riluttante. I motivi sono di ordine diverso, ma sulla loro sostanza finiscono col convenire pure coloro i quali avrebbero desiderato di veder Trumbic prendere la via di Roma. I capi dell'opposizione croata dichiarano che l'Italia si rifiuta di venir loro incontro: ad ogni loro passo si sarebbe risposto con freddezza o diffidenza. Quanto si è fatto a Zagabria è definito privo di contenuto positivo e per giunta pericoloso, dato che Zagabria mai più potrebbe essere la sede indicata per contatti del genere. I capi croati dicono che l'Italia dà l'impressione di «voler stare a vedere, salvo poi a pescare nel torbido » -frase testuale -e aggiungono che l'Italia «purtroppo ripete quegli errori dell'immediato dopoguerra che contribuirono a spingere la Croazia nelle braccia dei serbi». Ad esempio, i croati notano che l'Italia, mentre non li aiuta, riprende all'interno un'intensa campagna proDalmazia, buona, essi affermano, per il giuoco dei serbi. I capi croati credevano di avere chiaramente fatto capire all'Italia che realizzandosi l'ideale dell'indipendenza del loro paese, essi sarebbero disposti a concludere serii accordi

• Il Re nei suoi contatti segreti a Parigi con Trumbié (non ultima ragione del suo improvviso viaggio poichè in nessun luogo S.H.S. egli avrebbe potuto avere tale incontro senza dannosi commenti) avrebbe sentito tutta la irreducibilità dello spirito croato e probabilmente anche informato il Govero francese, col quale ha avuto cootanti contatti, delle sue decisioni.

Sicchè nella odierna situazione dovrebbe ritenersi che a questo momento ci si avvii verso un governo (forse militare) che pur accordando qualche concessione fm-male ma forse non accettabile, alla Croazia, voglia imporre una soluzione della crisi statale che salvi fondamentalmente l'unità con la prevalenza serba •.

commerciali culturali, ecc. I ca:r>i croati tengono altresì a precisare che a nuove forme di intima unione politica con l'Ungheria non pensano: con l'Ungheria, appena esistesse una Croazia .indipendente, essi concluderebbero subito semplici accordi concernenti il commercio di transito verso J.'Adriatico.

Che i croati manchino di mezzi è notorio; i capi ne sono preoccupati perchè la Serbia, pur non essendo abbastanza ricca per potere affrontare una guerra, ha quanto occorre per determinare correnti ad essa favorevoli nel ceto del quale i ca9i diffidano: l'intellettm.le. Professori e giornalisti in ispecie sono ritenuti capaci, in determinate circostanze, di cedere a manovre fatte sotto vessillo nazionalista jugoslavo. Ma la stragrande maggioranza del paese è sempre ostilissima a Belgrado e Zagabria rimane il centro di gravità della situazione jugoslava. Va precisato che ultra-radicale è proprio Trumbic, la cui involuzione è stata, nel decennio trascorso, completa: non è da dubitare neppure per un istante che Trumbic, in ultima analisi, aspiri alla divisione della Croazia dalla Serbia. Però Trumbic pensa che il desiderio di non turbare la pace oggi è in Europa e nel mondo troppo forte per 'poter contare su soluzioni bellicose, quindi tenta -come si è visto -le vie pacifiche. Ante Pavelic ed i suoi amici all'estero, per l'accennata loro sfiducia nel metodo pacifico, preferirebbero che la Croazia fosse in grado di fare assegnamento sopra appoggi internazionali più solidi: sull'Italia, ad esempio.

Tutti i capi croati desiderano concordemente che i serbi, incarcerando e processando, ingrossino la schiera delle vittime.

Il dott. Trumbic ripasserà forse per Vienna fra un paio di giorni e credo che mi riuscirà di vederlo. Ad ogni modo, anche non vedendo lui, spero di riuscire ad essere informato lo stesso e in tal caso non mancherò di segnalare l'essenziale, per senso di patriottico dovere e perchè questi capi, nel dimostrarmi fiducia, dichiarano di non amare molteplici contatti. Prego tuttavia

V. E. di credermi assolutamente alieno da auto-esibizionismo, non essendo nelle mie intenzioni o abitudini disturbare con servizi non richiesti, o invadere sfere non di mia competenza. Se in così delicata circostanza oggi oso scrivere direttamente all'E. V., è perchè -a suo tempo -V. E. me ne ha dato, in forma esplicita, l'autodzzazione. Ho comunque fiducia di aver fatto cosa grata (1).

(l) -La prima tappa del viaggio di Trumbié era stata Vienna, da cui egli era ripartito alla volta di Parigi il 25 ottobre. (2) -Cfr. quanto comunicava Galli con t. 6733/923 del 19 novembre:
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 6611/583. Angora, 13 novembre 1928, ore 14,25 (per. ore 4,45 del 14).

Tewfik Roussdi bey mi ha esposto oggi sua maniera di considerare situazione venuta a prodursi nei Balcani in seguito assunzione al Governo in Romania di Maniu, del partito agrario e mi ha confidato una sua idea perchè la sottoponga a lei e per averne possibilmente approvazione e seguito.

La designazione di Mironescu al ministero degli esteri è soltanto provvisoria per dar modo a Voivoda attualmente ministro dell'interno di fare le elezioni generali. Dopo queste Voivoda prenderà la direzione della politica estera, Mironescu diventerà presidente della camera. Voivoda è tutt'altro che francofilo si manterrà neutrale nei riguardi della Francia e dell'Italia, cercherà di migliorare rapporti con Ungheria. Ma vi è un pericolo che cioè sotto l'influenza di Hodza attuale ministro della Pubblica istruzione a Praga e probabile successore di Svehla, le cui condizioni di salute vanno progressivamente peggiorando, si unisca a quel movimento agrario interbalcanico che ha avuto sua espressione esterna nel congresso agrario di Praga. Dietro quel movimento che è per ora ben poca cosa ma che prende piede in Bulgaria e Jugoslavia sta la Francia, che cerca anche per questa strada tessere filo sua egemonia nei Balcani.

Per neutralizzare quella influenza di Hodza e neutralizzare questa nuova rete nei Balcani Tewfik Roussdi bey pensa sarebbe buon consiglio consigliare Budapest e Mosca a annodare relazioni diplomatiche. Egli sa che a Budapest tendenza antimoscovita ha perduto molto terreno di fronte all'inasprirsi dell'odio contro la Romania mentre a Mosca basterebbe una parola per far stendere la mano all'Ungheria. Ma questa parola acquisterebbe peso assolutamente convincente specie a Budapest se venisse pronunziata da V. E.

Egli mi ha domandato di sottoporre quanto precede a V. E. e di comunicargli la risposta che ella credesse di dare.

(l) Annotazione marginale di pugno di Mussolini: • Interessante •·

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IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. ,GAB. PER CORRIERE RR. 122. Budapest, 14 novembre 1928 (ver. il 18).

Mio telegramma posta n. 2885/1180 del 13 c. m. (1).

Anche col conte Bethlen trattai stamane della questione croata. Mi confermò lui pure che dalle informazioni avute è convinto dell'assoluta serietà del movimento, ma non altrettanto della capacità politica dei suoi dirigenti. Egli nutre poi poca fiducia nella « radicalità » delle aspirazioni e delle intenzioni di Pribicevic e di Trumbic, troppo legati per il loro passato all'elemento serbo. Crede che sarebbe nostro interesse procedere d'accordo consigliare ed aiutare il movimento, naturalmente senza comprometterci, ed accennò perfino alla possibilità di fornire armi per via indiretta.

Gli osservai che ciò mi sembrava assai pericoloso ed anche non molto utile in quanto che la situazione dei croati di fronte a Belgrado è ben diversa

da quella d'altri nei rispetti del proprio Governo, di cui sa l'E. V., debole e indeciso. Belgrado ha una gendarmeria ed un esercito perfettamente sicuri ed inquadrati, con mezzi di repressione infinitamoote superiori, e con una volontà d'azione di ben altro calibro.

Mi disse ancora che lo stato attuale della Croazia, cioè! «ignorare Belgrado», è secondo lui più favorevole per noi ed assai meno favorevole per Belgrado, che un'eventuale autonomia nel quadro jugoslavo. Questo sarebbe per noi esiziale, in quanto che soddisfacendo in gran parte i desideri di Zagabria, porterebbe la calma nel paese e sarebbe per Belgrado una forza anzichè una debolezza. Ma d'altra parte sarà difficile sperare che i croati possano mantenersi per anni ancora nell'attuale stato di sovraeccitazione se il sacro fuoco non viene comunque alimentato (1).

(l) Non si pubblica.

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IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 2917/1194. Budapest, 14 novembre 1928.

Giorni or sono mi venne confidenzialmente riferito da un amico mio, italofilo convinto Deputato e Membro della Commissione Parlamentare per gli Affari Esteri, che nell'ultima seduta della Commissione stessa il Signor Walko fece un'esposizione abbastanza ampia della situazione internazionale attuale.

Il Ministro si disse impressionato del rinnovato e più stretto riavvicina

mento franco-britannico, come lo dimostra il recente patto. Tale accordo obbli

gherà l'Ungheria a trovarsi nella necessità di avvicinarsi a Parigi dato che

praticamente l'Inghilterra, lontana ed assente dall'Europa Centrale, pareva vo

lesse lasciare mano libera alla Francia sul Continente. Altri oratori, radica

socialisti questi, avrebbero parlato in senso meno favorevole dell'accordo con

l'Italia, che non ha nulla giovato all'economia dell'Ungheria. Fu facile al mio

informatore fare osservare che l'accordo franco-inglese non ha l'importanza

che gli si attribuisce, e che le nostre relazioni con l'Inghilterra sono tradizio

nalmente ottime e che dato pure esse subissero attualmente un piccolo raf

freddamento, non poteva trattarsi che di cosa passeggera e di poco momento.

Circa poi i mancati vantaggi dell'accordo con l'Italia, non andavano confuse la

parte economica -che dipendeva dalla pessima organizzazione e dall'alto co

sto della produzione magiara -con la parte politica -nei quali riguardi

l'appoggio dell'amicizia dell'Italia apportò in ogni occasione all'Ungheria ri

sultati ottimi.

Stamane, conversando col Conte Bethlen e senza accennare che ero stato

informato delle dichiarazioni del Signor Walko, gli dissi sembrarmi che il citato accordo fosse qui stato preso assai sul serio. Me lo confermò completamente. Mi studiai in ogni modo di distruggere l'impressione anche da lui riportata. Si disse alfine ben lieto che le cose non stessero come egli credeva, perchè l'egemonia della Francia in Europa avrebbe significato un vero disastro per l'Ungheria ed un grandissimo pericolo per tutti.

Mi riservo fra qualche tempo di ritornare suWargomento anche col Signor

Walko.

(l) Annotazione di Guariglia: • atti per ora •·

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IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. RR. P. 2892/1186. Budapest, 14 novembre 1928.

Stamane ebbi una lunga intervista con il Conte Bethlen, presso che ristabilito dalla sua recente indisposizione. Sapendo ·la questione sta a cume al Presidente, lo intrattenni subito del richiestoci prestito di 100.000.000 di pengéi (oggi 332 milioni di lire). Gli esposi quanto l'E. V. mi aveva detto il 22 ottobre scorso circa l'impossibilità di concederlo da parte nostra da Stato a Stato ed i pericoli per l'Ungheria stessa, se la cosa venisse risaputa, suggerendogli invece che il suo Governo abbia a contrarre il prestito con un gruppo di nostre banche, naturalmente dietro concessione di speciali garanzie. Approvò -in massima -l'idea, insistette tuttavia sulla necessità assoluta -e ciò •q troppo naturale dato lo scopo per cui il denaro deve essere usato -perchè la transazione debba in ogni caso rimanere segreta. Mi disse di avere l'intenzione di intrattenere della cosa il Signor Tibor Scitovszky (ex Ministro degli Esteri ed attuale direttore della Magyar Altalanos Hitelbank, banca pressochè di Stato). Scitovszky è persona fidatissima, amico intimo ed amico [sic] di Bethlen. Attualmente a L,ondra -non appena di ritorno -non mancherà di preparare un progetto che mi verrà mostrato. Dato che un eventuale viaggio del Ministro delle Finanze a Roma potrebbe dar nell'occhio e suscitare comme'tlti, sarà incaricato Scitovszky stesso di sottoporre il progetto direttamente all'E. V.

Bethlen prega fin d'ora l'E. V. di voler ricevere Scitovszky al momento opportuno e confida che V. E. vorrà aiutarlo a concludere l'affare, che anche per noi ha grande importanza, ma con una o due Banche al più, perchè non si venga a sapere. Naturalmente non sono stato in grado di assicurare il Presidente se nostre banche potranno mantenere assolutamente segreto sul prestito stesso, nè richiedere informazioni sul suo impiego (1).

(l) Annotazione marginale di Grandi: " Attendere insieme a Bethlen '. Scitovszky fu ricevuto a Roma da Mussolini ai primi di marzo 1929. Cfr. una sua lettera a Mussolini in data Roma, 8 marzo.

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IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 2955/1512. Vienna, 15 nove.mbre 1928.

Teleposta n. 5716/471 in data 13 corrente del R. Console generale in Innsbruck mi sembra confermare gli apprezzamenti che sulle « Heimwehren » in rapporto all'Italia ho fatto nel mio telegramma per corriere n. 198 in data 3 ottobre (l) e nel mio telespresso n. 1988 in data lO novembre.

Ciò mi sembra tanto più notevole in quanto non ho mai avuto al riguardo alcuno scambio di idee con il comm. Riccia·rdi.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. 5764/336. Roma, 16 novembre 1928, ore 24.

Suo telegramma n. 571 (2).

Richiamo incaricato d'affari turco da Tirana affidando a noi protezione interessi turchi in Albania è assolutamente da scartarsi perchè determinando completa rottura relazioni diplomatiche aggraverebbe tensione fra i due paesi e con la parte che noi verremmo ad assumerci darebbe ·Più vasta portata internazionale a un incidente che non deve uscire dal campo strettamente turcoalbanese.

Sola linea di condotta ragionevole è quella prospettata a V. E. dallo stesso Roussdi consistente nell'evitare ogni nuova causa di attrito fra i due Governi e lasciare al tempo di calmare 'Ì risentimenti del Gazi e persuaderlo essere interesse Turchia stabilire amichevoli relazioni col nuovo regime albanese.

Ciò per sua opportuna norma linguaggio qualora Roussdi dovesse tornare intrattenerla sull'argomento.

Col teleposta 5716/471 Ricciardi comunicava, a proposito delle Heimwehren: "Questa organizzazione militarizzata, che forse imprudentemente è stata sopportata in Austria, è diretta -sebbene i capi, riservandosi, come ho spesso avvertito, l'avvenire, si astengano accuratamente dal confessarlo attribuendole soltanto finalità di politica interna -a risvegliare lo spirito nazionalistico e le speranze, comechessia e quandochessia, di una riscossa e di un 1'édressement. Questo movimento spirituale, non ancora confessato ma percettibile a chi lo osserva da vicino, è degno di essere dai noi attentamente seguito perchè fatalmente si svolgerà domani contro di noi, tanto più che le Heimatwehren hanno il peccato di originedi essere nate in Tirolo. Nella folla che ieri si affollava al loro passaggio sono state carPite al volo frasi come queste: "Ah, se Mussolini potesse vedere queste squadre! Ah, se questi uomini uotessero marciare contro il Brennero.! ,. Sono ingenuità popolari, ma giova tenerne conto».

Lo stesso Ricciardi comunicava con teleposta 1863/165 dell'B aprile 1929: • Per quanto il movimento delle Heimatwehren possa essere simpatico, in principio, a noi fascisti, occorre non lasciarsi illudere né dalle apparenze né dalla prudenza di linguaggio, che i suoi dirigenti accortamente hanno finora usata in materia di politica estera in generale e nei nostri riguardi in particolare: quel movimento è per sua natura nazionalista ed ha anche il :peccato di origine di aver avuto la sua culla in Tirolo. Fatalmente esso dovrà presto o tard1 sboccare

nell'irredentismo antitaliano •.

(l) Cfr. n. 17.

(2) Cfr. n. 63.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. GAB. 43/338. Roma, 17 novembre 1928, ore 14.

Suo 569 (1).

Ho deciso inviare sottosegretario di stato on. Grandi restituire visita fattami da Tewfik Roussdi bey. Visita avrà luogo seconda quindicina dicembre. Ne informi codesto Governo e mi telegrafi. Al ritorno on. Grandi si fermerà ad Atene per rendere visita capo Governo ellenico. Anche di questo V. E. vorrà dare notizia a codesto Governo (2).

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 6716/597-598. Angora, 18 novembre 1928, ore 17 (per. ore 1 del 19).

Sono stato ricevuto ieri sera da Ismet pascià che si è mostrato grato del giudizio di V. E. sull'opera di riforme (3) che Gazi ed egli qui proseguono. Mi ha assicurato che ogni attenzione proveniente da lei gli è particolarmente gradita sia per ammirazione nutrita verso lei e sua opera sia perchè concordanza d'idee e di simpatia fra colleghi Capi di Governo di paesi amici facilita raggiungimento scopi comuni. Quanto ultima riforma, quella dei caratteri latini, S. E. mi ha detto essergli di grande soddisfazione il fatto che essa al contrario delle precedenti è stata concordemente capita approvata accettata dal paese, specie dalla gioventù. Turchia con grandi sforzi si avvia lentamente sua rigenerazione economica. Nuovo bilancio statale sarà di 230 milioni lire turche che sommate con i 70 milioni di bilanci speciali rappresentano un peso grave per un paese la cui fortuna viene calcolata l miliardo lire turche. Con sistemazione questione coupons, nella quale Francia ha f<:tto sentire di nuovo suo egoistico risentimento verso nuova Turchia, col riscatto della ferrovia Anatolia Governo turco avrà però liquidato tra breve tutto il passato. Ciò determina forte onere sul bilancio statale, ma permetterà al Governo seguire diret

tive proprie e indipendenti. Suo intento è ora di realizzare banca stato con piccolo capitale per uso interno, rimandando stabilizzazione ufficiale moneta turca a un secondo tempo, aiutando intanto moneta a stabilizzarsi di fatto.

Avendo Ismet pascià accennato all'inimicizia vigile della banca ottomana, gli ho detto che Turchia ha anche amici pronti aiutarla, alle condizioni che essa crederà di porre, con i capitali delle loro banche, come l'Italia. Passando alla politica estera Ismet pascià sorridendo mi ha felicitato (!) dell'imminente accordo generale con la Francia per le varie questioni mediterranee. Gli ho detto non potere in coscienza accettare sue felicitazioni perchrè esse sono per lo meno premature. Allora egli ha continuato osservando che la politica della Francia lo preoccupa rimanendo essa sempre e ovunque egemonica. Progetto accordo franco-inglese per disarmo è stato un nuovo sintomo di una tendenza politica che oggi si fa rilevare nell'Europa occidentale, nei Balcani. Inghilterra sarà sempre necessariamente contraria ad ogni egemonia continentale, ma per il momento lascia che Francia faccia il suo giuoco, favorendola apparentemente e fino ad un certo punto. In realtà, Ismet pensa, Inghilterra vede con soddisfazione Francia indebolirsi finanziariamente con esagerate spese militari e allontanare da sé simpatie opinione pubblica europea.

Ismet pascià ha aggiunto: • sicuro e fiducioso amicizda Italia, sebbene un ambasciatore estero ultimamente abbia cercato gettarvi nuova ombra, Governo turco mai si piegherà all'interno e all'estero nel Mediterraneo, nei Balcani a quella egemonia. Desideriamo giungere con Francia ad un accordo per frontiera siriana e a ciò lavoriamo, vedremo se ci riusciremo. Il nostro esercito è forte disciplinato e oramai bene armato; questo, insieme all'amicizia e aUa concordanza d'azione con l'Italia, è la migliore garanzia della pace nei Balcani».

S. E. mi ha poi domandato dei nostri ra,pporti con la Russia e la Jugoslavia, la situazione interna della quale egli considera come pericolosa e molto confusa. Ha parlato dell'Albania, del peso ,che gli albanesi rimasti dentro i confini della Jugoslavia eserciteranno un giorno sopra i destini di questa, dell'interesse generale a che l'Italia continui benefica sua azione nell'Albania, azione che serve a dare benessere a quel paese, a renderlo tranquillo, e a sorreggere animare albanesi nella Jugoslavia con la speranza di un miglior avvenire nazionale.

S. E. non ha fatto alcun accenno né al negoziato con Grecia, né al mancato riconoscimento da parte Turchia di re Zogu, e io pure mi sono astenuto dal portare discorso su quel tema penoso. Ismet pascià, nel prendere congedo, mi ha domandato notizie della costruzione della nuova sede (cosa che gli sta molto a cuore, sia perché vede nella nuova costruzione una tangibile prova di fiducia dell'Italia nell'avvenire della nuova Turchia anatolica sia per lo sviluppo edi· lizio di questa capitale). Gli ho risposto che V. E. avevami incaricato di far compiere da un ingegnere le misurazioni e studi preparativi. «Allora, egli ha detto, posso essere certo che nella primavera prossima costruzione sarà iniziata. Ne ringrazi S. E. Mussolini e presenti miei più amichevoli ossequi •.

(l) -Cfr. n. 64. (2) -Sul viaggio in Turchia di Grandi non si è trovata documentazione. Risulta che nelle conversazioni con i dirigenti turchi Grandi fece pressioni in favore dell'accordo grecoturco e della penetrazione economica italiana in Turchia. La voce. di un ço~lo.quio dell~ stesso Grandi con l'ambasciatore di Germania in Turchia, Nadolny, sm rapporti 1talo-tedesch1 fu smentita (r. Orsini n. 3497/538, Angora, 3 giugno 1929). (3) -In particolare, l'istituzione dei caratteri latini nell'alfabeto turco.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI

TELESPR. RR. 260013/710. Roma, 19 novembre 1928.

Ho attentamente esaminato il telegramma di S. E. il Governatore dell'Eritrea trasmessomi con nota 6487 dell'8 corrente (l) e concordo nella chiara esposizione che S. E. ha fatto dei precedenti della nostra politica nei riguardi dello Yemen. Concordo anche che sarebbe stato assai desiderabile se lo stesso Governatore avesse potuto prendere personalmente contatto con l'Imam, ma trovo anche fondate le considerazioni di ordine politico che egli fa per dimostrare la inopportunità di una visita a Sanaa nel momento attuale.

Questa impossibilità ed il fatto che, come riferisce lo stesso Governatore, «l'Imam non intrattiene mai Dubbiosi delle questioni di qualche importanza politica, delle quali tratta soltanto nei telegrammi diretti al Governatore», mi convincono sempre più dell'opportunità che, piuttosto di continuare in uno scambio di telegrammi (pericoloso non soltanto per la difficoltà di esprimersi chiaramente e per le indiscrezioni di cui possono essere oggetto tali documenti scritti) venga mandata a Sanaa una persona di fiducia che allo Imam dovrà essere annunziata da S. E. Zoli come un suo speciale inviato, allo scopo generico di prendere quei contatti con lo Imam che lo stesso Governatore si riserverebbe di prendere personalmente più tardi, quando glielo permetteranno gli affari della Colonia Eritrea.

Prendo atto quindi del predisposto invio del Comm. Moreno e prego V. E. di voler dare istruzioni a S. E. Zoli di annunciarne l'arrivo, con l'incarico sopracitato, all'Imam, che già conosce il Mareno.

Per eliminare i dubbi che sembra affacciare il Governatore sulle diffidenze che potrebbe destare la missione Mareno, credo utile non solo ripetere che Mareno non dovrà presentarsi all'Imam come inviato del R. Governo ma come persona di fiducia del Governatore, da lui inviato soltanto perchè impossibilitato, per il momento, a recarsi personalmente a Sanaa, ma precisare:

l) che le considerazioni contenute nel mio telespresso n. 253927/673 del 25 ottobre u. s. (2) devono servire soltanto come direttiva generale della nostra azione politica nei riguardi dello Yemen, e quindi come guida per lo stesso Mareno, ma che naturalmente non si tratta assolutamente di dare all'Imam l'im

pressione di un cambiamento di rotta della nostra 'Politica;

2) che la presenza del nostro fiduciario a Sanaa sarà tanto più utile in questo momento, in quanto da recenti comunicazioni, sembrano essere di prossimo inizio delle trattative dirette fra l'Imam e gli Inglesi: trattative circa le quali, da parte dello Imam, non ci è pervenuta finora alcuna notizia.

Piuttosto che limitarci ad avere notizie soltanto da parte inglese, o a contentarci di quelle assai confuse che provengono da Aden, è nostro interesse sondare direttamente le intenzioni dello Imam per renderei conto della posizione che ci conviene di assumere appunto nello svolgimento delle trattative fra lui e gli Inglesi.

Su questo punto è bene che il Governatore dell'Eritrea non abbia l'impressione che il R. Governo desideri a tutti i costi la composizione delle controversie anglo-yemenite. Al R. Governo interessa appunto per i concetti esposti da S. E. Zoli e per i precedenti della nostra politica yemenita che il conflitto fra l'Imam e gli Inglesi rimanga possibilmente allo stato cronico, senza però degenerare in un conflitto armato.

Ci interessa pure che, in ogni caso, una qualsiasi soluzione delle divergenze anglo-yemenite non avvenga assolutamente, non soltanto all'infuori di noi, ma eventualmente anche a nostra insaputa.

È perciò che noi non abbiamo finora creduto di esercitare una qualsiasi azione mediatrice nella vertenza, ma è anche perciò che ci conviene sorvegliare da vicino l'Imam durante lo svolgimento delle trattative, per indirizzarle possibilmente e senza averne l'aria nel modo a noi più conveniente.

Mi rendo pienamente conto delle difficoltà che presenta una tale condotta politica da parte nostra, ma mi sembra che, in ogni caso, la presenza del nostro fiduciario a Sanaa non potrebbe che diminuire tali difficoltà.

(l) -Cfr. n. 59. (2) -Cfr. n. 48.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 6746/650. Londra, 20 novembre 1928, ore 20,25 (per. ore 0,15 deL 21).

Telegramma per corriere di V. E. n. 12380 P. R. del 24 ottobre (1).

Con nota in data 19 corrente Foreign Office mi informa non sollevare obiezioni ad invio Abissinia armi di cui al telegramma suddetto malgrado che loro quantitativo ecceda considerevolmente quello autorizzato ad una ditta britannica nel 1927. Governo britannico avrebbe tuttavia preferito che R. Governo avesse condizionata propria autorizzazione ad accettazione Abissinia partecipare conferenza armi Parigi; ed esprime speranza che armi saranno contrassegnate in modo tale da renderne controllabile uso. Invio testo per corriere.

(l) Con questo telegramma Grandi dava istruzioni a Londra e Parigi di informare quei governi che Roma aveva accettato la richiesta etiopica di una fornitura di armi, analogamente a quanto avevano fatto nel 1927 i Governi di Londra e di Parigi.

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IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 6789/237. Vienna, 20 novembre 1928 (per. il 23).

È venuto oggi a visitarmi un mio conoscente, ch'era reduce da Innsbruck, ospite del capo delle • Heimwehren • Steid1e, aveva assistito all'ultima pubblica riunione la quale m'ha detto essere riuscita bene per concorso e disciplina dei partecipanti. H lavoro d'arruolamento continua e si volge con successo agli operai; occorrerà ancora un anno di tempo e occorrerà disporre di capitali, benchè non molto considerevoli, maggiori di quei 15 o 20 mila scellini che l'unione dei grandi industriali versa mensilmente nella misura del 2 % dei salari dei propri operai; ci sono, grazie specialmente aH'aiuto tedesco, fucHi in abbondanza, non mancano mitragliatrici e persino alcuni cannoni.

Gli ho chiesto se fosse vera la voce che si preparerebbe un'adunata dì una

cinquantina di migliaia dì uomini per la prossima primavera in Vienna. M'ha

risposto che Pabst, prussiano energico ed audace, ne ammette la possibilità,

mentre Steìdle, tirolese più ponderato, si manifesta meno esplicito, e mostra

in ogni caso l'intenzione di procedere d'accordo con Seìpel. Pabst ha detto che

se le «Heimwehren » venissero a Vienna non se ne andrebbero più: Seipel,

benchè trattato con ogni riguardo, dovrebbe cedere il posto ad altri.

Ma a tale progetto osterebbe, oltre la preparazione non compiuta, questa

insufficienza di danari, benchè non grande -m'ha detto H mio interlocutore. Dopo

di che mi ha chiesto, come sua idea, s'io non desiderassi avere un colloquio con

Steidle e Pabst.

L'ho ringraziato assai del pensiero, ma gli ho detto che preferivo farne a

meno. Si sarebbe finito con l'averne notizia. I socialisti hanno spesso affer

mato che il fascismo se la intende con le «Heimwehren » e qualche volta me

ne hanno fatto pubblica accusa nei loro giornali; la prova della verità delle

loro asserzioni, che finora non hanno potuto dare, sarebbe stata forse loro offerta

da questo colloquio, e con essa il modo di farci apparire all'estero, dove i nemici

non ci mancano, come intriganti interventori nelle questioni interne di altri

&tati. (Non ho aggiunto che, dopo quelle premesse, il colloquio avrebbe potuto

concludersi con una sgradevole domanda rivoltami per avere da noi quei tali

pochi quattrini che ancora mancano). Pr·eferivo valermi della di lui cortesia

per essere informato anche in avvenire.

Il mio conoscente mi ha assicurato che vi sono tre questioni delle quali

«opportunamente • le • Heimwehren • di·chiarano non volersi occupare: la mo

narchica, la giudaica e, per parlare a loro modo, la sud-tkolese. Gli ho chiesto

qualche maggiore schiarimento su quest'ultima. Mi ha risposto: Pabst dice che

per ora tale questione non si presenta per loro; ma è un uomo leale e aggiunge

non potere escludere abbia a presentarsi in avvenire.

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RELAZIONE DEL CAPO DELL'UFFICIO ALBANIA, LOJACONO, PER IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

SEGRETA. Roma, 21 novembre 1928.

In seguito agU ordini di V. E., ho preso parte, come rappresentante del Ministero Esteri, alla crociera in Albania in occasione delle cerimonie per l'inaugurazione della sede della Banca d'Albania a Durazzo.

Itinerario:

Brindisi-Durazzo (via aerea) Durazzo-Tirana Tirana-Kruja Durazzo-Scutari (via aerea) Durazzo-Valona (via aerea) Valona-Corfù (via aerea) Corfù-Brindisi (via aerea)

Mi permetterò esporre a V. E.: A) Situazioni e problemi di oggi. B) Situazioni e problemi di domani.

A) Situazioni e problemi di oggi.

Situazione politica. Buona. Non vi è più traccia di azioni straniere concorrenti alla nostra. Non azione ing1lese nè francese; non azione jugoslava o greca. L'azione Italiana ha stravinto e si vede dovunque. Gli inglesi si sono incapsulati nella loro azienda petroli; i francesi nella loro missione archeologica; Lady Carnarvon, che è una internazionale umanitaria e che quindi non classifico tra gli inglesi, è quella che più si agita per le sue opere filantropiche. Vi è come una tacita intesa altrui di astenersi dal fare e di lasciare operare l'Italia; situazione dei cui pericoli dirò appresso. Per il momento, questi pericoli essendo molto lontani e vaghi, molti si fermano a constatare l'incontrastato successo Italiano nelle posizioni prese un po' dovunque, dall'Esercito alle scuole, che sono gli esponenti massimi della nostra influenza ben accetta in .klbania, e dalla Banca alla Svea che sono gli esponenti massimi della nostra influenza male accetta. Ho avuto occasione di sottopome a diretta osservazione alcune di queste principali attività sulle quali credo utile riferire.

Esercito. La l" divisione è costituita. Materiale italiano; organizzatori italiani e quadri parte Italiani e parte Albanesi. I nostri Ufficiali sono ammirati per senso del dovere, attività e rendimento: tutti ne parlano bene. Ora si attende la costituzione dei nuclei della 2" divisione (con materiale da inviare sul posto) e dei quadri della 3' divisione (con materiale da accantonare a Bari). In sostanza, lo sforzo ulteriore da compiere è quello riguardante il materiale della 2• divisione. Il Colonnello Pariani avrà impostato in questi giorni questo problema presso le Supreme Autorità Militari le quali dovranno risolverlo in relazione

IO -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

alla funzione che intendono dare all'Albania nel piano di azione dell'Italia. Queste funzioni sono state raggruppate dall'Ufficio in vari colloqui avuti con

Sola e Pariani in quattro diverse soluzioni:

Soluzione zero: attribuire alla nostra azione la funzione di rendere l'Albania capace di difendersi dalle incursioni irregolari esterne e dai torbidi interni per evitare una messa in moto fuori tempo del Patto di Tirana n. l a garanzia dello statu quo territoriale. Questa funzione ci porterebbe alla semplice gestione della l • divisione già costituita, senza ulteriori sviluppi.

Soluzione n. l: attribuire alla nostra azione la funzione di difesa del Canale di Otranto mediante l'occupazione di opportune posizioni costiere. Questa soluzione imporrebbe sempre il dominio di un'adeguata zona di rispetto intorno alle posizioni costiere e, quindi, apprestamento di posizioni interne e di una rete stradale. Essa, pur rendendo molto meno, finirebbe col costare quanto la soluzione n. 2 che segue.

Soluzione n. 2: attribuire alla nostra azione la funzione di una minaccia potenziale contro la Jugoslavia e quindi apprestamento di posizioni esterne e di una rete stradale e preparazione della seconda e terza divisione. Considerando che la rete stradale necessaria a questa soluzione corrisponde a quella che in ogni caso è in corso di attuazione sul prestito Svea, e che lo sforzo per l'apprestamento delle posizioni esterne equivale a quello per l'apprestamento delle posizioni interne della soluzione n. l, si rileva che la soluzione n. 2 è la più efficiente perchè, col minimo costo, polarizza e paralizza un settore della difesa jugoslava, arrecando, per questo solo, un vantaggio reale alla situazione militare dell'Italia.

Soluzione n. 4 [sic]: attribuire alla nostra azione la funzione di minaccia effettiva contro la Jugoslavia, ciò che obbligherebbe a dare a tutto l'apparecchio militare in Albania uno squilibrio in eccesso che, senza obbligare la Jugoslavia ad alcuno sforzo supplementare, sottoporrebbe noi ad un tormento di spese .prematuro e quindi non necessario.

Tutto dunque imperniandosi verosimilmente suHa soluzione n. 2, si parla nel nostro ambiente militare in Albania di passare alla preparazione della seconda divisione. Gli Ufficiali che stanno intorno al Re Zogu me ne hanno accennato come di cosa che il Re attende con impazienza; essi mi hanno parlato della situazione militare dell'Albania nei Balcani con qualche apprensione. Ho detto lGro che non bisogna considerare nulla di imminente per queste ragioni: a) perchè l'atmosfera europea è pacifica, orientata come essa è dalle Potenze che hanno interesse a conservare i loro bottini; b) perchè la Jugoslavia non farebbe mai un attacco a bandiere spiegate, assumendo la responsabilità di una aggressione, genericamente sempre grave, e tanto più grave nella specie, con la certezza dello scatenamento dell'alleanza Italiana; c) perchè la Jugoslavia, la quale potrebbe invece ricorrere ad incursioni irregolari, è ormai paralizzata dalla famosa denunzia Italiana (1), alla quale non vuole dar corpo, ed è ormai consapevole che una incursione irregolare sarebbe domata senz'altro dalla Divisione Pariani.

Ad ogni modo la costituzione del materiale della 2• divisione è attesa in Albania come sicura.

Vi è poi il problema del mantenimento di queste due divisioni; ma conviene a questo riguardo non andare incontro a richieste albanesi e fingere di credere che lo Stato Albanese sia capace di mantenerle. Ciò come atteggiamento esterno. Fra di noi, invece, è necessario prevedere anche il c,aso negativo; ed il Colonnello Pariani sarebbe intenzionato di impostare il nostro concorso sulle forniture dell'abbigliamento dell'Esercito, salvo combinazioni di futuri rimborsi o pegni.

Scuole. Il Governo Albanese non vuole diffondere l'istruzione superiore: dice che servirebbe a fare degli avvocati e dei politicanti, cioè degli esseri inutili

o nocivi. Esso vuole invece diffondere l'istruzione professionale, specialmente agraria. Il Governo Fascista gli sta venendo incontro con l'organizzazione delle prime due scuole professionali i cui corsi avranno inizio subito, a Berat e Argirocastro; è preposto a tale organizzazione il Prof. Luraschi. Le relative spese vengono sostenute dall'Italia a titolo di anticipo per due anni, con previsione di rimborso da parte albanese.

È necessario mettere in luce che i componenti del Gabinetto albanese coi quali ho avuto occasione di parlare, pongono questa questione delle scuole in primo piano per l'avvenire del loro paese e come segno della influenza che essi vogliono riservare all'Italia in Albania; in ciò più saggi che in altre questioni tecniche di cui dirò appresso. L'organizzazione fisica, che ha importanza notevole in un paese a razza decadente, è stata assunta, come è noto, dal Colonnello Pariani come branca dell'apprestamento militare.

Il Re Zogu, con cui ho avuto l'onore di conferire, mi ha a sua volta dichiarato che quello che attende dall'amicizia dell'Italia è in prima linea una influenza culturale; egli ha detto che in questo momento non ha altro da chiedere che insegnanti per il suo popolo.

Banca. Le istituzioni economiche Italiane preparate quando i rapporti politici non erano ancora stabiliti sulla base dell'alleanza, non sono gradite agli albanesi. La ragione sta nella logica delle cose ed è inutile tentare di capovolgere la logica. In sostanza noi abbiamo svolto in Albania due offensive distinte, sebbene convergenti e contemporanee. Una offensiva metodica, a base di cifre, calcoli, prestazioni da una parte e pegni dall'altra; questa offensiva si può definire un torchio. L'altra offensiva, tutta fatta di slancio, a base di accordi politici, culminanti nell'alleanza e nella collaborazione. Questa seconda azione, avendo preso il sopravvento, ha relegato in secondo piano la prima. Ma non sarebbe certo corrispondente ad una elementare prudenza di abbandonare ili torchio. Stringerlo, sarebbe atto maldestro finchè impera ,l'alleanza e la collaborazione; ma farlo arrugginire sarebbe imprudente. Ecco perchè bisogna che la Svea lavori e precostituisca titoli di pegno (ancorché destinati ad essere tenuti in sospeso attraverso le moratorie); ed ecco perchè la Banca deve continuare a pompare oro dalle tasche degli albanesi, come singoli, per sostituirlo con una carta moneta che fa premio sull'oro, mercè la saggia amministrazione della Banca, ma che -alla stretta dei conti -può divenire, quando noi lo volessimo, una carta qualsiasi.

Tutti gli albanesi sanno e vedono che la Banca e la Svea sono strumenti di rigore potenziali e quindi le detestano: da qui le campagne periodiche contro di esse, delle quali non possiamo impressionarci senza disconoscere quella ferrea logica delle cose che noi stessi abbiamo voluto creare.

La Banca ha avuto un momento di popolarità in occasione della inaugurazione della sua sede definitiva a Durazzo, sede che è degna di un grande Istituto e di un grande Paese; questo momento non poteva passare senza sollevare in alcuni, ed anzi, forse, in molti, la fredda sensazione di ciò che la Banca rappresenta nelle nostre mani. Da ciò difficoltà che sono culminate in un attegg;amento assolutamente assurdo del Ministro delle Finanze, Milko Tutulani, che è stato refrattario a qualunque intesa sulla esecuzione della legge monetaria, sostenendo vedute e pretese inaudite che la Banca ha dovuto -sul terreno tecnico -non seguire. La presenza mia e del Comm. Azzolini, Direttore Generale della Banca d'Italia, alle conversazioni, è servita a spingere, da una parte, la Banca ad effettuare per amore di una buona intesa, tutti gli indietreggiamenti possibili, e dall'altra a documentare le assurdi~à dell'atteggiamento del Ministro albanese. Su queste divergenze tecniche, già prima della mia partenza, era corso ai ripari il Ministro degli Esteri Vrioni, iniziando conversazioni con Soragna.

D'altra parte è degno di rilievo il fatto che il Re Zogu, ricevendo Alberti, come Presidente della Banca, e Capasso Torre, come Presidente della Svea, cercò di svalutare preventivamente qualsiasi possibilità di screzio dicendo che Egli considerava ormai i due organismi come due Istituti prettamente nazionali, ispirati a direttive nazionali albanesi ed agli interessi della popolazione albanese. L'intonazione di queste parole metteva il senno politico di Zogu -sforzantesi a cavare dalla Banca e dalla Svea, mentre i tempi volgono favorevoli, quanto di più profittevole al popolo albanese -ben al di sopra di quello dei suoi ministri, inabilmente portati, invece, a mettere a nudo continuamente il sottostrato del meccanismo.

A parte questi screzi che vertono sopra una funzione non essenziale della Banca, e cioè sulla circolazione argentea, sta in fatto che la funzione primordiale di quell'Istituto è stata assolta in pieno: la carta moneta è stata emessa e mantenuta con così alto credito che l'oro albanese è venuto e viene a finire nelle nostre casse; ed il più lontano montanaro che guarda le sue .pecore sulle sperdute pendici del Mati è inconsapevolmente un cliente dell'Italia per il fatto che il suo piccolo tesoro non è più costituito da qualche moneta d'oro ma da qualche biglietto della nostra Banca. Così, per forza, più che per amore, si va formando quella clientela politica che spontaneamente, partendo da basi innegabilmente italofobe, avrebbe richiesto, per formarsi, un numero di anni che l'Europa incalzante non ci avrebbe forse permesso di impiegare.

La Svea. Dopo quello che si è detto di comune per la Banca e per la Svea in linea di logica, non resta che segnalare i progressi che alcune opere maggiori, in corso di costruzione, sul fondo del Prestito Svea, vanno facendo.

H Porto di Durazzo ci ha riservato una lieta sorpresa giacchè, oltre al visibile avanzamento del pontile interno e ad un grande fervore di attività e ad abbondanza di materiali pronti, abbiamo constatato lo stato avanzatissimo dei lavori subacquei del molo di nord-ovest, che sarà la maggiore opera di difesa del Porto.

Nei principali centri albanesi, le varie ditte appaltatrici di strade e di opere vanno impiantando i loro cantieri e depositando i grandi macchinari e materiali da costruzione; intorno ad essi si vede avanzare il benessere sotto forma di lavori e retribuzioni che sollevano dalla miseria alcuni ambienti ed in altri diffondono i mezzi per una più elevata sistemazione casalinga o commerciale. Di questa trasformazione è esempio tipico Tirana che si va rinnovando e passa dalle case di fango alle case -pur modestissime -in muratura, sotto il flusso del denaro italiano.

Azienda Petroli. Come è noto, siamo ancora nella fase delle speranze. I pozzi più anziani hanno raggiunto profondità notevoli; uno a sud di Valona (Piccikati) è! a 1050 metri e si avvicina alla sua misura limite (circa 1300 metri), dopo di che dovrà essere abbandonato; un altro a nord di Valona (Mifoli) è giunto a 965 metri. Tutte le perforazioni rivelano strati geologici interessanti e promettenti, e quindi anche i pozzi che risulteranno industrialmente inutili per se stessi, avranno servito a dare la conoscenza degli strati inferiori ed a confermare che il petrolio può trovarsi da un momento all'altro con una perforazione fortunata. L'Ing. Ineichen, che è il geologo dell'azienda, parla del petrolio come di cosa assolutamente sicura che verrà fuori prima o poi.

Società EJAA. Una visita alla fattoria della Società Ejaa è servita a dare un'idea dello sforzo che occorre compiere in Albania per mettere i terreni in condizioni di sottostare ad una razionale cultura. I terreni della Ejaa si trovano a circa lO chilometri da Durazzo, a nord della strada che conduce a Tirana. Staccandosi dal villaggio di Bazar Skiak, un largo tratturo, ove corre una décauville piazzata dalla Società, conduce alla fattoria. Il tratturo è già in questa stagione sotto allagamento e tale rimane sino a giugno. Tutte le comunicazioni si svolgono attraverso questo enorme pantano di acqua e di fango ove si affonda sino al ginocchio. Si arriva al fiume Arzen che si attraversa sui piloni di un ponte della ferrovia in costruzione Durazzo-Tirana, ponte ancora senza arcate perchè l'Impresa Statale Albanese che lo aveva assunto è fallita. Sulla destra dell'Arzen si presentano i terreni dell'Ejaa preparati per la semina, serviti da canali di scolo, ricavati da una boscaglia selvaggia che li cinge ancora d'intorno. Una vita esemplare di lavoro si svolge nella fattoria, nel cui raggio, a distanze variabili, si trovano già costruite quattro case coloniche per contadini Italiani che stanno per arrivare ed una stalla con alloggio per altra famiglia. Intramezzate con le case destinate ai nostri coloni, sono le case dei contadini albanesi che sono entrati nell'orbita della nostra azienda, assumendo terreni a mezzadria. 600 ettari di terreno, in due appezzamenti separati, di cui uno di 200 ettari ed uno di 400 ettari, sono già dissodati, prosciugati mediante canali di scolo, e sottratti alla palude ed alla boscaglia. L'Opera Nazionale Combattenti, mediante questo suo esperimento, sta compiendo opera di valore nazionale non tanto per l'entità intrinseca-ancora modesta-delle zone preparate, quanto per l'esempio che essa fornisce agli stessi albanesi di quello che può divenire una terra rigenerata dal lavoro.

Aviolinee. Un caso tipico dello sbalzo che un paese può fare sulla via del progresso tecnico a causa dell'assenza di una attrezzatura preesistente, è dato dalla facilità con cui si sono affermate le linee aeree in Albania. Non avendo nè strade

nè ferrovie, gli albanesi si sono dati al volo. La Società Aerea Mediterranea che gestisce i servizi albanesi dell'Adria Aereo Lloyd già impiantati dai tedeschi c da noi successivamente acquistati, è un modello di frequenza e regolarità di volo. Alle linee, che fanno centro a Tirana e che si irradiano per Scutari, Corizza e Valona, sono adibiti apparecchi Junkers monomotori, interamente metallici, assolutamente perfetti. Piloti italiani ottimi che infondono la massima sicurezza. Il bilancio dell'Adria Aereo Lloyd si fonde con quello della Società Aerea Mediterranea e lo sorregge, compensando coi suoi guadagni, le perdite del servizio Brindisi-Valona che non è sufficientemente frequentato. L'affermazione nostra sulle linee aeree albanesi, è compiutamente riuscita ed ha distanziato di gran lunga la precedente gestione tedesca; il che è confortevole.

Comunicazioni terrestri. Mentre si costruisce la linea ferroviaria DurazzoTirana, la rete stradale comincia ad essere oggetto di appalti con le ditte consorziate alla Svea. Si tratta di rifare a nuovo il fondo delle principali arterie stradali, su designazioni di obbiettivi che il Colonnello Pariani fornisce, e di costruire tutte le opere d'arte necessarie a sorreggere le strade, sopra tutto ponti e ponticelli (questi ultimi a centinaia per ogni strada appaltata). Non si vedono ancora effetti di miglioramenti stradali perchè gli appalti sono o recentissimi o in corso. Si vede però la banchina di Durazzo congestionata di macchinarì che le varie ditte importano in Albania per la lavorazione; macchinarì che ciascun appaltatore va in questo momento concentrando sulla propria zona.

In quanto alla ferrovia Durazzo-Tirana, si sa che essa, economicamente parlando, è uno sbaglio. Ma essa, per lo straniero che arriverà a Durazzo, sarà di notevole effetto; e quindi il nuovo tronco sarà, psicologicamente parlando, una cosa indovinata. Per fortuna, il tratto è breve e l'esercizio, per quanto passivo, non darà perdite eccessive. Un altro degh effetti vantaggiosi che questa linea può dare è quello di dimostrare la incnngruenza di una prosecuzione di una linea verso l'interno e di dissuadere quindi gli albanesi da queste idee. Una grande linea ferroviaria in Albania, a meno che non sia destinata a servizio di grandi disegni politico-militari che non sono da escludere ma che sono oggi prematuri, non può avere rendimento. Il male è che il Re Zogu, nel parlarmi di uno sviluppo ulteriore della nostra collaborazione economica, ha precisato la sua idea additando come obiettivo della collaborazione la costruzione di una strada ferrata da Tirana verso Corizza. Secondo me, il Re Zogu, anticipando la funzione politicomilitare dell'Albania nei Balcani, copre di un pretesto di economica collaborazione questo disegno politico che tende a valorizzare l'Albania nel giuoco diplomatico e nel piano degli avvenimenti balcanici facendone uno strumento di futuri collegamenti verso la Bulgaria. Per quanto la cosa possa giovare anche all'Italia, il pensiero del Re Zogu potrebbe essere quello di servirsi, da una mano, delle risorse dell'Italia per dare al suo Paese aumento di importanza e di peso e dall'altra di valersi di questo accrescimento per elevare di fronte alla stessa Italia il costo deÌl'amicizia.

Per tutte queste ragioni politiche ed economiche, l'idea di una strada ferrata oltre Tirana sembra almeno prematura. Se occorre dunque dissuadere

da essa il Re Zogu, ciò si potrà ottenere, sia, con argomenti negativi, attraverso la constatazione delle passività della gestione ferroviaria Durazzo-Tirana, e sia, con argomenti positivi, scaraventando subito sulla strada ordinaria TiranaCorizza, appena ultimati i lavori di ricostruzione di essa, un servizio di autocorriere postali i cui vantaggi, toccati con mano, potranno aUettare il Re Zogu a questa più maneggevole e più proporzionata forma di comunicazioni.

Missione topografica. Non bisogna dimenticare questa silenziosa e metodica azione di permeazione del territorio albanese. La missione topografica, che è quella che ha pagato a più caro prezzo il lavoro in Albania (un Ufficiale morto ed uno invalido permanente per caduta), ha due compiti distinti, uno, di interesse albanese, che consiste nelle operazioni di catasto delle zone ove esiste la piccola proprietà, ed uno, di interesse italiano, che consiste nelle operazioni di triangolazione e di rilevamento al 50.00<0 di tutto il territorio albanese. I due compiti sono condotti avanti contemporaneamente. La catastazione si è svolta finora fra Durazzo e Tirana ed ha giovato anche alla sistemazione delle terre dell'Ejaa; la triangolazione ed il rilevamento al 50.000 hanno preso per base la congiungente Durazzo-Tirana e si sono sviluppate verso nord-est, cioè nella direzione militarmente più delicata; hanno raggiunto la frontiera jugoslava ed ora piegano verso ovest per abbracciare la zona scutarina e discendere a Durazzo. Questo lavoro nello Scutarino fino a Durazzo farà parte della prossima campagna; sicchè fra un anno, tutta la metà settentrionale dell'Albania sarà stata rilevata in tavole al 50.000.

Sedi diplomatiche e consolari. Le sedi di Valona e di Scutari sono le migliori in Albania: quella di Valona è l'antico Comando Militare Italiano; quella di Scutari una vecchia e grande casa nobiliare, con ambienti vastissimi pieni di carattere signorile, in mezzo ad un silenzioso giardino. Quello che è assolutamente indegno è il Consolato di Durazzo. Direi anche lo stesso della Legazione, se a Tirana non esistesse già una palazzina che è divenuta la vera nostra L,egazione in Albania. La vecchia baracca di eternit ove sino a pochi mesi fa risiedeva la sede diplomatica d'Italia, può dirsi fuori uso fortunatamente. In pieno uso è invece la baracca del Consolato, anch'essa in eternit, che traballa a tutti i venti. Non è possibile che l'Italia, mentre compie questo immenso lavoro di affermazione in Albania, abbia il suo Consolato a Durazzo in uno sgabuzzino di cartone. Il Console Gobbi che ha affittato il pianterreno di un grande caseggiato per il Dopo Lavoro italiano, chiede almeno che il Consolato si stabilisca nel primo piano dello stesso edificio. Sarebbe una soluzione alla meno peggio, finchè non si sarà decisa la costruzione di un Consolato degno di stare accanto alla nuova sede della Banca.

I funzionari diplomatici e consolari, da Scutari a Durazzo a Tirana e Valana, tutti buoni e perfettamente a posto.

Zogu. Dopo aver parlato dei vari strumenti della nostra azione in Albania, debbo concentrare l'attenzione sulla persona del Re Zogu, strumento difficilissimo, ma fondamentale nelle nostre mani, finchè funzioni.

La personalità del Re resta sempre ciò che di più notevole si possa osservare

in Albania. Ho avuto da lui un'udienza privata. Egli mi ha ripetuto le dichia

razioni già fattemi, da Presidente della Repubblica, nell'aprile scorso sulla assoluta solidarietà itala-albanese e sulla devozione di Lui verso S. E. il Capo del Governo Italiano; ha esortato il nostro Governo a non prestare mai orecchio agli intrighi che si ordiscono da tutti i lati per creare screzi fra l'Italia e l'Albania ed ha espresso il voto che qualsiasi divergenza, se mai esistesse, venga ad esaurirsi in contatti diretti tra i due Governi, senza mai trapelare di fronte ai terzi e tanto meno giungere ad arbitrati di terzi. Lo ho assecondato in queste idee, dicendogli che tutto deve essere sempre incanalato verso le supreme decisioni di S. E. il Capo del Governo Italiano il quale, nella Sua alta visione avrebbe sempre risolto ogni questione nell'interesse dei due Popoli.

Il Re Zogu mi è sembrato realmente fermo nelle sue direttive politiche che fanno capo all'Italia; il senso della dignità reale non gli manca ed è portato da lui con una piacevole naturalezza. La Unea di Lui si è venuta elevando sempre di più in questi ultimi tre anni; ed Egli non appare più l'avventuriero che si dibatteva tra la rivolta e la miseria e che doveva salvarsi con piccoli accorgimenti o espedienti più o meno puliti. Il contatto col Governo Fascista deve essere stato per lui la scuola migliore e il suo consolidamento al potere viene a coincidere con una maturità di senno che rende tale consolidamento anche efficacE' per la sicurezza della nostra posizione in Albania.

Secondo i nostri progetti, questa sicurezza doveva basarsi oltre che sulla creazione di una Monarchia, anche sulla creazione di una Dinastia. Di ciò tutti parlano in Albania, e la questione de.Ila Regina è all'ordine del giorno. Il Re Zogu si è astenuto da qualsiasi accenno diretto a questo riguardo, ma ha parlato per lui, ed in modo esplicito, il Ministro degli Esteri Vrioni. Il quale, asserendo, come era suo dovere, che il Re non entrava per nulla nella formulazione della domanda che egli, Vrioni, doveva farmi, mi ha nettamente dichiarato che, come Ministro degli Esteri Albanese e nell'interesse del suo Paese, egli doveva porre in termini precisi la questione del matrimonio di Re Zogu con una p,rincipessa di Casa Savoia, intendendo con ciò designare esplicitamente la FigHuola di S. M. il Re. II Ministro Vrioni, che è cugino della ex fidanzata di Zogu, ora ripudiata, ha detto che aveva egli stesso concorso a questo ripudio, ingiurioso per la sua famiglia, perchè consapevole di preparare un grande avvenire alla nuova Dinastia, e perciò a condizione che il matrimonio del suo Re fosse il più alto possibile. Ha detto che l'Italia deve considerare il nuovo Trono come composto di due parti: una metà albanese ed una metà Italiana, e deve quindi concorrere a costituire la sua metà, la quale darà diritto al nostro Paese, qualunque cosa sia per avvenire, a sostenere in Albania le sorti della Dinastia e della Regina Italiana ed a tutelare i diritti dei Figli.

Tutto ciò non è privo di grandi ragioni anche dal punto di vista degli interessi Italiani e perciò la questione impostata da Vrioni non può non essere oggetto di massima ponderazione.

Aggiungo che Vrioni ha ammesso che dovrebbero essere rispettate le leggi e le tradizioni dinastiche della nostra Grande Casa, e tra queste la legge religiosa per la quale i Figli dovrebbero essere educati nella religione Cattolica Romana, il che vuoi dire, indirettamente, educazione Italiana.

Sulla salute di Re Zogu corrono in Albania voci poco favorevoli. È certo che egli appare deperito, ma non di più di quanto lo fosse nell'Aprile scorso. Magrissimo, colorito diafano, lo dicono spesso febbricitante. Ma nel complesso l'Uomo appare «in gamba» e molte sono le esagerazioni che debbono circolare fra coloro che temono o che desiderano :la scomparsa di lui e fra coloro che non hanno nulla da fare che malignare nei caffè di Tirana e Durazzo.

Re Zogu è la congiungente fra la posizione nostra odierna in Albania e quella che potremo o dovremo assumervi domani. È Lui che continua ad essere la leva che dobbiamo azionare per impostare i nostri prossimi problemi.

B) Situazioni e problemi di domani.

Malgrado le chiacchiere e gli intrighi del fuoruscitismo albanese -anche esso tipicamente vacuo ed impotente -l'impressione che si ha della situazione internazionale facente capo al fatto albanese, è quella di una astensione e di un silenzio dei terzi, che colpisce. Si ha l'idea che « i terzi » abbiano incrociate le braccia per stare a guardare, percorrendo tutta la gamma ostile, dalla fredda disapprovazione inglese alla dispettosa collera jugoslava, in attesa di poter profittare di quegli errori in cui l'Italia possa, per avventura, ingolfarsi. Questo silenzio diffidente ha però per noi, che non siamo disposti a misurare il passo nostro sugli umori altrui, il significato di una vera e propria libertà di azione. In questo stato di cose il pericolo più grave che si può manifestare per noi è quello di un decadimento della nostra azione per estinzione di calore. In verità non si può arrivare, come noi siamo arrivati, alla soglia del mandato tacito, per quanto ostile, che l'Italia ha saputo crearsi sull'Albania e tentennare al momento di entrare nel campo che abbiamo così lungamente, e con così grandi sacrifici, preparato. Quelle stesse Potenze che fino ad oggi erano pronte a fare un capo di accusa all'Italia del suo eccesso di lavoro in Albania, domani saranno pronte a farle un capo di accusa del suo difetto di lavoro per documentare la incapacità dell'Italia ad esercitare un mandato. La verità è dunque questa: che in Albania oggi si fonda e si prova la capacità di espansione e la volontà dell'Italia Fascista di avere anch'essa il suo Impero. La via imperiale passa dall'Albania; e non si può parlare di ulteriori tappe e di successive mete, se la prima tappa, che è questa che si chiama Albania, non sarà coperta.

Questa è dunque la prova del fuoco dell'Italia Fascista; e l'insuccesso di questa prova sarebbe la pietra sepolcrale sulle aspirazioni ulteriori del nostro Paese.

L'Albania del resto non è un Paese dove manchi il da fare. Le condizioni naturali e demografiche in cui essa si trova fanno spavento. L'Albania non è un paese vergine; è meno di una terra vergine; è una terra rovinata dove vi è tutto da riparare prima di poter dire: • ecco una terra vergine , . Chi percorre l'Aibania in volo ha nettamente la visione della sconfitta dell'uomo che ha ceduto le armi dinanzi alla natura e che si è lasciato sopraffare. All'infuori di una ristretta zona collinosa ove l'albanese esercita qualche primordiale forma di coltivazione semprechè non possa vivere del semplice raccolto di grandi uliveti ivi lasciati dai veneziani, il territorio albanese è caratterizzato dalla lotta tra la montagna impervia e rocciosa e la pianura soggiacente. La montagna investe la pianura colle sue acque; e quella che dovrebbe essere la ricchezza del paese, l'abbondanza idrica, è divenuto strumento di desolazione. I fiumi, mal regolati, a regime disordinato, trasportando per secoli materiali della montagna, hanno ingorgato il loro corso, si sono aperti nuovi letti, nuovamente ingorgati a loro volta; cd hanno finito col livellare il naturale declivio della pianura la quale, da felice ed ubertosa anticamente, è divenuta oggi una stagnante palude che va da Scutari a Valona. Così ridotto, il territorio albanese appare come un corpo rovinato e corroso da una lebbra immonda. La razza che dieci o quindici secoli fa avrebbe potuto fare argine con uno sforzo normale al primo apparire del male, non ha saputo compierlo, e si è adagiata sotto la incipiente avversità. Di generazione in generazione, mentre il male cresceva e mentre lo sforzo da compiere ingigantiva, la razza si avviliva e si intristiva sempre di più; ed il distacco tra la sua decadente capacità di lotta e l'imponenza della sopraffazione dell'elemento bruto, si allargava di secolo in secolo. Nessun eroismo neppure leggendario, può compiere più il popolo albanese per redimersi; anche che fosse capace di miracoli di eroismi, -e ne è incapace -non riuscirebbe più da solo a sollevarsi dal fango mortifero che lo soffoca.

È necessario che un Popolo, esuberante di giovinezza e ricco di sangue sano e forte, si arroghi il compito di risanarlo. Questo Popolo potrebbe non essere il Popolo Italiano? Non lo credo, per ragioni generiche di logica geografica a cui l'uomo non può sfuggire; e tanto meno lo credo per ragioni specifiche di logica politica, dopo la nostra solenne compromissione in materia albanese.

Il Governo Fascista che ha voluto impostare di fronte al mondo il problema della sua influenza esclusiva sopra l'Albania, ed il problema della sua espansione, non può arrestarsi in una formula negativa, impedendo agli altri di operare, senza addossare a sè stesso di fare ciò che gli altri potrebbero. La formula negativa sarebbe il decadimento nostro per estinzione di calore, il pericolo massimo del nostro domani. Pertanto: occupate oramai le posizioni politiche, viene all'ordine del giorno la questione del lavoro italiano in Albania. Ma contemporaneamente viene all'ordine del giorno lo sfondamento del medioevale divieto albanese alla immissione della nostra mano d'opera agricola.

Da questo momento il Governo Fascista (come tre anni fa pose a se stesso il piano di attuare tra l'Italia e l'Albania l'alleanza anglo-portoghese, che oggi è un fatto compiuto) deve porre a se stesso questo doppio programma:

a) regolamento di almeno uno dei grandi bacini idrici della Albania,

risanamento e bonifica della sottostante pianura e sfruttamento della risultante

energia idrica;

b) abolizione del divieto albanese alla immigrazione agricola italiana,

giacchè non si va a creare una grande bonifica per non godersela almeno

in parte.

Questo, secondo me, è il primo anzi unico caposaldo della nuova nostra

azione in Albania, che deve costituire la prova della nostra capacità espansiva

ed il titolo per non decadere dal mandato che abbiamo fino ad oggi vittoriosa

mente conseguito.

(l) Cfr. P. PASTORELLI, Italia e Albania 1924-1927. Origini diplomatiche del Tmttaio di Tirana de! 22 novembre 1927, Firenze, 1967, pp. 396 sgg,

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI AD ATENE, DE ANGELIS

T. GAB. RR. 46/371. Roma, 22 novembre 1928, ore 24.

Ho deciso inviare sottosegretario di stato on. Grandi restituire visita fattami Venizelos. Visita potrà avere luogo prima quindicina gennaio e circa data conveniente per codesto Governo, accordi saranno presi personalmente dal ministro Arlotta al suo arrivo. V. S. dia intanto verbalmente comunicazione di ciò a codesto Governo. On. Grandi si recherà nel corso del suo viaggio anche ad Angora per rendere visita quel Governo. Anche di questo V. S. informi codesto Governo. V. S. vorrà anche far presente opportunità che notizia rimanga per ora riservata.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. 5908/350. Roma, 22 novembre 1928, ore 24.

Telegrammi di V. E. nn. 583 (l) e 588 (2).

Considerazioni politica generale che trovano del resto riscontro anche nel pensiero manifestato in proposito da codesto ministro di Ungheria non sembrano consigliare passi a Budapest nel senso suggerito da Tewfik Roussdi bey per incoraggiare ripresa relazioni diplomatiche ungaro-russe.

Se necessario V. E. cercherà modo farlo comprendere costì preferibilmente a titolo di opinione personale e lascerà comunque cadere la cosa.

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IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 6876/358. Sofia, 27 novembre 1928, ore 20 (per. m·e 24).

Mio telegramma n. 355 (3).

Come era facile presumere dalle pressanti richieste inviate ai loro corrispondenti in Sofia dalle più grandi agenzie telegrafiche mondiali, la nuova offensiva anti-bulgara proveniva da Belgrado. Ma questa volta enormità delle notizie pubblicate dalla stampa serba sulla presunta grave situazione in Bulgaria raggiunge limiti tali di invenzione e di spudoratezza che non si trovano agget

tivi per qualificarla. Impressione negli ambienti politici e nella pubblica opinione bulgara è gravissima per questo improvviso ignobile attacco serbo non giustificato da alcun fatto nuovo e solo spiegabile in parte col losco proposito di Belgrado di intralciare e complicare sino all'ultimo momento definitive operazioni prestito bulgaro, in parte col fatto d'ordine più generale d'una vera e propria campagna condotta in grande stile con mezzi imponenti da Serbia, Cecoslovacchia e Francia contro la politica di Liapceff definitivamente accusato di tendenza italianista e di conseguente resistenza ad ogni pressione straniera avente scopo di spingere la Bulgaria verso la Serbia.

Inviati a V. E. rapporti su questione macedone e su relazioni Bulgaria con Grecia e Turchia, rapporti che hanno richiesto lungo studio, sto redigendo completo rapporto su situazione generale Bulgaria da cui apparirà in piena luce la campagna antibulgara cui ho sopra accennato e che è da ritenersi come vera reazione contro affermazione Italia in Bulgaria in questi ultimi anni. Non ultimo motivo detta violenta campagna è convinzione generale prossimo annuncio matrimonio re Boris principessa Giovanna.

(l) -Cfr. n. 70. (2) -T. 6613/588 del 14 novembre, che non si pubblica. (3) -T. 6821/355 del 24 novembre, che non si pubblica.
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IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 3013/1248. Budapest, 27 novembre 1928.

La politica estera ungherese incomincia piano piano a farsi più attiva. I trattati di arbitrato già conclusi, i numerosi in gestazione (mio telegramma per corriere 2451 del 20 corrente) H prossimo viaggio del Signor Walko a Varsavia, la recente creazione di una Legazione ad Helsingfors ed a Madrid, il miglioramento voluto, pur ancor timido, dell'atmosfera nei riguardi della Francia, il passo che avrà fatto di questi giorni codesta Legazione di Ungheria per conoscere il pensiero di V. E. sulla convenienza di aperture a Sofia per un trattato di arbitrato ungaro-bulgaro, ne sono gli indizi.

La Bulgaria gode qui di molta simpatia: i caratteri affini delle rispettive popolazioni agricole, i ricordi comuni di guerra, la comune sconfitta seguita da mutilazione del territorio nazionale, le frequenti corrispondenze da Sofia in questa stampa, hanno preparato un ambiente assai favorevole all'intensificazione di rapporti politico-commerciali, oggi ancora assai scarsi. II Signor Walko, secondo quanto mi disse oggi, penserebbe quindi, per ora, elevare il rappresentante ungherese a Sofia al grado di Ministro e • fare assaggi » per la conclusione di un trattato di arbitrato. Già da tempo vi aveva pensato, ma sapendo che Buroff intendeva anzitutto definire la questione del prestito, testè concluso, vorrebbe ora conoscere se V. E. non ritenesse per avventura che la sua mossa Le apparisse ancora prematura, date le difficoltà che pare incontri la definizione dell'accordo in gestazione bulgaro-turco. Le aperture presso il Governo bulgaro -ancora all'oscuro del desiderio di questo Governo -avrebbero lo

scopo, pure, di indagare le reali intenzioni di Sofia circa le sue direttive di

politica estera specialmente nei riguardi di Belgrado, dove certamente non

potrebbe essere visto di buon occhio un riavvicinamento ungaro-bulgaro, su

scettibile di ulteriore sviluppo.

Mi pare quindi sarebbe nostro interesse facilitare una intesa ad ogni modo.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI

TELESPR. RR. 261748/730. Roma, 28 novembre 1928.

Nota di V. E. (Direzione Generale Africa Orientale Ufficio I) n. 6618 del

17 corrente.

Approvo le istruzioni date dal Governatore dell'Eritrea a Dubbiosi per mettere in guardia l'Imam contro le intensificatesi manovre sovietiche che, pur avendo un carattere prevalentemente antinglese, è nostro interesse contrastare non solo nello Yemen ma in tutti i Paesi mussulmani, come pure le istruzioni relative all'azione da svolgere presso l'Imam Jahia nei riguardi del trattato di commercio russo-yemenita, che se effettivamente conchiuso, all'infuori di noi ed a nostra insaputa, sarebbe una nuova prova della diffidenza verso l'Italia da parte del Sovrano di Sanaa.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO (l)

TELESPR. RR. 261746/852. Roma, 28 novembre 1928.

Il R. Ministero delle Colonie ha comunicato a questo R. Ministero il seguente telegramma pervenutogli in data 14 corrente dal Governatore dell'Eritrea, relativamente all'attività sovietica nello Yemen (2).

Questo Ministero mentre ha approvato le istruzioni date da S. E. Zoli all'Agente a Sanaa (3) e che rispondono alle direttive del R. Governo nei riguardi dell'attività sovietica nello Yemen, prega V. E. voler portare verbalmente quanto precede, in via confidenziale ed a titolo amichevole, a conoscenza del Foreign Office, facendogli rilevare l'opera di persuasione che viene da noi svolta presso l'Imam per indurlo a non prestarsi alle manovre sovietiche dirette contro l'Inghilterra, e come sarebbe opportuno, nell'interesse comune dei due Paesi, tenersi costantemente e reciprocamente informati di questa azione di Mosca che ha per fine di sollevare torbidi antieuropei non solo nella Penisola Arabica ma in tutti i Paesi mussulmani.

(l) -Il telespresso venne inviato per conoscenza anche a Mosca. (2) -Il telegramma del governatore dell'Eritrea manca. (3) -Cfr. n. 86.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI

T. GAB. P. 48/1027. Roma, 29 novembre 1928, ore 24.

Il verdetto di quasi assoluzione del Modugno ha suscitato la più profonda indignazione in Italia. Condivido pienamente tale indignazione. Dica al signor Briand che con questi sistemi amicizia fra due paesi è una frase retorica che è preferibile abbandonare. Mi mandi anche a volta di corriere il testo stenografico della seduta in cui si è discusso sui nuovi armamenti della Francia, perchè dal resoconto dei giornali italiani non ho capito granchè.

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PROMEMORIA DEL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, PER L'UFFICIO SOCIETA DELLE NAZIONI

N. 262003/1628 RISERVATO. Roma, 29 novembre 1928.

Salvo ogni più matura disamina dal punto di vista giuridico, il memoriale della Sezione Minoranze Società Nazioni circa la Russia subcarpatica (l) sembra abbasLanza equanime, in quanto conclude, in sostanza, che la legge C.[eco]

S. [lovacca] 14 luglio 1927 non contrasta, in realtà, con il Trattato firmato il 10 settembre 1919 dalla Cecoslovacchia a San Germano, in confronto colle Potenze Alleate ed Associate, ma è tuttavia ben ,lontana dall'adempiere a tutte le obbligazioni imposte alla stessa Cecoslovacchia dal Trattato in parola.

Il problema della Russia subcarpatica appassiona in particolare la propaganda revisionistica magiara, ma interessa pure gli altri confinanti della Cecoslovacchia (Romania e Polonia); mentre la Russia non ha mai perduto di vista quel territorio, abitato in prevalenza da Ruteni. Esso merita, quindi, la maggiore attenzione, in rapporto ai possibili sviluppi della nostra politica nell'Europa orientale.

Dato che il memoriale non pregiudica la situazione e determina le inadempienze della Cecoslovacchia, pare alla Direzione Generale scrivente che le sue conclusioni possano essere in massima accettate e formare, anzi, la base di eventuali richiami della S.d.N. alla stessa Cecoslovacchia. Nostro interesse, infatti, è di mantenere aperta la questione, senza troppo comprometterci, per ora, e di !asciarci mano libera per ogni contingenza avvenire.

(l) Lettera Direttore Sezione Minoranze a S. E. Scialoja 21 Novembre n. 4178/6909.[Nota del documento].

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 129/1165/705. Parigi, 30 novembre 1298, ore 19,55 (per. ore 1 del 1• dicembre).

Telegramma di V. E. 48/1027 (1).

Ho parlato col capo di gabinetto del signor Briand dicendogli che preferivo evitare una visita ufficiale al signor Briand per non fornire occasione di commenti alla stampa ma che sentivo dovere di lealtà di dare al signor Briand la sensazione esatta della ripercussione in Italia del verdetto giurati della Senna. Questa impressione era consegnata nelle seguenti parole che gli lasciavo per iscritto: «Verdetto giurati ha sollevato in Italia la più profonda indignazione: tutti risentono questa indignazione: con simili sistemi amicizia tra i due paesi è una frase retorica che è preferibile abbandonare».

Signor Léger riferirà esattamente al ministro. Egli osserva che la stessa maggioranza stampa francese ha deplorato verdetto anche per sue ripercussioni nelle relazioni tra due paesi. Egli spera che reazione stampa italiana non coinvolgerà azione Governi e non metterà in dubbio profonda reale sincerità Governo e governanti francesi desiderare amicizia tra le due nazioni. Effettivamente come V. E. avrà visto dai telegrammi stampa la grande maggioranza stampa francese ci è in parte favorevole ed una parte è anzi combattivamente a favore nostro. Dato sfogo al giusto risentimento contro il verdetto, ma sempre salvaguardando suscettibilità e situazione del Governo francese, la nostra stampa ha oggi buon gioco a non creare difficoltà a questa azione della parte buona della stampa francese ed a lasciare che possa svolgersi in pieno e spontaneamente.

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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 10786/2537. Belgrado, 30 novembre 1928.

Dalle mie successive comunicazioni V. E. avrà rilevato le fasi attraverso le quali è passata la situazione interna SHS dopo Ll ritorno di Re Alessandro da Parigi.

Come durante la sua assenza tutto aveva preso calmo aspetto in attesa delle decisioni e dei suggerimenti che il Re avrebbe portato dalla capitale francese, così non appena il ritorno ne fu annunciato corsero voci precise di deci

sioni imminenti, che parevano anche confermate da notizie di celati provvedimenti militari, facenti credere alla immediata possibilità di un Governo, forse militare, che avrebbe sciolto ,la Skupcina, indetto nuove elezioni, intanto provveduto, ove necessario anche con la forza, a sanare in qualunque modo la crisi croata.

Che tali fossero gli intendimenti è da ritenersi per certo quando si rammenti il più volte segnalato articolo dello Slovenec dove Koroscez, tentando a separare la sua responsabilità dagli estremisti croati come da que!H serbi, voleva evidentemente mirare soprattutto a questi ultimi dei quali erangli noti i propositi.

O sia stato lo atteggiamento di Koroscez, o siano intervenute altre considerazioni, si rinunciò per il momento a mutare radicalmente la situazione, limitandosi ad annunciare ufficiosamente un semplice rimpasto ministeriale giustificato da qualche dissidio interno nel Ministero (questione della riforma agraria) e dalla salute di Marinkovich, che imponeva la scelta d'un successore (1). A tale rimpasto si sarebbe venuti dopo la votazione del bilancio.

Finalmente anche il rimpasto è stato rinviato e si è fatto sapere che il Ministero Koroscez sarebbe rimasto immutato, non vedendosi motivo per addivenire a cambiamenti fra gli uomini s~essi della quadruplice coalizione.

La ragione principale di tali successivi mutamenti deve vedersi a mio giudizio nella fondamentale diversità di opinioni fra il partito radica,le che vorrebbe affrontare con ferma e risoluta mano la questione croata ed il democratico, che vorrebbe tentare le vie pacifiche di un accordo mediante una determinata serie di concessioni ai croati; fra la volontà dell'alto comando militare che col Re vorrebbe continuare ad imporre il centralismo serbo, e le correnti massoniche imperanti nel medesimo alto comando che facendosi eco dei sug~ gerimenti francesi mirano ad una soluzione che salvando la unità statale faccia parte alle esigenze croate.

E che vi sia una forte pressione francese in tal senso non può mettersi in

dubbio. II viaggio del Re a Parigi, gli incontri ripetuti con quel Governo, le

mezze ammissioni a me fatte da questo Ministro di Francia, la preoccupazione

generale della stampa francese e di quei circoli politici per la crisi che inde

bolisce la compagine statale e svaluta l'apporto militare (come qui ne è giunta

eco) sono elementi non dubbi per averne certezza; come il recente articolo del

Temps (26 novembre) è espressiva conferma della linea suggerita da1la Francia

e dei dubbi che possa non essere accolta dalla intransigenza del partito radicale

serbo e dagli altri partiti ora al Governo.

Valga per tutti oltre il violento articolo deHa Samouprava così apertamente

minaccioso e già segnalato telegraficamente a V. E., il discorso da Lazar Mar

kovich (già Ministro della Giustizia noto fondatore della « Serbie • di Ginevra, rappresentante una corrente favorevole al nostro Paese ed il cui nome fu fatto in questi giorni come possibile successore di Marinkovich) tenuto in una confe· renza del partito radicale e Petrovaz:

«A tale scopo occorre che resti quella base d'unità che fu sede di tutto il popolo dal principio della guerra mondiale fino alla vittoria, quando si difese davanti il mondo la tesi della necessità che la duplice monarchia crollasse, perchè sorgesse la libera Jugoslavia. Tale vincolo fondamentale non può essere oggetto nè d'intese né d'accordi. Ser,bi croati e sloveni sono un popolo unico e devono essere pari in pieno significato. In nessun caso il partito radicale, tutta l'odierna generazione e tutto lo stato possono abbandonare l'idea dell'unità. Essa è ormai entrata nella storia, nella vita internazionale e non se ne stacca mai più.

Il programma radicale è più di un programma di parte: esso è un programma nazionale che non abbandonerà mai.

Il Regno SHS è definitivamente creato, è entrato nella vita internazionale, ha le sue leggi fondamentali, i suoi promotori spirituali, tutto un organismo elaborato, la sua vita, la sua anima, il suo destino. Nessun partito può toccarlo più, né la Coalizione Democratica né alcun altro. In quanto al fatto però che qualche parte del popolo si senta oppressa il partito radicale è pronto ad accettare ogni proposta atta ad eliminare tale inconveniente ed a procurare soddisfazione a tutte le parti della ,popolazione. Nessuna uscita dalla situazione è possibile quando non ne decida H partito radicale •.

Al di là sono i croati, intransigenti nelle loro dichiarazioni anzi sempre più violenti nelle loro espressioni verbali, che hanno deciso di non partecipare alla celebrazione di domani per il decennale della costituzione, mentre intorno ad essi si rafferma sempre più, dalla Dalmazia alla Bosnia, il sentimento ,comune di avversione a Belgrado. Un recentissimo colloquio avuto col Comm. Rochira mi conferma la irremovibile volontà croata, deve far credere anche alla disposizione di affrontare quei rischi e quei sacrifici senza i quali un risultato storico

non si raggiunge.

Perciò si giustifica sempre più che ogni aiuto (e di qualunque sorta) sia richiesto e che V. E. ha già approvato, sia ben dato. Se potrà valere a far sorgere l'irreparabile che impedisca un qualsiasi accordo, che scavi un abisso, non colmabile, ed aggiunga altro sangue a quello del 20 giugno, 'le finalità più utili per noi saranno raggiunte.

Perchè se dobbiamo credere oggi alla intransigenza dei due estremismi, alla immobilità di posizioni nelle quali animi e partiti >si sono trincerati, alla incorruttibilità di .coscienze non disposte a transazioni ed accomodamenti, non possiamo neanche escludere che sotto la pressione degH avvenimenti, per il costante suggerimento e consiglio della Francia, e forse dell'Inghilterra, si possa venire ad un accordo fra serbi e croati su una base che dando soddisfazione ai preciani, finisca poi col sanare la maggior parte delle piaghe interne, e rinsaldando definitivamente questo stato, produca perciò, per noi, il peggior male.

11 -Documenti diptomatici -Serie VII -Vol. VII

(l) Cfr. n. 88.

(l) Per l'opinione di Galli su Marinkovié in questo periodo, cfr. il suo t. 6543/904.del 9 no•rembre: • Uomo d'ingegno e scaltro, nei no.stri riguardi, fuori di qualche asSICUrazione verbale che appariva tanto più menzognera quanto più mascherata di ipocrita cordialità fu di decisa malafede di basso intrigo, di servilismo a tutte le correnti oscure che cton'Iinano la vita politica j,{goslava, principale la franco-massonica. Nella scars<;zza di uomini preparati a succedergli è difficile indicare fin da ora qualche no~e. M!! chmnque venga, difficilmente sarà nei nostri riguardi peggiore di quello che fu Marmkov1ch ».

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IL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 133/152. Zagabria, 30 novembre 1928 (per. iL 5 dicembre).

Mi viene riferito da fonte attendibile che Trumbic ha inviato recentemente al direttorio coalizione croata, seguenti informazioni sul colloquio che ha avuto luogo a Parigi fra re Alessandro e Briand a proposito dell'Italia.

Avendo Briand chiesto quali rapporti esistano tra l'Italia e la Jugoslavia, il re ha risposto: «Pessimi. Sono dolente di aver ratificato convenzioni Nettuno, poichè non hanno contribuito all'avvicinamento ».

Briand ha poi domandato se il movimento croato trovi appoggio in Italia e se gli uomini politici croati abbiano qualche relazione con Roma. Il re lo ha escluso, rilevando che l'odio dei croati contro gli italiani è tanto profondo da render impossibile qualsiasi loro relazione con l'Italia. Briand ha raccomandato al re di non tralasciar nulla per evitare che tali relazioni abbiano a verificarsi.

La lettera di Trumbic continua dicendo al Quai d'Orsay si è molto preoccupati a tal riguardo, ritenendosi che l'ingerenza dell'Italia nelle cose croate sarebbe pericolosissima per la causa franco-jugoslava in genere e per la politica balcanica dei due stati in ispecie.

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IL REGGENTE IL CONSOLATO GENERALE A NEW YORK, SANTOVINCENZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

(A C S, Ministero Cultura Popolare, busta 164, fase. 79)

R. R. 49790/2176. New York, 30 novembre 1928.

Facendo seguito al mio rapporto n. 46162/2029 del 10 corrente, invio in pacco a parte incluso nel presene plico, i numeri del giornale in oggetto (1), pubblicati successivamente all'ultima mia trasmissione (dal n. 313 al n. 332).

I socialisti del Nuovo Mondo sono ora combattuti da tutti gli altri gruppi sovversivi, eccettuati gli anarchici individualisti, i quali, probabilmente in odio a Tresca ed ai comunisti, hanno assunto un atteggiamento di • benevola neutralità » nei riguardi del giornale, che sono quasi certo è destinato a morire, malgrado tutti gli espedienti escogitati dal Vacirca.

Mi risulta in modo sicuro che la circolazione di tutti i giornali sovversivi italiani negli Stati Uniti è in forte diminuzione. Il martello, Il lavoratore,

Il proLetario, sono costretti ogni tanto a sospendere le pubblicazioni perchè non riescono a trovare il denaro necessario a pagare la tipografia.

I comunisti, gli anarchici sindacalisti ed il gruppo di Tresca si accaniscono ora nella lotta contro il Nuovo Mondo, perchè, secondo loro il giornale ha tradito gU interessi della classe proletaria, ma questo non è che un pretesto; il vero motivo è che sperano di ricavare un vantaggio dalla sua scomparsa. In realtà essi stanno così distruggendosi a vicenda, perchè le masse operaie si mostrano oramai stanche e disgustate della lotta che i vari capi stipendiati del sovversivismo si vanno facendo da tempo fra di loro per «interessi di bottega». Esse diventano sempre più restie a dare il loro contributo in favore della stampa sovversiva ed accorrono sempre meno numerose ai vari comizi antifascisti.

Concludendo posso segnalare nuovamente all'E. V. che il movimento antifascista in questo Paese diventa ogni giorno meno temibile, ma assicuro che continuo a seguirlo con la massima attenzione e Le riferirò prontamente qualsiasi novità in proposito.

(l) Allude al giornale Nuovo Mondo.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI

T. GAB, PRECEDENZA ASSOLUTA 48 (1). Roma, 1• dicembre 1928, ore 21,30.

La frase di Poincaré (2) sulle pretese imperialistiche dell'Italia sulla Siria mi ha veramente sorpreso per la sua immensa malafede. Poincaré sa benissimo che non >{1 mai stata questione del·la Siria nelle conversazioni fra i due Governi. Poincaré sa e può informal'sene da Beaumarchais che io ho posto la questione dei mandati nel senso che l'atteggiamento della Francia dovesse essere benevolo nei confronti dell'Italia qualora si addivenisse a una generale redistribuzione dei mandati. Poincaré sa e Beaumarchais può riferirglielo, che io gli ho dichiarato che l'Italia non avrebbe accettato il mandato sulla Siria nemmeno se le fosse stato graziosamente offerto dalla Francia. Cosi stando le cose è veramente intollerabile che a scopo polemica parlamentare si accusi di imperialismo l'Italia e si mentisca sapendo di mentire. Si rechi ufficialmente da Poincaré e gli domandi quando mai si è parlato della Siria nelle conversazioni svoltesi negli ultimi sei anni; gli dica se non ritiene necessario di fare un chiarimento e trovi modo di aggiungere che tutto ciò che è accaduto in questi giorni è destinato ad avere gravissime conseguenze per quanto concerne i rapporti fra i due popoli e in definitiva stessa pace europea.

Mi comunichi telegraficamente la risposta del signor Poincaré.

(l) -Il n. prot. 48 è stato dato per errore anche al telegramma pubblicato al n. 88. (2) -Pronunciata alla Camera francese il 30 novembre.
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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 10804/2548. Belgrado, P dicembre 1928.

Di seguito al mio telegramma per corriere n. 10670/2403 del 27 novembre

u. s. ho l'onore di cui acclusa inviare all'E. V. copia di un rapporto diretto in data 28 novembre u. s. da questo R. Addetto Militare a,l R. Ministero della Guerra, circa i giudizi di questi ambienti militari sulla attuale situazione interna Bulgara e quella macedone.

Tali giudizi, se rispecchiano da una parte il mal celato compiacimento degli ambienti predetti nel constatare ,le difficoltà in cui versa adesso il Governo Bulgaro per fronteggiare la situazione interna, sono d'altro canto da tenere nella dovuta considerazione per quel che riguarda la situazione del comitato macedone, e le importanti ripercussioni che essa ha sul problema in generale, e nell'andamento della politica serba di snazionalizzazione in Macedonia in particolare.

Questa politica, che in passato trovava momenti di arresto e per la paura di maggiori rappresaglie del comitato macedone, e per la ripercussione che ogni atto di terrorismo tanto serbo che macedone poteva avere nella opinione pubblica mondiale, procede ora ,con rinovato vigore, e trova un terreno più facile nello stesso elemento macedone che abita in Serbia Meridionale, il quale non si sente più sostenuto dal comitato rivoluzionario immobilizzato nelle lotte intestine.

E che i serbi continuino con i medesimi sistemi di snazionalizzazione violenta è provato da recenti avvenimenti, come risulta, ad esempio, da quanto riferisce il R. Console a Bitolje col suo telespresso n. 1496/347 del 20 novembre u. s., inviato in conia all'E. V. col mio telegramma posta n. 10728/2415 del 28 novembre u. s.

Ritengo superfluo ritornare sulle ragioni, già lumeggiate in precedenti rapporti che consigliavano di tenere sempre in efficienza l'irredentismo macedone, e quindi l'azione del comitato rivoluzionario che quell'irredentismo vivificava.

Mi permetterò tuttavia ripetere che la Macedonia è il cuore della Serbia ed il suo tallone d'Achille, che pur senza sopravalutare ,l'apporto effettivo che dal lato militare avrebbero fornito il comitato ed i macedoni in caso di conflitto, l'agitazione macedone teneva inchiodata la Serbia, impedendone ogni libertà di movimento.

V. E. potrà quindi giudicare quanto dannoso sia stato il conflitto scoppiato in seno al comitato stesso, paralizzandone ogni movimento, e dando luogo ad un senso di naturale sconforto e rilassamento in seno alla popolazione macedone.

Sembrami quindi che ragioni evidenti di opportunità politica consiglino che da parte nostra si faccia il possibile per sedare al più presto il sanguinoso dissidio, ridando al comitato macedone tutta la sua efficienza.

ALLEGATO.

VISCONTI FRASCA AL MINISTERO DELLA GUERRA

R. 9737. Belgrado, 28 novembre 1928.

L'ambiente militare jugoslavo osserva con attenzione e con un certo compiacimento lo sviluppo della crisi interna bulgara, [che], secondo l'opinione dell'ambiente militare serbo, viene a paralizzare l'attività politica bulgara e la forza di quel governo nazionale, nel momento in cui anche la Jugoslavia si trova in condizioni interne poco rosee -condizioni di cui la Bulgaria -e i suoi alleati (leggi Italia) -non possono pertanto approfittare.

L'ambiente militare serbo ritiene che le ragioni della crisi interna bulgara sieno diverse e opposte ma che tutte concorrano ad indebolire la situazione politica militare della Bulgaria, e che le conseguenze della crisi interna potrebbero anche far tendere la Bulgaria ad orientarsi nel senso delle vedute e degli interessi francesi e jugoslavi -tra i quali: il riavvicinamento allo Stato SCS e indebolimento dell'azione del Comitato Macedone.

La forza dei partiti bulgari al Governo sarebbe minata principalmente dal contrasto tra il Ministro della Guerra Volkoff, e gli altri membri del Governo. Il Volkoff avrebbe contro di sè i quattro quinti degli ufficiali permanenti, sarebbe sostenuto da una frazione di ufficiali carrieristi ed ambiziosi, avrebbe avverse le Associazioni degli ufficiali e dei sottufficiali di riserva, avrebbe ostili le Associazioni patriottiche. Una delle circostanze che minerebbe la situazione interna sarebbe l'attitudine del Generale Volkoff verso il Mihailoff, nuovo capo del Comitato macedone uccisore e successore del Generale Protogheroff.

Il Mihailoff sarebbe specialmente animato da ambizione personale, più che da zelo patriottico e irredentista.

L'ambizione sarebbe stato il movente che lo ha indotto a sbarazzarsi mediante omicidio del Generale Protogheroff e di parecchi Voivoda bulgaro-macedoni, noti per il loro passato combattivo in Macedonia.

Queste violenze, contro capi popolo tra le popolazioni macedoni, avrebbero alienato al Mihailoff molte simpatie delle popolazioni viventi sotto il dominio jugoslavo. Lo Stato maggiore serbo ha naturalmente approfittato di tale situazione per diffondere tra la popolazione macedone-bulgara notizie, in parte vere e in parte tendenziose, sul conto del Mihailoff: ch'egli si sia accaparrato la direzione del Comitato al solo scopo di premere sulla politica interna bulgara, e di impossessarsi del fondo del Comitato macedone di 30 milioni di leva. Il Mihailoff impiegherebbe tali fondi per prezzolare degli assassini, inviati a commettere violenze contro i suoi nemici personali. Egli sussidierebbe inoltre molti suoi partigiani, che conducono vita oziosa in Bulgaria, e trascurerebbe i veri comitagi " combattenti » macedoni. Così dal Comitato non giungerebbero più soccorsi agli studenti macedoni-bulgari (circostanza assodata) residenti in Jugoslavia.

Inoltre il Mihailoff non ha mai pagato di persona nell'azione diretta in territorio SCS, rimanendo in Bulgaria, invece di penetrare in Macedonia con le bande di comitagi, come faceva il defunto Protogheroff.

Questa situazione nel Comitato macedone avrebbe disgustato molti aderenti al movimento irredentista nella popolazione macedone SCS tanto che qualcuno di essi avrebbe dichiarato che difficilmente la Macedonia jugoslava potrebbe eventualmente sollevarsi, finchè uomini di tale genere dominano nel Comitato.

Secondo l'ambiente militare serbo l'influenza politica del Mihailoff in Bulgaria verrebbe assai ridotta, se l'attuale Ministro della Guerra venisse allontanato dal suo posto, poichè l'ambiente militare bulgaro è in maggioranza avverso al Mihailoff, che avrebbe anche qualche possibile tendenza bolscevizzante.

Il Comando Militare SCS ritiene che a non facilitare la risoluzione della crisi bulgara contribuisca anche l'avversione personale che il Re Boris avrebbe verso l'attuale Presidente del Consiglio Jankoff [sic], che sarebbe giunto al potere dopo un colpo di Stato, compiuto all'insaputa del Sovrano che dovette inchinarsi ad un fatto compiuto.

Altro elemento di dissoluzione interna ai bulgari sarebbe l'azione del partito agrario bulgaro. Anche di questa azione l'ambiente politico militare serbo sarebbe molto soddisfatto, poichè è noto che il partito agrario bulgaro è sussidiato, con larghezza di mezzi, dal Governo jugoslavo·. Sono sussidiati tanto i fuorusciti bulgari agrari in Jugoslavia, con a capo Kosta Todoroff, come quelli in Bulgaria, che siedono al Parlamento o svolgono comunque la loro azione in paese.

Si mette la presenza del Generale Lerond a Sofia in relazione anche con la situazione descritta, alla quale ha contribuito personalmente direttamente o indirettamente l'azione franco serba e che ad ogni modo si presenta con aspetti favorevoli allo svolgimento di quell'azione.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 131/1179-1180/717-1181/718. Parigi, 3 dicembre 1928, ore 22,20 (per. ore 4 deL 4).

Mio telegramma 1174/711 (1).

Ho veduto signor Poincaré ore 11 e trenta. Avendo dettogli che venivo a parlargli delle sue parole alla camera dei deputati, egli ha osservato che doveva declinare di dare spiegazioni su quello che un membro del Governo dice alla Camera. Il vostro Governo, ha osservato, e qualunque altro farebbe la stessa cosa ed il signor Mussolini non agirebbe altrimenti col signor Beaumarchais. Vi dirò anzi, egli ha detto, che se si sapesse in pubblico che voi siete venuto a parlarmi di questo argomento l'opinione pubblica francese ne sarebbe sorpresa ed irritata. Quindi prego di tenere il silenzio sul vostro passo. Io del resto ho avuto subito cura di far comunicare dall'ambasciata di Francia al vostro Governo il testo esatto ed ufficiale delle mie parole le quali non necessitano chiarimenti. Ma però questo non ha impedito, egli ha aggiunto, che ieri io sia stato violentemente attaccato dalla stampa italiana. Egli mi ha letto quindi il testo dell'articolo del Messaggero di ieri, osservando che era scritto conoscendo la versione ufficiale delle sue parole. Si è vivamente lamentato della stampa italiana e delle dimostrazioni che vi sono state contro la Francia.

Io ignoravo la comunicazione fatta all'ambasciata di Francia e l'articolo

del Messaggero. Mia posizione è divenuta difficile, ma ho insistito per esporre

tutto quello che dovevo dire ed ho parlato nel senso preciso del telegramma di

V. E. (2). Il signor Poincaré ha ascoltato colla premessa che lo faceva a titolo di conversazione. Alle mie osservazioni circa questione mandati e Siria, sulle quali ho ripetuto tutti i rilievi del telegramma di V. E., il signor Poincaré non ha fatto obiezioni. Ritornata quindi la conversazione sulla stampa e sulla situazione generale ho fatto vresente al signor Poincaré la delicatezza e la gravità non meno pericolosa della situazione. Egli lo ha ammesso ripetendo necessità

che nei limiti dei poteri rispettivi i due Governi cerchino di moderare la stampa, che è divenuta un vero pericolo per le nostre relazioni. Egli ha ricordato che il consiglio dei ministri si è occupato della situazione creata dai recenti delitti ed ha disposto delle misure. Ha detto che era stata data di ciò notizia a mezzo della stampa e subito perchè anche in Italia se ne fosse informati.

Ha detto che egli farà il possibile per trattenere stampa francese da eccessi, ma perciò era assolutamente indispensabile che la stampa italiana si moderasse. Che la polizia francese ha gravissime difficoltà nella situazione attuale per la sorveglianza dei sovversivi. Gli ho osservato che quegli individui sono di professione antifascisti e che egli doveva rendersi conto dell'opera di salvezza compiuta dal fascismo per l'Italia ed anche per la sua vicina. Egli ha aUora parlato dell'opera di V. E. con vivo elogio. La situazione è veramente delicata e grave. Vi è però una grande parte della opinione pubblica e del popolo francese che simpatizza per noi contro il verdetto (l) e contro gli antifascisti: ma noi la perderemmo completamente se degli errori da parte di qualche nostro giornale la portassero a schierarsi sul terreno nazionale.

(l) -T. gab. 130/1174/711 del 2 dicembre. che non si pubblica. (2) -Cfr. n. 94.
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L'AMBASCIATORE A MOSCA, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 6992/497. Mosca, 3 dicembre 1928, ore 23,51 (per. ore 5,30 del 4).

Ho restituito oggi prima visita fattami da nuovo ambasciatore Turchia. Nel corso della conversazione egli mi disse che al commissariato affari esteri a Mosca lo avevano messo in guardia verso di me dicendogli che io sono denigratore sistematico regime Sovieti. Egli aveva risposto non riusciva a comprendere come potesse pensarsi che un ambasciatore fascista fosse ammiratore Sovieti. Svolgendo la loro tesi gli uomini del commissariato affari esteri di Mosca avrebbero precisato che essi attribuivano alla mia azione personale la recente intesa polacco-ungherese, la quale era diretta contro Russia, come del resto lo riconosceva stessa stampa polacca. Italia stava secondo loro passando da una posizione non amichevole ma passiva ad una posizione decisamente ostile verso Sovieti, assumendo direzione accerchiamento della Russia. Mio col.lega di Turchia mi ha confidato pure che gli era stato detto che il suo Governo doveva guardarsi dall'Italia, perchè aveva un solo scopo nella sua politica verso la Turchia: quello di privare quest'ultima della sua indipendenza per farne una vassalla. Ambasciatore di Turchia ha risposto che egli non comprendeva perchè Russia non ritenesse compatibile una politica di ottime relazioni tra Angora e Mosca con una politica di rapporti cordiali fra Angora e stati europei, primo fra tutti questi l'Italia che ha tanti interessi nel Mediterraneo e in Turchia.

Turchia non intendeva abdicare propria indipendenza a favore di alcuna potenza, ma per questa considerazione liberamente svolge propria politica se

condo proprì interessi senza lasciarsi dettare da alcuno linea di condotta da seguire. Ad ogni buon fine aggiungo che ambasciatore di Turchia, contrariamente a quanto aveva fatto suo predecessore colonnello Tewfik, che giungendo Mosca era stato malamente influenzato, si astenne dal deporre il giorno seguente presentazione credenziali una corona sul feretro di Lenin. Avevo trovato modo fargli discretamente comprendere sarebbe stato meglio per lui astenersi compiere atto eccessivamente ossequioso verso Sovieti.

(l) Nel processo Modugno.

98

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 132/374-375-376-377. Sofia, 4 dicembre 1928, ore 24 (per. ore 6 del 5).

Deputato bulgaro Petroff il più intimo e devoto amico politico di Buroff ha chiesto di vedermi insistendo per essere ricevuto subito. Appena iniziato colloquio Petroff mi ha apertamente dichiarato che Buroff era al corrente della sua visita a me, visita la cui urgenza e il cui scopo erano determinati dalla partenza di Buroff per Lugano. Buroff è infatti partito stamane martedì, mentre Moloff era partito ieri per Ginevra. Dopo una calda difesa di Buroff, e dopo aver affermato con grande decisione falsità accuse mosse a Buroff di serbofilia e anche di francofilia, Petroff mi ha detto che politica di Buroff necessariamente prudente e riservata (data situazione Bulgaria) è tuttavia fondamentalmente patriottica e anti-serba. Buroff ha dichiarato a Petroff che sua politica verso Belgrado non ha avuto e non ha altro scopo che mantenere con Serbia ai fini della pace balcanica rapporti di buon vicinato, aggiungendo che V. E. nel colloquio avuto con Buroff nel 1926 (l) aveva concordato in tale linea di condotta. Oltre questi rapporti di buon vicinato Buroff non ha mai inteso di andare,

non ·solo per la intrinseca difficoltà di più strette relazioni tra Bulgaria e Serbia ma anche in considerazione delle imprescindibili necessità della politica bulgara nei confronti dell'Italia, la sola grande potenza che ha sempre aiutato e sostenuto la Bulgaria dall'armistizio ad oggi. Se sino ad ora Buroff ha costantemente seguito linea di condotta di perfetta uguaglianza di fronte tre grandi potenze alleate, ciò lo ha fatto (ripete Petroff) perchè convinto che mostrare preferenza per una qualsiasi delle grandi potenze avrebbe gravemente compromesso scopo fermamente prefissosi da Bulgaria del dopo-guerra di riconquistare credito e fiducia grandi e piccole potenze Europa mediante politica di leale chiarezza e correttezza.

Purtroppo Buroff ha dovuto recentemente convincersi tesi che tale politica leale e corretta è sfruttata opportunamente al giusto valore specialmente dalla Francia, la quale (sostenuta in questi ultimi tempi dall'Inghilterra) ha sempre subordinato i suoi rapporti con Sofia agli interessi e le pretese egemoniche di Belgrado. Le cose sono ormai giunte a tal punto che Buroff ha ragione di ritenere che la Francia con appoggio dell'Inghilterra, visto insuccesso della po

litica di intimidazione e di minacce sin qui seguita contro la Bulgaria, cercherà di esercitare sul Governo bulgaro forti pressioni, che saranno più pericolose perchè assumeranno aspetto di amichevole interessamento e di insolita comprensione delle giuste ragioni, sempre addotte dalla Bulgaria contro accuse di responsabilità nella questione macedone mossele da Belgrado. Francia tenterà così di persuadere Bulgaria ad accordarsi con Serbia, mostrando di prendere di fronte a questa nazione attitudine di severità sino ad ora mai adoperata ed assicurando Sofia che tutte le influenze verranno messe in opera a Belgrado perchè condotta Serbia di fronte Bulgaria divenga più corretta, più giusta, più schietta e vengano perfino esaminate con spirito conciliativo spinose questioni della chiusura frontiera macedone e specialmente quella del riconoscimento e del trattamento delle minoranze macedoni.

Tale azione franco-inglese di fronte Sofia e a Belgrado, Buroff ritiene sarà svolta mediante suddette forti pressioni nella imminente riunione di Lugano da Briand e Chamberlain che assai probabilmente non si limiteranno a fare raccomandazioni separatamente a Buroff e al rappresentante serbo (e forse anche a Titulescu) ma cercheranno di agire sui due o sui tre rappresentanti balcanici riuniti insieme.

Di fronte questa eventualità, che egli considera quasi certa, Buroff formula la più viva speranza di vedere presente a Lugano in rappresentanza di V. E. on. Grandi «il quale dovrebbe prendere parte all'azione che saranno per svolgere ministri degli esteri francese ed inglese in continua perfetta uguaglianza con essi »; non soltanto, ma allo stesso modo che agenzie e giornalisti esteri, specialmente francesi, invieranno a Sofia e Belgrado notizie secondo loro punto di vista, anche agenzie e giornalisti italiani dovranno inviare Sofia e Belgrado, via Roma, loro notizie, esponenti punto di vista italiano e precisanti chiaramente intervento rappresentante italiano alla pari con rappresentanti Francia e Inghilterra.

Petroff insistendo fortemente su presenza on. Grandi a Lugano, ha indirettamente confermato quanto mi aveva apertamente dichiarato Moloff, qualche giorno fa, circa inferiorità derivante all'Italia a Ginevra dal fatto di essere rappresentata da persona illustre come senatore Scialoja, ma priva di fisionomia politica, qualità negativa accentuata anche dalle speciali caratteristiche intellettuali e spirituali dell'on. Scialoja.

Passo compiuto presso di me da deputato Petroff per ordine Buroff è certamente importante e significativo. Pur non essendo facile, dati precedenti e natura dell'uomo, rendersi subito esatto conto dei veri moventi che lo hanno determinato, ritengo che Buroff possa essere stato indotto a fare questo passo in attuali circostanze, da lui ritenute particolarmente delicate, per i seguenti principali motivi:

l) perchè ha compreso che se realmente Francia e Inghilterra vorranno

questa volta metterlo con le spalle al muro di fronte a eventuali impegni imposti

a Belgrado, egli Buroff (apertamente designato dal Temps come l'uomo del

riavvicinamento con la Serbia) difficilmente potrebbe trovare, senza aiuto di

V. E., una via di uscita per rifiutarsi ad un accordo cui egli, sia personalmente, sia come membro del Governo bulgaro, non vuole assolutamente arrivare;

2) perchè posizione politica di Buroff è attualmente assai scossa anche per constatazione di questa legazione, onde egli ha compreso che accostarsi all'Italia potrebbe costituire per lui mezzo di salvarsi e restare nel posto da lui ambitissimo di ministro degli affari esteri di fronte alla grave minaccia, con probabile riuscita, della non lontana formazione di un gabinetto a tendenza italofHa, diretto da Molkoff (1), Moloff, Magiaroff con o senza Liapceff, a seconda dell'attitudine più o meno chiara che questi assumerebbe di fronte alle precise condizioni che verrebbero poste dalla maggioranza guidata appunto dai tre ministri succitati;

3) perchè non escludo anche resipiscenza de·l suo spirito di fronte all'evidente errore di una politica serbofrancofila che significherebbe per un tempo indefinito la decadenza politica e morale della Bulgaria, la quale invece ogni giorno più vede nell'Italia la sua naturale protettrice a malgrado deUe tenaci aspre opposizioni e dei molteplici incredibili intrighi orditi ai nostri danni dall'antifascismo massonico e liberale democratico, da Parigi, da Belgrado, da Praga e anche da Londra.

Se questi siano in tutto o in parte i motivi che hanno determinato Buroff a compiere passo summenzionato, o se altri anche ve ne siano, tra cui grata impressione suscitata in lui come in Liapceff da nostro assiduo interessamento problemi più importanti bulgari, come per esempio accordo con Turchia e trattative con Grecia, non è dato (ripeto) precisare nel giorno stesso in cui inatteso passo è stato compiuto. Passo ha comunque indubbio valore. V. E. giudicherà se e in qual modo speranza e desideri di Buroff circa incontri di Lugano debbano essere soddisfatti, in considerazione interessi della politica italiana in Bulgaria e nei Ba.Jcani in generale.

Ho il dovere di aggiungere per opportuna notizia della E. V. che in mio lungo recente colloquio con Moloff (ripeto Moloff) ha avuto sensazione piuttosto precisa che, durante suo recente soggiorno Parigi per conclusione prestito, 1\Ioloff -notoriamente massone -sia stato un poco « lavorato » differenti ambienti politici e finanziari francesi e che egli siasi prestato a tale « lavoro » soprattutto perchè preso da vera mania di diventare ministro degli affari esteri, abbia voluto attenuare accusa italofilia spinta, che gli viene costantemente mossa dalla Francia e dalla Serbia. Questa è stata, ripeto, una mia sensazione e come tale la espongo a V. E. Devo anche dire per la verità che Moloff durante colloquio si è espresso come al solito nei termini più amichevoli per l'Italia, confermando in modo esplicito suo profondo rancore contro Serbia e suo fermo proposito di svolgere politica anti-serba nel caso egli assumesse direzione estera bulgara.

(l) Cfr. serie VII, vol. IV, n. 453.

(1) Sic, forse per Volkov.

99

IL RABBINO MAGGIORE DI ROMA, SACERDOTI, AL MINISTERO DEGLI ESTERI

Roma, 4 dicembre 1928.

In seguito ad un articolo del Popolo di Roma del 29 u. s. dal titolo « Religione o Nazione? •, nel quale, partendo dal presupposto di un contrasto fra la qualità di Italiano e quella di sionista, si poneva agli ebrei italiani il dilemma affinchè si pronunciassero in proposito, la Federazione Sionista Italiana incaricava il sottoscritto nella sua qualità di capo religioso della due volte miUenaria comunità israelitica di Roma, la più numerosa d'Italia, e di aderente da molti anni al Sionismo, di presentare ed illustrare a S. E. il Capo del Governo l'acclusa dichiarazione ed esternare al Capo del Governo e Duce del Fascismo i sensi della sua devozione e della sua riconoscenza per la simpatia dimostrata dal Governo Nazionale verso l'ideale sionista.

Poichè codesto Ministero ha dovuto più volte occuparsi del Sionismo e ne ha favorite alcune manifestazioni, specie nei rapporti intercorsi fra esso e il Comitato Italia-Palestina, costituito in seguito a suo parere favorevole, il sottoscritto si rivolge a codesto Ministero affinchè voglia procurargli l'onore di una udienza da parte di S. E. il Capo del Governo, per poter assolvere l'incarico affidatogli della Federazione Sionista Italiana.

Il sottoscritto confida che codesto Ministero, il quale ha dimostrato più volte di apprezzare la modestissima opera di italianità svolta dal sottoscritto medesimo, vorrà aderire al suo desiderio (1).

ALLEGATO.

LATTES A MUSSOLINI

(Ed. nel Popolo di Roma, 8-9 dicembre 1928)

Roma, 3 dicembre 1928.

Il Consiglio della Federazione Sionistica Italiana, legittimo interprete del pensiero dei sionisti italiani, preso in esame l'articolo comparso sul Popolo di Roma del 29 novembre 1928-VII, vista la larga diffusione che tale articolo ha avuto nella stampa italiana, nell'intento di dissipare qualsiasi dubbio sugli scopi perseguiti dai sionisti italiani e sui sentimenti di italianità che li animano, ha deciso di pubblicare la seguente dichiarazione, portandola prima a conoscenza dell'E.V., giudice inappellabile dei doveri di tutti gli italiani.

• I sionisti italiani, fedeli alla tradizione ebraica che ha sempre imposto come obbligo religioso di rivolgere il pensiero memore alla terra che fu dei padri, dichiarano che è loro programma di soddisfare a tale dovere spirituale aiutando lo stabilirsi in Palestina di una Sede nazionale ebraica.

Questo programma contrasta tanto poco coi doveri che gli ebrei hanno verso gli Stati dei quali sono cittadini che tutti i Governi dei vari popoli civili del mondo,

lo hanno riconosciuto ed hanno affermato che la sua attuazione non può nè deve in alcun modo modificare i rapporti giuridici e sentimentalì fra gli ebrei e i loro concittadini.

Essi affermano che nessun rapporto di ordine politico Il unisce agli ebrei degli altri paesi o a Quelli della Palestina e che essi si sentono avvinti senza limitazioni alle sorti d'Italia, della quale vogliono essere cittadini fedeli, pari a tutti gli altri nell'adempimento del loro dovere.

Se è indubitato che i sionisti italiani hanno dato prove di indiscusso patriottismo nelle opere di guerra e di pace, essi hanno altresì l'orgoglio di poter affermare di aver compiuto opera specifica di italianità sostenendo la espansione culturale ed economica dell'Italia nella Palestina e nel Mediterraneo e ciò hanno potuto fare appunto in quanto sionisti.

Essi sentono che nessun dissidio è mai esistito nè può esistere fra la fedeltà a tutta la tradizione ebraica, di cui è parte essenziale l'idea di Sion, e l'amore all'Italia per la grandezza della quale sono sempre pronti a fare ogni sacrificio ».

Nella fiducia che tale dichiarazione possa togliere qualunque incertezza sull'opera e sugli intendimenti dei sionisti italiani, il Consiglio della Federazione sionistica italiana presenta all'E.V., restauratore delle fortune d'Italia, i sensi della sua più profonda ammirazione.

(l) Annotazione marginale di pugno di Guariglia: « Vista da S. E. il Capo del Governo che consente alla pubblicazione della dichiarazione. Comunicato telefonicamente al Dott. Sacerdoti. 6-X!I-28 ».

100

IL CONSOLE GENERALE A BEIRUT, DE CICCO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. RR. 2414/315. BeiTut, 5 dicembre 1928.

Ho l'onore d'informare l'E. V. di quanto appresso. I fratelli El Ghazzi

Fauzi, Ferid e Nedim -tre capi influentissimi del movimento nazionalista della Siria (il Fauzi è attualmente deputato alla Costituente dopo essere stato per circa tre anni esiliato dalle autorità francesi) hanno avuto con me un lungo colloquio riservato in cui mi hanno esposto anzitutto quale è il programma d'azione che i nazionalisti intendono svolgere per fronteggiare la situazione creatasi in Siria dopo la convocazione e la sospensione della Costituente. Ho reso noto a suo tempo all'E. V. come i nazionalisti si siano irrigiditi sui punti controversi della costituzione negando ogni possibilità non solo di annullamento ma di modificazione degli articoli contestati dall'Alto Commissario. Nonostante il lavorio di circa quattro mesi di trattative non si vede una soluzione data l'intransigenza dei nazionalisti. Il programma che questi ultimi si propongono è semplice nella sua linea: o la Francia cede e la costituente è accettata così come è stata compilata o la rivolta.

Per il momento, in attesa del ritorno dell'Alto Commissario Ponsot o del

l'arrivo di un nuovo Alto Commissario, c'è vento di bonaccia in cui i naziona

listi mostrano di essere animati dai migliori sentimenti pacifici, ma intanto preparano silenziosamente la rivolta.

Il colloquio che i tre anzidetti fratelli hanno voluto avere con me rientra nel quadro di questi preparativi, poichè essi mi hanno esplicitamente chiesto di voler essere forniti dall'Italia di armi e munizioni, richiedendo addirittura macchine per la fabbrica delle munizioni che essi si propongono di impiantare nell'inaccessibile interno del paese dei Drusi!

Mi risulta da fonte sicura che in questi ultimi giorni un largo rifornimento di armi e munizioni sarebbe pervenuto ai nazionaUsti dalla frontiera turca. I miei tre interlocutori non hanno voluto confermarmi tale notizia, ma ho potuto tuttavia capire che essa è esatta.

Dal canto loro i francesi hanno fatto spargere la notizia dell'arrivo di ingenti rinforzi; si parla addirittura di un Corpo di 50000 uomini che sarebbe già sbarcato e tenuto nascosto. Tale notizia, inutile dire, 1è semplicemente fantastica; in realtà non un solo uomo di rinforzo è sbarcato. C'è stato solo un aumento di materiale e di uomini nel corpo aeronautico, ma non eccessivo e c'è indubbiamente un concentramento di forze nella zona di Damasco. La situazione è tesa, piena di incognite e può dar luogo ad infinite sorprese; non è facile poter dire sin da ora quale sarà la soluzione. Ma anche a non voler essere pessimisti è più facile prevedere la soluzione violenta che quella pacifica.

Qualunque però sia per essere questa soluzione mi permetto esprimere il parere che a noi non convenga disinteressarci completamente dell'attuale momento e sia bene dare agli elementi nazionalisti -che si sentono realmente vicini all'Italia e che all'Italia si rivolgono con sicura confidenza per ottenere aiuti -un segno qualsiasi del nostro interessamento in loro favore.

Sarò grato all'E. V. se vorrà significarmi ~come dovrò comportarmi per

l'avvenire di fronte a tali richieste di aiuti che si ripetono da parte dei nazio

nalisti, se respingerle nettamente o accettarle.

(l) Il telespresso viene inviato, per conoscenza, anche alle ambasciate a Parigi ed Angora, alla legazione al Cairo ed al Governatore di Rodi.

101

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. PER CORRIERE 6177. Roma, 6 dicembre 1928.

Il R. ambasciatore a Mosca telegrafa:

« (come nel telegramma da Mosca n. 6992/497 di collezione) »(1).

Prego V. E. trovar modo di controbattere anche da parte sua presso il Go

verno di Angora questi tentativi sovietici di creare diffidenze fra l'Italia e

Turchia.

(l) Cfr. n. 97.

102

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 7053/825. Berlino, 7 dicembre 1928, ore 16,16 (per. ore 19).

Per varie ragioni non ho chiesto di rivedere Stresemann nelle tre ultime settimane. Non avevo, tra l'altro, nulla da comunicargli e nulla da chiedergli. Anche miei colleghi principali non lo hanno veduto. D'altronde Koepke che ho visto l'altra sera mi ha detto che non vi era nulla di nuovo.

Stasera Stresemann parte per Lugano. Klein, che aveva aria di avere una missione da parte di Stresemann, è venuto oggi a trovarmi e mi ha detto che Stresemann prolungherà probabilmente il suo soggiorno a Lugano • o nelle vicinanze » anche dopo la fine della riunione del consiglio Società N azioni. Mi ha poi chiesto se Stresemann avesse fatto vistare il suo passaporto per l'Italia. E mi ha domandato se eventualmente io avrei fatto qualche cenno di cortesia verso Stresemann nel caso che tale richiesta di visto si effettuasse. Nel corso della conversazione Klein ha anche detto come sarebbe opportuno che i due eminenti uomini di stato si incontrassero; se .io non sa!,)evo che V. E. andasse a Lugano come ne era corsa voce; se, ove ciò non avvenisse, non sarebbe possibile un incontro altrove. Ho ricordato a Klein i precedenti degli incontri mancati tra V. E. e Stresemann, noti anche per quanto n'è apparso nella stampa (l); ed ho aggiunto ritenere che ove Stresemann desiderasse incontrarsi con V. E. e si recasse perciò a Roma, V. E. l'avrebbe presumibilmente ricevuto con la usata cortesia (2).

103

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. RR. 11036/2609. Belgrado, 8 dicembre 1928.

Gli incidenti del l • dicembre sono stati brusco risveglio per questa opinione pubblica e per questi circoli politici 'che cullavansi nella idea di una semplice resistenza ed opposizione verbale croata. L'essersi essi anche diretti contro l'esercito ha costituito offesa massima all'amor proprio serbo.

« Stendardo, corrispondente del Giornale d'Italia, lo [Stresemann] ha pregato di dire qualche cosa sul suo colloquio con Grandi, che aveva suscitato grande curiosità specialmente per la sua lunga durata, Stresemann ha confermato che colloquio ha durato 'un'ora ed un qu~rto, ma. si. è schermito dal risponder~, ~icendo che "la cosa non è più di attualità, •. Sm colloqUI dt Lugano cfr. anche un tel. dt Tttulescu del 14 dicembre 1928, ed. in. N. TrTULEScu, Documente Diplomatice, Bucuresti, 1968, pp. 255-258 (a p. 257 il riferimento all'Italia).

Vinte le resistenze di Koroscez, dopo il tergiversare segnalato a V. E. (1), il Governo si è messo sulla via della decisa repressione di ogni ulteriore sviluppo del movimento croato.

Ma il primo effetto è stato contrario a quanto qui Re, circoli militari e lo stesso Governo si proponevano. I croati si sono krigiditi nella loro posizione, e la discordia è invece scoppiata nei circoli politici di Belgrado, nella quadruplice coalizione, in seno partito radicale stesso, al democratico. Le due tendenze (mantenere linea di attesa attendendo momento opportuno per .l'accordo, ricorrere a mezzi energici anche extra legali) cozzano fra loro violente e possono determinare da un momento all'altro la crisi da tempo latente.

Zagabria ha adottato la linea consueta dei partiti rivoluzionari che tendendo a modificare con la violenza l'ordine ·legale, rifiutano al governo il diritto di uscirne per difendersi.

Un ausilio insperato alla tesi di Zagabria (illegalità della nomina a ff.di Gran Zupan di un ufficiale dell'esercito) viene dalle critiche aspre che qui si muovono da ogni parte a Koroscez, cui hanno preso la mano noti circoli irresponsabili. Esse si odono fino nei Ministeri, nell'alta burocrazia.

Ma ormai impossibile tornare indietro senza dar prova di una debolezza perniciosissima che colpirebbe lo stesso esercito.

Del resto se critiche si odono anche in Belgrado ed aspre, è anche da tenere presente che nella opinione genuina serba, quella stessa che accompagnò con soddisfazione l'eccidio del 20 giugno, .l'idea di una dittatura militare che salvi lo Stato e riconduca l'ordine che assicuri la supremazia serba sui croati si fa sempre più strada.

La situazione è perciò delle più serie e delle più ripiene di sorprese, forse anche illogiche, poichè non già sul filo della logica gH avvenimenti procedono sempre.

Anzitutto un punto è da considerare per noi ed agli effetti immediati: la partecipazione delle organizzazioni giovanili e degli elementi universitari alle dimostrazioni del l • dicembre, alle manifestazioni successive; la approvazione data loro dai dirigenti coalizione croata, la ·solidarietà con essi dichiarata anche da Pribicevich che ha, con gli ultimi avvenimenti, tagliati i ponti precludendosi gravemente la via ad una defezione sempre prima temuta.

Perciò certo provvidi e tempestivi gli aiuti a quelle associazioni deliberati da V. E. Di conseguenza se altri ne saranno chiesti sotto qualsiasi forma e misura, bene a mio subordinato giudizio saranno essi dati, ed ogni cura per il sostegno della agitazione, ogni sfo.rzo per rendere intenso ed efficace il nostro aiuto non sarà invano.

Se questo è da ritenersi per noi agli effetti immediati, non conviene trascurare che la agitazione croata esce dall'ambito dei confini SHS per costituire una prima concreta e ·sanguinosa ribellione all'assetto dato all'Europa centrale da Versailles. È ovvio quindi che l'eco nei paesi danubiani possa essere pro

fonda, la preoccupazione in alcuni Stati confinanti grave, forti in altri le speranze. Come forte l'inquietudine in potenze che aspirino a situazioni egemoniche

europee.

Della sua inquietudine non fa mistero il Ministro di Cecoslovacchia che anticipando avvenimenti sviluppi e possibilità, come ne ha dato in precedenza altri sintomi, non nasconde la debolezza che al suo Stato viene dai quasi 4 milioni di tedeschi. II Barone Forster Ministro di Ungheria, moltiplica i suoi viaggi a Budapest ed il sospetto che gli aiuti ungheresi al moto croato si intensifichino per le molte vie non ufficiali che possono essere a disposizione di quel Governo è più che legittimo, se anche non se ne abbiano qui prove. Del pari il Ministro di Francia segue con ansia quanto accade a Zagabria pur cercando attenuarne la portata. Il «Drammatico » che egli mostrava temere con me una quindicina di giorni addietro è arrivato prima che egli credesse. Viene a mancare alla Francia la sicurezza della solidità dell'apporto, specie militare, che essa ha creduto fin qui trovare in SHS. Poichè di questo soltanto si è preoccupata. Se altri Stati cercano mercato e sbocco ai propri prodotti, altri alleanza politica altri terreno di predominio di idee slave la Francia (fuori della propaganda culturale, che è poi parte di quel grandioso sforzo analogo che essa compie in tutto il mondo) ha qui soltanto cercato un campo militare cui dare il suo contributo di armi di mezzi tecnici per trarne numero d'uomini da inquadrare con i propri contro unico nemico. Non dico, se la crisi si allarghi e conduca a sbocchi impensati, il che sarebbe oggi prematuro ed imprudente, anche se soltanto permanga, come è oggi chiaramente delineato, lo indebolimento che può venire alla compagine dell'esercito dove le lotte nazionali non possono non riprodursi e non finire col superare anche la ferrea disciplina che vi impera, sarà diminuita fortemente la importanza dell'apporto sul quale essa conta. Oggi su una velleità di ribellione anche soltanto di croati non sarebbe da contare, ma per poco che

duri la crisi non soltanto croati ma anche bulgari, albanesi saranno condotti

per legge fatale (solo amico in politica è il nemico del proprio nemico) ad unirsi

contro il potere centrale. Nè oggi basterebbe galvanizzare la situazione quel

famoso prestito invano cercato, e che neanche banchieri francesi daranno a

Stato nelle condizioni di questo SHS.

Non è quadro anticipatamente fosco che voglio prospettare a V. E. ma

solo sviluppo logico di uno premessa della quale ho creduto mio dovere da

vari mesi indicare a V. E. le linee fondamentali, e che ha avuto finora un gra

duale ma ininterrotto sviluppo. Non vedo oggi motivo per negare che lo sviluppo

non debba continuare con moto più o meno lento e penso, se non intervengano

fatti o fenomeni oggi non apprezzabili, di non possibile arresto. Arresto che sem

pre sarà meno facile quanto più nostri aiuti saranno bene e tempestivamente

concessi.

Tengasi presente che non solo Francia ma anche Inghilterra ricorreranno

ad ogni grande mezzo per sostenere questo Stato, facilitato da una direttiva che

esse possono mantenere aperta e palese.

(l) -Cfr. G. CARoccr, La politica estera dell'Italia fascista (1925-1928), Bari, 1969, p. 186. (2) -A Lugano Stresemann ebbe un colloquio con Grandi. Manca la documentazione sugli incontri di Grandi a Lugano. Per quanto riguarda il colloquio con Stresemann cfr quanto telegrafava Aldrovandi (t. per corriere r. 98 del 5 gennaio): ·

(l) Cfr. n. 91.

104

IL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 6977. Roma, 9 dicembre 1928. Con riferimento al telespresso di V. E. n. 260013 del 19 novembre (l) comunico, trascrivendolo qui appresso, il telegramma col quale S. E. Zoli mi trasmette il testo del telegramma da lui diretto all'Imam Jahia e prende atto delle istruzioni ricevute, assicurandone l'adempimento.

Il telegramma, che porta la data del 1• corrente, ma la cui seconda parte è giunta soltanto ieri, dice:

• 3859. Riservatissimo. Suo 8389 e seguito mio telegramma 3747 del 25 novembre da Barentù. Vivamente ringrazio della cortese ed interessantissima comunicazione: e sono lieto constatare da questa che R. Governo mi continua intera .sua indispensabile fiducia per mia modesta ma disciplinata e volenterosa azione politica bacino Mar Rosso: ciò di che avevo avuto giustificato motivo dubitare dopo Suoi 1801 del 27 ottobre e 7912 primo novembre e sopra tutto dopo invito rivoltomi con Suo telegramma 7918 due novembre, sebbene mia coscienza nulla avesse a rimproverarmi per mia condotta politica sempre diritta e lineare e per sincerità ed ampiezza mie informazioni quasi quotidiane all'E. V. delle quali spero V. E. avrà potuto convincersi in seguito invio tutti documenti relativi. Ciò premesso, ed avendo bene inteso chiari propositi di S. E. il Capo del Governo, quali risultano dal Suo 8389, assicuro che essi saranno da me perseguiti col migliore buon volere e colla più grande tenacia senza spaventarmi delle difficoltà che presenta condotta politica indicatami, nella sostanza della quale del resto pienamente concordo. V. E. mi consenta soltanto di osservare, quanto ai mezzi più idonei a realizzare quella azione politica, che io ho sollevato dubbi circa risultati pratici di una qualsiasi missione presso Imam con mio 3226 del 30 ottobre, quando cioè ignoravo ancora che comm. Moreno potesse essere messo a mia disposizione per tale incarico. Spiacemi dover confermare che miei dubbi sussistono anche oggi: ma non esito riconoscere molto volentieri che, cono,s,cendo come conosciamo tutti Moreno, scelta non poteva essere più opportuna e che da sua azione, per quanto delicata e difficile, ci si può attendere quanto non sarebbe stato lecito attendere da alcun altro inviato. Debbo anche osservare che non, ripeto non, ritengo Imam sinceramente disposto addivenire almeno per ora ad un componimento pacifico cogli inglesi: e neppure credo che, dopo risolta questione Zaranik, egli intenda, come forse informazioni provenienti da Hodeida vorrebbero far credere, intervenire con forze armate nello Assir dove suo intervento sarebbe sollecitato da capi locali malcontenti barbaro dominio wahabita. Ritengo invece piuttosto che, non appena si senta sufficientemente sicuro allo interno, Imam non tarderà concentrare suo sforzo militare ai confini Protettorato Aden: questa è eventualità più probabile e che, a mio subordinato avviso, dobbiamo tenere sempre presente. Tutto ciò doverosamente premesso, comunico all'E. V. testo integrale da me oggi stesso inviato allo Imam.

12 - Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

3859. Riservatissimo. Seconda parte. Telegramma inviato all'Imam:

"Prego anzitutto V. M. volere perdonare grande ritardo cui rispondo suo graditissimo telegramma 20 rabiacher 1347, qui pervenuto mentre mi trovavo assistere cerimonie e feste incoronazione Negus Tafari Etiopia. Rientrato Eritrea ho dovuto subito iniziare mie visite ed escursioni nei territori interno che ancora non conoscevo. V. M. sa che greggi hanno spesso bisogno occhi e voce pastore, ed in verità queste brave e fedelissime popolazioni sono state da me per necessità di cose troppo lungo tempo trascurate. Ma territori sono vasti e bisognosi sono molti specialmente causa gravi danni prodotti siccità e cavallette che da due anni infestano queste contrade: cosicch~ mia assidua opera qui è !ungi dall'essere terminata. Senza queste imperiose necessità che sconsigliano per ora mio allontanamento anche breve dalla colonia, affermo a V. M. che mio vivissimo intendimento ed anche mio più vivo desiderio sarebbe stato fare viaggio Sanaa per presentare personalmente miei ossequi a V. M., per avere la fortuna conoscerla di persona ed anche per parlare direttamente con V. M. della attuale situazione politica e degli interessi comuni nostri paesi. Questa intesa personale e diretta mi sarebbe sembrata della più grande importanza specialmente nel delicato momento attuale, perchè comunicazioni per telegrafo e lettera sono necessariamente lunghe, incomplete e perchè esplicito chiarimento circa alcune questioni generali e particolari, sarebbe stato utile ad entrambi e mi auguravo che ci avrebbe evitato qualche sorpresa. Intendo alludere, per conto mio, alla notizia comunicata recentemente dal dottor Dubbiosi per incarico di V. M. circa conclusione accordo commerciale tra Yemen e Russia. Tale notizia mi ha infatti spiacevolmente sorpreso; non già per considerazione che intesa commerciale tra Yemen e Russia possa pregiudicare rapporti economici esistenti tra Italia e Yemen, e non tanto per fatto che V. M. non abbia sentito desiderio interpellarmi o soltanto avvertirmi prima concludere simile accordo, quanto per conseguenze notevoli di carattere morale e politico che ciò può avere per Yemen. Attendo conoscere testo accordo preannunciatomi dal dottor Dubbiosi a nome V. M.; ma non posso nascondere che sono molto perplesso circa modo rappresentare mio Governo testo di tale accordo concluso mia insaputa e dopo che a varie riprese mi ero permesso fare avvertire V. M., mezzo dottor Dubbiosi, diffidare manovra russa; perchè temo assai che mio Governo non giudichi poco conforme spirito patto amicizia che lega nostri due paesi la procedura che V. M. ha creduto bene seguire in questa circostanza, e che non giudichi insufficienti generiche affermazioni amicizia per Italia colle

quali V. M. si è compiaciuta accompagnare annunzio conclusione accordo". 3859. Riservatissimo. Terza parte. Seguito mio telegramma inviato all'Imam:

"Ripeto che queste considerazioni non sono inspirate da preoccupazioni carattere economico ed utilitario. E ciò anche perchè è ben noto che agenti russi non perseguono costì, come in molti altri luoghi, fini commerciali ed economici, ma bensì scopi politici abilmente nascosti sotto apparenti attività economiche e commerciali. Ed è precisamente per quegli scopi politici inconfessati che, se fossi stato tempestivamente avvertito, avrei vivamente richiamato attenzione

V. M. sul particolare significato che grandi Potenze saranno indotte a dare allo

atto in questo momento compiuto dallo Yemen. Perchè V. M. non ignora che propaganda politica russa si basa su di una teoria sovvertitrice ogni principio ordine e autorità: teoria contro la quale tutte altre Nazioni europee sono state costrette elevare barriere per difendersi dal pericoloso contagio. Ora, mentre

V. M. giustamente si preoccupa dimostrare al mondo civile buoni diritti Yemen nella crisi che attualmente lo travaglia e mentre si sforza a prezzo duri sacrifici dare al suo antico regno unità, ordine, tranquillità e progresso, è assai spiacevole che un atto come quello dell'accordo colla Russia pos,sa essere interpretato, e lo sarà certamente dai nemici di V. M. e dello Yemen, come indizio ostilità ai principi ordine e rapporti correttezza internazionale che sono alla base costituzione Nazioni civili. Spero che V. M. non vorrà vedere nelle considerazioni su esposte che segno mia sincera amicizia per V. M. e per Yemen e ritengo vorrà anche dedurne necessità e opportunità più stretto collegamento tra noi che sarà di grande vantaggio per entrambi. È appunto per ciò che ho pensato affrettare ritorno qui dall'Italia funzionario mia assoluta fiducia e già noto a V. M., commendator Mareno, per inviarlo Sanaa prendere con V. M. quei contatti che io stesso mi riservo perfezionare personalmente più tardi quando me lo consentiranno cure governo questa Colonia. Al commendator Mareno V. M. potrà sempre parlare con tutta libertà e piena fiducia come se parlasse a me stesso. Sono molto lieto aver appreso migliori notizie salute S. A. R. Sef el Islam Ahmed erede trono, e rprego Dio che gli dia lunga vita e gli consenta compiere grandi opere per prosperità e progresso Yemen. Prego V. M. volere gradire eccetera " ".

Come ho fatto presente a V. E. con l'altro mio telespresso relativo all'accordo russo-yemenita e come V. E. rileva col telespresso n. 261748 del 28 novembre (l) la condotta dell'Imam Jahia appare nettamente in contrasto con le sue ripetute dichiarazioni di amicizia.

A S. E. Zoli ho frattanto risposto col telegramma che trascrivo qui di seguito in attesa delle altre eventuali istruzioni che V. E. ritenga d'impartire:

«Riservatissimo. Decifri da sè. Ho comunicato suo 3859 Ministero Esteri. Approvo per mio conto testo telegramma inviato Imam che sembrami risponda esattamente criteri stabiliti circa condotta da seguire. Prendo atto intendimenti

V. E. riguardo istruzioni da dare a Mareno e ritengo opportuno a questo proposito ricordare a V. E. che Mareno secondo direttive date da S. E. Capo Governo deve agire unicamente come persona di fiducia di V. E. Egli ha avute istruzioni verbali da Ministero Esteri ma queste concernono linee generali azione da svolgere. Istruzioni precise dovranno essergli date da V. E. sia prima che parta per Sanaa, sia durante sua permanenza colà, via via che circostanze rendano necessario indicargli condotta da seguire nei diversi casi e nelle varie questioni. Ciò perchè V. E. è in condizione di regolarsi S'econdo lo svolgersi degli avvenimenti e di dare immediate istruzioni. Mareno ha incarico di corrispondere soltanto con V. E.; ma Ministero Esteri desidera avere in comunicazione senza ritardo suoi rapporti. V. E. si compiacerà pertanto di telegrafarli a me appena le pervengano affinchè io possa informare Ministero Esteri e concordare eventualmente azione da spiegare in conseguenza».

(l) Cfr. n. 78.

(l) Cfr. n. 86.

105

IL REGGENTE IL CONSOLATO GENERALE A TUNISI, MOMBELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 13232/1174. Tunisi, 11 dicembre 1928.

Sono noti a codesto R. Ministero gli sforzi compiuti in questi ultimi anni da queste Autorità Francesi del Protettorato per intaccare, mediante la campagna di naturalizzazioni individuali, la massa degli agricoltori italiani. Indipendente dal punto di vista economico, ammassato in poche località dove la popolazione italiana forma un tutto omogeneo, questo importante elemento delle nostre collettività composto in maggioranza di proprietari, ha magnificamente resistito nel suo complesso.

Il credito agrario ed ipotecario, intrapreso da questa Banca Italiana di Credito, è venuto in aiuto dei medi proprietari. Ed anche essi resistono bene. Ma qualche defezione si è verificata nei piccoli proprietari i quali hanno generalmente, per vivere, bisogno di coltivare altri terreni a mezzadria.

Cosa ha fatto la locale Direzione d'Agricoltura per farli cedere? Ha escogitato il seguente sistema (che ha potuto facilmente inserire nel programma generale di colonizzazione e popolamento che va attuando in grande stile): acquistare grandi estensioni di terre che circondano le piccole proprietà di tali nostri connazionali. A mezzo di incaricati, la Direzione di Agricoltura pone poi a tali nostri connazionali il dilemma: o domandare la cittadinanza francese per ottenere la rinnovazione dei contratti o partire ed affrontare serii disagi. È quello che è successo a Bordj El Amri; è quello che :.:ta succedendo, con carattere di maggiore gravità, a El Mahrine e a Djedeida.

Attualmente noi ci difendiamo sdoppiando le famiglie prese di mira ritenendo i genitori sulle piccole proprietà e mandando i figlioli in Libia. Ma la possibilità di largo impiego in Colonia di questi « mogharsisti » è purtroppo ancora limitata. Cerchiamo di provvedere spostando, quando è possibile, le famiglie minacciate su terreni di nostri datori di lavoro: ma anche questo rimedio si appalesa, sotto la pressione derivante dai sempre nuovi acquisti francesi, purtroppo insufficiente.

Non sfugge all'E. V. la gravità della situazione che si viene delineando. I francesi hanno capito, ai fini della loro politica di snazionalizzazione degli italiani in Tunisia, l'importanza di queste categorie di agricoltori e moltiplicano gli sforzi per attirarle a loro.

Questa nostra brava gente fedele alla loro patria, viene in Consolato per aiuto. In questo campo a nulla serve il sussidio. Occorre dar loro lavoro, dar loro delle terre. Pur avendo sempre presente il programma di collaborazione colla nostra vicina Colonia che, -per gli scambi di mano d'opera agricola e pure di agricoltori capitalisti -, sta facendo buona prova, dobbiamo pensare seriamente, se vogliamo che detti agricoltori rimangano italiani, al rimedio, per gli anni che ancora tra·scorreranno prima della messa in valore di vaste zone in Libia. Ho inteso parlare del nostro !attizzamento in Tunisia che dovrebbe essere fatto da una Società locale, a carattere privato

e con capitali da fornirsi dal Banco di Sicilia, dalla locale Banca Italiana di Credito, dall'Ente Nazionale per il lavoro all'estero e da personalità italiane di qui.

Allo Stato non dovrebbe chiedersi alcun sacrificio ed al capitale impiegato dovrebbe essere assicurato un equo interesse. I capitalisti sarebbero proporzionalmente rappresentati nella costituenda Società la quale diverrebbe ·l'organo idoneo per seguire la politica di acquisti dell'Agricoltura francese e contrapporre in tempo una politica nostra di acquisti di terre sulle quali fissare i nostri coloni per sottrarli alla snazionaUzzazione.

Sarò grato a V. E. se vorrà farmi conoscere se approva le proposte che precedono perchè, nell'affermativa, trasmetterei a codesto R. Ministero un progetto concreto che è già allo studio.

106

IL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA R. 4240. Zagabria, 11 dicembTe 1928.

Atteggiamento dell'esercito croato in caso di guerra.

Circa un mese fa è stato a Zagabria un inviato speciale del giornale parigino l'• Ami du peuple • ed intervis•tò l'on. Macek. Tra le altre cose gli domandò se, in caso di guerra contro l'Italia, i croati marcerebbero contro gli italiani. Macek gli rispose: «Neanche un soldato croato si batterebbe contro l'Italia».

Il giornalista si mostrò sorpreso e turbato oltremodo per tale risposta; e se la fece ripetere dubitando di non avere ben compreso.

L,a domanda del giornalista francese rispecchia probabilmente la preoccupazione degli uomini politici francesi ·sulla questione del comportamento dei soldati croati in caso di guerra, preoccupazione che ingrandisce man mano che il dissidio serbo-croato, a cui la Francia aveva da principio negato ogni importanza, diventa ogni giorno più acuto e si dimostra insanabile.

Dalle notizie inviate da Trumbié da Parigi, comunicate col telegramma per corriere n. 152, del 30 novembre u. s. (1), appare evidente la preoccupazione francese di un'intesa italo-croata; e ulteriori notizie riierite dallo stesso on. Tl'umbié ai suoi colleghi di Zagabria, segnalano un accordo della massoneria francese con i fuorusciti italiani per creare contrasti tra italiani e croati.

Il colonnello Stead in un articolo comparso sul « Daily Mail », e riprodotto sull'« Obzor » del 2 dicembre u. s., ebbe a trattare la questione del rendimento dell'esercito iugoslavo; disse che l'esercito, composto di un milione di soldati, sarebbe, secondo i generali serbi, più forte se fosse composto solo di 500.000 uomini tutti serbi. Evidentemente con tale osservazione egli intendeva segnalare la debolezza che per l'esercito rappresenta l'elemento croato ostile a Belgrado.

Già da un anno alcuni aderenti al partito separatista mi espressero, anche in appunti scritti, la certezza che una gran parte dei soldati croati, in caso di guerra, non avrebbe marciato contro l'Italia, aggiungendo che sarebbe stato

possibile effettuare un efficace sabotaggio dei treni ecc., da parte di elementi separatisti.

Nel gennaio scorso tuttavia, interrogato al riguardo a Roma dal Capo del Governo, espressi l'avviso che era prudente accogliere tali assicurazioni con beneficio di inventario. Allora infatti, nonostante la debolezza fondamentale dello Stato serbo-croato-sloveno, la situazione politica appariva ben diversa dall'attuale; l'elemento separatista e federalista rappresentavano un'esigua minoranza; e Radié navigava con piene vele verso Belgrado, ed aveva frequenti atteggiamenti italofobi. Oggi invece il partito radiciano è in fondo separatista, se apparentemente è soltanto federalista; il • blocco croato • che prima era un'alleanza di partiti di minoranza, è effettivamente diventato il blocco di tutti i partiti croati; e questi sembrano aver capito finalmente il gioco dei serbi di servirsi dell'Italia come spauracchio, e si sono sinceramente avvicinati all'Italia, e, nonchè temerla come nemica, ne sperano aiuto e protezione nell'aspra lotta per l'indipendenza.

Numerosissimi sono i segni che posso qui discernere di questo mutato atteggiamento verso l'Italia da parte di persone di ogni classe sociale. In tali condizioni si può con sicura coscienza affermare che la grande maggioranza dei soldati croati, specialmente se potrà verificarsi una continua e sempre più accentuata propaganda dei separatisti in tal senso, in caso di guerra contro l'Italia, non tirerebbe nemmeno un colpo di fucile.

La risposta di Macek al giornalista parigino, dianzi riferita, rappresenta quindi a mio avviso un giudizio esatto, emesso da persona competentissima, sullo stato d'animo della popolazione croata; e tale giudizio è condiviso da molti croati che spontaneamente mi hanno affermato in private conversazioni la stessa cosa.

(l) Cfr. n. 92.

107

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA

T. P. 962. Belgrado, 12 dicembre 1928, ore 22 (per. ore 1,30 del13).

Corrispondenza da Roma di Valori pubblicata nel Corriere deLla Sera del nove (1), mi sembra risolversi in una «avance» ufficiosa di aiuto ai serbi di uscire dalle loro difficoltà economiche e politiche qualora tornino alla amicizia con l'Italia. Credo ciò sarebbe da augurarsi in relazione alla politica generale nella quale indispensabile tenere conto del ..... (2) vero..... (2) effettivo solo concorrente che abbiamo oggi in Europa ed al quale dovremmo se possibile disgregare gli apporti che esso cerca specie in S.H.S. contro di noi. Ma se augurabile, sarebbe illusione pensarvi oggi e finchè non cambino sostanzialmente po

sizioni di questi circoli dirigenti. L'effetto reale di tale articolo sarà intanto di destare una singolare impressione fra i croati nel momento più critico della loro lotta contro Belgrado, avendo essi sempre creduto ad un nostro appoggio e potrà essere sfruttato dai serbi per far loro apparire un nostro giuoco fra le due parti con solo scopo di indebolirle entrambe e far pagare più cara nostra amicizia. Tale articolo potrà anche servire per alimentare fra i croati quel senso di diffidenza ed ostilità verso di noi, indirizzandoli verso quel diversivo cui il Valori accenna poco opportunamente. In ogni caso tale corrispondenza mi sembra in contrasto con direttive fin qui seguite ed a me comunicate. Perciò ti sarei grato di un cenno di. chiarimento.

(l) -Allude alla corrispondenza da Roma c Il dramma della Jugoslavia •· Valori auspicava il mantenimento dello stato jugoslavo, il quale avrebbe dovuto cessare la sua politica antitaliana e di egemonia balcanica, rinunciando a ogni « diversivo > di politica estera per cementare l'unità interna. (2) -Gruppo indecifrato. Galli allude evidentemente alla Francia.
108

L'AMBASCIATORE A MOSCA, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. R. 4354/1270. Mosca, 12 dicembre 1928.

Mio telegramma n. 497 del 4 dicembre 1928 (1).

Le confidenze fattemi dal nuovo Ambasciatore di Turchia circa le «turpitudini » attribuitemi dal Narcomindiel non mi riuscirono del tutto nuove dopo l'accusa mossami nel giugno scorso dalla Humanité di Parigi, che trae la sua ispirazione da Mosca, di fare della propaganda anticomunista. È bene notare che questo articolo comparve pochi giorni dopo la firma del trattato di amicizia italo-turco.

Il Signor Rothstein, capo dell'ufficio stampa del Narcomindiel, disse inoltre nell'ottobre scorso al corrispondente della Tribuna di Roma che io ero il principale ostacolo ad una politica di intesa fra Mosca e Roma perchè ·ero invaso da uno spirito anti-bolscevico così acceso che non riconoscevo alcuno dei meriti del Governo sovietico ed inviavo a Roma rapporti che mettevano in cattiva luce il Governo dell'URSS.

All'espressione di sorpresa del corrispondente della Tribuna il Signor Rothstein aveva aggiunto che il Narcomindiel conosceva per filo e per segno ciò che io scrivevo. Ritengo che questa sia una delle solite vanterie di Rothstein. Se vi è fuga essa non può ad ogni modo avvenire a Mosca dati i provvedimenti severissimi da me adottati in base ai quali il mio ufficio, nel quale viene esclusivamente conservato in casseforti l'archivio politico, è custodito ininterrottamente giorno e notte.

Una delle &ccuse mossemi e riferitemi da Wassif Bey mi ha però interessato assai, direi lusingato, perchè al Narcomindiel mi si attribuisce un'autorità ed un'influenza, anche su Governi esteri, che sono disgraziatamente lungi dal possedere. Intendo parlare della paternità attribuitami della presunta recente intesa polacco-ungherese.

Ho quindi procurato di indagare cautamente al riguardo.

Sembrerebbe che le cose stiano così: il Narcomindiel si era seriamente illuso che l'accordo navale anglo-francese potesse portar alla rottura della nostra amicizia coll'Inghilterra ed aveva creduto che gli articoli del Tevere del settembre scorso, auspicanti ad una cooperazione politica itala-sovietica fossero stati ispirati da Palazzo Chigi. Tale speranza andò delusa non avendo il Governo sovietico ricevuto alcuna apertura da parte nostra, ma il Narcomindiel continua a credere che le nostre relazioni con l'Inghilterra abbiano subito un raffreddamento. Una delle conseguenze di esso sarebbe stata la decisione dell'Italia di svolgere una politica di maggiore attività nell'Europa centro-orientale per aumentare il proprio prestigio a danno di quello della Francia, intimamente legata all'Inghilterra e da quest'ultima sostenuta a spada tratta ovunque in Europa, specialmente nella sua politica renana, in cambio del completo appoggio da essa concesso alla Gran Bretagna in tutto il resto del mondo.

Con fine machiavellismo l'Italia aveva già anteriormente pensato di sottrarre la Polonia all'esclusiva influenza della Francia e di attrarla nella sua orbita colla lusinga di far di essa l'apparente centro dirigente di un gruppo di Stati minori nell'oriente europeo, da contrapporsi alla Piccola Intesa (1). Ma poichè la Polonia è legata alla Romania, che a sua volta è membro della Piccola Intesa, occorreva trovare il modo d'allentare i legami di quest'ultimo Stato con la Cecoslovacchia e con la Jugoslavia ed il mezzo fu escogitato lavorando ad un'intesa fra Romania ed Ungheria. L'Italia che ripetutamente aveva tentato di ,patrocinare tale intesa senza peraltro riuscirvi a causa dell'azione contraria svolta dalla Francia a Bucarest, aveva intuito che la Polonia avrebbe potuto molto utilmente servire ai suoi fini, soprattutto perchè essa poteva far presente alla Romania la necessità -per la sicurezza di entrambi gli Stati nell'evenienza di una guerra contro l'URSS -di evitare che l'Ungheria profittasse della congiuntura per attaccare alle spalle la Romania. Nè la Francia sarebbe stata in grado di muovere obbiezioni al riguardo trattandosi di un'azione politica destinata a rafforzare la posizione di due Stati ad essa .legati da trattati di alleanza, soprattutto nell'ipotesi di un conflitto con l'URSS. Donde i consigli dati a Roma al Signor Zaleski durante la sua visita primaverile d'iniziare da un lato una politica di maggiore intimità con Budapest ·e di svolgere, dall'altro, una cauta opera di convincimento sull'alleata Romania convincendola dell'interesse ch'essa aveva di fare eventualmente qualche concessione all'Ungheria pur di assicurarsi la sua amicizia o quanto meno la sua neutralità il giorno in cui scoppiasse un conflitto sovietico-polacco-romeno.

Senza apparire essa stessa l'Italia tenderebbe in tale modo di riunire nelle sue mani le fila di una coalizione assai più forte della Piccola Intesa, che paralizzerebbe ogni azione di quest'ultima, costringendo la stessa Francia di piegarsi ai suoi voleri.

Ma quest'opera politica diabolica -penserebbe il Narcomindiel ~ senza averne l'apparenza, sarebbe di fatto diretta contro l'URSS altrettanto che contro la Francia.

Prova ne era la politica dell'Italia verso la Turchia. Questa, nel suo isolamento politico era stata costretta fino a sei mesi fa di considerarsi un satellite di Mosca; ma dopo la firma del trattato coll'Italia aveva riacquistato la libertà dei suoi movimenti e si sentiva indipendente nei riguardi dell'URSS.

Colla Turchia amica e ligia ai suoi voleri nel Levante, .}a Grecia simpatizzante, la Bulgaria e l'Ungheria legate da vincoli di strettissima amicizia quasi d'alleanza, l'Albania vassalla, la Romania e la Polonia unite fra loro da alleanza e riconoscenti per l'assistenza prestata loro, gli Stati baltici subenti l'influenza di Varsavia, il Governo Fascista aspirava a porsi tacitamente a capo di una coalizione antisoviettica maggiore di quella che erano riusciti finora a formare Francia ed Inghilterra e lo faceva senza poter incontrare eccessivi ostacoli da parte di queste due Grandi Potenze, dato che esse stesse miravano allo stesso fine e -ciò che è il colmo dell'abilità -senza che la stessa URSS potesse avere il modo di protestare.

Donde un risentimento sordo ancorchè tacito del Narcomindiel verso l'Italia ed il suo Ambasciatore a Mosca.

Nè qui si arresterebbero i timori del Governo soviettico. Esso nutrirebbe infatti il sospetto che il Governo Fascista spinga ancora più in là il suo machiavellismo ed abbia in animo o già stia svolgendo un paziente lavorìo in Germania per indurre anche questa Potenza ad allentare i suoi legami con l'URSS ed a volgere maggiore attenzione all'Europa meridionale.

Coll'immaginazione fervida russa qui già si vedono delinearsi accordi italatedeschi per ottenere mandati coloniali e soprattutto per iniziative commerciali comuni in Turchia e ci si domanda se tali questioni non abbiano formato oggetto di conversazioni fra il Signor Stresemann e S. E. Grandi a Lugano, se la visita di quest'ultimo ad Angora non abbia oltre agli scopi pubblicamente ammessi anche quello di tastare il terreno per ottenere costruzioni di ferrovie o di porti oppure lo sfruttamento di ricchezze naturali per i capitali e la mano d'opera itala-germanica e se l'Italia, divisa dalla Germania dalla questione dell'Alto Adige, non stia cercando di buttare un ponte che l'unisca alla Germania collaborando in Anatolia.

(l) Cfr. n. 97.

(l) Cfr. quanto comunicava Vannutelli Rey con t. 7204/310, Praga, 14 dicembre, a proposito. di un viaggio di Benes a Parigi: « Ho motivo di ritenere... che questi abbia vivo interesse a consultarsi con Governo francese circa nuova costellazione ungaro-polacco-romena che comincia a disegnarsi all'oxizzonte con il favore della politica di V. E. e con influsso contrario ai piani di Praga ».

109

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 7184/966. Belgrado, 13 dicembre 1928, ore 21,40 (per. ore 23,40).

Dai teleposta nn. 6341 e 6356 del R. consolato generale Lubiana rilevasi che cerimonie Maribor per celebrazione unione S.H.S. (l) si sono risolte in manifestazioni irredentiste di non dubbia gravità. Vi sarebbe stato però intervento polizia per soffocare grida e manifestazioni più ostili. È da notare che vi parte

ciparono 2.600 (duemilaseicento) rappresentanti dell'associazione Soka (associazione irredentista degli sloveni del litorale). Tali manifestazioni sono svolgimento di programma irredentista che ha preso sempre maggiore sviluppo da quando Koroscez è presidente del consiglio (vedi mio telespresso n. 2026 dell'l! ottobre) (1), e certo da tale momento questione irredentismo sloveno si imposta sempre più ap·ertamente e fortemente sì da colpire opinione pubblica interna ed estera.

Contro azione stampa slovena e dello Slovenec in particolare, nostre proteste sono rimaste senza risposta (nota 29 settembre inviata in copia a V. E. con telespresso n. 1921) (2) e senza effetto come rilevasi da costanti segnalazioni e comunicazioni mie a V. E. Anche per ultime pubblicazioni dello Slovenec ho lungamente parlato a Bakotic'\1 (mio telespresso n. 2557 del 3 corrente mese) che mi ha fatto consuete generiche dichiarazioni.

Ma questi pur animato da buona volontà e da note buone disposizioni verso di noi, è persona senza autorità mentre ministro esteri è in fatto inesistente perchè Marinkovich dedica la scarsa forza che gli resta unicamente alla politica interna in attesa di poter partire per Davos e Schumenkovich non tratta che rapporti con la Grecia.

D'altro canto una protesta contro tali manifestazioni irredentiste potrebbe dare occasione a repliche che cercherebbero artificiosamente portare sullo stesso piano alcune manifestazioni pro Dalmazia assolutamente non paragonabili a queste ma che farebbero buon giuoco.

Prego pertanto V. E. telegrafarmi sue eventuali istruzioni.

(l) Allude ai festeggiamenti per il decimo anniversario della costituzione dello stato jugoslavo..

110

IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI

T. 23979/519 (3). Roma, 14 dicembre 1928, ore 13.

Personale per S. E. il ministro.

Tuo telegramma 962 (4).

Concordo tue considerazioni. Corrispondenza Valori rappresenta però sol

tanto espressione sue idee personali. Avrò un colloquio con lui per cercare

modificarle.

(l) -Cfr. n. 34. (2) -Non si pubblica; ma cfr. n. 9. (3) -Annotazione marginale di pugno di Guariglia: • Da non mettere in collezione e rinviare all'ufficio IV dopo spedito», (4) -Cfr. n. 107.
111

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE R. 11201/2633. Belgrado, 14 dicembre 1928.

Col mio telegramma stampa n. 967 di ieri ho riferito a V. E. notizia apparsa sul giornale « Politika » come proveniente da Roma, ed attribuita ad «un membro del Gran Consiglio Fascista » circa le relazioni Itala-Jugoslave.

Ad ogni buon fine trascrivo qui appresso integralmente comunicazione predetta: « Da Roma: Un membro del Gran Consiglio Fascista, in società romana, così ha descritto le relazioni tra l'Italia ed il Regno SHS:

Si avvicina tra breve l'ultimo termine per la rinnovazione del patto di amicizia tra l'Italia e la Jugoslavia. Nè da una nè dall'altra parte finora, non si sono fatti passi nel senso della rinnovazione del Patto di Roma che scade il 27 gennaio 1929. È da attendersi che nulla nemmeno sarà fatto in tal senso. Almeno non da parte ufficiale, poichè noi sappiamo quanto valore reale potrebbe avere tale rinnovazione e come essa legherebbe le mani all'Italia nella sua libera azione.

Il nostro regime è consolidato e di ciò non dubitano più nemmeno i pm aperti nemici del Fascismo e come disse avantieri il Duce dinanzi al parlamento, noi saremo bene attenti a chi concediamo la nostra amicizia. Le nostre vie sono opposte a quelle jugoslave, e pertanto non vi può essere parola della rinnovazione del patto di amicizia ».

Tutto lascia supporre che la storia del «membro del Gran Consiglio Fascista » sia invenzione della • Politika • la quale anche in passato ha ricorso spesso a tale mezzo per far passare nel pubblico notizie fabbricate in redazione.

Essa però rispecchia la preoccupazione di questi circoli, di cui la « Politika » è importantissimo portavoce, circa l'avvenire delle relazioni Itala-Jugoslave, ed in particolare circa la rinnovazione del patto di amicizia, specialmente dopo le incisive ed inequivocabili parole pronunziate alla Camera Italiana dall'E. V. nella seduta dell'8 corrente (1).

Già col mio telegramma per corriere n. 11102 dell'l! corrente, accennavo alla convinzione manifestata da autorevoli personalità politiche più in vista di questa capitale, in particolar modo del partito radicale, « che se vi fosse stato e vi fosse oggi un sicuro accordo con l'Italia molti dei mali che affliggono lo stato non esisterebbero».

Aggiungerò che da un esame dello svolgimento della politica interna di questo paese dalla sua creazione ad oggi, e soprattutto dal 1924, si può riscontrare che politica interna e relazioni coll'Italia si sono sempre più legate, così che esse vengono a formare un nesso logico ed ineluttabile. Di ciò si rendono ogni giorno più conto gli uomini più illuminati di questo stato, anche fra quelli che marcatamente ostentarono la loro ostilità verso di noi, poichè si va facendo strada la convinzione che l'amicizia francese non ha dato quell'apporto che si

sperava, ed io non manco con cautissimo modo ed attraverso persone fidate darvi nuovi argomenti di fatto che la rafforzino.

La mancata conclusione del grande prestito ha segnato, a mio avviso, il momento culminante della disillusione dei circoli politici belgradesi nei riguardi francesi, poichè il dissesto finanziario trova la sua origine negli armamenti sproporzionati fatti dietro spinta francese, e per servire la politica francese, mentre d'altro lato ben misero se non addirittura nullo, è stato l'aiuto francese per risolvere il dissesto stesso, e rimediare alle difficili politiche con l'Albania, Bulgaria, Francia [sic], Ungheria.

Questo ritorno all'Italia comincia ad avvertirsi anche nella meno difficile atmosfera sociale che circonda adesso quanti italiani vivono qui, m€ntre non passa davvero inosservata la odierna eccellente situazione internazionale dell'Italia.

Per ora chi domina qui sono pur sempre il Re con i militari della Mano Bianca e della massoneria infeudati alla Francia ed alla politica antitaliana, e di direttiva democratico-antifascista. Finchè non sorgano in questo paese situazioni nuove ed uomini nuovi che diano sicuro affidamento di voler attuare una politica di profonda fattiva amicizia con noi, dandoci garanzie, anzi caparre, sicure, non parmi debbasi abbandonare l'attuale nostra posizione per la quale si comincia pian piano a sentire che possiamo essere amici desideratissimi come temutissimi nemici. Ma il groviglio della situazione interna di questo paese è tale, che per il momento nessun governo è possibile che dia certezza di condurre a fondo una politica di amicizia coll'Italia, e d'altro lato ogni nostra mossa di avvicinamento o di più marcata ostilità offrirebbe ai dirigenti Belgradesi il destm per manom·are soprattutto nel conflitto gravissimo serbo-croato.

(l) Per il testo del discorso cfr. Opera Omnia, XXIII, pp. 267-273.

112

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI

T. 6318/523. Roma, 16 dicembre 1928, ore 24.

Suo telegramma n. 966 (1).

Pur sapendo bene che non raggiungeremo alcun risultato pratico, non è possibile lasciare passare le manifestazioni di Lubiana senza una espressione di deplorazione e di protesta da parte nostra, anche a scopo di registrazione delle provocazioni altrui e del malvolere o per lo meno della impotenza di codeste autorità governative. Poco importa se si tenterà di risponderei citando nostre manifestazioni in favore Dalmazia, che hanno, come V. S. riconosce, ben diverso carattere e ben diversa gravità.

Ad ogni modo invece di mettere per iscritto proteste e deplorazioni V. S. potrà limitarsi ad esprimerle verbalmente, facendo anche notare la nostra scarsa fiducia nell'azione del Governo centrale.

(l) Cfr. n. 109.

113

IL SEGRETARIO DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GHIGI, AL CAPO GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, MAMELI

T. (P. R.) 16960/2. Costantinopoli, 16 dicembre 1928, ore 21,30 (per. ore 3 nel 17 ).

S. E. Grandi pregati comunicare ministri Sandicchi e Guariglia che desidera si attenda prossima legislatura presentare parlamento disegno di legge conversione decreto-legge approvante Trattato italo-greco (1).

114

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI

T. 6350. Roma, 17 dicembre 1928.

Telegramma posta di V. E. n. 6961 del 10 corrente.

Prego V. E. voler comunicare Governatore Eritrea che approvo le rimostranze da lui fatte all'Imam Yahia per conclusione accordo con bolscevichi (2) a nostra completa insaputa, ciò che conferma come disposizioni dell'Imam nei nostri riguardi non siano chiare. È opportuno che S. E. Zoli per il tramite del Comm. Moreno continui far comprendere nostra disapprovazione per tale condotta Imam ciò che potrà servire anche a giustificare nostro ritardo nell'accontentarlo nelle troppo frequenti richieste di forniture di armi che i bolscevichi non potranno fornirgli, e per insistere per soluzione eventuali questioni di indole economica che a noi particolarmente interessano. Comm. Moreno dovrà ad ogni modo diligentemente seguire sforzi agenti bolscevichi che saranno certamente diretti a creare difficoltà con Residenza Aden, ma sarà bene che egli serbi con essi contegno riservato.

115

IL MINISTRO A PRAGA, VANNUTELLI REY, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. R. 1729/1088. Praga, 17 dicembre 1928 (per. il 22).

Telespresso di V. E. in data 21 agosto u. s. n. 243471/258.

La sistemazione politico-economica della Cecoslovacchia ha continuato a lentamente evolversi, negli ultimi tre mesi, lungo la linea da me indicata nel rapporto 9 luglio n. 975/552.

La finanza, l'industria ed il commercio locale danno segni frequenti di velleità autonome e di opposizione all'assorbimento straniero. La fusione del • Deutscher Hauptverband » con lo «Ustredni Svaz » (vedi mio telespresso dell'8 ottobre n. 1431/844) ne è una prova, come pure lo è la campagna recentemente aperta per la eliminazione di tutti i consiglieri di amministrazione e dei direttori generali di nazionalità estera nelle grandi Società bancarie, industriali e commerciali. L'invadenza economica del Reich però non desiste, ma s'insinua sempre più, insensibile e tenace, nelle radici delle organizzazioni refrattarie, mirando a frustrare di fatto la loro resistenza, tanto che vi ha chi pensa che questa abbia l'unico scopo di patteggiare a più caro prezzo la capitolazione il giorno, sia pur lontano, in cui diverrà inevitabile. E ciò tanto più che la Francia, la quale fino a poco tempo fa avrebbe potuto e saputo impedirla, appare oramai qui ridotta (anche in funzione della sua politica di riavvicinamento alla Germania) a semplicemente difendere le posizioni acquisite.

In base alle istruzioni di V. E. mi sono accinto a procedere ad una valutazione positiva degli elementi in contrasto, per quindi formulare un programma concreto di eventuale nostro intervento a fianco di quelli fra essi che ci convenisse sostenere; ed a meglio raccogliere e coordinare con metodo e con chiarezza i dati relativi ho preparato un questionario riservatissimo (di cui allego il modulo) (l) per elencare la posizione, la forza e le tendenze degli elementi suddetti.

Trattandosi però di varie centinaia di Ditte, tutte importantissime e tutte interdipendenti in modo che il tralasciarne una parte infirmerebbe la sicurezza del giudizio complessivo, mi sono trovato di fronte alla impossibilità materiale di effettuare l'indagine non disponendo all'uopo che del reggente questa R. Delegazione commerciale, già oberato di quotidiano lavoro, e di qualche informatore, non sempre fidato e ancor più raramente esatto e zelante.

Se pertanto il R. Governo credesse opportuno procedere a tale inchiesta, occorrerebbe che, considerata la sua indole squisitamente tecnica e particolarmente delicata, l'affidasse a persona di matura capacità e di profonda conoscenza di questo mercato, la quale, dedicandosi ad essa espressamente qui sul posto ed assistita dalla R. Legazione, credo potrebbe condurla a termine, con sufficente approssimazione alla realtà delle cose, nel giro di alcune settimane.

Prima tuttavia di adottare questo provvedimento bisognerebbe pur sempre

sapere se sia disponibile in Italia un congruo capitale da impiegare come massa

di manovra nel caso che i risultati della inchiesta confortassero il divisamento

di investirlo in questo paese per rafforzare, nei punti più acconci, la resistenza

ce:coslovacca alla cartellizzazione germanica e creare così nel centro dell'Europa

una trincea alla rinnovata marcia, sotto spoglie economiche, dell'imperialismo

tedesco, il quale, ove riuscisse a travolgere la Cecoslovacchia, che rappresenta

ancora l'unico serio ostacolo sul suo cammino, non ne incontrerebbe più nessun

altro che potesse praticamente arrestarlo verso i Balcani e il Mediterraneo orien

tale, dove urterebbe contro vitali interessi della espansione italiana.

(l) -Il trattato fu approvato il 24 dicembre 1928 con decreto-legge, convertito in legge il 19 luglio 1929. (2) -Si riferisce all'accordo commerciale sovietico,..yenemita stipulato nel precedente novembre. Cfr. n. 104, pp. 124-125.

(l) Non si pubblica.

116

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (l)

TELESPR. 2339/192. Addis Abeba, 17 dicembre 1928.

Telespresso di V. E. n. 252036/69.

È giunto il nuovo Ministro britannico, Mr. Sidney Waterlow, che ha presentato le sue credenziali il l • dicembre in una unica cerimonia ma rimettendo le credenziali in duplice copia di identico tenore, una per S. M. l'Imperatrice e l'altra per il Negus. Ciò in conformità di quanto aveva comunicato il Foreign Office (telegramma di V. E. n. 12346/155).

Avevo avuto occasione di conoscere il mio nuovo Collega britannico durante n periodo in cui era a capo dell'Ufficio dell'Europa orientale al Foreign Office e particolarmente durante le trattative del 1921 per la famosa formula albanese, essendo allora il Waterlow il «cuscinetto» fra Lord Curzon ed il

R. Ambasciatore. Non ebbi con lui gli stessi rapporti di amicizia che ho con altri funzionari del Foreign Office poichè lasciò quasi subito quel posto a Mr. (ora Sir Miles) Lampson ma abbiamo amici comuni e così, appena arrivato, senza alcun formalismo protocollare, ci siamo incontrati ed abbiamo avviato le più cordiali relazioni.

Com'è noto il Ministro Britannico è una persona molto colta e di valore. Ha passato lunghi anni al Foreign Office e conosce perciò uomini e cose della politica internazionale. È un letterato ed uno spirito assai indipendente.

Mi ha detto che conta sulla mia «cordiale collaborazione». Non essere ancora in grado di discutere degli affari etiopici ma che intende tenermi sempre al corrente di tutto e che si augura di avere, in caso di necessità, l'appoggio della R. Legazione. Particolarmente nella questione del Lago Tana che è quella predominante della politica britannica in Etiopia. A tale riguardo gli ho accennato ad una voce che circolava negli ambienti etiopici e cioè che il Governo britannico, per affrettare una soluzione della questione, sarebbe disposto alla cessione di Zeila. Mr. Waterlow mi ha risposto negativamente ma aggiungendo che tale eventualità era stata contemplata nella preparazione dei negoziati, ma che era stata scartata per motivi d'ordine politico e territoriale -per quanto il commissario della Somalia britannica avesse espresso parere favorevole.

Il Ministro britannico ha viaggiato da Londra in compagnia di Mr. Patrick, un segretario di Legazione addetto all'ufficio Egitto e Abissinia del Foreign Office, che era in congedo di convalescenza prolungatagli per permettergli di venire ad Addis Abeba. Il Patrick -mi diceva Mr. Waterlow -è considerato un funzionario molto capace e molto quotato al Foreign Office. Evidentemente egli è stato incaricato di mettere al corrente della situazione etiopica il nuovo Ministro e si è trattenuto qua una diecina di giorni, ripartendo poi per il Cairo dove avrebbe conferito con Lord Lloyd. Il Patrick mi ha fatto una buona impressione -è effettivamente bene al corrente delle cose etiopiche e nelle sue

conversazioni con me e col Ministro ha sempre insistito sulla necessità e sulla opportunità di ristabilire una intima intesa anglo-italiana in Etiopia.

Da tutto ciò si può desumere una ripresa di attività politica britannica per riparare gli errori continuati e l'incapacità assoluta dimostrata da Mr. Bentinck. Il Ministro britannico non mi ha nascosto di aver trovato la sua Legazione in uno stato di penoso abbandono, non solo politicamente, e che intende ridare a questa rappresentanza dello Impero britannico il suo prestigio indispensabile particolarmente in paesi d'oriente.

(l) n telespresso venne inviato, per conoscenza, anche all'ambasciata a Londra e al Ministero delle Colonie.

117

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. (P. R.) R. 17066/300. B-udapest, 18 dicembre 1928, ore 21,15 (per. ore l del 19).

Conte Bethlen, come già sarà noto a V. E., desidererebbe vivamente avere qui ospiti S. E. Grandi e consorte di ritorno da loro viaggio in Oriente.

118

IL MINISTRO AL CAIRO, PATERNO', AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 7304/358. Cairo, 19 dicembre 1928, ore 20,10 (per. ore 21,10).

Mi risulta che Governo egiziano si propone opporre seria resistenza alla domanda delle potenze relativa istituzione polizia giudiziaria mista perchè la considera come un passo indietro anzichè un miglioramento a favore dell'Egitto. Ove tale opposizione venisse appoggiata da inglesi propenderei escogitare formula conciliativa ·che potrebbe consistere, salvo migliore giudizio V. E., nello stabilire che polizia per i reati contemplati restasse ai consolati i quali terrebbero i prevenuti a disposizione delle autorità giudiziarie miste competenti a giudicare tali reati. Prego V. E. telegrafarmi sue direttive di massima per poter eventualmente concordarle con colleghi interessati e servirmene nei negoziati con questo Governo.

119

IL CAPO GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, MAMELI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, A COSTANTINOPOLI

T. GAB. PRECEDENZA ASSOLUTA 51/405. Roma, 20 dicembre 1928, ore .14,30.

Ho immediatamente fatto conoscere contenuto telegramma n. 7 (l) di V. E. a S. E. il Capo del Governo. Egli mi ha incaricato di comunicarLe che ritiene preferibile che V. E. rientri direttamente per via di terra con Orient Express.

(l) Non rinvenuto. Si riferiva probabilmente alla richiesta di cui al n. 117.

120

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 7330/252. Addis Abeba, 20 dicembre 1928, o1·e 21 (per. ore 21,35).

Mio telegramma n. 223 (1).

Devo prospettare che appena qui tornato ho dovuto constatare che questa legazione di Francia cerca ad ogni costo una affermazione di prestigio in qualunque campo e che non manca mai una occasione di cercare di ostacolare l'opera mia e l'azione italiana in Etiopia. Ho riferito aperture per Gibuti ed episodio spedizione S.A.R. duca degli Abruzzi. Aggiungo ora quanto segue:

l) Mi risulta che ministro di Francia ha protestato presso Negus per concessione di ricerche minerarie che io ho fatto ottenere alla società Montecatini nel governatorato di Harrar in prossimità ferrovia. Questa concessione si annunzia promettente e le ricerche già eseguite dall'ing. Maglione avrebbero dato buoni risultati tanto che egli ritorna alla fine del mese per la scelta definitiva dei punti. Protesta ministro di Francia è stata molto inabile perchè ha invocato accordo tripartito e zona d'influenza francese nonchè fatto che in concorrenza colla Montecatini vi era un gruppo francese. Protesta non ha avuto alcun effetto.

2) Commissario Assab ha riferito che autorità Somalia francese hanno ripreso loro lusinghe e pressioni sul Sultano Aussa per deviare verso Tadjoura tutto il commercio carovaniero proveniente Dessiè.

Tali manovre sono evidentemente in relazione con i recenti accordi italaetiopici. Sultano mantiene tuttavia sua attitudine a noi favorevole ed ha chiesto assistenza per i suoi carovanieri e miglioramento comunicazioni marittime da Assab.

Ciò gli è stato promesso da governatore dell'Eritrea che controbatte efficacemente manovre francesi per la parte che lo concerne.

Anche in altri campi Fmncia vuole affermarsi. Mi risulta starebbe per iniziarsi raid automobilistico con due macchine Renault sei ruote che dovrebbero partire Cairo in questi giorni dirette in Etiopia per giungere ad Addis Abeba. Finora però ministro di Francia si è mostrato molto inabile e non ha avuto presa sul Negus particolarmente per la meschina e continua preoccupazione di ostacolare la nostra azione.

D -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

(l) T. 6758/223 del 20 novembre, che non si pubblica.

121

L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, BEAUMARCHAIS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

Roma, 21 dicembre 1928.

Au cours des entretiens (l) que j'ai eu l'honneur d'avoir avec V. E. touchant les rapports généraux de nos deux pays, Elle a bien voulu exprimer le désir de voir conclure entre nous un traité d'arbitrage et d'amitié auquel seraient annexés trois accords, l'un portant rectification de la frontière de la Tripolitaine et des possessions françaises d'Afrique, l'autre concernant le statut d es ltaliens en Tunisie et le troisième relatif au statut de Tanger.

L'accord signé le 25 juillet dernier entre la France, l'Italie, la Grande Bretagne et l'Espagne, qui a été ratifié le 14 septembre et qui entrera sans doute en vigueur le 15 janvier prochain, a donné satisfaction aux demandes présentées par le Gouvernement Royal en ce qui concerne le régime de Tanger. Le Gouvernement de la République est heureux d'avoir pu seconder les vues du Gouvernement italien et lui donner ainsi une preuve des sentiments dans lesquels il a abordé les négociations en cours.

J'ai l'honneur de faire savoir à V. E. que le projet de traité d'arbitrage et d'amitié que je lui avais remis le 6 aout dernier (2) en indiquant qu'il n'avait encore qu'un caractère officieux doit désormais etre considéré camme un projet d'accord officiel remis par le Gouvernement français.

Je joins d'autre part à la présente lettre deux projets d'accord concernant les frontières de la Tripolitaine et le statut des Italiens en Tunisie.

Je veux espérer que ces deux documents, dont la rédaction s'est inspirée du vif désir du Gouvernement français de concilier les intérets de nos deux pays, rencontreront l'approbation de V. E. et que pourra ainsi etre réalisée la conclusion d'un traité qui, en réglant les questions en suspens, affirmera à nouveau et resserrera encore les liens traditionnels qui unissent la France et l'Italie.

ALLEGATO l.

Le Président de la République Française et Sa Majesté le Roi d'Italie,

Animés du commun souci de paix générale sur la base des Traités existants et mus par les sentiments d'amitié réciproque qui unissent si heureusement les Nations française et italienne,

Désireux, dans cet esprit, de donner aux deux pays de nouvelles garanties tendant à éviter qu'entre eux la paix puisse jamais etre troublée,

Convaincus que le résultat cherché ne saurait étre atteint sans l'adoption de moyens propres à assurer le respect mutue! des droits de chacun et la conciliation équitable de leurs intéréts respectifs,

Considérant la Convention d'arbitrage conclue à Paris le 23 Décembre 1903 et successivement renouvelée le 24 Décembre 1908 et le 24 Décembre 1913,

Et étant tombés d'accord pour y substituer les dispositions permettant d'assurer dorénavant dans tous les cas le règlement des différends, de quelque nature qu'ils soient, qui viendraient à diviser les deux pays,

Ont résolu de conclure un Traité à cet effet et ont nommé pour leurs Plénipotentiaires respectifs...

Article 1er

Le Gouvernement de la République Française et le Gouvernement de S.

M. le Roi d'Italie sont d'accord pour déclarer qu'au cas où des divergences de vues ou des différends de quelque nature qu'ils soient viendraient à s'élever entre eux, ils n'en rechercheront le règlement que par des moyens pacifiques sans jamais compromettre l'amitié des deux nations par un recours à la force.

Article 2

Tous les litiges entre l'Italie et la France, de quelque nature qu'ils soient, au sujet desquels les Parties se contesteraient réciproquement un droit, et qui n'auraient pu étre réglés à l'amiable par les procédés diplomatiques ordinaires, seront soumis pour jugement, soit à un tribuna! arbitrai, soit à la Cour Permanente de Justice Internationale, ainsi qu'il est prévu ci-après. Il est entendu que les contestations ci-dessus visées comprennent notamment celles que mentionne l'article 13 du Pacte de la Société des Nations.

Cette disposition ne s'applique pas aux contestations nées de faits qui sont antérieurs à la présente convention et qui appartiennent au passé.

Les contestations pour la solution desquelles une procédure spéciale est prévue par d'autres conventions entre l'Italie et la France seront réglées conformément aux dispositions de ces conventions.

Article 3

S'il s'agit d'une contestation dont l'objet, d'après la législation intérieure de l'une des Parties, relève de la compétence dés tribunaux nationaux de celle-ci, le différend ne sera soumis à la procédure prévue par la présente convention qu'après jugement passé en force de chose jugée, rendu, dans des délais raisonnables, par l'autorité judiciaire nationale compétente.

Article 4

Avant toute procédure arbitrale ou avant toute procédure devant la Cour Permanente de Justice Internationale, la contestation pourra étre, d'un commun accord entre les Parties, soumise à fin de conciliation à une Commission internationale permanente, dite Commission Permanente de Conciliation, constituée conformément à la présente convention.

Article 5

La Commission Permanente de Conciliation prévue à l'artide 4, .sera composée de cinq membres, qui seront désignés comme il suit, savoir: le Gouvernement italien et le Gouvernement français nommeront chacun un Commissaire choisi parmi

leurs nationaux respectifs et désigneront, d'un commun accord, les trois autres Commissaires parmi les ressortissants de tierces Puissances; ces trois Commissaires devront etre de nationalités différentes et, parmi eux, les Gouvernements italien et français désigneront le président de la Commission.

Les Commissaires sont nommés pour trois ans; le mandat est renouvelable. Ils resteront en fonctions jusqu'à leur remplacement et, dans tous les cas, jusqu'à l'achèvement de leurs travaux en cours au moment de l'expiration de leur mandat.

Il sera pourvu, dans le plus bref délai, aux vacances qui viendraient à se produire, par suite de décès, de démission ou de quelque autre empechement, en suivant le mode fixé pour les nominations.

Article 6

La Commission Permanente de Conciliation sera constituée dans les trois mois qui suivront l'entrée en vigueur de la présente Convention.

Si la nomination des Commissaires à désigner en commun n'intervenait pas dans ledit délai ou, en cas de remplacement, dans les trois mois à compter de la vacance du siège, le Président de la Confédération suisse sera, à défaut d'autre entente, prié de procéder aux désignations nécessaires.

Article 7

La Commission Permanente de Conciliation sera sarsre par voie de requete adressée au Président par les deux Parties agissant d'un commun accord ou, à défaut, par l'une ou l'autre des Parties.

La requete, après avoir exposé sommairement l'objet du litige, contiendra l'invitation à la Commission de procéder à toutes mesures propres à conduire à une conciliation.

Si la requete émane d'une seule des Parties, elle sera notifiée par celle-ci sans délai à la Partie adverse.

Article 8

Dans un délai de quinze jours à partir de la date où la Commission Permanente de Conciliation aura été saisie du différend, chacune des Parties pourra, pour l'examen de ce différend, remplacer son commissaire par une personne possédant une compétence spéciale dans la matière.

La Partie qui userait de ce droit en fera inmédiatement notification à l'autre Partie; celle-ci aura, dans ce cas, la faculté d'agir de meme dans un délai de 15 jours à partir de la date où la notification lui sera parvenue.

Article 9

La Commission Permanente de Conciliation aura pour tàche d'élucider les questions en litige, de recueillir à cette fin toutes les informations utiles par voie d'enquete ou autrement et de s'efforcer de coneilier les Parties. Elle pourra, après examen de l'affaire, exposer aux Parties les termes de l'arrangement qui lui paraitrait convenable et leur impartir un délai pour se prononcer.

A la fin de ses travaux, la Commission dressera un procès-verbal constatant, suivant le cas, soit que les Parties se sont arrangées et, s'il y a lieu, les conditions de l'arrangement, soit que les Parties n'ont pu etre conciliées.

Les travaux de la Commission devront, à moins que les Parties en conviennent différemment, etre terminés dans le délai de six mois à compter du jour où la Commission aura été saisie du litige.

Article 10

A moins de stipulation spéciale contraire, la Commission Permanente de Conciliation règlera elle-mème sa procédure qui, dans tous les cas, devra ètre contradictoire. En matière d'enquètes, la Commission, si elle n'en décide autrement à l'unanimité, se conformera aux dispositions du Titre III (Commissions internationales d'enquète) de la Convention de la Haye du 18 Octobre 1907 pour le règlement pacifìque des conflicts internationaux.

Article 11

La Commission Permanente de Conciliation se réunira, sauf accord contraire entre les Parties, au lieu désigné par son Président.

Article 12

Les travaux de la Commission Permanente de Conciliation ne sont publics qu'en vertu d'une décision prise par la Commission avec l'assentiment des Parties.

Article 13

Les Parties seront représentées auprès de la Commission Permanente de Conciliation par des agents ayant mission de servir d'intermédiaire entre elles et la Commission; elles pourront, en outre, se faire assister par des conseils et experts nommés par eiTes à cet effet et demander l'audition de toutes personnes dont le témoignage leur parait utile.

La Commission aura, de son c6té, la faculté de demander des explications orales aux agents, conseils et experts des deux Parties, ainsi qu'à toutes personnes qu'elle jugerait utile de faire comparaitre avec l'assentiment de leur Gouvernement.

Article 14

Sauf disposition contraire de la présente Convention, les décisions de la Commission Permanente de Conciliation seront prises à la majorité des voix.

La Commission ne pourra prem!i:·e de décision sur le fond du différend que si tous les membres ont été diìment convoqués et si le Président et deux membres au moins sont présents. Dans le cas où trois membres seulement et le Président seraient présents, la voix du Président sera prépondérante.

Article 15

Les Gouvernements italien et français s'engagent à faciliter les travaux de la Commission Permanente de Conciliation, et, en particulier, à lui fournir, dans la plus large mesure possible, tous documents et informations utiles, ainsi qu'à user des moyens dont ils disposent pour leur permettre de procéder sur leur territoire et selon leur législation à la citation et à l'audition des témoins ou d'experts et à des transports sur les lieux.

Article 16

Pendant la durée des travaux de la Commission Permanente de Conciliation, chacun des Commissaires recevra une inùemnité dont le montant sera arrèté, d'un commun accord, entre les Gouvernements italien et français, qui en supporteront chacun une part égale.

Toutes dépenses qu'entraineraient les travaux de la Commission seront supportées par parts égales par chacun des deu,;: Gouvernements.

Article 17

Si le différend n'a pas été soumis à la Commission Permanente de Conciliation, ou s'il n'a pu etre réglé devant cette Commission, il sera porté par voie de compromis, soit devant la Cour Permanente de Justice Internationale, dans les conditions et suivant la procédure prévues par son statut, soit devant un tribuna! arbitrai, dans les conditions et suivant la procédure prévues par la Convention de La Haye du 18 Octobre 1907, pour le règlement pacifique des confiits internationaux.

A défaut d'accord entre les Parties sur le compromis et après un préavis d'un mois, l'une ou l'autre d'entre elles aura la faculté de porter directement, par voie de requete, la contestation devant la Cour Permanente de Justice Internationale.

Article 18

Toutes Ies questions sur lesquelles le Gouvernement italien et le Gouvernement français seraient divisés sans pouvoir les résoudre à l'amiable par les procédés diplomatiques ordinaires, dont la solution ne pourrait étre recherchée par un jugement ainsi qu'il est prévu par l'article 2 de la présente Convention et pour lesquelles une procédure de règlement ne serait pas déjà prévue par un Traité en vigueur entre les Parties, seront soumises à la Commission Permanente de Conciliation, qui sera chargée de proposer aux Parties une solution acceptable, et, dans tous les cas, de présenter un rapport.

La procédure prévue par les articles 8 à 17 de la présente Convention sera appliquée.

Article 19

Si, dans le mois qui suivra la clòture des travaux de la Commission Permanente de Conciliation, les deux Parties ne se sont pas entendues, la question sera, à la requéte de l'une ou de l'autre Partie, portée devant le Conseil de la Société des Nations, qui statuera conformément à l'artide 15 du Pacte de la Société.

Article 20

La présente Convention reste applicable entre l'Italie et la France, encore que d'autres Puissances aient également un intéret dans le différend. Le présent Traité sera ratifié. Les ratifications en seront échangées à ... aussitòt que faire se pourra.

Il prendra effet dès l'échange des ratifications et restera ensuite en vigueur sans limite de durée; toutefois, il pourra étre dénoncé par l'une ou l'autre des Hautes Parties Contractantes et dans ce cas il cessera ses effets à l'expiration du délai d'un an à dater de sa dénonciation.

En foi de quoi les Plénipotentiaires respectifs ont signé le présent traité dressé en deux exemplaires et y ont apposé leur sceau.

Fait à . . . . . . . . le . . . . . . (l)

« Che cosa rappresenta il progetto francese? È un punto di partenza per rivedere i rapporti fra i due Stati e consolidarli o è un punto di arrivo?

Per essere un punto di arrivo occorrerebbe che le questioni aperte fra i due Stati fossero state liquidate e quindi, logicamente, si impiantano i rapporti futuri sulla base dell'intesa, della conciliazione, del regolamento giudiziario. Tale carattere lo schema proposto non può evidentemente avere, dato che il grosso delle questioni è tuttora aperto.

Dovrebbe essere quindi un punto di partenza. Per esser tale, occorrerebbe che le due Parti avessero avviato i loro rapporti di fatto su una via sicura ed infallibile di intese. Se così non fosse, e non è, vale la pena di legarsi a risolvere tutte le controversie sotto l'impero vincolativo di un Trattato, che, se pone uguali oneri per ambo le parti, riesce più grave per quella che deve svolgere un'azione attiva, cioè per quella che deve richiedere? E poichè,

ALLEGATO II.

CONVENTION FRANCO-ITALIENNE

relative à la condition des ressortissants italiens en Tunisie

Le Président de la République Française et S. M. le Roi d'Italie, également désireux de préciser, dans l'esprit le plus amicai, la situation des ressortissants italiens en Tunisie, ont résolu de condure une Convention à cet effet et ont nommé pour leurs Plénipotentiaires, savoir:

le Président de la République Français: ... et S. M. le Roi d'Italie: ... lesquels, après s'etre communiqué leurs pleins pouvoirs, trouvés en bonne et due forme, so n t convenus d es dispositions suivantes:

Artide l<>r

Les Italiens en Tunisie et les Tunisiens en Italie bénéficieront à tous égards du régime de la nation la plus favorisée. Toutefois, ce régime ne comportera pas, pour les Italiens en Tunisie, le traitement français et ne pourra en aucun cas etre plus favorable que celui-ci.

Les sujets coloniaux italiens en Tunisie bénéficieront à tous égards du mem0 régime que les Tunisiens. Les Tunisiens dans les colonies italiennes bénéficieront à tous égards du meme régime que les sujets coloniaux italiens.

Artide 2

Les Italiens qui, antérieurement à la date de la mise en vigueur de la présente Convention, auront été admis à exercer des professions libérales, notamment celles d'avocat, de médecin, de pharmacien, de dentiste, de sage-femme, d'architecte, pourront continuer leur vie durant à exercer ces professions.

Artide 3

Les écoles royales italiennes seront reprises par l'administration du Protectorat contre le versement au Gouvernement Royal de la valeur, à dire d'arbitres, des immeubles et du mobilier cédés, à moins que le Gouvernement Royal préfère qu'elles soient transformées en écoles privées soumises à la réglementation locale.

Le nombre des écoles royales italiennes et celui de leurs élèves seront réduits

par tranches annuelles et autant que possible égales, qui seront calculées de ma-

nel caso attuale. attivi siamo noi e passiva è la Francia. che deve concedere. è evidente che

l'accordo avvantaggia più la Francia e vincola la nostra libertà di azione.

Mi sembra dunque che il valore dell'accordo si riduca ad una seconda tappa, dopo le

intese tangerme, per migliorare le relazioni tra i due Paesi. Ma se questo è il modesto

valore -modesto, ma non trascurabile -occorre che il profilo politico di esso risulti ben

chiaro. Ma ciò non è. Il preambolo del progetto, dopo una timida affermazione di amicizia

nei primi tre alinea. sbocca subito nella affermazione che il valore dell'accordo è ridotto

ad una sostituzione di un trattato più moderno e più largo a quelli di arbitrato conclusi tra

il 1903 e 1913 tra i due Paesi. Il valore politico dell'accordo è quindi svuotato, o, per lo meno,

è ridotto a modeste proporzioni, dato che tutto il suo valore si riduce al fatto di esser con

cluso tra due Stati vicini e discordi •. Giannini concludeva:

• l) che non si possa rifiutare senz'altro l'accordo, ma convenga negoziarlo con molta calma, anzi con molta lentezza.

2) che non convenga presentare un controprogetto, ma sia il caso di chiedere dei chiarimenti all'Ambasciatore francese a Roma e tali chiarimenti siano richiesti da me con l'aria di dubbi di giurista onde ottenere che lui stesso mi proponga di sentire Fromageot,che ha preparato il progetto e che io potrei vedere a Parigi, dove devo recarmi nella seconda decade di ottobre per la Conferenza di diritto aeronautico. Ciò ci consentirebbe non soltanto di chiarire le clausole dell'accordo, ma di far comprendere che esso deve essere completato, riveduto e migliorato e che tutto ciò deve farsi non soltanto dal punto di vista giuridico, ma anche politico. Ciò ritengo possa agevolmente farsi perchè l'istesso Ambasciatore, parlandomi del progetto presentato a V. E., mi diceva che si tratta di un semplice schema preparatoda Fromageot e quindi pregava di esaminarlo come tale, cioè suscettibile di revisione, in dipendenza dei rilievi che noi avessimo creduto di farne •·

mere que la disposition de l'alinéa précédent ait reçu sa complète exécution, au plus tard à l'expiration de la dixième année à compter de la mise en vigueur de la présente Convention.

Article 4

Pendant un délai de cinq ans à compter de la date de la mise en vigueur de la présente Convention, le jury crimine! en Tunisie, lorsqu'il aura à juger un Italien, sera composé par moitié d'Italiens, à moins que le prévenu déclare renoncer au bénéfice de cette stipulation.

Article 5

Pendant un délai de cinq ans à compter de la mise en vigueur de la présente Convention, les Italiens, ainsi que les sujets coloniaux italiens, continueront à jouir du droit de péche sur les còtes tunisiennes.

Pendant la méme période, les Tunisiens jouiront du méme droit sur les còtes libyques.

Article 6

Sont Français tous individus nés sur le territoire tunisien de parents italiens dont l'un est lui-méme né sur ce territoire, sauf la faculté pour lesdits individus de décliner la qualité de Français.

Toutefois, ne pourra se prévaloir de cette faculté l'individu né sur le territoire tunisien de parents dont l'un a décliné, en vertu de la disposition prévue à l'alinéa précédent, la qualité de Français.

Les individus visés à l'alinéa 2 du présent article auront, dans tous les cas, la faculté de décliner la qualité de Français, s'ils sont nés antérieurement au (ler janvier 1932).

Article 7

La déclaration de répudiation de la nationalité française doit étre souscrite par l'intéressé dans l'année qui suit sa majorité. Les individus déjà majeurs ont la faculté d'exercer ce droit dans les six mois de la mise en vigueur de la présente Convention.

Tout individu qui, au cours de sa minorité, aura souscrit une déclaration portant renonciation à la faculté de répudier la nationalité française, ou au nom duquel pareil acte aura été souscrit, perdra le bénéfice du droit d'option.

Article 8

Sont Tunisiens tous individus nés sur le territoire tunisien de parents sujets coloniaux italiens dont l'un est lui-méme né sur ce territoire. Sont sujets coloniaux italiens tous individus nés sur le territoire d'une colonie italienne de parents tunisiens dont l'un est lui-méme né sur ce territoire.

Article 9

Sont abrogées la Convention Consulaire et d'Etablissement et la Convention de Commerce et de Navigation relatives à la Tunisie, signées à Paris le 28 septembre 1896, ainsi que toutes les clauses insérées dans des accords antérieurs à la présente Convention, dans la mesure où ces clauses seraient contraires aux stipulations ci-dessus.

La présente Convention sera ratifiée et les ratifications en seront échangées à Paris aussitòt que faire se pourra. Elle entrera en vigucur dès l'échange des ratifications. Elle ne pourra etre dénoncée par l'une ou l'autre des Hautes Parties Contractantes qu'après quinze ans à compter de son entrée en vigueur et la dénonciation ne produira elle-méme ses effets qu'un an après avoir été notifiée.

En foi de quoi les Plénipotentiaires l'ont signée et y ont apposé leur cachet.

Fait en deux exemplaires originaux à Rome.

ALLEGATO III.

TRAITÉ ENTRE LA FRANCE ET L'ITALIE

relatif à la délimitation des possessions de ces deux Puissances en Afrique

Le Président de la République Française et S. M. le Roi d'ltalie, également désireux de développer en Afrique les relations d'amitié et de bon voisinage qui existent entre les deux nations, ont résolu de conclure un Traité à cet effet et ont nommé pour leurs Plénipotentiaires, savoir:

le Président de la République Française: ...

et S. M. le Roi d'Italie: ... lesquels, après s'etre communiqué leurs pleins pouvoirs, trouvés en bonne et due forme, so n t convenus des dispositions suivantes:

Article 1er

La République Française cède au Royaume d'Italie le territoire limité par deux lignes dont l'une, se détachant de la frontière fixée par l'Accord francoitalien du 12 Septembre 1919 au point où la piste d'Anai' à Djado coupe cette frontière, suivra le milieu de !adite piste jusqu'à Djado et dont la seconde, suivant à partir de Djado le milieu de la piste de Tummo, se raccordera, aux abords immédiats de ce point, avec la frontière tracée sur la carte jointe à la Déclaration franco-britannique du 21 Mars 1899. La nouvelle frontière, qui devra etre déterminée sur le terrain conformément au tracé porté sur la carte annexée au présent Traité, laissera In Ezzan en territoire français, Djado et Tummo en territoire italien.

Les deux pistes précitées seront internationales et l'usage en sera commun aux forces de police, caravane et convois des deux Puissances. Les forces de police, caravanes et convois français pourront faire étape à Djado et s'y ravitailler en eau.

Afin que l'oasis de Djado ne devienne pas un refuge pour les pillards sahariens et tripolitains, la cession stipulée par l'alinéa 1er du présent article n'acquerra son effet qu'après occupation effective par l'ltalie.

Article 2

Les Hautes Parties Contractantes déclarent qu'en ce qui les concerne la clause formant l'article XIII du Traité signé à Londres le 26 Avril 1915 a reçu complète satisfaction.

Article 3

Les Hautes Parties Contractantes conviennent que la ligne qui, à l'est de Tummo, marque la limite des possessions françaises, est la ligne définie par l'Accord franco-britannique du 9 Septembre 1919, portant interprétation de la Déclaration franco-britannique du 21 Mars 1899, reconnue par l'Italie en vertu de l'Accord franco-italien du 1er Novembre 1902.

Le présent Traité sera ratifié et les ratifications en seront échangées à Paris aussitòt que faire se pourra. Il entrera en vigueur dès l'échange des ratifications.

En foi de quoi les Plénipotentiaires l'ont signé et ont apposé leur cachet.

Fait en deux exemplaires originaux à Rome, le...

(l) -.I primi colloqui Mussol~ni-Beaumarchais avevano avuto luogo il 30 gennaio, 6 febbraio, 19 marzo 1928 (cfr. sene VII, vol. VI, nn. 68, 85, 167). I successivi ccJloqui dei quali non risulta Mussolini abbia tenuto il verbale, ebbero luogo il 30 marzo, 18 ma'ggio6 agosto, 27 ottobre, 21 dicembre. I colloqui proseguirono nel 1929, il 31 maggio, il 22 lugli~ e il 7 ottobre. Cfr. un appunto s. d. dell'ambasciata di Francia a Roma, consegnato a Palazzo Chigi, dal titolo « Conversations de l'ambassadeur de France avec le chef du gouvernement au sujet des négociations franco-italiennes •· Cfr. anche R. GuARIGLIA, Ricordi, 1922-1946, Napoli, 1950, pp. 70-71. (2) -Si pubblica qui di seguito come allegato I.

(l) Si riferisce evidentemente a questo progetto una • Relazione a S. E. il Ministro sul progetto di trattato di conciliazione italo-francese • di Giannini, databile agosto o settembre 1928. Nella relazione si legge:

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IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. RR. 138/392. Sofia, 22 dicembre 1928, OTe 14 (per. ore 18,15).

Per lei solo. Decifri ella stessa.

Principessa Eudoxia sorella di re Boris tornata Sofia dopo assenza di circa cinque mesi. Dama che l'ha accompagnata durante intero viaggio passatosi principalmente Inghilterra e Germania m'ha dichiarato essere da escludere eventualità matrimonio (l) con principessa inglese o svedese. Mi ha poi segretamente confidato che recente visita Roma ai nostri sovrani del principe Cirillo e della principessa Eudoxia è stata ordinata da re Boris. Principessa Eudoxia, come mi aveva informato Liapceff, è poco favorevole matrimonio fratello con principessa Giovanna, onde sue impressioni riportate malgrado interessamento improntate pessimismo sempre sul motivo della religione.

Intanto attesa generale per annunziare fidanzamento re Boris con nostra principessa diviene sempre più viva al punto che ritengo doveroso pregare V. E. impartire istruzioni per mia eventuale norma di linguaggio e condotta in caso di definitiva caduta progetto. Delusione del popolo bulgaro sarebbe certamente assai grave, e, siccome ho ragione di ritenere che organi Vaticano cercherebbero addossare ad altri responsabilità insuccesso, così è bene che io sappia come regolarmi in così delicato argomento. Signora Liapceff moglie presidente del consiglio, ardente fautrice nozze con nostra principessa, mi ha detto che durante suo recente soggiorno Parigi personalità politiche francesi che non ha voluto nominare le hanno dichiarato apertamente che « ad ogni costo matrimonio re Boris con principessa italiana verrà impedito ».

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, E AL REGGENTE IL CONSOLATO GENERALE A TUNISI, MOMBELLI (2)

T. PER CORRIERE 6484. Roma, 22 dicembre 1928, ore 20.

(Per Parigi). Ho telegrafato a Tunisi quanto segue:

(Per tutti). Telespresso di V. S. n. 13232/1174 (3). Possibilità poter combattere costì politica agraria francese che va sempre più intensificandosi con l'acquisto da parte di un Sindacato italiano di terreni in Tunisia che dovrebbero in seguito venire lottizzati ad eque condizioni fra nostri agricoltori, interessa in particolar modo R. Governo. Iniziativa deve però presentarsi non come opera di beneficenza ma come un'impresa economica che possa dare un

giusto compenso ai capitali investiti dovendosi escludere per note esigenze attuali bilancio un concorso finanziario dello Stato. Infatti tutte le disponibilità statali sono attualmente a scopi analoghi rivolte in Libia che potrà facilmente assorbire la maggior parte degli agricoltori italiani costì residenti maggiormente minacciati di snazionalizzazione. Prego quindi V. S. di inviarmi il progetto cui ella accenna e che deve ispirarsi nlle suesposte direttive (1).

(l) -Di re Boris. (2) -Il telegramma venne inviato per conoscenza anche alla direzione generale Italiani all'Estero. (3) -Cfr. n. 105.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AL CAIRO, PATERNO'

T. s. 6479/269. Roma, 22 dicembre 1928, o1·e 24.

Telegramma V. S. n. 358 (2). Proposta istituzione polizia giudiziaria è fatta specialmente nell'intento di venire incontro desiderio egiziano abolire capitolazioni gradualmente senza apportare gravi perturbamenti situazione colonie straniere con enorme danno economia paese. Allargamento funzioni istituzioni miste deve servire appunto nell'interesse egiziano come studio preparatorio trattandosi di istituzioni sotto sovranità egiziana. Non si comprende come codesto Governo possa preferire che resti invece immutata polizia consolati stranieri (compromesso che non fa che rinviare soluzione questione) anzichè entrare risolutamente nella via attraverso la quale potrà esser abolito senza scosse e con cordiale appoggio potenze fortemente interessate come Italia regime capitolare esistente. Codesto Governo conosce che sono troppo numerosi e troppo importanti interessi coinvolti in tale questione per poter supporre che si possa adottare costà soluzione semplicista, abolizione pura e semplice adottata in altri paesi ove interessi lesi non erano cospicui. Con una simile soluzione tutto l'Egitto sarebbe scosso da una crisi da cui difficilmente potrebbe rilevarsi e tutto il suo sviluppo anche politico sarebbe irrimediabilmente compromesso. Questo è contrario ad ogni interesse e non soltanto in riguardo alle importantissime collettività italiane costì residenti. Occorre quindi che V. S. faccia opera di persuasione perchè elementi dirigenti e responsabili Egitto si convincano essere la lenta e graduale modificazione del regime capitolare l'unica vantaggiosa possibHe per il paese se vuole liberarsi da ogni servitù economica e politica. Tale soluzione forse potrebbe non corrispondere del tutto linea di condotta e desideri Governo britannico al quale abolizione capitolare serve di base a trattative politiche, che

« Da tempo il R. Governo si preoccupa di costituire in Tunisia un saldo organismo

bancario italiano che possa far fronte ai bisogni della nostra colonia, provvedere allo sviluppo

della nostra penetrazione economica e con filiali in ogni centro importante della Reggenza

sostenere e difendere con vigile azione finanziaria i nostri connazionali allettati a snaziona

lizzarsi appunto con facilitazioni materiali offerte dai francesi...

Pertanto nel 1927 fu consigliato al Banco di Sicilia che si proponeva di aprire una sua

filiale a Tunisi di prendere accordi con la locale Banca Italiana di Credito... •

Resto quindi in attesa di un Suo rapporto su tale argomento tenendo presente che e nel pensiero del R. Governo che l'Istituto Bancario Italiano di Tunisia debba gradualmente estendere la sua azione anche nella vicina Algeria •· Cfr. n. 475.

può preferire che colonie straniere siano prive di ogni garanzia mentre suoi sudditi e suoi interessi sarebbero sempre ben protetti da pressioni delle forze militari e politiche britanniche.

Pertanto prego V. S. voler fare opportuni passi presso autorità egiziane perchè venga da esse accettato principio istituzione polizia mista primo nucleo di quella che sarà necessario istituire per creare organi indispensabili prima della completa abolizione regime capitolare in materia giudiziaria.

V. S. vorrà naturalmente assicurarsi che elementi italiani facciano parte di tale polizia in proporzione corrispondente nostri interessi ed importanza nostre collettività e interessamento cordiale che abbiamo sempre portato allo sviluppo dello stato egiziano.

(l) Non risulta che il progetto abbia avuto seguito. Ma cfr. il t. 456 del 19 febbraio 1929 al consolato in Tunisi:

(2) Cfr. n. 118.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

TELESPR. 266334/919. Rorna, 22 dicembre 1928.

Telespresso di V. E. n. 3894/1873 del 7 corrente (1).

Questo Ministero, nel rivolgere preghiera a V. E. di voler richiamare l'attenzione del Foreign Office sulle violazioni allo status quo dei Luoghi Santi, chiaramente aveva indicato che ciò avvenisse verbalmente ed in via amichevole, escludendo quindi una richiesta scritta che potesse apparire un diretto intervento nell'Amministrazione della Palestina. Non è certamente nel pensiero del R. Governo di esercitare un tale diritto ma è sembrato e sembra atto molto più amichevole e corrispondente alle buone relazioni esistenti fra i due Paesi direttamente, per il tramite dell'E. V., rivolgere osservazioni al Governo Britannico circa delicate questioni interessanti la Cattolicità, piuttosto che presentarle nella Commissione dei Mandati, organo senza alcun dubbio competente ad esaminarle, ma che avrebbe reso le nostre osservazioni di pubblica ragione e avrebbe dovuto su esse portare un definitivo giudizio che avrebbe anche potuto riuscire non gradito al Governo Britannico.

Tale procedura potrà da noi essere adottata ma non pare che possa riuscire

la più accetta a codesto Governo. Nè d'altra parte è possibile ammettere che

non trattandosi di interessi di comunità religiose italiane, come V. E. accenna,

il R. Governo dovrebbe astenersi dal presentare osservazioni alla Potenza

Mandataria per la violazione dello status quo in Palestina, quando è noto come

sia sensibile l'opinione pubblica italiana, del Paese cioè che contiene il numero

maggiore e più compatto di cattolici, a tutto ciò che significa modificazioni dei

diritti esistenti dei Santuari Cristiani. Nel caso specifico poi si tratta del Santo

« Mi permetto a questo proposito di far presente all' E. V. come non sarebbe, a mio rEmissivo parere, opportuno l'esporsi in avvenire a dei rifiuti cosi netti da parte di codesto [sic] Governo di discutere rilievi del R. Governo a violazioni dello status quo concernenti diritti acquisiti alle Autorità ecclesiastiche cattoliche di Terra Santa. Quando ciò si volesse ad ognimodo fare, sarebbe spediente che i rilievi eventuali potessero venir fatti da questa R. Ambasciata fondandosi su possibili diritti lesi o minacciati di Comuntà italiane; qualora non si creda addirittura miglior partito quello di trattarne senz'altro alla Commissione dei Mandati o in altra sede (ecclesiastica) ».

Sepolcro e del Cenacolo: sul primo sono noti i diritti della Custodia di Terrasanta, tradizionalmente italiana, che continuamente vengono lesi dalle incomposte ed ingiustificate aspirazioni del Patriarcato Ortodosso di Gerusalemme, verso cui è noto le Autorità Britanniche di Palestina sono prodighe di una eccessiva benevolenza: sul secondo sono ugualmente a conoscenza di codesto Governo le aspirazioni italiane, trattandosi di un Santuario che fu acquistato da un Re italiano, e del quale la Casa Reale Italiana si è quindi sempre interessata, e l'appartenenza di esso ed il conseguente diritto di patronato di S. M. il Re d'Italia sono ancora da essere esaminati.

V. E. vorrà trovar modo di far quanto precede comprendere al Signor Oliphant, che non può non essere di accordo nell'ammettere quanto siano delicate ed interessanti tutte le Potenze Cattoliche le questioni riguardanti i Santuari di Terra Santa.

(l) È il documento col quale Bordonaro rispondeva al telespr. 10 luglio 1928 (cfr. serie VII, vol. VI, n. 468). Non avendo il passo fatto da Bordonaro avuto effetto, egli comunicava:

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL CONSOLE GENERALE A BEIRUT, DE CICCO (l)

TELESPR. RR. 266228/58. Roma, 22 dicembre 1928.

Ho ricevuto il rapporto dì V. S. n. 2414/315 del 5 dicembre (2), con il quale Ella mi riferisce circa il colloquio avuto con alcuni esponenti del movimento nazionalista siriano.

Ella comprenderà come sia assolutamente da escludere che si possa pensare ad un invio dall'Italia dei materiali richiesti per appoggiare una nuova rivolta in Siria, sia perchè è lecito dubitare della serietà di propositi dei capi del movimento e della ampiezza e dei risultati di esso, sia anche per la evidente difficoltà di far giungere in Siria di nascosto dalle autorità francesi tale genere di aiuti.

V. S. si mantenga quindi del tutto riservato, limitandosi, a mezzo di interposta persona di Sua assoluta fiducia, a mantenere con ogni prudenza contatti con detti capi, che possono in definitiva costituire una buona fonte di utili informazioni, ed ai quali, soltanto ove insistessero, Ella potrà far pervenire la generica assicurazione della simpatia dell'opinione pubblica italiana per la causa dell'indipendenza siriana ma escludendo nettamente ogni possibilità di aiuti materiali.

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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

L. P. Belgrado, 23 dicembre 1928.

Obbedisco a malincuore al telegramma di V. E. che fa espresso divieto di venire alla stazione anche in forma privatissima (3).

Mi duole di non potere porgere all'E. V. i miei ossequi ed i miei auguri, con l'espressione della mia gioia per il bel successo del viaggio ad Angora.

Mi duole poi non potere approfittare dei pochi minuti di sosta dell'Orient Express per chiarire un poco meglio a V. E. il momento presente della crisi serbo-croata e dell'andamento che sta prendendo la situazione del Governo. Certo è il momento più interessante dopo il 20 Giugno, e verosimilmente siamo ad una svolta determinante della politica interna SCS. Tutto fa credere che dopo qualche incertezza, e dopo un fugacissimo passaggio di ottimismo, ci si avvii ad un Governo semidittatoriale con presidente Koroscez, senza i democratici. In sostanza sarebbero i radicali con Vukicevich alla testa, quindi un gruppo di effettiva minoranza che non potrà governare se non con la forza, e che vorrà risolvere ad ogni costo e con ogni mezzo la situazione croata, che dopo le interviste di Kennard (l) si manifesta in tutta la sua tragica impostazione contro Belgrado.

Non meno interessanti sono i rapporti di Belgrado verso di noi. Da quanto mi è dato supporre Rakic sarebbe stato ricevuto ieri l'altro da S. E. Mussolini, avrebbe fatto le prime proposte per i nuovi negoziati per il trattato di amicizia (2). Invero il momento non potrebbe essere peggio scelto.

Enumero brevemente i soggetti sui quali ho riferito e riferisco anche con telegrammi espressi e per corriere di oggi: violenta campagna di tutta la stampa slovena con a capo lo Slovenec, inutilità di qualsiasi nostra protesta e passo, agitazione irredentista slovena a mezzo di tutte quelle società, dimostrazioni di Maribor del 1° Dicembre, ed a far traboccare il vaso la conferenza tenuta a Lubiana il 21 c. m. Di tutto ciò è direttamente responsabile Koroscez. A questa campagna si aggiungano tutti gli altri piccoli quotidiani incidenti, le difficoltà e le lentezze per risolvere ogni questione, adesso in ultimo la aperta mala fede e la menzogna nei riguardi della Sufid (V. E. vedrà anche a questo riguardo il telegramma per corriere di oggi) (3).

E mi limito a ricordare quanto è occorso nelle ultimissime settimane. Mi sembra quindi ci voglia una certa disinvoltura a proporre un patto di amicizia.

Circa la conferenza di Lubiana del 21, ho chiesto per tel. corriere urgen

tissime istruzioni. V. E. troverà il rapporto di Lubiana cui mi riferisco nel piego

che farò consegnare a V. E. al suo passaggio fra pochi minuti. Sarò grato a V. E.

se vorrà farmi telegrafare al più presto le istruzioni richieste.

Nel piego sono unite le cose principali che avrei consegnato al corriere

che partirà alle 18,30. Così V. E. potrà vederle subito.

V. E. troverà pure un piego giunto stamani da Roma, più la traduzione di due telegrammi da comunicare al passaggio (4).

(l) -Il telespresso venne inviato, per conoscenza e a firma di Guariglia, anche all'ambasciata di Parigi. (2) -Cfr. n. 100. (3) -Grandi passò da Belgrado nel viaggio di ritorno dalla Turchia. (l) -Allude ai colloqui che Kennard ebbe in quei giorni a Zagabria con i capi della coalizione demorurale e poi, a Belgrado, con Korosec. (2) -Su questo episodio non si è trovato documentazione diretta, Ma cfr. nn. 131, 132, 133. (3) -Non si pubblica. La Sufid era una società industriale italiana che operava in Dalmazio e che nel 1929 fu ceduta ad un gruppo francese. (4) -Annotazione marginale di Mussolini: «Importante •·
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IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 3424/1788. Vienna, 24 dicembre 1928.

Una persona che ha qui incontrato stamane il Capitano Provinciale del Tirolo mi ha ripetuto quanto questi gli ha detto di un suo recentissimo colloquio con il Cancelliere. Seipel ha chiesto a Stumpf quale fosse ora lo stato d'animo in Tirolo nei riguardi dell'Alto Adige. Il Capitano Provinciale gli ha risposto che si nota in questi ultimi tempi un qualche miglioramento, sia perchè non sono stati da noi presi nuovi provvedimenti in quella nostra provincia sia perchè gli uHimi lievi incidenti sono stati risolti prontamente e favorevolmente. Seipel ha soggiunto che fino a maggio si potrà qui andare avanti come ora, ma che per quell'epoca il governo avrà bisogno del prestito. L'Austria non ha, per concluderlo, assoluto bisogno ·dell'Italia, ma se questa non dà anch'essa il suo consenso si dovrà pagare più caro il denaro americano, con un conseguente maggiore aggravio per quest'erario.

Egli si propone di riflettere sul partito da prendere e considera fin da ora la possibilità di fare pratiche in Roma, ma si rende conto che se non offre al nostro governo qualche assicurazione e qualche garanzia questo non recederà, supponendo la relativa calma presente dovuta al bisogno che si ha in Austria del nostro appoggio e prevedendo una ripresa di manifestazioni ostili per l'epoca in cui non ci sarà qui nulla da chiederci.

Mi sono limitato a rispondere che quali che fossero le idee del R. Governo dovevo, come mia opmwne, escludere che nel presente stato di cose noi fossimo disposti «sic et simplicite » ad assentire (1).

• In un primo tempo, per motivi politici, data la nostra convenienza che l'Austria avesse a consolidarsi e non pensasse troppo all'Anschluss, il R. Governo diede opportuneistruzioni affinchè il prestito austriaco venisse in ogni possibile modo agevolato, per quantol'autorizzazione a contrarre il prestito e la rinuncia a taluni privilegi importasse non lieve sacrificio per l'Italia.

In seguito, dopo il discorso di Monsignor Seipel sulla cosidetta questione dell'Alto Adige il R. Governo ritenne che non convenisse ulteriormente agevolare l'Austria per il prestito: e ai nostri rappresentanti furono date istruzioni di provocarne, possibilmente, il

fallimento. . .

In seguito a ciò, tutta la questione del prestito sembrò arenarsi in discussiom d1 carattere tecnico: ma da parte austriaca si comprese subito che l'opposizione italiana era dovuta a ragioni politiche. . .

Quando, in seguito a u~o sc~mbio di messag~i fra .Monsignor Seipel e. S. E ..M';ISS<?hm, il ritorno del Ministro Aurih a V1enna rappresento la npresa delle normah relaz10m d1plo~matiche fra l'Italia e l'Austria, il Governo di Vienna intervenne presso il R. Governo perc:he questo volesse recedere dall'atteggiamento intransige11;te assunto. nei riguardi ?el pres!1to:

n R. Governo rispose evasivamente, che la queshone. era. d1 c_arattere tecn1co.e ql!md1 era allo studio presso i Ministeri competenti •. Il d1scorso ~l S~1pel e qu~llo pro~unc1atc. 11__23 febbraio 1928. Cfr. serie VII, vol. VI, n. 127; per lo scamb10 d1 messagg1 fra Se1pel e Mus.o

lini, ibid., nn. 392, 393.

(l) Sulla questione del prestito austriaco cfr. un appunto riservatissimo s. d. In esso si legge:

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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 11436/2703. Belgrado, 27 dicembre 1928.

Il Signor Pribicevich ha voluto, nelle dichiarazioni fatte il giorno 23 corrente, precisare meglio le sue idee circa i principi che dovrebbero formare la base del futuro stato sud-slavo.

Trascrivo qui appresso le dichiarazioni del predetto:

Le Novosti pubblicano una dichiarazione di Svetozar Pribicevich in cui questi parla delle basi della politica nazionale dei serbi, croati e sloveni. Dopo aver detto che la democrazia assieme alle libere elezioni è la base principale della politica S.H.S. Pribicevich osserva che un'altra base della politica S.H.S. deve trovarsi nell'unione nazionale dei serbi, croati sloveni ed anche dei bulgari. Però i bulgari aderiranno allo Stato S.H.S. solamente quando saranno uguali ai serbi e croati. Perciò bisogna trovare un assetto statale tale, da soddisfare a tutte le condizioni che sono necessarie per sviluppare e rafforzare • le grandi idee dell'unione nazionale •. Si dice che anche i piccoli popoli possono esistere e si addita la Norvegia. • Ma si dimentica -prosegue Pribicevich che la Norvegia non ha vicini l'Italia e l'Ungheria. Quando si porrebbe in atto il cosiddetto divorzio e si fonderebbe la Grande Serbia, che in realtà non sarebbe che la piccola Serbia, allora tale stato si troverebbe di fronte a un pericolo maggiore di quello in cui si trova l'attuale Jugoslavia, da parte dell'Italia e dell'Ungheria. Nessuno potrebbe credere che in caso l'Italia rinunzierebbe alla sua politica di penetrazione nell'Albania, e l'Ungheria alle sue pretese sulla Vojvodina. All'incontro esse avrebbero maggiore probabilità di riuscita nei loro piani. Sono pure evidenti e indubitati i piani dell'Italia e dell'Ungheria nel caso di una indipendente Croazia. Io ho detto già una volta che cosa vogliono l'Italia e l'Ungheria. L'Ungheria vorrebbe ingoiarci fino alle Alpi Bebie, e l'Italia dalle Alpi Bebie in poi. Ed è sicurissimo che l'Italia non rinunzierebbe alla Dalmazia nel caso di una Croazia indipendente. Solamente la Jugoslavia e cioè una Jugoslavia dall'Adriatico al Mar Nero può garantire la completa indipendenza politica del nostro popolo. Chi non vede ciò, è cieco. Una simile grande Jugoslavia, regolata su basi di completa uguaglianza e parità di diritti, è necessaria nello stesso tempo alla pace mondiale e alla pace nei Balcani. Essa sarebbe capace di respingere ogni politica estera di dominazione e di penetrazione nei Balcani e potrebbe realizzare in pratica il principio: i Balcani ai popoli balcanici, principio che oggi è purtroppo una frase vuota. La politica della penetrazione straniera nei Balcani conduce verso la guerra mondiale. La grande Jugoslavia è una barriera contro la penetrazione, la esclude completamente e rende impossibile quella guerra mondiale.

Pribicevich osserva quindi che non c'è una linea netta di demarcazione fra i serbi, croati e sloveni nel territorio dello Stato S.H.S. ed essi si trovano in una posizione geografica, alla quale molti aspirano. • Noi ci troviamo su di una grande via mondiale -dice egli -che ognuno vorrebbe acquistare per sè.

Noi siamo per vero la porta fra l'occidente e l'oriente. Solamente la nostra unione può salvaguardare tale porta nelle mani della nostra popolazione. Ma per ciò ci vuole una politica di grande stile e di grandi concessioni. La politica dell'egemonia e della dominazione dei serbiani [sic] su tutti gli altri non conduce alla consolidazione ma all'annientamento dello Stato ». Pribicevich conclude dicendo che la coalizione demorurale lotta per la grandezza della Jugoslavia, mentre a Belgrado trova « la fortezza del separatismo ». Tale fortezza deve venir abbattuta.

Queste idee di Pribicevich non sono state esposte per la prima volta, ma come a V. E. è noto, ritornano con una certa frequenza, il che sta a dimostrare che dietro il Pribicevich si nasconde tutta un'organizzazione che vuole far trionfare le idee stesse. Ora è noto che la massoneria o, per meglio precisare, il grande Oriente di Francia tende appunto all'unione di tutti gli slavi del sud, dall'Adriatico al mar Nero, sotto la formazione repubblicano-democratica, a somiglianza delle altre sue creature, prima fra le quali la Cecoslovacchia. Quindi, da questo lato, Pribicevich è il più genuino e puro portavoce della massoneria Francese, la quale poi assume i principi monarchici a Belgrado, quando si immedesima colle società segrete militari (Mano Nera e Mano Bianca) e con quelle civili (Narodna Obrana). Ma tutto lascia supporre che le finalità vere della massoneria non siano una grande Monarchia sud-slava. Questa dovrebbe eventualmente essere il ponte di passaggio per giungere alla grande repubblica sud-slava, qualora per ragioni contingenti fosse opportuno arrivarvi prima attraverso la monarchia. Anche il defunto Stefano Radich parlava sempre della unione degli slavi del sud, Bulgaria compresa, ma egli partiva dal punto di vista della internazionale dei contadini, e quindi si avvicinava piuttosto al programma della III internazionale, la quale pure, come è noto, tende ad una grande federazione Balcanica.

Macek e gli altri capi dei contadini croati non hanno più parlato di questo punto programmatico del loro defunto grande capo, e le successive ipotesi della lotta fra croati e serbi, quale si è venuta delineando in questi ultimi tempi, lasciano supporre che essi abbiano completamente abbandonato l'idea dell'unione dei contadini slavi del sud, per avvicinarsi, ed anzi stringersi, intorno al programma dei separatisti croati. Ha trionfato insomma in Croazia il principio che non siano i lontanissimi legami di sangue e dell'idioma che possano costituire la base d'unione fra due popoli, ma bensì il grado di civiltà che attraverso la storia ciascun popolo ha raggiunto. Come sopra ho detto, solo Pribicevich si professa ancora per la Grande Jugoslavia ortodossa e bizantina; ma appare in Croazia come isolato in mezzo ai suoi stessi correligionari e seguaci. La sua voce non sarebbe anzi neppure da segnalare se dietro di lui non si nascondesse, come ho detto, il Grande Oriente di Francia con tutte le sue formidabili formazioni ideologiche, politiche e finanziarie. Ragione per cui sembra che il movimento per l'unione di tutti gli slavi del sud vada seguito e combattuto ad oltranza, aiutando dove già esistono i germi di dissoluzione dei nuclei già esistenti (stato S.H.S.) e rinforzando quelle unità statali, come la Bulgaria e l'Albania (poichè nella megalomania sud-slava, l'Albania dovrebbe essere inghiottita per dare corpo alle leggende del Re Duscian), già esistenti, e sulle quali appunto più fortemente agirà la Massoneria.

14 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

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IL CONSOLE GENERALE A BEIRUT, DE CICCO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. (P. R.) 17367/63. Beimt, 28 dicembre 1928, ore 13,45 (per. ore 19).

Prego voler dare risposta al rapporto 315 (1).

Capo nazionalista Damasco venuto ieri insistere possibilità essere fornito armi prevedendo tra circa 2 mesi scoppio rivolta Siria. Prego V. E. volermi significare se posso iniziare trattative e su quali basi oppure se devo continuare a respingere ogni richiesta (2).

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. GAB. PER CORRIERE RR. 53. Roma, 28 dicembre 1928, ore 20.

Prego recarsi dal conte Bethlen e comunicargli personalmente in via riservatissima a mio nome quanto segue: • Il Governo jugoslavo mi ha fatto chiedere per iscritto e a mezzo del suo ministro a Roma quali erano le mie intenzioni circa la rinnovazione del patto di amicizia itala-jugoslavo che scadrà il 27 gennaio prossimo, proponendosi di iniziare al più presto negoziati per la conclusione di un nuovo patto. Ho risposto che se si voleva fare qualche cosa di serio e di utile non bisognava cercare di firmare a tutti i costi un pezzo di carta del genere di quelli che sono ora di moda, senza contenuto e senza base, ma pensare anzitutto a creare quella indispensabile atmosfera di cordialità e di reciproca fiducia fra i due paesi che attualmente non si può dire che esista nemmeno come figura retorica. Sembra che questa mia risposta abbia fatto buona impressione su Marinkovich, ma in realtà essa ha carattere dilatorio, poichè io voglio procedere in tale faccenda con tutte le necessarie cautele ed evitare fin quando mi sarà possibile di sottoscrivere dei documenti internazionali non soltanto inutili ma eventualmente anche dannosi per il libero sviluppo dell'azione politica dell'Italia. Mi riservo quindi di decidere ponderatamente e senza fretta, tanto più che il termine del 27 gennaio non è perentorio, stante che si tratta di procedere ad un trattato ex novo, per la mancata rinnovazione automatica che avrebbe dovuto aver luogo sei mesi or sono. Ed appunto per avere ogni utile elemento di giudizio, oltre che per il desiderio di tenere al

Cfr. anche quanto comunicava De Cieco con t. 387/57 del 27 febbraio 1929: « Come giàebbi a segnalare nei miei precedenti rapporti una rivolta era possibile e certa, soJo se i Capi nazionalisti avessero potuto contare sull'aiuto materiale e morale di una Grande Potenza. Le speranze erano riposte prima nell'Inghilterra e poi nell'Italia. Cadute queste speranze non credo che nessuno più pensi ad una ribellione che contando sulle sole forze locali sarebbe condannata a priori. Ciò non toglie però che data la natura della popolazione si possano avere prima o poi e all'improvviso dei fatti sanguinosi •·

corrente il Governo ungherese delle direttive politiche italiane con quella fiduciosa premura ispirata alla intimità delle nostre relazioni, prego il conte Bethlen di volermi far conoscere il suo pensiero sull'argomento in relazione sopratutto agli scopi ed alle aspirazioni comuni dei nostri due Governi ».

(l) -Cfr. n. 100. (2) -La risposta del ministero era già partita il giorno 22 (cfr. n. 126).
132

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA

T. PER CORRIERE GAB. R. P. S. 52. Roma, 28 dicembre 1928, ore 20.

Prego V. S. trovare il modo più opportuno per far conoscere confidenzialmente ai capi del movimento croato coi quali ella è in contatto che il Governo jugoslavo a mezzo del suo ministro a Roma ha proposto al R. Governo di iniziare negoziati per la stipulazione di un nuovo patto di amicizia fra l'Italia e la Jugoslavia in sostituzione di quello che scadrà il 27 gennaio prossimo. Il R. Governo non ha dato per ora alcun affidamento in proposito, limitandosi a mettere genericamente in rilievo l'evidente considerazione che i patti di tal genere non debbono essere dei semplici pezzi di carta senza contenuto realistico ma fondarsi sulla cosciente volontà dei Governi e dei popoli di procedere in base a direttive politiche per lo meno non contrastanti, condizione questa che certo nel momento attuale non sussiste fra l'Italia e la Serbia e non sembra sia prossima a verificarsi. In sostanza la nostra risposta è di carattere dilatorio, poichè il R. Governo vuole ponderatamente considerare la questione conservando ogni libertà di decisione. Appunto a questo scopo io desidero conoscere con precisione il pensiero dei maggiori esponenti croati sull'argomento ed il loro modo di vedere sui vantaggi e sugli inconvenienti che un nuovo patto di amicizia italo-jugoslavo potrebbe apportare alla causa croata. Questa mia richiesta pur non potendo naturalmente implicare alcun impegno da parte del

R. Governo circa le decisioni che crederò di dover prendere, costituisce però la miglior prova dell'amichevole interessamento che l'Italia porta al movimento croato e della sua volontà di aiutarne gli sviluppi se essi saranno conformi ai nostri interessi. Ella dovrà quindi giustamente valorizzarla presso chi di ragione. Attendo sue urgenti comunicazioni in proposito (1).

« La Cecoslovacchia dimostra un certo nervosismo in tale contingenza perchè pensa che essa, legata com'è, sia pure a diverso titolo, con la Francia e la Jugoslavia, saprebbedifficilmente conciliare questa sua posizione mediana con un mutato indirizzo dell'Italia verso la Jugoslavia, specie nella verosimile ipotesi che tale indirizzo venga ostacolato dalla Francia.

Essa quindi pensa che solamente un riavvicinamento sostanziale tra la Francia e l'Italia potrebbe eliminarle le difficoltà che le si prospettano, ma non si dissimula d'altra parte gliostacoli, taluni forse insormontabili, che a tale riavvicinamento si frappongono e che troverebbero conferma nel fatto che, come è stato qui sovente ripetuto, dei quattordicipunti che sarebbero stati posti da V. E. a base di una possibile intesa con la Francia, attualmente se ne discutono solamente tre». Veramente i punti posti inizialmente da Mussolini perl'accordo con la Francia erano sette (cfr. serie VII, vol. V, n. 653). I tre punti « attualmente » in discussione erano quelli relativi alla stipulazione di un patto di arbitrato e amicizia, alla questione tunisina e alla questione delle frontiere libiche.

(l) Sugli eventuali accordi italo-jugoslavi cfr. il telespr. 51/12, Praga 7 gennaio 1929:

133

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. PER CORRIERE S. 6593. Roma, 28 dicembre 1928.

Il signor Rakic è rientrato a Roma latore di istruzioni del suo Governo di riprendere le trattative per la rinnovazione del patto di amicizia itala-jugoslavo. In tal senso mi ha rimesso una nota scritta (1). Il Governo fascista intende perseguire di fronte a queste proposte una linea assolutamente conforme nella sostanza agli interessi propri e dei paesi che sono legati all'Italia da vincoli di alleanza e di amicizia.

Prima però di ascoltare le nuove formule che il signor Rakic può venire a presentare, mi preme mettere al corrente di questa situazione S. M. il re degli albanesi affinchè egli sappia sin dal primo momento quale è lo spirito con cui io mi accingerò a eventuali negoziati. Credo che sia superfluo confermare in questa occasione che l'Italia non decamperà anzitutto minimamente dallo atteggiamento sinora tenuto verso la Jugoslavia per la questione albanese, nel senso che nessun accenno a tale questione sarà mai consentito e che la parola Albania non dovrà nemmeno essere pronunziata. Non è quindi neppure il caso di dire che rimangono assolutamente fermi gli impegni presi con le dichiarazioni del 26 aprile 1927 (2).

Non è improbabile che questi negoziati naufraghino prima ancora di cominciare. Occorre tuttavia ch2 Governo italiano proceda con tatto onde lasciare Belgrado intera responsabilità mancato raggiungimento di un qualsiasi accordo. La tattica del Governo serbo è infatti evidente. Dimostrare cioè all'Europa che l'Italia non vuole una politica di pace nei Balcani.

È superfluo fin da questo momento che io assicuri re Zogu che nulla sarà fatto senza che egli sia dettagliatamente informato. Gli interessi dell'Albania non sono meno presenti nel mio spirito che in quello dello stesso re degli albanesi.

Mi riferisca le impressioni del suo colloquio con re Zogu.

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IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 7458/395. Sofia, 29 dicembre 1928, ore 21 (per. ore 1 del 30).

Buroff mi ha chiamato questa sera al ministero Esteri e mi ha pregato di trasmettere a V. E. da parte Governo bulgaro domanda gradimento a nomina generale Volkoff come ministro Bulgaria a Roma. Buroff mi ha informato che decisione nomina Volkoff a Roma è stata presa da re Boris d'accordo collo stesso generale Volkoff al triplice intento:

l) di eliminare agitazione più o meno latente ma indubbiamente esistente nell'esercito tra partigiani e avversari di Volkoff e sottrarre completamente esercito a qualsiasi influenza politica;

2) di chiarire situazione parlamentare oggi imperniata su questione della persona del generale Volkoff più che su questioni di programmi e di principi;

3) di affidare posto di Roma, cui importanza è in continuo aumento per Bulgaria, a personalità di prim'ordine della politica bulgara. Buroff a nome del Governo bulgaro si permette pregare per mio mezzo V. E. volergli dare cortese sollecita risposta dovendosi provvedere nomina nuovo ministro guerra che probabilmente sarà attuale capo stato maggiore generale Bakargieff antico allievo accademia Torino personalità militare eminente, ma priva di ogni fisionomia politica benchè amico fedele di Volkoff. Uscita generale Volkoff dal gabinetto Liapceff segna indubbiamente successo di Buroff cui ritengo abbia contribuito Moloff con suo recente modificato atteggiamento. Situazione parlamentare che si era venuta creando in questi ultimi tempi era tuttavia così tesa e confusa, e ripercussioni nella compagine dell'esercito erano realmente così sensibili che provvedimento odierno appare giustificato per evitare al paese nuove serie agitazioni. Se Parigi e Londra crederanno poter essere soddisfatte uscita Volkoff dal ministero Liapceff, occorre rilevare significativo spirito indipendenza mostrata da Governo bulgaro nominando a suo rappresentante presso il Governo italiano il generale Volkoff che Francia e Inghilterra accusavano di soverchia italofilia giungendo persino a sospettare esistenza di sua intesa personale con Roma circa la questione macedone. Considerato quanto ho sopra accennato circa inevitabilità uscita Volkoff dal ministero, circa alta personalità e sue simpatie per l'Italia e circa infine sua amicizia personale con re Boris, mi permetto esprimere rispettosamente parere favorevole concessione gradimento.

(l) -Non rinvenuta. (2) -Cfr. serie VII, vol. V, n. 169.
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L'AMBASCIATORE A MOSCA, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 18/1. Mosca, 2 gennaio 1929, m·e 13,55 (per. ore 17,55).

Litvinoff mi ha detto che S. E. Grandi aveva avuto ad Angora cordiale colloquio con Suritz. In esso aveva riconosciuto correttezza ambasciatore di Russia a Roma ed aggiungeva credere fermamente che le relazioni tanto politiche che economiche dell'Italia e della Russia erano destinate a serrarsi in avvenire. Litvinoff soggiunse che queste dichiarazioni corrispondevano e confermavano quelle recentemente fatte dalla E. V. a Kurski e che egli se ne compiaceva vivamente. Osservai che egli ne aveva già accennato meco senza però farne oggetto conversazioni. Litvinoff mi disse allora che V. E. aveva espresso ambasciatore Russia convinzione che presto o tardi Italia e Russia avrebbero dovuto intendersi tanto nel campo politico che in quello economico. V. E. avrebbe aggiunto che pensava tuttora conclusione di un patto amicizia con Russia, che un simile trattato avrebbe potuto peraltro guadagnare dall'essere stipulato più tardi dato che secondo pensiero di V. E. avrebbe dovuto essere di portata molto vasta (1).

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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 19/5. Belgrado, 2 gennaio 1929, ore 22 (per. ore 2,50 del 3).

Attiro attenzione V. E. sul mio telegramma stampa di ieri n. l con notizia da Londra pubblicata Politika in cui parlasi di offerta fatta dal Signor Mussolini al Governo S. H. S. di rinnovare non solo trattato amicizia bensì iniziare trattative per conclusione nuovo trattato complementare. Notizia stampata in grassetto e con fotografia di V. E. evidentemente fabbricata dalla redazione per servire a scopo interno nell'attuale delicato momento della crisi che si presenta con carattere costituzionale. Altri giornali Belgrado portano commenti e danno notizie al riguardo. Li segnalo a V. E. con odierno telegramma stampa. Sulla insistenza tali notizie osservo poi che, a parte che proposta avanzata a

V. E. da Rakich fu fatta quando tutti sapevano che ministero aveva ormai pochi giorni di vita e sembra dettata da preoccupazioni personali di Marinkovich di voler caratterizzare sua politica con tale suo ultimo atto, la richiesta di trattative per un nuovo patto può essere stata, per parte Governo Korosec, manovra interna per intimidire croati e mostrare che Governo, avendo intera autorità internazionalmente, malgrado crisi croata, potrebbe addivenire a nuovo trattato con l'Italia anche nella loro assenza ed ai loro danni.

Colgo occasione per richiamare mio telegramma per corriere 11201/2633 del 14 dicembre scorso (2) e mettere in rilievo che soluzione della crisi interna appare assai legata a relazioni itala-jugoslave. Poichè, se una forte corrente vede nella crisi croata l'indebolimento della compagine statale, in rapporto alle finalità militari e politiche antitaliane volute da Parigi e si preoccupa portarvi rimedio per persistere negli obiettivi a noi ostili, non vi è dubbio per molti sintomi che sento intorno a me quotidianamente, che una corrente sempre più notevole, comincia a comprendere la necessità di disimpegnarsi dagli obblighi derivanti dalla suddetta politica militarista e, riprendendo tradizione Pasiciana, di accettare fiduciosi rapporti amicizia con noi, solo rimedio alle difficoltà di politica estera e sicuro mezzo per dedicare ogni attività al risanamento della situazione interna.

(l) Sul progettato patto italo-sovietico efr. anche Dokumenty Vnesnei Politilci SSSR, XII, Mosca, 1967, nn. 16 e 75.

(2) Cfr. n. 112.

137

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 1/12. Belgrado, 4 gennaio 1929, ore 22,40 (per. m·e 2,10 del 5).

Mio telegramma n. 11 (1).

Da informatore di fiducia mi risulta che Macek e Kossutich si sono confidenzialmente espressi con lui nel senso di ritenersi sicuri di poter provocare qualsiasi movimento in Croazia avendo tutti i mezzi finanziari ed armi al.oro disposizione per poter resistere tre mesi. Non hanno precisato di dove trarrebbero tali mezzi. Hanno asserito contare su una organizzazione militare che ha sue fila in ogni reggimento S. H. S. e potrebbe anche provocare movimenti in Macedonia. Comando S. H. S. poco sicuro truppe starebbe inviando in congedo numerosi croati e macedoni per rendere più omogenea composizione reggimenti. Essi si preoccupano soltanto attitudine V. E. specie nel caso in cui Francia per appoggiare azione repressiva di Belgrado inviasse navi in porti dalmati. Ritengono recente proposta Rakich a V. E. per nuovo patto amicizia una manovra interna intimidatrice verso di essi. Riferisco inoltre, ma però con ogni mia riserva:

l) Vi sarebbero contatti con Vienna, forse personalmente con Seipel, per una possibile unione con Austria, soluzione che taluno riterrebbe potrebbe essere accettabile in estrema ipotesi da Francia, sia nella speranza formare un organo da tenere contro di noi, sia per escludere Anschluss.

2) Che vi è qualche motivo supporre un doppio giuoco ungherese nei nostri riguardi (ne riferisco dettagli con telegramma per corriere) (2). Ciò premesso e rinnovate le mie riserve per i punti non accertati mi permetto sottoporre all'esame e decisione di V. E. che svolgimento crisi croata, specie se debba indirizzarsi, come tutto fa oggi credere, verso situazione estrema produttrice di fatto storico, ha da essere seguito con sempre maggiore circospezione. Troppi fermenti ex-imperiali stanno venendo di più in più a galla per chiederci se nostro incoraggiamento e l'aiuto al movimento croato debba essere dato sino ogni estrema conseguenza o soltanto fino al momento in cui a Belgrado si senta (dal Re in poi) che la sola salvezza può venire dall'Italia purchè vi siano condizioni generali garanzia assoluta di un capovolgimento politica infeudata alla Francia.

(l) -T. 50/11 pari data, che non si pubblica. (2) -Cfr. n. 138.
138

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 45/20. Belgrado, 4 gennaio 1929.

Mio telegramma n. 12 data odierna (1).

Pur facendo ogni legittima riserva informo V. E. che solito mio informatore il quale per prove serie e sicure è degno di molta fiducia mi riferisce quanto segue:

• Questo Ministro d'Ungheria Barone Forster mi ha detto che il Conte Bethlen è favorevole ad una politica di intesa colla Jugoslavia, colla quale sarebbe possibile venire ad una liquidazione delle pendenze territoriali create dal Trattato del Trianon sulle seguenti basi: l'Ungheria rinuncerà definitivamente alle sue pretese sulla Croazia, sulla Slavonia, e su di una parte della Voivodina con Novi Sad, mentre ritornerebbe all'Ungheria Subotiza ed il suo territorio chiamato Beskeret. Così ogni ragione di contestazione sarebbe tolta fra i due paesi i quali hanno tutto l'interesse d'intendersi anche dal lato economico. Secondo Bethlen questo sarebbe l'unico mezzo per rompere la Piccola Intesa e per dare il primo fiero colpo al Trattato di Trianon. Forster avrebbe aggiunto che l'amicizia con l'Italia è un opportunismo di politica momentanea ma che l'Ungheria poco ha da sperare dall'Italia con cui non ha frontiere comuni. Avrebbe aggiunto che Bethlen gli ha dato istruzioni nel senso sopradetto per giungere ad una stretta intesa colla Jugoslavia, ma che per il momento i suoi tentativi presso uomini politici locali non hanno sortito alcun effetto ».

Lo stesso informatore ebbe qualche tempo fa a Budapest un colloquio col Conte Teleki, ex presidente del Consiglio ungherese, e parente del Conte Bethlen, e ne trasse le seguenti testuali dichiarazioni:

• Gli ungheresi odiano i Cecoslovacchi, disprezzano i Rumeni, stimano i Serbi, nemici leali e valorosi ai quali si può stringere la mano dopo il combattimento, non si fidano dell'Italia di cui abbiamo esperimentato la malafede nel 1915 quando ruppe il trattato della Triplice Alleanza per combatterci. L'attuale alleanza fra Ungheria e Italia è una commedia che recitiamo contro Ja nostra volontà e per pura necessità non avendo altro stato estero su cui appoggiarci··

Lo stesso informatore riferisce che al Ministero degli Esteri a Berlino gli fu detto che il Ministro di Ungheria in quella città, ex funzionario austriaco e noto germanofilo, si starebbe adoperando per un'alleanza della Ungheria colla Jugoslavia sotto gli auspici tedeschi.

Ho creduto mio dovere riferire quanto sopra e per la fonte da cui proviene e per la importanza che le notizie stesse potrebbero avere nell'attuale momento politico, e perchè V. E. possa essere in possesso di ogni possibile elemento di informazione e di giudizio della complessa situazione jugoslava.

Bisogna a mio giudizio tener presente: l) che l'Ungheria ha certamente numerosi e stretti legami con i separatisti croati;

2) che potrebbe domani abbandonarli ai serbi avendo come contropartita una stretta alleanza colla Jugoslavia sulla base del predetto assetto territoriale.

Una simile possibilità potrebbe forse essere anche favorita da noi, qualora essa corrispondesse pure a tutto un nuovo orientamento politico di questo Stato. Ma questo rientra nella politica generale che esce dalla mia competenza e della quale solo V. E. può essere giudice.

(l) Cfr. n. 137.

139

IL CONSOLE GENERALE AD INNSBRUCK, RICCIARDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 61/9. Innsbruck, 4 gennaio 1929.

Notizie confidenziali di buona fonte mi informano che qualche giorno fa nel Palazzo del Governo del Tirolo è stata tenuta, per convocazione e sotto la presidenza del Capitano Provinciale Dottor Stumpf, una riunione segreta alla quale hanno partecipato tutti i Consiglieri Nazionali e Federali tirolesi e i dirigenti di queste associazioni irredentistiche, fra cui il Dottor Pembauer, il Dottor Mumelter e il Dottor Reut-Nicolussi. Scopo della riunione sarebbe stato quello di persuadere, per desiderio di Monsignor Seipel, i più accesi agitatori antitaliani a moderare la propria attività e soprattutto ad abbandonare talune forme irritanti di propaganda, atte a compromettere o danneggiare vitali interessi dell'Austria. Alla discussione avrebbero preso parte attiva, appoggiando le richieste del Governo, il Consigliere Federale Dottor Steidle, il quale avrebbe espresso la necessità di fare una politica realistica che rinvii a tempi più propizi l'esercizio con mezzi efficaci della lotta per le rivendicazioni nazionali e dimostrato il danno che l'attuale incomposta campagna reca alla causa e agli interessi degli stessi Altoatesini, e il Consigliere Nazionale Kolb, che, in considerazione dei vitali interessi dell'Austria in gioco, avrebbe aderito all'idea della opportunità. di una remora nell'agitazione irreàentista. Gli interessi vitali dell'Austria, cui si fa cenno, sarebbero, a quanto mi assicura il mio informatore, l'urgente necessità di concludere il noto prestito all'estero e il bisogno di ottenere all'uopo il consenso dell'Italia. D'altra parte Monsignor Seipel avrebbe fatto sapere aver egli speranza di poter prossimamente incontrarsi in una città italiana del nord con S. E. il Capo del Governo al quale si proporrebbe raccomandare caldamente la sorte dei tedeschi della provincia di Bolzano con la persuasione di riuscire ad ottenere una mitigazione del programma italiano di assimilazione degli allogeni.

Il contegno di Reut-Nicolussi e degli altri più accesi propagandisti durante la discussione sarebbe stato assai riservato ed essi non si sarebbero pronunciati apertamente per l'adesione ai desideri di Vienna. Il mio informatore mi aggiungeva che il 12 corrente il Dottor Steidle, capo di queste Heimatwehren, si recherà a Berlino accompagnato dal noto suo a latere Maggiore Pabst: i due, che avranno un abboccamento col Dottor Stresemann, si proporrebbero -e, all'uopo, recherebbero una lettera di accreditamente di questo Capitano Provinciale Dottor Stumpf e probabilmente anche di Monsignor Seipel -di ottenere che la Wilhelmstrasse prema con tutta la sua influenza sui predetti agitatori tirolesi per indurii a conformarsi strettamente ai desideri del Governo di Vienna. Naturalmente si calcola sulla forza degli argomenti di cui il Dottor Stresemann può disporre, essendo ben noto che queste associazioni irredentiste, Andreas Hofer Bund; Schulverein Suedmark; Hilfestelle fuer Suedtirol, traggono i loro mezzi di esistenza e quelli dei loro dirigenti, i Mumelter, i Nicolussi, i Pembauer ecc., dalla Germania e principalmente dal Verein fuer das Deutschtum in Auslande e dal Deutscher Schutzbund. D'altra parte si ritiene che il Dottor Stresemann non si rifiuterà di intervenire proficuamente non tanto per far cosa grata al Governo austriaco quanto per liberarsi egli stesso, col buon pretesto di agire per desiderio dello stesso Tirolo, dalle beghe della questione alto-atesina nella quale già prese, come è noto, posizione, per sfuggire al rimprovero, che spesso questi circoli irredentistl fanno alla Germania, di tradire la causa tirolese.

Se queste informazioni sono, come ritengo, esatte, se ne può concludere, come, del resto già accennai in precedenti rapporti segnalando che da qualche tempo si nota una certa accalmìa nell'agitazione ai nostri danni, che l'Austria, sotto l'assillo della necessità di giungere alla conclusione del sospirato prestito all'estero, si è resa conto che è indispensabile di tranquillizzare l'Italia e di ménager le sue legittime suscettibilità. Come già altre volte ho avvertito, questo del prestito è un forte atout nelle nostre mani ed un efficace mezzo di pressione al quale mi sembra necessario non rinunziare senza formali assicurazioni e cautele che ci garantiscano, a concessioni fatte, da una ripresa di agitazione, che prevedibilmente sarebbe tanto più violenta ed energica quanto minori i mezzi a nostra disposizione per premere sul Governo federale (1).

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IL PREFETTO DI GORIZIA, CASSINI AL DIRETTORE GENERALE DEI CULTI DEL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, DAMIANO (A C S, Ministero della Giustizia, Vescovi, Gorizia)

N. GAB. 5126. Gorizia, 4 gennaio 1929. Risposta al foglio 21 novembre 1928, n. 4612. La notizia che questo Principe Arcivescovo, Monsignor Dottor Francesco Borgia Sedej, non ha partecipato, nella ricorrenza del VII annuale dell'Era Fascista, alla cerimonia civile di inaugurazione di questa Cattedrale, ricostruita a spese dell'Erario, è perfettamente esatta. Per comprendere il significato di tale gesto, unanimemente deplorato, oc

corre premettere che l'Arcivescovo si era tenuto al corrente dei lavori del Duomo, sia direttamente, sia per mezzo del canonico Monsignor Dottor Gio

vanni Tarlao, delegato appunto dal Capitolo per la vigilanza sull'opera di ricostruzione della Cattedrale.

Mons. Tarlao non ignorava l'intenzione dell'Ufficio Ricostruzioni e delle Autorità politiche, di procedere il giorno 28 ottobre alla inaugurazione anche di questa, come delle altre opere compiute nell'anno VI, tanto è vero che aveva preparato una epigrafe latina che ricordasse l'avvenimento, epigrafe che venne poi scartata perchè giudicata imperfetta da competenti e sostituita con altra bella epigrafe in italiano. Aggiungo anzi che il canonico Mons. Tarlao, sempre nella sua qualità di Delegato del Capitolo, era intervenuto alla riunione tenuta in Prefettura per concordare le modalità delle singole ,cerimonie.

Non vi ha quindi dubbio che anche l'Arcivescovo ed il Capitolo fossero perfettamente informati della decisione presa, di inaugurare, nel giorno anniversario della Marcia su Roma, il nuovo Duomo, apponendovi il Fascio Littorio.

Comunque, l'ingegnere direttore dell'Ufficio Ricostruzioni che aveva eseguito i lavori, e che per ciò era stato incaricato di predisporre quanto fosse necessario perchè la cerimonia si svolgesse nel miglior modo secondo il programma, credette suo dovere recarsi di persona dall'Arcivescovo per invitarlo ufficialmente alla inaugurazione.

Monsignor Sedej lo ricevette in modo brusco, ciò che del resto corrisponde anche al suo carattere, affermando che del Duomo il padrone era lui, che per lui la vera inaugurazione era la religiosa, e soggiungendo che in ogni caso trattavasi di cerimonia di carattere politico e perciò vi erano precise disposizioni della S. Sede che gli impedivano di intervenire.

Tali dichiarazioni egli ripetè allo stesso Monsignor Tarlao quando si recò da lui per ripetergli l'invito e per rappresentargli l'opportunità della sua partecipazione.

Mi consta che a Mons. Tarlao egli dichiarò pure che i sacerdoti avrebbero potuto regolarsi come avessero creduto, però faceva osservare che egli non interveniva e non delegava nessuno a rappresentarlo.

Naturalmente i preti, anche quelli di parte italiana compreso Monsignor Tarlao, interpretando la reale volontà dell'Arcivescovo, e per non incorrere in guai, si astennero dalla cerimonia.

L'assenza dell'Arcivescovo e dei sacerdoti dalla inaugurazione del maggior tempio della città, venne sfavorevolmente commentata dalla popolazione; tuttavia per il senso di prudenza e di calma che prevalse e per le misure precauzionali adottate, non ebbero a verificarsi incidenti di sorta, nè vennero in alcun modo turbate le altre inaugurazioni già predisposte e che si svolsero secondo l'ordine e il programma stabiliti.

I pretesti addotti da Monsignor Sedej a giustificare l'astensione dalla cerimonia, non hanno convinto nessuno.

Non so se effettivamente esistessero gli accampati divieti della S. Sede, ma anche ammesso che esistessero, è logico supporre che non potevano estendersi alla inaugurazione di una chiesa splendidamente ricostruita a spese dello Stato, e sarebbe fare un torto allo stesso Monsignor Sedej il pensare che esso non abbia saputo comprendere come in tale caso il Vescovo non solo avrebbe potuto, ma avrebbe dovuto presenziare alla cerimonia, se non altro per un sentimento di gratitudine verso il Governo Nazionale che non ha guardato all'entità del sacrificio finanziario, pur di ridonare alla Cattedrale di Gorizia nuovo e maggiore splendore.

D'altra parte contro l'affermazione di Monsignor Sedej, sta anche il fatto che nello stesso giorno vennero inaugurate in questa provincia altre chiese pure ricostruite a spese dello Stato (ad esempio i santuari di Monte Santo e di Castagnevizza, la chiesa parrocchiale di Savogna e quella di Raunizza) ed alle singole cerimonie furono presenti i parroci ed altri sacerdoti senza che alcuno di essi adducesse superiori divieti.

La vera ragione invece del modo di agire del Vescovo sta, secondo la generale opinione, nella sua mentalità e nei suoi sentimenti che sono e rimarranno sempre quali erano e cioè: slavi ed austriacanti e quindi antitaliani ed antifascisti e per ciò stesso tali da non consentirgli di partecipare a manifestazioni disposte il 28 ottobre e consistenti soprattutto nell'apposizione sulle opere pubbliche del simbolo del Regime.

La figura di Monsignor Sedej è ormai troppo nota per doverne fare oggetto di ulteriore esame.

Persona, moralmente inattaccabile, egli politicamente da l'impressione di un sopravvissuto. Tutti gli avvenimenti succedutisi da dieci anni a questa parte non hanno valso a modificare in nulla i suoi principi e sistemi, di modo che egli continua a vivere e svolgere l'opera del suo ministero, come già sotto l'impero austro-ungarico.

Qualche volta egli sembra comprendere l'assurda situazione in cui è venuto a trovarsi ed allora assistiamo a manifestazioni di ossequio e di devozione verso la Casa Reale ed il Governo.

Così il giorno 11 novembre l'Arcivescovo ha diretto un vibrante telegramma di omaggio a S. M. il Re e pochi giorni dopo, nella circostanza della consacrazione della nuova chiesa di Raunizza, ha reso pubbliche grazie al Governo Nazionale per la generosità con cui ha provveduto alla ricostruzione degli edifici di culto distrutti dalla guerra.

Tali manifestazioni però lasciano perfettamente indifferente l'elemento ita· liano perchè le ritiene insincere e prettamente opportunistiche, mentre d'altrn canto sono male accolte dall'elemento sloveno più acceso che vorrebbe vedere l'Arcivescovo sempre ed in ogni caso schierato contro tutto ciò che sa d'italiano e di fascista.

Di questo atteggiamento strano e tortuoso, quando non è decisamente ostile, che Monsignor Sedej tiene nei confronti dello Stato e del Regime, si fanno forti i preti sloveni per svolgere propaganda slavofila o per opporre all'opera di penetrazione italiana la più tenace resistenza passiva.

È fuori dubbio che l'atteggiamento del clero nei riguardi dello Stato e del Regime non è affatto migliorato; direi anzi che è alquanto peggiorato, soprattutto a causa del recente provvedimento che ha esteso anche alle nuove provincie il Regolamento generale scolastico il quale non ammette l'insegnamento religioso nelle scuole se non in italiano, mentre prima veniva impartito in sloveno, e ne affida l'incarico normalmente ai maestri e solo in via eccezionale ai sacerdoti.

Lo stesso Arcivescovo ha preso posizione contro tale provvedimento istituendo in questa Archidiocesi i • Sodaliz1 della Dottrina cristiana • che hanno lo scopo di insegnare ai bambini il catechismo nelle chiese per un'ora circa di ogni domenica o giorno festivo.

Tale sodalizio esiste già da tempo nelle vecchie provincie e potrebbe considerarsi come un provvedimento ecclesiastico normale se non venisse dopo e non avesse il significato intenzionale di costituire una risposta alle menzionate disposizioni dell'autorità scolastica.

Come ho fatto più volte presente, è vano sperare che il clero attuale cambi atteggiamento. Il suo passato, la sua mentalità, i suoi sentimenti profondamente radicati, lo portano ad essere l'esponente del nazionalismo sloveno.

È lecito invece sperare nei giovani sacerdoti. Ma per ottenere buoni sacerdoti occorre attrarre in questa zona elementi delle vecchie provincie. A questo proposito avevo proposto a codesto Ministero sia direttamente, sia pel tramite del Ministero dell'Interno, di elevare le dotazioni o sovvenzioni agli alunni del Seminario Teologico che attualmente sono stabilite nel numero massimo di 114 e nell'ammontare di L. 500 ognuna.

Sembra però che all'accoglimento della mia proposta ostino difficoltà di vario genere.

Trattandosi peraltro di un problema di capitale importanza per questa provincia, mi riservo di riferire in merito a codesto Ministero con ulteriore separato rapporto (1).

(l) A margine annotazione di Mussolini: « importante •.

141

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 62/5. Tirana, 5 gennaio 1929, ore 20,50 (per. o1·e 1 del 6).

Ho fatto a Re Zogu le comunicazioni di cui al telegramma di V. E. per corriere 6593 del 28 dicembre scorso (2), pervenutomi ieri sera. Sua Maestà ha grandemente apprezzato il gesto di V. E. Si è mostrato convinto che il passo jugoslavo è diretto soprattutto a mettere in imbarazzo l'Italia dinnazi alle cancellerie europee. Per intrattenerlo in questa persuasione ho sottolineato la premura che il Governo jugoslavo ha posto nell'informare stampa specialmente londinese dell'avvenuta presa contatti Italia e Jugoslavia.

S. M. il Re mi ha detto che eventuale conclusione di un trattato Italia e Jugoslavia non influenzerebbe in nessun modo i rapporti fra Serbia e Albania

• che sono separate da odio di sangue •. Egli teme però che un riavvicinamento fra Roma e Belgrado possa mettere nella disperazione Ungheria e Bulgaria e specialmente quest'ultima, che • essendo governata da un Re inetto •, è sempre incerta e ondeggiante nelle sue direttive.

'Sua Maestà si è mostrato tranquillo e completamente fiducioso nella saggezza di V. E. È grato delle promesse di ulteriori informazioni che egli ascolta con vivo interesse ma senza preoccupazioni.

(l) -Sul problema del clero nelle Venezia Giulia cfr. il memo.riale per Mussolini del 16 gennaio 1928 dei vescovi di Gorizia, Parenzo e Pola, Trieste, Borgia Sedej, Trifone Pederzolli, Fogar, ed in D. KLEN, Neki dokumenti o svecéntsvu u Istri izmedu dva rata, Zagreb, 1955, pp. 72-74; e cfr. anche le considerazioni sul memoriale suddetto nella nota del prefetto di Pola al ministero dell'Interno del 23 febbraio 1928, ibid., pp. 74-77. (2) -Cfr. n. 133.
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IL DIRETTORE GENERALE DELL'AFRICA ORIENTALE DEL MINISTERO DELLE COLONIE, ASTUTO, AL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA

T. 10. Roma, 5 gennaio 1929.

Si trasmette l'unito telegramma inviato da S. E. Zoli alla R. Legazione di Addis Abeba e qui comunicato per conoscenza (1).

Le notizie ivi riferite sulla situazione interna dell'Abissinia, come rileverà codesto R. Ministero, hanno una particolare importanza e dimostrano la necessità di seguire attentamente gli avvenimenti etiopici.

Si ritiene pertanto doveroso di richiamare sui fatti esposti da S. E. Zoli l'attenzione di codesto R. Ministero. Al Governatore dell'Eritrea si è risposto col seguente telegramma: « Riservatissimo. Decifri da sè.

Si è comunicato suo 4451 Ministero Esteri. Si conviene circa necessità di seguire attentamente avvenimenti etiopici e prendendo atto disposizioni prese da V. E. per intensificare servizio informazioni oltre confine pregasi tenere al corrente questo Ministero delle notizie che saranno raccolte ».

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

TELESPR. 200716/3. Roma, 5 gennaio 1929.

Prego l'E. V. di voler 'Prendere visione dell'annesso promemoria (2), il cui oggetto interessa vivamente questo Ministero.

È probabile che i membri del Comitato Centrale, risiedente in Costantinopoli, abbiano a chiedere di intrattenersi coll'E. V. E3si sono: Fuad bey Dibra, Malik bey Kumana ed Avni bey Ghilani, con recapito a Galata, Omer Abid Han, n. 13, 2° piano, presso Hajdar bey.

Ove questi signori Le si presentassero, prego l'E. V. di ascoltarli prendendo

nota dei loro progetti e dei loro piani, e udire le loro richieste. Sarà opportuno

« Da vario tempo e precisamente dopo mio ritorno da Addis Abeba, si sono diffuse qui portatevi dai negadras oltre confine, voci sempre più insistenti di profondo malcontent~ maggiori capi etiopici territori settentrionali contro incoronazione Negus Tafari. Di tali voci non ho mancato doverosamente far cenno a V. S. in mie precedenti comunicazioni...

Oggi stesso R. commissario Hamasen mi informa che indigeni provenienti da Macallè riferiscono che ostilità maggiori capi etiopici contro Negus Tafari va ognora accentuandosi e assumendo carattere vero e proprio di ribellione: gli è specialmente rimproverato suo atteggiamento italofilo e concessioni testè fatteci. Questo movimento farebbe capo Imperatrice e ras Cassa; ma ne sarebbe animatore ras Gugsa Araia di accordo con ras Gugsa Oliè, collo stesso ras Seium e ras Ailù: quest'ultimo apparentemente amico e devoto al Negus. ma effettivamente suo fiero avversario... Mi domando se questi non siano indizio di preparazione, se non inizio, di un movimento rivolta in incubazione».

che il fabbisogno finanziario, a cui non mancheranno di accennare venga precisato con una certa esattezza e che l'E. V. si possa render conto del massimo e del minimo entro cui si dovrebbero contenere le cifre, del modo con cui i danari andrebbero spesi in relazione ai diversi punti del programma, e della entità delle risorse di cui già il Comitato disporrebbe. Tutto ciò con benevolenza ed interessamento, ma senza prendere alcun impegno, al di fuori della simpatia. Basterà lasciar loro l'impressione che la cosa potrà non finire col colloquio.

Di quanto sarà per risultarLe l'E. V. vorrà riferirmi a suo tempo in una delle impressioni che persone ed argomenti saranno per inspirarLe (1).

(l) Il telegramma di Zoli del 29-30 dicembre 1928 diceva:

(2) Non si pubblica. Si riferisce al comitato rivoluzionario di Kossovo.

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L'AMBASCIATORE A MOSCA, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 43/4. Mosca, 5 gennaio 1929.

Allorchè Wassif Bey giunse a Mosca lo accolsi con ogni cortesia, offrendo un pranzo in suo onore e facendo sì che egli avesse l'impressione di trovare all'Ambasciata d'Italia quella cordialità di sentimenti che esiste fra i nostri due paesi. Dopo di che ritenni opportuno di lasciar trascorrere qualche settimana senza cercare occasioni d'incentrarmi con lui, ritenendo utile ch'egli si ambientasse a Mosca e si formasse un concetto di questo paese e dei suoi governanti. La ragione principale di tale mio modo di procedere fu la convinzione assoluta che le autorità sovietiche sorvegliavano attentamente Wassif Bey per sapere quali colleghi egli frequentasse di preferenza e soprattutto se vedesse me.

Iersera incontrai casualmente ad un pranzo ad una Legazione estera il mio collega turco ed ebbi con lui una lunga interessante conversazione che riassumo.

L'iniziai io dicendogli che supponevo dovesse essere molto occupato nel preparare la restituzione ad Angora, da parte di Litvinov o di Karakhan, della visita fatta due anni or sono da Tewfik Roussdi Bey a Cicerin ad Odessa. Wassif Bey mi rispose che non si er; sinora fatta parola di tale eventualità, ma non fu evidentemente del tutto sincero perchè nel corso del colloquio mi disse che questi governanti, mentre ostentavano di non annettere importanza alle questioni protocollari, osservavano però che Tewfik Roussdi Bey non si recò nè nell'URSS nè in Italia alla capitale e quindi sembrano dubitare che la visita fatta ad Odessa possa essere restituita ad Angora.

Wassif Bey mi disse inoltre che qui si vorrebbe che Ghazi Kemal Pascià venisse a Mosca, il che è impossibile.

Aggiunse che giorni or sono aveva fatto visita al Commissario alla Guerra e Marina, Voroscilov, il quale gli aveva detto che avrebbe un grande desiderio di recarsi in Turchia. Egli aveva risposto che nulla era più facile che lo invitava anzi a farlo. Al che Voroscilov aveva osservato che purtroppo riteneva invece la cosa difficilissima, anzi impossibile, a causa non tanto dei commenti che un simile viaggio avrebbe provocato da parte della stampa estera, ma delle

difficoltà che gli sarebbero frapposte da parte del Cremlino, alludendo così chiaramente ai sospetti di cui è oggetto.

Wassif Bey parlò quindi del viaggio di S. E. Grandi in Turchia dicendomi che dato il riserbo che gli uomini di stato soviettici dovevano mantenere meco al riguardo, non avevo forse avuto modo di rendermi conto fino a qual punto esso avesse esasperato il Governo soviettico. Litvinov gli aveva chiesto: • che cosa ha pagato l'Italia alla Turchia perchè si induca ad accordarsi con la Grecia? •. Egli gli aveva risposto che la Turchia non aveva bisogno di chiedere alcun compenso per compiere un atto che rispondeva intieramente alle sue intenzioni ed ai suoi interessi. L'accordo turco-greco non era stato sinora firmato perchè dovevano :mcora essere regolate talune questioni, ma secondo le ultime notizie pervenutegli riteneva che le difficoltà sarebbero state presto superate. Al che Litvinov gli domandò: « che cosa si fa allora pagare la Turchia dalla Grecia per firmare un patto di amicizia? ».

Wassif Bey disse quindi che al Narcomindiel non meno che all'Ambasciata soviettica ad Angora si è convinti che durante il soggiorno di S. E. Grandi in Turchia l'URSS abbia formato non soltanto oggetto delle maggiori conversazioni, ma che si sia concluso o perlomeno convenuto un accordo segreto a danno dei Soviets.

Altri gravi argomenti di preoccupazione per i bolscevichi erano i recenti accordi turco-ungherese ed ungaro-polacco (1).

Circa il primo Wassif Bey aveva dichiarato a Litvinov di potergli dare ogni assicurazione che non era diretto contro l'URSS perchè lo aveva negoziato egli stesso prima di lasciare Budapest per venire a Mosca. L'accordo corrispondeva al desiderio dei due Governi e dei due popoli i quali amano ricordare la comune origine turanica e mirava unicamente a costituire un nuovo anello della catena dei numerosi accordi internazionali intesi a garantire la pace Europea e nell'oriente mediterraneo.

A prova di quanto gli aveva detto credeva di poter lasciar intendere ai Soviets -pur non avendone ricevuto un vero e proprio incarico -che il Governo magiaro non sarebbe alieno dall'entrare in relazioni ufficiali con l'URSS alla condizione di ricevere da questa garanzie formali che la III Internazionale non avrebbe tentato di svolgere alcuna attività in Ungheria. Litvinov gli aveva risposto che questa era una pretesa assurda. Wassif Bey aveva osservato di non scorgerne il perchè, visto che l'URSS protestava costantemente contro le accuse mossele di fare propaganda comunista negli altri Stati. Al che Litvinov ribattè che era assurdo credere che il Governo soviettico potesse prescrivere una linea di condotta alla III Internazionale dato che questa era un organismo assolutamente indipendente da esso.

Circa il patto di amicizia ungaro-polacco Wassif Bey mi disse che esso è

qui più che mai attribuito all'influenza dell'Italia. Egli aveva cercato, conoscendo

bene la situazione ungherese, di spiegare a Litvinov che un simile patto era

conforme agli interessi morali e materiali dei molti aristocratici magiari tran

silvani ai quali stava a cuore di regolare in modo soddisfacente con i Romeni

la questione degli optanti. Poichè fra Ungheria e Polonia esistevano affinità di consuetudini, simpatie tradizionali, comunità pure di interessi generali, era naturale che il Governo di Budapest avesse cercato di indurre quello di Varsavia ad esercitare sull'alleata Romania una azione conciliatrice, nel senso di farle assumere verso l'Ungheria un atteggiamento che permettesse di raggiungere l'accordo sulle questioni pendenti.

Ma Litvinov non si era lasciato persuadere. Ed anzi a riprova dell'ispirazione dell'Italia e della doppiezza della diplomazia fascista gli aveva riferito che Suritz aveva telegrafato che quando aveva parlato la prima volta a S. E. Orsini Baroni dell'accordo ungaro-polacco, quest'ultimo aveva ostentato meraviglia e dichiarato di non saperne nulla. Wassif Bey gli aveva risposto che egli non scorgeva nulla di anormale in tale risposta del R. Ambasciatore in Turchia: era infatti possibile che egli non fosse informato di un patto che si stava negoziando fra due altri Stati. Litvinov insistette peraltro nel suo convincimento che l'accordo fosse diretto contro l'URSS e che fosse stato inspirato da Roma.

Tastai cautamente il terreno per vedere se Wassif Bey fosse informato del passo fatto a Budapest da quel Ministro di Turchia onde ottenere da Walko garanzie che l'accordo ungaro-polacco non fosse diretto contro l'URSS. Wassif Bey ne era al corrente. Non gli risultava peraltro che il Ministro di Turchia a Budapest avesse insistito per ottenere una dichiarazione scritta in proposito. Non mi parve invece che fosse già al corrente del passo che V. E. diede istruzioni a S. E. Orsini Baroni di compiere presso Tewfik Jtoussdi Bey per fargli osservare come non possa convenire alla Turchia di prestare servizio ad un atteggiamento politico dei bolscevichi che non presenta per essa alcun interesse nè dal punto di vista interno nè da quello internazionale. Ho quindi mantenuto in proposito assoluto riserbo.

Wassif Bey mi disse inoltre che egli sentiva continuamente parlare da questi governanti dei complotti i più fantastici che si preparerebbero ovunque contro l'URSS. Era a dir vero giunto a Mosca già allenato a tal genere di conversazioni perchè tre anni fa, quando era membro del Governo Turco, doveva subire interminabili colloqui con Suritz che cercava di convincere tutti ad Angora che l'Italia stava per attaccare la Turchia ed ogni giorno arrivava con nuove informazioni e pretese prove al riguardo.

Egli riteneva che l'intesa italo-turca fosse stata per Mosca un colpo tanto più grave quanto inatteso, che aveva fatto perdere subitamente all'URSS la posizione ch'essa si era illusa di avere assunta di fronte ai tre maggiori Stati musulmani e soprattutto alla Turchia: posizione di vera e propria alta sovranità. L'accordo coll'Italia aveva dimostrato che la Turchia era uno Stato sovrano e libero di fare la politica che meglio gli piacesse. Ciò non poteva essere digerito dall'URSS.

Egli mi aveva accennato già alla pretesa dei bolscevichi che Ghazi Kemal Pascià facesse una visita a Mosca. Questo progetto era indubbiamente stato ventilato per poter mostrare all'interno ed all'estero che il prestigio dell'URSS in Turchia non era diminuito, in altre parole per appagare un'aspirazione im

perialista dei Soviets. A questo punto della conversazione dissi a Wassif Bey che Litvinov parlandomi recentemente dei moti in Afganistan li aveva attribuiti ad azione del

15 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

l'Inghilterra gelosa dell'ascendente che l'URSS aveva acquistato sopra la Turchia, Persia ed Afganistan che, sotto la sua egida, erano riusciti a formare un blocco compatto di stati musulmani. Il mio interlocutore, aggiunsi, sapeva che la verità era ben diversa: che Mosca era stata seccatissima dell'ascendente che il Ghazi aveva subito acquistato sul Re Amanullah il quale aveva proseguito il viaggio da Angora a Kabul, via Teheran, non già sotto l'egida soviettica, ma piuttosto sotto quella turca.

Wassif Bey che parve molto lusingato di questo giudizio, mi disse che non sapevo forse quali e quante pressioni avessero fatto i Soviets per indurre il Governo turco a far passare per Mosca gli ufficiali turchi assunti al servizio dell'Afganistan per la riforma di quell'esercito. Il Governo di Angora non aveva peraltro acceduto a tale desiderio e gli ufficiali erano partiti per mare via &Jmbay. Era evidente anche in ciò l'intenzione di Mosca: far transitare tali ufficiali per la capitale soviettica onde poter dare al mondo l'illusione che essi erano stati assunti dall'Afganistan dietro consiglio dato ad Amanullah dall'URSS e che, prima di recarsi ad assolvere il loro compito passavano da Mosca per ricevere da questo Governo le necessarie direttive ed istruzioni...

Da ultimo Wassif Bey mi parlò di Suritz. Egli mi disse che, subito dopo l'accordo itala-turco, Suritz fu ritenuto responsabile di non averlo saputo impedire ed il suo richiamo era stato deciso. Egli venne a Mosca in settembre e riuscì a giustificarsi parzialmente, cosicchè a suo giudizio rimarrà ancora ad Angora. Qui si ritiene peraltro che Suritz abbia perduto molto del prestigio di cui aveva goduto in passato. E ciò era vero. Egli si riprometteva peraltro, presentandosene l'occasione, di dire a Litvinov o Karakhan che Suritz aveva perduto gran parte del proprio prestigio non perchè la Turchia e l'Italia avevano riconosciuto il comune interesse di fare una politica di amicizia, ma perchè egli si era permesso di esercitare pressioni politiche e di ingerirsi pure di affari interni che non lo riguardavano nè punto nè poco.

(l) Orsini Baroni ebbe il colloquio richiesto (t. 842/147, Angora 2 febbraio 1929). Ma, in seguito al parere negativo trasmesso da Quaroni con telespr. 8471/377, Tirana 27 aprile, il ministero ordinò all'ambasciata ad Angora di sospendere i contatti (t. (p.r.) 6654/201 del 15 giugno 1929, a firma Lojaconol.

(l) Il trattato turco-ungherese fu firmato lo stesso giorno 5 gennaio 1929; quello ungaropolacco era stato firmato il 30 novembre 1928.

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IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DELL'UFFICIO ALBANIA, LO JACONO

L. RR. Tirana, 5 gennaio 1929.

Pariani parte oggi per Roma. Era sua intenzione dichiarare costì che egli non avrebbe accettato il posto di Capo della Segreteria Militare di Re Zog se il R. Governo non avesse prima adottato, in maniera anche formale, tutte le misure, ivi comprese quelle di carattere finanziario, relative al programma militare da svolgersi nei prossimi anni in Albania. Ho spiegato a Pariani che dopo l'alta decisione, presa dal Duce come Ministro della Guerra e degli Esteri, di puntare su quello che tu hai denominato, nella nota relazione, come il Programma n. 2 (1), non era più il caso di avanzare inutili e ritardatrici condizioni pregiudiziali. Tutti ormai volevano il programma n. 2, e le varie amministrazioni competenti avrebbero senza dubbio finito per adottare le misure ne

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cessarie per la sua attuazione: egli non doveva però sperare di veder tradotte fin d'ora in bilancio le decisioni incrollabili del Duce di marciare e di far marciare su una determinata strada, verso un obiettivo così ben precisato.

Pariani è rimasto convinto a metà: è assai probabile che egli insista per ottenere nuovi e precisi affidamenti (il che è un bene) ma forse tu riuscirai a convincerlo della inopportunità di pretendere immediati provvedimenti concreti che non so vedere come potrebbero essere adottati dal Ministero delle Finanze e da quello della Guerra, tanto più che il programma degli apprestamenti difensivi in Albania (fortificazioni ecc.) è abbozzato solo nelle sue grandi linee.

Il passaggio di Pariani all'esercito albanese, di cui egli vestirà l'uniforme, sposta i termini del problema della Direzione del numeroso personale militare. Finora Pariani, nostro addetto Militare, dirigeva in maniera puramente ufficiosa gli ufficiali italiani in servizio presso l'esercito albanese.

Egli dirigeva invece ufficialmente, e ciò come diretto Superiore gerarchico, i numerosi ufficiali aggregati al suo ufficio e che si trovano qui in missione speciale del nostro Stato Maggiore per studi, monografie, informazioni, ecc.

Oggi tali termini debbono essere invertiti. Cioè Pariani, come Autorità albanese, deve prendere direttamente nelle sue mani la guida dei nostri ufficiali in servizio presso l'esercito albanese: invece gli ufficiali qui in missione per conto del nostro Stato Maggiore, dovrebbero dipendere da lui solo in via ufficiosa.

Ciò Pariani ammette.

Sorge però il problema: a chi appoggiare quest'ultima categoria di ufficiali? a chi affidare l'amministrazione, e i relativi rapporti amministrativi con il Governo Italiano, per tutti gli ufficiali distaccati in Albania, compresi quelli in servizio civile?

In un primo momento Pariani aveva proposto la nomina di un addetto Militare, con funzioni puramente amministrative e di rappresentanza. In un secondo momento !)erò (vedi sua lettera del 30 dicembre qui unita in copia) (l) egli sembrava voler scartare la nomina di tale addetto, temendo che esso potesse frapporsi fra lui e il Ministero della Guerra e mettere il becco nella organiz·· zazione generale dell'esercito, o ingerirsi in questioni di carattere generale. Abbiamo avuto in proposito due amichevoli conversazioni e abbiamo deciso, d'accordo, di redigere un piano di organizzazione e divisione di poteri da sottomettere al R. Governo. Esso figura esposto in una mia lettera a Pariani, in data 3 gennaio, di cui ti rimetto copia (1). Tale lettera è stata concordata parola per parola fra me e Pariani, e ne riscuote perciò l'intera approvazione.

Per te, Ministero Esteri, illustro i motivi che mi consigliano a domandare la nomina di un addetto Militare. I motivi contrassegnati ai numeri l, 2, e 3 sono stati da me esposti anche a Pariani: (non così quello contrassegnato al n. 4).

l) Nei confronti albanesi e nei confronti stranieri è necessario appoggiare formalmente a qualcuno i numerosissimi ufficiali italiani che si trovano oggi in Albania in funzioni e missioni varie, e che non hanno o non possono

avere nessun legame con il Governo Albanese. Costoro costituiscono oggi un piccolo Ministero che non è possibile far figurare, agli occhi del pubblico, come una • dépendance » della R. Legazione. È possibile invece farli passare come aggregati all'ufficio dell'addetto Militare.

2) La Jugoslavia ha qui un Addetto Militare. L'Inghilterra e l'Ungheria hanno qui accreditato i loro addetti Militari a Roma che vengono qui frequentemente. Altrettanto farà la Francia. Per mantenere certi contatti, nonchè per motivi di rappresentanza esteriore e di prestigio l'Italia deve anch'essa avere un proprio addetto Militare.

3) Da Belgrado pende tuttora sull'Albania la spada di Damocle della famosa commissione di addetti Militari stranieri (1), che potrebbe essere investita, in determinate contingenze del mandato di compiere una inchiesta internazionale sulla frontiera albanese. Io confido che noi non permetteremo mai la effettiva entrata in funzione di tale commissione senza almeno contrapporre un'altra proveniente da Tirana: e confido inoltre che non consentiremo nè a quella di Belgrado, nè a quella di Tirana di funzionare senza la partecipazione degli addetti Militari Italiani.

La presenza di un addetto Militare Italiano a Tirana può costituire, in determinate contingenze politiche, un'arma assai utile nelle mani del R. Governo e, per esso, nelle mani del Capo della Missione Diplomatica.

4) Last but not least! il Ministro ha assolutamente bisogno di avere una persona che possa mantenere i contatti con l'elemento militare italiano ed albanese, e per mezzo della quale egli possa controllare e valutare anche per suo conto quanto i militari qui fanno e faranno. Il Capo della Missione Diplomatica deve tastare in Albania tutti i polsi, e quindi anche i polsi dei militari. L'organizzazione militare che è tanta parte della nostra azione politica in Albania non può procedere in maniera indipendente.

Lascio poi a te, al tuo garbo, di voler far comprendere a Pariani che egli deve assolutamente rispettare quanto è detto al comma 4) della mia lettera a lui diretta, come pure il suo obbligo di tenere costantemente informata la R. Legazione che è, e deve rimanere (pena l'insuccesso della nostra politica in Albania) la coordinatrice, sul posto, di tutti i nostri sforzi, in tutte le direzioni e quindi anche in quella militare.

Qui alcuni colonnellucci si stanno montando la testa. Parlano di « Legazione Militare • da contrapporre a quella diplomatica. È necessario che da Roma ci sia una parola ferma e decisa. Non parlo tanto per me. Credo di aver dato prove di estrema duttilità, e del resto costituisce una garanzia di successo l'amicizia intima e fraterna che mi lega a Pariani ma anche con me, e con molti dei miei successori, le cose potrebbero andar male se non si rispettano certe

direttive.

Oggi i nostri organi in Albania costituiscono una piramide. Guai se al posto di essa venissero rizzate le due torri della Garisenda e degli Asinelli. È vero che l'una si eleva più dell'altra. Però divergono.

Ti sarò molto riconoscente di quanto vorrai fare, e ti pregherei anche, se tu lo trovassi opportuno, di mostrare la mia lettera a S. E. Grandi.

(l) Cfr. n. 81.

(l) Non si pubblica.

(l) Cfr. P. PASTORELLI, Italia e .4.!bania 1924-1927, cit., p. 399.

146

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2/17. Belgrado, 6 gennaio 1929, ore 2 (pe1·. ore 4,30).

Macek ha chiesto in tutta riservatezza a Morandi, corrispondente Corriere della Sera, con il quale ha avuto numerosi colloqui confidenziali, cercare fargli sapere se dove e quando potrebbe inviare suo delegato per esporre suo punto di vista a V. E. Ha aggiunto se era proprio necessario fosse una personalità, ovvero poteva bastare uomo sua completa fiducia, anche non appariscente.

Dato quanto ho telegrafato anche ieri con telegrammi n. 11 e 12 (l) e considerati interessi esteri divergenti che cercano accaparrare movimento croato è mia subordinata opinione che, pur non dovendo prendere verso Macek alcun impegno preciso per poter avere libera azione per qualsiasi impreveduto sviluppo della situazione, non sia inopportuno, per una volta almeno, un contatto diretto con V. E., con quelle cautele di segretezza che il caso consiglia.

Circa il canale per far giungere la risposta a Macek V. E. giudicherà se debba essere lo stesso Morandi, che ha già avvicinato molte volte Macek telegrafandone le interviste al suo giornale o se debba essere altro (2).

147

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 3/24. Belgmdo. 7 gennaio 1929, ore 7,30 (per. o1·e 11,25).

Colonnello Visconti cui ho dato conoscenza del mio telegramma n. 12 (1) specie per quanto concerne preparazione rivoluzione croata, ha avuto dal canto suo informazioni che ritiene serie. Secondo esse croati disporrebbero di piccole organizzazioni militari con dieci dodici mila fucili ma scarsissime munizioni. Avrebbero bensì numerosi revolvers. Hanno gruppi in quasi ogni reggimento e in ogni città piccoli ma decisi nuclei. Contano sulla immediata rapida adesione dei comunisti. In caso di sollevamento, dopo prima azione, si darebbero alla campagna cercando trascinare contadini che hanno pure armi.

Colonnello Visconti aggiunge risultargli che in due recentissime sedute Stato Maggiore S.H.S. avrebbe esaminati provvedimenti atti soffocare eventuale rivoluzione croata. Si sarebbe pure esaminato con carattere di urgenza situazione militare italiana sulle Alpi Giulie. Ricevo poi notizia da R. console Uskub che venti scorso dicembre sarebbero giunte da Belgrado a comandante presidio Dibra istruzioni perchè tutti gli ufficiali quella guarnigione abbiano pronto loro equipaggiamento di guerra.

(l) -Cfr. n. 137. (2) -Mussolini ordinò che i contatti con Macek fossero tenuti non già da Morandi bensì da Rochira (telegrammi gab. a Belgrado e Zagabria 2/10 e 3/3 dell'B gennaio).
148

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. u. 85/3. Sofia, 7 gennaio 1929, ore 14,30 (per. ore 18).

Ritardo risposta Italia gradimento Volkoff non potendo più giustificarsi, dopo nove giorni dal mio telegramma n. 395 (1), col periodo delle feste produce in questi ambienti governativi parlamentari giornalistici e diplomatici grande impressione e determina uno stato di malessere politico e morale che nel nostro stesso interesse ritengo che convenga fare cessare al più presto. Nota dominante nei commenti al riguardo è infatti preoccupazione che Governo italiano subisca influenze Parigi, Londra onde negare gradimento Volkoff. Per considerazioni già svolte mio telegramma 395 compio dovere rinnovare preghiera V. E. inviarmi gradimento per generale Volkoff. Sua nomina Roma ha assunto ormai presso questa opinione pubblica significato di importantissimo atto politica estera bulgara con grande vantaggio prestigio Italia facendo passare in seconda linea considerazioni politiche ministeriali che possono invece man mano contribuire uscita Volkoff dal gabinetto Liapceff. Ipotesi rifiuto gradimento non viene neanche presa in considerazione e lo stesso Liapceff intervistato al riguardo la ha esclusa in modo assoluto. Ma anche ulteriore ritardo risulterebbe per noi assai dannoso non potendo qui spiegarsi altro che con argomenti (come quelli su indicati di una specie di veto franco-inglese) che feriscono a un tempo sensibilità Bulgaria e sollevano dubbi su sentimenti amicizia Italia tanto più che è a tutti nota italofilia generale Volkoff.

Quanto al diretto interesse italiano non vi ha dubbio che contatto prolungato con V.E. e con alte autorità italiane di un uomo dell'impronta e dell'avvenire politico del generale Volkoff non potrà che essere di grande vantaggio per la nostra situazione nei Balcani.

149

IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. GAB. R. 1/6. Roma, 7 gennaio 1929, ore 24.

Prego telegrafare se V. E. ha fatto comunicazioni di cui al telegramma 53 Gabinetto del 28 dicembre u. s. (2) e quale risposta abbia avuto.

(l) -Cfr. n. 134. (2) -Cfr. n. 131.
150

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 93/29. Belgmdo, 7 gennaio 1929, ore 22,20 (per. ore 4,55 dell'B).

Poichè leggo nel giornale Piccolo di Trieste che il generale Pietro Zivkovich

• gode del maggiore ascendente • in questo stato, mi preme di subito ricordare a V. E. che la figura morale tutt'altro che limpida, la sua crudeltà, ed il suo passato delittuoso sono ben noti in tutta Belgrado di modo che è esatto dire che egli è uno degli uomini più temuti ma non certo dei più stimati. Però assai più che nella nostra stampa, che a mio subordinato giudizio dovrebbe prendere un atteggiamento di osservazione e di attesa di fronte agli avvenimenti, converrebbe, invece, fare lumeggiare nella straniera la criminale e perversa figura dello Zivkovich. Ciò tanto più in quanto non credo che le cose di questo paese si siano con l'avvento di un governo militare stabilizzate. A mio parere la situazione interna è qui oggi più incerta che mai perchè si può dire che alla crisi croata anche se colà possa verificarsi una temporanea minore tensione si potrà unire o sovrapporre una situazione sempre più oscura in Serbia (1).

151

APPUNTO (2)

Roma, 7 gennaio 1929.

L'accluso rapporto del R. Ambasciatore in Washington 10 Dicembre nu

mero 5952/1561 rileva che un progetto presentato al Senato Americano dal

Sottosegretario del Tesoro, Signor Ogden Mills, allo scopo di rendere possibile

l'emissione del nuovo Prestito austriaco autorizza il Segretario del Tesoro a con

sentire alla sospensione del privilegio attribuito ai • Buoni relief • soltanto se

una misura sostanzialmente analoga sia stata adottata da ciascuno degli altri

Governi. Manca, come è noto l'adesione dell'Italia. Ma poichè l'apprezzare se

la condizione sia sostanzialmente adempiuta viene deferito al Segretario stesso

ed il Signor Mellon è al prestito personalmente favorevole, ne risulta che, in

pratica, spetterà a costui la vera decisione.

Il Signor Odgen Milis, nelle dichiarazioni fatte alla Commissione finan

ziaria della Camera, ha pure affermato che fra Italia ed Austria sono in corso

trattative per addivenire ad un regolamento dei buoni di soccorso simile a quello

recentemente concluso fra Stati Uniti ed Austria. Tale affermazione non corrisponde alla realtà dei fatti e riguarda un tema già altre volte da noi

smentito. Si richiama particolarmente attenzione su quanto precede (1).

(l) -Cfr. anche il t. 92/26, Belgrado 7 gennaio, ore 7,30. Galli prospettava l'eventualità che il Governo di Belgrado potesse cercare « un diversivo esterno • alle difficoltà di ordine interno. « E perchè esso potrebbe cercarsi, anche con futili pretesti verso di noi, è mio subordinato avviso ciò debba essere in ogni modo evitato; la situazione anormale del Governo dittatoriale è bene si svolga in piena libertà e abbia all'estero la dovuta ripercussione, senza alcun intralcio. D'altronde la natura degli avvenimenti, le forze che vi influiscono. e le persone che vi hanno parte sono tali da fare ritenere si possa anche giungere ad un oscuro epilogo che un diversivo potrebbe arrestare o giustificare •. (2) -L'appunte. è anonimo.
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IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 100/276 [sic]. Tirana, 8 gennaio 1929, ore 13,15 (per. o1·e 17,15).

Come ebbi a suo tempo a riferire sinodo albanese aveva nell'estate scorsa rotto definitivamente rapporti con patriarcato Costantinopoli (2). In questi giorni si stava procedendo alla nomina del primate e del vescovo, ciò che avrebbe costituito l'ultimo atto dello scisma. Ministro di Grecia è intervenuto presso il Re prospettandogli la • gravissima » ripercussione che lo scisma avrebbe avuto fra le popolazioni epirote, ed il suo • nefasto » effetto nei rapporti politici fra l'Albania e la Grecia. Ha portato a re Zogu anche un messaggio personale di Venizelos. Essendosi il re dimostrato poco disposto a tenere conto di tali richieste, ed essendo fallito anche un intervento del ministro d'Inghilterra, il signor Melas è venuto più volte a questa legazionE: scongiurandomi di premere sul re affinchè non consentisse un atto che avrebbe avuto conseguenze • incalcolabili • nei rapporti fra la Grecia e Albania. Ho dichiarato al signor Melas che a mio modo di vedere egli drammatizza troppo la cosa. Ho insistito sulla natura puramente interna e religiosa della materia. Gli ho mostrato i gravi errori commessi dal Fanar. Ma in sostanza gli ho promesso di intrattenere il re. Effettivamente all'indomani del pronto riconoscimento del nuovo regime da

parte della Grecia, ed alla vigilia di trattative per un patto di amicizia, che

dovrebbe presumere almeno un nuovo tentativo per la soluzione delle note

questioni delle minoranze e delle proprietà, riuscirebbe impolitico un gesto di

questo Governo che ad Atene, a torto od a ragione, sarebbe considerato come

poco amichevole. Ho pregato quindi il re di considerare se non convenisse

rimandare di qualche mese la nomina del primate ed avviare intanto le trat

tative sulla questione delle proprietà. Poichè tali trattative soffriranno fatal

mente alternative gli sarebbe stato agevole profittare in avvenire di qualche

momento di tensione per mettere la Grecia davanti al fatto compiuto nella

questione della chiesa autocefala. Il re, che in un primo momento sembrava irremovibile, ha poi finito col promettere che avrebbe riesaminato la cosa. Questo ministro di Grecia si è mostrato grato di quanto ho fatto. Devo aggiungere che il prolungarsi dell'attuale stato di incertezze e di disorganizzazione nella chiesa ortodossa favorisce non poco il retroscena della chiesa di Roma (1).

(l) -Annotazione marginale di Grandi: « Comunicare all'Ambasciatore De Martino che smentisca circostanza asserita dal Sig. Ogden Milis. Per parte nostra: si continua nella linea di condotta, tendente cioè a creare ogni difficoltà, a Parigi, a Londra e America, alla concessione del prestito all'Austria». (2) -Sola allude alla questione della autocefalia della chiesa ortodossa albanese, sulla quale aveva riferito con r. s. 1151/450 del 1° giugno 1928. L'autocefalia era stata favorita da Sola come primo passo per « ricondurre la Chiesa autocefala albanese in seno alla Chiesa cattolica ».
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. 69/10. Rorna, 8 gennaio 1929, ore 24.

Suo telegramma n. 395 (2). Come le è stato comunicato con altro telegramma gradimento generale Volkoff è stato accordato. Le considerazioni però che V. S. ha fatto circa lo

• spirito di indipendenza • mostrato in questa occasione dal Governo bulgaro nel mandare a noi Volkoff dopo averlo silurato cedendo alle pressioni anglofrancesi sono molto sofistiche e non possono evidentemente persuadermi. Ci sarebbe anche da chiedersi se il Governo bulgaro non abbia messo qualche malignità nel destinare il generale proprio a Roma.

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IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 6/6. Budapest, 8 gennaio 1929, m·e 21,04 (per. ore l del 9).

Telegramma di V. E. n. 53 (3). Bethlen si è mostrato soddisfattissimo comunicazione fattagli stasera. Riferisco con rapporto per corriere ( 4).

• Il Giovanni Vissarion mi ha fatto già sapere che egli non ha abbandonato la vecchia idea di accordarsi con noi per portarci in grembo la nuova chiesa albanese. Egli è venduto alla Serbia: ma ciò non gli impedisce affatto di cercare presso di noi un migliore offerente anche perchè egli sa che una conversione verso Roma della Chiesa albanese corrispondeall'indirizzo politico del momento., mentre una conversione verso Belgrado, sebbene sperata dai Serbi, cozzerebbe fatalmente contro ostacoli insormontabili •·

(l) A capo della chiesa ortodossa albanese era stato posto il vescovo Giovanni Vissarion. Sola riferiva con successivo r. 323/140 del 10 febbraio:

(2) -Cfr. n. 134. (3) -Cfr. n. 131. (4) -Non rinvenuto.
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IL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) 3/6. Zagabria, 8 gennaio 1929, ore 23,10 (per. ore 1,35 del 9). Ho fatto stasera nota consegna (1).
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IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 109/12. Tirana, 8 gennaio 1929, ore 20 (per. ore 3,20 del 9).

Il re mi ha confidato che circa due mesi or sono è stato compiuto presso di lui un sondaggio diretto ad accertare se Albania era disposta a fare una dichiarazione esplicativa dei trattati itala-albanesi. Sua Maestà rispose che egli nè desiderava nè poteva farla, sia perchè la questione concerneva i rapporti politici con un terzo stato, sia perchè Albania era legata dalla dichiarazione dell'aprile 1927 (2) cui intendeva rimanere fedele. Gli è stato allora chiesto se Albania era disposta a procedere a tale dichiarazione esplicativa nel caso che Italia avesse dato il proprio assenso. Il re mi assicurò aver risposto ,che nemmeno in questo caso l'avrebbe fatta, perchè non riteneva dignitoso per l'Albania dare a chicchessia spiegazioni circa atti politici del suo Governo, compiuti alla chiara luce del sole. La démarche di cui sopra è stata fatta secondo quanto il re mi ha detto • da quella stessa persona che potrebbe avere oggi interesse ad insistere su questa per un chiarimento dei rapporti itala-jugoslavi ». Sebbene il re si sia studiato di non pronunciare la parola • Inghilterra • allusione è stata evidente. Il re considera i sondaggi effettuati presso lui come un preludio al recente passo che Marinkovic ha fatto compiere presso V. E.

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IL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 7/8. Zagabria, 8 gennaio 1929, ore 23 (per. o1·e 3,45 del 9).

Mi riferisco al telegramma di V. E. n. 52 Gab. del 28 dicembre (3).

Pavelic, cui ho esposto opportunamente contenuto citato telegramma, ringrazia vivamente V. E. per interessamento verso popolo croato, che attraversa un'ora difficilissima e decisiva; ritiene dannosissima per la causa croata l'eventuale rinnovazione del patto amicizia, anzitutto perchè esso faciliterebbe pre

stito estero, che consolidando regime, costituirebbe una catastrofe pei croati; ... (l) perchè esso nuocerebbe all'avvidnamento italo-croato data l'intensificazione propaganda fatta tra i contadini in questi ultimi mesi. Egli mi ha detto che tale è anche il pensiero di Macek e che entrambi volevano chiedere le istruzioni (?) di V. E. prima ancora di ricevere mia comunicazione.

(l) -Allude probabilmente a una somma rimessa ai dirigenti del movimento croato. (2) -Cfr. serie VII, vol. V, n. 169 cit. (3) -Cfr. n. 132.
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IL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 8/9. Zagabria, 8 gennaio 1929, ore 23 (per. ore 4,45 del 9).

Pave1ic, che ho potuto vedere stasera, mi ha assicurato che intendimenti verso i croati ed umori popolazione non sono affatto mutati dopo colpo di stato. A proposito della dichiarazione Macek (2) mi ha detto che egli ha fatto ieri dichiarazioni ottimiste per opportunità, ma ebbe cura, allo scopo mostrare che non rinunzia suo programma, di affermare sua convinzione che il popolo croato otterrà indipendenza; ed oggi ha lasciato chiaramente comprendere che è contrario all'attuale ministero, in cui sono rappresentati i partiti della coalizione, che l'agitazione sarà continuata, ma con altri metodi, non essendo più possibile fare propaganda con stampa. Anche Trumbic resterebbe fedele suo programma, essendo tornato poco soddisfatto esito suo viagg,io Francia Inghilterra. Pavelic, cui è stata fatta ieri una perquisizione in casa e nel suo ufficio, mi è apparso alquanto depresso e preoccupato, ma calmo e risoluto continuare lotta. Ho telegrafato quanto precede Roma Belgrado.

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APPUNTO PER IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

Roma, 8 gennaio 1929.

L'Incaricato d'Affari d'Ungheria è stato incaricato dal Conte Bethlen di portare a conoscenza di V. E. le seguenti informazioni circa i colloqui che il Presidente del Consiglio Ungherese ha avuti nell'ultima riunione di Lugano con Stresemann, Briand, Chamberlain, e successivamente a Vienna con Monsignor Seip el.

l) Stresemann. Bethlen ha intrattenuto Stresemann della questione degli optanti e gli ha chiesto l'appoggio tedesco presso la Società delle Nazioni nel caso che le attuali trattative romeno-ungheresi non conducessero ad alcun risultato positivo. Stresemann ha chiesto informazioni a Bethlen circa il recente trattato polacco-ungherese. Bethlen lo ha rassicurato in proposito informandolo che scopo principale di tale accordo era quello di neutralizzare l'azione della Polonia nei riguardi della Piccola Intesa. Sono state trattate altre quistioni di indole economica riferentisi all'accordo commerciale ungaro-tedesco.

Stresemann, parlando col Conte Bethlen delle quistioni franco-tedesche e pur mostrandosi insoddisfatto della ultima fase dei negoziati, ha affermato aver sempre sicura speranza per una pratica attuazione della politica di Locarno.

2) Briand. Bethlen gli ha dichiarato che il Governo Ungherese non aveva alcuna intenzione per ora, di sollevare la quistione della successione al trono, nè quella della revisione del Trattato di Pace di Trianon. Ha espresso la speranza che i migliorati rapporti fra Ungheria e Piccola Intesa avrebbero anche una benefica influenza sul miglioramento dei rapporti deU'Ungheria con la Francia e con l'Inghilterra.

Circa l'Anschluss Bethlen ha dichiarato a Br~iand esser suo parere che l'Austria non ha altre vie da scegliere se non la unione con la Germania o la Confederazione Danubiana. Briand ha condiviso tale parere affermando però che per il momento l'Austria potrebbe benissimo, dal punto di vista economico, sussistere nelle attuali condizioni.

Briand ha invitato Bethlen a recarsi a Parigi, ma questi ha dato una risposta cortesemente evasiva.

3) Chamberlain. Ha dato a Bethlen i soliti consigli di moderazione circa la quistione degli optanti e Bethlen ha affermato le sue buone disposizioni per una soluzione transazionale.

Bethlen ha poi parlato a Chamberlain della quistione della Jugoslavia dichiarando che l'Ungheria non ha alcuna intenzione di immischiarsi negli affari interni della Jugoslavia, ma crede che i Serbi dovrebbero fare delle concessioni ai Croati per evitare gravissimi pericoli. L'Ungheria non potrebbe certo disinteressarsi della quistione Croata ove la Croazia diventas,se un teatro di combattimenti sanguinosi.

Chamberlain non ha dato alcuna risposta a tali dichiarazioni, ma Bethlen ha avuto l'impressione che la sua opinione fosse da lui condivisa. Chamberlain parlò quindi delle riparazioni e della garanzia supplementare cui sono tenuti gli altri Stati ex-nemici oltre la Germania. Disse che sperava tale quistione non sarebbe stata sollevata, ma, nel caso lo fosse, egli avrebbe cercato di eliminarla perchè credeva che sarebbe stata di intralcio per la soluzione generale della quistione delle riparazioni.

Chamberlain disse infine a Bethlen che S. E. Grandi gli aveva dichiarato che l'Ungheria e l'Italia erano legate da amichevoli rapporti; che l'Italia intendeva concedere all'Ungheria ogni suo più efficace appoggio politico, ma che non aveva alcuna intenzione di spingerla a delle avventure.

Chamberlain credeva che la quistione del Trattato di Trianon non era di attualità e consigliava non occuparsene per non intralciare la soluzione di altre quistioni che ora sembravano mature.

Bethlen affermò esser convinto della necessità della revisione del Trattato di Trianon, ma non avere intenzione di sollevarla per ora, pur non potendo tuttavia impedire l'attività di propaganda che si faceva in proposito dentro e fuori l'Ungheria. Chamberlain schernì l'azione di Lord Rothermere affermando che nessuno poteva prenderlo sul serio.

4) Seipel. Bethlen gli ha parlato della quistione del Burgenland, dell'incidente avvenuto alla riunione dei Cantori per i discorsi inopportuni che vi

furono pronunciati e della conseguente necessità in cui egli fu messo di rispol:.dere violentemente (1). Se del Burgenland non si fosse riparlato in Austria, non se ne riparlerebbe nemmeno in Ungheria.

(l) -Gruppo indecifrato: in secondo luogo? (2) -Questi aveva dichiarato che la soppressione della costituzicne era un fatto favorevole ai croati.
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IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

T. 129/16. Atene, 9 gennaio 1929, ore 23,50 (per. ore 2,30 dei 10).

Telegramma di V. E. n. 262/8 (2).

Sono incaricato ufficialmente da questo Governo rinnovare espressioni beneauguranti per viaggio delle LL. EE. Grandi, cui imminente arrivo è salutato con parole di viva simpatia da questa stampa all'unisono con l'opinione pubblica, la quale riconosce generalmente oramai come il sottosegretario di stato italiano siasi adoperato ad Angora per facilitare l'accordo.

Carapanos mi ha dichiarato con parole di viva riconoscenza per S. E. Mussolini e per Lei come consti a questo Governo per informazioni anche pervenutegli, l'interessamento posto personalmente presso i Ministri turchi, in favore dell'accordo stesso, e come si attribuisca a tale azione, efficacemente colà svolta, una qualche più favorevole disposizione da parte dei turchi che sembra potersi notare in questi ultimissimi giorni verso la conclusione del negoziato.

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IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 95/36. Tirana, 9 gennaio 1929.

Telespresso di V. E. n. 267170/742 del 29 dicembre u.s. e mio telegramma

n. 15 in data odierna (3).

Il messaggio Reale del 10 dicembre u.s., relativo alla necessità della riforma agraria in Albania, ha avuto una larga ripercussione nella stampa e nei circoli politici albanesi. Accludo a V. E., per Sua opportuna conoscenza, un articolo editoriale della Gazeta e Re e due articoli, uno a firma Seid Toptani e l'altro Mehdi Frasheri sullo stesso argomento.

Accludo anche traduzione di un messaggio inviato da S. M. il Re al Presidente del Consiglio, con cui lo invita a far deferire al Tribunale Politico quanti faranno propaganda contro le riforme agrarie e sociali che fanno parte del programma del Governo.

La base di questa riforma agraria dovrebbe essere analoga a quanto è stato fatto in molti altri paesi: riduzione del latifondo ad una porzione minima che dovrebbe essere lasciata alla famiglia del proprietario.

Il resto sarebbe acquistato dallo Stato e venduto o ceduto ai contadini. È evidente che l'acquisto sarebbe fatto a mezzo di titoli e quindi equivarrebbe ad una vera e propria espropriazione degli attuali proprietari.

Quale sia il pensiero esatto di Sua Maestà su tale questione non è ancora ben chiaro. Le parole del Messaggio Reale sono abbastanza vaghe: in sostanza esse sono piuttosto un monito ai proprietari perchè cessino dal tenere le loro terre in istato di quasi completo abbandono. Gli autori degli articoli su accennati vanno invece molto più in là. Ancorchè tutti si dicano ispirati dal Re, ho motivo di ritenere che Sua Maestà non abbia ancora presa una decisione definitiva sulla questione. Molto probabilmente, secondo il sistema a lui abituale, si sia limitato a lanciare la questione per studiarne la ripercussione nelle varie classi del paese e decidere, a suo tempo, in conseguenza.

I partigiani più decisi della riforma sono: il Primo Ministro Kostaq Kotta, il Ministro della Giustizia, Hiqmet Delvina, ed il Ministro a Washington, Faik Konitza il quale, durante la sua permanenza in Albania si è atteggiato a principale promotore (per sua iniziativa o per mandato del Re Zog) della questione. Avversano la riforma, come è logico, i grandi proprietari e, in seno al Gabinetto, Ilias Vrioni.

A mio avviso trattasi di una questione essenzialmente politica. Che il contadino albanese sia portato istintivamente a domandare la proprietà della terra che egli coltiva, è un fatto che non ha bisogno di particolari chiarimenti: ma, data l'ignoranza e la disorganizzazione delle masse contadine, sarebbe ingenuo dire che ci troviamo in presenza di un movimento di opinione pubblica. Trattasi quindi di una manovra da parte di alcuni uomini politici, e più particolarmente da parte dello stesso Sovrano, diretta a privare i bey, della base della loro potenza: il possesso delle terre. In questi ultimi tempi una serie di fatti tenderebbe a dimostrare un graduale distacco di Sua Maestà dal partito bejlicale, a cui si era, fin qui, appoggiato; e cioè la rottura del suo fidanzamento colla figlia [di] Shefqet Verlazzi, del fidanzamento di sua sorella con Gemi Dino, il lento, ma continuo tramontare dell'astro di Ilias Vrioni e finalmente l'evoluzione del Sovrano fuori della piccola cerchia dei suoi antichi favoriti.

La riforma agraria potrebbe essere il punto di partenza della nuova linea politica. Ma insisterà il Re su tale linea? o non vuole egli far pesare la minaccia della riforma su i bey per avvincerli definitivamente al Trono? ovvero il Sovrano vuole effettivamente spezzare il vecchio mondo feudale per fondare il Trono sul consenso che oggi gli usano [sic] delle masse.

Non è poi escluso che uno dei motivi concomitanti dell'azione del Sovrano sia quello di arricchire il patrimonio dello Stato a spese della classe bejlicale, e concentrare quindi nelle sue mani gran parte delle ricchezze della Nazione.

Da parte dei bey si dice, e forse non a torto, che una simile riforma metterebbe il Governo su di una strada pericolosa che può portare a sgradite sorprese, aprendo la via ad elementi di idee politiche troppo avanzate. Si aggiunge che se il Governo si propone specialmente di soddisfare i contadini, potrebbe cominciare col facilitare loro l'acquisto delle terre demaniali: qualora infatti il buon esempio partisse dall'alto anche i grandi proprietari sarebbero disposti a sacrificare volontariamente una parte (piccola naturalmente) delle loro terre in favore dei contadini. I bey rilevano infine che dato lo stato primitivo dell'economia del contadino albanese non è con la semplice distribuzione delle terre che si riuscirebbe a promuovere lo sviluppo dell'agricoltura: occorrerebbe un contributo statale per le migliorie che questo Governo non è certo in grado di fare, mentre un finanziamento straniero affluirebbe più facilmente verso grandi aziende che verso proprietà frazionate o disperse.

Mi propongo, non appena se ne presenterà l'occasione, di intrattenere Sua Maestà sull'argomento: la riforma che è allo studio deve essere da noi esaminata alla luce dei nostri interessi e questi sono di doppia natura, politici ed economici. Da una parte noi siamo interessati a sostenere ed appoggiare il Sovrano in tutte quelle misure che egli ritenga necessarie agli scopi della sua politica interna. Dall'altra parte dobbiamo curare che il problema agrario albanese, già così difficile, non sia pregiudicato da nuovi provvedimenti che, sotto veste sociale, potrebbero sbarrare anche più completamente [la strada] ad una nostra penetrazione agricola in Albania, penetrazione che già adesso incontra non lievi ostacoli.

È noto a V. E. che il Sovrano ha sempre accarezzato il progetto di facilitare l'installazione di una grande impresa italiana nelle pianure della Musecchia. Fino a qual punto le misure oggi allo studio potrebbero impedire o invece facilitare la collaborazione agraria itala albanese, non è possibile dire. Apparentemente il frazionamento della proprietà rende meno agevole l'impianto di una grossa azienda. Ma occorre anche tener presente che la bonifica della Musecchia, è fino ad oggi materialmente impossibile senza una legge coattiva di sindacato obbligatorio dei proprietari e dei demani municipali, che si sono dappertutto infiltrati nel demanio dello Stato spogliandolo delle zone più ricche.

Al momento in cui noi fossimo in grado di passare all'azione anche nel campo agricolo, potrebbe forse giovare l'esistenza di una legge, abilmente redatta capace di esercitare sui latifondisti una salutare influenza.

Non intendo con ciò essermi pronunciato. Trattasi di questione complessa che va esaminata da numerosi angoli visuali. Non appena io avrò avuto occasione di intrattenere il Sovrano ritornerò sull'argomento.

(l) -Allude al discorso pronunciato da Bethlen a Sopron il 14 ottobre 1928 e alle precedenti manifestazioni pangermaniste che si erano avute a Vienna in occasione di un festival musicale per commemorare Franz Schubert. (2) -Trasmesso il giorno 8: conferma dell'arrivo di Grandi a Atene il giorno 12. Non si è trovata documentazione sul viaggio in Grecia di Grandi. (3) -Non si pubblicano.
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ALDROVANDI, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A MOSCA, CERRUTI, A PARIGI, MANZONI, A WASHINGTON, DE MARTINO, AI MINISTRI AD HELSINGFORS, PAGLIANO, A TALLINN, VIGANOTTI GIUSTI, A KAUNAS, AMADORI, A RIGA, STRANIERI, A VARSAVIA, MAJONI, E A BUCAREST, PREZIOSI

T. 95. Roma, 10 gennaio 1929.

(Solo per Helsingfors). Telegramma di questo Ministero n. 3 (1).

(Per tutti). Ministro di Polonia e ministro di Lettonia sono venuti stamane per dar notizia della recente proposta russa (2) alla Polonia e Lettonia per immediata entrata in vigore patto Kellogg e chiedere modo di vedere del R. Governo

circa accoglienza da riservarsi a proposta russa. È stato loro risposto che R. Governo non vede per parte sua reali inconvenienti all'accettazione di tale proposta per parte degli stati a cui essa è stata rivolta. Tutti sanno quale è il pensiero dell'Italia sul patto Kellogg poichè esso è stato chiaramente espresso da S. E. Mussolini nel suo ultimo discorso (1). Non bisogna illudersi sull'efficacia di accordi di tal genere, ma non è tuttavia conveniente dì respingerli. Nel caso speciale, attraversando il Governo Soviet in questo momento una crisi di paura o vera

o simulata, un rifiuto di aderire ad una proposta che si dichiara ispirata a scopi pacifici potrebbe irritarlo inutilmente od anche dargli pretesto ad eventuali reazioni. Se poi si teme che si tratti di una manovra russa determinata da necessità di politica interna o dal desiderio di accaparrarsi le simpatie americane in vista di un possibile prestito, non sembra che tali timori siano da prendersi in seria considerazione sia per la scarsa influenza che può avere l'accettazione della proposta russa sulla situazione interna della Russia determinata da cause ben altrimenti gravi, sia perchè gli americani non si lasciano troppo impressionare da simili artifici diplomatici quando si tratta di affari finanziari. Il timore di un isolamento della Romania non sembra neanche preoccupare poichè se i Soviet attaccassero la Romania, gli altri firmatari del patto Kellogg sarebbero automaticamente sciolti da ogni impegno verso la Russia per effetto appunto delle disposizioni dello stesso patto.

(l) -Non si pubblica. (2) -Fatta il 29 dicembre 1928. La proposta si concretizzò nel protocollo di Mosca del 9 febbraio 1929 fra URSS, Polonia, Estonia e Lettonia.
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IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 141/70. Vienna, 10 gennaio 1929.

Il teleposta del R. Console Generale in Innsbruck in data 4 corr. (2) avente per oggetto • propaganda irredentista ", se sono esatte le notizie con esso date, non solo conferma quanto ho riferito con il mio teleposta 1788 in data 24 dicembre « Italia e Austria » (3), ma prova che la conversazione del Cancelliere con quel Capitano Provinciale non è rimasta senza effetto.

Da sei mesi, e cioè da quando sono tornato in sede, non cesso di battere, nei miei colloqui con questo Dipartimento Esteri, sul chiodo che fino a quando Seipel non si sarà deciso a chiarire la sua condotta nella questione dell'Alto Adige di fronte ai Tirolesi, dichiarandosi contrario a qualsiasi agitazione e manifestando la ferma volontà che sia posto fine ad esse sotto minaccia in caso contrario di conseguenti sue decisioni che potrebbero anche consistere nelle dimissioni, non si potrà sperare in un durevole miglioramento nelle relazioni fra i due Stati. Ho anche, con eguale costanza e fermezza, ripetuto il concetto che, fino a quando non avremo visto attuarsi nei fatti e non con le parole tale miglioramento non passeggero e non interessato il governo federale non potrà

sperare che il nostro contegno nei riguardi delle richieste austriache torni qual'era stato prima dell'incidente del febbraio scorso.

Da quanto riferisce il comm. Ricciardi sembra che le mie parole non siano rimaste inascoltate. Senonchè, assai più che all'effetto dei miei discorsi, questo principio di resipiscenza deve essere attribuito al motivo del prestito. Sia il nostro concorso necessario, sia soltanto utile, è certo ch'esso è qui assai desiderato e ne sono prova, anteriore a quest'ultima, il discorso di Peter (mio telespresso n. 1738) (l) e gli accenni di Seipel (mio tel. n. 445) (1).

Benchè questo intervento del Cancelliere sia meglio che nulla, non può dirsi che esso si sia effettuato come avrebbe dovuto, nè che, se anche ottenesse per il momento l'effetto voluto, questo rimarrebbe t~le anche dopo che il Cancelliere fosse riuscito a conseguire quanto desidera da noi. Onde, confermando ciò che riferisce il comm. Ricciardi, a me sembra che nessuna soddisfazione noi potremmo manifestare almeno sino a quando il Cancelliere non avesse fatto tali pubbliche dichiarazioni nei rigual'di dell'Alto Adige che qualunque ripresa di campagna tirolese apparisse volta non soltanto contro di noi bensì anche contro lui stesso e adducesse le sanzioni da lui all'uopo precedentemente stabilite.

Ho chiesto a Peter se sapesse nulla delle voci di una qualche riunione segreta in Innsbruck circa quanto precede: mi ha risposto di no. Chiederò informazioni ad altri.

(l) -Allude evidentemente al discorso pronunciato da Mussolini alla Camera 1'8 dicembre 1928. Testo in OoJera Omnia, XXIII, pp. 267-273 (l'accenno al patto Kellogg a p. 271). (2) -Cfr. n. 139. (3) -Cfr. n. 128.
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IL REGGENTE IL CONSOLATO GENERALE A GERUSALEMME, GIARDINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 42/10. Gerusalemme, 10 gennaio 1929.

Il Col. Kish, Presidente del Comitato Esecutivo Sionista Palestinese, si è in questi giorni, !agnato con me per un articolo comparso qualche tempo fa sul giornale • Il Popolo di Roma • nel quale si è attaccato con una certa violenza il Sionismo, e le sue aspirazioni in Palestina (2).

Nel riferire all'E. V., per debita conoscenza, quanto il Col. Kish mi ha comunicato, ritengo opportuno far presente che a mio modesto avviso, tal genere di articoli non può far altro che nuocere ai buoni rapporti che fino ad oggi è stato possibile mantenere in un'atmosfera di discreta cordialità malgrado le evidenti numerose difficoltà di vario genere.

All'esistenza o non di tali rapporti sono strettamente collegati un cumulo di diversi interessi per cui non mi sembrerebbe conveniente che essi debbano venire turbati proprio nel momento in cui si cerca di attivare e intensificare gli scambi commerciali e culturali col sionismo.

16 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

(l) -Non si pubblica. (2) -Allude evidentemente all'articolo di cui al n. 99.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO, E ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. PER CORRIERE 105. Roma, 11 gennaio 1929, ore 18.

(Per Colonie). Nota di V. E. n. 7402 del 22 dicembre scorso (1). Ho telegrafato a Londra quanto segue:

(Per tutti). Prego V. E. informare verbalmente codesto Governo dell'avvenuta conclusione di un accordo commerciale russo-yemenita, il cui testo, od almeno le linee principali, si fa riserva di comunicare, non appena in possesso del R. Governo.

V. E. vorrà far rilevare, sempre verbalmente ed in amichevole forma come, nel pensiero del R. Governo, una delle cause di questo successo dell'azione ostile e disgregatrice degli agenti sovietici in tutto l'Oriente mussulmano, non può negarsi possa rintracciarsi anche nella politica finora seguita dalla Residenza di Aden nei riguardi dello Yemen, la quale ha reso possibile una vittoria di Mosca, con la conseguenza che d'ora in avanti potrà esser resa più difficile l'azione moderatrice e conciliatrice nel conflitto anglo-yemenita che il R. Governo non ha mai cessato di svolgere a Sanaa attraverso il governatore dell'Eritrea, precisamente per attenersi allo spirito delle conversazioni di Roma.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO

T. 121. Roma, 12 gennaio 1929, ore 20.

Con riferimento all'ultima parte della nota di V. E. n. 7420 del 18 dicembre scorso (2), concordo col Governatore dell'Eritrea nel ritenere utile la preannunciatagli visita del residente di Aden. Nei colloqui che S. E. Zoli avrà eventualmente con Sir Stewart Symes, sarà bene che egli si attenga unicamente alla lettera ed allo spirito delle conversazioni di Roma approfittando dell'intervista per lasciar in forma amichevole comprendere al Residente britannico la delicata situazione in cui siamo venuti a trovarci presso l'Imam dello Yemen in conseguenza dell'azione bellica svolta dalla Residenza per la riconquista dei distretti di frontiera, e fare anche un opportuno accenno alla situazione, contraria alle intese di Roma, che si vorrebbe creare a Camaran, in relazione alla nota questione della costituzione colà del deposito di petrolio della Scitar (3).

(l) -Non si pubblica. Con tale nota il ministero delle Colonie comunicava un telegramma di Zoli del 17 dicembre. Zoli suggeriva di mettere Londra al corrente dell'accordo commerciale rnsso-yemenita e aggiungeva che < politica seguita dalla Residenza Aden getta Imom nelle mani dei russi » e rende difficile l'azione conciliatrice dell'Italia nel conflitto anglo-yemenita. (2) -Non si pubblica. (3) -Società Commerciale Itala-Araba.
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IL MINISTRO A BUCAREST, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 183/7. Bucarest, 12 gennaio 1929, ore 22,10 (per. ore 24).

Dichiarazioni di V. E. alla stampa americana hanno prodotto qui sensazione, comprovando eccitabilità opinione pubblica romena per ogni accenno che non conforta teorie dell'assoluta intangibilità attuali trattati di pace. Tuttavia tre soli giornali non ufficiosi le hanno finora commentate. Cioè: 1° un giornale francofilo che ha messo soprattutto in luce che una revisione degli attuali trattati di pace non può avverarsi con metodo pacifico; 2° un giornale indipendente che mette in relazione auspicata revisione trattato di Trianon con interessi italiani espansione economica; 3° un organo liberale che insiste sul punto che sulle basi come quelle indicate da Mussolini non si può costruire edificio di una vera e durevole amicizia fra l'Italia e Romania (1).

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APPUNTO PER IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (2)

RISERVATISSIMO.

Circa i progetti di accordo presentati da S. E. l'Ambasciatore di Francia (3) relativi alla rettifica della frontiera della Libia e allo Statuto degli italiani in Tunisia di osserva :

l) La proposta rettifica di frontiera è senza dubbio insignificante ed il Ministero delle Colonie potrà dire se essa abbia un qualche valore locale: dal punto di vista di politica estera, vale a dire di possibilità di sviluppi di azione per un domani più o meno lontano, come ne aveva la proposta fatta di raggiungere con la frontiera libica le sponde del lago Tchad, essa non ne ha nessuna. È certamente preferibile non risolvere per ora la questione dei compensi coloniali in base all'articolo 13 del Patto di Londra. La mancata soddisfazione da parte della Francia a un solenne impegno assunto serve e servirà certamente più ai fini polemici della nostra politica estera che la sottile striscia di sabbia fra Tummo e Giada che la Francia vorrebbe concedere per ottenere la dichiarazione che noi ci riteniamo soddisfatti sulla questione coloniale.

L'opinione pubblica italiana ebbe già nel 1919 a rivoltarsi, allorchè si parlò

della cessione del Borku e del Tibesti all'Italia da parte della Francia, per

mantenere l'impegno preso con l'articolo 13 del Patto; la fascia di sabbia che

(l} Sulle reazioni della stampa romena (giornali Cuvantut, Lupta, Viitorut) all'intervista concessa da Mussolini alla Anglo-American News Service cfr. MINrsrERO AFFARI EsTERI, Rassegna settimanale delta stampa estera, anno IV, vol. I, pp. 172-174.

ora si vorrebbe concederci lambisce appena la frontiera del Tibesti. In tali condizioni sembra preferibile, ove l'E. V. ritenga opportuno arrivare alla conclusione di un patto di amicizia con la Francia, lasciare impregiudicata la questione, rinviando l'esame e la soluzione di essa al momento in cui la nostra occupazione militare avrà raggiunto l'estrema linea di frontiera: ma sembrerebbe in tal caso necessario dichiarare che il progetto di accordo francese non può soddisfare le esigenze italiane basate sull'articolo 13 del Patto.

2) Sembra inaudita ed è certo inesplicabile l'audacia del signor De Beaumarchais a presentare il progetto di accordo circa lo statuto degli italiani in Tunisia, il quale non è ammissibile che possa nemmeno servire come base di discussione. La Convenzione del 96 fu già in quel tempo (ed è il tempo di Adua) un compromesso a favore della Francia per aver favorevoli condizioni nelle trattative commerciali che contemporaneamente erano in corso fra i due Paesi, e a cui il Governo di allora dava maggiore importanza nelle condizioni d'allora, e nella violenta campagna che aveva agitata la opinione pubblica italiana contro ogni questione coloniale ed africana.

Nel settembre 1918 le Convenzioni del 96 furono denunciate con una Nota Verbale con la quale il signor Barrère dichiarava che nessuna intenzione aveva il Governo Francese di modificare la parte politica contenuta in esse ma che aveva soltanto l'intenzione di mettere le clausole commerciali in relazione con la nuova situazione creata dalla guerra europea.

Dal 1918 ad oggi attraverso provvedimenti -avvalendosi che nella Convenzione del 96 le merci italiane hanno la clausola della nazione più favorita di fronte alle merci di qualsiasi altro paese, esclusa la Francia, nonostante che la nostra Ambasciata in seguito ad istruzioni di V. E. abbia più volte richiamata l'attenzione del Governo della Repubblica su tali provvedimenti legislativi, che, se non urtavano contro disposizioni di diritto innovavano uno stato di fatto durato ininterrottamente per più di trenta anni-il Governo Francese ha modificato a suo favore la legislazione doganale tunisina in modo da rovinare completamente il commercio italiano nella Reggenza che oggi è ridotto ad una proporzione veramente insignificante. Le modificazioni dal punto di vista commerciale desiderate dal Governo Francese sono purtroppo avvenute a danno nostro e senza che noi potessimo nemmeno protestare perchè non violavano le disposizioni della Convenzione. I nove articoli del progetto di accordo modificano, invece, tutta la parte politica della Convenzione del 96 e distruggono di colpo tutta la magnifica costruzione italiana nella Reggenza, che cinquanta anni di Governo francese e di continuo assalto fatto con ogni mezzo e con ogni arte dall'Autorità francese non sono riusciti ad intaccare:

a) È proibito agii italiani l'esercizio delle professioni liberali: avvocato, medico, farmacista, dentista, levatrice, architetto (art. 2). Solo coloro che sono oggi ammessi ad esercitare tali professioni potrebbero continuare ad esercitarle vita natura! durante. Fra vent'anni la Tunisia non avrebbe più borghesia italiana: ed una collettività all'estero senza elemento borghese non ha più forza nè valore politico.

b) Le RR. Scuole Italiane nella Reggenza, orgoglio della nostra espansione culturale all'estero, con circa novemila alunni, dovrebbero venire chiuse, il Governo Francese offre di comprare gli stabili. Tali RR. Scuole potrebbero

essere trasformate in base all'accordo in Scuole private. Dal 1896 al 1919 nonostante le ripetute domande rivolte alle Autorità francesi della Reggenza nessuna scuola privata italiana fu possibile aprire in Tunisia. Di fronte alle pressioni degli italiani colà residenti che chiedevano a gran voce scuole nazionali in località come Mateur, ove la scuola francese non aveva come alunno francese che il solo figlio dell'insegnante, nel 1919 S. E. Tittoni, nell'accordo TittoniBriand, ottenne la facoltà esplicita per gli italiani di aprire scuole private in Tunisia uniformandosi naturalmente alle disposizioni che regolano l'esercizio di dette scuole. Dal 1919 ad oggi nonostante tale accordo nessuna scuola italiana fu potuta aprire: le domande di apertura essendo state respinte o perchè gli insegnanti non avevano titoli validi per l'insegnamento della lingua francese (insegnamento obbligatorio in tali scuole), o perchè i locali della scuola non erano ritenuti igienicamente adatti, o perchè nella località esisteva già una scuola francese sufficiente per accogliere gli alunni e quindi non si vedeva l'utilità di aprire una nuova scuola privata (italiana). Divenute private come farebbero le nostre scuole a resistere alle continue vessazioni delle Autorità, che affermerebbero non essere necessarie perchè situate in località ove già esistono, spaziose ed allettanti, scuole francesi?

c) Il figlio di italiano nato in Tunisia da genitore italiano nato in Tunisia è cittadino francese. Verrebbe da noi ammesso il principio contro cui abbiamo sempre protestato che lo straniero residente in un paese di protettorato possa diventare per forza di legge cittadino della potenza protettrice. Egli potrebbe declinare la sua qualità di francese ma soltanto a ventuno anni: e intanto a vent'anni sarebbe già arruolato nell'esercitio francese. Da una simile disposizione la sfrenata propaganda francese per la snazionalizzazione dei connazionali residenti in Tunisia riceverebbe un aiuto formidabile; i nostri connazionali che resistono con tanti sforzi agli allettamenti, alle pressioni e alle minacce sentirebbero che il diventare francesi è soltanto una questione di tempo e che quindi, richiedendo una cittadinanza francese, alla quale i figli non potrebbero sfuggire, si assicurerebbero vantaggi ed impieghi che dopo più non potrebbero ottenere e quindi la snazionalizzazione dei tunisini aumenterebbe a tal modo che forse in una sola generazione la nostra situazione in Tunisia sarebbe irreparabilmente perduta.

d) I sudditi coloniali italiani residenti in Tunisia sarebbero trattati di fronte alla questione della nazionalità analogamente ai cittadini italiani, ma essi diventerebbero sudditi tunisini (vale a dire del paese dove risiedono) e non francesi e quindi tali proposte non urterebbero contro un principio di massima e del resto è di dubbia utilità mantenere cristallizzati nella nostra sudditanza ai confini della Tripolitania grossi nuclei di libici, che l'Italia ha tutto l'interesse di vedere lentamente diminuiti in colonia.

e) Clausole restrittive di fronte alle vigenti contiene poi il progetto di accordo in relazione alla composizione del giurj e al diritto di pesca sulle coste tunisine, diritto che sarebbe limitato alla durata di cinque anni, con la reciprocità, che ora non esiste, per i tunisini di un uguale diritto sulle coste della Libia.

I nove articoli del progetto contengono insomma la soluzione a tutto vantaggio francese di tutti i desiderata che i più accesi colonialisti francesi, fra cui è da comprendere il signor De Beaumarchais, che per molti anni fu vice-diret

tore degli affari d'Africa al Quai d'Orsay e si è occupato in tutta la sua vita di questioni coloniali africane, a gran voce da anni richiedono.

Quello che non si comprende è che il Governo Francese possa sperar di ottenere una tanto favorevole soluzione della delicata questione tunisina senza contropartita alcuna, la quale data la grande e nota sensibilità dimostrata sempre dall'Italia per tutto ciò che riguarda gli interessi degli italiani stabiliti nel Protettorato, dovrebbe invece essere cospicua.

Evidente interesse italiano è invece quello di guadagnar tempo, per dare cioè alle nostre Colonie Libiche la possibilità di diventare grossi centri di popolazione italiana i quali avrebbero naturalmente forze di attrazione su tutto il Nord-Africa e quindi fino a quel tempo che S. E. il Ministro delle Colonie precisava in un trentennio, in un suo recente discorso; bisogna cercare di mantenere quanto più è possibile salde le nostre posizioni specialmente in Tunisia, ove possiamo contare su una posizione speciale e su forze di resistenza che, sotto gli ordini di V. E., si vanno sempre più sistemando, risvegliando, eccitando. La proroga quindi pura e semplice dell'attuale Convenzione del 96 per un periodo di 5 o 10 anni è in tali condizioni, e considerata l'impossibilità di ottenere dal Governo Francese un miglioramento di essa, la soluzione più vantaggiosa la quale del resto non dovrebbe incontrare nessuna difficoltà di fronte all'opinione pubblica francese. Se ciò non fosse possibile ottenere è ancora preferibile l'incerto stato di cose che si trascina ormai da dieci anni; la rinnovazione di tre mesi in tre mesi della Convenzione. La Francia che l'ha denunziata, non può, come dieci anni in cui possibilità favorevoli basate su aUriti e posizioni occasionali ad essa non sono mancate dimostrano, non prorogarla: essa comprende l'esplosione di sdegno che avrebbe una diversa misura in Italia. Ma poi anche che a tale provvedimento si arrivasse, quale sarebbe lo statuto degli Italiani nella Reggenza? Da parte nostra si invocherebbe, anche se sicuri della impossibilità di ottenere il riconoscimento della nostra tesi, lo status quo ante, vale a dire il regime quasi capitolare (in base agli accordi vigenti l'Italia ha accettato la sospensione ma non l'abolizione delle Capitolazioni in Tunisia) derivante dagli accordi conclusi con il Bey di Tunisi dagli ex Stati Italiani e noi potremmo essere disposti a far giudicare la questione dal Tribunale dell'Aja, che non potrebbe in diritto darci torto ed appassioneremmo l'opinione pubblica internazionale alla nostra passione tunisina, e la polemica non potrebbe non aver effetto di risveglio nazionale sui nostri italiani stabiliti nel Nord-Africa. La Francia dichiarerebbe applicabile agli italiani il diritto comune. In materia di nazionalità: la legge del 23, promulgata dopo il compromesso con il Governo britannico; per essa è considerato francese il figlio di straniero nato nella Reggenza da genitori stranieri ugualmente ivi nati. Di più il progetto in esame non accorda che la possibilità di declinare la qualità di francese al ventunesimo anno, dopo cioè compiuto il servizio militare in Francia e con la facoltà di poter rinunziare al diritto di opzione al ventunesimo anno con una

dichiarazione del minore o di colui che esercita la patria potestà resa durante la minore età (art. 7 del progetto). Quanti figli d'italiani in tali condizioni potranno avvalersi di tale facoltà? Evidentemente pochissimi e sarebbero anche contestati facilmente dall'Autorità francese in base al servizio militare prestato. La stessa legge comune che sarebbe applicata in caso che la Francia non voglia più prorogare la Convenzione del 96 è ancora quindi preferibile, di fronte al problema della snazionalizzazione, al progetto proposto: poichè in tal caso noi avremmo il diritto, che nessuno potrebbe contestare, di considerare i figli degli italiani così snazionalizzati cittadini italiani e creare quindi ·nell'animo degli snazionalizzati risentimenti ed opposizioni per un iniquo acquisto di cittadinanza straniera non desiderata. Di fronte al problema scolastico, il centro della nostra resistenza in Tunisia, la legge comune sarebbe certamente preferibile ad un progetto che ci fa rinunziare alle RR. Scuole trasformandole in scuole private soggette ai tormenti delle ispezioni francesi. Sarebbe la soluzione che la legge comune ci dovrebbe imporre nè ci potrebbero essere disposizioni di maggior nostro danno. Ma come farebbero ad imporla? Si tratta di RR. Scuole garantite da una Convenzione, che hanno potuto vivere e svilupparsi prima non ammettendo nessuna ingerenza nemmeno la più lieve delle autorità francesi: per chiuderle od ottenerne la trasformazione in private il Governo Francese dovrebbe ricorrere alla violenza, violenza che nulla potrebbe giustificare, perchè tali scuole hanno ricevuto il loro statuto da una Convenzione firmata dallo stesso Governo Francese. È difficile che il Governo Francese ad essa voglia ricorrere in ogni caso con attriti che non riuscirebbero ad ottenere nulla di più di quello che si possa pretendere che il Governo Italiano possa accettare.

Nessuna ragione milita quindi in favore dell'accettazione di un progetto sul quale non si comprende bene come il Governo Francese possa sperare di poter basare una solida amicizia con l'Italia.

(2) -L'appunto è anonimo e senza data; ma un altro appunto, che sembra essere una prima stesura di questo, è firmato da Guariglia e datato 13 gennaio 1929. Per questo motivo si inserisce sotto tale data. (3) -Cfr. n. 121.
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IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. RR. P. 113/54. Budapest, 14 gennaio 1929.

V. E. avrà potuto prender VISIOne dei calorosi commenti della stampa ungherese (l) alle dichiarazioni concernenti la rev~sione delle frontiere dell'Ungheria, contenute nella Sua intervista accordata all'Anglo American News Service (mio Telegramma n. 5 dell'8 corrente e Telegramma-Posta n. 108/51 del 10 corrente) (2). Tuttavia ho rilevato, a questo riguardo, che precisamente i giornali ispirati dal Governo sono stati i più tiepidi e misurati negli elogi, mentre per contro la stampa di sinistra ha mostrato un entusiasmo non precisamente per essa abituale, benchè perfettamente giustificato, nei riguardi dell'E. V.

Vorrei ricordare che nel corso della udienza che io ebbi l'onore di avere da V. E. lo scorso ottobre, mi permisi di richiamare la Sua attenzione sull'impressione penosa e sulla ripercussione che qui avrebbero avuto indubbiamente le dichiarazioni a V. E. attribuite dal Signor Rakosi (3), e precisamente •che qualsiasi idea di restaurazione degli Absburgo significherebbe un pericolo mortale per la revisione del Trattato di Trianon e che il destino dei Borboni, degli Orléans, e dei Napoleonidi sarà anche il destino delle dinastie detronizzate recen

temente •. La stampa le riportò allora, senza troppo mettere avanti il nome di

V. E. (Telegramma per corriere n. 2586 del 10 ottobre scorso, Telegramma 266 del 14 ottobre e Telegramma-Posta n. 2754/1113 del 24 stesso mese) (l) ma va notato che notoriamente questa stampa non rappresenta, qui ancor meno che altrove, la vera pubblica opinione perchè è in gran parte asservita a gruppi radico-ebraico-liberali, ricchi di censo, ma di seguito assai sparuto e di influenza appena sensibile nella Capitale e nei due o tre maggiori centri del Paese. E gruppi che, più o meno apertamente, fanno opposizione al Governo di Bethlen. Mi consta invece, in modo assoluto, che il citato passaggio dell'intervista fu ed è oggetto di penosi commenti in tutti i circoli politici, intellettuali, militari e mondani. È d'uopo rilevare che l'idea legittimista è qui diffusa e radicata in larghi strati della popolazione, mondo ufficiale compreso, e che d'altra parte fra i liberi elezionisti stessi le aspirazioni della grande maggioranza fanno parte all'uno od all'altro degli Arciduchi Alberto o Giuseppe. Ora, come già segnalai (mio Rapporto n. 3265/13621 del 29 dicembre u.s.) (2) nel proclama diretto al popolo ungherese per le Feste di Natale, Lord Rothermere tenne a mettere in bella mostra • il monito definitivo e chiarissimo di Mussolini secondo il quale la restaurazione sul trono di Ungheria di un membro della famiglia di Absburgo porterebbe ad una catastrofe. Monito diretto non solo contro il pretendente Ottone, ma anche contro gli altri membri della Casa d'Absburgo •.

Proclama questo che incontrò la netta disapprovazione e provocò malumori nel Governo, nei Partiti che lo sostengono ed in tutti coloro che non amano che gli stranieri si immischino nelle questioni interne del loro Paese, e ciò anche e specialmente per • i consigli di riforme sociali e democratiche • dati al Governo di Bethlen, mentre invece suscitò la calda approvazione della stampa e dei circoli anti-governativi di sinistra. E parimenti l'articolo di Rakosi che innesta l'una nell'altra le due questioni palpitanti per l'Ungheria, quella del Re e quella della revisione del Trattato di Pace, • conchiude con una carica contro il Governo •.

Rothermere si fece abilmente forte delle precedenti dichiarazioni di V. E. a Rakosi, dichiarazioni perfettamente giustificate in quanto che la questione dagli Absburgo è per noi una questione d'ordine internazionale, ma da un lato il grosso pubblico, nella sua gelosa sensibilità, vi volle vedere una violenza ai suoi sentimenti ed una barriera a quella che considera la più normale delle soluzioni della questione del trono, e dall'altro le sfere governative, che lasciano credere di essere a conoscenza di maneggi di Lord Rothermere per avanzare la candidatura di suo figlio, con l'aiuto ed il sostegno di Rakosi, si trovarono doppiamente disorientate e perplesse.

Si è venuta così formando una strana situazione. L'animosità creata in molti dal proclama Rothermere e dalla voluta sua aspirazione a portare il figlio sul trono d'Ungheria, si venne a tradurre in una certa riservatezza anche nei riguardi di V. E. pur quando, lasciando da parte questioni d'ordine estremamente delicato e sensibile per ogni ungherese come quella del trono, tratta

puramente della rev1s10ne delle frontiere, problema che accomuna invece le aspirazioni più ardenti di tutti i magiari indistintamente: poichè se si notava qualche perplessità nel prestar fede al vecchio Rakosi circa le dichiarazioni dell'E. V. in riguardo alla Corona, la netta, precisa e specificata conferma fattane da Lord Rothermere, tolse le illusioni che molti avevano conservate e sospinse in primo piano una questione che il Conte Bethlen si era dato cura in ogni occasione di sopire.

Naturalmente nessuno mi tenne parola di tutto ciò, ma da molti piccoli indizi trassi la precisa sensazione che è largamente diffuso questo stato di • disagio • nei riguardi nostri. Non va dimenticato che se la stretta intesa italo-magiara ha il suo primo sostegno nel Conte Bethlen -che ci deve molto -con forte seguito certo in numerose personalità ufficiali della classe dirigente (molte sono in fondo • legittimiste ») e grandi simpatie nei profondi strati della popolazione, vi sono pure correnti contrarie, francofile per principio ideologico, tedescofile per educazione, per consuetudini centenarie, commerciali e culturali

o di parentela, per comunanza di interesse riconfermata dalla comune sconfitta e susseguente mutilazione -e correnti di insoddisfatti che il perdurante disagio morale e materiale del Paese mantiene in vita ed alimenta e che non vedono nell'attuale situazione diplomatica ungherese possibilità di sensibili vantaggi materiali, quasicchè potessero realmente trar maggiori vantaggi economici da altre intese politiche con le grandi Potenze occidentali, ovvero che la stretta unione politica con l'Italia precludesse all'Ungheria la possibilità di favorevoli accordi commerciali con gli Stati vicini e lontani. E queste correnti opportunamente dirette, possono trar partito da ogni malumore o malinteso fra noi e l'Ungheria per acquistar terreno ai nostri danni.

Ora senza volere annettere un valore esagerato a quanto pre,cede, riterrei che cadrebbe molto opportuna una prossima visita qui di S. E. Grandi, ciò che darebbe occasione di richiamare nuovamente l'attenzione della pubblica opinione magiara sulla comunanza degli interessi e sulla stretta unione esistente fra i due Paesi. E tanto più che ritengo sarà stata qui rilevata la sollecitudine con la quale vennero da noi rese le visite ad Angora e ad Atene, mentre il viaggio del Conte Bethlen rimonta all'aprile 1927, in epoca ben anteriore a quelli di Ruschdi bey e di Venizelos: come tuttora non si poté concretare la restituzione, da parte del nostro Ministro della Pubblica Istruzione, della visita fatta a Roma dal Conte Klebelsberg.

(l) Cfr. Rassegna settimanale della stampa estera, cit., anno IV, vol. l, pp. 171-172.

(2) -Non si pubblicano. (3) -Sull'intervista concessa da Mussolini nell'ottobre 1928 a Eugenio Riikosi del Pesti Hirlap, cfr. Rassegna settimanale de!la stampa estera, cit., anno III, vol. IV, pp. 2776-2777. (l) -Non si pubblicano. (2) -Non si pubblica.
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IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AI MINISTRI DELLE FINANZE, MOSCONI, E DELL'ECONOMIA NAZIONALE, MARTELLI

TELESPR. 202369/155 (1). Roma, 15 gennaio 1929.

Precedente corrispondenza e da ultimo telespresso di questo Ministero 3 novembre scorso n. 255221 (2).

Con telegramma per corriere 1° corrente n. 2 il R. Ministro in Bucarest riferisce quanto segue:

• Mentre le tendenze liberiste del nuovo Governo romeno varranno a determinare una situazione, che il Signor Benes non mancherà di metter al servizio del suo noto e tanto discusso progetto di cooperazione economica centroeuropea, d'altra parte l'avvento al potere della classe agraria romena sarà sfruttato ai fini dell'Internazionale Verde, che è pur essa fortemente patrocinata in Cecoslovacchia, specie dal Signor Hodza.

Entrambe le circostanze sono importanti. II liberismo del Gabinetto Maniu può infatti por termine, o se non altro attenuare, quello stretto protezionismo che ha contraddistinto i governi liberali

dei Bratianu, e che ha formato finora un assoluto impedimento ad una qualsiasi intesa fra Bucarest e Praga, allo scopo d'una cooperazione economica fra gli stati successori dell'Austria-Ungheria.

V. E. ricorderà, in proposito, le confidenze fattemi dal Signor Titulescu durante l'ultima riunione della Piccola Intesa in Bucarest; e cioè che Benes, di fronte all'impossibilità di aver seco la Romania, decisa a farsi un'industria sua propria, era giunto ad escluderla dai piani di cooperazione danubiana che si era sforzato di patrocinare specie nei suoi viaggi a Parigi, Londra e Berlino.

Senonchè l'antico atteggiamento romeno di fronte ad eventuali intese preferenziali in questa parte d'Europa potrebbe essere indebolito non solo dai piani !iberisti del gabinetto romeno, ma anche dalla circostanza che fra i Ieaders dei nazionaltzaranisti vi sono elementi da tempo disposti ad un'intesa economica centro-europea.

Segnalo il Signor Stere, esponente della Bessarabia (che ha di questi giorni formato un gruppo parlamentare di una settantina di membri, da lui capeggiato), il quale innanzi e durante la guerra patrocinò addirittura una riunione della Romania alla Monarchia austro-ungarica; il Ministro Mihalache, che dopo i suoi viaggi a Praga non si stanca di dichiararsi entusiasta ammiratore deìl'assetto agrario ed industriale della Cecoslovacchia; il Ministro Madgearu; il Senatore Garoflid, ecc.; e vi sono giornali nazionali tzaranisti, come l'Argus, già da anni egualmente disposti a patrocinare una simile direttiva.

Inoltre, il fatto stesso dell'avvento al potere degli agrari romeni, facilitando la diffusione del noto concetto della solidarietà agraria -e quindi economica e politica -fra gli altri Stati danubiani riesce di conforto ai sostenitori della collaborazione economica centro-europea; e ciò tanto più che entrambe le tendenze sono ritenute atte, specie dal Ministro Mihalache, ad operare una • détente • nei rapporti con la Bulgaria, nonchè una trasformazione nell'attuale regime politico ungherese, nel senso che il potere potrà in un giorno non lontano naturalmente passare all'elemento agrario, con beneficio della situazione politica dell'Ungheria nei rispetti dei suoi attuali antagonistici vicini.

So bene che le segnalate tendenze economiche romene hanno prevalentemente Io scopo di battere una strada opposta a quella seguita dai Bratianu, e che esse troveranno probabilmente il loro limite nella distruzione di quegli interessi industriali che i liberali hanno potuto troppo artificialmente accaparrarsi coll'assiduo loro protezionismo industriale; ma ciò tuttavia non elimina il pericolo che specie il governo cecoslovacco, e sopratutto Benes e Hodza (già il Signor Hodza ha inviato cordiali messaggi a personalità tzaraniste, e va pure ricordato che il Signor Maniu e Vaida Voevod furono colleghi dell'Hodza al Parlamento ungherese, e che fra di essi continuano a correre i migliori rapporti) possano tirare quanto più possibile la situazione a loro profitto, tanto influendo a Bucarest, quanto facendo balenare a Budapest chissà quali vantaggi da una cooperazione generale danubiana, conseguente sia alle nuove direttive economiche di Bucarest, che alle iniziative recenti fra Praga e Budapest, e Bucarest e Budapest.

Riferisco a V. E. tutto quanto precede non solo per debito d'informazione e per assicurarLa della mia vigilanza, ma anche per segnalarLe l'opportunità che i nostri banchieri, qualora il prestito romeno sia per trattarsi con un nuovo gruppo e su nuove basi, esaminino l'opportunità di assicurarsi la cooperazione di qualche altro gruppo estero (come quello tedesco, stante l'asserita intenzione della Germania ad opporsi a combinazioni da cui essa rimanesse esclusa) per esigere del Governo romeno sia l'impegno a forniture industriali che quello che la Romania si astenga dall'entrare in combinazioni economiche antitetiche al concetto di cooperazione economica generale, sulla base della libertà dei commerci.

Intanto, per mio conto, io vado sempre più raccomandando a questo R. Addetto Commerciale (un mio intervento diretto mi sembra prematuro) di insistere presso questo Ministero delle Finanze perchè si affretti la nuova compilazione della nuova tariffa generale e quindi necessari scambi di vedute italaromeni per addivenire a quel trattato di commercio che, secondo i nostri vecchi impegni, dovrebbe pur essere il primo a negoziarsi fra la Romania ed uno stato estero •.

Questo Ministero deve fare prudenti riserve circa la possibilità di dar seguito, senz'altro, al suggerimento formulato dal R. Ministro in Bucarest, nel senso di servirsi, cioè, di una nostra eventuale partecipazione al prestito per ottenere, d'accordo col Governo tedesco, precisi impegni dal Governo Romeno, non solo perchè ci riservi forniture industriali, ma anche perchè si astenga

• dall'entrare in combinazioni economiche antitetiche al concetto di cooperazione economica generale, sulla base della libertà dei commerci ».

A prescindere infatti dalla possibilità di solidarizzarci o meno con la Germania in così delicata materia e di ottenere poi dalla Romania, come compenso di una eventuale e relativamente modesta nostra partecipazione al prestito, un impegno di tale importanza, occorre considerare che i progetti di cooperazione economica per l'Europa danubiana sono ancora nel vago e che i nostri interventi intempestivi e sporadici in tale questione potrebbero inutilmente comprometterci, senza raggiungere gli intenti desiderati.

D'altra parte, in materia di forniture, bisognerebbe pure conoscere in anticipo la somma per la quale dovremmo impegnarci nonchè quali forniture potremmo ottenere ed a quali condizioni.

Lasciasi comunque a codesto R. Ministero di vagliare la cosa nella propria competenza, con preghiera di voler far conoscere, con cortese sollecitudine, il suo punto di vista, al riguardo.

(l) -Questo è il numero con cui il telespresso fu inviato a Mosconi. Il documento fu inviato, per conoscenza, anche alla legazione a Bucarest. (2) -Non si pubblica.
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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 282/96. Belgrado, 15 gennaio 1929 (per. il 18).

Per quanto sentito intorno a me in questi giorni debbo ritenere che Governo dittatoriale preoccupasi seriamente relazioni con noi e tenderà, evidentemente nel suo senno e per i suoi fini, a chiarificazione rapporti. È altresì possibile che Rakic riceva istruzione rinnovare altri passi per conclusione nuovo trattato amicizia.

Ritengo che conclusione tale trattato nella presente condizione significherebbe unicamente rafforzamento Governo dittatoriale, e faciliterebbe conclusione suo prestito estero.

172

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 237/73. Belgrado, 15 gennaio 1929.

Mio telegramma stampa n. 41.

Dichiarazioni Generale Zivcovich (l) mirano soprattutto allontanare diffidenza manifestatasi quasi ovunque, ed anche in Francia, circa durata governo dittatoriale. Difficile però credere a temporaneità se durata è subordinata a compimento complesso programma enunciato (ristabilimento ordine amministrazione stato, unificazione leggi, soluzione problema finanziario, studio riforma costituzionale, applicazione misure permettenti ritorno regime parlamentare ecc.), come difficile credere che colpo di stato lungamente meditato siasi fatto solo per breve durata.

Regime dittatoriale voluto per porre fine velleità separatiste croate compromettenti unità stato e solidità esercito, intende compiere per la prima volta, dopo unificazione, gli atti che valgano a dare una superficiale vernice • jugoslava » allo stato senza rinunciare alla preminenza serba, sanare ad ogni costo finanze ai fini di perseguire col perfezionamento massimo della macchina militare gli obbiettivi politici della grande Jugoslavia. Esso non può quindi avere, nella mente dei suoi esecutori, che lunghissima durata.

Punto primo da risolvere è rapidissima conclusione noto grande prestito, che rinsaldando posizione personale della cricca dirigente con grande programma lavori pubblici cercherebbe favorire regioni croate ritenutesi finora trascurate a vantaggio delle serbe, e riprenderebbe per altre vie le clientele politiche allontanate oggi dal potere e dai lucri illeciti, e la cui sorda irritazione e le velate minaccie per il nuovo ordine di cose possono costituire in Serbia il massimo pericolo per il regime assolutista instaurato il 6 gennaio.

Non è infatti difficile sentirsi ripetere anche da persone del maggior senno ed esperienza politica che regime assolutista è contrario alle tradizioni storiche Serbia, che serbi mai tollereranno lunga durata della soppressione delle libertà costituzionali. Che però, se prestito si concluda, se con esso si ponga rimedio ai maggiori mali che affliggono la Serbia, si accontentino così i politicanti e le loro camarille improvvisamente disoccupate, ecc. ecc., una maggiore durata del nuovo ordine di cose potrà anche essere tollerata.

Prestito è poi indispensabile per esistenza finanziaria stessa dello stato. Deputato radicale autorevolissimo mi affermava che finanze non possono più reggersi che per cinque o sei mesi. Se non intervenga finanza straniera, stato potrebbe trovarsi in tempo prossimo in condizioni pressochè fallimentari.

Come ebbi già a far rilevare ragione fondamentale dello sfacelo delle finanze di questo Stato sono le esagerate opere militari intraprese dopo il novembre 1926. Il grande prestito dovrebbe colmare i deficit passati per tale ragione formatisi, e mettere questo Stato Maggiore in condizioni portare a compimento l'intero programma militare (concordato collo Stato Maggiore Francese), così da avere nel giro di due o tre anni una macchina militare perfetta, e dare conseguentemente al programma dei nazionalisti jugo slavisti integrali il massimo sviluppo.

La mentalità semplicista dei circoli militari serbi gira intorno a questo concetto elementare -prestito per fare la guerra, guerra per non pagare prestito.

Sembrami pertanto che sia, come più volte ripetuto, nostro massimo interesse porre in atto ogni mezzo possibile per impedire il prestito, o subordinatamente parteciparvi con la maggiore possibile quota per esercitare almeno indiretto controllo sulle spese.

Alla conclusione del prestito il governo dittatoriale da ora infatti eccezionale premura. Richiamo a tal proposito il mio telegramma per corriere n. 184/61 del 12 corrente (l) relativo alla prossima partenza per Parigi del Dottor Stojadinovich ex Ministro delle Finanze e la seconda parte del telegramma stampa già citato. Vi si contiene notizia arrivo Belgrado del Signor Porters rappresentante gruppo londinese che ha finora trattato con questo governo.

(l) Allude a una intervista concessa da Zivkovié al corrispondente del Daily Express 1'11 gennaio.

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PROMEMORIA DEL CAPO DELL'UFFICIO ALBANIA, LOJACONO

Roma, 16 gennaio 1929.

L,e segnalazioni che il Tenente di Vascello Mimbelli ha fatto (2) .sullo stato d'animo e sulla consistenza militare delle truppe albanesi, dopo il colloquio avuto col Maggiore Jackson, della gendarmeria albanese, contengono la citazione di alcuni dati facilmente suscettibili di controllo e quella di alcuni apprezzamenti disgraziatamente non suscettibili di controllo, ai quali ultimi spetta al futuro di rispondere. Tuttavia ai giudizi del Maggiore Jackson si possono affiancare od opporre i giudizi di coloro che oggi meglio conoscono la questione

albanese e trarne una linea di maggiore o minore fiducia nella solidità della organizzazione militare albanese a cui noi stiamo dando vita.

Il Maggiore Jackson è un ufficiale britannico addetto alla gendarmeria albanese. La missione britannica è gelosa della organizzazione Italiana perchè ne riconosce i pregi, la serietà, la sobrietà, mentre il successo organizzativo della gendarmeria, per opera degli inglesi, è ben lungi dal potersi paragonare a quello nostro. Vi è quindi sempre una tendenza degli inglesi a cercare elementi di svalutazione della nostra politica. Infatti non è la prima volta che il Maggiore Jackson, che è incaricato della organizzazione della gendarmeria nel settore meridionale e che risiede a Santi Quaranta, confida al Mimbelli i suoi dubbi sulla solidità e fedeltà albanese; le sue confidenze precedenti erano a cognizione della R. Legazione a Tirana, a quanto ora risulta.

I fatti citati ora dal Maggiore Jackson si riferiscono al novembre-dicembre 1926 e cioè all'epoca della rivolta dei Dukagini, quando il Patto di Tirana n. l stava per firmarsi e la nostra impronta militare in Albania (salvo la presenza dei quattro organizzatori dell'artiglieria) era ancora da concepire.

Negli stessi fatti vi è qualche cosa di vero e qualche cosa di inesatto.

È vero che vi fu un ufficiale albanese che cadde prigioniero degli insorti in circostanze non chiare; ma egli non era il Prinki Pravesi o Previsi bensì il Capitano Fikri Dino, appartenente alla gendarmeria organizzata dagli inglesi.

Ad ogni modo è esatto che il Fikri Dino non vide affatto offuscata per questo la sua posizione militare, ed è esatto che egli si trovi ora in Italia, presso la Scuola di Civitavecchia. Il Prinki Previsi invece non è affatto in Italia.

Non è sostenibile però che questa missione in Italia, del Fikri Dino, decisa a due anni di distanza, sia un premio del contegno tenuto a Scutari. È più possibile invece che Re Zog abbia voluto mandare lui e qualche altro elemento della gendarmeria (sono infatti a Civitavecchia quattro ufficiali provenienti tutti dalla Gendarmeria) per levarsi d'attorno qualcuno che ha forse goduto finora di una certa influenza nell'ambiente del Capo dello Stato, influenza tollerata da Zogu Presidente della Repubblica e forse meno tollerata da Zogu Re.

Non è esatto che con Previsi o con Fikri Dino fossero a Scutari 200 soldati della Guardia. La Guardia non si mosse da Tirana. Da parte di un ufficiale britannico che si trovava in Albania a quel tempo, queste inesattezze avrebbero potuto evitarsi.

Fin qui le asserzioni suscettibili di controllo. Ma la parte grave delle dichiarazioni Jackson sta nel dubbio che esse insinuano sulla solidità e sullo stato d'animo delle truppe albanesi in caso di operazioni di guerra contro la Jugoslavia. Che l'elemento albanese sia stato sempre infido è risaputo anche troppo. Solamente sarebbe più esatto dire che mano mano che si scende nella scala sociale si trovano elementi meno complicati e che quindi la diffidenza dovrebbe investire più l'elemento ufficiali che l'elemento truppa.

Fisicamente apprezzata per la sua facile contentatura e per la sua resistenza, una volta superate le denutrizioni e le deplorevoli condizioni di vita e d'igiene delle masse in Albania, la truppa albanese, moralmente e militarmente parlando, forse non è nè peggiore nè migliore di tante altre. Di uomini che sentono in un modo e combattono in un altro se ne sono vistì quasi a milioni nella

grande guerra. Nazionalità assolutamente avverse al nucleo statale ove erano incorporate hanno combattuto magnificamente, ferreamente quasi, rendendo vane tutte le speranze di facili disintegrazioni che potevano nutrirsi a loro riguardo. Questi risultati derivano da un'organizzazione militare perfetta che sovrapponeva ad ogni sentimento la disciplina di soldati.

Non si vuole con ciò affermare che la nostra organizzazione militare in Albania possa fare miracoli; ma certo dal 1926 ad oggi il soldato albanese ha percorso molti gradini della scala ascensionale ed altre garanzie potrà dare se le circostanze consentiranno qualche anno di seria applicazione, di lavoro e di costituzione di uno spirito solido nelle divisioni albanesi e specialmente se vi sarà il tempo di riversare in esse il gettito delle organizzazioni pre-militari.

A questo proposito occorre dire che le segnalazioni del Maggiore Jackson sono giunte all'indomani di ponderate riflessioni che l'Ufficio Albania ha scambiato col Colonnello Pariani sull'avvenire della nostra azione militare in Albania, con particolare riflesso alla guerra. È stato condotto il Colonnello Pariani a considerare se, nel giuoco del nostro Stato Maggiore, l'Albania dovesse costituire un peso morto, tale da sboccare a queste due ipotesi:

a) o che lo Stato Maggiore, trascinato da impegni presi dalla precedente azione politica, si vedesse menomato nella sua libertà di operazioni, per la necessità di aiutare l'Albania; ed in questo caso le operazioni di guerra soccombevano alla politica;

b) o che lo Stato Maggiore disconoscesse gli impegni politici ed abbandonasse l'Albania alla invasione jugoslava; ed in questo caso la politica soccombeva alle vicende di guerra.

Il Colonnello Pariani ha risposto che, se si danno tre anni di tempo per preparare le tre Divisioni progettate, che in pratica saranno quattro per la possibilità di inquadrare in unità di guerra i giovani dell'attuale organizzazione pre-militare, nè l'una nè l'altra delle due ipotesi sopra accennate dovrà verificarsi, perchè le quattro divisioni albanesi da sole, operando sulle posizioni difensive prestabilite, saranno in grado di arrestare il prevedibile sforzo jugoslavo, calcolato su cinque delle sedici divisioni che l'esercito jugoslavo potrà mettere in campo. Se l'Esercito Jugoslavo si ostinasse a voler sfondare verso l'Albania dovrebbe impiegare 8 delle sue 16 divisioni; ed allora il vantaggio sulla fronte Italiana sarebbe tale che tutti gli obbiettivi, anche attraverso una dolorosa ma temporanea invasione dell'Albania, verrebbero pienamente raggiunti sulla nostra fronte diretta.

Questo giudizio, o meglio questa promessa, del Colonnello Pariani è così recisa che assorbe, nella sua competenza e nella sua responsabilità, i dubbi del Maggiore Jackson. Si noti poi che questi dubbi fanno parte di colloqui più o meno sottovoce, tra un inglese di più o meno acido atteggiamento, ed una persona estranea all'azione in Albania. Le dichiarazioni del Colonnello Pariani sono invece le più alte e sicure che si possano avere e sono state pronunziate dinanzi all'Ufficio politico che poneva nettamente un quesito di servizio, col

senso della reciproca responsabilità. Ad ogni modo la preveggenza contro il male non è mai troppa. Appena il Colonnello Pariani, fra tre o quattro giorni, ripasserà da Roma l'attenzione

di lui sarà richiamata sul pro-memoria Mimbelli-Jackson, affinchè ogni accorgimento sia spiegato per parare alle eventualità sfavorevoli, sebbene da tempo il problema dei rapporti tra gli ufficiali Italiani e la truppa albanese sia stato prospettato dall'Ufficio al Colonnello Pariani anche dal punto di vista della sicurezza fisica degli ufficiali.

L'Ufficio ritiene che questi problemi, che comportano la loro parte di rischio debbano avere la loro parte di fede, la quale, nelle cose militari, significa coesione, saldezza e spirito proiettato in avanti. È così che si spiegano le legioni straniere, i corpi coloniali, gli eserciti multicolori, che hanno combattuto sempre le loro brave guerre, come l'Esercito albanese, guidato da Ufficiali Italiani, combatterà, se Dio vuole, la sua.

(l) -Non si pubblica. (2) -Con un promemoria che non si pubblica.
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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 302/102. Belgrado, 16 gennaio 1929.

Il documento che il R. Console in Skoplje ha trasmesso all'E. V. col telegramma-posta n. 2/1 del 1° gennaio corrente (l) riveste speciale importanza poichè per la prima volta mette in luce le ragioni e le fasi della lotta in seno al Comitato Rivoluzionario Macedone, e fa vedere come gli animi tendano a pacificarsi, e come possa considerarsi la Direzione del Comitato stesso definitivamente passata nelle mani di Mihailoff, sul cui odio verso i serbi non è possibile avere dubbi.

Richiamo a tal proposito l'attenzione dell'E. V. sulle conclusioni a cui sono giunto col mio telespresso n. 10804/2546 del dicembre u. s. (2) circa l'opportunità che al comitato predetto fosse ridata tutta la sua efficienza.

Questo mi sembra ancora più necessario oggi, in seguito alla formazione del nuovo stato di cose in Jugoslavia per il colpo di Stato del 6 corrente, che da il governo interamente nelle mani dei militari e dei nazionalisti.

È superfluo che io ricordi come e gli uni e gli altri considerino la snazionalizzazione della Macedonia problema principale ed urgente per la potenza della Serbia e per la sua stessa vita.

In passato la lotta contro il comitato macedone, e contro l'elemento macedone in genere, è stata diretta dal Re personalmente dietro le pressioni delle cricche militari. Essa trovava, se non un correttivo, un intralcio nelle sia pure sbiadite e blande istituzioni costituzionali e nella stampa. Oggi, abolite le prime, e ridotta al silenzio la seconda, si può affermare che l'attività del Governo SHS per la snazionalizzazione della Macedonia sarà condotta con la massima rapidità, e con crudeltà senza precedenti. N e sono già indice le notizie che provengono dal R. Consolato di Bitolj:

Consiglio comunale e giunta provinciale, l'uno e l'altra in gran parte co

stituiti di elementi macedoni locali, sono stati immediatamente sciolti. Il giorno

seguente l'avvento al potere del nuovo governo ebbe luogo alla direzione della

polizia una riunione segreta; il numero di agenti delle varie categorie è aumen

tato: quelli investigativi perlustrano la città in ogni senso e, durante la notte,

i quartieri poveri abitati da albanesi e bulgari; molte persone, anche munite

di regolare carta di legittimazione, sono condotte alla ~olizia per interrogatori

e controlli. Il 12 poi, è stato ucciso un agente investigativo. Su questo omicidio,

che è il quarto occorso in quel piccolo paese negli ultimi mesi, circolano le

voci più strane e fra le altre quella che egli sarebbe stato sulle tracce di un

complotto macedone: nulla di più probabile, invece che, approfittando di un

pretesto qualsiasi, egli sia stato fatto uccidere per poter spiegare le maggiori

misure di polizia che verranno specialmente prese in quella regione verso i

macedoni.

La realtà, qualunque essa sia, lascia prevedere un periodo di terrore forse

mai conosciuto in quel lontano paese e l'eco del quale non arriva o giunge assai

attenuato alla generale attenzione.

Stando così le cose, si rende tanto più necessario il rafforzamento del Co

mitato Rivoluzionario Macedone, e la ripresa della sua azione in Albania.

La scelta dei mezzi più idonei perchè l'azione del Comitato Macedone possa

dare i suoi frutti ha già formato oggetto delle più aspre controversie fra ì capi

della organizzazione, e non è in questa sede che può essere discussa. Ma allo

stato delle cose reputo doveroso richiamare l'attenzione dell'E. V. sulle consi

derazioni seguenti.

L'azione violenta ha il vantaggio di far rumore nel mondo, ma non giova alla causa bulgara, anzi accelera la fine di quelle ultime scintille d'irredentismo che illuminano ancora la questione macedone. Ogni attentato compiuto da membri della organizzazione rivoluzionaria ha gettato nel fondo di un carcere tutte le persone sospette alle autorità serbe e che per essere tali erano le figure più rappresentative dell'elemento macedone. Gli attentati al giornalista Hagi Fopovich a Bitolj, al generale Kovacevich a Stip, al consigliere Frelich a Skoplje, a Zica Lazich a Belgrado, la congiura degli studenti macedoni finita col famoso processo, quella di Resna che ha avuto pure il suo epilogo col processo di Monastir del febbraio scorso anno, hanno avuto precisamente come risultato che la rappresaglia serba ha segnato la scomparsa materiale o morale dalla scena politica dei macedoni più arditi, più influenti e più utili alla causa. In occasione della esecuzione del preteso autore dell'uccisione del generale Kovacevich, il giornale Politika scriveva:

« Che la tomba di Kraljet sia di ammonimento a tutti coloro che desiderano il male altrui, e le parole che egli pronunziò prima della morte siano udite da coloro di Sofia perchè non appariscano più sulla nostra terra ».

Continuare nello stesso sistema significa forse fare il giuoco dei serbi. Oggi, a parer mio, occorre tener viva l'idea della questione macedone con una vasta e ben coordinata campagna di stampa all'estero e soprattutto in America. Non mancano al comitato di Sofia i mezzi di conoscere quanto succederà nella co

17 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

siddetta Serbia del Sud: occorre che tutto venga lanciato in grandi quotidiani d'ogni paese e non soltanto nelle brevi pagine del Macedonia, che, per il suo specialissimo colore di parte, non ha presa sul grosso pubblico, al quale forse non arriva che in misura poco notevole.. Ciò avrebbe il duplice vantaggio di tener desto il sentimento dei macedoni emigrati e quello dell'elemento locale senza dar pretesti alle autorità serbe di inasprire la sua opera di snazionalizzazione della Macedonia. Qualunque siano, infine i programmi del comitato, in essi non dovrebbero essere menomamente implicati gli elementi macedoni locali.

Il momento per agire opportunamente nel senso sopraindicato e per un'intesa di tutti i macedoni potrebbe intanto essere quello segnalato dal R. Ministro a Vienna (telespresso di V. E. n. 2671/160 del 27 dicembre) di un prossimo congresso dei macedoni federalisti decisi a quanto sembra ad allargare su altre basi il loro movimento. Nello stesso tempo analoga azione potrebbe essere svolta nell'O.R.M.I.

Che i governi si interessino, più di quanto può forse sembrare in apparenza, della questione macedone, è dimostrato da questo fatto: parlando ieri di affinità di lingue e dialetti di quelle regioni, il Ministro degli S. U. d'America si lasciò sfuggire che pochi giorni prima aveva telegraficamente risposto ad analoga domanda del suo governo, che gli albanesi rimasti fuori delle frontiere della patria cioè in Macedonia dal Kossovese ai Laghi, sono 750.000.

Come azione di conforto e di fiducia, verso la popolazione locali, mi onoro infine sottoporre all'esame della E. V. la opportunità e la possibilità di agire sul governo Rumeno e Greco affinchè essi ottengano la riapertura dei rispettivi consolati a Monastir (1).

Il Consolato romeno era già stato annunciato da oltre un anno: di quello greco si è parlato in occasione della elaborazione del trattato di commercio fra Jugoslavia e Grecia: l'uno è motivato dagli interessi valacchi in Macedonia, l'altro dai traffici ferroviari di merci e passeggeri nella vasta regione dalla frontiera fra Macedonia greca e serba.

L'apertura di questi due consolati a Bitolj sarebbe un grave colpo ai propositi del governo SCS in quella regione, come lo fu già la riapertura violenta del nostro R. Consolato nel luglio 1927.

Aggiungerò infine una considerazione, che, secondo quanto mi riferisce un mio informatore, trova la sua base nei recenti avvenimenti interni di questo Paese.

Ho già informato V. E. che il colpo di Stato del 6 gennaio ha scontentato tutta la classe politica serba, che viveva della politica, e che nell'esercizio delle mansioni di deputato, o nella aspettativa di un portafoglio Ministeriale trovava guadagni e credito. Alcuni di questi professionisti della politica sono stati gettati oggi sul lastrico, e la loro ostilità al nuovo ordine di cose è tanto profonda, che, combinata col loro spirito fazioso, colla violenza dei loro metodi, ecc., può dar luogo a sorprese ed a possibilità insperate. Mi risulta, per esempio, che uno degli ex Ministri di Pasich, uomo politico molto in vista, avrebbe detto ad un mio informatore degno di fede: • Imiteremo, se occorrerà, l'esempio del nostro grande capo, Nicola Pasich, che nella lotta contro gli Obrenovich

non esitò a cercare rifugio ed aiuto in Bulgaria •. Il che è esatto, poichè Pasich, per sfuggire la pena di morte cui era stato condannato circa l'anno 1887 riuscl a rifugiarsi in Bulgaria, ove visse qualche tempo sotto la protezione delle autorità bulgare.

Quanto sopra sembrami che possa consigliare all'Organizzazione Rivoluzionaria Macedone una cauta azione per venire in contatto con i malcontenti ad oltranza dell'attuale regime in Jugoslavia, che tutto lascia prevedere saranno sempre più numerosi ed arditi.

(l) -Non si pubblica. Il documento trasmesso dal console a Skoplje è una storia, fatta dal punto di vista di Mihailov, della lotta in seno all'ORMI dopo l'uccisione di Protogerov. (2) -Cfr. n. 95.

(l) Monastir è il nome greco e albanese di Bitolj.

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IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 149/71. Budapest, 16 gennaio 1929.

La relazione fiduciaria da Budapest a firma E. B. inviatami in visione con Telespresso n. 20126/13 dell'8 corrente, non è che un superficialissimo resoconto di notissime tendenze di alcune personalità o partiti e di piccoli fatti isolati più

o meno esattamente riportati. Di tutto ciò ho già a suo tempo riferito all'E. V. ed a parecchie riprese. Così delle tendenze francofile dei socialisti e partiti di sinistra, per ragioni ideologiche e tendenzialità repubblicana contrari pure al Conte Bethlen, ho riferito con miei numerosi Ra·pporti e da ultimo col Rapporto 3191/1324 del 18 dicembre scorso (Abboccamento Bethlen-Briand) (1).

Circa l'atteggiamento di alcuni membri della Commissione Parlamentare degli Affari Esteri (mio Telegramma-Posta n. 2971/1226 del 22 novembre u. s. -Trattato Commercio itala-ungherese), l'ex-Ministro degli Affari Esteri Gratz è infatti di tendenze germanofile -altrettanto esattamente non si può qualificare il vecchio e ben noto Conte Alberto Apponyi che direi piuttosto • anglofilo •, quale rappresentante del più puro parlamentarismo classico. Ha del resto molte simpatie anche per l'Italia ma fu sempre di opinione che, allo stato delle cose l'Ungheria non debba legarsi strettamente con alcuna Potenza, per conservare la sua libertà d'azione, ed avvicinarsi contemporaneamente a tutte le grandi Potenze occidentali. Tendenza questa che aveva un seguito abbastanza notevole fino a due anni or sono, quando fu firmato il Trattato di amicizia itala-ungherese. Qui da molti si temeva che l'amicizia pronunciata in una sola direzione avrebbe in certo qual modo • isolata » l'Ungheria per le forti gelosie internazionali -lusso che l'Ungheria non poteva permettersi. Quanto al Conte Andrassy, capo dei legittimisti e personale nemico più che avversario del Conte Bethlen (vedi scandalo dei franchi) dal novembre 1926 non fa più parte del Parlamento, e quindi tanto meno della Commissione Parlamentare degli Esteri, e non si può assolutamente dire del resto sia germanofilo -il suo giornale il Magyarorszag ebbe sempre un'attitudine pronunciatamente italofìla. Egli si metterà con chi appoggerà la restaurazione del • Re legittimo », l'Arciduca Ottone.

Una certa corrente per il miglioramento delle relazioni con la Jugoslavia, specialmente per ragioni d'indole commerciale, come per il chiarimento della atmosfera con tutti gli Stati confinanti nell'intento di rendere più attivi i traffici, data la crisi economica di cui al mio Rapporto n. 1212 del 17 novembre

u. s. esiste, soprattutto nell'elemento industriale-commerciale, ma non ha tendenze politiche.

Assolutamente errato si è quanto la relazione riferisce circa l'Onorevole Géimbéis (oggi Sottosegretario alla Guerra). Questi fu sempre ritenuto il principale fautore di un riavvicinamento politico invece alla Jugoslavia, non • italofilo • e solo lo scorso anno smentì a me personalmente tali suoi intendimenti, anzi mi disse sperare in un'azione militare comune italo-magiara contro Belgrado, ed il Conte Bethlen mi disse di essere sicurissimo delle sue tendenze italofile (mio Rapporto n. 1073 del 2 maggio 1928 e Telegramma-Posta 487 del 14 stesso mese).

Per quanto riguarda le assurde pretese di certi oratori che lamentarono l'inefficienza dell'amicizia con l'Italia, nei rispetti commerciali, mi riferisco pure al mio citato Rapporto del 17 novembre u. s. (1).

(l) Non si pubblica. Ma sulle tendenze francofile cfr. n. 72.

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IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

L. P. Tirana, 16 gennaio 1929.

La Sua lettera del 2 gennaio mi è giunta solo il 12 corrente. Nel mio telegramma del 5 gennaio, n. 5 (2) ho potuto fare solo un vago accenno alla questione che interessa S. E. il Capo del Governo. Sono ora in grado di aggiungere qualche dettaglio.

Arrivando in Albania, di ritorno dall'Italia, mi sono trovato dinanzi ad una decisa • orientazione • non soltanto da parte di Ilias bey Vrioni, che aveva intrattenuto in termini • espliciti • il Ministro Lojacono (3), ma anche da parte di Re Zogu. Nell'impossibilità di dichiarare subito al Sovrano che la soluzione matrimoniale da lui auspicata non poteva realizzarsi, ho creduto dover procedere per gradi agendo in primo luogo su Vrioni per persuaderlo che la candidatura più opportuna era quella che il Capo del Governo mi aveva autorizzato a presentare. Ho fatto sentire che solo tale candidatura poteva consentire di giun

• L'Ufficio III della Direzione Generale Europa e Levante è del parere che il rapporto del R. Ministro confermi, a prescindere dai dettagli, l'impressione già avuta, cioè che, una volta tanto, le informazioni confidenziali non mancassero di qualche interesse, sopratutto come quadro di insieme, inteso a riassumere taluni sintomi non trascurabili di "revirement" nei riguardi dell'Italia, da parte di certi circoli ungheresi»,

gere rapidamente al matrimonio di Sua Maestà senza dover superare ostacoli troppo gravi, e sopratutto senza provocare una fortissima disillusione in un'altra Capitale balcanica (1). Ho dovuto servirmi di questo argomento, più o meno rispondente alla verità, perchè era il solo che potesse far presa nell'anima politica di questa gente senza ferire la loro suscettibilità.

Sebbene la stella politica di Vrioni fosse, fin dal mio ritorno a Tirana, in pieno tramonto, e sebbene la sua intelligenza andasse e vada ogni giorno più annebbiandosi, tuttavia egli mi ha servito. I miei argomenti lo hanno colpito, se non del tutto persuaso. In maniera probabilmente confusa e piena di uscite impreviste, egli ha più volte intrattenuto il Sovrano della questione. Nessuna risposta precisa mi è stata data. Però Vrioni mi ha chiesto una fotografia della nostra candidata. Pregherei V. E. di farmela avere.

In ogni modo al momento di intrattenere a fondo il Sovrano mi troverò in grado di cominciare non più con una negativa, ma potrò, come se una prima pagina fosse già chiusa, fermare senz'altro l'attenzione del Re sulla soluzione da noi desiderata.

In attesa che si producesse nell'animo del Sovrano questo necessario cambiamento di fronte, ho fatto in modo che egli si assuefacesse alla presenza del mio nuovo interprete, il primo segretario Quaroni. Il Re che è così disinvolto nelle questioni politiche, si sente sempre imbarazzatissimo, arrossisce persino, come un bambino, quando gli parlo di questioni che riguardano la di lui persona.

Come ho precisato nel mio telegramma del 5 gennaio, l'incoronazione non potrà avvenire in maggio. Il Re parla del 1° settembre, ma si finirà per arrivare a ottobre o novembre. Sembra quindi opportuno dar la precedenza al viaggio in Italia. Ne ho lungamente intrattenuto il Sovrano suggerendogli la prima settimana di aprile; continuerò ad insistere su questa data perchè, tenuto conto degli inevitabili ritardi, si giungerà certamente alla seconda quindicina di maggio, secondo desidera il Capo del Governo.

Può darsi che S. E. Mussolini abbia fatto al signor Faik Konitza qualche accenno sia al viaggio che al matrimonio di Re Zog. Interpellerò il Sovrano per sapere se il suo Ministro gli ha riferito con precisione quanto eventualmente può avergli detto il nostro Primo Ministro. Per opportuno controllo sarebbe tuttavia utile che io sapessi se effettivamente le due questioni sono state toccate.

V. E. ha recentemente restituite ad Angora e ad Atene le visite che quei ministri degli Affari Esteri avevano fatto a S. E. il Capo del Governo. Vrioni è troppo misera cosa per meritare una restituzione di visita. Ma se il R. Governo ritenesse utile la Sua venuta anche in questa capitale balcanica, io farei pervenire a V. E. un invito personale di Re Zogu, intendendosi cioè che la visita di V. E. sarebbe fatta al Sovrano. Io ritengo che anche nei riguardi del nostro programma (visita a Roma di Re Zogu e suo matrimonio) la venuta di

V. E. a Tirana potrebbe riuscire eccezionalmente utile. Mi permetterei suggerire come data eventuale la metà o fine di febbraio.

La prego di voler essere interprete presso il Capo del Governo del mio ossequio profondo.

(l) Cfr. il seguente appunto allegato al rapporto:

(2) -Sia la lettera che il telegramma non sono stati trovati. (3) -Cfr. n. 81, p. 98.

(l) Cioè Sofia.

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IL MINISTRO A BUCAREST, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 264/11. Bucarest, 17 gennaio 1929, ore 13 (per. ore 18).

Mio telegramma n. 9 (1).

Ministro degli affari esteri mi ha pregato di passare da lui. Mi ha detto anche per sottrarsi alla persistente pressione del Governo di Mosca, Governo romeno desidererebbe avvalersi dell'avvenuta ratifica americana e sottomettere al più presto al Parlamento ratifica del patto Kellogg e fare così automaticamente venire meno la nota recentemente proposta da Mosca al Governo di Varsavia. Solamente, prima di ciò fare, Governo di Bucarest terrebbe a conoscere avviso dei Governi di Roma, Parigi e Londra dell'eventuale iniziativa romena, nonchè sapere se e quando V. E. si proporrebbe da parte sua procedere ratifica patto stesso.

178

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA

T. GAB. (P. R.) P. 10/49. Pera, 17 gennaio 1929, ore 17 (per. ore 19).

Ignoro se S. E. Grandi ha ricevuto in particolare colloquio ministro di Turchia e se lo ha messo a parte delle conversazioni avute con Venizelos, Carapanos. Se ciò non è avvenuto mi permetto rilevare che sarebbe opportuno che

S. E., o per il tramite di Suad bey, o per il mio, facesse pervenire ad Angora qualche ·comunicazione in seguito visita Atene. Ciò contribuirebbe all'intimità dei rapporti fra Angora e Roma, alla quale naturalmente ad Angora si da maggiore peso che a Roma, ma che è utile anche alla nostra politica se vogliamo mantenere, contro attivi concorrenti, nostra posizione qui conquistata non tanto facilmente. La stampa finora ha dato pochissimo... (2) da Atene. Solo stamane alcuni giornali pubblicano dichiarazioni di S. E. Grandi ai giornalisti.

179

IL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 260/16. Zagabria, 17 gennaio 1929_. ore 20 (per. ore 24).

Capi opposizione croata stanno studiando progetto creare possibilmente all'estero una emigrazione politica a scopo di propaganda. Si pensa di fare partire due appartenenti al partito radiciano, due federalisti e due separatisti, sce

gliendo persone adatte. Anche questo console Ungheria ha avuto analoga comunicazione. Egli mi ha detto ignorare pensiero suo Governo circa eventuale residenza a Budapest di alcuni emigrati croati. Lunedi prossimo egli andrà a Budapest ove si recherà anche il ministro d'Ungheria Belgrado per conferire insieme con ministro affari esteri sulla situazione croata.

Ho telegrafato quanto precede Roma e Belgrado.

(l) -T. 240/9, del giorno 15, che non si pubblica. (2) -Gruppi indecifrati: rilievo alle notizie?
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L'INCARICATO D'AFFARI A PRAGA, COSTA SANSEVERINO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 278/ 2. Praga, 17 gennaio 1929, ore 18,40 (per. ore 2 de! 18).

Articolo pubblicato dal Popolo d'Italia 13 corrente sotto titolo • Ritorna il 48 » (1) ha fatto qui penosa impressione.

Krofta che ho incontrato stamane al ministero affari esteri, pur premettendo non avere intenzione alcuna di protestare, ha amaramente commentato come forma e contenuto articolo assumano particolare gravità, sia perchè può considerarsi espressione opinione italiana sia perchè ferisce profondamente sentimento intera nazione che viene qualificata • nata da un inganno e da un falso •. Ha notato inoltre come s'impieghi da articolista nomenclatura magiara e come male si accenni all'azione del 1919 in Slovaochia dimenticando che legionari czechi erano inquadrati da ufficiali italiani ed obbedivano ordini generale italiano. Già stamane organo Legione replica articolo Popolo d'Italia in forma vibrata ma corretta.

181

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 284/48. Belgrado, 17 gennaio 1929, ore 21,50 (per. ore 2 de! 18).

Oggi sono stato ricevuto per la prima volta da Kumanudi. Egli mi ha detto volere continuare politica Marinkovic e desidererebbe intanto cominciare a costituire quell'ambiente favorevole che permetta a due stati vicini e con tanti comuni rapporti relazioni amicizia. Ho risposto con frasi generiche in analogia e profittato richiamare tutte le nostre passate doglianze per campagna in Siavenia a mezzo della stampa con a capo lo Slovenec e mediante associazioni irredentiste alle quali Korosec dava sua adesione. Kumanudi mi ha risposto che si informerebbe subito ed ha aggiunto che con le nuove armi che stato si

era dato, egli provvederebbe contro la stampa ogni qual volta qualche cosa gli risultasse od io richiamassi sua attenzione. Non desiderava che elementi irresponsabili compromettessero sua opera. Si è poi doluto per atteggiamento qualche giornale italiano in occasione colpo di stato e citato Popolo d'Italia a suo giudizio offensivo anche per la persona del Re (1). Ho risposto come nel mio telegramma n. 34 del 10 corrente ed aggiunto che in niun caso attacchi ingiuriosi, offensivi, provocanti che da mesi e mesi trovansi nella stampa jugoslava e che avevo inutilmente segnalato potevano essere paragonabili a qualche critica che eventualmente poteva essere apparsa in Italia nelle ultime occasioni. Si sono poi esaminate alcune questioni (Sufid, tabacchi Montenegro, Monte Promina, ecc.) per le quali riferisco con corriere.

(l) È un corsivo che prende le mosse dalla agitazione irredentista e autonomista degli Slovacchi.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 290/44. Costantinopoli, 17 gennaio 1929, ore 22 (per. ore 2,35 del 18).

Ambasciatore di Germania dopo qualche giorno di permanenza a Angora è tornato Costantinopoli ed è venuto a visitarmi. Come risultato delle sue osservazioni e investigazioni personali e dei colloqui colà avuti, egli mi disse che posizione dell'Italia a Angora e fiducia di quel Governo nella chiaroveggente politica di V. E. sono tuttora fortissime. Ma appunto questo fatto inquieta Francia e non è nemmeno di grande soddisfazione per Inghilterra, alla quale è utile che esista anche qui per essa un gioco di bilancia tra Italia e Francia. Ambasciatore di Francia infatti ha recentemente domandato a Tewfik Roussdi se proprio convenisse alla Turchia quell'egemonia nei Balcani che V. E. vi cerca isolando Jugoslavia. Al che Tewfik Roussdi avrebbe risposto che politica di

V. E. nei Balcani è tutt'altro che egemonica, essa è contraria all'instaurarsi o all'affermarsi di qualsiasi egemonia. Quanto alla Turchia essa segue, anche dopo mutamento avvenuto a Belgrado, una politica di riserva e di attenzione e sarebbe ben contenta se potesse arrivare a risolvere questioni pendenti con Jugoslavia. Ambasciatore d'Inghilterra che in r>assato trattava turchi con altezzoso disprezzo, si sta ora moltiplicando in dimostrazioni di cordiale amicizia, contrariamente smentita a me data, si adopera per trovare base d'accordo per frontiera siriana onde rialzare le azioni della Francia ad Angora. Senonchè in questi ultimi giorni sarebbe venuto a conoscenza del Governo turco che agenti britannici stanno ricominciando a tessere intrighi con kurdi dei vilayet orientali, azione che, secondo ambasciatori di Germania e di Russia va di pari passo con quella svolta nell'Afganistan ed in Persia e che mira a neutralizzare anche

iniziative prese l'anno scorso da Governo turco a Kabul e a Teheran. Ripresa attività agenti britannici fra le tribù curde non armonizza quindi con azione dell'ambasciatore, a meno che non costituisca una manovra per premere sulla Turchia. Ambasciatore di Russia, dopo un periodo di forte risentimento contro l'Italia .in seguito al patto polacco-ungherese e al viaggio di Walko a Varsavia (risentimento dovuto alla circostanza che Governo italiano non aveva avvertito Governo di Angora di ciò che si preparava tra Budapest e Varsavia) ora si è tranquillizzato ed ha ripreso sua linea di condotta favorevole cordiali rapporti tra Roma e Angora; a questo ravvedersi hanno contribuito il colloquio avuto da S. E. Grandi con l'ambasciatore Souritz e istvuzioni venutegli da Mosca nel senso di non dare un'importanza eccessiva al viaggio di Walko a Varsavia e di continuare sua linea di condotta seguita fino a quel viaggio.

(l) Allude probabilmente all'articolo di fondo "Regia dittatura militare" dell'8 gennaio1929. Cfr. anche l'articolo • Il morbo austriaco e ottomano » nel numero dell'll gennaio.

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IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO

T. 152. Roma, 17 gennaio 1929.

Nota di V. E. n. 7453 del 3 gennaio scorso (1).

Il R. ministro in Addis Abeba richiesto di fornire maggiori precisazioni sulla concessione di ricerche minerarie da lui fatta ottenere alla Società Montecatini specialmente circa sua ubicazione, in data 15 corrente, ha telegrafato

quanto segue:

«Concessione ricerche minerarie comprende regione nel governatorato Harrar prossima linea ferroviaria fra ... (2) e montagne Cher-Cher, nelle vicinanze Dire Daua e nel bassopiano in prossimità stazione ferroviaria Aischa. Ingegnere Maglione della Montecatini qui venuto col Franchetti ha prospettato in novembre scorso parziale giacimento nitrato con risultato soddisfacente poichè egli è ora ritornato per la scelta definitiva vari punti secondo atto concessione.

Ubicazione è dunque favorevolissima ed in pieno nella cosidetta zona d'influenza francese. Vi sono anche concorrenti francesi ma Ras Tafari che è interessato nell'affare (in quella regione vi sono i suoi feudi principali) non si è lasciato smuovere e ritengo che concessione sia assicurata a noi. Segue rapporto •.

Nei riguardi di tale concessione, che trovasi nella zona di influenza francese in Etiopia, secondo l'accordo tripartito, non è finora pervenuta a questo ministero alcuna protesta da parte del Governo della repubblica, ma in ogni caso non è da escludere che un tale passo francese possa effettuarsi e di esso non potrebbe negarsi la fondatezza, dato che detto accordo conserva la sua piena efficacia nei rapporti fra le tre potenze firmatarie.

(l) -Non si pubblica. Ma cfr., sull'argomento, n. 120. (2) -Gruppo indecifrato.
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IL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO, AL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA

T. 297. Roma, 17 gennaio 1929.

Con riferimento alle determinazioni prese nella riunione interministeriale del 12 corrente -determinazioni da me pienamente condivise -trasmetto in copia a codesto R. Ministero per opportuna conoscenza l'unito rapporto (l) di S.E. Corni relativo alle proteste pervenute allo stesso Governatore da alcuni capi Ogaden e indirizzate alla Società delle Nazioni. Allego inoltre le copie delle traduzioni di tali proteste, avvertendo che l'originale viene trattenuto da questo Ministero.

In conformità delle accennate determinazioni, che sono state adottate su proposta del rappresentante di codesto R. Ministero, Comm. Guariglia, ho impartito istruzioni a S. E. Corni affinchè, pur restando stabilito che le proteste a lui pervenute non debbono essere inviate alla Società delle Nazioni per le considerazioni svolte nell'altro mio telespresso n. 369 tuttavia egli lasci che analoghe proteste giungano per via diretta alla Società delle Nazioni, qualora i Capi Ogaden intendano di inviarvele, e frattanto continui con la massima cautela, per non sollevare diffidenze specialmente in Addis Abeba, a svolgere l'azione già iniziata per attrarre nella nostra orbita le popolazioni Ogaden d'oltre confine che aspirano a stare sotto la sovranità dell'Italia.

Lascio a codesto R. Ministero, di esaminare, nella sua competenza quali comunicazioni in proposito si ritenga opportuno di fare al R. Ministro Cora, affinchè egli, essendo informato dell'opera che compie il Governatore della Somalia, possa tenerla presente per sua norma.

Prego codesto R. Ministero di farmi conoscere se rispondano esattamente al suo punto di vista le predette istruzioni, da me date a S. E. Corni, o, altrimenti, di comunicarmi quali ulteriori o diverse istruzioni debbano essere impartite.

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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA R. 341/121. Belgrado, 17 gennaio 1929.

Trasmetto qui unito a V. E. un rapporto (l) del Colonnello Visconti che riveste una particolare importanza.

Il Colonnello Visconti prendendo argomento dalle notizie di preparativi militari telegrafati a V. E. 1'11 gennaio con n. 36 (2) pone sostanzialmente in rilievo lo stretto accordo fra lo stato maggiore francese e questo SCS, stretto

accordo che potrebbe anche far credere che il recente colpo di stato siasi prodotto più ancora che con la conoscenza del Quai d'Orsay con quella dello stato maggiore francese.

Col quale in ogni caso è stato accordato un nuovo piano di mobilitazione e nuove misure strategiche fortificatorie alla frontiera slovena (mio tel. 24/41 del 7 gennaio 1929) (1).

Ma più ancora deve desumersi da quanto il Colonnello Visconti espone, che l'indirizzo politico jugoslavo verso la Francia è soprattutto un prodotto delle sfere militari. Queste hanno preso un sopravvento progressivo nella cosa pubblica per imporre la loro volontà ai vari governi succedentisi, e per realizzare un programma di armamenti strettamente connesso con quello francese.

Tale progressiva influenza ha ora portato ad un governo dove se di militare è soltanto il Generale Zivkovich ed il Ministro della Guerra Hagijch, in fatto l'alto comando militare ne è il padrone assoluto. Di questa sua padronanza l'alto comando non potrà che approfittare per sviluppare al massimo grado ogni progetto e dare opera intensiva per tutto quanto è connesso con finalità militari.

Non è quindi il caso di nutrire soverchie illusioni sulla possibilità di un cambiamento fondamentale della politica SCS se anche qua e là qualche diversa velleità si manifesti, e se anche si accresca giornalmente il numero di coloro che veggono chiaro che la politica di armamenti connessa con i piani militari francesi non ha dato a questo stato che pesi insostenibili, disillusioni, non soluzione di alcun problema estero.

Oggi e per un pezzo ancora il concetto di amicizia con l'Italia non esclude, nel pensiero dei circoli militari dirigenti, la stretta intesa con lo stato maggiore francese, la corsa agli armamenti terrestri o navali, l'appoggio ai gruppi di comitati che sotto la bandiera dell'Orjuna agiscono delittuosamente nei nostri territori di confine, la campagna obbrobriosa di stampa, l'appoggio alle associazioni irredentistiche allogene, la inosservanza delle convenzioni e dei trattati firmati con noi, la prosecuzione di ogni programma imperialista balcanico.

Anzi si direbbe che l'amicizia con l'Italia dovrebbe facilitare e coprire comodamente tutti questi vari obiettivi.

(l) -Non si pubblica. (2) -T. rr. 153/36, che non si pubblica.
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IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 154/75. Budapest, 17 gennaio 1929.

La relazione sullo stato di fatto e più sulle tendenze della politica ungherese nei rispetti della Jugoslavia fatta da un • informatore • al R. ministro a Belgrado, di cui al Telegramma per corriere di codesto R. Ministero del 10 c. m.

N. 4 R. G. (1), non è assolutamente degno di considerazione alcuna. Temo che costui sia lo stesso informatore che due anni or sono tenne a far credere al generale Bodrero, non astante mie ripetute smentite che l'Ungheria stesse per

conchiudere un trattato d'amicizia con Belgrado, mentre erano in corso le trattative per un semplice trattato d'arbitrato. Solo contenuto esatto della relazione stessa e di cui riferii a suo tempo è il passaggio riguardante i sentimenti dei magiari nei rispetti dei loro vicini, e quello circa la notissima germanofilia del Ministro d'Ungheria a Berlino, signor Kanya, già segretario generale di questo Ministero degli Esteri. V. E. è al corrente del resto delle aspirazioni del Conte Bethlen nei riguardi jugoslavi, e delle sue idee sulla collaborazione itala-ungherese nei riguardi della crisi croata, come dalle mie ultime lettere particolari.

(l) Non si pubblica.

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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA RR. 349/128. Belgrado, 18 gennaio 1929.

AI telespresso n. 201423/50 del 10 gennaio 1929 (1). La informazione del Ministero dell'Interno trasmessami col telespresso su citato riveste interesse.

La prima parte conferma la buona utilizzazione dei mezzi che in maggior copia sono affluiti, come è noto a V. E. ed al R. Consolato Generale di Zagabria, ai gruppi giovanili croati ed a quelle associazioni separatiste.

Interessanti sono pure gli accenni ai collegamenti dei gruppi suddetti col Generale Sarkotic ed ai rapporti fra questi ed il Cancelliere Seipel. Anche qui vi è riprova di quanto telegrafato a V. E. con n. 12 riservatissimo (2). Converrà, nei limiti del possibile che tali rapporti e contatti siano minutamente seguiti, specie in vista della nuova fase che presto o tardi si aprirà nella lotta per il separatismo croato, per meglio comprendere i vari accaparramenti del movimento croato, e gli sbocchi cui esso potrebbe condurre.

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IL COMMENDATOR NOGARA AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

Roma, 18 gennaio 1929.

L'esperienza ha dimostrato che nel campo dell'espansione economica al

l'estero, nel senso cioè di dar vita ad intraprese italiane non solo per lavoro

ma per capitale, i risultati furono frequentemente negativi o trascurabili, o le

iniziative non ebbero seguito.

Anche nel campo del fiancheggiamento economico della politica del R. Go

verno in territorii non di dominio nazionale, i risultati possono dirsi tutti nega

tivi. Valgano come esempio le iniziative per la colonia portoghese dell'Angola

nel 1920, quella della ferrovia Vallona-Atene pure del 1920, quella delle fer

rovie e delle miniere carbonifere in Turchia del 1923, quella della ferrovia

Hodeida-Sanaa, quella del Nyassa portoghese ecc. ecc. La lista potrebbe allungarsi considerevolmente.

I risultati furono negativi, o minimi, perchè il nostro paese non ha, nelle condizioni sue di sviluppo economico interno, una naturale capacità d'esportazione di capitali, che favorisca le iniziative fuori dei confini nazionali.

Con questa constatazione non si intende di affermare che non esistano, sia pure in limitata misura, dei capitali che possano essere indirizzati ad integrare gli sforzi dello Stato od individuali, intesi a favorire un'attività economica all'estero a fianco di quella politica ed anche indipendente, ma sempre nel quadro degli interessi nazionali.

Ma non esiste l'organo che deve servire a canalizzare questi capitali e che per la sua capacità finanziaria e tecnica dia affidamento di sana attività, se non di immediato lucro. Ogni qualvolta un'iniziativa per l'estero di riconosciuta utilità sorge si è obbligati di ricorrere per il finanziamento a degli Istituti che non hanno per oggetto le operazioni in questione, quindi il loro concorso è minimo ed in eguale misura è il loro interesse nel successo.

Dunque, bisogna creare l'organo finanziario ad hoc e sufficientemente importante perchè possa abbracciare il campo abbastanza vasto già in parte studiato. Dato però il fatto che nel paese non si è ancora formata una coscienza coloniale nel senso economico, la creazione dell'organo non può avvenire che sotto gli auspici del Capo del Governo, e col concorso indiretto dello Stato, cioè senza gravare il suo bilancio.

Il sottoscritto proporrebbe di dar vita ad un Istituto di Credito per le operazioni all'estero con un capitale iniziale di Lire italiane 100.000.000, da potersi gradualmente portare a 200.000.000. Questo capitale verrebbe costituito mediante due tipi di azioni:

un tipo A, per un ammontare di L. 25.000.000 (da portarsi a 50.000.000) sottoscritte dagli Istituti Bancari Italiani in contanti e nominative, con voto plurimo;

un tipo B, per un ammontare di 75.000.000 (da portarsi a 150.000.000) sottoscritto dal pubblico con titoli di Consolidato o di Littorio, ed al portatore. Per ogni titolo di Consolidato o Littorio ceduto all'Istituto, il cessionario riceverebbe una azione dell'Istituto di credito per un eguale valore nominale.

Una propaganda pari a quella fatta per l'ammortamento del Debito interno, tanto efficacemente sostenuta da V. E., dovrebbe permettere la esecuzione del programma qui sopra tracciato. Il popolo italiano risponderebbe con slancio all'appello del suo Duce.

Lo Stato potrebbe inoltre favorire il versamento in contanti delle azioni tipo A, accordando l'esenzione della tassa di ricchezza mobile per quell'ammontare di utili che le Società azionarie destinassero alla sottoscrizione di dette azioni.

L'Istituto di credito coi capitali a sua disposizione non opererà direttamente fuori del territorio nazionale, ma sovvenzionerà, nelle forme che saranno determinate dal suo Statuto, le Società costituite per l'azione diretta all'estero.

Queste sono le grandi linee della proposta che il sottoscritto si propone di fare, augurando che esse siano approvate, nel qual caso potranno essere tecnicamente elaborate.

(l) -Non si pubblica. (2) -Cfr. n. 137.
189

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, MANZONI, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A WASHINGTON, DE MARTINO, A MOSCA, CERRUTI, E AI MINISTRI A VARSAVIA, MAJONI, E A BUCAREST, PREZIOSI

T. 170. Roma, 19 gennaio 192.9, ore 24.

(Tutti meno Bucarest). In data 17 corr. R. ministro Bucarest telegrafa quanto segue:

(come da tel. in arrivo n. 264/11) (1).

Ho risposto quanto segue:

(Tutti). V. S. può dichiarare verbalmente codesto ministro per gli affari esteri che R. Governo rendesi perfetto conto dei motivi che consigliano alla Romania di affrettare ratifica parlamentare patto Kellog per sottrarsi così situazione imbarazzante creata dal noto passo della Russia a Varsavia e trova anzi iniziativa abile ed opportuna nell'interesse della stessa Romania.

Quanto all'Italia è pure intendimento del R. Governo sottoporre questione ratifica alla approvazione Parlamento di cui bisognerà quindi attendere apertura prevista per la prossima primavera.

(Tutti meno Bucarest). Quanto precede per riservata notizia.

190

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO AL CAIRO, PATERNO'

T. 171/14. Roma, 19 gennaio 1929, ore 24.

Reggente Governo Cirenaica in data 15 corrente ha diretto ministro Colonie seguente telegramma :

• -Giorno due corrente piccola autocolonna rifornimento Giarabub esclusivamente ·Composta conduttori civili Ditta De Luigi veniva fermata posto egiziano Sidi Ornar e costretta retrocedere fino Bivio Capuzzo accompagnata da forze egiziane. Non è da escludersi che detto provvedimento illegale sia stato motivato da necessità occultare passaggio carovana ribelli. Tanto comunicasi V. -E. nel caso che ritenesse opportuno reclamare presso autorità egiziane per ristabilire piena facoltà passaggio trattandosi del nostro indiscutibile diritto. Riservomi particolari •.

Concordando in tale opportunità prego V. S. portare a conoscenza di codesto Governo l'increscioso incidente chiedendo che istruzioni precise siano impartite autorità frontiera perchè esso non abbia ulteriormente a verificarsi. Sarà bene inoltre che V. S. attiri nuovamente con l'occasione attenzione Governo egiziano sulla manifesta connivenza dei posti di confine con i ribelli della Cirenaica.

Attendo sue comunicazioni.

(l) Cfr. n. 177.

191

IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. 175/15. Roma, 19 gennaio 1929, ore 24.

Prego telegrafare quale sia presentemente stato negoziati turco-bulgari per conclusione noto patto (1).

192

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI (2)

TELESPR. 203446/22. Roma, 19 gennaio 1929.

Rapporto di V. E. 6123/984 del 25 novembre (3).

Questo R. Ministero già da tempo segue con interesse lo sviluppo dei diversi movimenti nazionalisti che sono sorti o che vanno sorgendo nell'ambito della Unione Sovietica, e presta particolare attenzione alle notizie che si riferiscono alle regioni più meridionali della Russia, ossia a quelle bagnate dal mar Nero, con le quali per ragioni territoriali o tradizionali esistono maggiori correnti di traffico e possono comunque presentare maggiore interesse per la politica e l'economia nazionale, ma non ritiene peraltro opportuno l'invio a Roma di un rappresentante della Confederazione del Caucaso perchè, a vero dire, l'autorità di codesto Comitato non sembra particolarmente estesa ed è dubbia l'importanza dei suoi legami con le organizzazioni nazionaliste dei territori caucasici e l'efficacia dell'azione che esso svolge all'estero.

L'esperienza insegna che simili agenti ufficiosi non svolgono, di solito, alcuna pratica attività e limitano la loro azione alla comunicazione di notizie sovente esagerate e non controllabili; ovvero alla inopportuna richiesta di aiuto finanziario.

Del resto pur senza avere avuto finora nessun agente a Roma e nessun contatto ufficioso col R. Governo, ,codesto Comitato ha fatto talvolta, ed anche recentemente, pervenire informazioni sulla situazione nel Caucaso e sull'azione che esso si propone di svolgervi. Nulla osta a che tale invio continui, come nulla osta a che V. E., o qualcuno dei funzionari da Lei dipendenti, si mantenga in contatto con codesti rappresentanti dei gruppi separatisti caucasici, per conoscerne le aspirazioni e seguirne l'attività. Sarebbe anzi interessante indagare se e quali rapporti o semplici contatti codesto Governo abbia con i membri del Comitato suddetto, specie con quelli originari da territori già appartenenti all'Impero ottomano o abitati da popolazioni alla Turchia legate da affinità di origine, di razza o di religione.

I contatti di codesta R. Ambasciata con il Comitato di Stambul dovranno naturalmente avere carattere strettamente privato, evitando di impegnare comunque la responsabilità del Governo. Non sembra perciò opportuno avvalersi delle offerte del signor Papè sia per evitare il pericolo di indiscrezioni o di falsa interpretazione del nostro interessamento nella questione (interessamento che per ora, e nel prossimo avvenire, non può avere che carattere semplicemente informativo) sia perchè, qualora il R. Governo intendesse di dare maggiore sviluppo all'azione, è ovvio che non ci sarebbe bisogno di ricorrere ad intermediari polacchi, tenuto anche conto che se gli interessi dell'Italia e della Polonia per la futura sistemazione territoriale dell'U.R.S.S. concordano in molti punti, in altri però essi differiscono notevolmente, specie nel nessuno interesse da parte nostra di riconoscere una specie di protettorato o supremazia polacca su i nuovi Stati che dovessero eventualmente sorgere dalla disgregazione dell'Unione Sovietica.

Quanto alla notizia riferita dal signor Papè dell'accreditamento ufficioso presso il R. Governo di un rappresentante del Comitato autonomista ucraino, stimo utile aggiungere, per opportuna conoscenza e norma di linguaggio di V. E., che tale notizia non risponde ad esattezza.

Nel 1919 il Governo dell'Ucraina indipendente aveva istituito a Roma, come in molte altre capitali, una Rappresentanza Diplomatica, affidata all'ingegnere Jeremjeff che, nel 1919-20, ebbe rapporti ufficiosi con questo R. Ministero. Caduta la Repubblica indipendente dell'Ucraina, l'ing. Jeremjeff rimase a Roma come semplice privato, rinunziando esplicitamente a qualsiasi carattere o funzione diplomatica, ed occupandosi soltanto di giornalismo. Trattandosi di persona dabbene e non sospetta politicamente, gli venne pertanto concessa l'autorizzazione di continuare a risiedere a Roma e egli è membro dell'Associazione della Stampa estera e, in tale qualità, come tutti i giornalisti stranieri, ha talvolta contatti con l'ufficio Stampa di questo R. Ministero, per questioni inerenti alla sua attività professionale e non per motivi di carattere politico.

(l) -Col r. 861/153, Angora 5 febbraio 1929, Orsini Baroni smentiva la voce di presunte pressioni esercitate da Grandi su Roussdi bey per la stipulazione del patto turco-bulgaro. (2) -Il telespresso venne inviato per conoscenza anche a Mosca e Varsavia. (3) -Non si pubblica.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 294/103. Berlino, 19 gennaio 1929.

Comunico copia di un promemoria del marchese Antinori il quale ha ricevuto, per mio incarico, le persone di cui si tratta.

ALLEGATO.

PROMEMORIA DI ANTINORI PER ALDROV ANDI

Berlino, 19 gennaio 1929.

Mi si è presentato quest'oggi, accompagnato dal giornalista Dr. Thost che conosco da molti anni, il Sig. Knirsch Deputato del Partito Nazionalsocialista tedesco al Parlamento Cecoslovacco.

Il Knirsch mi ha confermato quanto sapevo e cioè che il suo partito si considera una sezione di quello germanico col quale ha perfetta identità di metodi e di idee.

Il suo partito conta tre senatori e sette deputati, ma la sua influenza in seno ai tedeschi della Cecoslovacchia è molto maggiore di quella che farebbe credere questo numero. Anche i partiti tedeschi attualmente al Governo in molti casi debbono trattare coi nazionalsocialisti e subirne l'influenza malgrado che sia noto l'atteggiamento di irriducibile ostilità che i nazionalsocialisti mantengono verso l'odierno Stato cecoslovacco.

Secondo il Knirsch, che fu già deputato al Reichsrat austriaco, la politica voluta dal suo partito coincide con quella italiana, come pure con quella ungherese, mentre si trova in assoluto contrasto con quella ufficiale dello Stato cecoslovacco. I nazionalsocialisti cittadini di questo terrebbero utile e proficua reciprocamente una collaborazione morale e spirituale col Fascismo italiano. Praticamente metterebbero senz'altro a disposizione dell'Italia la loro influenza e la loro stampa pronti a seguire le direttive che Roma credesse di dare sugli argomenti che eventualmente la interessassero. D'altra parte terrebbero a che Roma fosse direttamente informata sulle questioni della politica interna ed estera cecoslovacca anche per il tramite loro. Prevenendo una mia obiezione, il Knirsch mi ha detto di non avere mai preso contatti colle nostre rappresentanze ufficiali in Cecoslovacchia precisamente per evitare di comprométtere queste ed il suo partito, data la strettissima sorveglianza alla quale è sottoposto da parte delle autorità ceche.

Mi ha poi detto che lo Stato cecoslovacco, malgrado il consolidamento apparente, è più travagliato che mai dai dissensi delle nazionalità. Specialmente per quanto riguarda l'opposizione slovacca sarà d'importanza decisiva l'esito del processo Tuka, che il Governo ceco accusa di Alto Tradimento e di Tradimento a favore dell'Ungheria. Se queste accuse risultassero provate nel processo, naturalmente ne subirebbe una forte scossa anche il Partito di Tuka, che si è dichiarato completamente solidale con lui e se [ne] avvantaggerebbero specialmente i socialisti slovacchi avversari del Tuka. D'altra parte il Tuka è uomo molto abile ed intelligente e non è da credere che abbia potuto commettere delle imprudenze tali da comprometterlo seriamente. Se quindi il processo finisse in un'assoluzione o, peggio ancora, in una condanna della cui giustizia il Popolo non si persuadesse, l'opposizione slovacca contro Praga ne ritrarrebbe un impulso straordinario.

Ho detto al Sig. Knirsch che avrei riferito a V. E. lo scopo della sua visita, aggiungendo che qualora abbia informazioni che ritenga importanti e che voglia comunicare a Roma potrà farmele avere privatamente a mezzo di conoscenti comuni e per lo stesso tramite potrà ricevere quelle comunicazioni che Roma eventualmente ritenesse opportuno di fare.

Nel congedarsi il Sig. Knirsch, che mi ha fatto impressione di persona seria e leale, mi ha pregato di ossequiare V. E., scusandosi dell'insistenza posta ieri dal suo compagno nel chiedere di essere ricevuto da V. E. e della quale lui non è responsabile.

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IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. RR. P. 163/83. Budapest, 19 gennaio 192.9.

Mi riferisco al mio telegramma odierno riservatissimo n. 18 (1).

Stamane fui ricevuto dal Conte Bethlen: ne approfittai per chiedergli, fra altro se avesse recenti notizie sui propositi del dott. Steidle nei confronti del Governo austriaco. Il Presidente mi rispose che da tempo nulla più sapeva • da

lui direttamente • almeno. Solo settimane or sono era venuto a vederlo persona che fa parte delle • Heimwehren • ma in sottordine, con una richiesta di denaro per acquistare mitragliatrici. Il Conte Bethlen finse di non saper nulla e domandò al suo interlocutore l'impiego che di tali armi sarebbe stato eventualmente fatto. Ed allora seppe che nella prossima estate avrebbe avuto luogo a Vienna una riunione straordinaria di 100.000 membri delle • Heimwehren • e in quella occasione, approfittando della indubbia opposizione che le organizzazioni rosse avrebbero inscenata, si sarebbe rovesciato il Governo. Il Presidente, pur avendo tratto dalla conversazione avuta l'impressione che il suo interlocutore fosse perfettamente al corrente e dei nomi dei capi e dell'organizzazione e delle aspirazioni di dette organizzazioni armate, si accontentò di invitare il visitatore (il quale desidera non essere nominato) a portargli una lettera di Steidle.

Il Conte Bethlen, dietro mia preghiera, si disse dispostissimo ed anzi desideroso di entrare nuovamente in comunicazione diretta con Steidle per avere

• sicure notizie • sulle sue intenzioni, ma desidera dapprima essere da V. E. informato se ed in quale misura sono avvenute le previste consegne di armi da parte nostra -ciò sarei grato a V. E. di farmi conoscere.

(l) T. gab. (p. r.) rr. 12/18, che non si pubblica poichè riferisce quanto detto in modo più dettagliato nel presente documento.

219 18 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

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IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. RR. 220/105. Budapest, 20 gennaio 192,9.

Già con mio rapporto n. 434/149 del 15 febbraio 1927 (l) io esprimevo la mia convinzione che il Conte Bethlen non si era mai aperto con alcuno in rig~ardo al suo intimo pensiero sulla soluzione del problema del trono in Ungheria.

Ancor oggi, dopo tanti dibattiti e tante discussioni e tante dichiarazioni del Presidente, e nella stampa ed in sede Parlamentare, sono più che mai della stessa opinione. Anzi ebbi largo campo di rilevare come il Conte Bethlen ha saputo in ogni occasione con grande abilità e cautela destreggiarsi per non lasciar neppur lontanamente intravvedere le sue aspirazioni o le sue intenzioni, nemmeno agli intimi suoi. Ciò che d'altronde mi venne ripetutamente confermato da uomini politici e da Ministri coi quali sono più legato.

Fra questi specialmente dal Conte Klebelsberg e dal Signor Walko, amicissimo e confidente del Presidente, perchè a lui personalmente attaccatissimo e perchè privo di ogni ambizione politica e da legami di partito. Quanto a me, che pure converso col Conte Bethlen liberamente d'ogni argomento e d'ogni

persona, sapendo della sua riservatezza sulla sola questione della corona e conosc·endo che egli la considera d'ordine gelosamente interno, non ritenni mai opportuno, per delicatezza, di abbordarla.

V. E. ricorderà forse che in aprile 1927 io La pregai di voler possibilmente

• sondare • il Conte Bethlen, in occasione del suo viaggio a Roma, su questo argomento. E dopo le interviste avute V. E. mi disse che • aveva riportata l'impressione che il Presidente avesse delle simpatie per l'Arciduca Alberto • e questo è tutto.

Ma oggi e nell'interesse reciproco dell'Ungheria e dell'Italia ed in quello stesso del Conte Bethlen e della realizzazione delle aspirazioni che deve pure nutrire e forse preparare -pur con la massima circospezione -sarebbe necessario, a mio avviso, che il Presidente facesse a V. E. delle chiare dichiarazioni in argomento, -specialmente ora dopo il rumore provocato dal proclama e dalle lettere di Lord Rothermere, dagli articoli di Rakosi e dalle dichiarazioni da questi attribuite all'E. V. Rumori e discussioni che, indubbiamente, (come dai miei rapporti) e non tornarono gradite al Conte Bethlen e disorientarono la pubblica opinione: e di ciò è rinnovata prova, se necessaria, il desiderio da lui manifestato che non venga da noi fatto cenno degli Absburgo in un eventuale nuovo accordo con la Jugoslavia (mio rapporto riservatissimo

n. 36 del 9 c. m.) (1).

In considerazione di tutto ciò ieri mi decisi di accennare della vessata questione al Conte Bethlen e mettendo bene in chiaro che lo facevo di mia sola iniziativa e per le ragioni su esposte, gli chiesi se non ritenesse lui pure utile e giovevole di aprirsi in argomento alla prima occasione con l'E. V., sicuro come ero che Ella avrebbe indubbiamente cercato di conciliare gli interessi dell'Italia con le aspirazioni sue e del suo paese.

Il Presidente mostrò di volere accettare la mia suggestione, tanto che suppongo ne intratterrà S. E. Grandi. Mi disse poi che precisamente la vigilia (e già ne ero a conosc.enza per le confidenze fattemi da un Deputato amico) in sede di commissione parlamentare per gli A.[ffari] E.[steri], l'ex Ministro degli Esteri Gratz aveva lungamente trattato dell'argomento consigliando il Governo ungherese a prendere .posizione per il Legittimismo, ciò che avrebbe rinvigorite le aspirazioni di unione alla madre patria delle minoranze magiare, incorporate negli Stati vicini e rafforzata in Europa l'idea, che già si fa strada, dell'assoluta necessità della revisione delle frontiere. Gratz chiese quindi al Conte Bethlen se avesse informato o lasciato intendere al Governo italiano la soluzione che egli si proponeva di dare alla questione. (Qui evidentemente l'on. Gratz ricordò pure le dichiarazioni di V. E., nell'intento forse di indagare nel tempo stesso il pensiero recondito del Presidente sulla questione del Trono). Ma Bethlen rispose, come di consueto, che la questione del regime futuro non era di attualità, che si sarebbe addivenuto alla soluzione che il paese avrebbe voluto al momento opportuno e che perciò non aveva avuto occasione di fare cenno alcuno al R. Governo. Aggiunse che secondo lui l'unica e giustificata preoccupazione del Governo di Roma si era di impedire in qualunque eventualità una

nuova unione austro-ungarica: pericolo questo da considerarsi insussistente anche per il futuro, in quanto che non solo lui stesso, ma tutta l'Ungheria era gelosissima della sua assoluta indipendenza ed autonomia nazionale.

Om, qualunque soluzione il Conte Bethlen possa augurarsi, sta di fatto che l'idea legittimista o più largamente absburgica, è assai forte e radicata in Ungheria non solo per tradizione, ma direi pure per necessità. Esaminiamo brevemente le possibili soluzioni. Può il Conte Bethlen voler imporre una candidatura Horthy? Personalmente non lo credo e non ritengo, checchè alcuni ne dicano, che il Reggente aspiri al trono. Egli non fa del resto assolutamente nulla, neppure per una anche elementare preparazione dei suoi figli già maggiorenni, ad esercitare l'altissima funzione: ancora, il Reggente è calvinista come Bethlen stesso -ora non si potrebbe concepire in Ungheria un Re calvinista, e calvinista praticante come è. non parrebbe nemmeno possibile una conversione. In ogni modo il paese rimarrebbe altamente deluso di una simile candidatura che incontrerebbe forte opposizione. Un Principe estero? è mai possibile che i Magiari abbiano a chiamarlo ed a subirlo? senza contare le gravi gelosie internazionali assai pregiudizievoli per gli interessi dell'Ungheria che si scatenerebbero fra le Grandi Potenze contro qualsiasi scelta, quel sovrano riuscirebbe ben difficilmente a mantenersi al potere tali e tante sarebbero le opposizioni, gli intrighi, le difficoltà da superare, dato il geloso, profondo, radicato, indistruttibile senso di patriottismo nazionalista di questo popolo. A meno che quel sovrano apportasse seco il dono di una favorevolissima revisione delle frontiere.

Anche una libera elezione popolare verrebbe quindi sempre ad affermarsi sia sul sovrano considerato legittimo, l'Arciduca Ottone, sia sull'uno o l'altro degli Arciduchi considerati ormai ungheresi: Giuseppe ed Alberto.

Giuseppe (il Maresciallo) nipote del Gran Palatino ha gran considerazione presso tutti i partiti, è il vero • ungherese • da generazioni, ma è già avanzato in età ed ha un figlio Gius·eppe Francesco (sposato ad una Sassonia) di limitatissima intelligenza, assolutamente nullo. Alberto invece è giovane colto, intelligente, intraprendente, ricco, gode grandi simpatie nell'esercito, nella gioventù nazionalista e studentesca, e fra i libero-elezionisti. L'accettazione del trono da parte di uno di questi due Arciduchi sarebbe considerata certo un sopruso verso il Capo della famiglia degli Absburgo da parte dei legittimisti spinti ma il Re sarebbe accolto dal .paese. Ad ogni modo siamo sempre fra gli Absburgo.

Un'opposizione aperta a questa necessaria tendenza potrebbe spingere il paese verso i partiti di sinistra che molto si agitano in favore delle idee liberali e radicali enunciate da Lord Rothermere (che si vuole abbia nella sua campagna l'appoggio della massoneria internazionale) nonchè verso un più pronunciato francofilismo, e forse verso la Repubblica.

Anche per queste considerazione vedrei assai volentieri che l'E. V. o l'On. Grandi conferissero confidenzialmente in argomento col Conte Bethlen: ciò che mi auguro possa fra poco avvenire.

(l) Non pubblicato.

(l) Si tratta probabilmente del rapporto di cui a p. 179 nota 4.

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IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. ss. 166/70. Timna, 20 gennaio 1929.

S. M. il Re mi ha letto parecchi brani di un rapporto direttogli in data 22 Dicembre dal suo Ministro a Belgrado, secondo avevo accennato a V. E. nel mio telespresso N. 88/29 del 10 gennaio 1929. Trattasi di un documento di sei o sette pagine non manoscritte, ma dattilografate. Di esso dovrebbe quindi esistere copia nell'archivio della Legazione Albanese a Belgrado. Il Signor Rauf Fitzo dopo aver descritto l'ambiente di Belgrado e certe feste ufficiali cui egli ha partecipato, dice di avere incontrato l'ex Ministro degli Affari Esteri, Signor Nincic, al consueto ballo annuale in onore di Re Alessandro, offerto dal Circolo degli Ufficiali.

Secondo il Re, egli aveva dato ordini generici al suo Ministro di non provocare con Nincic una conversazione sui passati avvenimenti politici: ma se l'ex Ministro degli Esteri avesse portato il discorso su di essi, allora il Signor Rauf Fitzo avrebbe dovuto cogliere l'occasione per fargli comprendere quanto erano dispiaciute a Sua Maestà le dichiarazioni fatte da Nincic nel gennaio del 1927 a un giornale francese (il Matin, se la memoria non mi inganna) con le quali il Signor Nincic aveva esplicitamente ammesso che Zogu era tornato in Albania d'intesa, e con l'aiuto del Governo di Belgrado. Da quelle e da altre dichiarazioni di Nincic era nata la diceria che Zogu, prima di varcare il confine albanese, avesse firmato col Governo di Belgrado un vero e proprio accordo politico, promettendo in cambio dell'aiuto serbo, la cessione di San Naum e del Vermoshi.

È appena il caso di notare che al Re, oggi sostenitore di un programma ultra nazionalista, non possono riuscire gradevoli certe allusioni ai patti, scritti

o verbali che siano, da lui scambiati a Belgrado, perchè tali patti potrebbero dimostrare che l'ambizione personale, e la brama di potere, lo spinsero a promettere la cessione ai serbi di una frazione del territorio nazionale.

Il Signor Rauf Fitzo descrive nella sua lettera come egli abbia adempiuto la missione affidatagli. Nincic si era mostrato vivamente sorpreso della interpretazione data alle sue parole. Egli escludeva nella maniera più categorica di aver fatto allusioni alla esistenza di un patto segreto. Teneva a darne a Sua Maestà la più formale assicurazione. Era desideroso di intrattenere più a lungo il Signor Rauf Fitzo sugli avvenimenti trascorsi e lo pregava quindi di accettare una tazza di thè in casa sua, uno dei prossimi' giorni.

La lettera del Ministro albanese si dilunga poi su tale secondo colloquio che assunse un carattere: più generale. Nel corso di essa il Ministro albanese aveva sottolineato i gravi errori politici commessi dalla Serbia nelle sue relazioni con l'Albania, e gli atti poco amichevoli che erano stati commessi proprio quando il Signor Nincic reggeva le sorti della Casa Gialla. Alle proteste di Nincic, il Ministro albanese aveva replicato ricordando la complicità del Governo serbo nella rivoluzione dei Dukagjini. Ma Nincic aveva solennemente dichiarato che egli era del tutto innocente perchè • la rivoluzione era stata organizzata a sua insaputa da Maksimovic ». II Signor Nincic teneva anche ad aggiungere che egli aveva avuto in proposito una vivace conversazione con Re Alessandro a cui aveva dimostrato quanto male una « simile pazzia • aveva arrecato agli interessi della Serbia.

A queste precise affermazioni il Signor Rauf Fitzo aveva risposto mostrando la sua alta meraviglia che Re Alessandro continuasse a tenere in così grande onore il detto Signore, che, se non erro, è Deputato. Anzi, se non mi inganno, il Maksimovic è stato testè nominato Ministro nel Gabinetto del Generale Zifkovitch.

Il Ministro albanese scrive ancora che egli non si era astenuto dallo stigmatizzare con Nincic le relazioni che correvano, apertamente, fra il Governo di Belgrado e il Comitato di Vienna. Nincic aveva riconosciuto la fondatezza della critica e aveva suggerito a Rauf Fitzo di intrattenerne il Re di Serbia. II Signor Rauf Fitzo aveva replicato che nell'udienza accordatagli da Re Alessandro al suo arrivo a Belgrado, questi si era mantenuto sulle generali, sicchè il Ministro albanese non si era sentito in grado di portare egli stesso il discorso su di un argomento così delicato.

Fin qui il colloquio fra Rauf Fitzo e Nincic.

Re Zog lo ha commentato dicendomi che egli non credeva alla completa innocenza di Nincic nella rivoluzione dei Dukagjini. Ammetteva che il principale organizzatore era stato il Signor Maksimovic: però alla cosa non era stato estraneo il Console a Scutari, il famoso Vukotich, che aveva largamente finanziato i ribelli.

Ho ringraziato il Sovrano della interessante traduzione fattami. L'ammissione di Nincic che la Jugoslavia ha provocato la rivoluzione dei Dukagjini sembrami assai importante. È la prima volta che essa viene fatta.

L'argomento si presta a che io riferisca un interessantissimo colloquio da me avuto con il Ministro di Jugoslavia a Tirana, Signor Mihailovich, alcun tempo addietro. Nel corso di esso, per dimostrargli come la Serbia era stata ed era incorreggibile nel voler turbare la pace interna di questo Stato, gli catalogai le seguenti incursioni serbe in Albania.

l) 1912. Occupazione dell'Albania durante la seconda guerra balcanica. Azione internazionale per costringere il Governo di Belgrado a sgombrare. 2) 1919-1920. Invasione dell'Albania al momento del ritiro delle truppe italiane. Passo internazionale a Belgrado per obbligare la Serbia a sgombrare.

3) 1921. Rivoluzione dei Mirditi, provocata da agenti serbi.

4) 1922. Rivoluzione degli Essadisti, promossa dalla Serbia.

5) 1924. Invio di Zogu in Albania.

6) 1926. Rivoluzione dei Dukagjini.

II Signor Mihailovich nulla aveva da eccepire ai punti primo e secondo. Trattavasi di avvenimenti storici di pubblica ragione. Anche per il punto terzo, rivoluzione dei Mirditi, egli doveva ammettere la iniziativa Serba. La rivoluzione era stata preparata da un diplomatico, il Signor Titcha Popovich, che è però • un mentecatto, niente altro che un mentecatto • e sul quale, secondo il Signor Mihailovich, deve ricadere la responsabilità di quanto è occorso.

Anche la rivoluzione essadista, il Signor Mihailovich lo ammetteva, era stata preparata da un diplomatico serbo: • quel criminale di Tzinzar Markovich •. Egli, Mihailovich, non aveva esitato a dichiarare al Markovich che le sue mene erano state delittuose ed avevano screditato la Serbia.

Per il punto quinto il Signor Mihailovich non poteva che battere il suo petto di serbo e dire • mea culpa •, dopo le imprudenti dichiarazioni di Nincic al Matin. A giustificazione tuttavia dell'iniziativa serba egli doveva dire che a Belgrado si era convinti che nel 1924 Zogu era stato cacciato dall'Albania per opera dell'Italia, alleata di Fan Noli. Avendogli chiesto se egli prestava fede a tale frottola, il Signor Mihailovich non esitò a dichiararmi che egli doveva onestamente ammettere che l'Italia era stata del tutto estranea alla rivoluzione capitanata da Fan Noli. Ha aggiunto che la nostra innocenza era stata sostenuta, e illustrata, dal Console di Serbia, che prestava servizio a Koritza al momento della rivoluzione di Fan N oli.

Dopo tanti spontanei riconoscimenti il Signor Mihailovich doveva protestare con tutta la forza del suo animo, con tutta la sincerità del suo cuore e con tutta la sua onestà di galantuomo, contro la nostra accusa di complicità nella rivoluzione dei Dukagjini. Essa era scoppiata all'insaputa del Governo di Belgrado, ed era dovuta ad un movimento spontaneo del popolo.

Lasciai dire il Ministro di Serbia e chiusi la conversazione con le seguenti parole:

• Il vostro Governo ha volta per volta negato la sua complicità in ciascuna delle avventure albanesi che ho prima elencate. Ma, a distanza di tempo, ha finito per accettare la paternità di ognuna di esse. È quindi prudente aspettare ancora, prima di escludere definitivamente l'esistenza di un altro mentecatto tipo Titcha Popovic, o di un altro criminale tipo Markovich, mi servo delle vostre parole, a cui si debba attribuire la filiazione, sia pure illegittima, della rivoluzione dei Dukagjini •.

L'attesa è stata breve. Il Signor Nincic si è incaricato di denunciare allo Stato civile il nome del padre putativo: l'Onorevole, e forse Eccellenza, Maksimovic (1).

Tutto quel nostro lavoro è miseramente crollato, ed oggi solo pochi (e questi in gran parte malcontenti del modo con cui sono stati trattati) rimangono nell'orbita italiana mentre che il Bashkimi Kombtar è ormai assurto ad una tale potenza, da poter concludere che esso costituisce un altro governo albanese, fuori dell'Albania.

Non è il caso ora di fare recriminazioni, e di elevare lamenti. Occorre, a mio modo di vedere, correre at più presto ai ripari, se non si vuole che da un momento all'altro ci si trovi di fronte a fatti di estrema gravità.

Ed a tal proposito mi preme di ribadire una considerazione, che in parte ho sopra adombrato: anche i dirigenti serbi hanno appreso qualche cosa dalle passate vicende: nell-: azioni degli scorsi anni, principale quella che condusse Ahmed Bey Zogu al potere, ess1 agirono grosso modo, con sistemi cioè ed organizzazioni prettamente rudimentali e balcanici. Oggi no: la loro azione è circondata da tutte le cautele del caso, la loro organizzazione si è

(l) Si pubblica qui di seguito l'ultima parte del telespresso di Petrucci n. 9489/2097,Belgrado 20 ottobre 1928. relativo al problema dei fuorusciti albanesi in Jugoslavia: « ..• Si deve constatare che il Governo serbo nella sua azione verso l'Albania, sopratutto nell'organizzare i fuorusciti non ha perso tempo, nè ha risparmiato denari. Se si fa un parallelo fra la posizione che aveva il Governo Jugoslavo lo scorso anno, allorchè codesto Ministero d'accordo cnn questa Legazione iniziò quel lavoro di unione di tutte le forze sane del fuoruscitismo albanese intorno all'Italia, e la posizione che detto Governo ha oggi, la conclusione è certamente poco consolante per noi. Allora quasi tutte le personalità più in vista fra i fuorusciti erano o passati nella nostra orbita o pronti a passarvi, ed è noto che ad un momento dato l'ufficio competente di questo Ministero degli Esteri era sul punto di abbandonare ogniulteriore pratica di organizzazione dei fuorusciti, stimando, almeno per il momento, vano il continuare la lotta contro l'azione dell'Italia. Solo gli sparuti capi del Bashkimi Kombtar resistevano ancora, ma non avevano disdegnati contatti con gli uomini nostri, e la distanza da percorrere per accaparrarli era solo di programma, non di idee.

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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 442/151. Belgrado, 21 gennaio 192,9.

Ieri S. E. Nincich attraverso autorevolissimo intermediario mi ha fatto fare alcune comunicazioni della massima importanza e che mi onoro riferire a V. E. così come mi sono state fatte.

Secondo l'intermediario tali comunicazioni avevano carattere strettamente confidenziale e personale, e dopo che S. E. Nincich aveva avuto due colloqui con Re Alessandro.

Nincich mi ha fatto dire che egli aveva riacquistato la piena fiducia del Re, perduta dopo il primo patto di Tirana, chiarendo molte circostanze e dicerie alle quali aveva contribuito lo stesso Signor Marinkovich, rimasto Ministro degli Affari Esteri solo perchè capo di una frazione democratica contraria a Davidovich e perchè era uno dei patrocinatori dell'attuale regime. Se però Marinkovich non avesse ricuperato fra qualche tempo la salute, Re Alessandro avrebbe dovuto per forza di cose pensare ad un successore, e non escluse potrebbe essere lui stesso.

Criticata la politica di Marinkovich, Nincich mi ha fatto dire che il Re nell'ultimo colloquio avuto ieri l'altro lo aveva intrattenuto dei rapporti italoju~oslavi, e gli aveva riferito il contenuto dell'ultimo colloquio di V. E. con Rakic. Re Alessandro concordava con le parole che V. E. avrebbe detto: essere bene attendere che nei due popoli si fosse formata una atmosfera di cordialità per addivenire ad un nuovo patto.

Nincich invece riteneva non doversi perdere tempo in questione di tanta importanza e bisognava subito prendere contatti per gettare le basi di un nuovo patto di amicizia il quale era necessario per il benessere dei due stati.

Secondo Nincich, Re Alessandro, dalla conclusione del Patto di Roma fino ad oggi, non aveva affatto cambiato i suoi propositi di amicizia profonda con l'Italia. Come allora fu il Re che volle il patto, così ora egli è il più sincero propugnatore di stretti legami con l'Italia, ed è sincero ammiratore di V. E.

Nincich ha poi fatto aggiungere che un eventuale nuovo patto non poteva rimanere lettera morta come quello del 1924, ma avrebbe dovuto essere accompagnato da fatti concreti tanto nel campo culturale come soprattutto in quello economico e che tale era il proposito di S. M. il Re. Il patto di Roma non fu valorizzato per l'inerzia e la scarsa attitudine di qualcuna delle persone, secondo Nincich, chiamate a valorizzarlo.

Circa la Francia Nincich ha detto che essa persegue il programma di accerchiamento della Germania, e da ovest [sic] in prima linea con gli Stati della Piccola Intesa. Ma se Rumania e Czecoslovacchia sono direttamente interessate a so-

raffinata e la futura rivoluzione in Albania dovrà, secondo i calcoli abbastanza trasparentidei dirigenti, essere tale da rappresentare per la Jugoslavia una presa di possesso stabile di quel Paese, senza che si debbano più temere i colpi mancini sul genere di quelli di Ahmed Zogu, quando passò sotto la nostra influenza. Per tale ragione oggi i preparativi serbi per provocare cambiamenti interni in Albania sono ancora più pericolosi di quello che fossero tre anni fa, quando le bande di pseudo rivoltosi venivano armate e condotte attraverso [la] frontiera in territorio albanese alla luce del sole»,

stenere la politica francese per paura della Germania, non ugualmente interessata è la Jugoslavia, la quale non ha alcuna minaccia da tale parte. Essa quindi può seguire una .politica estera molto più indipendente nei riguardi della Francia. Pur negando vi sia una intesa militare fra Francia ed Jugoslavia, Nincich non nega che la Jugoslavia sostenga uno sforzo militare superiore alle sue forze, ma lo giustifica con la diffidenza che l'Italia ha suscitato nelle masse jugoslave.

Tali comunicazioni non essendomi fatte direttamente, ma per interposta persona espressamente richiesta da S. E. Nincich non ho avuto modo di fare nessuna osservazione o replica, e mi sono limitato a ringraziare assicurando ne avrei tenuto il massimo conto.

Debbo aggiungere che Rauf Fitzo, Ministro di Albania, vide Nincich alcuni giorni addietro (1), e mi riferì che questi gli aveva detto che riconosceva avere errato lasciando bruscamente il suo posto di Ministro degli Affari Esteri dopo il primo patto di Tirana, e doveva riconoscere che la politica italiana in Albania non conteneva alcunchè di aggressivo contro la Jugoslavia. Se egli fosse tornato al potere si sarebbe subito adoperato per chiarire i rapporti con l'Italia e sarebbe venuto immediatamente a Roma per parlare personalmente con V. E.

Queste poche cose dette a Rauf Fitzo concordano perciò con alcuni punti fattimi ora comunicare da Nincich.

Non è agevole dire quale impressione si debba ritrarre da tali comunicazioni, poichè non so comprendere fino a dove esse siano sincere, o se costituiscano invece una manovra e quale. Siccome però S. E. Nincich mi ha fatto sapere che avrebbe visto Re Alessandro ancora una volta prima di partire per Parigi, e mi avrebbe fatta fare una seconda comunicazione, mi riservo precisare meglio le mie impressioni dopo averla avuta (2).

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IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) s. 13/11. Sofia, 22 gennaio 1929, ore 19,35 (per. ore 20,15).

Mio telegramma posta n. 883 del 16 dicembre scorso.

Rappresentante di Mihailoff, Signor Tommaso Karadgioff giungerà domani Roma, proveniente da Berlino. Permettomi confermare quanto esposto mio rapporto succitato circa opportunità che Karadgioff non (ripeto non) sia ricevuto da personalità ufficiali tanto più che dirigenti frazione Protogheroff sono già Inghilterra e America per Macedonia Serba scopo riprendervi propaganda azione rivoluzionaria. Circa eventuali contatti di Karadgioff con giornalisti confermo opportunità che questi siano orientati nel senso di non (ripeto non) svelare in alcun modo al rappresentante di Mihailoff nostri rapporti con frazione Protogheroff (Tomalevsky). Giornalisti dovranno a mio avviso limitarsi sostenere necessità di porre fine attuale scissione della organizzazione nell'interesse stesso della causa macedone.

(l) -Cfr. n. 196. (2) -Cfr. n. 205.
199

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. RR. 12/12. Sofia, 22 gennaio 192.9, ore 19,30 (per. ore 21,20).

Decifri Ella stessa.

Tomalevsky mi ha informato che comitato direttivo della O.R.M.I. (frazione Protogheroff) è stato in questi giorni presentito da parte dei croati circa possibilità eventuale sollevazione Macedonia primavera prossima. Prima di esaminare tale possibilità e dare risposta ai croati Tomalevsky a nome comitato organizzazione macedone prega per mio mezzo V. E. impartirgli istruzioni, comitato intendendo assolutamente agire in conformità punti di vista e interessi italiani.

200

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. RR. 13/13. Sofia, 22 gennaio 1929, ore 20,30 (per. ore 23,30).

Per lei solo. Decifri Ella stessa.

Miei telegrammi n. 392 (l) e precedenti.

Stampa bulgara da qualche tempo ha intensificato pubblicazione notizie danti come sicuro prossimo fidanzamento Re Boris Principessa Giovanna. Nessuna smentita o attenuazione da parte degli organi governativi. Pubblicazioni giornali sono improntate senza distinzione di partito a sentimenti di calorosa simpatia e soddisfazione per l'atteso avvenimento. Giornale dei giornali in data venti gennaio, dopo aver ripetuto che intero popolo bulgaro nutre profonda simpatia, affetto • senza riserve " per Re Boris, ha aggiunto testualmente:

• Verso Pasqua, Bulgaria sarà resa felice da un avvenimento che dopo tante sofferenze porterà la gioia in ogni punto del nostro paese. Quasi tutti glì ostacoli di carattere religioso e politico sono stati superati e la preparazione concreta dell'avvenimento si è già iniziata •.

Influente persona di questa Corte con cui sono in stretti cordiali rapporti personali e politici mi ha oggi riservatissimamente comunicato che (pur non potendolo affermare in modo assoluto e definitivo) essa ritiene in base a conversazioni avute in questi giorni con Re Boris che questi partirà prossimamente per l'Italia e che scopo del viaggio dovrebbe essere conclusione fidanzamento con Principessa Giovanna. Predetta persona che ha accompagnato recentemente a Roma Principessa Eudoxia mi ha confermato che invio presso Nostro Augusto Sovrano della sorella di Re Boris è stato un errore continuando essa a ostentare sua ostilità matrimonio fratello. Molloff mi ha detto di avere a Lugano fatto cenno a Briand della eventualità del matrimonio del Re Boris con nostra Principessa. Secondo Molloff Briand non (ripeto non) si sarebbe mostrato contrario

a tale progetto. Come già riferivo nel mio citato telegramma n. 392 felice convinzione popolo bulgaro circa prossimo matrimonio Re è generale onde delusione mancato avvenimento sarebbe assai grave. Ogni giorno affluiscono questo palazzo reale telegrammi di auguri per Re Boris e Principessa Giovanna da varie provincie bulgare. Re Boris non ha ordinato nessuna smentita. Persona di Corte di cui sopra mi ha anche informato che Re Boris da qualche tempo manifesta severi giudizi e sensi di risentimento contro monsignore Roncalli per la sua azione nella questione del matrimonio, in contrasto con cordiale deferenza con cui Re Boris aveva fino ad ora trattato il visitatore apostolico (1).

(l) Cfr. n. 122.

201

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 467/160. Belgrado, 22 gennaio 1929.

Ho fatto rilevare via via che se ne presentava la necessità, la attitudine sconveniente e minacciosa tenuta in varie occasioni dallo Slovenec.

Credo ora mio dovere far notare a V. E. l'articolo dello Slovenec del 15 gennaio (trasmesso a V. E. dal R. Console Generale in Lubiana con telegramma posta n. 155 del 15 corrente) un articolo nel quale il consueto ritornello antitaliano suona, a mio giudizio, in tono lievemente inferiore al consueto, e tende quasi a scagionare la sua attitudine, col pretesto delle asserite persecuzioni alle popolazioni allogene. lvi rilevo fra l'altro le due seguenti frasi: • I fascisti... dovrebbero fare tutto ciò che potrebbe rendere sfavorevole alla Jugoslavia un confronto fra questa e l'Italia...... e forse essi potrebbero raggiungere di più, ma questo essi debbono pensarlo da soli ».

Senza attribuire importanza a simili espressioni, non posso però pensare che esse siano del tutto dette a caso, e non rammentare la frase non mai smentita di Koroscez secondo la quale egli in passato avrebbe affermato che la miglior soluzione del problema sloveno era il passaggio di tutta la Slovenia sotto la sovranità italiana (2).

202

L'INCARICATO D'AFFARI A PRAGA, COSTA SANSEVERINO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 392/5. Praga, 23 gennaio 1929, ore 20,25 (per. ore 2 del 24).

Questo ministro d'Ungheria, ritornato ieri da Budapest, mi ha chiesto oggi se vi erano novità circa rinnovamento patto amicizia con Cecoslovacchia, aggiungendomi che tale questione interessava molto suo Governo che, dato manifesto atteggiamento ostile Cecoslovacchia, era portato considerare il patto stesso come diretto contro Ungheria.

Mi ha anche soggiunto che a Budapest si seguono con molto interesse trattative per patto itala-jugoslavo poichè anche esso potrebbe apportare conseguenze atte ad accentuare isolamento Ungheria di fronte Jugoslavia e Cecoslovacchia.

Attenendomi istruzioni di V. E. (l) ho anche questa volta risposto assai evasivamente aggiungendo nulla constarmi finora circa rinnovamento suddetti patti (2).

(l) -Risulta che in questo periodo Mussolini inviò a Piacentini telegrammi e lettere riservate sull'argomento del fidanzamento di re Boris. Non si sono trovati questi documenti. (2) -L'ultimo capoverso è stato sottolineato da Mussolini.
203

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AL CAIRO, PATERNO'

T. PER CORRIERE 204. Roma, 23 gennaio 1929.

Rapporto di V. S. n. 91/15 del 7 corrente mese.

Ho ricevuto il suo rapporto e convengo con V. S. che codesta residenza britannica non abbia interesse accedere al nostro punto di vista di cui al mio telegramma n. 269 del 22 dicembre (3) poichè per essa la soluzione ideale del problema delle capitolazioni in Egitto è far accettare dal Governo egiziano i famosi quattro punti che fra l'altro contemplano la protezione degli stranieri affidata al Governo inglese. Una tale soluzione è evidentemente la peggiore e per l'Egitto che diventerebbe una colonia e per le potenze interessate allo sviluppo ed alla tranquillità di codesto paese fra le quali primeggia l'Italia. Temo pertanto che un rigido rifiuto da parte delle potenze interessate a venire incontro al desiderio egiziano della abolizione delle capitolazioni possa convincere gli egiziani che la soluzione desiderata dagli inglesi sia l'unica possibile ed indurii quindi ad essere meno restii ad accettarla. Mi rendo conto delle difficoltà derivanti dalla attuale situazione politica del paese e come non sia facile l'opera che V. S. dovrà spiegare con tatto e specialmente senza fretta agendo in via amichevole e non ufficiosa cercando a traverso la stampa e colloqui privati di creare una opinione pubblica favorevole alla graduale abolizione delle capitolazioni e quindi alla necessità di organizzare gli organi sia pure provvisori per tale trapasso di poteri e funzioni.

Circa la questione contingente, l'istituzione cioè di una polizia giudiziaria in relazione all'allargamento della giurisdizione dei tribunali misti, lascio completamente alla S. V. ogni più ampia libertà di apprezzamento ed azione. Il compromesso da V. S. suggerito di affidare la polizia giudiziaria alla polizia consolare anche per i reati che diventerebbero di competenza dei tribunali misti, potrebbe servire a guadagnar tempo lasciando immutate le nostre posizioni quantunque in pratica è prevedibile che fra tribunali misti e polizia sottoposta agli ordini dei rispettivi consoli potranno avvenire frizioni e ritardi di esecu

coslovacchia.

zione con pregiudizio del buon funzionamento della giustizia e con conseguenti critiche all'azione dei tribunali misti che è nostro interesse evitare.

Ciò premesso, non ritengo opportuno far passi in sostegno del nostro punto di vista di massima nè a Londra, perchè esso non collima con quello britannico, nè a Washington, ove la questione difficilmente verrebbe ben compresa nella sua sottigliezza e potrebbe apparire agli Stati Uniti in un aspetto anti-britannico che non è certo nelle nostre intenzioni nè nel nostro interesse di dare. Superflua e in ogni caso prematura poi mi sembra un'azione da svolgere a Parigi, Bruxelles, ed Atene, essendo gli interessi di detti paesi in Egitto perfettamente identici ai nostri, e la timidezza a cui V. S. accenna del rappresentante francese è dovuta forse al fatto che egli desidera per noti motivi di politica generale accodarsi piuttosto che prendere la testa.

(l) -Impartite con t. 160/6 del 18 gennaio. (2) -Sulle relnzioni itala-cecoslovacche cfr. la seguente annotazione di Grandi in margine a un promemoria di Guariglia del 4 gennaio sui patti itala-jugoslavo e itala-cecoslovacco del 1924: "Siamo d'accordo colla procedura stabilita col M. Guariglia. Prendere tempo. Pro<o h abilmente non rinnoveremo qm,sto patto". Il promemoria è archiviato sotto la voce Ce

(3) Cfr. n. 124.

204

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL MINISTRO AL CAIRO, PATERNO', E AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO

T. PER CORRIERE 205. Roma, 23 gennaio 1929.

(Per Colonie e Londra). Ho telegrafato alla R. legazione al Cairo quanto

segue: (Per tutti). Telespresso di V. S. n. 129/94 dell'H corrente. Non ritengo opportuno almeno per ora richiamare attenzione Foreign Office

sulla situazione che si è andata creando nel territorio dei distretti occidentali egiziani confinanti con Cirenaica anche perchè ciò potrebbe eccitare legittima suscettibilità Autorità Egiziane dalle quali attendo in conformità alle ripetute dichiarazioni di amicizia da esse fatte verso nostro paese che la situazione abbia a radicalmente mutare. Mi rendo conto della solidarietà sentimentale degli Egiziani ed anche della difficoltà da parte Sua di convincere lord Lloyd della poca fondatezza della sua tesi di considerare i ribelli libici, rei in sostanza di continui atti di brigantaggio, quali profughi politici. Ma nè le ragioni sentimentali egiziane, nè una tale infondata tesi di diritto delle autorità britanniche possono giustificare la presenza in territorio di frontiera di ribelli libici i quali non vengono nemmeno disarmati e si servono del territorio egiziano come base di operazione e di vettovagliamento per le azioni brigantesche in Cirenaica. Anche se tali ribelli fossero da considerarsi belligeranti dovrebbero essere disarmati ed internati. V. S. quindi potrà anche non insistere per chiedere l'arresto o l'espulsione di tali nuclei ribelli ma deve energicamente chiedere ed ottenere che profughi Cirenaica siano disarmati ed allontanati dalla frontiera in modo che non possano più rientrare in Colonia e che il territorio egiziano non serva di base ai rifornimenti per le bande ribelli che tuttora infestano la Cirenaica. E contro una tale richiesta non possono essere opposti nè ragioni sentimentali nè esagerati punti di vista di diritto delle genti (1).

(l) Con telespresso 1436/357 del 17 maggio, che non si pubblica, Paternò comunicava di aver eseguito gli ordini impartiti col presente documento.

205

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 493/166. BeLgrado, 23 gennaio 1929.

Con mio rapporto del 21 corrente (l) ho avuto l'onore di riferire a V. E.

quanto S. E. Nincich mi aveva fatto comunicare attraverso autorevole interme

diario. Nincich aveva chiuso la sua prima comunicazione facendo sapere che

avrebbe avuto un secondo colloquio con Re Alessandro e fatto riferire quanto

di più importante sarebbe detto col Sovrano nei riguardi dei rapporti itala

jugoslavi. Lo stesso intermediario mi ha infatti oggi comunicato quanto segue:

Nel secondo colloquio Re Alessandro ha confermato a Nincich il suo pro

fondo desiderio di proseguire un programma di riavvicinamento all'Italia. Ha

convenuto con Nincich ·che era necessario come primissima cosa prendere diretti

contatti con V. E. e senza passare per Parigi, ma ciò non era per il momento

possibile per le condizioni di salute di Marinkovich e per il fatto che ragioni

di politica interna imponevano di tenerlo ancora formalmente nel Gabinetto.

Ma entro un mese una decisione al riguardo sarebbe presa, ed ha nuovamente

lasciato intendere a Nincich le grandi possibilità di richiamarlo al potere, tanto

che gli ha fatto lasciare il di lui indirizzo a Parigi e Nizza per richiamarlo in

qualunque momento necessario.

Nincich ha creduto dovere negare in modo assoluto qualunque intesa mi, litare fra Jugoslavia e Francia, come ha negato vi fossero intese militari fra

Francia e Rumania. Non ha escluso però che accordi militari vi fossero fra

Francia e Cecoslovacchia, Francia e Polonia.

Su questi punti la Jugoslavia sarebbe pronta a dare qualsiasi assicurazione

e garanzia per giungere alla conclusione di un nuovo patto con l'Italia, purchè

non ne sortisse limitata la propria indipendenza e la propria libertà di azione

interna.

Nincich ha aggiunto infine che aveva scelto tale via indiretta per farmi

giungere le sue comunicazioni perchè nostri incontri prolungati non sarebbero

passati inosservati in così piccolo paese, avrebbero dato luogo chissà a quali

commenti, e sarebbero appar•si anche poco riguardosi verso Marinkovich che,

sia pure formalmente, è ancora in carica.

Anche questa volta mi sono limitato a ringraziare della comunicazione

della quale prendevo atto e che, come la prima, avrei trasmesso integralmente

a V. E.

Come già detto nel mio rapporto sopra citato, Nincich parte ora per Parigi,

secondo le sue affermazioni, per una importante cura di denti. Egli eviterà colà

di vedere uomini politici, [vedrà] (così avrebbe affermato) soltanto qualche gior

nalista suo vecchio amico. Si proporrebbe di visitare anche il Conte Manzoni.

È anzitutto da rilevare che entrambe le comunicazioni sono state certa

mente fatte d'intesa con Re Alessandro e destinate a V. E.

Ma quali siano le esatte finalità di esse, se cioè rispondano ad una sincera volontà, o celino una manovra, non è agevole subito vedere, tanto più che non esservi stato contatto diretto con Nincich ha impedito quella qualche pur cauta ma agevole replica che avrebbe forse permesso meno incerto giudizio sugli scopi cui esse tendono.

Talune osservazioni sono però possibili.

È anzitutto da tener presente che i circoli politici e giornalistici sono in uno stato di grande nervosismo per la prossima scadenza del Patto di Roma, del quale si attendono il rinnovo, e non sanno ancora valutare le ripercussioni sulla situazione jugoslava se esso non si avveri. La necessità di stabilire buoni rapporti con noi è al primissimo piano della vita politica jugoslava, e forma oggetto di interrogazioni ed inquietudini, accresciute dalla sensazione dello intensificarsi della nostra azione nei Balcani, ed ora in Turchia. Le recenti visite di S. E. Grandi ad Angora ed Atene, non dubbio segno della nostra rafforzata posizione politica in quelle capitali sono state qui commentate a denti stretti, mentre marcano ad evidenza la situazione di inferiorità in cui questa si trova. Se dò si aggiunga alla ormai stabilissima situazione nostra in Ungheria ed Albania, ed ai nostri rapporti con la Bulgaria, è chiaro che la mancanza di un patto di amicizia con noi preoccupi la opinione pubblica jugoslava. Questa « avance » del Re attraverso Nincich potrebbe, fra altro, essere misura precauzionale per impedire un qualsiasi nostro prossimo atteggiamento peggiorante la situazione estera jugoslava e danneggiante il suo credito. Essa, nel campo politico, completerebbe quelle misure precauzionali che si vanno prendendo nel militare (segnalate dal Colonnello Visconti) e che accompagnano sempre ogni minaccia di crisi e di situazione difficile tanto interna che esterna di questo stato. La • avance • può anche permettere di affermare che se il Patto di amicizia non esiste più, i rapporti per la stipulazione di uno nuovo non sono interrotti.

Altro punto da tenere presente è quanto già più volte riferito in questi ultimi mesi a V. E.

Di più in più si va facendo da questi ambienti politici la constatazione della sterilità dell'appoggio francese; i pesi militari che ne sono derivati aggravando la situazione finanziaria quando le risorse dello Stato avrebbero meglio contribuito ad altre necessità ed avrebbero, almeno in parte, impedito il sorgere del dissidio croato; la nessuna soluzione dei problemi esteri con i paesi vicini, i quali anzi per il dissidio con l'Italia hanno tratto forza per resistere sulle proprie posizioni anzi forse guadagnarne di nuove come la Grecia nella situazione del transito per Salonicco. Le comunicazioni di Nincich, le parole e le assicurazioni del Re che per tale mezzo indiretto sono portate alla conoscenza di V. E., qualunque sia la finalità cui mirano, sono tuttavia testimonianza del generalizzarsi di tale constatazione, ne sono anzi la più alta possibile testimonianza. La premura di scagionarsi senza richiesta, di possibili accordi militari (salvo naturalmente da parte nostra a non credere per ora e nelle con<llzioni presenti a tali negative) ne è controprova. In proposito richiamo una assennata corrispondenza da Belgrado al Berliner Tageblatt che ho oggi letta nel numero del 19 corrente (l) e che certamente sarà stata segnalata a V. E. dal R. Ambasciatore a Berlino.

Una terza considerazione accessoria mi pare anche possibile.

li regime dittatoriale per la natura sua stessa avrebbe dovuto trovare largo favore, ed accoglienza simpatica in Italia, non nelle democrazie e nei regimi parlamentari come il francese. E colà lo ha trovato con la sola riserva della durata: lo si ammette sì, ma soltanto fino al momento in cui, ristabilito l'ordine, assicurata la unità statale, sedati i dissidi nazionali, si possa tornare alle consuete vie parlamentari democratiche.

Non vi è certo nella mente del Re e degli elementi fattori del colpo di stato volontà di tanto sollecito ritorno alla così detta normalizzazione. Già le circostanze lo impediranno, l'adempimento dell'annunciato vasto programma di riforme lo esclude.

Si vuole forse, assumendo migliore contegno verso di noi preparare terreno favorevole, almeno in Italia, alla continuazione indefinita del regime dittatoriale, in previsione di un cambiamento di opinione e di atteggiamento che potrebbe prodursi in Francia ed in altre democrazie.

E da queste considerazioni accessorie mi permetto passare ad un punto di vista più generale.

La politica estera jugoslava non può avere che due direttive.

Appoggiarsi alla Francia quindi perfezionare sempre più il suo programma

militare affrontando ogni difficoltà di politica estera con tutti i suoi vicini,

rischiando la propria solidità interna e compromettendo le sue finanze, fino al

momento in cui apertasi la crisi definitiva, la minaccia delle armi, od addirit

tura l'azione bellica risolvano in una sol volta ed unitamente alla Francia tutti

i problemi interni ed esteri, politici, finanziari. Fino alla crisi la Jugoslavia

deve evidentemente tendere ad addormentare la nostra attenzione e la nostra

quotidiana vigilanza.

Per questa finalità, nella situazione presente la Jugoslavia ha sopratutto

bisogno di credito per procurarsi il prestito che non può trovare che in Inghil

terra ed in America. Esso non può attenersi che a condizione di avere rapporti

di amicizia con noi. Ma sostanzialmente e per la natura stessa delle cose, la

politica di accordi militari con la Francia è fatalmente politica di ostilità

all'Italia qualunque sia l'aspetto transitorio delle relazioni itala-jugoslave.

Questa linea politica è stata costantemente voluta dagli uomini, dai gruppi,

dalle forze occulte al potere. A supporre anche che Re Alessandro abbia sempre

voluto ferma amicizia con noi, si deve almeno ritenere che la sua volontà sia

stata impedita di realizzarsi.

L'altra linea di politica estera della Jugoslavia può cercare stretta amicizia

con noi. Essa non implica affatto ostilità alla Francia, anzi può coesistere con

buoni rapporti con Parigi. Ma esclude ogni massimo programma militare, !imi

tandolo al necessario per la difesa dei minori vicini e per il concorso all'oppo

sizione all'Anschluss.

Esclude pure ogni programma imperialista balcanico ma consente però di dedicare ogni forza al consolidamento interno per assicurare la unità e lo sviluppo economico. Data la sicura amicizia con l'Italia, il credito è facilmente stabilito ed il prestito può essere ottenuto in Inghilterra ed in America anche senza il pieno concorso e consenso francese. (Richiamo il mio telespresso del 21 corrente n. 441/150).

Questa linea però è in assoluta opposizione con quella tenuta fin qui, e nulla autorizza oggi a credere che, i militari imperanti, in un prossimo tempo potrà essere sinceramente seguita fino alle ultime conseguenze anche se Nincich torni al potere. Ma se le comunicazioni di Nincich vogliano tendere a quel tanto di tranquillità politica e quel minimo di accordi convenzionali che ristabiliscano il credito jugoslavo per poter, col prestito, continuare senza interruzione il programma militare e gli accordi con la Francia, oppure se mirino sinceramente ad un totale cambiamento di indirizzo, solo lo sviluppo futuro potrà dirlo.

Tutto il passato e tutti gli uomini che hanno partecipato al potere e vi partecipano oggi mi fanno piuttosto pensare alla prima ipotesi.

In ogni caso se le odierne avances Reali diverranno prossimamente concrete proposte, esse dovranno essere esaminate anche in relazione alla solidità del nuovo Regime. Sul quale mi darò premura riferire ogni maggiore e più sicura informazione per fornire a V. E. ogni più sicuro elemento per il Suo giudizio e le Sue decisioni (1).

(l) Cfr. n. 197.

(l) Per un riassunto della corrisponnenza cfr. Rassegwa settimanale delta stampa estera, cit., anno IV, vol. I, p, 225.

206

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI

T. RR. 216/23. Roma, 24 gennaio 1929, ore 13.

Questo ministro di Jugoslavia mi ha informato che suo Governo desiderava conoscere mio punto di vista circa opportunità di un comunicato identico per annunziare fine validità patto itala-jugoslavo al 27 gennaio corrente. Ho risposto che comunicato mi sembrava del tutto superfluo poichè) tale fatto era noto ormai a tutto il mondo. D'altra parte un simile comunicato nelle circostanze attuali avrebbe potuto prestarsi a commenti inopportuni ed inesatti per quanto abile e prudente ne potesse essere la redazione.

Quanto precede per sua personale conoscenza.

"È nostra impressione che la situazione attuale non potrà reggersi a lungo, e confidiamo nell'alto patriottismo del Re perchè voglia farla cessare prima che si giunga ad una catastrofe, [la] quale è inevitabile tenuto conto del malcontento popolare, del disordine che andrà aumentando nell'amministrazione dello Stato a causa delle nuove leggi e della soppressione delle vecchie, e del problema finanziario che si aggraverà, essendo sicuro che il grande prestito non potrà attenersi.

Io ed i miei amici, pur essendo disposti a collaborare in eventuali commissioni tecniche, non intendiamo assumere alcuna responsabilità dell'attuale regime, perchè un giorno non ci si possa accusare di aver contribuito alla catastrofe •. Petrucci aggiungeva:

• Mi ha pregato di tener segretissime queste sue dichiarazioni per l'evidente pericolo a cui egli andrebbe incontro qualora si sapessero. Ho dato la mia parola d'onore»,

19 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

(l) Con t. posta 595/227 del 28 gennaio Galli riferiva su alcune dichiarazioni fatte a Petrucci da Stojadinovié. Questi cosi concludeva:

207

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI (l)

T. 217/16. Roma, 24 gennaio 1929, ore 15.

Prego comunicare a codesto Governo che conversazioni di S. E. Grandi con uomini politici greci durante suo soggiorno in Atene si sono mantenute sulle linee generali dell'opportunità di sviluppare e sempre più consolidare le relazioni itala-elleniche ed agevolare il raggiungimento dell'accordo turco-greco, il quale permetterà una stabilizzazione della situazione nel Mediterraneo orìentale, soddisfacente ed utile per i tre paesi. Circa dichiarazioni ai giornalisti non bisogna però considerarle come testuali perchè esse hanno potuto subire solite deformazioni ed amplificazioni che avvengono in simili occasioni. V. E. vorrà valorizzare presso Governo turco queste comunicazioni che ho creduto utile di fargli nei riguardi del recente viaggio di S. E. Grandi in Grecia, per mostrare intendimenti del Governo italiano di procedere in amichevole intesa con la Turchia nelle attività politiche italiane che possano interessarla.

208

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. 221/14. Roma, 24 gennaio 1929, ore 24.

Suo rapporto n. 36 del 9 gennaio (2).

Questione riforma agraria riveste per noi capitale importanza sia nei riguardi delle conseguenze interne per il regime albanese sia ed ancor più per le ripercussioni che la riforma avrebbe ai fini del nostro programma agrario ed emigratorio.

È quindi indispensabile che nostra influenza si eserciti attiva ed efficace su cotesto Governo e sulla persona del Sovrano negli studi e nella redazione definitiva della legge onde volgerla opportunamente verso una forma che risponda veramente agli interessi albanesi ed ai nostri.

Ho di conseguenza disposto che S. E. Serpieri già sottosegretario di stato all'economia nazionale e tecnico illustre in materia si tenga a mia disposizione per essere inviato in missione costì.

Secondo quanto ha in questi giorni riferito Pariani S. M. Zogu sarebbe già ben disposto ad accogliere la collaborazione di un nostro specialista. Prego la S. V. di considerare l'utilità di far tosto pervenire al Sovrano la nostra offerta, per evitare che, ritardando, ci troviamo poi a dover faticosamente neutralizzare criteri e pr.incipi per noi inopportuni e già cristallizzati, riuscendo in definitiva a formule stentate e transattive creatrici di futuri imbarazzi. Attendo suo riscontro telegrafico.

(l) -Risponde al n. 178. (2) -Cfr. n. 161.
209

IL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 404/23. Zagabria, 24 gennaio 1929, ore 19,30 (per. o1·e 24).

Sabato scorso ministro Orincovich e Mazzuranich conferirono segretamente a Zagabria con Macek, informandolo che il Gabinetto di Belgrado tiene poco conto dei ministri croati convocando più importanti sedute senza di loro: lo pregarono di non dare interviste contro regime ai giornalisti esteri perchè con ciò peggiorasi situazione croata; lo avvisarono che il suo arresto viene discusso a Belgrado molto seriamente. In conseguenza di tali notizie direttorio coalizione decise che il dottor Pavelich partisse immediatamente all'estero per preparare emigrazione politica di alcuni membri del direttorio. Pavelich, munito di istruzioni della coalizione, partì la sera stessa per destinazione ignota. Presumesi anzitutto Vienna. Giornali odierni pubblicano notizia sua partenza. Mi viene riferito inoltre che organizzazione terroristica croata sta preparando un nuovo attentato, che sarebbe diretto centro Tonisch (l) che è persona invisa. Ho telegrafato quanto precede Roma Belgrado (2).

210

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 419/29. Addis Abeba, 24 gennaio 1929, ore 21 (per. ore 24).

Ieri, nel corso di un'udienza, dopo che nella mia qualità di decano del corpo diplomatico avevo esposto al Negus nostro modo di vedere su un progetto di riforma giuridica sul quale riferisco, Sua Maestà, poichè il discorso cadde naturalmente sul trattato franco-etiopico, mi chiese intrattenermi in tutta confidenza sui rapporti con la Francia. Mi confermò impressione da me riportata durante le trattative nostro accordo e cioè che desidera appena possibile denunziare quel trattato. Mi disse che il Governo francese non lo lascia un momento tranquillo e che il ministro francese trasforma ogni affare in questione politica ricorrendo continuamente a pressioni e minaccie. Particolarmente delicata è la situazione nei riguardi compagnia ferroviaria con la quale sono pendenti varie importanti questioni. Mentre controllo prescrive questioni siano discusse col rappresentante Compagnia, ministro di Francia si è sostituito a lui continuando nei sistemi anzidetti. È sorto così un grave incidente poichè ministro di Francia,

« Presi ordini da S. E. Capo del Governo avvertesi che devesi agevolare in ogni modo ingresso e soggiorno Regno profughi politici croati seguendo opportunamente loro atteggiamento attività e contatti. Pregasi segnalare di volta in volta Ministero loro arrivo e qualsiasi utile notizia ».

avendo inviato suoi ascari alla stazione ferroviaria per proteggere lavori su un terreno contestato e il ministro del Commercio essendovisi recato con gli ascari della dogana per poco non è scoppiato un conflitto armato. Ras Tafari aggiungeva che intuiva chiaramente ragioni di questo atteggiamento, di essere preoccupato, ma deciso a non lasciarsi impressionare. Ho ringraziato Ras Tafari della sua comunicazione e gli ho detto che, a mio avviso, occorreva che il Governo etiopico cercasse di mettersi dalla parte della ragione e così non avrebbe nulla da temere da questo sistema di provocazione e di intimidazione.

(l) -Sic; forse per Toni Schlegl. (2) -Il 27 gennaio la direzione generale di P. S. telegrafò ai prefetti di Fiume, Gorizia, Trieste e Zara :
211

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

L. P. Washington, 24 gennaio 1929.

Le accludo in due copie (una per la D.I.E.) (l) questo rapporto riservato con gli elenchi degli italo-americani che coprono cariche pubbliche. Sono sicuro che esso interesserà S. E. il Ministro e Lei.

Ho detto in fine al rapporto che navighiamo fra gli scogli. Le parole del Justice Dowling, che ho citato, rappresentano il pensiero di molti americani d'animo aperto ed equanime. Ma esiste una corrente opposta, intransigente nazionalista. Ne dobbiamo tener conto dato che vogliamo e dobbiamo lavorare nel quadro tracciatomi dal Duce: • mantenere e intensificare la cordialità della pubblica opinione americana la quale costituisce oggi un fattore di politica internazionale ».

Quanto più marcati sono i .nostri successi, tanto più occorre tatto e senso politico. «Lavorare in silenzio» -parole d'oro che Ella mi scrisse in recente sua lettera. Ma • lavorare in silenzio » non garba a tutti. Ne scaturisce la facile accusa di fiacchezza e di poco spirito fascista -accusa che attraverso l'oceano è raccolta da subordinati non benevoli. Ne feci l'anno scorso la dolorosa esperienza personale.

La corrente intransigente nazionalista americana esiste. Fra tanti, voglio citarLe un recente indizio. Il Senatore Federale Gillette, uomo di sentimenti moderati e tranquilli, discutendo l'altra sera nell'intimità tra un gruppo di amici, accennava ad una sua preoccupazione pel fatto che l'« americanizzazione » non proceda con quel ritmo rapido che sarebbe desiderabile. Vi sono ancora in questo paese -diceva il Senatore Gillette -dei gruppi etnici che conservano le caratteristiche del loro paese di origine e la loro lingua. Occorre facilitare ed affrettare la loro assimilazione, nella grande « razza » nordamericana. Per me -aggiungeva -vi sarebbe a questo fine un mezzo efficace: ordinare per legge la soppressione delle scuole non inglesi e sopprimere per legge la stampa periodica non inglese (2).

ALLEGATO.

DE MARTINO A MUSSOLINI

R R. 314/109. Washington, 18 gennaio 1929.

A conferma miei numerosi rapporti nei quali ho messo in evidenza la progressiva affermazione italiana in questo paese, ho l'onore di accludere un elenco contenente i nomi degli italo-americani che ricoprono cariche pubbliche negli Stati Uniti e che ho fatto raccogliere non senza difficoltà a mezzo dei RR. Consolati.

Questi elenchi saranno certamente di grande compiacimento e soddisfazione all'animo dell'E. V. Riassumo qui appresso i punti essenziali della mia ampia corrispondenza ufficiale col R. Ministero dal 1925. l) L'affermazione della coscienza italiana nella massa italo-americana (cittadini americani di origine italiana) è in continuo progresso.

2) Questa progressiva affermazione italiana costituisce un magnifico risultato -al di là dell'Oceano -della Rivoluzione Fascista, tanto valorizzata in questo Paese dal prestigio personale dell'E. V.

3) L'influenza crescente dell'elemento italo-americano diventa un fattore efficiente della pubblica opinione americana alla quale V. E. giustamente annette speciale valore.

4) A raffermare il sentimento di italianità nella massa italo-americana hanno potentemente contribuito le direttive datemi personalmente dall'E. V. nel 1927 circa la questione della cittadinanza americana e l'intervista concessa da V. E. al Christian Science Monitor del gennaio 1928.

5) L'azione del R. Ambasciatore e dei RR. Consoli dev'essere tenace e persistente ma al tempo stesso abile e prudente allo scopo di non suscitare reazioni nazionalistiche nella pubblica opinione americana, le quali senz'altro distruggerebbero lo scopo che V. E. vuoi raggiungere.

6) Per questo motivo l'opera delle locali organizzazioni fasciste deve contenersi nei limiti tracciati dal buon senso politico ad evitare l'accusa di ingerenza del

H. Governo nelle cose interne americane e ad evitare anche l'apparenza di voler irreggimentare gli italo-americani in un partito politico.

Nel compilare queste liste i Consoli non hanno seguito un criterio uniforme. Alcuni hanno segnato perfino i « policemen • italiani. È chiaro d'altra parte che in un piccolo villaggio il policeman italiano ha un valore diverso che non in una grande città. Circa New York (nella cui lista non è segnata la bassa forza della polizia) desidero menzionare che giorni fa Mr. Grover Whalen, capo della Polizia dl quella metropoli, mi espresse aitissimi elogii dei numerosi italiani impiegati nella sua amministrazione.

La valutazione, dal punto di vista della italianità, dei componenti queste liste dei Consoli, è quella medesima che ho spesso indicato circa la stessa massa italaamericana. Tutti, generalmente, hanno vivo il senso del loro dovere di lealtà verso la Patria di adozione. Una parte si può senz'altro qualificare di cattivi o mediocri italiani totalmente americanizzati. Un'altra parte, e ragguardevole, è sinceramente animata da un senso di devozione nostalgica per la Patria d'origine, la grande Madre Italia. Ma ciò che conta, sotto questo punto di vista, è la tendenza. g la tendenza -io affermo -è nel senso della intensificazione progressiva del sentimento italiano e della fierezza di razza. Non più, oggi, gli italiani nascondono la loro origine o se ne vergognano o cambiano nome.

Ignoro se alcuno dei funzionarii elencati sia iscritto alle Sezioni Fasciste. Il

R. Console Generale a New York mi dice che -pel suo distretto Consolare nessuno dei funzionarii importanti è iscritto ma ignora se lo sia qualche impiegato inferiore.

Per dimostrare a V. E. fra quali scogli stiamo navigando voglio riferirLe un piccolo fatto di cronaca. Durante il recente banchetto offerto a New York dalla comunità itala-americana al Generale Balbo (settecento intervenuti fra cui alte autorità civili e militari) il Justice Dowling membro della Corte Suprema dello Stato, che mi era seduto accanto, mi disse queste significanti parole: • Noi crediamo che l'itala-americano che dimentica o rinnega la Patria d'origine non può essere un buon cittadino americano •. Ma proprio pochi istanti appresso il Conte Thaon di Revel, Presidente della Lega Fascista, trasportato da entusiasmo nel suo discorso, uscì a dire che in avvenire avremo un italiano Governatore dello Stato di New York e forse anche Presidente degli Stati Uniti. V. E. può immaginare l'effetto prodotto sugli americani. E il Generale Balbo se ne rese subito conto e interruppe l'oratore ad alta voce con l'esclamazione • Ci hai attaccato un bel bottone! •.

(l) -Direzione generale Italiani all'Estero. (2) -Annotazione marginale di Mussolini: « Interessante ».
212

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

(A C S, Ministero Cultura Popolare, busta 165, fase. 89)

L. P. Washington, 24 gennaio 1929.

Le invio qui copia di una lettera che ho testè ricevuto da Lamont. Ella g1a conosce di nome il Lippmann, e certo sa che è di gran lunga il più efficace scrittore politico degli Stati Uniti. Democratico, wilsoniano, legato a quel gruppo di scrittori inglesi che durante la guerra sostennero contro l'Italia la causa Jugoslava, egli è stato deciso avversario del Fascismo nel quale egli vide un movimento reazionario. I suoi articoli nel World (l) furono dei più ostili a noi.

Si è poi, non dirò convertito, ma calmato. Per mezzo di Lamont che ci ha fatto incontrare a casa sua, abbiamo avuto delle spiegazioni (per Sua memoria Le invio copia del telegramma col quale riferivo sul colloquio) (2). I suoi articoli sono ora molto meno ostili, e qualche volta finanche simpatici per noi. Egli vuole ora studiare il Fascismo da vicino. Forse comincia ad entrare nel suo cervello, perchè è uomo intelligente, l'idea che il Fascismo non è un movimento reazionario, ma un vastissimo esperimento sociale e politico proteso verso l'avvenire. Quello che S. E. il Capo del Governo ha detto sulla • democrazia » chiudendo il suo discorso del 26 maggio 1927 deve avergli fatto impressione.

Io lo ho incoraggiato ad andare in Italia, e lo ho munito di una lettera per

Lei. Come vede, Lamont è d'accordo nel ritenere che il viaggio in Italia sia

assai utile e io non ho che a pregarLa di voler ricevere il Lippmann e di volerlo

mettere in contatto con chi Lei crede opportuno.

ALLEGATO.

THOMAS W. LAMONT A DE MARTINO

January 23, 1929.

You remember that last year you were good enough to say that Mr. Walter Lippmann, the Editor of the New York World, would be received in a friendly way if he were to visit Italy. He was unable to make the visit then but plans to do so this winter. He is sailing for England at the end of next week and after a week or two there will plan to proceed to Italy. Would it, therefore, be possible

for you to send me a generai letter that Mr. Lippmann may utilize in case hc finds it advantageous to do so when entering Italy? And perhaps you might give him one or two letters to use on his arrivai in Rome. I, too, will furnish him with a letter of introduction to Mr. Giovanni Fummi who is our representative in Rome.

Your talk at my house with Mr. Lippmann was, I think, productive of much good. He is an open-minded man, and I am anxious to bave him gain as accurate impression as possible of present-day Italy.

It was very nice for Mr. Morgan and me to catch a glipse of you the other day. W e are both leaving on the • Aquitania • February first going direct to Paris. I have been in touch with Pirelli, and he has sent his very cordial expressions to Mr. Morgan and myself, looking forward to collaboration at Paris.

(l) -Lippmann era il direttore del New York World. (2) -T. 2239/238 del 17 aprile 1928, che non è stato pubblicato.
213

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO

T. RR. 229.. Roma, 25 gennaio 1929, ore 20.

Nota di V. E. n. 297 del 17 corrente (1).

Approvo le istruzioni impartite da V. E. al governatore della Somalia, conformemente alle decisioni adottate nella riunione interministeriale del 12 corrente, nei riguardi della linea di condotta da seguire di fronte ai capi Ogaden protestatari.

Non ritengo, per il momento almeno, di mettere la R. legazione in Addis Abeba al corrente dell'azione che S. E. Corni dovrà con ogni cautela continuare a svolgere per attrarre nella nostra orbita le popolazioni Ogaden d'oltre confine che aspirano a stare sotto la nostra sovranità, data la delicatezza e riservatezza dell'azione stessa, che non richiede per ora alcun intervento da parte di quella

R. legazione.

214

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 14/10. Vienna, 25 gennaio 1929, ore 19,45 (per. ore 22).

Zingarelli è venuto a vedermi pregando comunicare riservatamente a V. E.: Deputato croato Pavelic giunto Vienna via Sussak, Fiume munito passaporto in regola ma prossimo scadere. Pavelic si è subito messo in rapporti con Sarcotich e con questi guiderà da Vienna azione croata pur dichiarando alla locale legazione S.H.S. che rimane qui per ragioni di salute. Zingarelli ha avuto oggi un lungo colloquio con Pavelic in presenza Sarcotich e lo rivedrà domenica prossima.

(l) Cfr. n. 184.

215

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 422/16. Sofia, 25 gennaio 1929, ore 22 (per. ore 0,25 del 26).

Telegramma di V. E. n. 15 (1).

Trattative patto turco-bulgaro sembrano entrate fase conclusiva. Ritardo è stato causato da divergenze circa articoli lo e 4° del progetto.

Per note ragioni largamente esposte mio rapporto n. 810 del 16 novembre

u. s. Governo bulgaro, allo scopo evitare pericolo di offerta analogo patto da parte di Belgrado, sosteneva tesi che clausole politiche non fossero specificatamente incluse nel trattato con la Turchia, bensì risultassero implicitamente dal riferimento al trattato di amicizia bulgaro turco del 1925. Governo turco accettando in massima tesi bulgara chiese al rappresentante della Bulgaria ad Angora che carattere politico del trattato risultasse da scambio lettere confidenziali tra i due Governi. Governo bulgaro, preoccupato dal fatto che tali lettere, per il loro carattere di segretezza non avrebbero potuto essere comunicate alla Società delle Nazioni (sulla quale poggia quasi intera politica estera bulgara), non ha creduto di poter approvare suddetto scambio di lettere che ministro di Bulgaria ad Angora aveva accettato soltanto ad referendum.

Altro punto di controversia era costituito da articolo 4°, concernente questioni relative alla sovranità dei due paesi che, secondo Angora, dovevano essere escluse da arbitrato. Governo bulgaro richiedeva su questo punto che si ammettesse un arbitrato per decidere se una data questione, per cui una delle parti eccepisse il carattere di sovranità, avesse realmente tale carattere onde decidere se dovesse rientrare o no sotto le regole generali dell'arbitrato previste dal progetto. Il presente telegramma continua (2).

216

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. (P. R.) R. 889/47. Washington, 25 gennaio 1929, ore 6,47 (per. ore 6,15 del 26).

Mi riferisco al mio tel. n. 46 (3) diretto a S. E. Grandi da Parini giunto iersera. Per conto mio approvo pienamente la soluzione che egli ha adottato per la organizzazione della lega fascista e che egli ha messa in esecuzione a New York con fermezza e con tatto. Accolgo di buon grado la sua domanda di recarmi a New York per tenervi una riunione allo scopo di determinare i rapporti fra la lega e le regie rappresentanze. Una tale riunione in questa occasione sarebbe meno consigliabile perchè la stampa se ne impossesserebbe. Ho avuto con Parini lungo colloquio ed abbiamo esaminato i numerosi e complessi problemi attinenti

all'azione fascista in questo paese. Egli mi ha comunicato le istruzioni verbali di V. E. perfettamente analoghe a quelle datemi dalla E. V. nel 1927 le quali hanno così potentemente contribuito alla sempre crescente affermazione italiana in questo paese. Con Parini esamineremo il problema nei suoi tre principali aspetti: l) fuorusciti e stampa americana; 2) massa itala-americana; 3) Governo Federale e Governi statali. Parini si richerà a Boston per esaminare situazione quella sezione fascista che occorre definire d'urgenza. Possiamo attendere risultati utili ed efficienti dalla missione che V. E. ha affidata a Parini.

(l) -Cfr. n. 191. (2) -Non si pubblica il seguito. (3) -Non si pubblica.
217

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 437/34. Atene, 26 gennaio 1929, oTe 23 (peT. me 1,25 del 27).

Telegramma di V. E. n. 219/34 (1).

Ho fatto ieri personalmente ai signor Carapanos la comunicazione circa proroga versamenti bulgari, dandogli lettura del citato telegramma opportunamente valorizzato. L'amichevole atteggiamento del Governo italiano in tale questione (che interessa altrettanto legittimamente la Grecia quanto interessa l'Italia il principio sempre sostenuto della indissolubile connessione tra riparazioni e debiti) ha tanto più favorevolmente impressionato questo ministro esteri, nonchè il capo del Governo ellenico subito da lui informato, in quanto ho avuto cura di porre debitamente in rilievo come l'assicurazione di un equo appoggio alla tesi greca, che V. E. mi ha invitato a trasmettere per l'eventualità di un prossimo esame interalleato dell'argomento, non fosse per nulla frutto di mie sollecitazioni in tal senso, ma invece un atto del tutto spontaneo, in seguito a quanto S. E. Grandi le aveva riferito circa sue conversazioni in Atene. Tanto Carapanos quanto Venizelos, che ho entrambi rivisti stamane ad una colazione offerta dal presidente della repubblica, mi hanno rinnovato la viva preghiera già rivoltami ieri dal primo, di esternare a V. E. in nome di questo Governo il maggiore apprezzamento e il più caldo ringraziamento per la nuova prova di così perfetta tempestiva e cordiale comprensione verso la Grecia.

218

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 475/215. Belgmdo, 26 gennaio 1929 (per. il 29).

Mio telegramma n. 48 del 17 corrente (2).

Kumanudi mi ha oggi assicurato erano stati dati ordini severi alla stampa perchè non comparissero articoli e notizie tendenziosi contro l'Italia e comunque eccitanti alla animosità contro di noi. Anche Koroscez era stato interessato ad intervenire nello stesso senso presso Io Slovenec.

(l) -Del 24 gennaio, col quale veniva comunicato l'appoggio del Governo italiano a quello greco nella questione sollevata dalla Bulgaria per il pagamento delle riparazioni. (2) -Cfr. n. 181.
219

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 550/195. Belgrado, 26 gennaio 1929.

Come l'E. V. avrà potuto rilevare dal resoconto stampa del R. Consolato Generale in Lubiana n. 245 del 22 gennaio corr. i capi della famosa associazione Orjuna, arrestati sotto l'accusa di aver concorso nell'omicidio di certo Perich, sono stati improvvisamente messi in libertà in seguito a proscioglimento dall'accusa stessa in istruttoria.

Ma la cosa più sorprendente è la maniera come il provvedimento è stato preso ossia in seguito ad ordine del Si-gnor Srskic, Ministro della Giustizia, a cui furono inviati gli incartamenti, quindi in seguito ad ordini del potere esecutivo, mentre l'istruttoria era ancora in corso, e le risultanze processuali finora ottenute erano, come risulta da notizie precedentemente inviate, tutt'altro che favorevoli agli imputati.

La possibilità dell'intervento del Governo Militare a favore di questi arre

stati era stata da me prospettata con rapporto n. 337/118 del 17 corrente.

Questo atto del Gabinetto Zivkovich è la prova più manifesta di quello, che già si sapeva, che l'Orjuna cioè, formazione di comitati alla nostra frontiera, era ed è voluta e sussidiata dallo Stato Maggiore SCS, che non aiJpena giunto al potere si è affrettato a mettere in libertà i capi oriunasci. Tale fatto non potrà non avere grandi ripercussioni ed in Slovenia e nelle nostre nuove provincie. In Slovenia, poichè tutta quella pacifica popolazione aveva dato un sospiro di sollievo allorchè quella banda di malfattori fu arrestata; nelle nostre nuove provincie, poichè l'atto delle autorità di Belgrado è prova manifesta che

si intende riprendere la via già battuta degli attentati criminosi sul nostro ter

ritorio, mascherandoli sotto la comoda qualifica di atti di patriottismo.

La stampa italiana, che già dette giustamente tanto risalto agli atti crimi

nosi dell'Ing. Kranic e compagni, quando essi furono arrestati, non mancherà

certo di mettere nella dovuta luce questo tenebroso e significante scioglimento

della azione processuale predetta. Sembra poi singolare che l'abate Koroscez, il

quale in mezzo a tanti incoraggiamenti all'irredentismo sloveno, aveva pur com

piuto questo atto di giustizia consegnando al magistrato gli autori di tanti de

litti, fino ad allora protetti dalla compiacente autorità militare, che aveva ordi

nato che l'istruttoria fosse condotta fino in fondo, rimanga testimone inoperoso

di questa enormità.

Poichè il proscioglimento dei predetti capi dell'Orjuna può si,gnificare una

ripresa dell'attività criminosa della società stessa ai nostri danni, sarò grato

all'E. V. se vorrà darmi eventuali istruzioni (1).

«Non mi risulta però, come ebbi a comunicare recentemente alla R. Questura di Gorizia che me ne aveva richiesto, che in questi ultimi tempi tale esodo si sia sensibilmente intensificato. Esso ha luogo specialmente fra la classe degli insegnanti che vengono licenziati in Italia, mentre, per quanto si riferisce alla mia giurisdizione, si verifica meno frequentemente il caso di profughi della classe operaia.

Invero, di solito, si preferiscono qui i profughi intellettuali come quelli di cui può essere sfruttato, a scopo di propaganda antitaliana ed irredentista, il risentimento che essi qui

(l) Sulla questione dell'esodo in Jugoslavia di slavi della Venezia Giulia cfr. quanto riferiva il console generale a Lubiana (doc. ritrasmesso da Galli 1'8 gennaio con n. prot. 101/30):

220

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. GAB. (P. R.) 13/17. Roma, 28 gennaio 1929, ore 12.

Suo 18 (1).

Sta bene.

221

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 462/40. Durazzo, 28 gennaio 1929, ore 22,45 (per. ore 2,25 del 29).

Telegramma di V. E. n. 14 (2).

Ho lungamente intrattenuto Sovrano sulla questione della riforma agraria. Ho potuto convincermi che egli vede in tale riforma:

l) un mezzo di pressione politica sui grandi proprietari;

2) una nuova opportunità per negoziare qualche grosso affare di boni

fica, in regime di concessione;

3) un nuovo colpo diretto a svuotare il programma politico degli avversari del suo regime, programma che egli sta ora applicando nel campo sociale come ha già fatto in quello nazionalistico.

Come ho avuto più volte occasione di esporre a V. E. la direttiva generale della politica di re Zogu tende a democratizzare il suo Governo e ad avvicinarlo sempre più alle masse, accentrando tuttavia nella persona del sovrano tutti i poteri. Cioè non democrazia a tipo francese, ma democrazia di pura marca italiana, cioè fascista. In questi ultimi giorni il re sembrava volere affrettare i tempi. La riforma agraria era stata annunziata come un fatto imminente. Sebbene io fossi tutt'altro che proclive a sposare la causa dei proprietari, ieri ho delicatamente incoraggiata qualche resistenza affinchè le cose procedessero con maggior calma. Per la prima volta i bey hanno ardito esprimere il loro malumore, ciò che ha indotto il re a rallentare la marcia. Nel colloquio di oggi il re mi è sembrato disposto a procedere a ragion veduta. Gli ho fatto presente che noi dovevamo .preoccuparci delle conseguenze che la riforma poteva avere sul futuro sviluppo di un piano di .collaborazione agricola itala-albanese, specialmente nei demani della Musecchia, piano che gli era stato sempre a cuore. Era più opportuno quindi che la riforma non solo non costituisse un imbarazzo

portano centro di noi e contro il Regime. Viceversa, a meno che si tratti di veri e propr~

agitatori, sono più rari i casi di mano d'opera profuga che venga qui accolta: prevale invero

sul... sentimento fraterno-slavo quello egoistico fomentato dalla disoccupazione e sovente

accade a questo R. Consolato di dover rimpatriare con foglio di via obbligatorio operai

allogeni che, espatriati clandestinamente a scopo di lavoro, vengono poi a finire in Can

celleria, chiedendo sussidi ed il rimpatrio, perchè qui ncn hanno trovato la sperata occu

pazione •·

alle bonifiche idrauliche agrarie, ma tendesse anzi a facilitarle. Il re mi ha risposto ciò rispondeva alle sue stesse intenzioni (vedi punto 2). Ho allora chiesto al sovrano se aveva nulla in contrario alla venuta in Albania di un nostro esperto che potesse esaminare da una parte lo spirito informatore della legge e dall'altra i possibili sviluppi del nostro programma di larghe bonifiche e di colonizzazione. Non ho naturalmente accennato alla emigrazione, parola oggi che deve essere bandita da ogni conversazione concernente il problema agrario.

Il re ha accettato l'offerta, ma ha tenuto a precisare che per l'esame della legge in preparazione era superflua la venuta di una personalità di primo piano e ha anzi specificato in maniera molto precisa che egli desiderava venisse qui un semplice • impiegato » e cioè un funzionario del nostro ministerro Agricoltura pratico di legislazione agraria. L'allusione da lui fatta al Pariani doveva essere interpretata in tal senso. Senza contrariare il sovrano gli ho fatto presente che oltre il funzionario da lui desiderato, era anche opportuna, anzi, necessaria, ìa venuta di persona capace di esaminare il problema agrario albanese non solo dal lato puramente giuridico, ma anche nei suoi aspetti di natura economica, finanziaria, politica. Gli ho quindi proposto di far venire altresì un illustre tecnico, che dovrebbe essere S. E. Serpieri. Il re ha completamente gradita la mia proposta. Mi sono fatto quindi chiedere che la venuta delle due persone anzidette avvenisse con la più grande urgenza. Prima di tutto desidera però che sia mantenuto assoluto segreto circa loro missione. Tanto S. E. Serpieri che il funzionario del ministero Agricoltura sarebbero messi a contatto con il sovrano e non con il ministro competente che ignora i piani della riforma, tenuti gelosamente nascosti. Faccio presente opportunità che la scelta del funzionario ministero Agricoltura cada su persona che alla capacità tecnica unisca doti di garbo e di distinzione.

(l) -Cfr. p. 219, nota. (2) -Cfr. n. 208.
222

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A VIENNA, AURITI

T. GAB. s. 6/20. Roma, 29 gennaio 1929, ore 24.

Prego ringraziare Zingarelli informazioni da lui fornite (l) che peraltro erano già a conoscenza di questo ministero. Gradirò essere tenuto al corrente degli ulteriori contatti che egli avrà tanto con Sarkotich quanto con Pavelich, raccomandando però di non prendere alcuna iniziativa e tanto meno impegni senza aver prima riferito a questo ministero. Dato anzi che Zingarelli ha stabilito tali contatti è utile che essi siano tenuti almeno per ora da lui soltanto. E perciò prego V. S. di dire a Mazzotti da parte mia di astenersi dall'avvicinare i detti personaggi ed in genere di occuparsi delle cose croate.

(l) Allude probabilmente al n. 214.

223

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 15/13. Vienna, 29 gennaio 1929, ore 22,30 (per. o1·e 3,40 del 30).

Mio telegramma n. 10 (1). Zingarelli mi prega comunicare che ha avuto il colloquio con Pavelich. I tre punti essenziali sono stati i seguenti: l) I croati considererebbero nocivo per la loro causa rinnovamento patto amicizia itala-jugoslavo. 2) Essi pregano impedire con ogni mezzo conclusione prestito internazionale jugoslavo. 3) Chiedono se S. E. Mussolini creda che Pavelich o altri debbano recarsi a Roma. Zingarelli si riserva informare particolareggiatamente V. E. sul colloquio avuto.

224

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, ROGERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 556/69. Londra, 29 gennaio 1929 (per. il 3 febbraio).

Telegramma corriere V. E. n. 105 dell'li corrente (2). lVIi sono espresso col signor Oliphant nei termini di cui al telegramma di

V. E. succitato.

Il signor Oliphant mi ha assicurato che ne avrebbe reso edotto il Colonia! Office per le eventuali comunicazioni da farsi alla Residenza di Aden. Egli mi ha però osservato che una diminuzione della pressione militare che il protettorato di Aden crede opportuno di esercitare ai confini collo Yemen potrebbe essere interpretata dall'Iman come un segno di debolezza ed imbaldanzire l'Imam nella sua attitudine aggressiva. Oliphant avrebbe desiderato perciò qualche maggiore affidamento che la nostra azione presso l'Imam lo avrebbe indotto a più miti consigli.

Gli ho risposto che per quanto il R. Governo non potesse prendere alcun impegno.a nome dell'Imam, esso avrebbe continuato ad esercitare tutta la sua influenza onde controbattere per quanto possibile la propaganda anti-britannica che gli agenti dei Sovieti non avrebbero mancato di svolgere presso l'Imam; che confidavamo però nel senso di moderazione da parte della Residenza britannica di Aden onde non fossero forniti agli agenti soviettici pretesti atti a dimostrare la fondatezza delle loro insinuazioni antibritanniche ed a sconfessare l'opera di pacificazione da noi intrapresa conformemente agli accordi ed allo spirito delle conversazioni di Roma.

Mi permetto esprimere all'E. V. il parere che sarebbe :forse opportuno che a suo tempo questa R. ambasciata fosse messa in grado di riferire al Foreign Office circa l'azione che saranno per svolgere gli agenti soviettici nello Yemen in senso anti-europeo in generale ed anti-britannico in particolare onde avvalorare il fondamento dei timori da noi espressi al Foreign Office e la necessità che la Residenza britannica di Aden non renda inani, colla sua improntitudine, gli sforzi che ci p"~"oponiamo di fare nel comune interesse.

(l) -Cfr. n. 214. (2) -Cfr. n. 165.
225

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 279/38. Roma, 30 gennaio 1929, ore 24.

V. S. può formalmente assicurare Venizelos che ho ampiamente conferito con Lago e gli ho dato precise istruzioni e direttive per il governo delle popolazioni del Dodecanneso ispirandomi ai rapporti di cordiale amicizia itala-greca.

Ella vorrà limitarsi per ora a queste dichiarazioni di ordine generale senza entrare nel merito delle questioni particolari, salvo a riferirmi nel caso Venizelos le facesse parola di qualche caso concreto.

226

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, DE ASTIS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 271/117. Budapest, 30 gennaio 1929 (per. H 4 febbraio).

Sembra che le recenti polemiche relative alla successione al Trono, di cui è stato ampiamente riferito all'E. V., ed il timore che l'Italia si ponga decisamente contro un'eventuale restaurazione absburgica, abbiano dato vita ad una nuova iniziativa di cui riferisco a puro titolo informativo.

Partendo dalla premessa che la politica dell'Italia e quella dell'Ungheria non sono in contrasto in alcun punto e che è interesse comune dei due Stati di non far risorgere l'ex-duplice Monarchia austro-ungarica, si vorrebbero far convergere gli sforzi italiani ed ungheresi per ìl trionfo della soluzione legittimista. Tale soluzione, trovando consenziente la maggioranza dei magiari e mantenendo l'attuale regime al potere, consoliderebbe la Nazione all'interno e rafforzerebbe la sua posizione all'estero. Si tratterebbe in un primo tempo di convincere l'ex-famiglia imperiale che l'ascesa al Trono sarà possibile solo con l'aiuto dell'Italia, e che bisognerebbe garantire a questa la definitiva rinunzia alla corona imperiale austriaca. Poichè è nota l'incontinente ambizione

dell'ex-imperatrice Zita, si vorrebbe esercitare la maggior pressione in questo senso sull'Arciduca Ottone e poi attuare il piano occorrendo anche contro la volontà della madre.

Se le mie informazioni sono esatte, tanto il Principe Primate Cardinale Seredy che il Conte Apponyi e parzialmente il Conte Zichy (capo del Partito cristiano) si sarebbero convinti della bontà dell'idea e dell'iniziativa. Il Conte Apponyi dovrebbe recarsi nell'aprile-maggio prossimo a Lequeitio, per soggiornarvi qualche mese, e quindi a Roma per abboccarsi eventualmente con l'E. V.

227

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI. AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 677/266. Belgrado, 30 gennaio 1929.

Mio telegramma n. 55 del 24 corrente (1).

Ho parlato col Barone Forster al suo ritorno da Budapest (2). Egli mi ha detto che situazione del Nuovo Regime è colà considerata senza alcun ottimismo. Si ritiene vi saranno vari mesi di calma, e si pensa che per vario tempo il nuovo governo potrà continuare a superare la situazione. Fino all'estate i mezzi finanziari permetteranno di far fronte agli impegni e di sostenere il dinaro. Ma dopo tale momento dovrà intervenire col prestito la finanza straniera, se si voglia evitare il fallimento a meno che un buon raccolto non consenta di prolungare la attesa fino all'autunno.

Il Governo di Budapest non intende intervenire nella questione croata. Ha raccomandato alla stampa di tenere un contegno corretto verso Belgrado pur non urtando i sentimenti di Zagabria. E ciò perchè specie ad un governo circondato da difficoltà e da nemici come l'Ungherese si impone una condotta cautissima.

Avendo io fatto allusione ad un possibile diretto intervento del Barone Forster nella pubblicazione del giornale ungherese Ujnemzet del 16 corrente la ha negata, facendo però una ammissione che ha valore di carattere generale e conferma quanto più volte scritto a V. E. Egli cioè mi ha detto non essere necessario alcun suo intervento e suggerimento date le numerosissime relazioni private ed i legami che intercedono, anche per rapporti familiari, fra ungheresi e croati.

Ed è questo il punto principale da tenere presente quando si parli di aiuti ungheresi alla causa croata. Per essi il Governo non ha alcun bisogno di in~ervento diretto, bastandogli le infinite vie che sette secoli di comune vita hanno creato e che i dieci anni di separazione non hanno peranco allentato.

(l) -Non si pubblica. (2) -Forster era partito per Budapest il 22 gennaio.
228

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, MANZONI, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A BERLINO, ALDROVANDI, E A WASHINGTON, DE MARTINO (l)

TELESPR. 20571. Roma, 31 gennaio 1929.

Per sua notizia personale e per norma di linguaggio con codesti circoli responsabili e di stampa è opportuno che l'E. V. sia informata degli ultimi svolgimenti nelle relazioni con il Governo S.H.S. e degli intendimenti del R. Governo in rapporto ad una eventuale conclusione di un nuovo patto di amicizia con la Jugoslavia.

Contrariamente alle notizie pubblicate nella stampa estera e alle interpretazioni apparse, quando il Signor Rakich a nome del suo Governo mi ha espresso il desiderio di concludere un nuovo patto di amicizia in sostituzione di quello del 1924 che per la mancata rinnovazione prevista dall'art. 4 viene naturalmente e definitivamente a estinguersi col 27 gennaio corrente, nessun affidamento concreto gli venne dato al riguardo, ma senza naturalmente lasciar cadere la proposta, venne fatto chiaramente intendere come la stipulazione di un patto di amicizia, specie dopo l'esperienza del patto concluso nel 1924, doveva corrispondere nel mio pensiero ad una effettiva mutazione di rapporti politici fra i due paesi, senza di che la stipulazione si sarebbe ridotta ad una vuota formalità, secondo la moda oggi prevalente ma priva di contenuto e di significat o.

Il ministro Rakich convenne sostanzialmente in tale ordine di considerazioni e mi consta che il signor Marincovich si è espresso con il R. ministro a Belgrado nello stesso senso.

Dopo tale contatto preliminare debbo peraltro precisare che la risposta del

R. Governo ha in fatto un significato dilatorio, non essendo utile pregiudicare

o impegnare per ora almeno in nessun senso la nostra libertà di azione politica, non essendo d'altra parte urgente procedere a concrete stipulazioni entro termini perentori, dato che in ogni caso si tratta ormai non di una semplice rinnovazione, ma di una stipulazione del tutto ex novo, che anche per questo deve essere pre{:eduta da ponderate decisioni e considerazioni.

È quindi da prevedere che gli eventuali negoziati dovranno comunque necessariamente prendere del tempo e non potranno condurre a risultati che lentamente.

Ma anche a prescindere da considerazioni più strettamente politiche, mancano infatti ancora oggi, a mio avviso, in Jugoslavia quelle necessarie indispensabili premesse perchè, giusta anche quanto è stato dichiarato al Signor Rakich, un patto di amicizia tra i due Governi possa essere solida base per una reale azione politica comune.

Malgrado la violenta crisi che minaccia la stessa unità dello stato Jugoslavo e ne paralizza da mesi la normale attività, prevale sempre in quel Paese uno stato d'animo, una disposizione nettamente ciecamente ostile a tutto quanto

riguarda l'Italia e il Governo Fascista, disposizione che in questi ultimi mesi si è andata anzi piuttosto accentuando, specie in Slovenia e particolarmente a Lubiana.

Sono innumerevoli episodi che si ripetono con troppa frequenza e metodicità per essere casuali e sporadiche manifestazioni dell'animo di alcuni individui e non piuttosto manifestazioni della reale disposizione di spirito della grande maggioranza della popolazione.

Come V. E. meglio potrà rilevare dagli acclusi rapporti 2683 e 2698 in data 22 dicembre scorso del R. Ministro a Belgrado e che non riguardano che due episodi, peraltro dei più gravi e significativi, sotto la compiacente tolleranza, e spesso coll'intervento delle stesse autorità dello Stato si sta svolgendo una forsennata metodica campagna che si vale della stampa e della propaganda verbale per instillare e alimentare con basse volgari ingiurie l'odio contro l'Italia. Ed è veramente degno di rilievo che nel momento stesso in cui il Governo di Belgrado si apprestava ad esprimere al R. Governo il suo desiderio di riavvicinamento politico, venisse pubblicato nel giornale di Lubiana, organo dello stesso Presidente del Consiglio Korosec, l'articolo segnalato dal R. Ministro a Belgrado, e quasi contemporaneamente avessero luogo le manifestazioni di Lubiana stessa e di Maribor.

In tali condizioni non sembra che si possa utilmente parlare di conclusione di un patto di amicizia che non servirebbe ad altro che a perpetuare l'equivoco di una solo apparente chiarificazione di rapporti. Occorre invece che la disposizione degli spiriti sia profondamente mutata creando quella indispensabile atmosfera di cordialità e di rectproca fiducia che oggi nel Governo, nell'opinione pubblica jugoslava manca completamente.

Tanto sopra per utile conoscenza di V. S. e per rettificare notizie impressioni inesatte che potranno giungere costi.

(l) Il telespresso venne inviato per conoscenza anche alla legazione a Belgrado.

229

RELAZIONE DELL'UFFICIO III EUROPA E LEVANTE PER IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

Roma, ... gennaio 1929.

Questo Ministero ha seguito sempre con cura gelosa i tentativi per sistemazioni politico-economiche nell'Europa Danubiana all'infuori dell'Italia, secondo progetti •apertamente promossi dalla Cecoslovacchia, ma patrocinati nel retroscena dalla Francia, la quale mostrasi ansiosa di creare un blocco cecoslovacco-jugoslavo-romeno destinato ad irretire Austria, Bulgaria ed Ungheria, col duplice intento di sbarrare la via alla unione austro-tedesca (Anschluss) ed alla espansione così tedesca come italiana nei Balcani e verso l'Oriente.

II R. Ministro in Praga ha insistito ·sulla necessità di preparare anche noi un piano positivo, per reagire contro le minacce ai nostri interessi e per incamminare il problema verso una soluzione a noi favorevole.

Ma poichè il Conte Vannutelli Rey scartava la possibilità di svolgere nell'attuale momento una diretta azione politica e riconosceva l'opportunità di !imitarci per ora al campo economico, V. E. lo invitò a formulare egli stesso

:zo -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

un programma concreto, che il R. Governo non avrebbe mancato di esaminare con ogni attenzione.

Il suddetto R. Ministro, col telespresso che sl acclude (l) mostra in sostanza di concepire tale programma nel senso di controbattere, con una accorta attività economica italiana, la penetrazione economico-finanziaria tedesca, massima in Cecoslovacchia, incoraggiando le velleità di resistenza della finanza, dell'industria e del commercio locali.

Per vagliare in atto le possibilità di una nostra azione, il Conte Vannutelli chiede se siano disponibili in Italia adeguati capitali, almeno • come massa di manovra •. Intanto egli ha iniziato una riservatissima inchiesta, diretta a raccogliere ed a coordinare i dati che permettano di valutare gli elementi in contrasto e di apprezzare meglio le precise possibilità. Domanda peraltro la destinazione presso la R. Legazione in Praga di persona esperta che, in poche settimane, potrebbe, con metodo e con competenza, condurre a termine una iniziativa per cui quella R. Rappresentanza, da sola, incontra nel campo pratico serie difficoltà.

In relazione a quanto precede, non può a meno di osservarsi che un'inchiesta del genere limitata alla sola Cecoslovacchia avrà necessariamente un carattere frammentario e forse non del tutto adeguato alla vastità del problema (2). Quanto alla disponibilità di capitali, sorge una seconda incognita e purtroppo, se si dovesse condizionare a ciò, sin da principio, ogni apprezzamento del programma, le previsioni sarebbero tutt'altro che incoraggianti.

Ad ogni modo l'inchiesta suggerita dal Conte Vannutelli Rey sembra interessante, sia per avviare a qualche cosa di concreto le speculazioni sopra un problema di cui noi restiamo sino adesso semplici spettatori, sia per renderei miglior conto della situazione effettiva, sia infine per stabilire nel fatto quali possano essere le esigenze di questa e gli elementi precisamente necessari per risolverla. L'iniziativa potrà, ove se ne riconosca il vantaggio, essere estesa ad altri paesi ed i suoi risultati forse illumineranno la nostra via e permetteranno di valutare se e quali mezzi pratici (capitali) saremmo in grado di mobilitare per la nostra azione.

Sembra di conseguenza che la proposta di cui sopra sia meritevole di ogni considerazione e mentre si riconoscono le difficoltà che, per la sua attuazione, incontra ora la R. Legazione, travasi giustificata la richiesta di un esperto tecnico per condurre a buon fine il lavoro.

Poichè peraltro occorrerebbe procedere alla designazione di detto esperto ed alla autorizzazione delle occorrenti spese, si ha l'onore di sottoporre la cosa all'autorevole decisione dell'E. V., con preghiera di far conosçere se approvi (3).

« Ciò stante sembra che lo aderire alla richiesta del R. Ministro a Praga circa l'invio di un esperto capace di coadiuvarlo nel lavoro. di indagine che egli ha iniziato involga una risoluzione di massima nel senso di continuare poi questi studi anche nei riguardi di altri paesi e particolarmente dell'Austria, che principalmente, e per molte ragioni, ci interessa.

L'Ufficio scrivente è anzi d'avviso che più conveniente sarebbe cominciare i nostri studi appunto dall'Austria, nei confronti della quale, tra l'altro., non è assolutamente escluso possano trovarsi soluzioni limitate ai soli rapporti tra essa ed il nostro Paese, e perciò meno complicate ed ardue •.

(l) -Cfr. n. 115. (2) -Cfr. l'appunto di Ciancarelli, capo dell'ufficio di Politica Economica, in data 10 gennaio 1929. Ciancarelli concordava con quanto affermato in questa frase e così proseguiva:

(3) Annotazione di Grandi: • Visto. Chiacchiere. Sogni impossibili. Non si può distrarre una lira dall'economia italiana, al momento attuale •·

230

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 17/38. Berlino, 1° febbraio 1929, ore 21,10 (per. ore 23,30).

Per Lei solo. Decifri Ella stessa.

Mi riferisco al mio telegramma n. 37 (1). V. E. giudicherà se e quale ulteriore risposta io debba dare a questa domanda o possibile apertura di Stresemann. Bisogna ad ogni modo tener presente che, a giudizio dei più, occorre tener poca fidanza nella riserva di Stresemann.

231

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, AURITI

T. GAB. 7/23. Roma, 1° febbraio 1929, ore 24.

Suo telegramma 13 (2).

Circa punto primo patto è già scaduto nè si prevedono per ora altre aperture negoziati. Circa secondo si farà possibile. Circa terzo punto non vedo utilità che esponenti croati si rechino a Roma nell'attuale momento. Più tardi si vedrà. D'altra parte contatti sono già precisamente stabiliti sia costì che altrove e quindi non vedo che cosa si potrebbe dire o fare di più mediante colloqui diretti a Roma.

Prego comunicare quanto precede a Zingarelli per sua norma di linguaggio (3).

232

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. R. 16/37. Berlino, 1° febbraio 1929, ore 20,10 (per. ore 24).

Alla fine della mia conversazione odierna ·con Stresemann, che è durata oltre un'ora, Stresemann mi ha chiesto se io potevo illuminarlo, in una mia prossima visita, sull'esattezza e sul significato della frase di V. E., ripetutamente riferita nella stampa, che l'anno 1935 è l'anno della revisione dei trattati e di grandi avvenimenti, fra cui anche di Ol'dine internazionale. Stresemann mi ha chiesto a quali avvenimenti, specialmente concernenti l'Italia,

V. E. si riferisse in tali sue dichiarazioni. Ho risposto che effettivamente V. E. aveva fatto in qualche suo discorso accenni al 1935, ma che la forma indicata

da Stresemann non era quella esatta. Se io ben ricordavo nel 1935 scadono alcune clausole del trattato di Versailles concernenti la Germania. L'Italia è evidentemente interessata a tutto quello che è contemplato nel trattato di Versailles. D'altronde la posizione della Germania in Europa è tale da non potere escludersi l'interesse dell'Italia per quanto si riferisce alla Germania.

(l) -Cfr. n. 232. (2) -Cfr. n. 223. (3) -Zingarelli venne a Roma il 4 febbraio.
233

IL DELEGATO NEL COMITATO DEGLI ESPERTI PER LE RIPARAZIONI TEDESCHE, PIRELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

Roma, 1° febbraio 1929.

I) In data 4 novembre (1), nel riferire intorno alle visite da me fatte per incarico dell'E. V. al Cancelilere dello Scacchiere, all'Agente Generale dei Pagamenti e al Signor Poincaré, mi sono dato cura di indicare i termini generali della questione, quali si presentavano in quel momento, specie dal punto di vista italiano.

Da allora, le posizioni che assumono i diversi Stati si son venute meglio determinando, e il Comitato degli Esperti, incaricato di studiare il modo di regolare definitivamente le riparazioni tedesche, è stato costituito. L'E. V. mi ha fatto l'onore di designarmi, insieme con l'On. Suvich, a partecipare a tale Comitato, e di affidare a me e all'On. Suvich, insieme al Consigliere di Stato Brocchi e al Consigliere di Legazione Buti, gli studi e i lavori inerenti a tale partecipazione.

Questi studi e questi lavori, sono, si può dire, praticamente compiuti. Essi illustrano tutti gli aspetti del problema, per quello che può direttamente interessarci, consentendone una valutazione che -quantunque non differisca, anzi confermi quella d'assieme precedentemente fatta -risulta ora indubbiamente più precisa e sicura. Essi forniscono ad un tempo ampio materiale per le prossime discussioni nel Comitato degli Esperti.

Sulla base delle risultanze di tali studi, e nell'imminenza della riunione del Comitato degli Esperti, credo doveroso, d'accordo coi due Ministeri degli Esteri e delle Finanze e col collega On. Suvich, d'intrattenere sulla questione nuovamente l'E. V. -a distanza di circa tre mesi dalla mia prima relazione completando e aggiornando le notizie allora fornite, e sottoponendo alla Sua alta considerazione alcuni criteri di massima per norma d'azione della Delegazione italiana.

II) Posizione delle varie Nazioni interessate al negoziato. l) Germania. -A) I vantaggi che la Germania può sperare dal prossimo negoziato, sembrano essere i seguenti: a) l'anticipata evacuazione renana, legata però allo svantaggio di cui sotto B) b) più oltre;

b) l'eliminazione dei controlli (ferrovie, Reichsbank, revenus gagés, ecc.);

c) l'eliminazione dell'indice di prosperità, dal quale, in base al Piano Dawes, potrebbe derivare un automatico e considerevole ingrossamento delle future annualità;

d) la riduzione dell'annualità normale al disotto dell'attuale cifra di due miliardi e mezzo di marchi oro. B) Gli svantaggi che la Germania può prevedere sono: a) l'eliminazione della clausola protettiva dei Piano Dawes, che subordina i trasferimenti alla difesa del cambio;

b) la conversione di tutto o parte del debito, da debito politico in debito commerciale (emesso al pubblico), condizione questa che sembra legata alla evacuazione renana.

La Germania, mentre troverà difficile, data la prosperità interna del paese, di contestare la sua capacità di raccogliere all'interno un'annualità di due miliardi e mezzo ed anche più, cercherà di portare la discussione essenzialmente nel campo dei trasferimenti, terreno per essa più favorevole, o almeno più seminato di incognite. Così la Germania sarà certamente tratta a sostenere la necessità di aumentare le proprie esportazioni per poter conseguire i pagamenti all'estero e la difficoltà di farlo date le attuali tendenze protezionistiche di tutti i Paesi suoi creditori.

Naturalmente i Delegati germanici faranno il possibile per portare la discussione unicamente sul terreno della capacità della Germania a pagare e trasferire determinate somme « coi soli mezzi della propria economia •, attenendosi al punto di vista del memorandum tedesco del 26 novembre 1928, e rifiutando la discussione sul terreno sul quale vorranno portarla le Delégazioni Alleate, e cioè quello delle occorrenze minime di ciascun paese creditore. Sarà probabilmente un compromesso fra questi due opposti punti di vista,

• capacità della Germania •, • occorrenze degli Stati creditori •, che potrà fornire la soluzione del problema.

2) Francia. --L'attitudine dei Delegati francesi sarà improntata alle direttive esposte nel memorandum del Governo france,se del 31 ottobre u.s., le quali si riassumono come segue: • ricevere quanto è necessario per pagare i debiti e per ricuperare buona parte di quanto speso per danni di guerra: nessuna modificazione di Spa (l) ai danni della Francia ».

Un elemento importante della questione dal punto di vista francese, resta quello, già indicato nel precedente rapporto, del pagamento cioè di 400 milioni di dollari agli Stati Uniti per stocks di guerra. Tale pagamento scade a fine luglio dell'anno corrente e deve essere soddisfatto in contanti, a meno che, prima d'allora, la Francia ratifichi l'Accordo pei debiti Béranger-Mellon. Si può ritenere che effettivamente, ove i lavori degli Esperti, da qui ad allora, siano stati conclusi, o quanto meno abbiano progredito in modo soddisfacente, il Governo francese non tralascerà di fare il possibile perchè tale ratifica avvenga. Non mancano indicazioni in questo senso. Ove la ratifica avvenisse,

cesserebbe la preoccupazione per la scadenza del luglio, ed è da ritenere che l'attuale prosperità della Francia e le sue larghissime riserve di oro e di divisa estera la renderebbero meno ansiosa da un punto di vista finanziario di vedere commercializzate le riparazioni germaniche.

Un altro punto importante dell'atteggiamento francese è dato dai rapporti tra il pagamento delle riparazioni e l'occupazione renana. Poincaré è infatti persuaso che, una volta evacuata la Renania, la Germania cercherà ogni pretesto e avrà buon giuoco per evadere il debito politico delle riparazioni. Per questo verso, quindi, la preoc,cupazione francese di legare alla evacuazione renana la commercializzazione del debito tedesco continuerà a persistere, di guisa che si può ritenere che, nonostante tutto, quello della commercializzazione costituirà uno dei problemi di cui la Francia terrà a che il Comitato degli Esperti abbia ad occuparsi.

La Francia si manterrà inoltre, non fosse che per considerazioni politiche, favorevole ad un'alta annualità tedesca, quantunque, favorita dalla percentuale di Spa, si trovi nella fortunata condizione di avere un margine abbondante per negoziare con la Germania. Essa farà lo stesso ogni sforzo per tenere altissima l'annualità, facendo prevalere anche considerazioni politiche sopra considerazioni strettamente tecniche relative alla possibilità di pagamento e di trasferimento da parte della Germania.

3) Gran B1·etagna. -La posizione della Gran Bretagna è chiarita dalla Nota Churchill e dalle conversazioni da me avute con lo stesso CancelliEre. L'Inghilterra mantiene la Nota Balfour (incassi dalla Germania per riparazioni, più incassi dagli Alleati per debiti, pari al debito verso l'America) ma è disposta ad arrivare ad un compromesso nella sua interpretazione nel senso di non reclamare più o di non reclamare tutti gli arretrati per maggiori pagamenti già fatti agli Stati Uniti rispetto alle somme finora incassate per i titoli di cui sopra dalla Germania, dall'Italia e dalla Francia.

D'altro canto, l'Inghilterra non sembra molto favorevole ad una commercializzazione che implichi una larga partecipazione del mercato finanziario inglese.

4) Belgio. --L'attitudine del Belgio è prevista dalla Nota Verbale del 9 novembre 1928. Il Belgio mantiene tutte le sue richieste. Si propone inoltre, in questa occasione, di risollevare la questione dei sei miliardi di marchi emessi dalla Germania nel Belgio, durante il periodo di occupazione.

5) Italia. -Il nostro Paese si trova nella situazione più difficile di tutti, perchè una riduzione, che non sia minima, dell'annualità germanica inciderebbe sul nostro fabbisogno pei debiti interalleati, in base al funzionamento dalla Cassa d'Ammortamento. Attualmente -pur dedotto dal nostro debito verso l'Inghilterra l'ammontare dell'oro che l'Inghilterra stessa viene gradualmente restituendo; preventivato il pagamento e il trasferimento dell'annualità tedesca per tutta la durata dei settlements pei debiti interalleati; ammessa l'anticipata ,cessazione delle spese per le armate di occupazione nel 1930, e computata la compensazione al tasso del 5 o/o per tutta la durata del funzionamento della Cassa Autonoma -resta uno scarso saldo. Il quale sparirebbe ove l'annualità tedesca, da due miliardi e mezzo, venisse ridotta a 2.300 milioni.

In proposito è però da osservare che l'ipotesi che si fa più comunemente è che l'annualità venga ridotta a due miliardi, se non forse sotto a questa cifra; onde il problema diviene per noi quello di ovviare al deficit che necessariamente ne risulterà nei riguardi italiani.

La situazione difficile in cui si trova l'Italia dipende, come è stato ripetutamente rilevato, dall'esiguità della percentuale da essa accettata con l'Accordo interalleato di Spa. Tale percentuale è assolutamente ingiusta, sia che si tenga conto dello sforzo finanziario ed economico sostenuto dall'Italia durante la guerra, o dei danni subiti dall'Italia, o dell'ammontare delle pensioni, sia della non attribuzione all'Italia di Colonie o di altri compensi. Con tutto ciò, l'Accordo di Spa esiste ed impegna l'Italia, nè apparirebbe possibile, o quanto meno conveniente, di sollevare in modo formale la questione della sua revisione, chè, una tale richiesta andando direttamente contro gli interessi di tutti gli altri Stati, l'esito sarebbe, nelle circostanze, quello che facilmente si può prevedere. Avendo voluto, d'altronde, accennarne al Cancelliere dello Schacchiere, nella mia ultima visita a Londra, egli ebbe a dichiararmi espressamente di non essere disposto a considerare questa tesi. Più conveniente si conferma invece per altre vie la soddisfazione delle nostre richieste: sia con una interpretazione di Spa a noi favorevole, sia con altri temperamenti pratici che portino allo stesso risultato.

Fin dal 1923 furono in proposito avanzate formalmente con Note diplomatiche ai Governi interessati, tesi giuridico-finanziarie intese a legittimare la richiesta italiana a una più larga quota di riparazioni tedesche. Esse si basano sulle disposizioni dell'Accordo interalleato del 1922, che riconosce all'Italia una maggiore percentuale su determinati versamenti tedeschi: versamenti in conto buoni C per il pagamento da parte della Germania delle riparazioni austriache, ungheresi, bulgare (tesi della cosiddetta corresponsabilità tedesca). Inoltre si può sostenere che esistono delle applicazioni dell'Accordo di Spa in favore di altri Stati, le quali si allontanano da quella che ne sarebbe la rigida interpretazione, e che possono costituire un precedente da invocare a nostro favore

Per quanto queste tesi non manchino di fondamento, è parere unanime che da sole difficilmente potrebbero bastare ad assicurare il risultato voluto. Il valore pratico dell'Accordo del 1922 è infatti negato dalla Francia e dall'Inghilterra quantunque noi ne abbiamo espressamente riservata l'applicazione.

Più importante appare invece la considerazione pratica che nessuna riduzione del debito tedesco e quindi -si può ritenere -nessuna nuova sistemazione del problema delle riparazioni è possibile senza il consenso italiano. Donde un peso notevole, se non addirittura essenziale, al consenso dell'Italia, da far dipendere evidentemente, come meglio sia possibile, dall'accettazione delle nostre richieste. Le quali non appaiono poi di difficile soddisfazione solo ·che si voglia fare ad esse giustizia ---, in quanto, in confronto delle enormi cifre in giuoco e delle vaste operazioni considerate, il deficit italiano a cui far fronte non potrà mai essere di esagerata importanza.

D'altronde l'atteggiamento italiano inteso a far dipendere la nostra adesione dalla soddisfazione delle nostre esigenze, non solo trova riscontro nell'analogo atteggiamento assunto da tutti gli altri Stati; ma si giustifica più che

ampiamente colla assoluta legittimità di tali esigenze, le quali in fondo si riducono a domandare delle somme che non noi in definitiva incasseremo, ma gli Stati nostri creditori per debiti di guerra. Una tale posizione è poi tanto più equa quanto meno vantaggiosa è stata da un lato la parte fatta all'Italia nei trattati di pace e negli accordi successivi, e quanto più liberale e costruttiva è stata invece la politica italiana nella trattazione del problema delle riparazioni in tutte le sue complesse e spesso difficilissime fasi.

Posizione quindi difficile, quella dell'Italia, come ho detto prima, più difficile della posizione di qualsiasi altro Paese, ma non di impossibile soluzione. III) Possibili sistemazioni delle riparazioni.

Dalle informazioni raccolte sin qui, sembra che la Germania pensi di offrire un'annualità, libera da ogni riserva di trasferimento, di un miliardo e un quarto e forse di un miliardo e mezzo. La Francia insisterà per l'annualità piena di due miliardi e mezzo per tutta la durata del pagamento dei debiti interalleati (accettando di rinunciare all'aumento previsto dal Piano Dawes con l'applicazione dell'indice di prosperità) e difficilmente si indurrà ad accettare un'annualità inferiore a due miliardi. L'Inghilterra è certamente disposta a transigere sulla base di un'annualità di due miliardi, ma non si indurrà facilmente ad andare sotto questa cifra, perchè un'ulteriore riduzione di essa intaccherebbe il principio della Nota Balfour, vale a dire lascerebbe, anche all'Inghilterra un deficit per quanto riguarda il pareggio tra le sue entrate in conto riparazioni e crediti verso la Francia e l'Italia, da un lato: pagamenti all'America per i propri debiti, dall'altro.

In queste condizioni la discussione sarà certo lunga e difficile.

Potrebbe darsi che essa sboccasse in una sistemazione la quale preveda una serie di annualità decrescenti; oppure nello stabilire un'annualità libera da riserve di trasferimento nella misura proposta dai tedeschi, destinata a fare il servizio di interessi e ammortamento di un grande prestito da emettersi gradualmente al pubblico -più un'annualità complementare subordinata ad una qualche clausola di trasferimento.

Potrebbe anche darsi che si arrivasse a stabilire un'annualità da pagarsi in 60 anni, di ammontare corrispondente a quella dei debiti interalleati più una somma supplementare annua che la Germania, facendo uno sforzo speciale, potrebbe obbligarsi a pagare, per esempio, durante i prossimi 15 o 20 anni e che servirebbe per indennizzare i danni di guerra. Ma se si arrivasse a soluzioni come quelle sopra prospettate, quale delle due somme sarebbe capitalizzata e commercializzata con priorità? E quale avrebbe una priorità sui trasferimenti?

È evidente per noi l'interesse che la priorità sia stabilita nei riguardi della somma da destinarsi al pagamento dei debiti. È questa, anzi, la tesi avanzata dal Governo inglese nel suo Memorandum del 5 novembre, che però potrebbe incontrare difficoltà da parte della Francia, interessata, non solo al servizio dei suoi debiti verso l'Inghilterra e l'America, ma altresì alle riscossioni che essa reclama in conto danni. A questo proposito è da considerare, però, che neanche al Governo francese può essere indifferente che la contropartita riparazioni per il pagamento dei suoi debiti non sia assolutamente libera da vincoli che

ne rendano comunque incerta la riscossione. Sono a tener presenti le difficoltà che ha incontrato e incontra tuttora in Francia la ratifica degli Accordi pei debiti con l'Inghilterra e con l'America, in assenza appunto di una clausola che salvaguardi i diritti francesi in caso di mancati pagamenti tedeschi.

Tuttavia non pare qui il caso di approfondire ulteriormente il problema, nè di indicare altre soluzioni che si intravedono come possibili, in quanto esse implicherebbero tutta una disamina di aspetti strettamenti tecnici, finanziari ed attuariali. Tanto meno sembra il caso di soffermarsi a valutare la possibilità di progetti più arditi che tendessero a risolvere l'arduo problema dei trasferimenti, agevolando lo sbocco delle esportazioni tedesche verso zone ad economia arretrata, in connessione, per esempio, con un possibile sviluppo della Cina o di altri Paesi. È questo, d'altronde, della maggiore esportazione tedesca, necessaria perchè la Germania paghi e trasferisca, uno degli aspetti fondamentali del problema; in quanto che, se la riscossione delle riparazioni è necessaria per gli Stati creditori, e se per la riscossione delle riparazioni la Germania deve esportare di più, a sua volta questa maggiore esportazione tende a risolversi in un aumento temibile di concorrenza per le industrie degli altri Stati.

IV) Possibili criteri di massima per la Delegazione Italiana.

l) Portata e limiti delle domande italiane.

È manifesto che la portata e i limiti delle domande che la Delegazione dovrà avanzare e sostenere non potranno essere che quelli stessi che il Governo ha fissati nel Memorandum del 12 Novembre, vale a dire:

a) tante riparazioni quante ne occorrono per il pagamento dei debiti;

b) compenso pei danni di guerra, pensioni ecc., in relazione alle richieste che a questo stesso titolo avanzeranno e manterranno gli altri Stati.

Credo di interpretare il pensiero di V. E. ritenendo che mentre la prima di queste richieste: tante riparazioni quante ne occorrono pel servizio dei debiti, è da considerare inderogabile, la secondà: compenso per danni, po'Ssa essere suscettibile di riduzioni fino, nell'ipotesi più sfavorevole, ad una somma nominale. In un primo tempo però è evidente che saranno da mantenere integre le due richie'Ste, salvo a stabilire poi, a seconda delle circostanze, l'atteggiamento definitivo sulla seconda di esse.

A proposito di queste nostre richieste non è a nascondere tuttavia la difficoltà in cui gli Esperti italiani possono -almeno da un punto di vista formale -trovarsi di fronte agli Esperti esteri, nel sollevare tale aspetto del problema. Non va infatti dimenticato che, per la sua origine, e per la stessa fissazione del programma degli Esperti, quale avvenne a Ginevra con la deliberazione del 18 Settembre, il compito del Comitato consiste nello stabilire, non come il debito tedesco va ripartito tra i diversi Stati Alleati, sibbene la somma globale che la Germania deve e dovrà per la sistemazione definitiva dei suoi obblighi di riparazione, non a ciascuno Stato, ma a tutti gli Stati creditori nel loro assieme. Data la speciale posizione dell'Italia, che, secondo l'Accordo di Spa, non vedrebbe, in caso di riduzione a due miliardi annui del debito tedesco, soddisfatte le proprie domande, e dato che, per rendere possibile tale soddisfazione, dovrebbero essere gli altri Stati in definitiva a rinunciare a qualche cosa del proprio a vantaggio nostro, è a prevedere che la tendenza altrui sarà quella di evitare ogni discussione di distribuzione, e di limitare i lavori del Comitato alla considerazione globale dei rapporti tra gli Alleati da un lato e la Germania dall'altro, appoggiata in ciò dallo spirito se non dalla lettera della deliberazione di Ginevra. È vero che, in vista di questo, il Governo Italiano ebbe cura, nell'accettare la formula di mandato agli Esperti, di specificare che, nell'elaborazione delle possibili future sistemazioni, doveva essere esplicitamente riservata agli Esperti la facoltà di tener presenti le esigenze dei rispettivi Paesi e il miglior modo di farvi fronte. Tuttavia saranno da attendersi diftìcoltà anche in questo campo procedurale, delle quali -pur senza esagerare l'importanza -conviene tenere il debito conto.

2) Svolgimento tattico dell'azione della Delegazione Italiana.

La maggiore assegnazione di riparazioni tedesche, che è indispensabile per assicurare all'Italia anche il solo servizio dei suoi debiti, può essere giustificata, secondo è stato detto di sopra (pag. 7 e segg.) (1), sia con ragioni di equità (sarebbe contro giustizia che l'Italia uscisse dalla nuova sistemazione con un deficit a proprio carico per il pagamento dei debiti), sia con ragioni di diritto (tesi della corresponsabilità tedesca ecc.), sia con ragioni dirò così, di espedienza pratica, in quanto l'assenso italiano è indispensabile ad ogni nuova sistemazione, e può e deve essere negoziato.

Di questi tre ordini di ragioni, il primo e il terzo, sono di facile comprensione e apprezzamento: il secondo implica la valutazione di accordi complessi e diftìcili. I primi due possono essere discussi anche da uomini d'affari quali sono gli Esperti, il secondo richiederebbe l'intervento di tecnici specializzati. Inoltre esso potrebbe importare conseguenze politiche di non lieve momento. Ove in qualche modo si dovesse infatti dare atto alla Germania che una parte dei suoi pagamenti avvengono per conto dell'Austria, potrebbe restarne influenzata (nonostante gli accorgimenti tecnici a cui si facesse ricorso) la questione dei rapporti tra Austria e Germania in senso favorevole a quest'ultima (Anschluss).

D'altronde le notizie che per ora si posseggono sul futuro andamento dei lavori del Comitato, quali si possono desumere dall'atteggiamento dei diversi Stati, indicato di sopra, sono assai scarse. N o n si sa così la parte che nella futura sistemazione avrà il problema dei debiti anche in relazione all'atteggiamento americano. Non si sa bene neanche la parte riservata alla commercializzazione di obbligazioni tedesche, quantunque essa non appaia destinata ad assumere in nessun caso proporzioni particolarmente notevoli. Nemmeno si conosce il grado maggiore o minore delle diftìcoltà da superare, in relazione sopratutto agli importantissimi riflessi politici del problema, quantunque l'intimità franco-inglese appaia sempre maggiore, se non per parte dei Ministeri delle Finanze dei due Paesi, certo per parte dei due Ministeri degli Esteri. N o n si può quindi neanche determinare il peso che potrà avere l'appoggio italiano a queste piuttosto che a quelle delle varie tesi che verranno in discussione e le conseguenti possibilità di negoziare l'appoggio stesso. Basterebbe ad esempio che pei debiti di guerra si entrasse nell'ordine di idee di stabilire una priorità,

perchè il problema italiano si avviasse -a quanto si può prevedere e direi quasi automaticamente -verso una soluzione soddisfacente.

Non è evidentemente possibile in questo stato di cose di tracciare fin d'ora esattamente l'azione da svolgere fin da principio dalla Delegazione italiana. Le cose dette sembrerebbero consigliare però che inizialmente almeno essa potrebbe con vantaggio limitarsi ad una presa di posizione sulla base del memorandum del 12 Novembre. Le ragioni di equità e di espedienza pratica accennate di sopra possono servire all'uopo ottimamente, mentre le ragioni italiane di indole giuridico-finanziaria potrebbero essere piuttosto rinviate -e in quanto occorra -a più tardi. Questa presa di posizione dovrà naturalmente essere suffragata da considerazioni e comparazioni d'indole finanziaria ed economica, relative allo sforzo compiuto dal Paese per la propria ricostruzione, agli oneri di guerra sopportati e tuttora gravanti sulla economia nazionale, alla pressione tributaria ecc., affine di fornire, anche per questo verso e in confronto delle inevitabili affermazioni altrui in questo campo, una riprova della legittimità delle domande italiane.

Sarà in un secondo tempo, qualora, come è da anticipare, si frappongano difficoltà all'accoglimento delle nostre domande, che sulla base delle notizie concrete nel frattempo raccolte, la Delegazione potrà porsi e sottoporre all'E. V. il problema del modo migliore di specificare ed intensificare la propria azione.

Saranno allora appropriate la presentazione e la valorizzazione in pieno delle tesi giuridico-finanziarie italiane, d'altronde già formalmente messe innanzi, come è stato ricordato, fin dal 1923. Sarà allora anche da vedere se l'opera degli Esperti non debba essere sorretta da un'azione diplomatica che si riallacci, completandola, a quella già opportunamente svolta dal R. Governo in questo periodo preparatorio. Saranno pure da considerare attentamente le possibili ripercussioni politiche deil'anzidetta tesi della corresponsabilità tedesca: se la tesi debba sostenersi solo come mezzo di pressione su altri Stati (:Francia) interessati per lo meno quanto noi ad evitare tutto ciò che possa rappresentare nuovi vincoli tra la Germania e l'Austria; se, dinanzi alla necessità di ovviare al deficit che ci minacci, sia invece da insistere su tale tesi fino alle sue ultime conseguenze. In proposito mi pare di poter anticipare intanto che in nessun caso e salvo sviluppi oggi imprevedibili, V. E. vorrà che il debito dell'Austria esca cancellato, o quanto meno sensibilmente diminuito dalla futura sistemazione (1).

Altri espedienti, anche se di minore portata, potranno pure essere avanzati dalla Delegazione italiana per agevolare l'accoglimento delle nostre richieste. Cito tra esse la devoluzione a nostro favore delle somme che si facciano libere a seguito di un'anticipata evacuazione della Renania.

Di fronte all'Inghilterra in particolare (grandemente desiderosa di riprendere, nell'esportazione di carbone in Italia, quel posto che essa aveva prima

« Il più che l'Italia riceve oltre la sua quota di Spa, resta cosi interamente assegnato al di fuori delle riparazioni austriache e ungheresi, le quali -secondo le direttive di

V. E. -rimangono estranee alla presente sistemazione. Lo stesso dicasi per i beni ceduti, che delle riparazioni austriache e ungheresi costituiscono il gruppo più importante •.

che le forniture tedesche iniziassero gli esportatori germanici al nostro mercato) sarà poi da tener presente anche questa delle forniture tra le non molte carte del nostro giuoco. Evidentemente ove si potesse assicurare il trasferimento in contanti dei versamenti tedeschi, le forniture di carbone perderebbero la loro importanza, se non addirittura la loro ragione di essere.

Non credo di andare errato, ritenendo che la linea di condotta così tracciata sia la sola che attualmente può ragionevolmente prendersi in considerazione. Del resto essa niente compromette, evita invece di marcare troppo o troppo poco e prematuramente la nostra azione, pur consentendo di prendere ugualmente e in modo netto posizione fin dall'inizio e di preparare gli indispensabili elementi per l'azione da svolgere ulteriormente. Essa sembra armonizzarsi con l'azione conciliante, ma ferma e dignitosa che nell'interesse italiano il R. Governo ha seguito in tutte le fasi di questa questione.

Mi riservo naturalmente di tener informata l'E. V. dello svolgimento dei lavori del Comitato, particolarmente di tutto quanto potesse suggerire una modificazione nella linea di condotta tracciata di sopra, che mi lusingo possa incontrare la approvazione dell'E. V. In ogni caso, tosto che dall'andamento dei lavori cominci a delinearsi la possibilità di una soluzione del problema generale e per riflesso di quello italiano, mi darò cura di sollecitare un'udienza dall'E. V. per quei complementi e precisazioni di direttive che potranno allora apparire del caso.

(l) Cfr. n. 55.

(l) Allude alle decisioni prese dagli Alleati in materia di riparazioni alla conferenza di Spa del 1920.

(l) Cfr. pp. 257-258.

(l) Il piano Young, approvato il 7 giugno 1929, aumentò di oltre il 2 % l'aliquota delle riparazioni spettanti all'Italia, diminui quelle spettanti all'Inghilterra, Jugoslavia, Romania e Grecia. Pirelli telegrafò da Parigi il 5 giugno:

234

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI

T. 309/25. Roma, 3 febbTaio 1929, ore 16.

Stampa jugoslava e internazionale continua a riprodurre notizie suoi colloqui con Kumanudi, esagerandone la portata e falsificandone la natura, allo scopo evidente far credere esistenza trattative itala-jugoslave, che invece non esistono e non debbono esistere. Se è spiegabile che Governo Belgrado tenti dare impressione contraria, è però necessario che Italia non si presti tale giuoco. Farò pubblicare domani Giornale Italia (l) breve comunicato ufficioso che metta nelle loro effettive proporzioni nostri contatti col Kumanudi. Come già le ho fatto presente in altra occasione, desidero che Ella svolga costì, fino a nuove istruzioni, un diligente lavoro di osservazione e di informazione ma nulla più, prestandosi il meno possibile ad interpretazioni della sua azione diplomatica, che non rientrano nella linea da me tracciata o voluta. Ella limiti pertanto suoi colloqui Kumanudi soltanto in caso di necessità (2).

235.

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 594/39. Atene, 4 febbraio 1929, ore 21,50 (per. ore l del 5).

Ho dato lettura a questo presidente del consiglio della prima parte del telegramma di V. E. n. 38 (l) circa governo popolazioni Dodecanneso, opportunamente parafrasato. Il signor Venizelos visibilmente assai commosso mi ha detto testuali seguenti parole: • Non voglio che facciate dei ringraziamenti a

S. E. Mussolini: ditegli semplicemente in mio nome che ha tutta intera la mia riconoscenza e quella della Grecia ». Pur valorizzando convenientemente la importante dichiarazione di V. E., ho avuto cura di mantenere il discorso sulle generali; il mio interlocutore non ha, almeno per il momento, abbordato casi particolari. Confido che al prossimo passaggio di S. E. Lago per Atene sarà possibile esaminare con lui il modo più conveniente ai fini dell'insieme dei nostri interessi per la pratica applicazione delle direttive che V. E. ha dato.

236.

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A VIENNA, AURITI

T. P. s. 322/25. Roma, 5 febbraio 1929, ore 24.

Nel caso si tornasse costà a farle cenno eventualità incontro fra S. E. il capo del Governo e Seipel, lasci cadere opportunamente ogni conversazione, mostrandosi non informato della cosa. Benchè infatti se ne sia tempo fa parlato qui con Egger, momento non sembra opportuno per riprendere il discorso, tanto meno poi a nostra iniziativa.

237.

IL SEGRETARIO GENERALE DEI FASCI ALL'ESTERO, PARINI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

T. (P. R.) 1285/127/43. New York, 5 febbraio 1929, ore 17,15 (per. ore 3,20 del 6).

Giunto due giorni Boston r1solvendo questioni sciogliendo Fascio. Fascisti Boston saranno pienamente disciplinati. Concluso accordo generale Thaon de Revel e Di Silvestro per conciliazione nei vari centri fra ordine Figli Italia e sezioni Lega Fascista. Accordo risolverà molte situazioni penose locali. Canali è già in piena attività ufficio segreteria Lega. Ho constatato che situazione generale interna Lega pur non essendo brillante è migliore di quanto credevo. Giorno 20 uscirà bollettino ufficiale bilingue Lega Fascista. Sto trattando con Institute of International Education per scambio studenti condizioni molto vantaggiose.

238.

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 734/333. BeLgrado, 7 febbraio 1929 (per. L'll).

Mi si riferisce da buona fonte che Francia ed Inghilterra darebbero qui costanti consigli per creare migliore atmosfera con Bulgaria. Certo sembra per tali suggestioni o per le recenti notizie di maggiori stretti rapporti fra Bulgaria ed Italia, Governo dittatoriale voglia effettivamente cercare migliorare situazione. Questo ministro Bulgaria mi ha detto che forse si costituirebbe commissione mista per esame incidenti frontiera e che frontiera chiusa da oltre un anno, secondo assicurazioni dategli da Kumanudi, verrebbe presto riaperta.

In pari tempo vengono spinte alacremente trattative per accordo con Grecia rimaste in sospeso per crisi Governo Koroscez. Esse si svolgerebbero favorevolmente e sarebbero assai prossime a conclusione.

A parte la effettiva e concreta possibilità di creare durevolmente con la Bulgaria una migliore atmosfera poichè non vi è soluzione possibile per questione Macedone, e Governo S.H.S. continua sussidiare largamente le centinaia di emigrati bulgari del partito agrario, Governo S.H.S. mira evidentemente 11ompere il cerchio di ostilità nel quale è chiuso, creare almeno temporaneamente apparenza di una situazione estera meno difficile, dare prova a pubblica opinione internazionale e specialmente a Francia ed Inghilterra sua volontà di pacifici accordi e relazioni con tutti vicini.

È probabile (tenuto conto anche comunicazione riservatissima a V. E. del 21 gennaio n. 442/151 e del 23 gennaio n. 493/166) (l) che se nelle prossime settimane questa effimera impressione possa essere raggiunta, Governo dittatoriale rinnovi subito dopo apertura a V. E. per inizio trattative nuovo patto.

Tutto però ha sola ben nota finalità di ottenere prestito, condizione sine

qua non per consolidamento regime. Ma non vi è oggi alcuna seria ragione o

sicuro fatto per credere che linea direttrice della politica estera Jugoslava

sarebbe cambiata.

Le misure perchè la stampa non attacchi e vilipenda il nostro paese, un certo contegno meno aspro delle autorità provinciali verso gli italiani, l'esonero alle nostre ,società della Dalmazia di ottemperare alle nuove disposizioni per la sicurezza dello Stato, il desiderio di risolvere qualche annosa questione, sono troppo poca cosa, e troppo recenti per poterne trarre qualsiasi conclusione generale (2).

(l) -Cfr. Il Giornale d'Italia del 5 febbraio sotto il titolo «I rapporti itala-jugoslavi.Troppa fretta fra i giornali di Belgrado •. (2) -La minuta è di pugno di Grandi.

(l) Cfr. n. 225.

(l) -Cfr. nn. 197 e 205. (2) -A giudizio di Galli la riapertura della frontiera bulgarc,-jugoslava, avvenuta alcuni giorni dopo, era « ancora una prova che il Governo dittatoriale militare persegue il pro~ gramma integrale della grande Serbia sino alle ultime conseguenze • (t. 1086/472 del 23 febbraio).
239

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL SEGRETARIO GENERALE DEI FASCI ALL'ESTERO, PARINI, A NEW YORK

T. (P. R.) 1311/37. Roma, 8 febbraio 1929, ore 13.

Ricevuto tuo 127/43 (1). Approvo pienamente tua linea. Mi compiaccio con te risultati finora raggiunti.

240

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALLE AMBASCIATE E LEGAZIONI ALL'ESTERO

T. GAB. 8. Roma, 8 febbraio 1929, ore 21,30.

A semplice titolo di cortesia V. E. (o V. S.) è autorizzata a comunicare a codesto ministro esteri che inizio prossima settimana sarà firmato fra Italia e Santa Sede un trattato che elimina questione romana. Per cognizione V. E. (o

V. S.) trattato non contempla cessioni territoriali. Ripeto che comunicazione dovrà essere fatta a semplice titolo <.:ortesia (2).

241

IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

TELESPR. R. 206955/107. Roma, 8 febbraio 1929.

Comunico a V. E., per sua opportuna conoscenza, il seguente telegramma col quale S. E. Zoli riferisce sull'esito dei colloqui da lui avuti col R. Console ad Aden, informando che questo Ministero ha approvato le conclusioni cui è giunto il Governatore dell'Eritrea circa l'azione più conveniente da svolgere nei confronti della Residenza di Aden:

• 380. Massaua 16. Riservatissimo. Nelle quotidiane esaurienti conversazioni avute in questi giorni col console Medici, che riparte oggi stesso per Aden, esame accurato ed approfondito della situazione nei riguardi Yemen e Residenza britannica Aden ci ha portati alle seguenti concordi constatazioni:

l) Nostra posizione presentavasi particolarmente delicata verso metà 1928 quando tensione anglo-yemenita, latente da qualche anno, degenerò in aperto conflitto.

2) Atteggiamento da noi assunto immediatamente prima e durante conflitto armato valse precisare praticamente nostra condotta: sia in confronto Imam che ebbe dimostrazione evidente che noi non avremmo mai potuto intervenire suo favore in un conflitto cogli inglesi; sia in confronto inglesi che ebbero chiara sensazione che nostri buoni rapporti non avrebbero subito alterazione alcuna sinchè conflitto anglo-yemenita rimanesse circoscritto alla questione confine protettorato Aden. Tale precisazione nei riguardi inglesi fu molto utile perchè da allora soltanto Residenza Aden cominciò invocare nostra collaborazione in tutte questioni basso Mar Rosso in armonia allo spirito conversazioni Roma, e questa collaborazione ebbe subito pratica realizzazione negli intensificati rapporti fra Governo dell'Eritrea e Residenza Aden, attraverso nostro consolato, precisamente nei riguardi situazione Yemen e persino avvenimenti militari.

3) Conflitto anglo-yemenita non ha avuto alcuna chiarificazione dopo occupazione effettuata dagli inglesi, non contrastata militarmente dallo Imam forse per preoccupazione indole interna (rivolta degli Hascid e Bechil, lentezza mobilitazione forze yemenite, insufficienza rifornimenti bellici, dissidio cogli Zaranik scoppiato poi in ribellione). D'altra parte tentativo britannico per indurre Imam riconoscere fatto compiuto non ha migliorato situazione.

4) Allo stato dei fatti si può ritenere che Imam voglia prendere tempo lasciando questione confine impregiudicata, nella speranza forse che col tempo inglesi s'inducano, come già fecero in passato, a ritirarsi spontaneamente dalle regioni recentemente occupate.

5) Mancata pressione militare britannica su Hodeida, durante fase acuta conflitto, rappresentava indubbiamente più notevole successo nostra politica in Mar Rosso: nè sembra che inglesi muterebbero atteggiamento nel caso ripresa attiva azione militare.

6) Tuttavia non è da credere che inglesi si rassegnino ancora per lungo tempo a mantenere in efficienza un apparecchio bellico gravoso e costosissimo e certamente sproporzionato alle ordinarie necessità militari del Protettorato. Si può anche escludere che intenzionalmente Residenza Aden voglia riprendere ostilità -contro Yemen; ma tale situazione di equilibrio instabile rimane alla mercè del primo incidente frontiera.

7) Tenuto presente tutto ,quanto precede e considerato che sviluppi situazione dipendono anche da ulteriore atteggiamento Imam dopo risoluta questione Zaranik, si è ritenuto che più conveniente azione da svolgere nei confronti Residenza Aden sia la seguente: a) dare sensazione agli inglesi che nostra azione a Sanaa continua ad essere intesa a rendere possibile un riavvicinamento tra punti di vista della Residenza Aden e dell'Imam; b) continuare scambio informazioni circa situazione interna ed internazionale Yemen, in quanto tali informazioni non siano di natura da nuocere all'Imam; c) cogliere ogni occasione favorevole per valorizzare questo nostro atteggiamento in quanto esso va oltre alla collaborazione generica contemplata dalle stesse conversazioni di Roma; d) accennare, pur senza insistere, alla utilità dello incontro tra Governatore Eritrea e Residente Aden da questi precedentemente progettato.

Su questa linea di azione sarà gradito conoscere pensiero R. Governo ».

(l) -Cfr. n. 237. (2) -Autografo di Mussolini.
242

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. S. N. (1). Berlino, 9 febbraio 1929.

Col mio telegramma n. 37, del 1° corrente (2), io informavo che Stresemann mi aveva rivolto una domanda circa il significato degli accenni di V. E. all'anno 1935. Egli sembrava dare un'importanza speciale a tale sua domanda, aggiungendo che egli attendeva su ciò una risposta nel nostro prossimo colloquio, significando cioè che egli desiderava conoscere il pensiero di V. E. e non il mio.

Ora, il giorno appresso, Stresemann, presentando al Reichstag, per la ratifica, il patto Kellogg, usava queste espressioni:

• -Non solamente deve la nuova garanzia di pace dare un effettivo impulso all'applicazione del disarmo generale, ma, come necessario contrapposto alla rinunzia alla guerra, debbono trovarsi quelle possibilità che sono adatte a regolare in via pacifica ed equa i contrasti presenti e futuri fra gli interessi dei popoli •. - • -Come decisione rimane quel fatale anno 1935 del quale Mussolini nei suoi discorsi si serve per far previsioni e che deve essere decisivo. In che forma? Le relative preparazioni non sembrano molto ottimistiche! •.

Per confessione da lui fattami, Stresemann legge attualmente solo tre giornali, fra i quali appunto la Vossische Zeitung. La conversazione con me ebbe luogo a mezzogiorno del giorno stesso in cui la Vossische Zeitung pubblicò, nella sua edizione antimeridiana, la frase suddetta.

Se Stresemann ha preso lo spunto solamente dalla Vossische Zeitung la domanda rivoltami perderebbe alquanto di importanza, ed apparirebbe meno ponderata. D'altro canto è ovvio che non possono sfuggire anche all'attenzione del Ministro degli Affari Esteri germanico le forze correnti ed evoluzioni che si fanno sempre più sentire in Europa, e che non potranno non avere, a breve

o lunga scadenza, notevoli ripercussioni.

Mi riferisco alle variazioni che possono accadere di qui al 1935; alle cose che possono maturare per quell'epoca, compreso un contrasto più acuto od un avvicinamento più stretto e formale tra Germania e Francia, S"pecie in relazione ai territori renani ed alla Sarre. Così può intensificarsi o diminuire l'aspirazione germanica ad una revisione coloniale, intorno a che ricordo la dichiara

21 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

zone che mi fece a suo tempo Stresemann, e cioè egli riconoscere che eventuali negoziati tedeschi in materia coloniale dovevano passare per Roma. Così la situazione economica finanziaria politica della Germania può mutare in relazione dell'accordo o disaccordo sulle Riparazioni ed il successivo loro funzionamento. Così può modificarsi la situazione del disarmo tedesco, in senso più o meno effettivo.

La domanda di Stresemann potrebbe ad ogni modo avere, pur sempre ed almeno, un valore di sintomo. La connessione da me segnalata corrisponde ad una possibilità effettiva, anche in relazione ai sentimenti notoriamente e costantemente pacifisti manifestati da Stresemann e dall'attuale Governo tedesco. Potrebbe perciò valere la pena, pur tenendo presente il contenuto del mio telegramma segreto n. 38 (1), approfondire discretamente le indagini, al che potrebbe fornire occasione una risposta di V. E. Senza naturalmente dare alcuna precisione ipotetica o menomamente impegnativa, si potrebbe cioè, con tal mezzo, sondare il pensiero e la volontà di Stresemann anche in vista di possibili, per quanto lente ripercussioni sul carattere dei rapporti italo-tedeschi.

Noi potremmo infatti avere interesse a cercare che Stresemann si dichiarasse, anche da parte sua, più nettamente; ed essere messi così in condizioni di seguire più dappresso il pensiero ed i propositi ulteriori del Governo tedesco.

Ho voluto, ad ogni modo, segnalare tutto quanto precede a V. E., per eventuali istruzioni (2).

(l) -II testo pubblicato è la minuta fatta a Berlino. Non è stato trovato il testo spedito a Roma. (2) -Cfr. n. 232.
243

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 747/59. Atene, 11 febbraio 1929, ore 23,10 (per. ore 1,40 del 12).

Mio telegramma n. 52 (3).

Carapanos mi ha detto ieri sera di essere stato costretto a chiamare telegraficamente ad Atene Polichroniades per discutere con lui controproposte jugoslave circa Salonicco, essendo indispensabili i chiarimenti tecnici in merito alle richieste di Belgrado concernenti porto e ferrovia. Cerco beninteso di accompagnare per quanto possibile le trattative nel senso più opportuno, pur essendo guardingo per non dimostrare nostra ostilità e preoccupazione, dato anche tra l'altro che questa stampa di opposizione ha di recente annunziato che io sarei stato incaricato di protestare in nome dell'Italia contro la possibile conclusione dell'accordo. Mi consta da confidenze che ho personalmente avute negli ambienti di questo ministero esteri come il così difficile andamento delle trattative greco-turche sia nel momento attuale insistentemente sfruttato da parte franco-serba per intensificare le proprie pressioni su questo Governo onde indurlo a maggiore arrendevolezza verso Belgrado.

l3) T. 63G/52 clcl g~orno 3, che non si pubblica.
(l) -Cfr. n. 230. (2) -Non ri~ulta che a questo documento sia stata datE> risposta.
244

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 752/62. Tirana, 11 febbraio 1929 (per. il 12).

Governo albanese ha acceduto scisma della chiesa ortodossa. Stamane vescovo sconsacrato Giovanni Vissarion, con un vescovo, ceduto temporaneamente e per la bisogna dal patriarcato di Belgrado, ha consacrato un terzo vescovo albanese, ed ha proclamato chiesa autocefala. Vissarion diventa metro.polita di Tirana, e sarà forse il capo della nuova chiesa. Ministro Grecia considera quanto è avvenuto come un insulto al suo paese e mi ha fatto capire che certamente egli sarà ... (l) dal suo Governo.

Ho invitato mio collega a non consigliare al suo Governo qualche reazione inconsulta. Prospetto a V. E. necessità far pervenire ad Atene una parola moderazione (2). Come V. E. rileverà, Re Zogu pur di raggiungere soluzione estrema non esitato ricorrere all'aiuto della Jugoslavia, che non si è lasciata sfuggire occasione per rendergli questo piccolo servizio anche se ai danni della Grecia. Ho opportunamente illustrato al mio collega greco parte avuta dalla Serbia in questo affare. Assicuro peraltro V. E. che episodio non ha la minima influenza nei rapporti politici serbo-albanesi, e che Jugoslavia facilitando creazione della chiesa autocefala albanese non ha fatto che lavorare a vantaggio della chiesa di Roma, come ho ampiamente illustrato in un telegramma per corriere partito ieri.

245

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 776/705/15. Atene, 12 febbraio 1929, ore 21,20 (per. ore 0,15 del 13).

Mi riferisco al mio telegramma n. 40 nonchè all'ultimo periodo dell'altro mio telegramma 52 dell'8 corrente (3). Camera greca ha ieri sera esaminato ed approvato all'unanimità per acclamazione in seconda e terza lettura progetto di legge che ratifica patto itala-greco. Ha preceduto il voto l'esposizione del relatore deputato Leone Maccos, il quale dopo aver illustrato propria relazione (da me trasmessa con telespresso n. 704/100 del 7 corrente) mi ha confermato conclusioni pienamente favorevoli all'approvazione. Presidente del consiglio Venizelos ha quindi posto in rilievo che patto risponde effettivamente al vivo

• Grecia e Albania, dopo la tempesta in un bicchiere d'acqua di alcuni mesi or sono, vanno riavvicinandosi... ormai la tensione vera e propria è superata, e quindi, se qualche malumore sopravvenisse nel corso dei negoziati, mi proporrei, salvo diverse istruzioni da parte del R. Governo, di non immischiarmene, sembrandomi ch": se ci ~anneggia una apet1;aostilità fra Grecia e Albania, nulla abbiamo da guadagnare mcoragg1ando una soverchm

intimità».

desiderio di tutto il mondo politico ellenico che i rapporti della Grecia con la grande potenza mediterranea vicina divenissero tanto amichevoli e cordiali quanto lo furono, nel periodo seguito alla restaurazione dello stato ellenico, quelli con le due potenze occidentali. Ha aggiunto che la conclusione del patto, lungi dall'influenzare tali rapporti ,con queste potenze e dall'ostacolare l'auspicato ristabilimento di quelli con la Jugoslavia, costituisce una preziosa garanzia per il mantenimento della pace nell'oriente mediterraneo e per il consolidamento della posizione che vi occupa la Grecia. Ed ha concluso con le seguenti testuali parole: « prima di lasciare la tribuna sento il dovere di ripetere oggi, in occasione della ratifica di questo patto da parte della camera, la riconoscenza che già all'apertura dei lavori del corpo legislativo avevo espresso al Capo del Governo italiano per la fiducia che egli ha dimostrato nei riguardi della Grecia, accettando che le divergenze di qualsiasi natura che possano sorgere in avvenire tra Grecia e Italia siano sottoposte, in caso di impossibilità di regolamento in via diplomatica, alla procedura di conciliazione e infine di arbitrato prevista dal patto. Io vi domando oggi, signori deputati, di ratificare questo patto e, se possibile, senza alcun voto contrario. Voi proclamerete cosi quanto sia assoluta l'unanimità con la quale il mondo politico saluta la conclusione di questo patto e la consacrazione di relazioni di amicizia cordiale e di sincera cooperazione fra i due paesi •. Mi sono già stamane personalmente felicitato col signor Venizelos per questa nuova manifestazione della cordialità itala-greca. Egli mi ha dichiarato di aver provato intensa commozione ieri alla camera quando l'intero parlamento senza eccezione ha risposto al suo invito, acclamando entusiasticamente alla conclusione ed alla ratifica del patto. Dato d'altra parte il pubblico ringraziamento che questo presidente del consiglio ha rivolto in forma solenne alla persona di V. E. dalla tribuna del parlamento, mi permetto sottoporre alla considerazione dell'E. V. l'eventuale opportunità che ella gli faccia giungere una sua parola diretta di apprezzamento. Informo a tale proposito V. E. constarmi in modo preciso essere state fatte a Venizelos in questi ultimi giorni, da varie parti interessate, pressioni affinchè la definitiva ratifica del nostro patto non (ripeto non) fosse avvenuta prima della conclusione degli accordi con la Jugoslavia.

(l) -Gruppi indecifrati: richiamato? . (2) -Cfr. il successivo t. per corriere 3515 del 3 agosto nel quale Sola comumcava:

(3) T. 605/40 del giorno 5 e t. 686/52, che non si pubblicano.

246

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 805/118. Costantinopoli, 12 febbraio 1929, ore 23 (per. ore l del 13).

Sia per crisi generale nel paese, sia per i forti aggravi bilancio statale situazione finanziaria è venuta in queste ultime settimane peggiorando ed oramai corrente favorevole ad un imprestito all'estero è diventata maggioranza dentro e fuori consiglio dei ministri.

In questi giorni ho creduto opportuno indagare pensiero del ministro delle Finanze. Questi ha francamente convenuto esser ormai nelle intenzioni del Go

verno procedere prestito estero, che egli intende però debba essere unicamente utilizzabile per spese produttive destinate, cioè, a mettere in valore ricchezze paese. Sondaggi fatti hanno accertato che denaro costa troppo caro, mentre Governo turco, dopo aver ottenuto di non aver più vincoli di sorta con Banca Ottomana, non crede cadere di nuovo nelle mani di questa. Ministro quindi attende che gli vengano fatte dall'estero proposte accettabili che egli promette prendere ben volentieri in serio esame. Egli ha detto che rappresentanti gruppo americano, olandese, belga si sono annunziati nei prossimi giorni Angora per entrare in trattative con banca affari, ma egli ignora ancora ogni particolare al riguardo non avendo creduto finora incontrarsi con loro. Un rappresentante gruppo americano ha già fatto offerta fissa di 5 milioni di dollari all'interesse del 7 emissione a 90. Ministro offre sette e mezzo emissione a 100.

Giornali hanno portato notizia di una offerta di 5 milioni e mezzo sterline da parte gruppo tedesco-olandese che potrebbe essere Visering, Melchior, Dresdner Bank, ma ministro dichiara non aver in proposito notizie. Quanto banca di stato, ministro conferma notizia già da me comunicata (mio telegramma 58) (l) che ogni sua decisione sarà presa dopo visita Schacht, che verrà qui appena libero da riunione del comitato degli e,sperti. Governo turco è sempre d'avviso di consultare noto finanziere italiano, ma finora questa intenzione sembra non abbia presa forma concreta. Richiamo su quanto precede tutta l'attenzione del

R. Governo.

Situazione che va formandosi sarà tale che, se Governo turco non trova aiuto sollecito volenteroso da parte nostra, degli Stati Uniti e della Germania esso sarà costretto a piegarsi di nuovo alla volontà, al giogo dei gruppi francese ed inglese riuniti nella Banca Ottomana, la quale sta in agguato per cogliere prima occasione onde riprendere antica dittatura. Se ciò avvenisse grande colpo ne risentirebbe nostra attività politica in Oriente.

Veda V. E. se convenga comunicare quanto precede (meno accenno all'eventuale appello per quanto si riferisce finanziere italiano) alla direzione del Credito Italiano e della Banca Commerciale Italiana, le quali più volte mi hanno dichiarato voler interessarsi finanze in Turchia.

247

IL MINISTRO A PRAGA, VANNUTELLI REY, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 237/74. Pmga, 12 febbraio 1929.

Dopo il mio ritorno a Praga dal recente congedo ho avuto più volte occasione di incontrare Benes e di conversare su argomenti varii, ma ho voluto espressamente aspettare che egli mi invitasse , come ha finito per fare, a recarmi da lui per conferire, giusta quanto aveva preannunciato al Principe di Sant'Agata (2) durante la mia assenza, sul rinnovamento del patto di collaborazione cordiale.

Quando sono stato da lui, ieri mattina, Benes mi ha esibito una nota, già bell'e firmata e datata dal 22 dicembre, chiedendomi se io avessi nulla da eccepire circa il suo contenuto. Ho profittato di ciò per dirgli che, poichè egli stesso si rimetteva al mio giudizio e poichè l'argomento non presentava alcuna urgenza, pensavo fosse preferibile che io, anzichè accettare senz'altro la nota, ne prendessi semplicemente copia (che qui allego) (l) per meglio esaminarla, come uno schema da lui proposto. Un tale atteggiamento da parte mia mi è sembrato infatti corrispondere per il meglio alle istruzioni di temporeggiare senza concludere, che V. E. mi fece verbalmente tenere alla vigilia della mia partenza da Roma.

Benes non ha fatto difficoltà, nè ha colto l'occasione per alludere, come io mi aspettavo che alludesse, al non rinnovamento del patto tra noi e la Jugoslavia e ai motivi che possono trattenerci tuttora dal rinnovarlo. Non è tuttavia minimamente da dubitare che egli ne sia perfettamente edotto e preoccupato, e se ne ha la riprova nel linguaggio della stampa da lui direttamente sovvenzionata, come la rivista L'Eu1·opa Centrale che nel suo numero del 2 corrente a pagina 365 dice lo scopo del non rinnovamento essere da parte nostra quello di « rinforzare la posizione dell'Italia di fronte ai vicini della Jugoslavia su cui l'abbandono delle cLausole del patto relative alLa garanzia dei trattati non può produrre se non una favorevole impressione •.

Debbo perciò aspettarmi che Benes, pur non avendo avuto abbiezione a sospendere momentaneamente la consegna della nota, torni quanto prima alla carica, nel qual caso io potrò schermirmi sì, ma per tempo assai breve, l'esame del testo della nota non potendo costituire un pretesto plausibile di lunga dilazione. Nè va dimenticato che Benes può sempre ricordarmi come il testo suddetto corrisponda fedelmente a quanto io, parafrasando le istruzioni contenute nel telegramma di V. E. n. 143 in data 22 settembre u.s. (2), ebbi allora a dichiarargli, essere cioè il R. Governo disposto al rinnovamento puro e semplice del patto.

Prego pertanto V. E. di volermi significare se, di fronte ad eventuali insistenze di Benes, io possa accettare la nota, ovvero debba sollevare in merito delle eccezioni e quali.

(l) -Cfr. t. 352/58 del 21 gennaio, ore 15,30, per. ore 18,25, che non si pubblica. (2) -Cioè Costa Sanseverino.
248

IL MINISTRO A PRAGA, VANNUTELLI REY, AL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA

L. P. Praga, 12 febbraio 1929.

Come rileverai dal mio odierno rapporto n. 74 (3) sul rinnovamento del patto di collaborazione, ho cercato, giusta quanto tu mi dicesti di fare, di guadagnar tempo, trasmettendo al Ministero il testo della nota di Benes anche prima che ne sia effettuata la consegna ufficiale.

Il Ministero, che è giudice del miglior momento, può così scegliere se convenga sollevare fin d'ora obbiezioni al testo della nota ove giudichi troppo

impegnativo per noi l'accettarla, ovvero accettarla per ora salvo a comunicare in epoca ulteriore alla Cecoslovacchia che la situazione è cambiata in seguito al non rinnovato o diversamente rinnovato patto con la Jugoslavia, etc.

Ti sarò grato se, in attesa di istruzioni ufficiali vorrai privatamente prevenirmi, per mia norma generale di condotta, della linea che verrà adottata.

(l) -Non si pubblica. (2) -Cfr. p. 15 nota. (3) -Cfr. n. precedente.
249

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA RR. 559/332. Vienna, 13 febbraio (l) 1929.

Mazzotti mi prega di comunicare quanto segue:

• Il qui unito rapporto del Cav. Morreale, che si trasmette, rappresenterebbe la relazione di un colloquio ch'egli ebbe col Dott. Ante Pavelic. In detta relazione, nulla di nuovo il Pavelic avrebbe dichiarato, se non quello che già si conosceva per bocca di altri personaggi croati.

A dichiarazione del Cav. Morreale il Pavelic anche questa volta si è dimostrato reticente e riservato. E come ben dice il Morreale tali riserve e reticenze sono dovute al fatto di non avere i croati un programma ben definito.

L'unica rivelazione che il Pavelic avrebbe fatto, dando calore alla frase, sarebbe quella -dove fa comprendere che la sola soluzione che si possa ottenere per liberare la Croazia -di sopprimere Re Alessandro [sic]. Ora questa voce sarebbe stata diffusa in alcuni ambienti politici, e se ne parlerebbe velatamente. È ben vero che i Croati nel lungo travaglio della loro esistenza politica l'unico argomento di cui sono stati capaci è stato sempre l'attentato politico. Anche in questo bisogna tenere presente che in quei tempi quando cioè la Croazia era dominata prima dall'Austria e poi dall'Ungheria, la spina dorsale del movimento croato era vivificata dai Serbi della Voivodina (Pribicevic) e tutti gli attentatori dei varii governatori della Bosnia furono dei serbi affiliati alla "Narodna Obrana".

Inoltre si fa presente che il viaggio del noto Petar Saks, portato a Roma da un informatore del Ministero dell'Interno certo Benussi, sarebbe stato conosciuto da questa Legazione Jugoslava, la quale informava telegraficamente quella di Roma, perchè il Saks venisse pedinato allo scopo di conoscere i contatti che aveva •.

ALLEGATO.

RAPPORTO DI MORREALE SUL COLLOQUIO CON PAVELié

Vienna, 8 febbraio 1929.

L'incontro con l'Avv. Pavelic mi è stato procurato con mille precauzioni dal Generale Sarkotic. Esso è avvenuto oggi alle ore 18 in un appartamento privato del IV distretto.

Tanto la famiglia Sarkotic che il Pavelic ed i suoi amici, a quanto mi dicono, sono strettamente sorvegliati dagli agenti della Legazione jugoslava a Vienna.

Un amico del Pavelic viene a prendermi a casa mia e mi conduce in quella dove avviene l'incontro.

Pavelic sta bene in salute. Nel colloquio durato circa due ore egli non mette mai un particolare calore di convinzione e non si abbandona mai, sebbene io per spingerlo gli metta ripetutamente sotto gli occhi gli insuccessi che i croati hanno riportato nelle loro lotte nazionali, ed una certa sfiducia nella loro attuale resistenza. Parla in italiano con accento e parola dalmata. In linea generale traggo dal colloquio l'impressione che Pavelic, pur essendo l'esponente del più acceso antiserbismo, non sa ancora con precisione quello che voglia. Parla di una Croazia indipendente che comprenda la Dalmazia, la Bosnia ed il Montenegro, ma non sa su quali basi interne ed internazionali si possa reggere tale costruzione. È fra le sue intenzioni quella di recarsi in Italia, forse in cerca di appoggio. Considerando l'incertezza dell'individuo, pur senza sconsigliarlo da un tale passo, non dico una parola per incoraggiarlo.

Non sono riuscito a far fare al Pavelic alcuna dichiarazione circa quanto sarebbero disposti a fare i croati per assicurarsi l'appoggio dell'Italia, nè su tale argomento ho insistito apertamente, per non dargli l'impressione che si cerchino da parte italiana appoggi coi croati.

Gli rammento il nostro ultimo incontro e Zagabria, pochi giorni prima della morte di Stefano Radic, nel luglio scorso, e francamente gli dico che dai colloqui che ebbi allora con lui, con Trumbic, con Macek, col Direttore dell'• Obzor • Dezman e col Direttore delle • Novosti • Schlegl, trassi il convincimento che fra i capi croati, che già allora formavano un fronte unico, non vi fosse alcuna direttiva precisa, nè nei riguardi della politica interna, nè in quelli della politica internazionale.

Pavelic mi risponde con un diversivo, dicendomi che il Schlegl, nella sua qualità di massone legato alle logge francesi, non poteva darmi un particolare afndamento; ma poichè insisto sul nome degli altri, egli non ha altro da dirmi, se non che ora le condizioni sono cambiate.

• -Quale è effettivamente lo spirito della popolazione in Croazia? •. • -Non un cittadino croato vuole più saperne di Belgrado. La parola d'ordine è: "Los von Belgrad!" •. • -Ma l"' intelligenza" di Zagabria e dei centri maggiori è effettivamente dello stesso parere? Come si adattò per secoli alla dominazione ungherese, non si adatterà anche a quella serba? •. • -Effettivamente tra l'intelligenza si possono verificare simili adattamenti, ma la popolazione, come Le ho detto, è compatta •. • -E la banca croata? •. • -Si capisce che i banchieri fanno i loro affari e sono disposti a farli anche con Belgrado •. • -Come vedete la situazione della Croazia nei riguardi internazionali? Non considerate che oggi qualsiasi modificazione dello statu quo dei trattati non può avvenire se non col consenso delle nazioni straniere? •. • -Certo la nostra situazione è difficile •. • -Quali sono i vostri rapporti con l'Ungheria? • gli chiedo nettamente, poichè è venuta a mia conoscenza l'esistenza di un protocollo tra croati ed ungheresi per aiuti in caso di rivoluzione (1).

Pavelic gira la domanda: • Noi sappiamo che nessuno è amico dei serbi. Nessuno si muoverà per aiutarli. La Francia è lontana··

• -Ma all'interno la vostra organizzazione continua a funzionare malgrado lo scioglimento dei partiti? •. • -Ogni contadino croato dai 14 anni in su è rigidamente organizzato. Vi provvede il partito degli agrari con la sua organizzazione culturale che continua a funzionare e noi separatisti vi provvediamo per mezzo di un'organizzazione di cooperative già esistente •. • -Quali sono i mezzi di lotta che intendete porre in atto in attesa di un evento decisivo? •· • -Noi non vogliamo creare un'emigrazione, e perciò dobbiamo essere molto accorti •. • -Mi si è parlato a Zagabria di un boicottaggio fiscale •. • -La parola d'ordine di non pagare le tasse non è stata data, poichè sarebbe pericoloso, ma in effetto gli arretrati si accumulano •. • -Quale è, secondo Lei, la posizione del governo di Belgrado nei riguardi finanziari ed economici? •. • -Il gov~rno di Belgrado ha 68 miliardi di debiti. Il servizio dei debiti grava per 8 miliardi su un bilancio di 18. Se riusciranno a fare il prestito, potranno andare avanti. Se non avranno quattrini, potranno resistere ancora tre mesi •. • -Ha notizie sul prestito? •. • -Facciamo di tutto per evitarlo, ma notizie precise no •. • -Non crede che il governo di Belgrado, non ottenendo i quattrini, possa ricorrere ed un diversivo militare? •. • -Non lo credo, poichè a Belgrado devono sapere che un soldato croato non imbraccerà il fucile a fianco di un soldato serbo •. • -Lo dicevate anche prima della guerra mondiale a proposito dell'Ungheria, e i vostri soldati furono poi tra i migliori a fianco degli ungheresi •. • -La situazione è oggi cambiata. I croati che vanno a prestare servizio nell'esercito jugoslavo, escono da un ambiente saturo di odio contro i serbi •.

Prospetto a Pavelic la possibilità che il governo di Belgrado tenti con mezzi energici di aprirsi la strada verso l'Egeo, ora che si sente chiuso anche da quella parte. Pavelic si mostra poco convinto di una tale possibilità. Gli accenno all'eventualità che Belgrado intensifichi nell'elemento croato la campagna di odio contro l'Italia e Pavelic si profonde in grandi attestazioni di amicizia, affermando che i croati sono convinti della artifiziosità dei tentativi belgradesi di istigare la popolazione dalmata e croata contro il nostro Paese. Intanto, però, egli mi ha posto sotto gli occhi una cartina in cui è segnato ih rosso tutto il territorio che potrebbe formare una Croazia indipendente. La cartina comprende tutta la cosiddetta zona dell'al di là, e cioè tutto quello ·che si stende al nord del vecchio confine della Serbia con l'Austria Ungheria, ma lascia in bianco la Slovenia, della Qllale il Pavelic mi dice che essa resterà libera di unirsi all'Italia o alla Croazia, nel caso che quest'ultima riesca a liberarsi dalla Serbia, mostrandosi convinto che la popolazione slovena, intimamente avversa alla Serbia, finirà coll'unirsi ai Croati.

• -Siete sicuri che Pribicevic non vi tradirà e non vi farà tradire anche da tutti i serbi di Croazia? •. • -Il passato di Pribicevic ci tiene diffidenti nei suoi riguardi, ma sappiamo che oggi egli non ha altra politica se non al nostro fianco •. II discorso cade su Re Alessandro e sui sentimenti amichevoli che questi nutre, a quanto si afferma, verso i croati.

Pavelic smentisce nettamente ed afferma .che Re Alessandro è perfettamente

d'accordo con i generali serbi che lo fiancheggiano. « Non è escluso -egli ag

giunge -che il Re troverà la fine dei suoi predecessori •.

Faccio notare a Pavelic che fra poche settimane incominceranno i lavori agricoli primaverili e si comincerà a preparare il raccolto. In un paese agrario come la Croazia, questa è l'epoca meno adatta per una rivoluzione e se il raccolto sarà buono lo spirito di adattamento dei contadini allo statu quo continuerà.

Pavelic nicchia, ma non vuoi dire, malgrado altre insistenze e per altri versi da parte mia, se preparativi completi per organizzare anche con manifestazioni sporadiche Io spirito di resistenza della popolazione, siano in corso.

• -Perchè non avete fatta la rivoluzione in occasione dei funerali di Radic, quando disponevate a Zagabria di 50.000 contadini? •. • -Il momento psicologico sarebbe stato indubbiamente il migliore, ma non eravamo preparati·· • -Ma se dite di prepararvi da dieci anni alla rivoluzione? •.

Naturalmente la domanda cade. Pavelic ci tiene a mostrarmi la sua sicurezza che la questione croata, malgrado i tentativi da parte di Belgrado di considerarla liquidata, dovrà venire ad una violenta soluzione.

Gli chieggo se hanno contatto coi macedoni. Pavelic mi dice di no, ma io resto convinto del contrario e da una frase di Pavelic capisco che i legami si stringeranno non appena, come egli spera, i dissensi, che attualmente travagliano l'organizzazione rivoluzionaria macedone, saranno appianati.

Chiedo a Pavelic dei suoi progetti personali per il futuro.

Mi dice che col giorno 25 di febbraio gli scade il passaporto, che le autorità jugoslave sicuramente non glielo rinnoveranno e che non sa ancora con precisione quale passo farà e se chiederà al governo austriaco il rilascio di una legittimazione per • Heimatlos • , aggiungendo però che non è escluso che prima di quel giorno egli si rechi in Italia, non sa ancora precisamente dove.

Io non lo incoraggio affatto in tale suo divisamento, ma credo opportuno di fargli il nome dell'an. Polverelli, come quello di un giornalista romano che conosce bene la situazione dei Balcani. Il Pavelic prende nota del nome e mi ringrazia (1).

Gli comunico che sono in partenza per la Croazia e mi incarica di portare i suoi saluti colà ad alcuni comuni conoscenti (2).

(l) Nell'originale, per evidente errore, è scritto gennaio.

(l) Cfr. n. 39.

250

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 808/128. Pera, 14 febbraio 1929, ore 17 (per. ore 22).

Monsignor Rotta, delegato apostolico, avendo appreso che io, nei prossimi giorni, mi recherò Angora mi ha detto che nel caso molto probabile in cui nelle conversazioni con Tewfik discorso cadesse sul trattato tra Santa Sede e regno d'Italia, io cercassi di fargli comprendere come, se Santa Sede non ha fatto finora nessuna comunicazione al Governo turco, ciò dipende dal fatto che, secondo tradizione, Vaticano attenderà che trattato e convenzione siano approvati da parlamento e da due sovrani. Ciò avvenuto monsignor Rotta pensa che Vaticano incaricherà lui in missione speciale diplomatica o altro prelato per fare comunicazione ufficiale al Governo di Angora, il che, egli spera, costituirà primo passo per l'inizio di normali rapporti diplomatici tra Vaticano e Turchia. Ritenendo di agire in conformità pensiero direttive di V. E. mi propongo agire col dovuto tatto nel senso indicatomi da monsignor Rotta. Qualora Ella decidesse altrimenti prego telegrafarmi. Di monsignor Rotta come V. E. saprà si parla come di un probabile successore del cardinale Tosi a Milano. Egli mi ha detto non avere in proposito alcuna precisa notizia. Sebbene egli non si senta all'altezza di quella successione, egli seguirebbe, se prescelto, sua costante norma di vita: quella dell'obbedienza. È superfluo che io le dica che monsignor Rotta come prelato, come italiano e come persona, è degno della massima considerazione.

(l) -Pavelié si stabilì poi con la famiglia a Livorno. (2) -Il 12 febbraio l'on. lnsabato scriveva al Ministero: • Mi si annuncia in questo momento che da Vienna è giunta una lettera del Generale Percevic nella quale avverte: di essersi già messo a contatto con gli amici di Zagabria e di essere pronto ad incontrarsi in Svizzera od in qualsiasi altro posto con quella persona che il Governo Italiano crederà indicare». Non risulta che l'inizativa abbia avuto un seguito.
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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 821/82. Belgrado, 14 febbraio 1929, ore 22,15 (per. ore 2 del 15).

Mio telegramma n. 76 (1).

Già altre volte furono manifestati dubbi sui rapporti tra questo ministro di Grecia Polichroniades e questo Governo S.H.S., segnatamente Marinkovich, al cui intervento fu dovuta decisione Micalacopoulos mantenerlo Belgrado. Azione Polichroniades ad Atene merita perciò essere seguita con ogni attenzione, essendo possibile che egli cerchi premere per ogni maggior condiscendenza di Atene verso le pretese Belgrado. A queste pressioni Polichroniades sarebbe indotto da considerazioni strettamente personali in relazione suoi interessi e legami con questo Governo. Stampa Belgrado e specialmente Novosti non nascondono loro fiducia in Polichroniades che saprà ottenere dal Governo greco

• nuove istruzioni • che permettano conclusione accordi per poi passare a stipulazione trattato di amicizia. Governo S.H.S. vi tiene particolarmente, in vista accordi analoghi, in corso stipulazione fra Grecia Turchia e Bulgaria e fra Bulgaria ed Ungheria, che si inquadrano nella cosiddetta politica di accerchiamento dell'Italia. Perciò opinione pubblica saluterebbe con gioia conclusione accordi con Grecia, che costituirebbero successo per re Alessandro e Governo dittatoriale.

È da credere per molti sintomi che Francia e Inghilterra continuino a premere tanto qui che ad Atene per definizione accordi.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, DE ASTIS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE R. 51/417. Budapest, 14 febbraio 1929 (per. il 4 marzo).

L'iniziativa da me segnalata all'K V. con mio rapporto n. 271l 117 del 30 gennaio (2) sembra che abbia avuto larga eco in questo ambiente legittimista tanto da essere tradotta in atto prima dell'epoca da me indicata. Essa avrebbe trovato consenzienti anche gli esponenti della frazione intransigente: conte Andrassy, conte Sigray, marchese Pallavicini. Questi è anzi partito il 12 c.m. per Lequeitio. Se le mie informazioni sono esatte, egli sarebbe latore di alcune lettere che i dirigenti del legittimismo ungherese avrebbero indirizzato all'ex regina Zita per convincerla che • la via al trono d'Ungheria passa per Roma ». Il marchese Pallavicini dovrebbe anche esercitare pressioni in questo senso, mettendo in opportuno rilievo il fatto che l'aiuto promesso in altre occasioni dalla Francia rimase sempre una formula priva di efficacia pratica.

Il recente accordo fra il R. Governo e la S. Sede ha avuto ripercussione anche su questo movimento. Si riteneva infatti che il profondo spirito religioso dell'ex regina sarebbe stato causa non ultima del suo atteggiamento ostile al

R. Governo ed i legittimisti vedono ora il loro compito grandemente facilitato dagli eventi maturatisi in questi giorni.

Mi è stato riferito infine che i fautori di questa idea hanno deciso di marcare una italofilia che faceva prima difetto nel campo legittimista e che dovrebbe favorevolmente impressionare il Governo nazionale, spianando la via ad una futura eventuale • démarche • presso V. E. Apponyi per il primo avrebbe rotto il riserbo, prodotto fra i legittimisti dagli articoli scritti a suo tempo da Eugenio Rakosi dopo l'intervista avuta con l'E. V., con gli accenni contenuti nel discorso da me trasmesso a codesto R. ministero col telegramma posta n. 287/126 del 31 gennaio c.a. Dovrebbe seguire il Conte Francesco Hunyady con più chiari accenni in occasione del discorso che egli terrà alla camera a proposito dell'accordo fra Quirinale e Vaticano. Mi sono stati preannunciati altri discorsi del conte Giulio Andrassy e del conte Sigray.

(l) -T. 741176 del giorno 11, che non si pubblica: notizia di un viaggio ad Atene di Polichroniades. (2) -Cfr. n. 226.
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IL SOTTOSEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 823/40/125. Ginevra, 15 febbraio 1929, ore 1,25 (pe1·. ore 4,40).

Il trattato conciliazione con la Santa Sede ha avuto una ripercussione enorme senza precedenti in questi ambienti, così sensibili a valutare importanti avvenimenti internazionali. Nota saliente è la preoccupazione pei vantaggi che accordo Santa Sede arreca all'influenza italiana sopratutto in Oriente. In alcuni elementi francesi è profondo il rammarico di vedere presa dall'Italia una posizione tenuta per secoli dalla Francia e che è quasi consacrazione di primato tra le Nazioni latine. Nella freddezza che si ostenta e nelle molte riserve che si formulano, è manifesto lo spirito di questo ambiente alquanto influenzato dal protestantesimo anglosassone e dalla massoneria internazionale, e preoccupato nel contempo dell'influenza crescente del cattolicismo e del prestigio del regime.

L'abbiezione più ripetuta è che il Pontefice ha fatto una perdita dal punto di vista spirituale e che l'Italia non ha visto le difficoltà in cui potrà trovarsi nel futuro. Disfattismo che soltanto il malumore creato in alcuni dal rafforzamento della nostra situazione nazionale ed internazionale può spiegare. Quello che più ha deluso certuni è che la Santa Sede non abbia preteso garanzie internazionali per questo accordo. Essi tuttavia sperano che la Santa Sede accentuerà il carattere internazionale del S. Collegio e della Curia romana. Naturalmente si è molto parlato della possibile entrata della Santa Sede nella Società delle Nazioni, che garantirebbe, secondo alcuni, il carattere internazionale della Santa Sede. Ma quasi tutti si rendono conto che il Pontefice non

può scendere al livello degli altri capi di stato delle assemblee ginevrine e si rendono conto che il patto della Società Nazioni, così come è, non può essere firmato dalla Santa Sede. A parte ciò, ritengo che inglesi e francesi si vedrebbero con scarsa simpatia nella Lega delle Nazioni una sì alta autorità morale, la cui decisione basterebbe a orientare vaste masse di opinione pubblica, controbilanciando o soverchiando le loro posizioni di predominio in questi ambienti. Nel comitato di direttori di ieri, segretario generale riassumendo come di consueto situazione politica ha parlato del Trattato del Laterano raffrontandolo quasi all'avvenimento della ratifica da parte dell'America del patto Kellogg. Egli ha invitato i direttori a non parlare e a non fare parlare dell'avvenimento e specialmente di tenersi nel più prudente riserbo. Confidenzialmente Drummond mi ha manifestato suo vivo desiderio ,che l'accordo venga registrato alla Società delle Nazioni aggiungendo che tale registrazione diminuirebbe certamente preoccupazioni anche di elementi cattolici per mancanza di garanzia internazionale nei recenti accordi. In realtà registrazione non ha altro valore che assicurare pubblicità atti internazionali. Credo perciò che egli si preoccupi soprattutto che Società Nazioni non sia completamente dimenticata in questo che è il più importante accordo del dopo guerra. Drummond desidererebbe inoltre che Santa Sede, pur astenendosi partecipare Società Nazioni, trovasse un'occasione per esprimere pubblicamente parole di adesione o di favore all'attività della Lega Nazioni per mantenimento pace. Tale sarebbe, a quanto comprendo, scopo sua visita al Pontefice di cui cenno nel mio telegramma per corriere n. 22/108 del 31 gennaio u. s. (1). Intero consenso e plauso hanno manifestato rappresentanti e funzionari America Latina. Segnalo altresì manifestazione simpatia di elementi cattolici ginevrini che hanno affisso nella città manifestini inneggiando avvenuta conciliazione. Il successo senza precedenti nella nostra vita politica che questo atto rappresenta, è stato profondamente sentito dai funzionari italiani alla mia dipendenza che hanno voluto che io mi rendessi interprete della loro esultanza di italiani e della loro devozione senza limiti al Governo nazionale. E si consenta a me, che ebbi l'onore più grande che

un italiano possa ambire, di essere stato a fianco di V. E. per molti anni, di ripetere a V. E. in questo momento storico, in cui si rinnovano i meravigliosi destini della patria, la mia ammirazione e la mia fede (2).

-

« Rappresentanti di organizzazioni protestanti o ebraiche partecipano in taluni casi ai lavori dei comitati tecnici della Lega in qualità di assessori. La Chiesa cattolica non può disinteressarsi da tale attività, per non dovere in avvenire fronteggiare un movimento internazionale ispirato a criteri ben lontani dai suoi. Ciò impone una vigile attenzione da parte delle associazioni e della stampa cattolica e un'opportuna attività per far prevalere i propri principi. Gioverà a tal riguardo che gli organismi cattolici insistano per ottenere la partecipazione di loro rappresentanti ai comitati e alle conferenze che trattino questioni che li interessano in modo da controbattere le influenze contrarie.

L'interessamento delle organizzazioni cattoliche alle attività della Lega non deve confondersi con la questione ben diversa dell'opportunità o meno di una collaborazione della

S. Sede alla Società delle Nazioni. A parte l'impossibilità per la S. Sede per evidenti ragioni politiche di far parte della Lega, non sembra dubbio che anche la sua semplice collaborazione in via ufficiale, come alcuni organismi cattolici vorrebbero, sarebbe errore non lieve, giacchè essa si risolverebbe in un aumento di prestigio, e quindi in un rafforzamento, della Lega, di un organismo, cioè, che tende a esercitare, con criteri antitetici a quelli della Chiesa, un'autorità mondiale che solo la Chiesa cattolica oggi di fatto e a buon diritto esercita.

(l) -Cfr. t. per corriere r. 573/108, del quale si pubblica solo il brano seguente: « Riferendosi notizie giornali su evetnualità che Santa Sede, dopo avvenuto regolamento questione romana, chieda far parte Società Nazioni, Drummond mi ha dichiarato che ciò sarebbe contrario interessi Vaticano e diminuirebbe suo prestigio •. Il brano è stato sottolineato da (2) -Cfr. le dichiarazioni che Paulucci aveva fatto a mons. Di Maria, nunzio a Berna, il 17 maggio 1928 (t. per corriere 3302/213, Ginevra 22 maggio 1928):
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUCAREST, PREZIOSI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, DE ASTIS

T. 431. Roma, 15 febbraio 1929, ore 24.

(Per Bucarest). Suo telegramma n. 40 (l) giunto troppo tardi per poterle dare una risposta prima del termine decisione San Remo che scadrebbe oggi. Ad ogni modo non avrei potuto incoraggiare passo ufficiale di codesto Governo suggerito dal principe Stirbey prima di avere opportunamente fatto sondare il Governo ungherese per conoscere in massima sue disposizioni nei riguardi proposte romene. Non potremmo infatti iniziare un'opera mediatrice senza sapere almeno sulle generali gli umori dell'altra parte. Mi telegrafi tuttavia se decisioni prese San Remo lasciassero eventualmente questione aperta perchè in tal caso riesaminerei possibilità nostro intervento.

(Per Budapest). R. ministro Bucarest telegrafa:

(come nel telegramma n. 781/40).

Ho risposto: (come nel telegramma soprascritto).

Ad ogni buon fine prego fare sin d'ora qualche discreta e indiretta indagine per appurare pensiero codesto Governo e telegrafarmi.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI

T. 432/40. Roma, 15 febbraio 1929, ore 24.

Prego telegrafarmi quanto le consti circa conclusione un patto serbo-russo negoziato per tramite Balugic che informazioni pervenute da varie parti preannunciano come imminente. Nomina Smodlaka a Mosca sarebbe in relazione con tale patto. Egli non sarebbe stato estraneo trattative per concludere patto da lui iniziate fin dal 1925 quando era ministro presso Santa Sede.

È evidente infatti che l'azione di un organismo internazionale come la Lega è necessariamente concorrente con quella della Chiesa e perciò tale da ostacolare o diminuirne la influenza.

Se la Chiesa ha tutto l'interesse a rimanere estranea dall'organismo societario, non deve per questo ignorare quanto la Società delle Nazioni fa o si propone di fare. V'è oggi una tendenza ad accentuare nella Lega attività di ogni genere molte delle quali non possono lasciare indifferenti i cattolici. A tale fine sarebbe particolarmente utile l'interessamento della opinione cattolica per evitare che la Società delle Nazioni esorbiti dai limiti della sua competenza. Un'azione di tal genere avrebbe tutto l'appoggio dell'opinione pubblica italiana ancora essa contraria a un allargamento delle funzioni della Lega considerata come un organismo destinato a cristallizzare lo stattt qtto e a garantire alle Potenze più fortunate il tranquillo godimento dei loro possessi •.

S. -Remo.
(l) -T. 781/40 del giorno 13, che non si pubblica: richiesta del principe Stirbey a Preziosi per ottenere la mediazione dell'Italia nella questione degli optanti, che veniva trattata a
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AI MINISTRI A SOFIA, PIACENTINI, A PRAGA, VANNUTELLI REY, E A BUCAREST, PREZIOSI

T. 433. Roma, 15 febbraio 192.9, ore 24.

Viene segnalato che qualche mese fa sarebbero state fatte aperture dal Governo bulgaro per un patto d'amicizia con la Cecoslovacchia ed in un secondo tempo per un analogo patto tra Bulgaria e Romania tramite ed auspice Cecoslovacchia. Benes avrebbe anche sondato in proposito ministro Romania a Praga.

Prego telegrafare quanto risulti a V. S.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI

T. 441/106. Roma, 16 febbraio 192.9, ore 24.

Rapporto di V. E. n. 376 (1).

Confermo direttive per questioni attinenti disarmo austriaco nel senso di accentuare constatazione infrazioni commesse Austria e quindi severità rapporto finale conferenza ambasciatori a Società Nazioni.

Rendomi peraltro conto situazione profilatasi in sede conferenza ambasciatori dato sopratutto atteggiamento inglese: ed apprezzando considerazioni esposte V. E. non ho difficoltà autorizzarla aderire progetto Massigli purchè esso venga opportunamente ritoccato almeno con inclusione accenni impliciti a responsabilità Austria di cui secondo dichiarazione compresa pag. 6 progetto italiano la conferenza • non può considerare disarmo come completamente assicurato •.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL SOTTOSEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE

T. (P. R.) 2309. Roma, 16 febbraio 192i9.

Riproduco qui appresso il contenuto di una lettera che ti invio col corriere di lunedì p. v.: Personale.

Caro Paulucci,

ho sottoposto a S. E. il Capo del Governo il tuo telegramma 40/125 in data 15 corrente (2). S. E. il Capo del Governo mi ha incaricato di farti pervenire le seguenti direttive per l'attività da svolgersi costì:

Occorrerebbe evitare la venuta di Sir Drummond a Roma, almeno per un po' di tempo. Questa visita di Drummond al Papa in questo momento non è gradita al Governo Italiano, poichè essa darebbe motivo a chissà quali e quante interpretazioni d'ogni genere e specie nel mondo internazionale, suscitando indubbiamente reazioni in Italia, le quali finirebbero per non giovare ai rapporti fra l'Italia e la Società delle Nazioni.

D'altra parte il Governo Italiano non desidera (dico non) che l'accordo lateranense sia registrato alla S.d.N. La S.d.N. non c'entra. Qualsiasi iniziativa del Segretariato Generale della S.d.N. in questo senso non potrà che suscitare il malumore e forse l'opposizione dell'Italia.

È bene che tu faccia comprendere a Drummond che qualsiasi accenno del genere è, per lo meno, intempestivo. Nel Trattato fra l'Italia e la Santa Sede Ginevra non c'entra nè ci deve entrare.

Non ho potuto dare una risposta al tuo precedente telegramma sull'argomento perchè soltanto oggi il Capo del Governo mi ha impartito queste direttive.

La cosa è importante e delicata.

Contiamo sulla tua azione abile e tenace.

(l) -Non rinvenuto. (2) -Cfr. n. 253.
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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 836/86. Belgrado, 16 febbraio 1929, ore 22,50 (per. ore l del17).

Telegramma di V. E. n. 432/40 (1).

Pur non essendo assolutamente escluso che Balugic possa essere tramite ufficioso fra Belgrado e Mosca, sembra che di eventuale conclusione patto fra i due stati per eventuale ripresa rapporti non sia adesso il caso di parlare, per quanto firma della Romania a protocollo Litvinoff preludente forse a ripresa rapporti quei due stati, possa riporre questione sul tappeto (vedi mio telegramma-posta n. 402 di ieri). Nomina Smodlaka a Mosca è fittizia. Ha per iscopo avvantaggiare economicamente funzionari cui messa a riposo può essere prossima. Richiamo, a tale proposito, mio telegramma espresso n. 675/165 del 30 gennaio scorso.

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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 1039/413. Belgrado, 17 febbraio 1929.

La scarcerazione dell'Ingegnere Kranic e degli altri capi della Orjuna, avvenuta, come ho detto col mio telespresso n. 550/195 del 26 gennaio u. s. (2), per ordine del nuovo Governo dittatoriale militare di Belgrado, e la sicurezza, acquisita ormai, che l'Orjuna sia una manifestazione di comitagismo serbo

organizzata e voluta dallo Stato Maggiore SCS, sembrami siano tali fatti che, uniti alle segnalazioni inviate in questi ultimi tempi dal R. Console Generale in Lubiana e dal R. Vice Console in Sussak, ed ora il telegramma n. 39 del

R. Console in Zagabria, richiedano un attento esame della situazione venutasi creando sulla nostra frontiera.

Intanto è da registrare come provato il fatto che l'attività jugoslava nelle

popolazioni nostre allogene e nella Venezia Giulia in generale è regolata da

organizzazioni segrete, che partecipano e delle caratteristiche delle organizza

zioni tedesche per la propaganda fra le minoranze germaniche, e di quelle

prettamente Balcaniche che hanno come tipo la • Narodna Obrana. e come

elemento materiale attivo i comitagi.

Queste organizzazioni segrete, con centro la Slovenia, hanno stabilito una

fitta rete di contatti, non solo con scopo informativo, ma anche eventualmente

attivo, nelle nuove provincie della Venezia Giulia.

Segnalo a tal proposito la notizia data dal R. Vice Console a Sussak col

suo telegramma posta n. 129/34 del 24 gennaio u.s., in cui è detto che risul

terebbe da dichiarazioni avute da un fiduciario che • esisterebbe a Trieste un

ufficio per la pubblicità a favore delle minoranze slave in !stria ».

Sarebbe quindi questo ufficio che fornirebbe tutta la serie infinita di inci

denti e fatterelli concernenti le nostre popolazioni allogene che i giornali slo

veni, croati e dalmati hanno fin qui raccolto giornalmente e dato in pasto

al pubblico allo scopo di creare una atmosfera di sempre maggiore ostilità

verso l'Italia.

Altri uffici hanno segnalato come la Narodna Obrana e la Orjuna abbiano vari corrispondenti in tutta la Venezia Giulia.

Ma basti pensare ad un fenomeno per avere un'idea esatta dei legami strettissimi che uniscono oggi popolazioni del di là e del di qua dalla frontiera Giulia, e cioè al fenomeno del fuoruscitismo allogeno. Su questo argomento mi riservo di riferire dettagliatamente, ma intanto devesi notare come le centinaia di maestri e professori e le decine di sacerdoti, emigrati dalle nostre provincie di frontiera in Jugoslavia, costituenti una parte non indifferente della classe intellettuale allogena, formano lo strumento principale ed il più agguerrito di cui si servono e Stato Maggiore, e Governo, e stampa, e società segrete SCS per creare e mantenere nelle nostre nuove provincie un movimento sempre più forte ai nostri danni, e per suscitare all'interno di questo paese e specialmente nelle regioni prossime alla nostra frontiera un'atmosfera di crescente ostilità verso di noi.

È ormai accertato che tutte le società irredentiste in Slovenia e Croazia, che le redazioni dei giornali Sloveni, Croati, Dalmati e perfino dei grandi quotidiani Belgradesi, che lo stesso comitato centrale della Narodna Obrana hanno arruolato elementi profughi della Venezia Giulia.

Lascio valutare all'E. V. quale stillicidio continuo di parole e di azioni ai nostri danni si spande da persone che, a torto od a ragione, hanno lasciato il domestico focolare per emigrare in un paese ove sono stati accolti come fratelli martiri, e dove hanno trovato un lavoro che permette loro di dare libero sfogo al loro odio ed alla loro passione.

22 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

Vi è poi un altro fenomeno non meno preoccupante, e sul quale, come all'E. V. è noto, si stanno facendo opportuni accertamenti, ed è quello dell'esodo di giovanetti allogeni dalle nostre scuole in quelle jugoslave, ove vengono accolti e nutriti gratuitamente. Si pensi quale falange di nostri nemici accaniti formeranno essi domani!

Mi è sembrato opportuno riassumere brevemente i diversi aspetti dell'attività SCS nei riguardi sia della azione svolta nella Venezia Giulia fra le nostre popolazioni allogene, che di quella di preparazione e di incitamento all'odio che viene svolgendosi in questo paese, perchè è mia convinzione che il nuovo Regime stabilitosi in questo paese, intensificherà le azioni predette, raffinandone i mezzi di penetrazione e di attacco con scopi di preparazione eminentemente militare. Il fatto, segnalato dal R. Console Generale in Lubiana, che ultimamente ci sia stato un arresto nella propaganda irredentista della stampa slovena, ed il ristagno che si nota in tutto questo stato nella campagna di stampa contro l'Italia, non possono in alcun modo essere riguardati come sintomo di ravvedimento delle sfere dirigenti SCS nei nostri riguardi. Tale arresto ha soltanto, a mio giudizio, valore tattico. Non può ingannare sul suo vero significato. L'apparente atmosfera di tranquillità che questo Governo ha stabilito, e tende a stabilire, verso di noi è diretta a mettere in luce il pacifismo del nuovo Regime SCS dinanzi all'opinione pubblica Europea ed Americana per ottenere quella fiducia che rende possibile poi il credito. Ma trattasi sempre di manovre, poichè la realtà è ben diversa! E, specialmente per quello che forma oggetto di questo rapporto, è da credere che tutti gli organi e le organizzazioni la cui attività è diretta contro di noi, e specialmente quelle che svolgono la loro azione fra le nostre popolazioni allogene stiano affinando i mezzi e concretando gli sforzi per nuovi attacchi.

V. E. potrà poi giudicare se sia o meno il caso di prendere delle misure nell'amministrazione delle popolazioni allogene per ovviare al fuoruscitismo allogeno che facilita l'azione irredentista di questi circoli dirigenti, e giova ai fini non certo pacifici che queste cricche militari perseguono.

(l) -Cfr. n. 255. (2) -Cfr. n. 219.
261

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. RR. 419/173. Budapest, 17 febbraio 1929.

Mi riferisco al mio Rapporto riservatissimo N. 113/54 del 14 gennaio e

N. 220/105 del 20 gennaio u. s. (1).

Nel corso di una lunga conversazione che ebbi ieri col Conte Bethlen, gli accennai fra l'altro alle dichiarazioni che V. E. ebbe recentemente a farmi circa il suo legittimo desiderio che la sua • responsabile e fattiva azione in favore dell'Ungheria e della revisione del Trattato di Trianon • non debba

andar confusa e tantomeno sfruttata dalla campagna, che a me pare del resto a sfondo poco chiaro, di Lord Rothermere. Il Presidente se ne mostrò oltremodo soddisfatto e per la prima volta mi aprì completamente l'animo suo, facendomi un vero sfogo contro la rinnovata, insistente improntitudine del Lord, che si permette di intromettersi in forma e misura assolutamente inammissibile ed insopportabile, in questioni di ordine puramente e gelosamente interno magiare, creando a lui ed al suo Governo gravi imbarazzi col suggestionare il popolo politicamente impreparato ed immaturo, mediante la visione di riforme d'ordine radicale, che potrebbero, come lo dimostrò un recente passato, gettare il Paese con gravissima sua· jattura, in braccio ai partiti di sinistra. Suggestione che detti partiti già stavano sfruttando per i loro scopi contro il Governo, e suggestione che riesce tanto più pericolosa data la popolarità acquistatasi nel Paese da Lord Rothermere per la sua prima campagna pro-revisione frontiere. L'opinione viene così posta in una difficile, critica situazione per le ripetute affermazioni del Lord che mezzo efficace e condizione prima per ottenere la revisione si è il ripristino di un regime di assoluta libertà in Ungheria, ciò a cui il Conte Bethlen intende addivenire invece a ragion veduta, gradualmente, ed a rafforzamento ultimato di tutta la compagine dello Stato. • Questa campagna di Lord Rothermere, aggiunse il Presidente, è poggiata del resto, se in buona fede, anche su di un'illusione, come dimostrai nel mio discorso alla Camera giorni or sono (mio Telegramma-Posta N. 367/155 del 7 c. m.) ed allontana invece di avvicinarla la possibilità di una revisione, perchè dà alimento a discussioni e lotte interne dannosissime all'unità dello sforzo che il Paese tutto deve sostenere.

Sono convinto ancora che il Lord è addivenuto ad accordi con Lloyd George e con Macdonald che gli avranno fatto qualche promessa di sostenere, giunti al potere, lui o la sua campagna revisionista, qualora la stampa di Rothermere sostenesse da parte sua idee liberali nell'imminenza della campagna elettorale in Inghilterra salvo poi ad escogitare pretesti per non poter far nulla di con· creto •.

Come dissi personalmente all'E. V., Lord Rothermere non tralascia occasione per mantener viva l'attenzione dell'Ungheria sul suo nome, e non solo con proclami e lettere ai giornali, con articoli inspirati dai suoi segretari ungheresi (certi Lederer, che il Conte Bethlen mi disse essere stato fautore del Ministero Karolyi, e Kiss, radicale) ma ancora con generosissime oblazioni di ogni genere. Alcuni giornali di oggi, ad esempio, pubblicano un telegramma del Lord dall'Havana, col quale egli offre la somma necessaria per elevare un monumento al defunto giornalista Rakosi. A quale scopo? Intende egli realmente preparare il terreno ad una candidatura di suo figlio? Ad ogni modo il Conte Bethlen si mostrò meco preoccupato anche per il viaggio che il Lord sta intraprendendo in America, dove intende, come annunciò lui stesso, svolgere la sua propaganda a base revisionista sì, ma anche liberale-radicale, fra quella numerosa, organizzata e ricca colonia magiara, tanto che egli si indusse, come mi confidò, a scrivere recentemente al Lord, proponendogli uno scambio di idee a mezzo di personalità di comune fiducia, per cercare di indurlo a non dividere con questioni di ordine interno l'opinione pubblica unanime nella revisione. Ora, se la proposta non verrà accettata e se il Lord continuerà nella sua campagna a sfondo anti-governativo, il Conte Bethlen reagirà con chiare e se necessario con dure dichiarazioni per rimettere le cose a posto, dopo aver dato un primo avvertimento nel recente discorso di cui sopra (1).

(l) Cfr. nn. 169 e 195.

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IL SOTTOSEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

T. P •.•• /130. Ginevra, 18 febbraio 1929, ore 17,35 (per. ore 19,25).

Miei telegrammi n. 22 ... (2) e n. 40/125 (3).

Ti sono riconoscente di avermi voluto inviare subito il telegramma n. 2309 (4) che mi mette in grado di orientarmi e di agire secondo le istruzioni ricevute. Ti sono anche grato di avere voluto riconoscere quanto sarà delicata la mia azione qui. Puoi essere sicuro che cercherò di sormontare ogni difficoltà.

Certamente se avessi conosciuto prima intenzione R. Governo anzichè !imitarmi ad ascoltare e riferire propositi e desideri di sir Erik (l'estrema delicatezza dell'argomento non mi permetteva di prendere posizione) avrei potuto con maggiore efficacia forse fare cadere subito sua speranza che Accordo Lateranense possa essere registrato qui.

Drummond è partito ieri per Londra per informare circa lavoro prossimo consiglio. Io arriverò Roma mercoledì mattina e sarò di ritorno a Ginevra contemporaneamente a Drummond. Puoi fare assegnamento sulla mia tenacia.

263

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI

T. 453/55. Roma, 18 febbraio 1929, ore 24.

Telegramma di V. E. n. 73 (5).

Circostanze asserite da V. E. a Schubert circa congresso Berlino e sua organizzazione e finalità sono confermate da informazioni pervenutemi varie capitali europee.

Dato contegno veramente poco amichevole assunto in questa circostanza da Governo tedesco, che saprò valutare a suo tempo, prego V. E. di non fare

ulteriori passi al riguardo presso codesto Governo allo scopo di evitare che innanzi a nuove nostre richieste e al persistere del Governo germanico nell'attuale sua posizione negativa ci si trovi in una via chiusa dalla quale sia poi difficile uscire. Mi tenga in ogni modo dettagliatamente informato di quanto al riguardo si prepari costà e segua a suo tempo attentamente svolgimento congresso.

(l) -Secondo Durini di Monza, Bethlen auspicava una reviisone del trattato di Trianon fondata sulle necessità economiche dell'Ungheria, mentre la revisione auspicata da Rothermere si basava su una soluzione etnografica del problema (t. posta 906/388 del 10 aprile 1929). (2) -Numero incompleto. (3) -Cfr. n. 253. (4) -Cfr. n. 258. (5) -T. 773/7.3 del 12 febbraio, ore 21,30, per ore 5 del 13: colloquio tra Aldrovandi e Schubert circa il progettato congresso antifascista da tenersi a Berlino nel marzo 1929; evasive risposte di Schubert alla richiesta di Aldrovandi di ostacolarlo. « Gli ho poi nuovamente rappresentato gravità della cosa ricordandogli quanto V. E. mi aveva detto circa i rapporti itala-tedeschi ed io avevo ripztuto a Koepke nell'ottobre e a Stesemann. Schubert allora in via confidenziale mi ha detto che... egli mi assicurava che il Governo del Reich avrebbe fatto il possibile per impedire che il congresso avesse qualsiasi risonanza, ovvero trascendesse ad atti inammissibili verso un Governo amico •.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 883/75. Londra, 18 febbraio 1929, ore 20,45 (per. ore 2,30 del 19).

Nella visita che gli ho fatto stamane Chamberlain si è espresso con me con parole di ammirazione, soddisfazione e congratulazione per felice soluzione data da V. E. alla questione romana. Io gli ho riferito ottima impressione fatta i~ Italia dalle sue dichiarazioni di Birmingham (l) e gli ho detto secondo le istruzioni di V. E. che sembrava escluso che il Papa chiedesse di essere rappresentato alla Società delle Nazioni. Del che Chamberlain ha mostrato compiacersi, per quanto ciò già gli risultasse da altra fonte. Chamberlain mi ha pregato di rendermi interprete presso V. E. delle sue congratulazioni più sincere.

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IL MINISTRO A PRAGA, VANNUTELLI REY, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 893/14-15. Praga, 19 febbraio 1929, o1·e 0,40 (per. ore 1,45).

Telegramma di V. E. n. 18 (2).

Notizia delle aperture bulgare alla Czecoslovacchia per patto di amicizia è in questi ultimissimi giorni pervenuta anche a queste legazioni Ungheria e di Grecia dai rispettivi Governi che la ebbero dai loro rappresentanti a Sofia.

Il ministro d'Ungheria non ha ancora fatto indagini in proposito perchè malato. Quello di Grecia invece ne ha accennato a Benès il quale non gli ha voluto confermare notizia, ma neppure l'ha smentita cogliendo anzi occasione di fare propaganda con lui delle . . . (3) può avere per la stabilizzazione dello statu quo. Per parte mia, senza recarmi direttamente da Benès per non dargli impressione che noi attribuiamo soverchia importanza alla cosa, ho preso lo spunto della corrispondenza da Praga alla stampa romena di cui al telegramma dì V. E. n. 19 per fare chiedere chiarimenti a questo ministero affari esteri, dove è stato detto al primo segretario della R. legazione che effettivamente si trattava di addivenire, su iniziativa del Governo bulgaro, alla stipulazione di un patto di arbitrato fra Bulgaria e Czecoslovacchia alla cui conclusione Romania e Jugoslavia, previamente interpellate da Praga, non hanno fatto obie

zione. Costa Sanseverino ha anche avuto la sensazione che qui si desidera vivamente stipulazione di analogo patto da parte della Bulgaria con Romania e Jugoslavia.

Mi sono dunque recato in persona da questo ministro di Bulgaria ed ho avuto con lui un lungo colloquio. Egli ha ripetutamente insistito nell'escludere impegni di patti formali con Czecoslovacchia a motivo della difficoltà per la Bulgaria dì concluderne di analoghi con Romania e Jugoslavia, ma mi è riuscito di fargli confessare di essere stato incaricato circa due mesi fa dal suo Governo di pregare Benès affinchè interponesse suoi buoni uffici a Belgrado per riapertura frontiera bulgara e a Bucarest per il miglioramento condizioni minoranze bulgare in Dobrugia.

Le penose reticenze del signor Vazoff mi fanno ritenere verosimile che in quell'occasione Benès abbia colto il destro per chiedere, come prezzo del suo intervento, la firma di un qualsiasi strumento che possa permettergli di invischiare la Bulgaria nelle panie della Piccola Intesa o per lo meno di farlo credere alla pubblica opinione per via di susseguenti interpretazioni abusive.

È poi spiegabile come tale istrumento, non potendo consistere in un vero e proprio patto di amicizia sulla base dei trattati, a motivo delle difficoltà elementari che ha la Bulgaria ad ammettere tale base di fronte Romania e Jugoslavia, si riduca al progetto più anodino, ed accettabile per tutti, di una semplice convenzione di arbitrato.

Mentre mi riservo di continuare nelle indagini, credo potere riassumere fin da ora l'atteggiamento della Bulgaria (per quanto è dato giudicarlo da Praga) nel senso che, pur senza compromettere alcun punto essenziale delle sue rivendicazioni nazionali, essa sia dominata nel momento presente, per intimo convincimento o per esterne pressioni, dalla preoccupazione di migliorare al possibile le relazioni di fatto con tutti i suoi vicini, segnatamente Jugoslavia e Romania, e che a tal fine non esiti a valersi dell'intervento del terzo e più attivo membro della Piccola Intesa, dal quale non la divide nessuna vertenza ed al quale la legano sentimenti di fratellanza slava.

Di tale tendenza questo rappresentante della Bulgaria non ha fatto del resto mai mistero, come ebbi a riferire a V. E. fin dal 10 settembre scorso col mio rapporto n. 741.

(l) -Cfr. The Times, 12 febbraio 1929, p. 16. (2) -Cfr. n. 256 che fu trasmesso a Praga con n. prot. particolare 18. (3) -Gruppi indecifrati.
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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 1055/419. Belgrado, 19 febbraio 1929.

Il rapporto 19 Dicembre 1928 del R. V. Console a Sebenico, e quello del 1° Febbraio u. s. del Reggente il R. Consolato Generale di Spalato che trasmette altro rapporto del R. Vice Console a Sebenico in data 21 gennaio danno la possibilità di considerare nel suo complesso la situazione odierna degli italiani in Dalmazia, e specie i due fenomeni fra loro collegati: esodo degli optanti, vendita dei loro terreni (vedi anche mio telespresso n. 11669/2625 delli 11 Dicembre u. s. circa la vendita fabbrica cementi Gilardi e Battina).

Questi due fenomeni conducono inesorabilmente al progressivo indebolimento delle nostre posizioni in Dalmazia, e sboccheranno nel giro di pochi anni ancora, alla distruzione di ogni traccia di italianità in quella regione.

Senza fare una completa ed esauriente esposizione della situazione formatasi nelle varie successive fasi che hanno condotto alla attuale nostra situazione in Dalmazia (esposizione che meglio giustificherebbe il mio pensiero) credo potere accennare che l'istituto delle c opzioni • e la formazione della classe degli c optanti • ha dato luogo alla formazione di una nostra definitiva minoranza in Dalmazia, che è bensi protetta oltre che dalle garanzie dai trattati di pace in materia di minoranze, anche dal trattato di Rapallo (art. 7) e dalle convenzioni di Santa Margherita, e successive convenzioni di Nettuno, ma ha creato in pari tempo un gruppo sociale chiuso che come tutti i gruppi sociali chiusi è condannato ad emigrare o spengersi lentamente.

Si è creduto forse che una minoranza italiana, sia pure inferiore di numero, avrebbe e colla superiore cultura, e colla disponibilità di larghe fortune immobiliari, salvato l'italianità millenaria della Dalmazia.

Oggi è permesso di fare la dolorosa constatazione che quelle speranze non si sono realizzate. Si sono anzitutto ridotti ad una schiera valorosissima sì, ma minuscola, gli italiani della Dalmazia, così da dare almeno una solida parvenza di ragione ai croati che prima, e durante e dopo i trattati di pace avevano sempre affermato essere la Dalmazia a grandissima maggioranza croata.

Nè poteva essere diversamente, se ,si tenga presente che l'essenza dell'italianità della Dalmazia era preminentemente basata sull'eccellenza della nostra cultura, sulla preminenza della nostra lingua, e sulle luminose tracce di civiltà e di arte lasciate da Roma e da Venezia. Essa traeva quindi ogni sua efficienza da elementi del tutto spirituali, ed i limiti del suo dominio non potevano essere quindi tracciati con precisione anche solamente approssimativa, come avviene per tutti i fenomeni immateriali. Finchè era permesso parlare e pensare in italiano, gli italianeggianti, se non veri italiani, erano la maggioranza, come lo dimostra il fatto che anche oggi non vi è croato dalmata che messo al bivio fra la cultura croata e quella italiana non scelga quest'ultima, a meno che non sia pervaso da cieco fanatismo o prezzolato. Ma, posti i dalmati dinanzi al dilemma: essere cittadini del nuovo stato, e quindi protetti nelle persone e negli averi, o cittadini di uno stato straniero, e quindi osteggiati dalle autorità e dai privati, solo i più eletti hanno avuto il coraggio [di] divenire cittadini italiani, mentre la grande massa, anche fra quelli ·che nelle -loro case pensavano e parlavano italiano, (e pensano e parlano in italiano ancora, ma celatamente) ha accettato il nuovo ordine di cose non fosse altro che per opportunismo materiale. E la piccola schiera di coraggiosi bistrattata, menomata, osteggiata, si va sempre più assottigliando e finirà per sparire.

Ciò, ripeto, a mio sommesso parere, conseguenza della sistemazione generale adriatica stabilita dalla pace, e dai particolari istituti giuridici creati dai vari trattati e convenzioni che ho citato.

Esodo degli optanti e vendita di proprietà italiane possono quindi condurre entro la fine di qualche decennio alla scomparsa di ogni traccia di italianità in Dalmazia. Ed il fenomeno sarà certamente accelerato ed aggravato se in pros

simo tempo le grandi attività industriali ora possesso italiano, passassero a mani del tutto fin qui straniere alla Dalmazia. Il fatto non può, secondo me, non preoccupare e non attirare tutta la nostra attenzione.

Poichè il risultato finale non è tanto grave agli effetti della italianità della Dalmazia considerata di per se stessa e come fine a se stessa, ma per l'insieme della nostra politica adriatica, e nei rispetti della possibilità di mantenervi una base italiana che si irradi da quella storica regione alla Jugoslavia, nei Balcani, e che dell'italiano faccia la lingua sovrana anche nella sponda orientale dell'Adriatico.

Confido di non esprimere pensiero (nè vorrei mai farlo) che V. E. non possa non accogliere, se dico che il fenomeno non mi preoccupa per possibili future nostre rivendicazioni territoriali Dalmate. lvi la situazione è quella che è. Abbisogna di modificazioni ed assestamenti di dettaglio, non più.

La preoccupazione mia è soltanto determinata da considerazioni generali della nostra politica adriatica, e dalla necessità di mantenere in Dalmazia quel patrimonio morale che deriva dalla cultura che vi ha regnato sovrana per secoli e non dovrebbe sparire, per la forza sua irradiante dalla Dalmazia nel retroterra.

Ed oso dire a V. E. che al programma di rivendicazioni territoriali altro dovrebbe essere sostituito, ed è piuttosto programma di rivendicazioni culturali.

La situazione politica consentendolo ed essendo possibile mantenere buoni rapporti con i croati (secondo tutte le ultime informazioni dei RR. Consoli in Dalmazia le relazioni fra croati e quelle nostre collettività sono state negli ultimi mesi assai meno tese di quello che fossero per il passato), pur mantenendo strenua la difesa dei nostri connazionali sulla base dei trattati e diritti riconosciuti contro il malvolere delle autorità, dovremmo tendere a realizzare la formula: Dalmati croati di cultura italiana.

Tale formula non è soltanto poesia. La realizzazione di questo programma è unicamente subordinata alla esistenza di rapporti politici generali fra l'Italia e la Jugoslavia ancora lontani dall'esistere, ma che non devonsi mai escludere del tutto, ed alla realizzazione di tutto un programma di provvidenze che oggi sarebbe superfluo esporre.

Oggi intanto ho ritenuto mio stretto dovere richiamare la alta attenzione

di V. E. sui fenomeni più appariscenti e sui pericoli gravi che minacciano a

relativamente breve scadenza le collettività italiane della Dalmazia.

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IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. RR. P. 448/191. Budapest, 19 febbraio 1929.

Questo R. Addetto Militare mi ha intrattenuto a più riprese sulla forte corrente di simpatia per la Germania esistente nell'esercito ungherese. Ebbi anzi occasione di parlare tempo fa allo stesso Conte Bethlen perchè • certe resistenze e prevenzioni delle alte ,sfere militari •, incontrate dal Ten. Col. Oxilia nell'espiicazione della sua attività, avessero a cessare. Il R. Addetto Militare mi assicurò poi di aver notato un miglioramento sensibile in seguito agli ordini probabilmente impartiti dal Presidente del Consiglio.

Non c'era da aspettarsi tuttavia un deciso e definitivo cambiamento nello spirito che anima questo ambiente militare: occorre del tempo per indebolire una tradizione secolare e soprattutto necessiterebbe attuare da parte nostra un piano organico di penetrazione militare. Fu in relazione a queste circostanze ed ai fatti portati a mia conoscenza dal R. Addetto Militare che mi permisi di insistere perchè l'E. V. ricevesse il Capo di Stato Maggiore ungherese e perchè fosse dato sollecito corso alle richieste ungheresi concernenti l'istruzione in Italia di aviatori militari.

Già per la parte più propriamente politica delle relazioni ungaro-tedesche ebbi a riferire ampiamente e frequentemente all'E. V. I principali rapporti in merito sono citati nel mio telegramma posta n. 2438/984 del 20 settembre 1928. Pur recentemente anche il Signor Walko, felicitandomi per l'accordo intervenuto fra S. Sede e Quirinale, ebbe a dirmi che • al trionfo della politica di Mussolini non manca altro che l'accordo con la Germania •.

Ora, mentre per la parte politica stiamo attuando un piano organico ed abbiamo fatto dei progressi notevolissimi, grazie alla illuminata azione dell'E. V. ed all'appoggio particolarmente del Conte Bethlen e del Conte Klebelsberg, per la parte più strettamente militare si verificano gli inconvenienti segnalati dal Ten. Col. Oxilia c'on suo rapporto n. 54 del 18 c. m., che ho l'onore di trasmettere qui unito all'E. V. Mentre mi permetto di attirare l'attenzione di V. E. sulle notizie e dati in esso contenuti, faccio presente che un'energica reazione da parte nostra potrebbe avere inizio in occasione del prestito che è in progetto di concedere prossimamente all'Ungheria. Il Signor Scitowszky, 'che doveva venire a Roma il 15 c. m. per trattare le condizioni di detto prestito, ha dovuto rinviare il suo viaggio a causa di una indisposizione. In sede di trattative noi potremo pretendere che le somme concesse all'Ungheria siano impiegate nell'acquisto di materiale bellico costruito in Italia od in Ungheria con brevetti italiani o previi accordi con la nostra industria. Solo in casi eccezionali, e dietro nostro preventivo benestare da concedersi volta per volta, si potrebbe derogare all'impegno assunto.

Mentre resto in attesa di quelle comunicazioni che l'E. V. riterrà opportuno farmi in proposito, mi riprometto di intrattenerne non appena possibile il Conte Bethlen e riferirne all'E. V.

ALLEGATO.

OXILIA AL MINISTERO DELLA GUERRA E A DURINI DI MONZA

N. RR. 54. Budapest, 18 febbraio 1929.

Ho già più volte segnalato (confronta tra l'altro foglio 559 Ris.mo in data 18 settembre 1928) le correnti di simpatia esistenti tra lo Stato Maggiore tedesco e quello ungherese e l'atmosfera generale in cui esse si svolgono.

Ritengo ora doveroso mettere in evidenza alcuni altri fatti i quali, confermando le mie opinioni, dimostrano un orientamento della politica militare ungherese che è opportuno tener presente.

L'esercito ungherese, liberato dai ceppi della Commissione di controllo, mentre ha provveduto da una parte a svolgere il lavoro palese e nascosto per il suo ordinamento, così ha studiato d'altra parte il modo di migliorare, rimodernare e completare il suo armamento ed equipaggiamento. In materia, anche per ragioni di indole economica, ci troviamo probabilmente in una fase più arretrata rispetto a quella dell'ordinamento. Sta però di fatto che commissioni e tecnici studiano, hanno visitato e visitano stabilimenti di vari paesi per conoscere ciò che si fa, ciò che esiste di più moderno. Qualche ordinazione è stata fatta, qualche altra è in corso, altre debbono ancora verificarsi (confronta, tra l'altro: per le artiglierie foglio 436 del 14 dicembre 1928; per fucili e mitragliatrici i fogli 32 Ris.mo del 30 gennaio e 45 Ris.mo del 2 febbraio; per le maschere antigaz i fogli 44 e 48 Ris.mo rispettivamente del lo e del 17 febbraio 1929).

In generale, il problema per tutto ciò che non è studiabile e costruibile direttamente in Ungheria, dovrebbe essere risolto con l'adozione di tipi di non importa quale provenienza, che poi dovrebbero essere costruiti, dietro acquisto di licenza, in Ungheria.

Essendo precluse le vie della Francia e della più vicina Cecoslovacchia; non essendo del tutto sicure, e comunque più costose, quelle dell'Inghilterra, non restava al Governo ungherese che appoggiarsi all'Italia e alla Germania o alle emanazioni estere dell'industria tedesca.

Dato il trattato d'amicizia tra Italia e Ungheria, tenuto conto delle prove notevoli d'amicizia del nostro Governo, e l'indirizzo sincero della politica del conte Bethlen a nostro riguardo, sembrava logico pensare che il Governo ungherese e i suoi tecnici avrebbero cercato di prendere contatti coi nostri tecnici e di appoggiarsi alla nostra industria. Di questa stessa opinione dovevano essere anche alcune nostre case industriali produttrici di materiale bellico. E in effetti ,qualche contatto è stato preso, senza però -a quanto a me consta -essere giunti ad alcun risultato pratico.

Basti per ciò tener presente che le trattative corse da tempo con la Breda (vedi foglio 32 Ris.mo del 30 gennaio) sono ben lungi da una conclusione; che quelle passate con la Fiat (vedi foglio 31 Ris.mo del 29 gennaio) vengono lasciate sopire; che le proposte Ansaldo non hanno concluso a nulla; che quelle Itala possono ritenersi fallite con la scusa di ragioni di bilancio; che la Commissione recentemente venuta in Italia ha assolutamente voluto limitare il suo campo di osservazione; che per le maschere antigas si è pensato alla Germania e si è agevolata una casa tedesca; che per un cannone controaerei si è adottato -o si è in corso di adottare -un tipo di cannone fabbricato dalla • Bofors •, emanazione della Krupp.

A tutto ciò si aggiunga che giorni sono, dopo aver prospettato al conte Csàky un quadro delle necessità dell'artiglieria ungherese (quadro da lui confermatomi) gli ho accennato, in base alle direttive avute con foglio n. 93 in data 9 gennaio, alla possibilità e convenienza di appoggiarsi per la risoluzione di ogni questione all'Italia. All'entusiasmo col quale il conte Csàky mi aveva dimostrato di accogliere l'idea, non ha ancora fatto seguito alcuna decisione. So che la cosa è allo studio

(nè io la considero definita, nè la lascerò cadere) ma il solo bisogno di tempo notevole per l'esame dell'idea generale denota che vi sono delle resistenze, le cui ragioni e le cui sedi non sono chiare.

Di fronte a questi fatti, e all'insucesso di alcuni rami di primo ordine della nostra industria -appoggiata ad un'ottima situazione politica generale -non si può a meno di restare perplessi e di andare alla ricerca delle cause.

Si può osservare che il trattato d'amicizia itala-ungherese non contiene speciali clausole militari, e che quindi l'Ungheria non ha convenienza ad appoggiarsi direttamente all'Italia.

Si può rilevare che la nostra industria bellica, e comunque producente materiali anche per l'Esercito, non ha proceduto con un organico e sistematico lavoro di penetrazione indirizzato dal Governo, ma anzi, involontariamente, invece di affiancarsi è venuta a sviluppare delle concorrenze svantaggiose.

Ma la ragione principale, a mio modo di vedere, si deve cercare da una parte nel preconcetto che domina gli ambienti ministeriali sulla superiorità della tecnica germanica, dall'altra nelle correnti germanofile tuttora esistenti nell'ambiente militare. Questa mia persuasione emana solamente da osservazioni o da fatti a suo tempo e più sopra segnalati.

Mi risulta in particolare che il generale Rumpeles -capo dei servizi tecnici uomo che ritengo onesto e capace, è così convinto della superiorità tecnica della produzione bellica tedesca, che ogni altro indirizzo è per lui superfluo. Fu ancora lui che -come capo della Commissione in Italia -ritenne inutile effettuare altre visite oltre quella dello Stabilimento Ansaldo. Il personale dirigente del Ministero della Difesa Nazionale, non tecnico, deve in gran parte attenersi alle decisioni dei tecnici. Queste decisioni, quasi sempre favorevoli a ciò che viene dalla Germania, trovano anzi aperta ogni via in conseguenza di quell'orientamento generale di educazione, di coltura, di tradizione e di lingua che spinge, specie lo stato maggiore, verso la Germania.

Anche senza cercare le ragioni, rileviamo: che tra i due eserciti ungherese e tedesco esistono delle vive relazioni di simpatia, mentre i fatti ci dimostrano che quel ramo della politica militare il quale si occupa dell'armamento e equipaggiamento ha la più forte tendenza ad appoggiarsi all'industria germanica.

Tutto ciò ci induce a concludere che tra la politica generale svolta dal Governo, o per essere più esatti dal conte Bethlen e certi rami della politica militare svolta dallo Stato maggiore ungherese, non solo non esiste un parallelismo, ma esistono una divergenza e delle incongruenze.

Se si tien conto che lo Stato maggiore ungherese deve agire nel quadro della politica generale, guardando agli sviluppi; alle necessità, e alle possibili situazioni avvenire; se consideriamo che nell'Europa centrale e balcanica le questioni militari hanno sempre avuto ed hanno importanza notevole e manifestazioni sintomatiche: se non dimentichiamo che dal punto di vista industriale militare l'Ungheria non è e non sarà per lungo tempo in condizioni di poter agire da sè e con le sole sue forze; questo orientamento dello Stato maggiore non mi sembra trascurabile, sia in sè e per sè, sia nei suoi legami con la politica generale.

Il contegno dell'Ungheria nei nostri riguardi può un poco paragonarsi a quello della Rumenia e sopratutto della Polonia nei riguardi della Francia, se si tien conto del fatto che questi due Stati -pur essendo legati al sistema Francia Piccola Intesa -si rivolgono per acquisti di armamenti anche alle altre Potenze. Fatto questo che concorre a denotare la maggiore indipendenza e le tendenze meno decise di Bucarest e di Varsavia nei riguardi della politica francese.

Non sarà forse inopportuno mettere in rilievo che i fatti esposti sono stati anche percepiti negli ambienti industriali ungheresi che si occupano di materiale bellico. Mi risulta che personalità notevoli o meno di essi ambienti hanno osservato che il Governo ungherese non cerca di agevolare la nostra industria, ma di appoggiarsi a quella tedesca e si sono richiesti se l'amicizia del Governo ungherese non sia più teorica che pratica, o non abbia solide radici per gli sviluppi avvenire.

A titolo di curiosità, pur senza annettervi importanza, segnalo che un ufficiale tecnico d'artiglieria italianofilo avrebbe dichiarato che il Ministero della Difesa Nazionale è troppo • tedesco » perchè i nostri materiali bellici possano essere introdotti in Ungheria.

Concludendo: quella parte della politica militare ungherese che riguarda l'armamento segue una via diversa di quella che, anche a costo di avere materiale buono anzichè ottimo, gli è indicata dalla politica generale. Questa tendenza germanofila dell'esercito è importante non solo in sè e per sè, ma pei riflessi che essa può avere nella politica generale dell'Ungheria.

La situazione, dovuta ad un complesso di ragioni psicologiche e di educazione già note, non potrà modificarsi se non attraverso la nostra propaganda, i contatti che gli ufficiali ungheresi avranno con l'esercito italiano, e gli anni che porteranno i giovani ai gradi più elevati.

Essa può però -sempre che ciò torni utile alla nostra politica come lo sarebbe alla nostra industria -essere modificata da precise direttive del conte Bethlen, che è arbitro di ogni situazione, solo che egli ritenga ciò conforme e utile alla politica che sta svolgendo.

Nell'attirare perciò l'attenzione sui fatti di cui sopra per dovere informativo, prospetto la possibilità e convenienza che il conte Bethlen sia, con le debite forme, intrattenuto sulle sconcordanze rilevate tra la politica del Governo e la politica dello Stato maggiore, per quanto riguarda l'acquisto di materiali d'armamento. Al conte Bethlen dovrebbero essere rappresentati i riflessi che questi fatti hanno nel campo industriale, e le deduzioni anche errate che se ne possono trarre; mentre a ragioni di superiorità tecnica dovrebbero contrapporsi ràgioni di possibili convenienze e necessità politico-militari avvenire.

Quanto sopra sempre che il passo proposto rientri negli sviluppi che si intende dare alla nostra azione politica e negli interessi di essa.

268

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AI MINISTRI A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, E A BUCAREST, PREZIOSI

T. 467. Roma, 20 febbmio 1929, ore 24.

(Per Budapest). Mio telegramma n. 431 (1).

R. ministro Bucarest in data 16 ha telegrafato quanto segue: (come da telegramma in arrivo da Bucarest n. 835/45 (2).

Prego telegrafarmi urgenza esito dis,crete ed indirette indagini che ella avrà compiuto per sondare pensiero codesto Governo e darmi così modo di apprendere senza ritardo possibilità o meno incoraggiare passo ufficiale romeno per una amichevole mediazione del R. Governo italiano.

(Per Bucarest). Suo telegramma n. 48 (3).

Questo ministero riservasi di telegrafarle istruzioni quanto prima e cioè non appena sarà in possesso necessari elementi chiesti in via riservata e d'urgenza alla R. legazione in Budapest.

(l) -Cfr. n. 254. (2) -Non si pubblica. Trasmetteva la notizia che anche il segretario generale del mmJstero degli Esteri romeno aveva fatto a Preziosi una apertura analoga a quella del principeStirbey. (3) -T. 882/48, Bucarest 18 febbraio, che non si pubblica.
269

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, A BERLINO, ALDROVANDI, A BRUXELLES, DURAZZO, E AL SOTTOSEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE

T. 469. Roma, 20 febbraio 1929, ore 24.

(Per tutti meno Londra). Il R. ambasciatore a Londra telegrafa in data 1H ·corrente quanto segue:

Chamberlain mi ha detto che dalle notizie giuntegli da Parigi crede poter sperare che i lavori degli esperti riparazioni germaniche possano avviarsi verso risultato che permetterà soddisfacente soluzione difficile problema. Se ciò si verificherà egli intende sollevare questione evacuazione Renania anche in considerazione del fatto che truppe di occupazione dovranno in ogni caso essere ritirate fra sei mesi. Inghilterra farà di tutto per togliere al più presto possibile • questa .piaga nel cuore di Europa • come Chamberlain si è espresso.

Ho telegrafato a Londra quanto segue:

(Per Londra). Suo telegramma n. 73.

(Per tutti). Sono perfettamente d'accordo con Chamberlain sulla convenienza di liquidare questione occupazione renana appena si sarà potuto ottenere regolamento questione riparazioni tale da fornire sufficienti garanzie circa futuri pagamenti da parte della Germania. Economia non indifferente che risulterà da cessazione spese occupazione potrà forse servire a facilitare soluzione problema delle riparazioni. Ritengo che punto di vista e interessi italiani in questo campo coincidano con quelli inglesi. V. E. potrà esprimersi in questo senso con Chamberlain.

270

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. 471/39. Roma, 20 febbraio 1929, ore 24.

Suo rapporto n. 236/102 (1).

Debbo confermarle che non sarà possibile avere decisione prima della convocazione del consiglio della Banca (2) fissato per il 22 corrente, ed aggiungo essere ormai improbabile che accordo basato sulla accettazione della legge finanziaria albanese senza la corrispettiva emissione di biglietti di piccolo taglio possa venire accolto. Consulenti tecnici del Tesoro e della Banca d'Italia mi hanno dal canto loro espresso unanime e indipendente parere che esecuzione legge monetaria e coniazione monete come proposta costituisce inaudita forma

di bimetallismo unilaterale gravida di rischi per la consistenza della Banca e quindi per il successo ed il prestigio della azione economica italiana oltre che per la stessa situazione finanziaria dell'Albania.

La S. V. comprenderà come stando così le cose non mi sia possibile influire ulteriormente per l'accettazione integrale degli accordi proposti dalla

S. V., e debba invece cercare altra via d'uscita la quale possa tuttavia accontentare le pregiudiziali albanesi che ispirarono la legge monetaria.

Nel frattempo la S. V. potrà opportunamente far presente costì ,che nostra buona volontà e nostro desiderio di far cosa grata al Governo albanese, così chiaramente dimostrata dall'opera svolta dalla S. V. seguendo mie direttive, si è urtata contro obbiezioni, presentate da tecnici indipendenti, di tale gravità specialmente per i pericoli che si affacciano per la finanza del popolo albanese, che è necessario procedere con la massima cautela onde non provocare futuri e tardivi pentimenti anche di codesto Governo.

Potrà aggiungere che ho piena fiducia che difficoltà potranno essere girate in modo da salvaguardare completamente desideri e criteri di codesto Governo di cui mi rendo perfettamente conto, ma che per arrivare a questo risultato occorre assolutamente evitare che le posizioni si irrigidiscano maggiormente con l'emanazione costì di atti ufficiali relativi alla questione monetaria, visto che tali atti dovrebbero per forza di cose venire successivamente riesaminati. Non le nascondo infatti che se io stesso dovessi pronunziare su questa pendenza una parola definitiva equa per le due parti e tecnicamente ispirata a concezioni finanziarie sicure gradirei trovare la strada quanto meno possibile ostruita da atti formali imbarazzanti (1).

• ,Codes~o Mmrstero mr ha c~municato l'avviso degli organi tecnici consultati dalla Banca d Alb":ma, nett.am,ente contrario alla conclusione dell'accordo sulla messa in circolazione di piccoli spezzat~ d argento, accordo che, sulla base delle direttive impartitemi, avevo ufficio~amente negoz1ato con questo Governo servendo da intermediario fra Banca e Stato albanese. E noto che nel novembre scorso le trattative erano giunte su tale questione di dettaglio ad

una rumorosa rottura.

Secondo l'avvi~o dei tecnici alla messa in circolazione degli spezzati d'argento del peso e valore contemp.lah .ne.lla.seconda legge montetaria albanese del giugno 1928, possono essere mosse le segue:t;tb obrezwnr: l) Essa sarebbe gravida di rischi per la consistenza della Banca. 2) Sarebbe pencolo~a. per "la stessa s.ituazione finanziaria dell'Albania,. 3) Nonchè "per il successo ed 11 prestrgw della nostra azwne economica in questo paese ... 4) Significherebbe un allontanamento dal sistema monometallico e introduzione in Albania del bimetallismo.

Mi permetto assicurare V. E. che le obiezioni suddette sono del tutto infondate. Non o.se!ei esprirnE_>re un giudizio che contrasta cosi recisamente con quello degli illustri specialisti consultati dalla Banca d'Albania, se non fossi convinto che gli errori in cui essi sono caduti (e che sarebbero altrimenti inscusabili) sono dipesi dal fatto che essi ignorano la reale situazione monetaria del paese, sicchè le loro conclusioni assomigliano a quelle che medici illustrissimi potrebbero dare su un referto generico delle condizioni di un ammalato lontano, che non avessero avuto agio di consultare.

Ma prima di controbattere punto per punto, con argomenti strettamente tecnici, quantoi tecnici hanno affermato, mi sia concesso di illustrare un fondamentale errore di impostazione commesso dalla Banca nel prospettare a se stessa, ed agli altri, la questione della messa in circolazione delle monete divisionarie.

Un calcolo necessariamente approssimativo (ma nel quale concordano Banca e Governo Albanese) fa ascendere a dieci milioni di franchi oro il valore delle vecchie monete d'argento, chiamate per brevità " corone , , oggi circolanti in Albania. Ove tale massa d'argento venisse interamente sostituita dalle monete divisionarie contemplate dalla vecchia legge del 1925 si conseguirebbe un lucro oscillante da quattro a sei milioni di franchi oro con un beneficio netto per la Banca che potrebbe calcolarsi, "grosso modo , da due a tre milioni di franchi oro.

Nella lettera che la Banca ha diretto a codesto Dicastero il 19 novembre 1928 è infatti detto, a pagina 2, che la rinunzia da parte della Banca all'applicazione dell'accennata legge monetaria importava per essa la perdita di una " quota parte utili di monetazione .. e costituiva ouindi " rinunzia non indifferente, trattandosi di somme aggirantesi fra due e tre milioni di

franchi oro ,.

Da ciò risulta che nell'autunno scorso, dopo almeno tre anni di pratica bancaria in Albania, e nonostante io avessi a molteplici riprese verbalmente illustrato ai dirigenti del nostro

(l) -Non si pubblica. Si riferisce alla questione monetaria albanese. (2) -Allude alla Banca d'Albania.

(l) Sol~ ~Cispose c~n r. 494/221 del 19 marzo, del quale si pubblica solo il brano seguente:

271

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 644/386. Vienna, 20 febbraio 1929.

Sono stato a visitare il Capo Sezione Schiiller tornato dagli Stati Uniti.

Mi ha detto che la faccenda del prestito nei riguardi di quel Governo è oramai regolata; non rimane quindi che regolarla con noi. Quand'anche però non vi fossero stati più i nostri impedimenti, il prestito non avrebbe potuto essere negoziato adesso in America considerato il presente alto costo del danaro. Da quanto gli hanno detto quei banchieri è possibile che in seguito le condizioni del mercato divengano meno sfavorevoli; ciò però non toglie che se il prestito avesse potuto essere concluso sei o sette mesi fa sarebbe stato stipulato più vantaggiosamente che non in avvenire, e che pertanto la nostra opposizione avrà in ogni caso cagionato un danno economico all'Austria.

Non mi è stato difficile obiettare al signor Schiiller che non la nostra opposizione, bensì il discorso del Cancelliere nel febbraio scorso, il quale era stato la causa di tale opposizione, aveva prodotto quel danno, senza d'altra parte alcun vantaggio per l'Austria n è di politica estera n è di interna. Le relazioni con l'Italia ne erano state turbate così che ancora se ne risentono le conseguenze, mentre i Tirolesi non si erano allora mostrati soddisfatti, come non si sono mostrati in seguito.

Il signor Schiiller ha dovuto ammettere ciò, e non ha potuto rispondere altro se non che il discorso aveva servito a provare al Parlamento l'impossibilità di continuare per quella strada, e che era oramai inutile tornare sul passato.

Per quanto riguarda i presenti progetti austriaci, il signor Schiiller si è tenuto sulle generali. Ha detto che non ha nessuna fretta e ancor meno voglia

istituto la reale situazione dei fatti, la Banca non si era ancora persuasa che la circolazione delle vecchie corone ha qui una doppia funzione: quella di piccolo spezzato per i bisoglniminuti del commercio, e quella di merce particolarmente idonea alla tesaurizzazione. In tale seconda funzione la corona, per i monetari albanesi, è un vero e proprio surrogato dell'oro, del biglietto di banca, del conto corrente, del libretto di risparmio postale o bancario.

Data tale doppia funzione delle vecchie corone, la Banca non avrebbe mai dovuto nutrire l'illusione di poter sostituire tutta la massa d'argento con nuovi spezzati a valore legale, e lucrare quindi sulla differenza di peso fra le vecchie e le nuove monete. È assurdo pensareche il contadino albanese avrebbe mai potuto acconciarsi a "tesaurizzare ., al posto di cinque corone, del peso complessivo di grammi 25 d'argento, due nuovi spezzati d'argento del pesocomplessivo di soli 10 grammi. anche se questi ultimi portassero impresso un valore facciale 0 legale identico alle cinque monete di cui sopra. Nessun contadino baratterà mai 25 grammi d'argento, contro dieci!

Le monete d'argento di nuova coniazione potrebbero essere destinate a sostituire solo quella limitata parte delle corone che servono ai bisogni della piccola circolazione. Tenuto conto che la Banca ha il diritto di coniare anche gli spezzati di nichel (per un valore di un milione di franchi oro) si può giurare che il mercato albanese non potrebbe assorbire, per i bisogni della piccola circolazione, più di due milioni di franchi in monete d'argento, che in base alla legge monetaria del 1925 darebbero alla Banca un lucro di seicento mila franchi

appenX~plicando invece la nuova legge del 1928 che prevede uno scarto minimo (il 18 %) tra il valore intrinseco e quello legale, il lucro per la Banca resterebbe ridotto a 180 mila franchi. La differenza fra il bene~cio. realizz'!bile con ~a vecch_ia legg_e . e quello offt;rto dali!! pre~entt; legge ammonta a poco piu <!-i 400 mila franchi om_. Smm_o cwe ben lontam dalla rmunzm di due tre milioni di franchi oro che la Banca ntlene di dover fare •·

di forzare la situazione. L'Austria potrebbe chiedere adesso alla Commissione delle Riparazioni in Parigi di prendere le decisioni conseguenti al consenso di massima già accordato per la stipulazione del prestito. Ma egli è sicuro che noi vi rinnoveremmo la nostra opposizione, e crede quindi opportuno evitare che l'occasione sia ora offerta perchè tale opposizione si palesi, ciò che non gioverebbe n è all'Austria in sè n è ai suoi rapporti con l'Italia e forse neanche all'Italia stessa, ma rallegrerebbe solo i nemici d'entrambe. Crede quindi che l'Austria debba andare a Parigi soltanto dopo essersi intesa con noi e non dispera di giungere ad un accordo con l'Italia, tanto più che in questi ultimi tempi, mentre non vi sono più stati incidenti fra i due Paesi, si è prodotto il grande avvenimento della conciliazione con il Vaticano, il quale ha migliorato qui la nostra posizione nei riguardi non solo dei cristiano-sociali, ma anche dei pangermanisti e degli stessi socialisti dando loro una più esatta nozione della forza e della capacità del nostro governo.

Io mi sono limitato a dire al signor Schiiller che potevo solo ripetergli quanto avevo già dichiarato più volte, e cioè che non avevo istruzione di fare alcuna comunicazione al Governo austriaco circa il nostro contegno nella questione del prestito, ma che sapevo ch'esso non era mutato, dopo l'incidente dell'anno scorso e molto meno dopo i discorsi, nell'estate, di monsignor Seipel sulle minoranze e sui • protettori dell'Ungheria •; e che pertanto la nostra opposizione rimaneva ferma.

Il signor Schiiller ha risposto di esserne così convinto da non avermi rivolto alcuna domanda che potesse fare apparire ch'egli credeva o sperava avessimo mutato atteggiamento. Mi ha ripetuto le sue parole di fiducia nell'avvenire aggiungendone altre di fiducia in V. E.

272

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. 480/41. Roma, 21 febbraio 1929, ore 24.

Sul Temps del 17 corrente (l) con telegramma da Sofia viene segnalato un editoriale dell'organo ufficioso Demokraticensky Zgovor circa voci di una nuova orientazione estera del Governo bulgaro. «Voci sono senza fondamento. La politica bulgara del 9 giugno 1923 non è mai mutata ». A conferma si citano parole pronunciate dal signor Buroff in un recente discorso elettorale: • La politica europea passa interamente per Parigi e Londra che tengono tutti i fili della politica mondiale. Mussolini non predominerà mai su queste due capitali •.

Prego telegrafarmi quanto le consti su tale articolo e su tali dichiarazioni.

(l) Sotto il titolo «La politique extérieure de la Bulgarie ».

273

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. 481/43. Roma, 21 febbraio 1929, ore 24.

Mio telegramma 433 (1).

R. ministro a Praga telegrafa in data 19 corrente quanto segue: (Riprodurre telegramma 893/14 e 15) (2). Da tale comunicazione notizia di cui al mio telegramma 433 risulterebbe

confermata, anche se non appare ancora a quali concrete realizzazioni potrà portare iniziativa bulgara verso Piccola Intesa. Essa è comunque tale da far sorgere fondati dubbi circa un mutamento di situazione, che evidentemente non è di oggi, che vari fatti dall'agosto in poi mi hanno indotto spesso a sospettare, ma sul quale solo ora e non da Sofia mi giunge la notizia. Sembra del resto che Buroff stesso ritenga di potersi esprimere ormai senza reticenze se sono esatte le sue dichiarazioni che le segnalo con telegramma a parte (3). Attendo ora sue informazioni.

274

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CONSOLE GENERALE A BEIRUT, DE CICCO, E AL CONSOLE AD ALEPPO, SANMARTIN

T. 482. Roma, 21 febbraio 192.9, ore 24.

(Per Parigi e Beirut). Ho telegrafato ad Aleppo quanto segue:

(Per tutti). Tragga occasione da recente accordo fra Italia e Santa Sede per prendere iniziativa solenne Te Deum nella Chiesa Padri Carmelitani in Alessandretta. Quel Regio Vice Console dovrà intervenirvi in grande uniforme e naturalmente dovrà ad esso essere riservato posto onore in Chiesa.

275

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

TELESPR. P. 209285/67. Roma, 21 febbraio 1929.

Come V. S. ben sa, questo Ministero, intendendo venire incontro al desiderio di codesto Governo circa l'ammissione in Italia di ufficiali ungheresi anche a corsi di aviazione militare, ha esaminato ·COl massimo buon volere le modalità per farlo senza ·contravvenire troppo palesemente a noti impegni di ordine internazionale, col pericolo di seri imbarazzi sopratutto per codesto paese.

23 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

Mentre le varie soluzioni sinora escogitate non sono apparse, dopo matura disamina, soddisfacenti, sembra invece non doversi escludere l'eventualità di altro ripiego, fondato, con una assai larga interpretazione dei patti internazionali, sulla possibilità per gli Stati ex nemici di accreditare missioni ufficiali (non missioni di ufficiali) aventi per iscopo lo studio dell'aviazione civile. Nè potrebbe d'altronde ritenersi vietato, a detti Stati, l'invio di privati cittadini, che intendessero perfezionarsi nella medesima aviazione civile.

Per notizia strettamente riservata alla S. V., informola anzi che la possibilità di accreditare tali missioni, come di inviare anche degli uffiziali per la pratica della difesa antiaerea viene in sostanza ammessa in principio dalla stessa Gran Bretagna.

Così stando le cose, prego V. S. di voler personalmente e verbalmente suggerire al conte Bethlen di chiederci autorizzazione ad inviare in Italia una missione siffatta, a titolo borghese, e con lo scopo dichiarato di far pratica nella aviazione civile. Una volta giunti in Italia, i suoi componenti saranno istruiti presso una scuola od un Ente di aviazione civile, e ne seguiranno ad ogni buon fine i corsi, con una ragionevole frequenza. Ma la S. V. aggiungerà, in via del tutto confidenziale, che al contempo si troverà modo per far loro impartire discretamente una vera e completa istruzione di aviazione militare, evitando qualsiasi forma di pubblicità.

Sembra preferibile accreditare una missione civile e regolare costì preven

tivamente, con qualche accorto provvedimento di carattere interno, la posizione

personale dei militari che ne faranno parte, assegnandoli a quei corpi di poli

zia, di gendarmeria, ecc. che possono fruire delle agevolazioni previste dal

l'annesso 6 al protocollo Conferenza degli Ambasciatori 19 maggio 1927.

Così pure, si potrebbero ricevere anche ufficiali a titolo di privati citta

dini, assegnandoli a scuole di aviazione civile e far loro impartire un'istruzione

militare in conformità di quanto sopra. Senonchè tale sistema, qualora desse

luogo ad indiscrezioni e a rìmostranze straniere, avrebbe lo svantaggio di ap

parire troppo evidente sotterfugio per prestarsi a giustificazioni dignitose e

convincenti nel campo internazionale.

Ad ogni modo se codesto Governo trovasse difficoltà ad adottare le solu

zioni suesposte, non avrebbesi neppure nulla in contrario a ricevere aperta

mente degli uffiziali, purchè essi abbiano per iscopo dichiarato la pratica della

difesa antiaerea.

In questo caso, gli ufficiali sarebbero addetti a qualche formazione an

tiaerea, e si disporrebbe contemporaneamente, come nella prima ipotesi, per

far loro impartire una istruzione di aviazione militare.

Occorre peraltro ponderare bene il fatto che la presenza dichiarata di

ufficiali, per quanto in abito borghese, darà certamente nell'occhio: conver

rebbe quindi che codesto Governo esaminasse, anche in tal caso, la opportunità

di presentarli come funzionari di polizia, o come appartenenti a corpi di gen

darmeria ecc., di cui al citato annesso 6 Protocollo della Conferenza degli Am

basciatori 19 maggio 1927.

In qualunque ipotesi, sarà poi necessario assicurare una rigorosa selezione

del personale, onde averne garanzie di discrezione, di disciplina e di serietà.

Gioverà infine tener conto che il bisogno di procedere con paziente circospezione farà sì che l'istruzione militare non sarà tanto rapidamente condotta, quanto avrebbe potuto esserlo in condizioni normali.

La S. V. nel fare costi le comunicazioni opportune, in conformità colle direttive di cui sopra, troverà modo di mettere in rilievo, col necessario tatto, la portata di questa altra tangibile prova della nostra amicizia fiduciosa verso codesto Governo. In caso di accettazione, Ella incaricherà poi il R. Addetto Militare di prendere accordi costi per il regolamento delle pratiche di dettaglio, sempre in forma verbale e con ogni discrezione. Sarà bene chiarire infatti anche il lato finanziario, almeno circa il rifacimento dei danni al materiale, sempre prevedibili nelle esercitazioni aviatorie.

Attenderò di conoscere, non appena possibile, l'esito dei passi che la S. V. avrà fatto in proposito.

(l) -Cfr. n. 256. (2) -Cfr. n. 265. (3) -Cfr. n. precedente.
276

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. 490/30. Roma, 22 febbraio 192'9, ore 24.

Suo telegramma n. 48 (l) incrociatosi col mio telegramma n. 467/29 (2). Prendo nota di quanto V. S. riferisce circa punto di vista ed intendimenti conte Bethlen nella piega attualmente presa dalla questione optanti.

Dovendo peraltro decidere sulla opportunità o meno incoraggiare desideri da parte romena per buoni uffici italiani pregola telegrafarmi se a suo avviso questi avrebbero costì non solo favorevole accoglienza ma anche probabilità di successo.

A tale riguardo è notevole la sicurezza mostrata dal conte Bethlen che ulteriori trattative per via diplomatica indurranno Governo romeno a ·cedere. Ma questo ottimismo non sembra trovare completo riscontro nelle notizie pervenute da Bucarest a meno che anche da parte ungherese non voglia manifestarsi a suo tempo qualche arrendevolezza nell'intento raggiungere componimento.

277

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BUENOS AIRES, MARTIN FRANKLIN

T. 496/42. Roma, 22 febbraio 19219·, ore 24.

Suoi telegrammi 40 e 41 (3). Autorità consolari possono rilasciare documenti a connazionali che debbono sottostare alla imposizione della cittadinanza locale per mantenere impieghi. In quando ad atteggiamento di codesta ambasciata verso codesto Governo esso dovrà conformarsi a quello delle altre rappresentanze estere. In sostanza

ìl Governo fascista intende seguire in questa questione una linea che invece di rivolgersi a formali ed inutili proteste tocchi la sostanza e l'avvenire del fenomeno emigratorio italiano in Argentina il quale dagli stessi atti di codeste autorità viene dichiarato in pura perdita per noi e sarà quindi da parte nostra sempre più diradato sino a completa ma graduale cessazione delle partenze di primo espatrio. Questa enunciazione di programma è però riservata per la S. V.

(l) -Non identificato. (2) -Cfr. n. 268. (3) -T. 892/40 del 18 febbraio, ore 21, per. ore 3,30 del 19 e t. 896/41 del 18 febbraio, ore 21,24, per. ore 4 del 19, che non si pubblicano.
278

IL MINISTRO A BUCAREST, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 989/48 (l) Bucarest, 23 febbmio 1929, ore 14 (per. ore 21,50).

Mio telegramma 53 (2).

Imminenza visita ministro esteri a Varsavia ha provocato in questi circoli politici due principali tesi. L'una sostenuta dai liberali, afferma che la visita del signor Mironescu a Varsavia non può, nè deve avere alcuna relazione con preteso progetto italiano di un blocco itala-ungherese-bulgaro-polacco. L'altra tesi, che comincia ad essere condivisa da diversi ambienti sia della maggio.ranza che dell'opposizione, è che firma del protocollo Litvinoff ed eventuale sviluppo dei rapporti della Russia con la Romania e la Polonia, nel venire meno pericolo bolscevico, fa allo stesso tempo cadere ogni teoria giusta la quale Ungheria avrebbe potuto far valere, e quindi negoziare, proprio concorso nel blocco difensivo romeno polacco. Constami d'altra parte che in questi circoli polacchi si teme che suesposto stato di animo romeno possa finire anche con l'indebolire importanza dell'alleanza romeno-polacca, e cioè nel senso Romania possa rallentare la sua preparazione bellica e la sua sistemazione ferrovie strategiche sul fronte orientale.

279

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A PRAGA, VANNUTELLI REY

T. P. RR. 505/25. Roma, 23 febbraio 1929, ore 24.

Ho ricevuto suo rapporto n. 74 (3).

V. S. ha fatto bene a non farsi consegnare la nota da Benes, prendendone soltanto copia per esaminarla a titolo personale.

Ora, Ella potrà dirgli, appena lo riterrà conveniente, che, avendo personalmente esaminato la lettera, si è fatta l'impressione che sarebbe forse il caso

di consultare preventivamente il R. Governo, in via del tutto riservata, circa il suo contenuto.

Se il signor Benes condividerà questo punto di vista, la S. V. potrà assicurarlo che non mancherà di riferire a Roma e si riserverà comunicazioni a suo tempo.

Se invece il signor Benes insisterà, come non credo, per consegnare la lettera ufficialmente, Ella si limiterà a riceverla e ad inoltrarla a questo ministero.

(l) -Sic, ma probabilmente deve leggersi 58. (2) -T. 927/53 del giorno 20, che non si pubblica. (3) -Cfr. n. 247.
280

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AI MINISTRI A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, E A BUCAREST, PREZIOSI

T. 507. Roma, 23 febbraio 1929, ore 24.

(Per Budapest). Mio telegramma n. 490/30 (1).

Ho comunicato Bucarest telegramma di V. S. n. 35 (2) aggiungendo quanto segue:

(Per Bucarest). Mio telegramma n. 23 (3).

R. ministro Budapest in data 22 telegrafa quanto segue: (Telegramma da Budapest n. 35 da «Presidente del Consiglio » sino alla fine). (Per tutti). Quanto riferisce conte Durini fa ritenere almeno prematura una nostra iniziativa a Budapest per buoni uffici nella questione optanti.

Senza accennare beninteso alle informazioni da noi avute e senza neppure escludere possibilità avvenire nostro amichevole intervento al momento opportuno V. S. lascerà comprendere costì notizie, pubblicate anche sulla stampa, circa prossima ripresa a Vienna dei negoziati diretti ungaro romeni farebbero ritenere intempestivi, se non altro per ora, nostri passi a Budapest per avvicinare punti di vista dei due paesi.

Dobbiamo sinceramente augurarci che imminenti trattative possano condurre a un accordo. Ma nel caso deprecabile che ciò non avvenisse, non mancheremo esaminare possibilità ed opportunità nostri buoni uffici, i quali dovrebbero beninteso esercitarsi sopra una base concreta e col reciproco gradimento delle due parti.

(l) -Cfr. n. 276. (2) -T. 958/35 del giorno 22, che non si pubblica. Durini di Monza osservava che • mia impressione si è che ogni intervento nostro sarebbe, per ora, prematuro sperandosi qui in un possibile componimento diretto». (3) -Cfr. n. 268.
281

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1008/37. Sofia, 25 febbraio 1929, ore 13,30 (per. ore 16,45).

Telegrammi di V. E. n. 480/41 e 481/43 (l) ultima parte.

Articolo del Temps si riferisce al discorso pronunziato recentemente da Buroff a Ileven in occasione elezioni amministrative. In tale discorso egli ha parlato della situazione generale interna ed estera della Bulgaria. Sue espressioni circa politica europea non sono state riportate esattamente da Temps. Buroff ha detto testualmente che « tutta la politica europea passa attraverso Parigi e Londra; intorno a tale politica si raggruppa quella mondiale; si ingannano enormemente coloro i quali da noi pensano a ... (2), ma si ingannano ugualmente coloro i quali giudicano che conflitti possano sorgere altrove, poichè non si deve perdere di vista il fatto che il signor Mussolini non romperà mai con Parigi e Londra. Nella mia qualità di ministro responsabile degli affari esteri del regno posso dichiarare che Bulgaria gode oggi a Parigi, Londra, Berlino e Roma di simpatie quali ne godono parimenti gli alleati di ieri di tali potenze; come si traducono tali simpatie? per mezzo del mantenimento dell'integrità territoriale della Bulgaria, della soluzione dell'incidente di frontiera di Petrich, del prestito pei rifugiati, del recente prestito statale. I nostri rapporti con la Jugoslavia vanno migliorando; in breve la situazione della Bulgaria va consolidandosi e l'opera dell'intesa alla conferenza della ,pace [sic] sarà coronata da successo •.

282

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 1018/169. Costantinopoli, 25 febbraio 1929, ore 21,30 (per. ore 4 deL 26).

Mio telegramma 128 (3).

Nel mio ,primo colloquio con Tewfik Roussdi bey con il dovuto tatto mi espressi nel senso indicatomi da monsignor Rotta. Tewfik mi disse si riservava di darmi una risposta dopo avere interrogato consiglio dei ministri e direzione del partito in merito all'attitudine che Governo turco avrebbe dovuto prendere di fronte alla Santa Sede in seguito alla conclusione del trattato con l'Italia.

Nel colloquio di ieri ministro degli affari esteri mi disse che in conformità alle decisioni del consiglio dei ministri e del direttorio del partito, repubblica turca non, dico non, intende per ora e fino a nuove decisioni avere contatti diretti ufficiali con la Santa Sede. Sarebbe opportuno perciò che Santa Sede si astenesse dal fare qualsiasi comunicazione al Governo turco del concluso ac

cordo, come egli in caso di sua visita a Roma si asterrà da qualsiasi visita o contatto con Vaticano.

A giustificazione di questa decisione, che non è conforme a quanto egli ebbe a dire al momento della cortese comunicazione da noi fattagli dell'accordo (mio telegramma 125) (1), egli dicevami aver dovuto consiglio dei ministri tener conto del movimento reazionario sempre più vivace anche in Turchia e della impressione suscitata nei circoli ferventi musulmani dalla notizia di fonte inglese che Turchia kemalista sarebbe sul punto di decidere se divenire protestante o cattolica. Di fronte commenti e inquietudini, che un atto ufficiale del Vaticano verso repubblica turca o di questa verso Santa Sede susciterebbe in quei circoli già nascostamente inquieti, Governo turco preferisce per ora nulla fare che possa anche più o meno mutare stato delle cose attuale. Mi sono espresso in questo senso con monsignor Rotta.

(l) -Cfr. nn. 272 e 273. (2) -Gruppi indecifrati. Secondo Le Temps del 17 febbraio cit., Burov aveva detto a questo punto: « pretese divisioni fra le grandi potenze che dividono in amiche e nemiche •. (3) -Cfr. n. 250.
283

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1082/485. Belgrado, 26 febbraio 1929 (pe1·. il 1D marzo).

Stampa Belgrado da conclusi ad Atene accordi con Grecia, avverte però che essi debbono essere ancora approvati da Venizelos, afferma che (contrariamente a quanto già annunciato che cioè sarebbero stati firmati da Carapanos a Belgrado quando egli passasse da qui per recarsi alla Società delle Nazioni) essi saranno firmati a Ginevra in occasione della prossima riunione della Società delle Nazioni.

Non vi sono per ora grandi osanna nella stampa jugoslava. Il giornale Novosti di ieri, fatto cenno rapido delle relazioni con Atene negli ultimi 5 anni, ricordato che nel quinquennio l'accordo parve più volte fatto sicuro, che invece si ricominciò sempre daccapo, afferma che le notizie odierne • paiono definitive •, ed insinua che la diffidenza greca contro le domande jugoslave e la conseguente resistenza di Atene furono alimentate da una potenza europea che nella richiesta jugoslava di una base commerciale a Salonicco vedeva il pericolo della creazione di una base marittimo-militare. Ma, conclude, • se l'accordo non soddisfa gli interessi SHS nella misura di quello del 1926 pure rappresenta un successo, un passo avanti ed è sufficiente garanzia per il futuro dei popoli balcanici indirizzati l'uno verso l'altro •.

Il Temps sconta già la firma dell'accordo che • rompe l'accerchiamento jugoslavo • (2).

Questa è d'altronde la ragione fondamentale che ha indotto il Governo di Belgrado a recedere dalle sue antiche posizioni e a rinunciare all'insperato successo che Pangalos gli aveva procurato. Come ebbi già a riferire (3), occorreva a Belgrado ad ogni costo, fosse anche quello di una ben grave rinuncia per

a fare •·

i circoli nazionalisti e militari, dare l'impressione che la Jugoslavia non era interamente circondata da vicini ostili ed avversi, che anche mancando un patto di amicizia con l'Italia essa aveva pur potuto accordarsi con uno dei vicini. Se queste sono apparse al Governo Koroscez ragioni sufficienti per decidersi per primo alla grossa rinuncia, ancor più lo erano per il Governo dittatoriale che per consolidare le sue basi all'interno, il suo credito all'estero abbisogna di qualche apparente successo, come sarà dipinto questo con Atene quando sarà definitivamente firmato sotto gli auspici francesi a Ginevra, se di qui ad allora non sorgeranno altre imprevedute difficoltà.

(l) T. gab. 41/125 del giorno 12, che non si pubblica. Orsini Baroni aveva comunicato a Roussdi bey la notizia dell'avvenuta Conciliazione. • Egli riconosce convenienza che anche Turchia si decida ad accordarsi con Vaticano, ciò che Governo kemalista non tarderà molto

(2) -Cfr. l'art. di fondo del 25 febbraio. (3) -Cfr. n. 251.
284

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1146/490. Budapest, 26 febbraio 1929 (pe1·. il 4 marzo).

Con mio telegramma-posta n. 3013/1248 del 27 novembre 1928 (l) informavo l'E. V. che questo Governo aveva l'intenzione di • fare assaggi » presso il Governo bulgaro per conoscere se esso fosse disposto ad addivenire alla conclusione di un trattato di arbitrato con l'Ungheria. Dalle disposizioni al riguardo del gabinetto di Sofia qui si credeva poter pure trarre una giusta impressione sulle reali intenzioni di quei circoli dirigenti nei riguardi di Belgrado, dove non poteva essere visto di buon occhio un riavvicinamento ungaro-bulgaro. Con successivo telegramma n. 12 del 12 gennaio scorso (2) riferivo a

V. E. di aver trovato il ministro Walko soddisfatto della risposta avuta dal Governo di Sofia, che si era dichiarato disposto ad accettare di buon grado la proposta ungherese. Ma ciò nonostante Sofia non ha creduto fino ad oggi approvare il progetto di trattato sottoposto al suo esame. Le previsioni del signor Walko si avverarono. Sofia tace, intimorita come pretende questo ministero degli Esteri, delle osservazioni dei Governi jugoslavo e cecoslovacco.

Conversando con quest'incaricato d'affari bulgaro gli chiesi le sue impressioni. Mi confermò che, dopo la proposta ungherese, i gabinetti di Belgrado e di Praga si misero in movimento per cercare di impedire l'accordo. Belgrado si mostrò di un tratto arrendevole col suo Governo e propensa a trattare la definizione della questione in sospeso: subito dopo aprì le frontiere, da tempo chiuse. Praga « consigliò con insistenza di non abbandonare la causa dello slavismo •.

Mi pare tuttavia improbabile che il gabinetto di Sofia possa rinunciare definitivamente ad un accordo, che non ha nulla di politico, benchè possa essere un primo passo suscettibile di ulteriore sviluppo, per far cosa grata a Belgrado e Praga; mentre si dovrebbe logicamente pensare che il Governo bulgaro voglia per ora solamente sfruttare la proposta ungherese per ottenere dapprima un certo chiarimento delle sue relazioni con Belgrado, salvo poi a concludere il trattato con l'Ungheria dove, come riferii, si hanno accentuate simpatie per la Bulgaria.

(l) -Cfr. n. 85. (2) -T. 176/12, che non si pubblica.
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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA R. 1193/481. Belgrado, 26 febbraio 1929.

Nell'accusare ricevuta della circolare n. 0001 del 18 corrente (l) circa il movimento antifascista, ho l'onore di qui acclusa inviare all'E. V. copia di un telegramma circolare che ho indirizzato in data odierna ai RR. Uffici Consolari in Jugoslavia, al fine di dare maggiore risalto a quanto è contenuto nella circolare dell'E. V. alla quale mi riferisco, e ciò tenuto conto specialmente delle speciali condizioni politiche di questo paese e delle intenzioni non certo benigne delle alte sfere belgradesi verso l'Italia.

ALLEGATO.

GALLI AI CONSOLATI A ZAGABRIA, LUBIANA, SPALATO, SARAJEVO, SKOPLJE, BITOLJE, SEBENICO E SUSSAK

T. rr. P. 1206. Belgrado, 26 febbraio 1929.

Attiro la speciale attenzione della S. V. sulla circolare del R. Ministero degli Affari Esteri n. 0001 del 18 corrente, in cui viene tratteggiata l'azione originale che l'antifascismo internazionale si propone di sviluppare ai danni del Regime Fascista e dell'Italia.

La vigilanza contro le mene del fuoruscitismo e dell'antifascismo deve essere tanto più intensa in questo paese, in cui come alla S. V. è noto, tutte le forze che combattono la potenza italiana hanno favori ed incoraggiamenti da parte delle stesse sfere dirigenti.

Si può dire che la Jugoslavia sia il terreno particolarmente scelto dalla internazionale antifascista per alimentarvi tutti i focolai di disgregazione e di disfattismo entro i confini del Regno.

Occorre quindi che i RR. Uffici Consolari, ed in particolar modo quelli di frontiera, raddoppino di attività e di sorveglianza per sventare a tempo quanto si sta tramando contro l'Italia.

A tal proposito, ritengo opportuno insistere su alcuni elementi, che formano qui la base della azione contro l'Italia.

Mancando in Jugoslavia delle potenti organizzazioni socialiste facenti capo alla II internazionale, il favoreggiamento e le iniziative contro il fascismo si riattaccano a due forze fra di loro alleate, e spesso unite: l'azione del Governo e la Massoneria.

Quest'ultima, come è noto, domina oggi più che mai i circoli militari e politici di Belgrado. Ma non è un mistero che l'attuale Presidente del Consiglio, Gen. Pera Zivkovich è un pezzo grosso della Massoneria Internazionale, che la • Mano Bianca • è emanazione massonica, come lo è pure la • Narodna Odbrana •, e che quasi tutti i componenti dell'attuale Gabinetto sono massonici. Perfino la Direzione della Banca Nazionale, dei principali centri finanziari ed economici di Belgrado sono incamerati nella Massoneria.

Questa prende il suo verbo dal Grande Oriente di Francia, che mantiene continui, strettissimi, assidui contatti colle logge jugoslave. É quindi chiaro che la massoneria SCS è alla testa del movimento antifascista in questo paese.

Ma, a parte l'importantissimo impulso massonico, tutta l'azione del Governo SCS è, finchè le cose rimangono allo stato attuale, ossia finchè dominino le cricche nazionaliste, militari, massoniche, decisamente orientata contro il nostro paese.

Se, nell'attuale regime, molte forme esteriori vengono meglio osservate, e, apparentemente autorìtà e stampa sono ispirate ad una maggiore tolleranza, ed anzi ad una certa considerazione ossequiosa verso l'Italia, sarebbe pericoloso credere che l'attitudine delle alte sfere SCS siano meglio disposte verso di noi, e che vi sia un sincero cambiamento di politica nei nostri riguardi. Che anzi, sintomi e fatti già accertati o in via di accertamento stanno a dimostrare che nel segreto i preparativi sopratutto di carattere milìtare sono lungi dal trovare un rallentamento, mentre l'attività, sopratutto informativa e di preparazione psicologica espletata da questo Stato Maggiore, ai danni dell'Italia ha sempre nuovo impulso.

Ho creduto opportuno di portare quanto precede alla conoscenza della S. V. per completare, nei limiti di questo Stato, le istruzioni contenute nella circolare a cui mi riferisco, e mi lusingo che la S. V. nel suo alto spirito di patriottismo, oltre che nel sentimento del dovere da compiere, non mancherà di adoperarsi come meglio potrà per sventare e combattere le manovre dell'antifascismo.

(l) Non rinvenuta.

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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 1211/484. Belgmdo, 26 febbraio 1929.

I rapporti del R. Console Generale a Zagabria n. 495 e 537 del 12 e 16

c. m. che trasmettono i colloqui avuti dal Dott. Morreale del PopoLo d'Italia con i capi croati Trumbic, Macek, Dezman e le considerazioni che li accompagnano confermano la sensazione che si aveva anche da Belgrado che cioè il fronte croato sia per il momento rotto.

Il Dott. Morreale che aveva visto a Vienna Pavelic incerto e senza alcun prossimo programma (1), ha sentito a Zagabria Trumbic amareggiato ed abbattuto, Dezman fiducioso in combinazioni (basate su una erronea analogia storica che i croati possano ripetere con i serbi il giuoco del 1848 fra austriaci ed ungheresi) derivanti dai rapporti fra Re e popolo serbo e che darebbero alla Croazia la soluzione vagheggiata. Solo Macek rimane fe.rmo nelle sue posizioni, ma il Comm. Rochira ammette possano mancargli le grandi qualità di dominatore di masse.

Non si fa cenno di quella che è la grande parte mobile e fluttuante della opinione pubblica ,che certo fino al 6 gennaio guardava al partito contadino croato ed ai suoi capi ed era con essi solidale, e che oggi è senza alcun dubbio almeno in gran parte calmata dai provvedimenti del Governo Dittatoriale e lavorata da una intensa propaganda che parte da molti centri e specialmente dai bancari, dai finanziari, dai commerciali e dalla ,stampa.

Perciò Re e Generale Zivkovich potranno ripromettersi, se non sopravvengano fatti improvvisi ed impreveduti, di poter di qui a qualche tempo affermare che la tranquillità è tornata in Croazia, che se rimangono velleità separatiste in qualche centro ed in qualche individuo esse non compromettono più la solidità dello Stato, e che si tratta di pochi malcontenti che le leggi eccezionali potranno tenere a freno.

Ciò è effetto della tattica adoperata da Belgrado verso Zagabria. Iniziatasi con provvedimenti duri e minacciosi, ha preso poi atteggiamenti di sedu

zione che se non hanno tolto diffidenza agli uomini politici dirigenti, hanno mitigato nelle masse quel vivo ed attivo senso di ostilità dal quale ogni atto estremo poteva sorgere da un momento all'altro.

È chiaro che si tratta di effetto per ora puramente temporaneo, che la diffidenza resta ancora viva nei capi e nel partito organizzato dei contadini. Ma se non nei rapporti Zagabria-Belgrado, certo nei rapporti Zagabria-CoronaGoverno la ostilità aggressiva è per ora sedata.

Ma intanto la prima parte del programma che ha giustificato il formarsi della situazione dittatoriale sorto coi fini di unificazione dello Stato è prossima a compiersi, e si compierà per intero se altre circostanze fondamentali consentano al Governo Re Alessando-Zivkovich, di durare.

Le quali sono: tranquillità in Serbia, e mezzi per sanare le finanze statali, e permettere una larga politica di favori e di lavori pubblici.

(l) Cfr. n. 249, allegato.

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IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1073/64. Addis Abeba, 28 febbraio 1929 (per. il lo marzo).

Telegramma di V. E. 1861/54 (1).

Non si tratta nè di un invito di questo Governo nè di una proposta definitiva. S. E. Zoli, in occasione venuta Assab del Comm. Marescalchi, mi fece presente sua attività spirito iniziativa che avrebbe potuto essere usufruito anche in altri affari in Etiopia, ecc. Quando poco dopo venuto a conoscenza per informazioni confidenziali che il concessionario della costruzione camionabile in questione (un belga) non era in grado dì far fronte suoi impegni ho segnalato al Governatore dell'Eritrea opportunità che si presentava per l'industria italiana e in particolare per il noto sindacato presentare progetto a mezzo di questa società commerciale etiopica, che all'occorrenza rappresenta la Fiat, e nella quale è interessato stesso Negus. Vi sono altre ditte concorrenti e non è affatto sicuro che concessione possa eventualmente venire assegnata a noi. Dato che camionabile Harrar sarebbe costruita lo stesso anche se non la costruissimo noi, a mio subordinato avviso non sembra che il costruirla e l'esercirla noi possa ledere nostri interessi quando: l) possiamo procurare lavoro a parecchi operai specialisti; 2) idem per ,l'industria nazionale dato che è contemplata costruzione circa 150 opere arte in massima parte ponti metallici; 3) possiamo assicurarci un nuovo sbocco per la nostra industria automobilistica; 4) <possiamo dimostrare che ci interessiamo all'Etiopia non solo nella così detta zona influenza italiana. V. E. ricorderà che io avevo segnalato scorso anno analoga opportunità per la camionabile Gambela-Gore. Non avendo noi creduto profittare concessione, fu costituita una società in Inghilterra. Se V. E. dopo questo chiarimento riterrà contraria nostri interessi eventuale azione sindacato si può facilmente troncare ogni trattativa.

(l) Di piccola registrazione, trasmesso il 25 febbraio a firma Grandi: poichè il Governo etiopico ha invitato il comm. Marescalchi ad assumere anche i lavori della camionabile Dire Daua-Harrar, • prego V. S. dare al riguardo di tale invito che non sembra corrispondente nostri interessi e nostri impegni ogni chiarimento •·

288

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, MEDICI

TELESPR. 210766/46. Roma, 1° marzo 1929.

Nel segnare ricevuta dell'interessante rapporto n. 201/97 del 3 corrente (l) circa la rivolta militare del 29 gennaio u. s., prego l'E. V. di tenere questo ministero al corrente dell'ulteriore sviluppo della situazione e delle eventuali conseguenze della recente sedizione, data la sua grande importanza e le possibili influenze sull'attuale politica della Spagna (2).

289

IL MINISTRO AL CAIRO, PATERNO', AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1111/50. Cairo, 2 marzo 1929, ore 13,25 (per. ore 16,40).

Seguito mio telegramma 29 del 30 gennaio u. s. (3).

Idris mi ha nuovamente inviato solito fiduciario con seguenti proposte: l) Occasione mio primo viaggio servizio in Alessandria si presenterebbe nell'albergo ove normalmente scendo per farmi visita. 2) Per restituzione egli lascerebbe sua casa e scenderebbe altro albergo. 3) Dopo tali incontri preliminari seguirebbe seconda visita alla sede legazione Cairo che io restituirei casa detto Idris. Sembrandomi che nuova iniziativa in conf,ronto alle precedenti abbia carattere più deciso e dimostri apertamente desiderio avvicinarsi, ne riferisco per debito d'ufficio.

290

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO

T. 556. Roma, 2 marzo 1929.

Nota di V. E. n. 1221 del 23 febbraio.

Confermo istruzioni già impartite S. E. Zoli di cui miei telegrammi n. 121

e n. 213 del 12 (4) e 23 gennaio scorso, circa linea di condotta da seguirsi

in occasione suo incontro con Sir Stewart Symes.

Aggiungo che, nei primi colloqui, sarà bene che Governatore Eritrea mantenga contegno riservato, lasciando al Residente di Aden di porre avanti programma che Residenza si propone svolgere nei riguardi situazione penisola arabica e particolarmente yemenita, senza quindi far comprendere, fin dall'inizio, che ad un tale programma noi siamo disposti a consentire a priori.

Sarà bene inoltre che governatore Eritrea insista nel far rilevare difficoltà nostra azione moderatrice su Imam, sia per effetto conflitto anglo-yemenita, sia di fronte intensificata azione sovietica a Sanaa a spiccato carattere antibritannico.

(l) -Non si pubblica perchè riferisce unicamente sugli avvenimenti interni spagnoli. Mussolini ha annotato a margine : « Molto importante •. (2) -Medici riferi in proposito, fra l'altro, con R. r. 828/370 del 29 aprile, che non si pubblica. (3) -T. 479/29, che non si pubblica, col quale Paternò riferiva che Saied ldris gli aveva fatto nuovamente conoscere il suo desiderio di incentrarlo. Saied ldris aveva già espresso questo desiderio (t. r. 55/2, Cairo 5 gennaio 1929). (4) -Cfr. n. 166.
291

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

TELESPR. 211002/84. Roma, 2 marzo 1929.

Suo foglio del 14 febbraio n. 851/136.

Per opportuna conoscenza della S. V. trasmetto in allegato copia di corrispondenza (l) direttami dalla R. Legazione di Durazzo e di Belgrado, alla vigilia dei noti avvenimenti che hanno posto la nuova chiesa autocefala albanese in aperto conflitto con il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. Dalla loro lettura la S. V. potrà trarre altri elementi per porre opportunamente in luce presso codesto Governo l'azione amichevole svolta nella circostanza dalla R. Legazione a Tirana, tanto diversa da quella esplicata dalla rappresentanza jugoslava, che non si è lasciata sfuggire l'occasione per rendere all'Albania questo piccolo servizio, anche se ai danni della Grecia, illudendosi probabilmente con ciò di avere creato un principio di legame fra la chiesa ortodossa albanese e quella nazionale serba, avviando con ciò i rapporti politici serbo-albanesi verso una atmosfera di cordialità, capace di maggiori sviluppi.

292

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

TELESPR. 211063/126. Roma, 2 marzo 1929.

Suo telegramma 62 dell'll corrente (1).

Mentre ringrazio la S. V. per le interessanti notizie fornitemi sull'argomento in oggetto, e mentre approvo ,la linea di condotta seguita dalla S. V. che, senza impedire il naturale sviluppo della tendenza scismatica capeggiata dal Vissarion e favorita nel 1928, dallo stesso Re Zog, ci ha procurato i ringraziamenti del governo greco, trasmetto in allegato (2) copia di teleposta della

R. -Legazione a Belgrado e di due telegrammi del R. Ministro ad Atene, dalla cui lettura la S. V. potrà rendersi conto delle speranze e delusioni generate rispettivamente presso i governi jugoslavo ed ellenico dai noti avvenimenti di Tirana (1).
(l) -Non si pubblica. Sulla questione cfr. nn. 152 e 244. (2) -Non si pubblica. Cfr. nota successiva.
293

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1132/141/83. Parigi, 3 marzo 1929, o1·e 14,35 (pe1·. ore 17,35).

Giornali dì sinistra riproducono e sfruttano articolo (veramente inopportuno) del Libro e Moschetto commentante Conciliazione Romana come sostituzione Italia a Vaticano per la realizzazione Impero.

Converrebbe uscisse d'urgenza breve ispirata pubblicazione Agenzia Stefani che calmasse disagio suscettibilità provocati dall'articolo anche negli ambienti cattolici sereni locali, solenti vedere usuale manovra massoneria.

Articolo fu divulgato ieri sera da una corrispondenza da Roma al Journal des Débats giornale di tendenza protestante.

294

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, E AL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA

T. RR. 563. Roma, 3 ma1·zo 1929, ore 20.

(Per Belgrado). Al telegramma n. 41 del R. Console a Zagabria ho risposto quanto segue.

(Per Zagabria). Suo telegramma n. 41 (2).

Le idee di codesti capi dell'opposizione circa la possibilità e la convenienza di sollevare la questione croata a Ginevra mi confermano nell'impressione che la loro mentalità è purtroppo ancora eccessivamente teorica e che essi non hanno una visione esatta della realtà. È elementare che una discussione a Ginevra su tale argomento non solo non avrebbe risultati pratici favorevoli alla Croazia ma servirebbe a giustificare un più efficace intervento (anche fuori di Ginevra) di quelle tra le grandi potenze che hanno tutto l'interesse a soffocare la questione croata ed appoggiare la politica centralista jugoslava. Dica quindi francamente ai suoi interlocutori che il R. Governo non intende rendere un cattivo servizio alla loro causa e li consiglia con tutta la sincerità

• È mia impressione che la questione meriti di essere molto attentamente seguita, poichè rappresenta una prova non dubbia di contatti e forse anche di legami già intessuti fra il Governo albanese e questo Governo •.

della sua simpatia a non indebolire le loro forze negli ambienti dissolvitori di Ginevra. La realizzazione delle aspirazioni croate dipenderà dell'attività, dalla tenacia e dallo spirito di sacrificio che i croati sapranno dimostrare nel condurre la lotta all'interno del paese e non potrà essere certo assicurata dalle discussioni di un'assemblea internazionale in cui tuttora predominano interessi contrari a quelli della Croazia.

(l) Secondo Galli l'indipendenza della chiesa ortodossa albanese costituiva un successo del Governo di Belgrado (t. posta 1134/452 del 23 febbraio). Con successivo t. 1453/680 del 15 marzo Galli osservava:

(2) T. per corriere 1079/41 del 26 febbraio, che non si pubblica.

295

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA

T. 567/26. Roma, 4 marzo 1929, ore 24.

Telegramma di V. E. n. l (1).

Governo britannico avrebbe dovuto prima di presentare la sua proposta al consiglio della Società delle Nazioni di modifica all'ordinamento giudiziario nell'Irak presentire Governo italiano con cui ha in materia impegni assunti al momento in cui fu ad esso riconosciuto il mandato sul paese. Non avendolo fatto V. E. dovrà prima della discussione della proposta in consiglio far comprendere delegato britannico ,che la procedura seguita non sembra la più regolare poichè non è ammissibile che accordi presi fra potenze siano modificati od innovati da consiglio Società delle Nazioni prima che sia intervenuta una intesa fra i contraenti. Ammettere una tale procedura sarebbe in materia di mandato a noi sicuramente svantaggioso perchè potrebbero in tal modo venire annullati accordi conclusi con tanto sforzo con Gran Bretagna e specialmente con Francia. Tali accordi ebbero come contropartita la nostra adesione al riconoscimento dei mandati su determinate regioni nelle quali cercammo appunto con essi salvaguardare nostri interessi e crearci una posizione di qualche privilegio di fronte ai terzi stati che non erano come noi grandi potenze mediterranee vittoriose con le potenze mandatarie nella grande guerra. Trattandosi con la proposta inglese di autorizzare Governo britannico ad aprire trattative con Governo irakiano per poter in seguito proporre al consiglio una nuova riforma giudiziaria V. E. potrà, ove la maggioranza sia già acquisita alla tesi inglese, non opporsi ma avendo fatto previamente comprendere in via confidenziale al delegato britannico che l'Italia si riserva di esaminare la riforma giudiziaria quando dovrà essere approvata definitivamente dal consiglio, e nel caso che essa non sia conforme alla lettera ed allo spirito degli accordi esistenti in materia con la Gran Bretagna, nostra delegazione Società delle Nazioni non potrebbe approvarla che in seguito ad una avvenuta intesa fra i due Governi portante modifica agli accordi esistenti, ed in sede di tali negoziati fra le due potenze saranno da noi esaminati nostri interessi nell'Irak e ripercussione che potrebbe avere una tale riforma in altri paesi già a regime ,capitolare.

(l) T. 1109/1, Ginevra 2 marzo, che non si pubblica.

296

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA RR. 598/256. Budapest, 4 marzo 1929.

A telespresso di V. E. n. 209285/67 del 21 febbraio scorso (1).

Come da istruzione ricevuta ho personalmente intrattenuto verbalmente il conte Bethlen, nella Legazione stessa, della delicata questione riguardante l'invio e l'addestramento in Italia di ufficiali ungheresi dell'aviazione. Prospettategli le possibili soluzioni, il Presidente mi disse preferire quella che contempla l'assegnazone degli ufficiali da istruirsi in corpi di polizia e gendarmeria ecc. che possono fruire delle agevolazioni previste dall'annesso 6 al protocollo Conferenza Ambasciatori 19 maggio 1927.

Non mancai poi naturalmente di mettere in pari tempo in rilievo questa nuova prova dell'amicizia italiana verso il suo Governo ed il suo Paese. Incaricai quindi il Ten. Col. Oxilia di prendere accordi e di concretare, sempre verbalmente, col Ministero della Difesa Nazionale le pratiche e le modalità dell'invio di detto personale in Italia.

Il conte Csàky, come risulta dall'unito rapporto presentatomi dal R. Addetto Militare, adottò una soluzione anche migliore e più semplice in quanto che invierà personale militare, ma non figurante nei ruoli dell'Esercito nè dei Corpi armati dello Stato (2).

297

IL MINISTRO A PRAGA, VANNUTELLI REY, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 319/117. Praga, 4 marzo 1929.

Leggo nella collezione dei documenti diplomatici a stampa (N. 301) il promemoria (3) del marchese Antinori al R. Ambasciatore a Berlino sulla visita fattagli dal Dr. Knirsch, membro della frazione nazionale socialista tedesca al Parlamento cecoslovacco.

Poichè costui, secondo quanto risulta dal promemoria suddetto, potrà avere

in seguito contatti con la R. Ambasciata presso il Reich, mi affretto ad ogni

buon fine (e l'avrei fatto prima se il telespresso n. 103 del Conte Aldrovandi

mi fosse stato comunicato direttamente) ad esprimere l'avviso che, pur essendo

utile raccogliere, beninteso con la debita tara e con il debito controllo, le infor

mazioni che egli sarà per fornire in appresso, occorra essere estremamente

cauti nel prendere in considerazione la «collaborazione morale e spirituale

col Fascismo italiano » da lui profferta.

I socialisti nazionali tedeschi, e con essi il Dr. Knirsch, hanno scarsissimo

peso nella politica interna della Cecoslovacchia, dove essi rappresentano sol

t1l.nto il 2 % della massa elettorale e del Parlamento mentre molti dei loro

hanno recentemente defezionato per passare nelle fila del nuovo gruppo della

Arbeits-und-Wirtschaftsgemeinschaft fondata da Rosche (miei telespressi del

6 agosto e dell'l! dicembre 1928 nn. 633 e 1003).

I maggiori partiti di nazionalità germanica sono qui tenaci difensori, bensì,

della loro razza e della loro cultura, ma collaborano strettamente (sia pure

nell'intento recondito di una futura e ben patteggiata adesione all'imperialismo

economico del Reich) con i partiti cechi al governo.

Viceversa, i socialisti nazionali rimangono isolati, come in Germania gli

Hakenkreuzer di Hitler, onde una loro campagna, diretta o indiretta, a nostro

favore ci arrecherebbe assai più danno che vantaggio.

(l) -Cfr. n. 275. (2) -Non si pubblica l'allegato. La soluzione proposta da Csàky era che gli aviatori ungheresi fossero inviati in Italia • con lo scopo dichiarato di studiare e far pratica con la nostra aviazione civile >. La soluzione fu approvata da Balbo (N. rr. 4630, 2 maggio 1929, al ministero degli Esteri). (3) -Cfr. n. 193, allegato.
298

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, MANZONI, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, E AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

T. 600. Roma, 6 marzo 1929.

(Per Colonie, Parigi, Londra). Essendo pervenuta notizia a questo ministero che il R. ministro in Addis Abeba avrebbe proposto al comm. Marescalchi del sindacato italiano per la costruzione ed esercizio della strada Assab-Dessié di assumere la concessione anche nella camionabile Dire Daua-Harrar (che giusta accordo tripartito del 1906 travasi nella cosidetta « zona di influenza francese ») chiarimenti vennero richiesti al comm. Cora, il quale in data 28 febbraio

u. s. ha telegrafato quanto segue (1).

Ho risposto: (Solo per Addis Abeba). Suo 64. (Per tutti). Concordo con V. S. nel ritenere conveniente una nostra par

tecipazione nella costruzione ed esercizio della camionabile Dire Daua-Harrar, sia con capitali sia con mano d'opera, ma ritengo ·che sia assolutamente da escludere che atto concessione detta camionabile venga intestato a persona o ditta italiana dato che essa travasi nella zona di influenza francese contemplata dall'accordo tripartito del 1906, accordo che il R. Governo intende sia rispettato particolarmente nei riguardi della Francia, essendo questo unico mezzo p2r pretenderne rispetto nei nostri riguardi.

24 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

(l) Cfr. n. 287.

299

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO

T. PER CORRIERE RR. 605. Roma, 6 marzo 1929.

Mi riferisco al rapporto del R. console in Aden n. 171 del 16 febbraio scorso (1), direttamente inviato per conoscenza a V. E.

Dal colloquio avuto dal comm. Canero Medici con Sir Stewart Symes sembra apparire che da parte britannica si intenda dare la sensazione che il prossimo incontro fra il Residente di Aden ed il Governatore dell'Eritrea avrà carattere di vere e proprie conversazioni per la fissazione di un programma di azione da svolgere, d'intesa, dai due Governi nei riguardi della situazione della penisola arabica e particolarmente di fronte allo Yemen.

Allo scopo di non far sorgere nell'animo dell'Imam una tale impressione

(che è tutto interesse inglese di provocare e nostro di evitare) prego V. E., nel confermare a S. E. Zoli le istruzioni già impartitegli (2) circa la linea di condotta da seguire nel prossimo incontro, di volergli far considerare se a suo giudizio non sia opportuno che egli informi l'Imam della prossima visita che farà Sir Stewart Symes all'Asmara, ed al contempo lo assicuri sul carattere dell'incontro i cui scopi non sono in contrasto con le relazioni di reciproca amicizia esistenti fra l'Italia e lo Yemen.

300

IL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

N. 1338. Roma, 6 marzo 1929.

Invio a codesto R. Ministero -per debita conoscenza -copia di lettera indirizzatami da S. E. l'on. Rosboch sulla Società Commerciale Italo-Araba. Unisco -con preghiera di restituzione -la relazione sull'andamento della Società -la lettera l o giugno scorso, indirizzata dall'on. Rosboch a S. E. il Capo del Governo, trovasi già agli atti di codesto Ufficio.

Non mi dilungo sulla necessità di fare quanto è possibile per rinsaldare l'ossatura finanziaria e rendere più alacre ed attivo il funzionamento della Società. Di ciò codesto Ministero è persuaso quanto e più di me.

È anche inutile spiegare che molte delle proposte contenute nella citata lettera a S. E. il Capo del Governo non sono -per ovvie ragioni di carattere

politico basate sulla natura dei nostri rapporti con lo Yemen -attuabili almeno nelle condizioni attuali.

Ma -riferendomi alla recente conversazione avuta dal Consigliere di Legazione Tuozzi con il Segretario Generale di colonia Astuto -credo che la questione pregiudiziale da affrontare e risolvere sia quella di un maggior finanziamento della Società; e che a tale riguardo sarebbe opportuno studiare la possibilità di cointeressare in essa il Sindacato Itala Etiopico. Due ordini di considerazioni mi spingono a ritenere plausibile questo concetto: il fatto che tale Sindacato (o per essere più esatti la Società che da esso dovrà derivare dopo ultimati gli studi in corso) ha già il suo campo d'azione nel basso Mar Rosso e può essere indotto ad intervenire in altre iniziative in quei paraggi più facilmente che non altri Enti finanziari che svolgano la loro attività nel Regno; E la considerazione che -ultimata la strada Assab-Dessiè -la Società ItalaAraba potrebbe estendere la sua azione anche al commercio con l'Abissinia attraverso questa nuova via di penetrazione.

Inoltre -sempre riferendomi alla suddetta conversazione -credo che potrebbe studiarsi la possibilità di un finanziamento della Società da parte dello Stato, avvalendosi dei fondi che il Governo dell'Eritrea ha a sua disposizione quale prodotto della sua speciale azione commerciale nello Yemen.

Forse su questo complesso ed importante problema potrebbe essere utile un preliminare e verbale scambio di idee. Ove codesto Ministero concordi con me, potrebbe tenersi una riunione che io presiederei con l'intervento di rappresentanti dei due Ministeri, del Consigliere Delegato della Società Commerciale Itala-Araba, ed anche -eventualmente -dell'an. Rosboch, dato l'interesse che f.gli conserva per questa iniziativa a lui dovuta e tenuto conto del contributo che egli -nella sua attuale carica -potrebbe assai utilmente dare alla risoluzione della questione.

ALLEGATO.

ROSBOCH A DE BONO

Roma, 15 febbraio 1929.

Il Senatore Gasparini mi comunica che stai portando la tua attenzione sugli organismi economici operanti nel Mar Rosso tra i quali la Società Commerciale Italo-Araba ha particolare importanza commerciale e politica per l'opera di penetrazione che svolge nello Yemen.

Ritengo pertanto di farti cosa gradita trasmettendoti la relazione (l) che mi è stata consegnata in questi giorni dal mio successore nella presidenza di detta Società, da me fondata quasi tre anni or sono per desiderio del Governo Nazionale e del Governo Eritrea.

" La Società Commerciale Italo Araba costituita per desiderio di S. E. il Capo del Governo e con l'appoggio del Ministero delle Colonie nel marzo del 1926 allo scopo di sviluppare i rapporti economici fra l'Italia e lo Yemen, pose in un primo tempo come principale obiettivo della sua attività l'esercizio del monopolio di vendita del petrolio, concessione di monopolio che aveva potuto ottenere dall'Imam. Contemporaneamente creava in Italia un'organizzazio.ne commerciale per la vendita dei prodo.tti esportabili dallo Yemen (principalmente caffè e pelli).

Il secondo semestre del 1926 fu quasi tutto impiegato ad esaurire lo stock di petrolio esistente nei diversi centri dello Yemen per conto della Banca Coloniale di Credito (Asmara)che prima della SCITAR importava petrolio in tale regione. Fu fatto uno studio dei prodottinazionali che potevano trovare colà facile sbocco nonchè di quelli di possibile vendita in

Allegata alla relazione troverai la copia di una lettera (1), da me indirizzata a S. E. il Capo del Governo, del giugno scorso, e contenente il programma di sviluppo allora delineato e che non ha avuto sinora principio di attuazione avendo io dovuto lasciare la presidenza della Società in conseguenza della mia nomina a Sottosegretario.

Qualora ti accorressero maggiori chiarimenti te li potrò fornire io stesso se concernenti l'attività passata; se riguardanti l'attività presente e futura ti potrà fornire tutte le indicazioni il Consigliere delegato della Società Capitano Luciano Torti Alberti che all'Azienda dedica da tre anni la sua opera del tutto gratuitamente, con un disinteresse che gli fa onore.

Italia o in Europa. Furono istituiti rappresentanti in varie località dello Yemen e nelle piùimportanti città d'Italia.

Negli ultimi gio.rni del 1926 si potè iniziare a Hodeida la vendita del petrolio direttamenie importato dalla SCITAR e nel febbraio del 1927 cominciavano ad arrivare in Italia i primi r4 uantitativi di caffè Moka, subito conosciuti ed apprezzati dai negozianti e dai consumatori italiani.

Fra i prodotti spediti a Hodeida dall'Italia, trovarono facile collocamento i fiammiferi italiani, il cui commercio ancor più si sviluppò nel 1928; il sapone; varie specie di tessuti di cotone, di lana e di seta, e lo zucchero...

La gestione del monopolio di vendita del petrolio causò alla Società una perdita di

L. 260.972,72 senza possibilità di poterla riparare nell'esercizio successivo come sarebbe stato possibile se il monopolio fosse stato mantenuto o rispettato, perchè il ritorno alla libera concorrenza diminuì automaticamente le vendite per l'ingresso sul mercato yemenita del petroliodella Standard Oil Co. e dell'Asiatic Petroleum Co. i cui rappresentanti avevano avuto nella lotta contro la nostra Società parte preponderante...

La rivalutazione della lira cagionò una cospicua perdita alla Società perchè svalutò in misura sensibile la notevole esistenza sia di caffè che di petrolio, deprezzando contemporaneamente il valore in lire dei talleri posseduti e dei crediti verso clienti dello Yemen, pureespressi in talleri...

Sono quindi in totale L. 318.000 di perdita, cifra suscettibile solamente di modificazioni di non forte entità.

Il secondo esercizio di attività commerciale della Società pur chiudendosi con un disavanzo già previsto poichè non si pc.teva di un subito capovolgere la situazione, segna però un sensibile progresso sia per la diminuzione delle spese generali come per gli utili realizzati sul caffè.

I risultati di questi due anni di attività devono considerarsi quasi inevitabili.

Tutte le Aziende che hanno per oggetto l'attività in Paesi coloniali incontrarono .neJi

primi anni forti sacrifici i quali posso.no nell'avvenire essere ricompensati se l'azione della

Società viene proseguita con tenacia avvalendosi degli insegnamenti che l'esperienza avrà

dettato. Particolarmente difficile poi fu l'epoca nella quale la Società Commerciale Italo Araba

iniziò la propria attività -tanto che non sarà inutile ricordare che la Società Coloniale

Italiana che da ben trenta anni svolge la sua attività negli stessi Paesi della Itala. Araba ebbe

nel 1926 una perdita di Lit. 869.008 e nel 1927 di L. 7 .976.279.

Allo stato attuale si impone:

-continuare a sviluppare il commercio del caffè, fiammiferi e pelli, liquidando lo stock di petrolio esistente. Ferse in seguito per il ritiro dei concorrenti dal mercato yemenita, dopo la dura lezione pure da loro sopportata, il commercio del petrolio potrà nuovamente inte

ressare...

Non è quindi azzardato affermare che l'esercizio 1929 potrebbe chiudersi in pareggio od

al massimo con una perdita di qualche decina di migliaia di lire strascico dei passati esercizi:

e ciò starebbe a dimostrare come l'Azienda sia vitale e capace di prosperare all'infuori del

fine politico, per il quale, non bisogna dimenticarlo, era stata creata...

Ciò che urge e non ammette dilazioni è, dobbiamo ripeterlo, la certezza che la Società

possa continuare la sua attività commerciale ciò che permetterà di prendere nuove iniziative

m Italia, stringere altre relazioni all'estero e dare affidamento a tutti coloro coi quali siamo

in rapporti di affari che possono tranquillamente appoggiarsi alla nostra Azienda per i loro

ordini di caffè ciò che in definitiva è il no.stro interesse.

È doveroso aggiungere che qualora si riuscisse ad aumentare considerevolmente il com

mercio del caffè portandolo almeno a q.li 9.000 annui (che dovrebbero dare un utile lordo

corrispondente a L. 450.000 circa). sarebbe necessario un maggior finanziamento di almeno

L. 600.000.

È da ricordare che la nascita e l'opera della SCITAR fu salutata con compiacimento dal Governo Nazionale e da quello della Colonia Eritrea il quale molto spesso si è servito della nostra Società per le sue operazioni finanziarie e commerciali nello Yemen. e considera la SCITAR come una sua collaboratrice che lavora a fianco dei suoi rappresentanti per estendere nello Yemen l'influenza italiana facendo conoscere i principali prodotti nazionali. D'altra parte il Governo dello Yemen apprezza esso pure l'opera che la Società svo.lge nel suo Paese comprendendo come essa concorra in forte misura allo sviluppo dei suoi traffici, e si può affermare che il prestigio italiano è efficacemente aumentato nello Yemen dall'epoca nella quale è so.rta la nostra Filiale di Hodeida, essendo la prima Società italiana che abbia svolto in quel Paese un lavoro serio e regolare.

Dobbiamo in ultimo rammentare che la SCITAR era sorta con fini politici ed intendimenti commerciali ed industriali di maggiore portata verso i quali S. E. il Capo del Governo si era compiaciuto volgere la sua benevola attenzione, tanto che nel giugno scorso S. E. l'On.le Rosboch allora Presidente della Società, espose nel memoriale che si unisce un pro~ramma di attività futura, programma a cui S. E. il Capo del Governo si compiacque di dare in linea di massima la propria alta approvazione ».

(l) -Non si pubblica. (2) -Cfr. n. 166.

(l) Della relazione, che è in data 5 febbraio 1929, si pubblicano solo i passi seguenti:

(l) Manca.

301

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA RR. 861/511. Vienna, 7 marzo 19.29.

Zingarelli mi prega di comunicare:

«Il generale Sarkotic mi ha chiamato per dirmi che i croati, avendo la massima fiducia in Mussolini, desiderano che il tono della loro questione sia dato da lui. Siccome essi sono degli ottimi patrioti, disposti a sacrificarsi anche personalmente, non vogliono chiedere denaro affinchè non li si scambi per avventurieri. D'altro canto colle piccole somme non si farebbe nulla, mentre il momento per impiegare forti somme non è ancora venuto.

Quando S. E. Mussolini chiederà qualche cosa ai croati, se sarà possibile, sarà [eseguita] senz'altro; altrimenti si dirà che per eseguirla occorrono determinati mezzi. Il giornale progettato uscirà per ora in forma modesta. Politicamente i croati sosterranno la tesi che i firmatari degli accordi di Corfù e dei successivi (durante la guerra) non avevano alcun mandato popolare. Ma, anche se impegni furono assunti, Re Alessandro, proclamando la dittatura, ha mancato agli impegni suoi verso i croati e reciprocamente ha restituito ai croati la loro libertà di agire. Alla domanda che cosa si prepari in Croazia, il Generale Sarkotic ha risposto che si preparano grandi cose • (1).

302

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI

TELESPR. 212104/243. Roma, 8 marzo 1929.

Approvo attitudine da V. E. osservata nei riguardi di codesto Ministro di Georgia signor Akaki Tchenkeli (2). Questo R. Ministero è infatti d'avviso che convenga seguire con interesse l'azione e la attività delle diverse personalità ed organizzazioni che lavorano all'estero per la disgregazione e la trasformazione dell'U.R.S.S. in tanti stati nazionali autonomi, ma che occorra astenersi da ogni atto o anche semplice parvenza di riconoscimento ufficiale o ufficioso di tali organizzazioni e evitare assolutamente di assumere qualsiasi impegno. (V. anche Documento Diplomatico n. 323 del 15 febbraio) (3).

Nulla osta ·peraltro a che il signor Akaki Tchenkeli si rechi in Italia, beninteso in qualità di semplice privato. Autorizzo pertanto l'E. V. a vistare il

suo passaporto, comunicando tempestivamente a questo R. Ministero di quale specie di passaporto egli sia munito e in quale data e da quale frontiera egli si proponga entrare nel Regno.

Colgo l'occasione per pregare V. E. di voler riferire quanto le sia dato di appurare circa l'azione che il Signor Tchenkeli svolge costì e specialmente circa i suoi rapporti con codesto Ministero degli Affari Esteri, se risulti che egli ne riceva qualche aiuto finanziario e in qual modo si giustifichi la presenza a Parigi di un Ministro di Georgia, nonostante l'avvenuta ripresa di rapporti diplomatici tra la Francia e l'U.R.S.S.

(l) -Il 13 marzo ci fu a Vienna un colloquio tra Zingarelli e Pavelié. Quest'ultimo disse: « Verso l'Ungheria i Croati mantengono attitudine costantemente negativa: fra l'altro es!li rimproverano tutti all'Ungheria d'ante guerra di avere impedito la soluzione del problema jugoslavo proposta da Sarkotic, Holzer, Seidler ed altri autorevoli croati ed austriaci, e dicono che in fondo l'Ungheria si è meritata la sua sorte odierna •. (2) -Risponde al t. 356/211 del 18 gennaio col quale Manzoni riferiva il desiderio di Akaki Tchenkeli di esser messo in contatto con membri del Governo o personalità ufficiali italiane. (3) -Non individuato.
303

IL MINISTRO A BUCAREST, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1232/71. Bucarest, 9 marzo 1929, ore 21 (per. ore 0,10 deL 10).

Giusta un comunicato ufficiale di stasera notizie apparse a Berlino circa esistenza di un trattato militare segreto romeno italiano « rappresentano una invenzione tale che non è degna di ricevere una smentita » (1).

304

IL CONSOLE GENERALE A MALTA, REY DI VILLAREY, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 210/46. MaLta, 9 marzo 1929.

La Tribuna del 6 corrente sotto il titolo « Malessere Politico-religioso a Malta •, riproduce la lettera diretta da Mons. Mauro Caruana, Arcivescovo di Malta al suo Vicario per protestare contro alcune insinuazioni fatte da Strickland contro il Vescovo del Gozo e lo stesso Vicario Mons. Camilleri, nella Seduta dell'Assemblea Legislativa del 21 febbraio u. s. e fa seguire la lettera stessa da un commento che non potrebbe essere più inopportuno perchè assolutamente contrario alla verità. Da esso commento si rileverebbe che il Padre Carta, dei Minori Conventuali, sull'opera del quale ho avuto l'onore di riferire all'E. V. con un mio passato rapporto, ha preso delle misure disciplinari contro il P. Micallef perchè da lui ritenuto colpevole di « sconvenienti manifestazioni favorevoli al partito di Strickland ».

Anzitutto il P. Carta non ha preso alcun provvedimento contro il P. Micallef, non avendone la facoltà: il provvedimento è ,stato preso dal P. Generale residente a Roma: inoltre, le ragioni del provvedimento debbono ricercarsi unicamente nella vita scostumata e scandalosa condotta dal Micallef, mentre non è mai stato fatto cenno alle sue opinioni politiche.

Il commento della Tribuna viene quindi a dar ragione a Lord Strickland,

i! quale, in parlamento e nella stampa a lui favorevole, ha mosso la nota violenta

campagna contro Il P. Carta ed ha impedito la partenza del P. Micallef trasferito ad altra Sede dal suo Generale, giustificando il suo agire coll'affermare che il provvedimento preso dal P. Carta era determinato da ragioni politiche.

E non dubito che i giornali costituzionali e lo stesso Strickland sapranno ben approfittare del commento della Tribuna.

(l) Ma cfr. serie VII, vol. VI, n. 295 nota.

305

APPUNTO DEL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, PER IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

. (l)

Nel sottoporre all'esame di V. E. l'accluso interessante rapporto del R. Console Generale a Malta, mi permetto di osservare che la campagna condotta finora dai giornali italiani (e specialmente dalla Tribuna) contro Lord Strickland non sembra la più adatta a raggiungere i difficili scopi che dobbiamo proporci.

Questa campagna è attuata infatti unicamente sotto la forma di attacchi personali, violenti ed ingiuriosi, contro il Capo del Governo Maltese, ed ispirata dall'On. Mizzi, di Malta, il quale non sembra la persona più adatta per favorire la formazione a Malta di un ambiente più simpatico all'italianità.

Io ritengo che piuttosto di metterei in una via di aspre polemiche di stampa, assolutamente inefficaci per far cambiare le decisioni del Governo Maltese ed ancora meno adatte a provocare un intervento del Governo di Londra, ci convenga assai più di svolgere un'azione calma e serena per accaparrare simpatie all'Italia, realizzando un serio programma di propaganda culturale e fascista.

Come giustamente osserva il R. Console a Malta, la campagna contro la lingua italiana a Malta minaccia di assumere proporzioni sempre maggiori, trasformandosi in una vera e propria campagna italofoba. E ciò in parte per nostra colpa.

Mi permetto quindi sottoporre a V. E. le seguenti proposte:

l) dare istruzioni all'Ufficio Stampa di vietare ai giornali italiani (e specialmente alla Tribuna) qualsiasi pubblicazione sulle cose maltesi se non sia stata previamente sottoposta all'esame di questo Ministero e da esso approvata;

2) far preparare intanto una serie di articoli obiettivi e sereni sulle questioni che ci interessano a Malta per pubblicarli mano a mano sui giornali italiani;

3) incaricare il R. Console a Malta di studiare in qual modo si possa accaparrarsi i servizi di un giornale maltese, allo scopo di efficace propaganda italiana, e senza entrare nelle polemiche locali;

4) inviare a Malta di tanto in tanto qualche serio conferenziere e vedere .sf: sia possibile creare localmente qualche nostra istituzione di penetrazione <'Ultura, appoggiandola ad esempio all'« Italica • (2).

(l) -L'appunto è privo di data. Si inserisce qui tenendo conto del fatto che il rapporto da Malta cui si riferisce è del 9 marzo (cfr. n. 304). (2) -Annotazione marginale di pugno di Grandi: • Approvo le proposte dell'Ufficio, e prego dare ad esse esecuzione».
306

IL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 1498. Roma, 10 marzo 1929.

Trascrivo qui di seguito il telegramma inviato oggi al R. ministro al Cairo, in risposta al telegramma di questi n. 50 a codesto ministero (1).

• Prendo atto suo 50 agli Esteri e autorizzo scambio visite in Alessandria con Idris secondo modalità comunicate. Nei colloqui prego V. S. attenersi seguenti istruzioni: se Idris mantiensi limiti pura cortesia, anche V. S. dovrà rimanere entro tali limiti, evitando accenni politici; se Iàris entra in argomenti politici, V. S. potrà ascoltarlo, avvertendolo che di quanto egli dice Ella riferirà ministero Colonie, a ciò limitandosi suo mandato; se Idris chiedesse di Redà Ella potrà informarlo che R. Governo gli ha benevolmente accordato di rientrare Bengasi. Riservomi istruzioni per successivi colloqui Cairo, dopo conosciute> esito quelli di Alessandria ».

307

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) UU. 20/51. Sofia, 11 marzo 1929, ore 14 (per. ore 15,45).

Decifri Ella stessa. Lettera n. 7755 del 4 dicembre 1928 (2), di S. E. Grandi, e preceden:e corrispondenza.

Tomalewsky prega V. E. inviargli possibilmente, in diverse valute, restanti lire 500.000. Dovendo egli partire per Roma 14 corrente prega V. E. telegrafarmi assicurazione invio somma, che io consegnerò a membro comitato che mi verrà indicato da Tomalewsky prima della sua partenza.

Oramai programma di cui al mio rapporto 702 (3) è in pieno sviluppo e tutti gli elementi dell'O.R.M.I. (Protogheroff) sono in Macedonia per esercitarvi propaganda in attesa che miglioramento stagione consenta ripresa azione. Moralità Tomale\vsky e compagni è screditata [sic] e situazione due frazioni continua quale descritta mio citato rapporto con sola differenza che primato di :!\'flhailoff in Bulgaria comincia declinare come risulta da fatto senza precedenti che distretti macedoni musulmani Petric Kustendil Gornagiumaia hanno dato nelle recenti elezioni municipali quasi 2000 schede bianche o contenenti frasi di protesta contro Mihailoff, mentre sino a scorso anno popolazione bulgaromacedone aveva sempre votato unanime per lista impos'.a da O.R.M.I. (4).

Cfr. un appunto di Ghigi dello stesso giorno relativo ad un colloquio col dott. Costantino Stanichev, presidente del Comitato Nazionale Maccdone: " Il Presidente del Comitato Nazionale mi parla infine di Ivan Mihailoff... non una parola su TomaleskL. Egli esprime infine il suo rincrescimento di non essere in rapporti col Ministro Piacentini e si augura di farlo al suo ritorno a Sofia ».

(l) -Cfr. n. 289. (2) -Non rinvenuta. (3) -È un lungo rapporto segreto personale per Mussolini, n. 2773/702 del 15 ottobre 1928, che non si pubblica. (4) -Annotazione di Grandi: • Telegramma piuttosto confuso. Sarei d'avviso di lasciar cadere, almeno per il momento, la domanda del Tomalewsky ».
308

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI

T. GAB. (P. R.) 9/181. Roma, 11 marzo 1929, ore 24.

Ho ricevuto per un momento signor Pertinax e ammetto di aver fatto malissimo. Articoli suddetto signore sono semplicemente un tessuto di menzogne e di perfidie. Episodio conte Caserta è semplicemente inventato e imbecille (1). Avendo conte Caserta richiesto tessera fascista ho ordinato che gli fosse negata. Faccia intendere al direttore dell'Echo de Paris, al generale Castelneau che articoli Pertinax deplorati anche dall'Osservatore Romano sono da considerare pessimi ai fini della politica itala-francese e che d'ora in poi Pertinax sarà in Italia considerato come un nemico coll'aggravante della stupidità.

309

IL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. uu. 1661. Roma, ... (2).

Risposta al telegramma a mano n. 583 del 4 c. m. (3).

Dato il prossimo incontro del R. Governatore dell'Eritrea con Sir Stewart Symes, credo opportuno di richiamare l'attenzione di V. E. su quanto telegrafa il R. Console in Aden (te!. N. 13 del l o corrente) circa una eventuale e da parte inglese desiderata collaborazione per richiesta di concessioni commerciali ed industriali nello Yemen.

Ho Ietto, trasmesso dal Marchese Paternò di Manchi, l'articolo del cairino El Balagh dello scorso gennaio, in cui si dice fra l'altro, che l'Italia dopo firmato un trattato con l'Imam, si mise d'accordo con l'Inghilterra e • lavorarono tutte e due, l'una accanto all'altra, contro il Yemen »; e in cui si vuol dare l'impressione che le ostilità aperte dal Governo Britannico per i noti nove distretti siena state conseguenze di questi accordi; e si conclude con l'indicare come conseguenza degli accordi stessi il recente trattato bolscevico-yemenita.

Sono frasi di un giornale; ma noi che assistiamo da varì mesi a una indubbia e non equivoca freddezza dell'Imam nei nostri riguardi, dobbiamo riconoscere che esse sono certo basate su di uno stato d'animo che regna a Sanaa.

Conviene quindi rafforzare questo stato d'animo, oltre che con la visita del Symes ad Asmara (che non potrà non avere nello Yemen una qualche sfavorevole

ripercussione) anche con la creazione di una specie di fronte unico anglo-italiano per la penetrazione commerciale ed industriale nel paese? Fronte unico che, se giungesse a risultati concreti (ciò che è per lo meno dubbio), sarebbe poi più favorevole agli interessi inglesi che non ai nostri?

Sono quesiti che mi pare debbano essere considerati, per impartire al più presto istruzioni al Governatore Zoli per sua norma di linguaggio verso Sir s:ewart.

(l) -Allude ad un articolo sugli Accordi Lateranensi nel quale Pertinax affermava che il Governo. italiano avrebbe fatto delle offerte in danaro al conte di Caserta se questi avesse rinunciato alle sue pretese sul regno delle Due Sici!ie. (2) -II documento è privo di data. Fu protocollato al Ministero degli Esteri in data 11 marzo. (3) -Col quale veniva trasmesso il t. da Aden 1134/13 del 10 marzo. Entrambi i doc. non vengono pubblicati.
310

IL MINISTRO A PRAGA, VANNUTELLI REY, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 355/141. Praga, 11 marzo 1929.

Nel mio rapporto N. 1730/1009 del 17 Decembre u. s. (l) segnalai la tendenza del partito nazionale magiaro capitanato da Szent-Istvany verso una collaborazione con Praga, a simiglianza di quanto ha fatto da più di tre anni la grande maggioranza dei tedeschi di tutta la Repubblica.

Contro tale tendenza ha, naturalmente, subito reagito, con ogni appoggio da Budapest, l'altro dei due maggiori partiti magiari ossia quello dei cristianosociali, capitanato da Szullo, lavorando alacremente per formare un fronte unico su base negativista, ossia astensionista e irredentista a oltranza.

Con l'articolo di cui allego la traduzione (1), l'officiosa Ceskoslovenska Republika accentua, a scopo di demoralizzazione degli avversari, le difficoltà che i cristiano-sociali incontrano nel conseguimento del loro intento, ma ciò non pertanto mi corre l'obbligo di informare V. E., ad ogni buon fine, che non è troppo da contare su una resistenza sine die dell'irredentismo magiaro in Slovacchia.

La Slovacchia si divide, com'è noto, in due sezioni: l'una, a nord, popolata da poco più di due milioni di slovacchi, l'altra, a sud, da poco meno di un milione di magiari. In ciascuna di queste masse, relativamente assai compatte, sussistono

-o esistono isole avversarie: piccole borghesie magiare nelle cittaduzze perdute in mezzo alla campagna slovacca, piccole colonie ceche di recente importazione nei maggiori centri e talvolta anche nelle piaghe più fertili della zona magiara. Senonchè i contadini, ossia il novanta per cento della popolazione di stirpe ungherese della Slovacchia, abilmente vezzeggiati da questo governo con la concessione a buon prezzo delle terre resecate dai latifondi, sono diventati indifferenti al movimento irredentista e, pur esigendo da Praga il rispetto della propria lingua e della propria cultura, non hanno nessuna voglia di ritornare sotto il dominio di Budapest almeno finchè ivi comanderà un'aristocrazia terriera. Da questo al collaborazionismo sul tipo di quello delle minoranze tedesche di Boemia e di Moravia è breve il passo e ad accelerarlo dà opera lo stesso basso clero di nazionalità magiara, il quale, opportunista per eccellenza come è stata sempre e dovunque la casta sacerdotale, si strugge dal desiderio di mandar

qualcuno dei suoi al parlamento come fanno da dieci anni i confratelli slovacchi condotti dal prete Hlinka.

Ne consegue che l'irredentismo intransigente e separatista non può contare seriamente se non su alcuni piccoli nuclei nelle città, attivissimi bensì ma ridotti ad essere uno stato maggiore senza truppe. E ciò è tanto vero che nelle elezioni amministrative del dicembre scorso, Szullo dovè fare appello, per colmare vuoti delle sue file, ad elementi raccogliticci, disertori di varii partiti slovacchi.

Pur dovendosi far pertanto una certa tara all'articolo della Ceskoslovenska Republika, conviene riconoscere che il fondo della situazione è quello in esso descritto, ossia indebolimento progressivo delle tendenze irredentiste e rafforzamento di quelle collaborazioniste. Tale stato di cose non significa bensì affatto un consolidamento della Repubblica Cecoslovacca, chè anzi, più saranno gli elementi i quali entreranno nel suo governo, più cresceranno le tendenze centrifughe, ma non si concilia nemmeno con la possibilità di un ritorno del paese sotto la corona di Santo Stefano. L'ipotesi più probabile appare sempre maggiormente quella di una Slovacchia al tempo stesso autonoma da Praga e refrattaria alla influenza di Budapest; una Slovacchia in cui i due milioni di slavi ed il milione di magiari che l'abitano insieme da secoli finiranno per trovare, più presto di quanto non si pensi, le basi di una pacifica coesistenza sulla indissolubile unità geografica ed economica delle terre che risalgono insensibilmente dal Danubio al Tatra.

(l) -Non si pubblica.
311

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) 21/160/103. Pari.gi, 12 marzo 1929, ore 13,30 (per. ore 16,30).

La comunicazione ordinata da V. E. col telegramma di gab. 9/181 (l) sarà fatta rigorosamente. Primi giornali romani giuntimi ieri sera hanno portato sensazione della ripercussione avutasi costì dagli articoli del signor Pertinax. A Parigi ne hanno avuto pochissima, direi nessuna, tanto nel mondo giornalistico che in qualsiasi altro perchè il francese non si interessa e non ama il pettegolezzo pesante, ma ama e apprezza la formala e lo spirito: ciò che manca assolutamente negli articoli di Pertinax. Una sola messa a posto funeralizia è tutto ciò che gli articoli meritano altrimenti si darà loro una importanza che non hanno avuto e qui non si capirà atteggiamento nostra stampa. Prima d'ora però il signor Pertinax non era mai sceso a tanti dettagli di pettegolezzi: sembra avere subito la ripercussione di quell'ambiente di chiacchiere senza costrutto purtroppo esistenti tra irresponsabili romani che io stesso constato immediatamente quando ed appena quegli spensierati connazionali trasportano qui temporaneamente loro vita frivola e spendereccia.

(l) Cfr. n. 308.

312

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1326/110. Atene, 13 marzo 1929, ore 2,15 (per. ore 7).

Miei telegrammi n. 105 e n. 107 (1). Ho avuto stamane con questo presidente del Consiglio il preannunziato colloquio circa riparazioni bulgare.

Ho trovato Venizelos in uno stato davvero di non comune eccitazione e di scoraggiamento ad un tempo, in conseguenza della botta diretta portata alla Grecia da Chamberlain a Ginevra (2), e per la quale tutti i giornali intensificano le loro unanimi proteste, aggiungendovisi naturalmente da parte di quelli dell"opposizione non meno vivaci attacchi a questo Governo.

Egli ha cominciato coll'asserire essergli nota ormai la tendenza andatasi chiaramente determinando di recente nei circoli ufficiali britannici, nel senso di soffocare sotto gli obblighi finanziari la Grecia, mentre viene da Londra favorita decisamente la Bulgaria. Non si sarebbe però mai aspettato, proprio dal rappresentante di quell'Inghilterra che la Grecia aveva più intimamente seguita ed a costo dei maggiori sacrifici materiali e finanziari durante la guerra, un trattamento così lesivo della dignità nazionale ellenica come quello usatole personalmente da Chamberlain con accusa di disonestà, in piena seduta del consiglio della Società Nazioni e senza alcun plausibile fondamento.

Ha finanche esclamato ad un certo momento, che traspariva abbastanza evidente l'intenzione personale di Chamberlain di creare seri imbarazzi all'attuale Governo ellenico, ma che egli Venizelos, quando anche posto colle spalle al muro da un eventuale blocco del Pireo per parte della flotta inglese, si sarebbe piuttosto dimesso anzichè sanzionare il principio che la Grecia possa essere costretta a pagare senza che le siano reciprocamente assicurati quei cespiti sui quali ha il diritto non solo, ma la necessità assoluta di poter contare.

Dopo avere preso debitamente atto che tutto quanto sopra mi era stato detto a titolo amichevole sfogo confidenziale, non potendo io naturalmente, come ebbi cura di far rilevare al mio interlocutore, entrare comunque ufficialmente nelle eventuali divergenze personali tra lui e Chamberlain, ho cercato di calmare alquanto la sua viva preoccupazione. Gli ho fatto genericamente presente che assai probabilmente le corrispondenze telegrafiche giornalistiche da Ginevra avevano esagerato l'intenzione e la portata delle parole di Sir Austen le quali non saranno certo state ispirate da preconcetti contro la Grecia, e che pertan~o gli convenisse sotto ogni riguardo attendere a giudicare ponderatamente dopo ricevuta la relazione ufficiale preannunziatagli da Carapanos.

Il presente telegramma continua col numero successivo.

(l) -Cfr. t. 1231/105 del 9 marzo, ore 21,30, per. ore 23,25 e t. 1278/107 dell'll marzo, ore 18,40, per. ore 23, che non si pubblicano. (2) -Il Governo inglese aveva fatto sapere di ritenere che la Grecia dovesse rinunciare ad una parte delle riparazioni dovutele, come quota del 1929, dalla Bulgaria.
313

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1320/111. Atene, 13 marzo 1929, ore 2,15 (per. ore 7).

Seguito precedente telegramma.

Ho quindi esposto particolareggiatamente a Venizelos il contenuto del telegramma di V. E. n. 625179 (1), commentandoglielo con ogni cura e valorizzando punto per punto le così giuste considerazioni e gli opportuni consigli in esso svolti.

Senza entrare nei dettagli dell'opera di persuasione che ho cercato di esercitare in base alle direttive del telegramma stesso, credo poterla assicurare essere stato sincero lo slancio di commozione con cui Venizelos (il quale ha ascoltato colla maggiore attenzione) mi ha pregato di esternarle la più profonda riconoscenza per questa nuova nobile iniziativa di V. E., « che prova ancora una volta la tanto sagace e amichevole benevolenza del Governo italiano e dell'Italia verso la Grecia» (sic).

Il risultato del colloquio durato oltre due ore (risultato al quale questo presidente Consiglio è giunto gradatamente dalla posizione iniziale che non gli risulterebbe altra alternativa se non quella di lasciarsi bloccare dall'Inghilterra) si compendia nelle seguenti testuali dichiarazioni che Venizelos mi ha pregato di trasmettere in suo nome e con rinnovata gratitudine a V. E., in riscontro alla così cortese domanda con cui termina il citato telegramma n. 625179 dell'E. V.: " l) Pur considerando che le ragioni invocate dalla Bulgaria perchè le venga concesso il rinvio del pagamento dell'annualità 1929 da essa dovuto in conto riparazioni, non siano valide nei confronti della situazione economica e finanziaria della Grecia (oberata inoltre dalle catastrofi telluriche di Corinto e dalle inondazioni macedoni), il Governo ellenico sarebbe disposto a desistere dalle sue obiezioni contro tale moratoria. Ciò semprechè, contemporaneamente alla liberazione dei noti fondi bloccati, come proposto da Falletti, il suddetto Governo ellenico ottenga vuoi dallo stesso Governo britannico, oppure da parte dei tre Governi delle tre grandi potenze rappresentate alla Commissione interalleata di Sofia, la formale assicurazione che in avvenire sarà provveduto convenientemente a che le disponibilità finanziarie equivalenti all'ammontare della quota spettante alla Grecia sulle riparazioni bulgare, (disponibilità sulle quali la Grecia ha il diritto di poter contare per far fronte ai propri impegni verso la Bulgaria e verso gli altri suoi creditori) non (ripeto non) abbiano a subire alcuna diminuzione. 2) Una volta ciò stabilito, resta inteso che il Governo ellenico mantiene le precedenti dichiarazioni del signor Venizelos circa

precisa e leale esecuzione dell'accordo Cafandaris-Moloff », Fine delle dichiarazioni di Venizelos.

Mi permetto richiamare la particolare attenzione dell'E. V. sulla situazione non scevra da pericolose conseguenze per il complesso assetto balcanico, che si è improvvisamente determinata in Grecia per effetto dello scatto di Chamberlain proprio in un momento nel quale Venizelos (la cui posizione al Governo, tutto considerato, parmi converrebbe all'Italia non abbia ad essere per ora scossa) cercava abbastanza sinceramente di aggiustarsi con la Bulgaria. Per il caso pertanto che V. E. giudichi poter patrocinare amichevolmente presso :'Inghilterra la soluzione poco innanzi esposta, mi permetto esprimere il subordinato avviso che essa, mentre concilierebbe equamente gli interessi dei due paesi direttamente in giuoco, presso entrambi i quali avremmo accresciuto il nostro buon diritto alla riconoscenza, servirebbe anche quello del legittimo prestigio italiano e quelli più generali della pacifica stabilizzazione balcanica.

(l) Del 7 marzo. col quale Mussolini faveva conoscere a Venizelos l'atteggiamento di Chamberlain in merito alle riparazioni dovute dalla Bulgaria alla Grecia. « Governo greco ha avuto finora prc.va delle amichevoli disposizioni del R. Governo e degli sforzi fatti dal nostro rappresentante a Sofia per giungere ad una soluzione conciliativa. Occorre ora che Venizelos esamini situazione ponderatamente e ci faccia conoscere sue decisioni. V. S. tenga presente nel discutere con Venizelos tanto la nostra posizione di fronte alla Bulgaria quanto la delicata situazione in cui il R. Governo si trova in seguito all'invito di aderire al punto di vista britannico, invito a cui in defintiva non potremmo sottrarci se non sottoponendo al Governo britannico una ragionevole proposta ».

314

IL CONSOLE AD ALEPPO, SANMARTIN, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1334/8. Aleppo, 13 ma1·zo 1929, ore 18 (pe1·. ore 19,25).

Telegramma V. E. n. 482/4 in data 22 febbraio (1).

Superiore Carmelitani informa che delegato apostolico Beirut, non avendo da Santa Sede istruzioni diverse da quelle che hanno condotto nell'agosto 1927 soppressione posto d'onore rappresentante italiano, non può autorizzare ripristino tale posto per celebrazione Te Deum. Ritengo inopportuno, salvo contrario avviso V. E., trattare per ottenere posto diverso, ciò equivalendo nostra formale rinunzia ad onori e diritti inerenti a tale posto contro cui soppressione sono state allora elevate e permangono tuttora inalterate nostre proteste. A seguito colloquio da me avuto ieri in Alessandretta con superiore di Alessandretta e di Tripoli informo che questi ha deciso di soprassedere per ora celebrazione Te Deum. Lascio giudicare V. E. circa opportunità condurre trattative con Santa Sede o incaricare console generale Beirut compiere passo presso quel delegato apostolico.

Comunicato a Beirut.

315

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO

T. 703. Roma, 15 marzo 1929, ore 18

Risposte ai quesiti formulati da V. E. all'ultima parte della sua nota

n. 1661 (2) sono già contenute miei telegrammi relativi istruzioni da impartirsi governatore Eritrea per sua norma di linguaggio verso Sir Stewart Symes in occasione prossimo incontro (3).

Nei riguardi diffidenze che potessero sorgere nel sovrano yemenita per tale incontro, e che è bene evitare, questo ministero con l'ultimo suo telegramma diretto a V. E. ha già espresso avviso favorevole a che S. E. Zoli dia direttamente annuncio all'Imam dell'incontro stesso, informandolo del suo vero carattere ed assicurandolo che nulla in esso potrà quindi esser deciso che possa comunque contrastare con i sentimenti di amicizia sancita da trattato che unisce i due paesi.

(l) -Cfr. n. 274. (2) -Cfr. n. 309. (3) -Cfr. nn. 166, 290 e 299.
316

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO, E ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. 714. Roma, 15 marzo 1929, ore 24.

(Per Colonie). Ho telegrafato a Londra quanto segue:

(Per tutti). Giornali italiani riproducono articolo Manchester Guardian (l) relativo rapporti anglo-etiopici ed all'accordo anglo-italiano per Abissinia affermante che noi abbiamo considerato lettera morta tale accordo conoludendo patti con Governo etiopico e lasciando nelle difficoltà Governo britannico la cui difficile situazione in Abissinia sarebbe causata dall'attenersi scrupolosamente al rispetto di tale accordo. Tutto ciò è completamente non soltanto inesatto ma contrario alla verità e sembra strano che affermazioni simili siano pubblicate su un giornale importante organo di cotonieri interessati nella questione dello Tsana e quindi che dovrebbero essere competenti in materia. Se tali notizie corrispondessero ad una opinione diffusa negli ambienti dirigenti britannici sembrerebbe opportuno che V. E. ne prendesse pretesto per un colloquio con codesto segretario generale richiamandosi alla leale linea di condotta da noi mantenuta verso la Gran Bretagna in tutto lo svolgimento dei nostri rapporti con l'Etiopia (telegrammi di V. E. n. 167 del 27 febbraio 1928 e n. 146 del 23 marzo 19'28) (2).

317

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CONSOLE GENERALE A BEIRUT, DE CICCO, E AL CONSOLE AD ALEPPO, SANMARTIN

T. 705. Roma, 15 marzo 1929, ore 24.

(Per Beirut). Ho telegrafato Aleppo quanto segue:

(Per tutti). Telegramma di V. E. n. 8 (3). Non ritengo opportuno fare passo alcuno al riguardo. Avevo ragione di attendere che carmelitani consigliati da codes~o ufficio procedessero senz'altro di fronte grandiosità avvenimento celebrazione Te Deum senza chiedere autorizzazione preventiva delegato apostolico che certamente a cerimonia avvenuta non avrebbe protestato.

f2) Cfr. serie VII, vol. VI, nn. 130 e 175.
(l) -Del 1.3 marzo. (3) -Cfr. n. 314.
318

IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AL MINISTRO A BUCAREST, PREZIOSI (l)

T. (P. R.) R. 2693/49. Roma, 16 marzo 1929, o1"e 20.

Questo ministero è stato informato che noto avvocato Urbani quale rappresentante Cantieri Navali Riuniti starebbe trattando con codesto Governo per considerevoli ordinazioni navali.

Prego far conoscere stato attuale trattative e tenere successivamente inforrnato questo ministero delle pratiche che codesta legazione potrebbe svolgere presso codesto Governo anche in relazione al concorso dato dall'Italia alla conclusione del prestito ed alla nostra aspettativa di assegnazione di forniture alla industria italiana.

319

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO

T. 715. Roma, 16 marzo 1929.

Ho ricevuto le note di V. E. nn. 1464 e 1568 dell'S corrente (2).

I rapporti fra i governi della Somalia Italiana e del Somaliland Britannico appaiono effettivamente, nell'attuale momento, non così cordiali come sarebbe desiderabile, e come è necessario che siano. Analoga impressione è stata riportata anche dal Governo britannico ed espressa nel promemoria di questa ambasciata di Inghilterra del 21 febbraio scorso, inviata in copia a V. E. col telespresso

n. 210852/163 del 2 corrente (3).

Concordo con V. E. nel ritenere che la risposta data da S. E. Corni al signor Kittermaster (di cui al suo telegramma 232) (3) possa essere approvata, come pure condivido l'avviso di V. E. che, a proposito delle pretese avanzate dagli inglesi, si possano dare istruzioni al governatore della Somalia che, fino a quando la commissione mista per la delimitazione confinaria non avrà iniziati i suoi lavori, a noi convenga rimanere in una situazione di attesa. Ma è necessario che questa attesa non abbia alcun carattere di asprezza e che da parte di S. E. Corni ::;i cerchi in tutti i modi di rimuovere ogni motivo di attrito o dissenso, e che

sopratutto si evitino dannose polemiche.

Sarà bene che ciò sia fatto chiaramente intendere al governatore della Somalia e che questi sia invitato a considerare [la questione] da un punto di vista un po' più alto di quello del semplice interesse di questa o di quella tribù, tenendo presente ed invitando il signor Kittermaster a tener presente l'interesse comune che l'opera di civilizzazione che Italia e Gran Bretagna perseguono nell'Africa Orientale non abbia ad essere intralciata col dare eccessivo peso, dall'una e dall'altra parte, ad atti di brigantaggio di predoni locali.

(l) -Il telegramma venne inviato per conoscenza anche al ministero della Marina. (2) -Non si pubblicano. (3) -Non si pubblica.
320

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO

T. (P. R.) 2706. Roma, 16 marzo 1929.

Nota di V. E. n. 1338 del 6 corrente (1).

Concordando pienamente sulla utilità che si proceda ad un preliminare verbale scambio di idee circa la questione relativa alla Società Commerciale Italo Araba, informo V. E. che ho designato il ministro plenipotenziario Guariglia ed il consigliere di legazione Tuozzi a partecipare ad una riunione che, presieduta da V. E. e con la partecipazione di un rappresentante della Società E'd eventualmente anche dell'an. Rossboch, potrebbe tenersi, ove V. E. non abbia nulla in contrario, il 27 corrente mese, al Palazzo della Consulta, a

quell'ora che V. E. riterrà fissare (2).

321

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. RR. 681/302. Budapest, 16 marzo 1929.

Mi riferisco al mio Rapporto [sic] n. 18 del 19 gennaio u. s. (3). Non appena di ritorno dalla mia gita a Roma della fine scorso gennaio, riferii al conte Bethlen quanto avevo saputo dall'E. V. e da S. E. Grandi, in riguardo alla causa del mancato ritiro delle armi, da noi messe a disposizione delle Heimwehren, da parte del rappresentante del dott. Steidle, il quale non aveva nulla predisposto per il loro passaggio in Austria. E non mancai di far rilevare al Presidente del Consiglio come una simile quasi incredibile deficienza non deponeva certo in favore della serietà e dell'organizzazione del movimento.

Avendo avuto occasione di passare ieri una serata di carattere intimo col conte Bethlen gli chiesi, fra altro, se avesse, come fra noi d'intesa, ripresi i contatti col capo delle Heimwehren. Mi rispose affermativamente. Il dott. Steidle lo aveva informato che avrebbe prossimamente inviato un suo fiduciario in Italia, con proposte concrete da sottoporre all'approvazione delle competenti nostre Autorità, per il ritiro delle armi.

Il conte Bethlen aggiunse che lo Steidle aveva avuto intenzione di fare degli approcci con la nota associazione di reduci di guerra germanici dello "Stahlhelm ., ma che egli lo dissuase assolutamente di iniziarli in ogni caso (4).

25 -Dc.curnenti diptornatici -Serie VII -Vol. VII

(l) -Cfr. n. 300. (2) -La Società Commerciale Italo-Araba fu posta in liquidazione. (3) -Cfr. p. 219, nota.

(4) Cfr. KEREKES, Abenddiimmerung, cit., pp. 32-34.

322

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. S. N. Tirana, 16 marzo 1929.

Ad ogni udienza accordatami negli ultimi tre mesi, il Re Zog mi ha sempre

assicurato che «la prossima volta » mi avrebbe intrattenuto sulle questioni più

importanti che sono oggi sul tappeto: incoronazione, viaggio a Roma,

matrimonio.

È il suo metodo abituale, quando vuole alloptanare la soluzione dei problemi

che non gli sembrano maturi.

Prima che Vrioni partisse avevo per suo tramite fatto consegnare al So

vrano le fotografie inviatemi: esse non hanno prodotto cattiva impressione,

almeno secondo Vrioni asserisce.

Mi sono servito dell'ex Ministro degli Esteri perchè a lui risale la responsa

bilità di aver lanciato un'altra proposta (1), quella su cui intrattenne il Ministro

Lojacono: era perciò necessario che egli stesso disfacesse il mal fatto. Vrioni

è pienamente convinto della inopportunità di insistere sulla sua primitiva idea

e in tal senso si è più volte espresso col Re che sembrava essersi arreso. Ma

nell'ultimo colloquio il Re non ha voluto dare a Vrioni nessuna risposta precisa,

mostrando anzi di non credere all'esistenza di un qualsiasi impegno fra la

r:ostra Corte e quella bulgara. In questa sua convinzione va forse ricercato uno

dei motivi che lo consigliano a guadagnar tempo, prima di accettare la soluzione

che gli proponiamo.

Ma anche altri motivi lo inducono ad esitare. Nel paese si è sparsa la voce della sua intenzione di sposarsi con una principessa italiana. Si asserisce che egli intende convertirsi al cattolicesimo, e alcune persone che godono grande autorità nel paese, ma che vivono lontane dalla capitale, hanno persino affermato che il Re si è già fatto segretamente battezzare! Fra l'elemento mussulmano tali voci hanno destato grande emozione. I nostri avversari hanno poi wffiato nell'orecchio del Re che sposandosi con una italiana egli si metterebbe definitivamente nelle nostre mani, e che noi ci serviremmo della • Regina » per esercitare una pericolosa influenza nel gioco politico albanese.

Le note parole di Vrioni che « il Trono è composto di due metà; quella albanese, defettibile, e quella italiana, indefettibile » sono state dal ministro ubriaco ripetute a troppe persone, e sono naturalmente giunte fino al Re.

È certo che nel suo animo c'è un'ansia profonda. Perchè noi insistiamo per farlo sposare? Perchè abbiamo fretta? Faremo del programma matrimoniale

(ll Cioè quella del matrimonio di Zog con la principessa Giovanna.

Cfr. un rapporto dell'agente consolare a Santiquaranta del 18 aprile 1929: corrono voci c sullo scopo del viaggio di S. E. Grandi e cioè che veniva in Albania per persuadere il Re Zogu a rinunciare all'idea dell'incoronazione. Questa voce mi risulta che è anche uscita dal consolato di Grecia. Qualcuno disse anche che oltre all'affare dell'incoronazione, veniva pure per annullare qualsiasi passo che era stato tentato. pel matrimonio del Re con la Principessa Reale Italiana ».

Sul viaggio di Grandi in Albania non si è trovata documentazione. Zog scrisse in proposito, subito dopo il viaggio., una lettera ufficiale di ringraziamento a Mussolinì il 19 aprile, che non si pubblica.

una « conditio sine qua non » del nostro appoggio al regime? Nella riluttanza

a concedergli la mano di una Augusta persona non c'è una riserva verso di lui?

E di quale natura è questa riserva?

Dopo aver costantemente rinviato il colloquio e le spiegazioni il Re si è deciso alla fine a interrogarmi. Mi aveva prevenuto che c la prossima volta • mi avrebbe intrattenuto a lungo: ma questa era la buona. Nel colloquio del 9 marzo mi ha posto questa brusca domanda:

-«Che cosa dovrei andare a fare a Roma?».

Nelle conversazioni dell'anno scorso gli avevo fatto capire che in occasione del viaggio a Roma avrebbe potuto incontrarsi con la eventuale fidanzata. Invece della risposta che si aspettava, gli ho replicato in tono deciso: -c A presentare i vostri omaggi al mio Sovrano, e a fare la personale conoscenza del Duce».

Il Re si è subito ripreso. Ha detto che non soltanto era suo vivo desiderio, ma era suo « dovere » di ringraziare tanto il Re d'Italia che il Capo del governo per tutto quanto avevano fatto per l'Albania. I progressi realizzati dal paesE' erano dovuti esclusivamente all'aiuto dell'Italia a cui l'Albania era debitrice della riaffermata sua indipendenza.

Solo dopo questa diversione siamo entrati nell'argomento su cui il Re mi aspettava. Egli ha cominciato con parole che aveva certamente meditato: " Le relazioni tra l'Italia e l'Albania poggiano su basi cosi forti, che nulla si potrebbe fare per migliorarle. Anzi ogni tentativo per perfezionarle potrebbe riuscire piuttosto dannoso che utile».

Impostato così il suo pensiero, ha continuato su un tono scherzoso: « Tutte le volte che io penso al matrimonio mi sento profondamente imbarazzato. Le donne hanno contato poco o nulla nella mia vita. Non che io non ne abbia avute!... Ma non saprei considerare ila donna come una parte di me stesso. Devo aggiungere che tutto quello che esse fanno, lo fanno male; anche il governo della casa! Perciò non ho mai lasciato che una donna prendesse un posto importante nella mia vita, e tantomeno nei miei affari •.

Poi ridiventando serio: -« Non voglio dire con ciò che io sia contrario a prender moglie. Ma considero la cosa come una questione secondaria e sarebbe in ogni modo fuor di posto che essa diventasse un elemento indispensabile dei rapporti politici fra l'Italia e 1' Albania ».

Ho risposto :

-« La vostra teoria sul significato e l'importanza della donna nella vita dell'uomo si adattava certamente al vostro stato, quando eravate un soldato: essa era comprensibile quando eravate presidente della repubblica: ma è falsa oggi che siete Re. Accanto a voi, e nella Corte deve trovar posto una Regina.

Sulla scelta della vostra compagna ebbi già a darvi due consigli. Ve ne ricordo la data: il 5 se~tembre 1927, il giorno che per ordine del Duce vi ho offerto la Corona reale. Vi dissi allora che dovevate sposare una donna del paese, e cioè la persona con cui eravate fidanzato. Riconoscete che è vero? ». Il Re non ha potuto che annuire.

Ho continuato: -« Mi rispondeste che era impossibile. Vi diedi al,lora un secondo consiglio, quello di sposare una principessa turca o egiziana; cioè una

mussulmana. Riconoscete che è vero? ». Il Re ha ancora annuito. -• Scartaste anche la seconda mia proposta e mi dichiaraste di vostra iniziativa che sul Trono d'Albania doveva salire una Regina italiana». Ho aggiunto che ciò gli dicevo per testimoniargli che il governo italiano insistendo per il suo matrimonio non faceva della nazionalità della Regina una questione politica. Lo avevamo consigliato a sposarsi, per le stesse ragioni per cui lo avevamo indotto a cingere la corona; per dare maggiore stabilità al regime, nell'interesse suo e nell'interesse dell'Albania. Egli aveva lasciato trascorrere un anno dal giorno della nostra offerta prima di prendere dalle nostre mani, per mettersela sul capo, la Corona che gli offrivamo. Tenevo a dichiarargli che tale ritardo e le sue stesse esitazioni ci avevano impressionato favorevolmente dimostrandoci che egli non ubbidiva a sentimenti di personale ambizione, ma intendeva inspi>·arsi ai veri interessi del paese. Oggi egli doveva riconoscere che la proclamazione del Regno aveva rafforzato il Regime all'interno, ed elevato il prestigio dell'Albania all'estero. Queste stesse finalità ci consigliavano a indurlo al matrimonio. Il signor Mussolini gli aveva a mio mezzo promesso assistenza ed appoggio affinchè il progettato matrimonio, secondo egli stesso aveva desiderato, potesse realizzarsi in Italia. Ma la delicatissima opera del Capo del governo non poteva esplicarsi se egli non ci faceva conoscere al più presto il suo pensiero e le sue decisioni.

Le mie parole, rispondendo a molti intimi dubbi del Re, gli sono riuscite visibilmente gradite, nonostante il tono con cui sono state pronunciate. Mi ha risposto con animo fiducioso: Era lieto dell'assicurazione che noi non consideravamo il problema del suo matrimonio come un elemento politico indispensabile nei rapporti politici italo albanesi. Riconosceva che avevamo avuto ragione nell'indurlo a proclamarsi Re. Si era lasciato da noi guidare perchè aveva potuto convincersi che ciò era per il bene del suo paese. Conveniva pienamente della necessità di sposarsi. Non aveva voluto scegliere una mussulmana, perchè i suoi correligionari sono partigiani del regime e lo saranno sempre. Ragioni di politica interna lo spingevano a fare, col suo matrimonio, cosa gradita alla comunità cristiana. D'altra parte egli non desiderava che l'Albania fosse considerata come uno stato mussulmano, che non poteva esistere come un'isola in mezzo ad un'Europa cristiana. L'Albania doveva entrare a far parte della famiglia dei popoli europei, e assumerne le tradizioni e i principi, sostituendoli a quelli islamici.

In quanto all'orientazione generale della politica albanese, così ha continuato il Re, essa era definitivamente segnata. Nessuna possibilità di intesa colla Grecia. Dalla Jugoslavia, l'Albania era separata da odio di sangue. In quanto alla Francia essa era troppo legata alla Jugoslavia e noi non avremmo certo potuto supporre che egli avrebbe sposato una francese. L'Inghilterra ama solo i petroli, non il paese dove li può trovare. Non restava dunque che l'Italia, e <'.d essa egU intendeva rimaner fedele. L'unione politica italo albanese era cementata dal grande problema di Kossovo che bastava a legare indissolubilmente le due nazioni, anche senza una Regina italiana. Egli però avrebbe sposato volentieri una italiana. Ma perchè guardare in alto fra persone·apparfenenli a una così grande famiglia? Come potrebbe adattarsi alla vita che egli conduce in Tirana Chi era abituata alla vita della nostra Corte? Noi sapevamo che egli non dispone di una casa degna di una Regina, e che non ha danaro per ·Costruirsi una reggia.....

Ho risposto al Re che mi rendevo conto dei problemi che egli si poneva. A mio avviso essi avrebbero potuto esser discussi in maniera più approfondita in occasione del viaggio di S. E. Grandi in Albania, e definiti nel suo viaggio a Roma, di cui lo pregavo farmi conoscere la data, sia pure approssimativa. Il Re mi ha promesso che ci avrebbe pensato e che mi avrebbe dato una risposta al più presto.

Mi ha infatti chiamato l'altro ieri e mi ha detto che il viaggio potrebbe avvenire a settembre, e che entro l'anno egli si sarebbe certamente sposato.

Dell'incoronazione non abbiamo parlato. È noto a V. E. che il Re credeva di potersi incoronare una settimana dopo la sua elevazione al Trono. Gli dimostrai l'inopportunità della cosa. Se ne persuase tanto che ha finito per domandarmi un giorno se era proprio necessario incoronarsi: «Non vi sembra una formalità inutile? ». Verso la fine dello scorso anno parlava di aprile: ora parla di settembre, anzi del l" di settembre; ma ciò tanto per alludere a una data futura che per il momento lasci respiro.

La verità è che il Re sente che l'Albania non è pronta ad avvenimenti nei quali la parte formale ha la sua importanza. La vhlla di Durazzo non è finita, la strada fra Tirana e Durazzo è impraticabile e così rimarrà non essendo compresa fra quelle di cui la Svea finanzia la costruzione; a Tirana manca un albergo dove alloggiare qualche invitato, ma questo problema sembra avviato ad una soluzione. Il cosidetto palazzo reale di Tirana non consente di alloggiare ospiti e non so vedere come potrebbe abitarvi una Regina.

Lento nelle sue mosse, ma tenace nel raggiungimento delle mete che si è prefisso, tale è il carattere del Sovrano e ad esso forse egli deve la sua fortuna politica. Anche dopo aver chiesto un dono, ci pensa due volte prima di prenderlo. Se il donatore insiste mostrando una qualche premura, egli ne profitta per mettere patti all'accettazione. Fermarsi quando egli si ferma, è la sola politica che può avere, con Re Zog, una possibilità di riuscita. Nel settembre del 1927 gli offrimmo, come cose interdipendenti e inseparabili, Alleanza e Corona. Quando la R. Rappresentanza si accorse che Ahmet Zogu non si sentiva pronto per salire sul Trono, fu fatta presente a V. E. lla necessità di separare le due questioni: cioè di prendere l'Alleanza e di aspettare per il trono. La procedura riuscì.

Il Re non è pronto al matrimonio: nè spiritualmente, nè fisicamente. Le sue recenti malattie hanno anch'esse influito per indurlo a temporeggiare: egli è ristabilito, ma non si sente in forma.

C'è un'ultima questione che non è matura: quella dell'appannaggio. La venuta qui di S. E. Grandi potrà fortemente influire per spingere il R" sulla via delle decisioni (1).

(1) Annotazione marginale di pugno di Mussolini: • Importante. Concordo nelle conclusioni».

323

IL MINISTRO A BUCAREST, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

'I'. PER .CORRIERE 667. Bucarest, 18 marzo 1929.

Telegramma di V. E. n. 2693/49 (1).

L'offerta dei Cantieri Riuniti, di cui qui si occupa l'avvocato Urbani, è ·stata oggetto da lungo tempo di tutte le mie cure; e V. E. ne troverà conferma nella mia corrispondenza con codesto R. Ministero.

Difatti, fin dall'anno scorso (mio telegramma n. 16 del 1° settembre) tenni ad ottenere dal Ministro della Guerra dell'epoca, il Generale Angelescu, formali assicurazioni che le nuove unità della flotta romena sarebbero state ordinate in Italia; e di poi, nel corso di quest'anno, ho riferito a V. E. i risultati di miei abboccamenti, al riguardo stesso, con l'Alto Reggente Signor Buzdugan e col Presidente del Consiglio (mio rapporto n. 159 del 3 marzo e mio odierno telegramma n. 82). Inoltre, mi riservo di vedere di nuovo il Signor Maniu, giovedì prossimo, per intrattenerlo delle più rilevanti offerte italiane e sovratutto per domandargli d'intervenire presso il nuovo Ministro della Guerra, Generale Cihoski, affinchè questi, che è animato da evidenti intenzioni ultrafrancofile, si decida finalmente a trasmettere all'Ammiragliato (che qui trovasi alle dipendenze del Ministero della Guerra) l'offerta presentata qualche tempo fa dai Cantieri Riuniti, circa la costruzione di sei unità navali.

Parmi superfluo aggiungere a V. E. che non tralascerò di continuare in tali mie vive premure; ed il mio impegno sarà di tanto più perseverante di quanto mi sono note da una parte le grandi pressioni della Francia per assicurarsi tali forniture, e dall'altra le poche simpatie che molti ambienti romeni dimostrano verso il rappresentante dei Cantieri Riuniti, l'avvocato Urbani.

Circa infine l'eventuale fornitura di dette navi, desidero attirare l'attenzione di V. E. sul mio rapporto riservato n. 157 del 3 marzo c. m., col quale riferivo le voci qui raccolte circa gravi difetti di costruzione riscontrati nel sottomarino romeno in allestimento a Fiume, rilevando tutto il pregiudizio che potrebbe derivare da siffatta increscevole circostanza ai commerci della nostra industria navale in questo Paese.

Nel Suo precitato telegramma, V. E. mi chiede inoltre d'esser informato delle pratiche che questa R. Legazione potrebbe qui svolgere in favore di assegnazioni all'industria italiana, anche in relazione al concorso da noi dato alla conclusione del recente prestito romeno.

Anche su questo punto ho già avuto l'onore d'intrattenere l'E. V. con i miei telespressi n. 102 e 168 del 16 febbraio e del 12 marzo, e con i miei telegrammi nn. 80 e 82 del 15 e del 18 corrente, sollecitando, fra l'altro, la comunicazione degli impegni eventualmente ottenuti dal Signor Toeplitz, in Parigi, in favore

delle industrie italiane, all'atto della conclusione del prestito romeno, ed in relazione alle precise proposte di cui al mio telespresso n. 545 del 25 settembre scorso. Comunque, da parte mia, non ho certo trascurato di valorizzare, in tutta la

misura del possibile, detto nostro concorso finanziario; e difatti:

l) ho ottenuto dal Ministro dell'Agricoltura, Signor Mihalache, la completa ritrattazione della misura presa dal Sottosegretario di Stato, Signor Dobrescu, di annullare senz'altro, sotto l'accusa di essere state prese sotto le minaccie del Ministro d'Italia ed a completo detrimento dello Stato romeno, le decisioni del passato governo liberale circa l'affare Feltrinelli (mio telegramma

n. 282 del 7 agosto). È stata così ordinata la conclusione di una convenzione definitiva, giusta i passati e precisi accordi da me convenuti col Signor Titulescu e col Signor Argetoianu; e tale atto verrà finalmente firmato nella prossima settimana;

2) ho ottenuto dallo stesso Ministro della Agricoltura la formale dichiarazione che ogni impegno verrà messo dal Governo romeno per la completa soddisfazione delle richieste forestali avanzate dalla Banca Commerciale (mio telegramma n. 400 del 13, dicembre e n. 80 del 15 corrente) le quali, oltre a contemplare vastissime estensioni di boschi, sono anche del tutto indispensabili per continuare a mantenere in vita i grandiosi impianti dell'altra esistente impresa della stessa Banca Commerciale, la Goetz Foresta. Giova aggiungere che questo insieme di imprese forestali italiane, qualora vengano soddisfatte le suindicate nuove richieste, formerà da solo in Romania un'affermazione italiana di primissimo ordine;

3) ho ottenuto dal Ministro del Commercio, Signor Madgearu, ogni appoggio ed ogni assicurazione per una sollecita concretizzazione dei progetti che il noto gruppo elettrotecnico italiano (telegramma di V. E. n. 12 del 29 gennaio) fosse qui per presentare, in seguito ai suoi studi preparatori, iniziati in Transilvania e nel Banato, per produzione di energia elettrica in quelle regioni (mio telespresso n. 85 del 10 febbraio).

D'altra parte ho cercato, e cerco naturalmente tuttora, di adoperarmi nel modo migliore presso i Ministri delle Comunicazioni e della Guerra sia per assicurarci la fornitura (mio telegramma 318 del 19 settembre) di 100 locomotive da manovra, cui il governo liberale non poté dar seguito nello scorso autunno a causa della sua caduta, e sia per propiziare l'accettazione di una recentissima proposta di credito di 50 milioni di lire, contro forniture belliche, da parte della Casa Ansaldo. Cerco in pari tempo assicurare alle nostre industrie, in base alle promesse fattemi dal passato Ministro della Guerra, la fornitura di motori per aeroplani (ed a tale riguardo segnalo che è di due settimane fa la visita fatta dal Generale Gorski, Ispettore Generale di questa Aeronautica, ai nostri stabilimenti del Piemonte e della Lombardia), nonchè la fornitura di trattori Pavesi, per la quale già corrono intese.

Per brevità tralascio di dar notizia d'iniziative secondarie od ancora imprecise (come la notizia pervenutami stamane stessa circa un'offerta qui presen

tata ieri a mezzo del Generale Tommasi, e per conto della Metallurgica Odero Terni, per generiche forniture belliche, con finanziamento di 700 milioni di Lire); ma V. E. potrà già rilevare da quelle qui sopra elencate quanto sia completo e rilevante l'insieme di tutti i nostri desiderata ed anche l'insieme degli attenimenti già conseguiti.

Senonchè l'attività della R. Legazione è in questo campo seriamente contrastata dall'assidua concorrenza della Francia, la quale, oltre a trarre ogni beneficio dall'opera da essa spesa per la conclusione del prestito romeno, va pure profittando sempre più della situazione di privilegio di cui godono i consiglieri tecnici di nazionalità francese, e specie il Signor Rist, che sono stati preposti all'amministrazione finanziaria romena, a titolo di controllo, in seguito alla conclusione del noto prestito (mio telespresso 138 del 28 febbraio).

Di fronte a questi gravi tentativi francesi, io oppongo nel modo più opportuno non solo il fatto della partecipazione italiana all'ultimo prestito romeno, ma anche l'assiduo ricordo del noto prestito autonomo di 12 milioni di Dollari, da V. E. autorizzato nell'agosto scorso, in un'ora tragica per la finanza romena, ed a malgrado l'evidente nostro rischio, nonchè il ricordo della rinnovazione di detto prestito, da V. E. accordata al governo tzaranista nello scorso dicembre, in un'ora non meno critica, destando in quest'opinione pubblica quella sensazione e quelle dichiaraz,ioni di italofilia, che non mancai di segnalare a suo tempo a V. E.

Ora, è vero che questo nostro prestito autonomo, che è stato interamente restituito la scorsa settimana, ha reso alla Banca Commerciale Italiana, che lo fornì, grandi vantaggi e profitti, e che pertanto esso ha la portata ed i limiti di un buon affare; ma non è men vero che l'atteggiamento di cooperazione finanziaria e di simpatia economica verso la Romania, assunto da questa R. Rappresentanza sia all'epoca della concessione che della proroga della suindicata operazione, hanno formato intorno ad essa, da parte dal nuovo governo romeno, e specie del Signor Maniu, una disposizione riguardosa e cordiale, che è andata fino al suggerimento datomi dal Segretario Generale di questo Ministero degli Esteri (mio telegramma n. 22 del 25 gennaio u. s.) di soprassedere ad una partecipazione italiana al prestito romeno allora ancora in contrattazione a Parigi, per riservarla invece ad un diretto prestito allo Stato romeno, onde garantirci maggiori e più sicuri corrispettivi in materia industriale, od altro.

Ora, è proprio su tutte codeste premesse e linee generali che questa R. Legazione va svolgendo la sua attività nel predetto importante campo; e mentre essa resta in attesa di conoscere i precisi impegni che il Signor Toeplitz ha ottenuto a Parigi, all'atto della conclusione del prestito romeno, assicuro da parte mia V. E. che continuerò a lottare con impegno nella difficile situazione sopraindicata -e che diventa ogni giorno più aspra a causa degli accaparramenti che va facendo la Germania, la quale ha proprio di questi giorni offerto al Signor Maniu un prestito-merci per 120 milioni di marchi -per conseguire nuovi eventuali nostre penetrazioni finanziarie, agrarie, commerciali, ed industriali in Romania.

(l) Cfr. n. 318.

324

IL CONSOLE GENERALE A STOCCARDA, FERRATA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI

R. 962. Stoccarda, 18 marzo 1929..

Ho ricevuto il telegramma da V. E. direttomi in data 17 corrente, e mi onoro fornire qui appresso le notizie e le informazioni chiestemi dall'E. V. con il telespresso n. 1221 del 7 corr. (1).

Il breve ritardo nel dare evasione al dispaccio sopra citato è dovuto alle ragioni che più volte ho reso note all'E. V., e soprattutto alla scarsità numerica del personale addetto a questo R. Ufficio che mi costringe a sottrarre gran parte del mio tempo e della mia attività a quelli che sono i compiti essenziali del mio ufficio.

La crisi parlamentare che dal maggio scorso travaglia la Germania è seguita attentamente anche nel Wiirttemberg, la cui stampa se ne occupa quotidianamente e diffusamente, come l'E. V. avrà occasione di rilevare dai miei rapporti giornalieri.

In un primo tempo tutti speravano di veder risolta la preoccupante situazione politica con un governo di grande coalizione, composto cioè di rappresentanti di tutti i partiti tranne, naturalmente, gli estremi comunisti e nazionalisti.

Anche la stampa locale era pressoch~ unanime su questo punto e non ha mancato di annunciare a parecchie riprese nuove trattative per il rimaneggiamento del Gabinetto, nel senso di una specie di concentrazione nazionale, ritenuta necessaria dati i gravi ed urgenti problemi di carattere internazionale sul tappeto, non ultimo quello delle riparazioni.

Ora però che alla tanto desiderata formazione della « Grosskoalition », -decantata come il rimedio infallibile contro i mali di cui soff're il parlamentarismo tedesco, come l'unico mezzo per arrivare a quella stabilità e efficienza da tutte le parti invocata, sebbene per ragioni opposte, --pare che non si debba più pensare, un pò -si dice, -per colpa dei socialisti, un pò per la grossa questione del governo prussiano; qualcuno, col tacito consenso di molti wtirttemberghesi, -gente a carattere eminentemente conservatore e quindi incline per tendenza naturale e anche per abitudine, a preferire i regimi autoritari, -comincia a parlare di possibilità di una evoluzione verso qualche tipo di fascismo.

Tutto dò induce qualche esponente della vHa politica ed economica di qui a ravvisare nella presente crisi politica un vero carattere di crisi di regime. Qualcuno parla di pericolo: tutti sentono che le cose non vanno, che c'è qualche cosa che non dà affidamento, che continuando così la Germania non potrà

(ll Telespresso circolare ai consolati dipendenti col quale venivano chieste informazioni sulla criBi parlamentare in Germania. Concetti analoghi a quelli riferiti da Ferrata nei rapporti degli altri consolati, che non si pubblicano.

mai trovare il suo « ubi consistam », ma da nessuno si vede chiaramente il rimedio.

Recentemente anche il Dott. Bazille, del centro cattolico, ex Presidente dello Stato, e membro dell'attuale governo, che si può considerare l'uomo politico più intelligente e più influente del Wiirttemberg, in un discorso tenuto ad Heilbronn, parlando del disastroso funzionamento dell'attuale sistema parlamentare in Germania, completamente falsato dalla onnipotenza delle fazioni, ha espresso la convinzione che la Germania vada verso la dittatura tipo fascista. Il Bazille in seguito agli attacchi dei giornali di sinistra si è affrettato a smentire questo passo del suo discorso, ma ciò non toglie che egli si sia effettivamente pronunciato per la dittatura.

I partiti della vecchia coalizione di Weimar, i socialisti, ed i popolari tedeschi di Stresemann tengono una ,condotta in tutto strettamente informata alle direttive di Berlino.

Molto vivaci sono invece i comunisti e i nazionalisti.

Assai preoccupati dell'andamento della crisi sembrano i circoli industriali,

quali temono un inasprimento della già grave crisi economica e dicono apertamente che lo stato democratico difficilmente sarà in grado di fronteggiare il pericolo rosso che essi vedono venire dalla Germania del nord.

I conservatori cantano in musica tutti i giorni la stessa canzone: col parlamento non si governa: -bisogna sbarazzarsi del parlamentarismo. -Gli elmi d'acciaio in occasione dell'adunata di tutte le sezioni del Wiirttemberg e del Baden, trattando della crisi parlamentare hanno annunciato solennemente la prossima fine del parlamentarismo, e rivolgendosi ai wiirttemberghesi, -che essi sanno di tendenze conservatrici, -hanno detto che l'unica soluzione della crisi del parlamentarismo è quella di consegnare lo Stato nelle mani dei nemici dichiarati del regime parlamentare che è la piaga del Paese: gli • Stahlhelm , della vecchia Germania che sono decisi in tutti i modi, con tutti i mezzi per la dittatura.

A questo proposito secondo i più l'unico dittatore che potrebbe eventualmente modificare violentemente la costituzione di Weimar, sarebbe soltanto Hindenburg, perchè egli saltando ,gode di molta popolarità e del credito morale sufficiente. Ma Hindenburg è ritenuto incapace di tale gesto sia per l'età, sia per il carattere. Altri parlano di dittatura Hugenberg, successore del Conte Westarp.

Comunque una cosa è certa: la crisi del parlamentarismo è qui ritenuta molto profonda ed in molti è la convinzione che la vecchia costituzione di Weimar e l'attuale regime parlamentare non potranno resistere troppo a lungo.

Quelli che vanno più in là proclamando l'urgente necessità per la Germania di un regime forte, ammoniscono che non ci deve più essere politica di parti, ma politica di governo, politica di Stato.

Come per il passato sarà mia cura tenere dettagliatamente informata l'E.

V. di quanto sulla crisi si pubblicherà nella stampa locale e non mancherò di riferire diligentemente sugli eventuali nuovi riflessi che la crisi parlamentare dovesse avere in questi ambienti.

325

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1400/133. Londra, 19 marzo 1929, ore 20,30 (per. ore 1,50 del 20).

Telegramma di V. E. 714/85. (1).

Fantasie pubblicate da Manchester, a proposito nomina nuovo ministro d'Inghilterra ad Addis Abeba intorno ai rapporti italo inglesi in Abissinia furono da me segnalate nel telegramma stampa n. 116 del 13 corrente. Esse non corrispondono ad alcuna corrente di opinione in questo paese e sono evidentemente state ispirate dal desiderio dell'organo liberale di fare insieme cosa sgradita al Foreign Office e al Governo fascista. Quantunque fossi di ciò persuaso ho colto occasione di una mia visita oggi a sir Ronald Lindsay per parlargli della pubblicazione e dell'incresciosa impressione da essa prodotta in Italia. Segretario generale ha letto sorridendo testo articoletto incriminato del Manchester che io gli avevo portato e mi ha assicurato che gli apprezzamenti in esso contenuti non avevano alcun fondamento e che mai il Governo britannico aveva avuto occasione di lagnarsi della leale linea di condotta del Governo italiano in Etiopia.

326

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1437/713. Belgrado, 19 marzo 1929 (per. il 22).

Persona di solito bene informata riferisce che il Governo SCS avrebbe recentemente inviato istruzioni alle rappresentanze diplomatiche all'estero di sondare ambiente sulla questione dell'Anschluss, con spirito non ostile a tale avvenimento.

Difficile è dire se la informazione sia esatta, ma la non eccessiva avversione a tale eventualità qui costantemente mostrata, e l'azione di questi due mesi di Governo Zivkovich conferiscono ad essa una certa verosimiglianza, sia pure come mossa senza conseguenze ai fini immediati di politica estera jugoslava.

Il Governo dittatoriale ha voluto e vuole dare la sensazione della sua volontà di ristabilire buoni rapporti con tutti i paesi limitrofi; con I'Albania la costituzione della chiesa autocefala di marca belgradese facilita gli attuali e futuri contatti;

con la Grecia è di ieri la firma dei protocolli relativi a Salonicco e si annuncia prossima quella di un trattato di arbitrato e conciliazione simile al nostro. Se anche manchi in entrambi i contraenti una sicura sincerità di intenzioni, queste convenzioni segnano una sosta dei dissidi greco-jugoslavi;

con la Bulgaria la conferenza di Pirot ha l'unico scopo di far credere ad un preteso desiderio di riavvicinamento, se anche la stampa abbia troppo imprudentemente mostrato la sua diffidenza verso lo stato vicino, e non mai celato i suoi sentimenti per le minoranze macedoni, e le aspirazioni imperialiste;

con la Rumenia è prossima la riunione della commissione di frontiera, e si conferma per 1'8 aprile la riunione a Belgrado di una commissione mista che esaminerà un numeroso gruppo di questioni in sospeso;

con l'Ungheria i colloqui Walko-Kumanudi a Ginevra indicano che anche in quel senso il Governo SCS vuole trovare qualche contatto e definire questioni in sospeso;

con noi la completa cessazione di ogni voce ostile di stampa, se anche permangano tutte le ragioni di divergenza e nessuna delle nostre questioni fondamentali sia in via di soluzione ed anzi nuove si siano aggiunte in questi giorni, vuole far credere a volontà di composizione e di conciliazione.

Resta l'Austria per completare la collana dei tentativi pacifici. Non è improbabile che i dirigenti ritengano che un dichiarato loro spirito non ostile all'Anschluss possa essere mezzo per tendere la mano alla vicina repubblica, ed occasione per cercare un qualche successo sia pure formale ed esteriore anche nei riguardi con essa. Nè è il caso di soffermarsi sulla .conseguenza che questa eventuale disposizione jugoslava potrebbe avere in Germania, pronta a raccoglierla per il suo giuoco politico in Francia ed in Italia.

In ogni caso poichè la informazione viene da persona seria ed attendibile mi riprometto controllarla e mi riservo riferirne ancora a V. E.

(l) Cfr. n. 316.

327

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1416/233. Angora, 20 marzo 1929, ore 13,40 (per. ore 2,10 del 21).

Ho trovato Tewfik Russdi bey contrariato per il fatto del ritardo nella firma della convenzione consolare che egli vivamente desidererebbe avvenuta prima della prossima firma della similare convenzione turco-germanica. Egli dice che non arriva a comprendere abbinamento fatto a Roma tra .firma convenzione consolare e modus vivendi commerciale. Nessuno più del Governo turco desidera che anche i rapporti commerciali tra i due paesi siano regolati al più presto. Quando al R. Governo piaccia domandare ufficialmente, rivolgendogli la nota di cui per ultimo al mio telegramma 211 del 9 corrente (1), le conversazioni potrebbero senz'altro cominciare.

Tewfik Russdi bey mi ha pregato poi di sollecitare la definizione del compromesso per gli isolotti. Egli vorrebbe, arrivando a Roma, trovare il terreno dei rapporti italo-turchi sbarazzato di questa pendenza. Invierà a giorni a Suad bey documenti ormai pronti per scambio ratifiche patto italo-turco, acciocchè anche questo affare sia ultimato.

(l) T. 1235/211 del 9 marzo, ore 17, per. ore 18,55, che non si pubblica.

328

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. CONFIDENZIALE 1427/240. Angora, 20 marzo 1929, ore 19,45 (per. ore 3,32 del 21). Seguito miei telegrammi 238-239 (1).

Tewfik Russdi mi ha confermato nella sostanza quanto ministro Jugoslavia mi aveva detto sul negoziato in corso. Egli in tutta confidenza ha aggiunto che travasi qui Angora in missione speciale deputato ... (2) in passato suddito turco col quale all'insaputa di Tadic sta fissando alcuni punti fondamentali. Compiuto questo lavoro egli intende 'Che negoziato per la liquidazione dei beni sia concluso Belgrado. In un secondo tempo si parlerà del modus vivendi commerciale e del patto. Tewfik Russdi ha parlato poi del patto che Jugoslavia e Grecia sono sul punto di firmare il che dovrebbe avvenire fra una quindicina di giorni a Belgrado. Egli mi ha ripetuto che sarebbe in suo potere di ritardarlo e forse anche di eliminarlo parlando chiaramente con quel deputato. Tewfik Russdi è d'avviso che dati gli accordi che Atene ha concluso con Roma, Atene non potrebbe concludere un patto politico con Belgrado la cui portata andasse al di là della neutralità pura e semplice, contenente invece assistenza diplomatica, conversazioni in certe determinate circostanze ecc. Egli ha fatto rilevare ciò a questo ministro di Grecia. Ma pare che Venizelos la pensi altrimenti. Tewfik Russdi bey che da Roma è informato non avere V. E. obiezioni da sollevare contro idea Venizelos circa patto grecojugoslavo mi dice motivo delle sue preoccupazioni essere eventualità che altre potenze Bulgaria, Ungheria, trattando con Belgrado per un patto politico credano poter seguire esempio Grecia concludendo degli accordi che nel loro insieme e separatamente verrebbero a neutralizzare quel piano concepito e fissato nei colloqui di Milano.

329

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI

L. RR. P. 1615. Roma, 20 marzo 1929.

Ricevo il Suo interessante rapporto del 2 corrente, n. 1289/535 (3) e prego la S. V. di trasmettere al Colonnello Visconti il mio compiacimento per l'importante documento che ha potuto trasmettermi.

Come la S. V. ben comprende, sarebbe di notevole importanza, ai fini della nostra politica, e per mettere ancora una volta in luce metodi, mentalità e finalità di codesto Stato, il poter dare alla pubblicità parti del documento in parola.

Perciò prego V. S. di volermi comunicare se una eventuale pubblicazione, sia pure parziale, possa aver luogo senza inconvenienti nei riguardi della R. Legazione, ovvero se ne possa comunque restare compromessa l'azione del R. Addetto Militare o di codesto R. Ufficio.

(l) -Telegrammi 1426/238 e 1425/239 pari data, che non si pubblicano: dichiarazioni di Tadié, ministro di .Jugoslavia in Turchia, ad Orsini sullo stato delle trattative turco-jugoslave. (2) -Gruppo indecifratc.. (3) -È un t. per corriere col quale venivano trasmesse delle presunte « istruzioni per l'azione delle bande dei Ccmitagi sul fronte settentrionale S. C. S. in caso di guerra coll'Ungheria ». Le istruzioni furono pubblicate nel Giornale d'Italia del 14 aprile e nel giornale Camicia Rossa del 15. Il governo jugoslavo ne smentì l'autenticità.
330

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 1529/453. Berlino, 20 marzo 1929.

Il Dr. Ley, al quale ho fatto comunicare il contenuto delle risposte pervenutemi coi telespressi di V. E. n. 210764/102 e n. 212090/115 rispettivamente in data l o e 8 corrente, ha espresso la sua soddisfazione. Egli soggiunge che il viaggio di cui si tratta (l) è stato rimandato all'autunno. In agosto infatti avrà luogo a Norimberga una grande riunione del partito nazional-socialista, che dovrà costituire una rassegna di tutte le forze organizzate sotto la guida di Hitler. Successivamente si recherà in Italia lo stesso Hitler, in seguito ad invito 1·ivoltogli da parte italiana sul quale il Ley dichiarava di non possedere alcuna informazione. Il viaggio dei deputati avrebbe luogo dopo quello di Hitler.

331

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1441/253. Angora, 21 marzo 1929, ore 21 (per. ore 5 del 22).

Essendosi qui sparsa voce che Governo di Varsavia ha ricominciato a premere su Governo di Roma come su quello di Angora per elevazione ad ambasciata delle sue rappresentanze diplomatiche in quelle capitali, mio collega di Russia premettendo che mi parlava in via personale e amichevole mi ha detto che se quella elevazione dovesse avvenire ciò sarebbe penosamente sentito a Mosca. Governo di Varsavia sta cercando di arrivare al suo scopo giuocando carta di Angora a Roma e quella di Roma a Angora. Egli non può certamente permettersi di dare consigli al R. Governo, ma dato che egli è stato sempre favorevole a politica italiana in Turchia, il .che è vero, e in Mediterraneo, crede potere permettersi osservare che sarebbe illusione credere che, cedendo alle vanitose richieste polacche, Italia possa affievolire anche politicamente influenza francese che ha basi troppo profonde da resistere anche a volontà degli stessi polacchi dato che volessero disfarsene. Egli quindi spera non vera voce qui messa in giro che cioè R. Governo abbia dato retta Governo polacco in ordine a quel suo desiderio.

(l) Allude al progettato viaggio per conoscere le istituzioni fasciste di alcuni deputati hitleriani. Notizia del progetto era stata trasmessa da Aldro.vandi il 3 gennaio (telespr. 6/5). I~ussolini aveva dato parere favorevole.

332

IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE DEGLI ESPERTI PER LE RIPARAZIONI TEDESCHE, PIRELLI, AL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA

L. P, [Milano], 21 marzo 1929.

Mando a Lei l'acclusa lettera per S. E. Grandi, sapendo che la cosa è di Sua competenza.

Non ho potuto parlare con Buti a Parigi, perchè il discorso fattomi da Lamont e a cui si riferisce la mia lettera è avvenuto al momento della mia partenza.

Le sarò grato se vorrà telefonarmi p. es. domani verso l'ora di colazione oppure nel pomeriggio al mio Ufficio (64054) così che possiamo scambiare qualche primo commento verbale.

Sabato sarò a Genova e domenica ripartirò per Parigi.

P. S. -Buti verrà in Italia per votare ma non so se egli voti a Roma o altrove. Se viene a Roma potrebbe portarmi lui a Parigi le direttive che chiedo.

ALLEGATO.

PIRELLI A GRANDI

L. P. Milano, 21 marzo 1929.

Al momento in cui partivo da Parigi (i lavori del Comitato degli esperti sono sospesi fino a lunedì prossimo) il Signor Lamont della Banca Morgan mi ha parlato della questione del prestito all'Austria e mi ha consegnato il promemoria qui unito (1). Egli ha insistito molto nel dire che si trattava di un accenno di carattere affatto personale che egli si permetteva di farmi, ed ha soggiunto che si rendeva conto esservi, dietro tutto questo una situazione politica che forse avrebbe reso anche me esitante a fare un qualsiasi passo a Roma.

Ho risposto in modo evasivo accentuando la difficoltà di occuparmi della cosa. Mi faccio però un dovere di mandarti subito copia del promemoria della Casa Morgan, aggiungendo che non mi pare senza significato che i Morgan e Lamont abbiano fatto questa démarche nel momento stesso in cui mi appoggio in modo particolare a loro ed a Young per ottenere qualche concessione speciale per l'Italia in relazione alla nuova sistemazione delle riparazioni germaniche.

Ti sarò grato se vorrai farmi avere direttive sull'attitudine che conviene che io tenga col Signor Lamont, sia nel caso che si credesse di poter dare un qualche affidamento di adesione alle richieste austriache, sia pure sotto riserve tecniche, sia invece nel caso in cui il Governo credesse preferibile di rinviare ulteriormente tale adesione, nel quale caso mi premerebbe molto di poter spiegare tale rinvio con ragioni che non pregiudichino il negoziato che ho in corso (::l).

(l) -Manca. (2) -Annotazione marginale di pugno di Guariglia: « Parlato col Pirelli dandogli istruzione di tergivenare ancora».
333

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 1465/127. Atene, 22 marzo 1929, ore 21,40 (pe1·. ore 23,50).

Seguito precedente telegramma (1).

Passando ministro parlarmi degli accordi per Salonicco testè firmati a Ginevra, Venizelos mi ha pregato di fare pervenire all'E. V. (2) la sua esplicita testuale dichiarazione che, tanto per ciò che lo concerne personalmente quanto in nome di questo Governo, lo spirito di sincera e riconoscente amicizia verso l'Italia da cui fu animata la conclusione del patto itala-greco, non solo non viene in nulla menomato, ma esce se possibile rafforzato da questa trattativa con la Jugoslavia. Da tutto il corso della quale, ha poi aggiunto parlandomi confidenzialmente, la mentalità e la inevitabile sia pur conseguente pressione serba su Salonicco si sono ancora una volta dimostrate ben chiare. Venizelos ha anzi aggiunto mentalità si palesa ancora oggi sotto forma delle difficol+à che il Governo S.H.S. solleva tuttora nella redazione del patto da sottoscriversi prossimamente da Carapanos a Belgrado, in quanto con evidente arrière-pensée non vuole la Serbia includere tuttora la esplicita clausola della « neutralità • ma limitarlo a quelle dell'arbitrato e della « non aggressione ».

Mi ha anche pregato Venizelos di confermare in suo nome a V. E. che la Jugoslavia gli aveva chiesto formalmente di introdurre nei protocolli pel traffico la condizione che i rifornimenti bellici avrebbero liberamente potuto effettuarsi in caso di guerra attraverso Salonicco. Al che egli si è opposto recisamente dichiarando di voler mantenere assoluta libertà di decisione per tale eventualità, e riservare alla Grecia pieno diritto di giudicare allora l'atteggiamento più ,consono al propri interessi, salvi restando i generici obblighi derivanti dalla Società delle Nazioni. Mi ha poi ancora richiesto a tale proposito di voler porre in suo nome in rilievo che malgrado il disposto dell'articolo 8 della convenzione del 1923· il quale concede assoluta ed incontrollata libertà di traffico alla Jugoslavia, si sia riusciti ad ottenere negli attuali accordi, il preventivo controllo sanitario ellenico nonchè la consegna al capitano di porto greco per la debita vidimazione, del manifesto di bordo per tutte le navi dirette alla zona franca serba. Ho d'altra parte approfittato della circostanza per attirare nella forma più opportuna l'attenzione del mio interlocutore sul contenuto del telespresso di V. E. n. 84 del 2 corrente (3) circa chiesa albanese (del quale mi ero già valso analogamente presso questo ministero degli esteri) e Venizelos si è mostrato perfettamente edotto della subdola azione jugoslava in favore dello scisma che l'Italia si era invece adoperata per quanto possibile ad evitare collo sconsigliare chiaramente Zogu. Il lungo colloquio, nel corso

del quale non ho mancato di rinnovare (secondo quanto parmi essere nostro interesse, anche per evitare che a sfruttare la situazione abbia poi troppo ad approfittare la Francia) amichevoli consigli di moderazione nel dissidio con l'Inghilterra, si è chiuso con altre dichiarazioni di cordiale e grata amicizia verso V. E. e l'Italia che fino a prova contraria, penso potere considerare sincere.

(l) -T. 1467/126 pari data, che non si pubblica. (2) -Secondo Russdi bey, Venizelos avrebbe scritto alcuni giorni prima a Mussolini una lettera per chiarire il significato e la portata dell'acèordo grecc.-jugoslavo (t. 1257/214 di Orsini dell'll marzo). (3) -Cfr. n. 291.
334

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. 774/78. Roma, 22 marzo 19.29, ore 24.

Suo telegramma n. 233 (1).

V. E. ha tutti i necessari elementi per controbattere le lagnanze di Tewfik Roussdi bey circa l'abbinamento che si vuol fare a Roma della firma della convenzione consolare con la stipulazione del modus vivendi (non della convenzione commerciale) (2), abbinamento che è stato consigliato anche da V. E. Le invio con telegrammi a parte istruzioni circa il detto modus vivendi e circa compromesso per gli isolotti (3). Tutte queste questioni di natura tecnica debbono essere risolte con criteri di vera comprensione dei reciproci interessi nè basta, da parte turca, abbondare nelle parole di amicizia per ottenere in ogni occasione le soluzioni che convengono al Governo turco, salvo mostrarsi intransigenti nelle singole negoziazioni. Questo V. E. vorrà chiaramente dire a Tewfik Roussdi bey facendogli ben comprendere che non sarà per colpa nostra se alla sua venuta in Italia troverà il terreno ingombro ancora di tutte e tre le pendenze.

335

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. 775/79. Roma, 22 marzo 1929, ore 24.

Suo telegramma n. 240 (4).

L'accordo greco-jugoslavo come V. E. sa, è stato già firmato a Ginevra. Il patto di arbitrato che è in stretta connessione con tale accordo è già pronto e sarà anche firmato fra pochi giorni. Le affermazioni di Tewfik Roussdr bey circa la possibilità per lui di impedire la conclusione mi sembrano quindi per lo meno esagerate.

dell'Aja.

26 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

Converrà piuttosto che V. E. gli faccia considerare come una delle principali cause che hanno favorito la stipulazione di tali atti sia stata appunto la perdurante insoluta situazione delle vertenze greco-turche, per le quali occorre riconoscere che la Turchia ha adottato un atteggiamento intransigente. È naturale quindi che la Grecia in mancanza di un accordo con la Turchia, come quello che è stato costantemente patrocinato dal Governo italiano, abbia avuto minore possibilità di resistere alle pressioni jugoslave.

(l) -Cfr. n. 327. lVIa lVIussolini risponde anche al n. 328. (2) -Una prima minuta del telegramma, di pugno di Guariglia, così cominciava: • Io non comprendo perchè V. E. invece di stare ad ascoltare le millanterie di Tewfik Ruschdi bey circa la possibilità per lui di ritardare od impedire il patto greco-jugoslavo già concluso non gli abbia risposto per le rime alle sue lagnanze circa l'abbinamento... ». (3) -Da un appunto di Guariglia per Grandi del 19 novembre 1930 risulta che • a suo tempo » fu stipulato con la Turchia un accordo segreto circa l'astensione dal costruire fortificazioni nell'isola di Castelrosso. Si tratta forse di una clausola segreta del compromesso italaturco, firmato ad Angora il 30 maggio 1929, secondo il quale l'assegnazione degli isolo.tti intorno a Castelrosso all'Italia o alla Turchia veniva deferita al giudizio della Corte Internazionale

(4) Cfr. n. 328.

336

IL MlNISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. (P. R.) 3062/65. Budapest, 23 marzo 19.29, o1·e 15,50 (per. ore 20).

Stamane ricevetti deputazione della direzione ufficiale «Tesz » (Confederazione delle Associazioni Nazionali Ungheresi) che già organizzò davanti R. Legazione due anni or sono imponente corteo in occasione visita nostri parlamentari. La • Tesz • ha deciso di nominare l'E. V. a suo membro onorario e di inviare Roma fine maggio delegazione, accompagnata da parecchie centinaia suoi membri per offrire V. E. pergamena di onore. Prima rendere pubblica notizia essa desidera ottenere gradimento V. E. Ho preventivamente interpellato ministero affari esteri. Manifestazione riveste carattere serio. Mio subordinato avviso è favorevole. Prego telegrafarmi suo parere.

337

IL MINISTRO AL CAIRO, PATERNO', AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 1484/67. Cairo, 23 marzo 1929, ore 20,35 (per. ore 23,55).

Mio telegramma n. 50 e telegramma 1700 S. E. De Bono (1).

Trovandomi Alessandria d'Egitto per servizio il Senussi è venuto a vedermi nell'albergo Claridge, dove abitualmente alloggio. Visita è durata un'ora. Senussi ha esordito dichiarandomi profonda ammirazione per S. E. Mussolini, per sue alte opere nel mondo, oltre che in Italia, che lo rendono fiducioso che egli, alla direzione diretta degli affari coloniali, voglia risolvere problema pacificazione Libia. A sostegno sua convinzione ha citato questione romana da sessanta anni insoluta che la titanica volontà del Duce ha così felicemente superata. Mi ha pregato di trasmettere a S. M. il Re d'Italia, a S. E. Capo Governo il suo profondo omaggio. Idris si è infine dichiarato pronto a collaborare attivamente e fedelmente alla pacificazione suo paese. Gli ho risposto prendendo atto delle

sue dichiarazioni e ho creduto utile avvertirlo che nell'eventuale sviluppo situazione che sua visita veniva a creare era assolutamente necessario seguire via rettilinea chiara e leale. Mi sono naturalmente astenuto qualsiasi discussione e ciò conformemente istruzioni S. E. De Bono.

Avendogli annunziato che S. E. Mussolini aveva magnanimamente disposto Said Redà a Bengasi egli si è alzato e mi ha stretta la mano in preda evidente commozione. Da ultimo egli ha ricordato sua personale conoscenza con S. E. Badoglio incontratolo Cirenaica nell'anno 1921 e mi ha pregato portargli suoi saluti. Ho inviato mia carta anzichè restituire personalmente visita con intendimento scemare agli occhi del Senussi importanza avvenimento.

Ho impressione che emissari stranieri lavorino per ostacolare eventual6' intesa e pertanto permettomi suggerire che tutto rimanga segreto. Presente telegramma è diretto soltanto al ministero degli affari esteri.

(l) Cfr. nn. 289 e 306.

338

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1504/260. Costantinopoli, 25 marzo 1929, ore 16,30 (per. ore 19,30).

Telegramma di V. E. n. 775/79 (1).

È appunto il patto di arbitrato che sarà firmato a Belgrado la causa della odierna irritazione ad Angora (e a Budapest, Sofia come asserisce Tewfik Russdi). Ben lontano dall'accettare osservazione da me fattagli, in conformità contenuto telegramma suddetto, Tewfik Russdi riafferma che Venizelos si è servito appunto del negoziato con Turchia tirandolo per le lunghe per spingere Belgrado a concludere. Ciò è provato secondo lui anche dalla circostanza che Venizelos appena resosi certo del risultato favorevole deHe trattative con Belgrado ha fatto cessare difficoltà frapposte finora all'intesa con la Turchia aderendo (come risulta dal telegramma successivo) (2) a quella proposta Governo turco .che già venne fatta alla Grecia 4 anni or sono. Ormai accordo fra Angora e Atene è completo per la questione di principio. Irritazione di certi circoli di Angora contro patto greco-jugoslavo d'arbitrato è aumentata da una frase detta dal ministro di Grecia a quello di Ungheria, che si meravigliava del fatto che patto greco-jugoslavo fosse identico a quello italo-greco. Ministro di Grecia gli avrebbe detto di non meravigliarsi perchè questo è il protocollo Venizelos (alludendo protocollo Litvinoff) cui aderiranno tutte le potenze balcaniche. Ministro d'Ungheria osservava che non era proprio il giudizio bene accetto a Budapest del patto italo-greco.

Nel nostro colloquio Tewfik Russdi aggiungeva che patto greco-jugoslavo già ha provocato reazione a Sofia e che nella stampa turca, bulgara e ungherese cominceranno articoli per svalutarlo.

(2\ Non si pubblica.

A mio avviso, corroborato da quello del mio collega dell'Unione Sovietica, non è da escludere che, ultimata sistemazione questione scambio, quando Angora e Atene cominceranno negoziare patto politico, Tewfik Russdi sia per sollevare difficoltà onde provocare qualche chiarificazione.

(l) Cfr. n. 335.

339

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PE.R CORRIERE 1579/199. Londra, 25 marzo 1929 (per. il 29).

Mio telegramma n. 51 del 4 febbraio (1). A sua richies~a ho avuto oggi un colloquio col signor Patrìck, capo dell'ufficio Abissinia al Foreign Office.

Il signor Patrick mi ha dato comunicazione dello scambio dì note fra Ras Tafari e la legazione britannica ad Addis Abeba circa la definitiva scelta della ditta Whìte & Co. per la costruzione dei lavori di sbarramento del lago Tzana. Come è noto a V. E. il Governo britannico a mezzo della propria legazione ad Addis Abeba, aveva fatto conoscere a Ras Tafarì nulla avere in contrario a che il Governo abissino sì accordasse colla ditta White ed affidasse a questa l'impresa di costruzione purchè tale costruzione sì mantenesse entro limiti economici, fosse tecnicamente ineccepibile e rispondesse agli scopi economici che l'avevano determinata. Il Governo britannico chiedeva anche che a suo tempo gli venissero comunicati i piani dell'impresa.

Nella sua lettera di risposta, Ras Tafari accettava le richieste britanniche ed informava del prossimo arrivo dì una rappresentanza della ditta Whìte.

Dopo avermi detto che, durante questo periodo dì trattative fra il Governo etiopico e la ditta White il Governo britannico intendeva astenersi da qualsiasi interferenza in materia, onde non dare ragione di sospetto al Governo etiopico sempre così diffidente (ed in tal senso aveva impartite istruzioni alla propria legazione), il signor Patrick mi fece rilevare l'interesse che ,anche l'Italia aveva ad una rapida attuazione di questa annosa idea e mi richiamò allo spirito ed alla lettera delle nostre intese al riguardo. Dopo di che mi disse come il Foreign Office ben conosceva l'ascendente personale di cui godeva il comm. Cora presso Ras Tafari ed apprezzava l'efficacia della sua azione, che il Governo britannico desiderava egli volesse prestare per assicurare il successo dell'impresa. Egli mi pregava, quindi, di voler chiedere a V. E. di inviare al R. ministro in Addis Abeba istruzioni intese a favorire l'esito delle trattative fra la ditta White ed il Governo etiopico; il che io gli promisi di fare.

Il signor Patrick mi dichiarò che la ditta White, pur avendo avuto per qualche anno la sua succursale a Londra, era una ditta assolutamente americana, la più esperta e la meglio attrezzata, finanziariamente e tecnicamente,

per tal genere d'imprese, e che pertanto il Governo britannico aveva piena fiducia che essa avrebbe corrisposto alle esigenze. Il Governo britannico riteneva anzi che il carattere prettamente americano della compagnia White avrebbe facilitato la cosa, mentre la sospettosità abissina avrebbe reso difficile il raggiungimento di un accordo con una ditta britannica o magari italiana.

Il signor Patrick concluse col dirmi che il Governo britannico contava sulla nostra collaborazione onde le attuali buone disposizioni del Governo abissino venissero tenute vive, un naufragio dell'attuale progetto significando il rinvio dell'impresa alle calende greche.

Sarei grato all'E. V. se volesse mettermi in grado di informare il Foreign Office circa l'accoglienza che l'E. V. avrà .creduto poter dare alla sua richiesta.

(l) T. 582/51, che non si pubblica.

340

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA RR. 1119/649. Vienna, 26 marzo 1929.

Mazzotti mi prega di comunicare quanto segue:

«In una lunga conversazione avuta con alcuni capi dell'organizzazione agraria bulgara, (frazione Murawieff) espressamente venuti da Sofia per tastare il terreno presso questi profughi fuorusciti agrari e conoscere " de v'isu " la loro tendenza politica, vale a dire, se in perfetta armonia coi deliberati del partito e coi dirigenti dell'organizzazione agraria diretta dagli ex ministri Cristo Stojanoff e Nedelko Athanasoff i quali sono ispirati anzichè dagli interessi del partito dai dirigenti di Belgrado e conseguentemente di Praga [sic].

Lo scopo di tale sondaggio da parte dei parlamentari bulgari, dovrebbe portare quale risultato la scissione nell'ala estrema del partito agrario bulgaro, indebolendolo al punto da non avere più alcuna presa politica nel paese. Perciò in un certo senso questa scissione dovrebbe rafforzare il partito agrario bulgaro capeggiato da Markoff e Guicheff (ala di destra) e riuscire in tal guisa pacificare il Paese, colla possibilità di una futura concentrazione politica, la quale verrebbe a dare una indiscutibile maggioranza al potere governativo.

Siccome poi, questa nuova ala politica che si andrebbe formando in seno alla organizzazione agraria di sinistra, vorrebbe prendere anche un atteggiamento decisivamente italofilo, per cui a mezzo dei noti informatori bulgari hanno preso questo primo contatto con me, allo scopo di fare conoscere al R. Governo questo loro desiderio e per essere consigliati su di una loro eventuale gita a Roma per mettersi in contatto col Generale Volkoff, tramite il R. Ministero degli Affari Esteri.

All'uopo, trasmetto una relazione dettagliata del movimento agrario bulgaro, compilato dagli interessati, dove esprimono i loro desiderata e i fini che si propongono di ottenere dalla nuova scissione da prodursi nella organizzazione estremista dei bulgari agrari.

Naturalmente, io credo, che se per ora gli oppositori si contentano solo di un aiuto morale, non nascondono anche la necessità di un aiuto finanziario al momento di battere in breccia l'organizzazione agraria protetta da Belgrado e da Praga. Per cui certamente chiederebbero gli aiuti finanziari occorrenti sia per fare rimpatriare il maggior numero di fuorusciti in Austria, Germania, Cecoslovacchia, Francia, Rumenia e Jugoslavia, attualmente sovvenzionati nella stragrande maggioranza da Belgrado, sia per controbattere le eventuali notizie false date alla stampa dagli Oboff, Todoroff, Stojanoff e Athanasoff.

Comunque, qualora il R. Governo credesse volersi interessare della questione, il problema finanziario sarebbe studiato in un secondo tempo. Per ora, gli interessati chiederebbero di essere solamente ricevuti a Roma e di facilitare loro gli approcci col Generale Wolkoff.

Dato poi che gli emissari venuti a Vienna non vorrebbero trattenersi oltre la prima settimana di aprile, così pregherei l'E. V. di una risposta telegrafica in merito».

341

IL DIRETTORE GENERALE PER VEUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO, E AL MINISTRO AL CAIRO, PATERNO'

T. s. 797. Roma, 27 marzo 1929, ore 24.

(Per Colonie). Nota di V. E. n. 1879 del 27 corrente (1). Ho telegrafato al

R. ministro al Cairo quanto segue:

(Per tutti). Telegramma di V. S. n. 67 (2). Ministero Colonie approva atteggiamento tenuto da V. S. durante e dopo primo colloquio con Saied Idriss. E poichè questi aveva già manifestato desiderio di un secondo colloquio al Cairo, ministero Colonie è dell'avviso che nulla debba farsi dalla S. V. per sollecitarlo

o che possa comunque dare impressione che esso sia da noi desiderato. Qualora Idriss preannunci una nuova visita ella vorrà avvertire telegraficamente chiedendo istruzioni.

342

IL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 2054. Roma, 28 marzo 19.29.

Trasmetto a codesto R. ministero, per opportuna conoscenza, l'unito telegramma pervenuto da S. E. Corni e copia del telegramma di istruzioni diretto da S. E. il Capo del Governo allo stesso governatore riguardo alla linea di condotta da seguire circa i nostri posti di confine e circa eventuali azioni contro tribù di oltre confine.

(:!) Cfr. n. 337.

ALLEGATO !.

CORNI A DE BONO

T. 632/367. Mogadiscio, 25 marzo 1929, ore 20.

Prima decade marzo essendo stata segnalata presenza oltre confine etiopico numerosi armati Isak sudditi inglesi intenzionati ripetere ai nostri danni razzie del dicembre ultimo scorso, segnalate con telegrammi 1305, 1309, 1343 e 1391, venivano dati ordini a bande settore Gallacaio concentrarsi Galadi e di qui attuare azione polizia preventiva contro minacciata incursione in territorio Colonia. Pattuglie dubat che, secondo informazioni avute, dovevano puntare su Ado, trovarono asciutte quelle acque e furono attirate oltre da presenza esploratori avversari, sinchè giunsero giorno dodici sul pozzo di Uardeir che trovarono presidiato da oltre mezzo migliaio armati Isak Averjonis Rer Aiance. Occupazione questo pozzo manifestava proposito Isak valersi come base partenza quella linea pozzi Gherlogubi-Uardeir-Ualual, da noi già occupata inizio operazioni sultanati ottobre 1925 e poi abbandonata per ragioni note a codesto Ministero. Nostri dubat al comando uno jusbasci non esitarono attaccare nel posto ove eransi trincerati razziatori Isak e dopo cruento combattimento li cacciarono e tennero pozzo fino alba giorno seguente, al momento rientrare Galadi. Durante ritorno, dubat furono assaliti da Isak ritornati in maggior numero e decisi rivincita. Nostri difendendosi con valore riuscirono di nuovo vittoriosi, ma lasciando dieci morti compreso stesso jusbasci e riportando venti feriti. Nostri catturavano fucili e numerose cartucce nel solo combattimento del mattino, infliggendo gravi perdite fra cui morte Ugas Ailit Samantar Nur che comandava Isak. Dubat dopo combattimento inseguivano ancora razziatori, li battevano nuovamente e li disperdevano riuscendo impadronirsi anche di trecento cammelli e duecento bovini. Totale perdite avversarie un centinaio morti fra i quali anche capo Abdigabosse Rer Aiance.

Scontri acquistano particolare rilievo perchè, oltre volontà Isak rivalersi della dura lezione subita a Garigir e Uardeir dicembre u.s., mostrano chiaramente loro intenzione mantenersi in territorio altrui e su pozzi sui quali noi vantiamo diritti. A questo punto sembrami opportuno porre in rilievo che presenza questi Isak che, come è noto, sono i più duttili strumenti della politica espansionistica del governo Somaliland in questo settore, costituisce grave pregiudizio al nostro buon diritto alla linea Gherlogubi-Uardeir-Ualual, linea dei pozzi che, già frequentati da popolazione ex sultanato Obbia, costituiscono punti insostituibili nostra difesa confine. Basta a questo proposito guardare la carta delle località, per ved<'re che in quel settore, per ragioni di acqua, difesa nostre popolazioni deve farsi o in linea arretrata, cioè lasciando ad anarchia notevole zona nostro territorio, o sulla detta linea avanzata. Ragioni e necessità occupazione questa linea sono quelle che già mio predecessore dichiarava con suo telegramma 2146 del 2 dicembre 1925 a codesto Ministero, ma che opportunità del momento imposero mantenere in riserva. Oggi non siamo più di fronte sole ragioni etiopiche, per le quali mi rendo conto si potesse attendere momento propizio; siamo dinanzi occupazione linea da parte popolazioni Somaliland che potrebbero funzionare da avanguardie di fatto espansivo potere inglese. E si rischia perdere per sempre linea acque necessaria nostra colonia. Prego perciò riesaminare con ogni attenzione problema che anni addietro comportò momento di arresto ed anzi sgombero quelle località. Per lo meno occorrerebbe, nello interesse avvenire, che noi continuassimo a farci vedere su quella linea pozzi sino a passare gradatamente ad occupazione di fatto, primo elemento di un futuro riconoscimento di diritto.

ALLEGATO II.

MUSSOLINI A CORNI

T. 2054. Roma, 27 marzo 1929.

A 367 U.P.

Mi congratulo per contegno arditamente offensivo delle bande nella segnalatami scorreria ai pozzi di Uardeir. Queste formazioni irregolari sono assai utili per protezione confine e vedo con piacere che V. E. ne conserva integri spirito e compagine.

Quanto a sue considerazioni circa linea posti acqua Gherlogubi Uardeir Ualual, le significo che ovvie ragioni opportunità che mi indussero ordinarne abbandono tre anni fa perdurano tuttora (1). Dubbi da lei affacciati che prese;1Za cabile Isak in territorio etiopico a sud confine Somaliland risponda a mire espansionistiche britanniche non mi appaiono fondati. Tali cabile hanno sempre sconfinato prima durante e dopo insurrezione mullista. In ogni modo noi di ciò non dobbiamo occuparci se non in quanto rappresenti pericolo per tranquillità nostro territorio. Opportuna è stata perciò azione da Galadi disposta da V. E. se effettivamente gruppi Isak preparavano razzia verso nostri sudditi. Opportuno sarà ripetere simili azioni ogni qualvolta risulterà necessario. Ma linea posti confinari deve restare quella che io indicai tre anni fa a suo predecessore. Attendo assicurazione.

(l) Non si pubblica.

343

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

L. RISERVATA. Roma, 28 marzo 1929.

S. E. il Capo del Governo ha letto con interesse il Suo rapporto del 16 Marzo corrente (2) relativo agli intendimenti del Re Zogu circa le diverse quesUoni attualmente sul tappeto -incoronazione, viaggio a Roma, matrimonio.

Egli approva la maniera con cui V. S. ha condotto il colloquio e concorda nelle Sue conclusioni.

344

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO

T. PER CORRIERE 820. Roma, 29 marzo 1929.

Nota di V. E. n. 1846 del 22 marzo (3).

Concordo con S. E. Zoli nel ritenere che un brusco arresto dei contatti del

comm. Teodorani col Governo dell'Hegiaz per la questione del riconoscimento

di Ibn Saud possa essere da questi interpretato come un passo indietro nelle

intenzioni del R. Governo. Confermo però che fase conclusiva trattative, a

meno che Governo hegiaziano non faccia spontaneamente un passo adesivo che consigli immediato accoglimento, debba essere affidata nuovo titolare consolato Gedda e che quindi attuale reggente riceva precise istruzioni di mantenersi sulle generali cercando di temporeggiare ed allentare i contatti stessi.

(l) Non si è trovata una nota di Cora al Governo etiopico del gennaio 1929 dalla quale risulterebbe il riconoscimento che i pozzi di Ual Ual sarebbero stati in territorio etiopico(cfr. P. PorrER, The Wal Wal Arbitration, Washington, 1938, p. 38, cit. da G. W. BAER, The Coming of the Italian-Ethiopian War, Harward, 1967, p. 46).

(2) -çfr. n. 322. (3) -Non si pubblica.
345

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

TELESPR, RR. 215686/246. Roma, 29 marzo 1929.

Per opportuna conoscenza di V. E., mi pregio rimettere copia qui unita di

n. -4 telegrammi (l) di S. E. il governatore dell'Eritrea, sulle conversazioni da lui avute col residente di Aden. S. -E. Zoli ha ricevuto istruzioni: a) di riprendere le pratiche per la costituzione del noto deposito di petrolio a Camaran, date le favorevoli disposizioni che sembra mostrare in proposito sir Stewart Symes; b) di aderire alla richiesta di quest'ultimo, inviando all'Imam .Jahia un telegramma per illuminarlo sulle reali intenzioni inglesi a suo riguardo, e rendere più facile la sua situazione nei riguardi della residenza di Aden, sottolineando opportunamente nella comunicazione che tale passo è fatto da noi nell'esclusivo suo interesse. V. -E. vorrà trarre occasione da Sue conversazioni in proposito col Foreign Office per mettere opportunamente in rilievo come la nostra adesione alla richiesta di sir Stewart Symes, agendo, nel senso da questi desiderato, presso l'Imam .Jahia, esorbiti dagli obblighi assunti dall'Italia nelle conversazioni di Roma, e come sia una delle più chiare prove della nostra lealtà ed amicizia verso la Gran Bretagna dopo che il passato atteggiamento della Residenza di Aden ci aveva messo al rischio di compromettere del tutto nello .Jemen quella influenza politica che, nelle conversazioni fra il governatore dell'Eritrea ed il residente britannico, è apparsa di riconosciuta utilità tanto alla Residenza quanto allo stesso Governo britannico.
346

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

TELESPR. RR. 215633/21. Roma, 29 marzo 1929. Faccio seguito al mio telespresso n. 260455/77 del 21 novembre u. s., e mi riferisco al rapporto riservatissimo di S. E. Zoli n. 2337/10 del 25 gennaio, (direttamente inviatoLe per conoscenza) relativamente all'a:ttuale situazione confinaria tra Eritrea ed Etiopia. Per opportuna conoscenza a norma della S. V., Le comunico il seguente dispaccio da me diretto, in data odierna, al R. Ministero delle Colonie circa la questione:

« Concordo pienamente con V. E. nel confermare -come già venne di comune accordo deciso -che non sia il caso di sollevare la questione della delimitazione dei confini, lasciando anzi cadere per ora qualsiasi proposta eventualmente ci venisse fatta dal Governo Etiopico, e che, allo stato delle cose, si possa convenire nella linea di condotta suggerita dal Governo dell'Eritrea: a) mantenere rigorosamente lo stato di fatto in conformità dello stato di diritto dove l'uno e l'altro coincidano; b) ripristinare gradatamente, col minor sforzo possibile e con ogni tatto, lo stato di fatto esistente in conformità dello stato di diritto nelle zone su cui, per l'avvenuto abbandono nel passato di alcuni piccoli posti, vengono ora avanzate pretese dagli abissini e non viene effettivamente esercitata la nostra autorità.

Questo lento ripristinamento dovrà però essere fatto a gradi e con la massima cautela, in modo di non sollevare nessun incidente locale né tanto meno destare alcuna apprensione nel Governo Etiopico, col quale, nell'attuale momento è nostro interesse mantenere le relazioni le più cordiali possibili, date le importanti questioni in corso di trattazione in dipendenza dell'esecuzione del recente Trattato di amicizia.

Desidero pertanto che S. E. Zoli, nel prendere atto delle surriferite decisioni del R. Governo, dia ogni più ampia e formale assicurazione di attenersi scrupolosamente alle istruzioni che, in proposito, l'E. V. si compiacerà impartirgli ».

(l) Non si pubblicano.

347

IL CONSOLE GENERALE AD INNSBRUCK, RICCIARDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 1714/153. Innsbruck, 29 marzo 1929.

Mio telegramma 1711/7 del 29 marzo 1929 e precedenti (1).

Rimetto qui unito il testo della protesta pubblicata dal Reut-Nicolussi e consorti a proposito delle recenti elezioni in provincia di Bolzano. Per quanto i firmatari di questa protesta, sia pur attivissimi propagandisti dell'irredentismo tirolese, non siano certamente personalità di primo piano nella vita politica di questo paese, essi, come altoatesini, possono in un certo senso fornir l'impressione, anche fuori dei ristretti circoli tirolesi, di emettere una voce autorizzata e consapevole della situazione delle cose e dello stato degli animi in Alto Adige. Come già osservato nei miei rapporti precedenti, la disillusione sui risultati del plebiscito è stata qui -dove si contava su una forte astensione dalle urne piena e profonda. Perciò, mentre si comprendono facilmente le ripercussioni che quei risultati devono necessariamente avere, si spera neutralizzarle cercando ,comunque di svalutare questi ultimi. La protesta di Reut-Nicolussi e consorti non è dunque che un meschino complemento alla campagna di idiozie, infantilismi e pettegolezzi che la stampa tirolese va facendo per dimostrare che i voti favorevoli al Regime sono stati estorti agli altoatesini dalle pubbliche

autorità colle più gravi minacce. Del resto non è soltanto il risultato del plebiscito in Alto Adige che eccita il malumore a nostro riguardo: sembra, infatti, che le trattative per la conclusione del noto prestito estero austriaco abbiano subìto un rinvio sine die (di cui si attribuisce principalmente la causa all'Italia), che mette in non lieve imbarazzo l'Austria probabilmente costretta a ricorrere all'emissione di buoni del tesoro per coprire le spese di investimenti già in corso, ai quali si sperava, invece, provvedere col ricavato del prestito estero. Il fallimento di quelle trattative non soltanto ha rinfocolato le ire contro di noi ma, a giudicare dall'attitudine della stampa locale nella questione del plebiscito, ha anche rallentato il freno che essa veniva da qualche tempo, per ordine superiore, imponendosi nei nostri riguardi a proposito della cosiddetta questione altoatesina. Non mi stupirebbe quindi una prossima vivace ripresa di campagna irredentista ed anche, se sono esatte informazioni di cui attendo conferma, una nuova levata di scudi dei deputati tirolesi al National Rat.

(l) Non si pubblicano.

348

APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, SUL COLLOQUIO CON IL SEGRETARIO DI STATO AGLI ESTERI INGLESE, CHAMBERLAIN

Firenze, 2 apriLe 1929.

Si è prima di tutto compiaciuto per la soluzione della Questione Romana, soluzione ch'egli rinviava di almeno mezzo secolo e si è mostrato assai soddisfatto quando -fra molte altre cose -gli ho preannunciato il disegno di legge per il libero esercizio dei culti acattolici.

Mi ha, quindi, fatto le sue congratulazioni per le elezioni del 24 marzo.

Caduto il discorso sulla situazione generale europea, io gli ho detto che la consideravo abbastanza tranquilla, ma che alcune questioni e situazioni vi erano degne della più grande attenzione. 1) Concludere coll'affare delle riparazioni; 2) finire colla tragicommedia del disarmo; 3) Jugoslavia.

Chamberlain mi ha detto che conveniva pienamente sulla necessità di finirla colle riparazioni. Quanto al disarmo navale egli è per realizzarlo attraverso una intesa anglo-americana-giapponese e quindi una intesa franco-italiana.

Tentativi di generalizzare a cinque la questione, sono destinati a fallire.

Sulla evacuazione della Renania, Chamberlain mi ha dichiarato che esiste in Inghilterra la unanimità per uno sgombero totale e immediato. Che la cosa è oggi possibile, anche per il mutato atteggiamento di Poincaré, meticoloso e pedante, quindi « mezzo tedesco , come lo ha definito Stresemann.

Mi ha quindi chiesto notizie delle conversazioni franco-italiane. « Legati da una stretta amicizia colla Francia legati dalla stessa amicizia coll'Italia colla quale noi non abbiamo mai avuto questioni -il nostro interesse è che l'accordo si realizzi fra Francia e Italia, il che stabilirà una specie di fmnte unico franco-anglo-italiano che terrà in rispetto la Germania , la quale, ha continuato Chamberlain non ha ancora rinunciato alle sue mire. Queste dovrebbero realizzarsi in tre tempi: Alta Slesia, Anschluss, Tirolo.

A prova di ciò Chamberlain mi ha -confidenzialmente -comunicato che recentemente il Governo del Reich, a mezzo di una specie di Ambasciatore extra ruolo, il signor Kuhlmann, ha scritto una lettera al Governo inglese per chiedere un mandato e la rinnovazione di intesa anglo-tedesca nel caso che il Portogallo volesse alienare le sue colonie africane. Tale intesa risale a 30 anni fa. Chamberlain ha risposto negativamente all'una e all'altra comunicazione.

Ho notato nel Chamberlain una viva punta anti-germanica.

Gli ho narrato le fasi delle conversazioni franco-italiane. Gli ho parlato dell'accordo aviatorio (1), della proposta rettifica delle frontiere occidentali della Tripolitania, della situazione degli Italiani di Tunisia, quest'ultima particolarmente delicata, del proposto patto di amicizia. Gli ho soggiunto che l'accordo si realizzerà e che si realizzerà tanto meglio quanto più la Francia attenuerà la sua politica belgradese, finirà, cioè di armare la Jugoslavia.

Chamberlain ha ammesso che la Francia arma e arma anche troppo gli jugoslavi, ma, come nel caso della Polonia e della Cecoslovacchia, non già contro l'Italia, ma contro la Germania. La Francia, secondo Chamberlain si è vista costretta a questa politica di alleanze militari quando gli Stati Uniti l'hanno piantata in asso dopo Versailles. La Francia, del resto, agisce su Belgrado per evitare che la dittatura faccia delle « betises » e spesso Briand mi invita (Chamberlain) a moderare tanto i polacchi quanto i S.H.S.

Ho dichiarato a Chamberlain che, nonostante la decadenza del patto di amicizia, i rapporti fra Roma e Belgrado erano corretti più di prima.

Il Chamberlain mi ha quindi parlato degli Stati Uniti, con punte critiche e -passando all'Inghilterra -mi ha profetizzato una vittoria dei conservatori con 60-50 voti di maggioranza.

Il Chamberlain si è rifatto apparentemente del rude colpo dell'anno scorso, ma mi è sembrato molto meno pronto nel concepire e nell'esporre.

349

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1676/811. Belgrado, 2 aprile 1929 (per. il 4).

Odierno giornale Pravda sotto il titolo • Provati propugnatori del pacifismo» scrive: • Il patto greco-jugoslavo è opera di pace ed il suo testo ha dato occasione all'Europa di persuadersi che nei Balcani si rinsaldano i buoni rapporti di vicinato rendendo così impossibili i conflitti che tante volte hanno avuto luogo nella penisola balcanica. La Grecia e la Jugoslavia mettendosi d'accordo hanno creato una situazione favorevole per la soluzione anche di

altre questioni pendenti ed in genere per l'effettuazione di una Locarno balca

nica. Le clausole del patto greco-jugoslavo sono ispirate al pacifismo, allon

tanano gli urti e rendono possibile un vicinato pacifico. Tali patti sono necessari

alle nazioni balcaniche. Dopo il patto greco-jugoslavo se ne attendono altri;

essi devono venire ed al più presto... •.

Era apparso evidente già in passato che questo Governo, non appena giunto alla firma di un qualsiasi patto di amicizia con una nazione vicina, se ne sarebbe servito come trampolino per slanciarsi verso la tanto vagheggiata • Locarno Balcanica •, che nella mente di questi circoli dominanti dovrebbe realizzare l'egemonia serba nei Balcani sotto l'egida della Francia e diretta prevalentemente contro l'Italia.

Per quanto cervellotica sia apparsa ed appaia la ricetta della • Locarno Balcanica •, per le ragioni ben conosciute ed a suo tempo molto bene illustrate dall'ex ministro degli esteri greco Micalacopoulos, tuttavia non ci si deve illudere che Francia e Jugoslavia non cerchino ora con rinnovato ardore di applicarla ai Balcani a loro esclusivo uso e consumo.

Gli sforzi principali sono ora diretti sulla Bulgaria, quantunque gli articoli della Politika ed il silenzio che in questi ultimi giorni si è fatto sugli accordi di Piroi lascino supporre che l'impresa non sia tanto facile (1).

r. -234.3/916 del 15 aprile:

« Il Regime Dittatoriale sta perseguendo una politica di avvicinamento e possibilmente di accordi con gli stati confinanti. Tale azione rientra nelle direttive della Francia, con la Cecoslovacchia a rincalzo, e delle relative correnti massoniche, di cui, giova ripeterlo, essa è pretta ed integrale emanazione. Quindi, dal punto di vista generale, la Jugoslavia tende ad inquadrarsi sempre più nella costruzione ideata dalla Francia nell'Europa centrale e Balcanica, assumendo ogni giorno meglio la parte assegnatale: fare fronte all'Italia (scopoprincipale). e coadiuvare gli altri stati della costellazione francese nella eventuale lotta contro il Germanesimo (accordi recenti colla Grecia per il libero transito delle armi per Salonicco anche con la chiara finalità di servire alla Polonia nel caso della inutilizzazione di Danzica).

In particolare, l'azione estera SCS si svolge:

Verso t'ALbania. La Jugoslavia completa i preparativi militari verso la frontiera albanese collo scopo di metterla fuori combattimento prima che le giungano rinforzi dal mare: conserva in attività i mezzi atti a provocare un rivolgimento interno continuando ad organizzare e sovvenzionare i fuorusciti in Jugoslavia ed a Vienna; tenta approcci con Ahmed Zogu,che è mia impressione non siano oggi del tutto andati a vuoto. L'atmosfera fra i due paesi è, a mio avviso, alquanto migliorata, e l'attuale Ministro albanese a Belgrado, Fitzo, destinato a quel che sembra alla carica di Ministro degli Esteri a Tirana al posto dell'italofilo Vrioni, non è improbabile dia opera ad una sempre maggiore chiarificazione dei rapporti stessi. La collaborazione albanese-jugoslava per la creazione della Chiesa autocefala ortodossa non

è da essere sottaciuta, e può costituire una via propiziatrice di migliori ra}:.-l;)orti fra i

due paesi.

Verso ta Grecia. La firma dei protocolli per il transito di Salonicco e quella del patto di arbitrato ed amicizia indicano che un grande passo è stato fatto per rendere intimi i rapporti fra i clue paesi. Ciò tante più dopo la constatazione che la Grecia ha dato sostanzialmente alla Jugoslavia libero incontrollato transito delle armi per Salonicco e relativa ferrovia in tempo di pace (per il tempo di guerra vi è la clausola dell'art. 4 capo c delle convenzioni del 10 Maggio 1914 che riserva alla Grecia ogni libertà d'azione). Questa constatazione oltre che un valore rilevante per la conseguente aumentata efficienza bellica della Jugoslavia (vedi mio telegramma per corriere n. 2246/879 del 9 corr.) [<;fr. n. 364], ne ha un'? ancora più rilevante per il fatto che rientra nel sistema degli accord1 ed alleanze fran7es~ nell'Europa centrale, e sopratutto nei riguardi della Polo!'ia e d.ella Rumania.. eh<: pe_r ragi_?nldiverse potrebbero trovarsi, in caso eli emergenza belhca, pnvate della hberta cl1 trafnco per i porti eli loro normale rifornimento. Jnolt~e il patto ?-i !lmicizia Gret;o-Jugoslavo ha rott-e> quella specie di cerchio ostile che dal pr1mo patto .d1 T1rana ad _ogg1 av-;va strett~ la Jugoslavia, e può essere mezzo eli persuasione e presswne per nuov1 accord1 con altn

p :lesi J~'ìt!}LBuLgaria. Confermo la mia impressione, riassunta. nel mio te~egramma n. 160 del 7 corr., che cioè la .Jugoslavia, aiutata dalla Cecoslovacchia (Re. Bons ~ Praga) e. dalla Francia. stia facendo le pressioni più vive per costringere la Bulgaria a ven1re ad una mtesa. mettendo in ouera tutto, anche tentativi di corruzione pecuniaria. Sono s<;mpre però del parere che la -Bulgaria per a.ra resisterà; ma l'avvenire potreb?e preparare! delle sorp10es<; essendo oggi la Jugoslavia in migliore posizione diplomatica e qumdl potendo le sue presswm avere maggior peso ;;. .

(l) Allude alla convenzione relativa all'impianto di linee di navigazione aerea, firmata il lO marzo 1929 (testo in Trattati e convenzioni, ecc., 1929, XXXIX, pp. 111-125).

(l) -Sulle direttive della politica estera jugoslava cfr. quanto comunicava Galli con
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IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE R. 1705/835. Budapest, 2 aprile 1929 (pe1·. il 7).

Il ministro dell'ordine di Malta conte Karatsonyi, che so in relazione con autorità ecclesiastiche locali e del Vaticano, mi disse confidenzialmente constargli che il Vaticano è contrario all'Anschluss e che tenderebbe invece alla formazione di un blocco cattolico, senza substrato politico, comprendente l'Austria, l'Ungheria e la Polonia. Tale meta vorrebbe essere raggiunta favorendo fra detti stati un'unione doganale, che incontrerebbe indubbiamente favorevolissima accoglienza, specialmente in Austria ed in Ungheria, le cui produzioni ed economie si compenserebbero con reciproco grandissimo vantaggio.

Feci osservare al conte Karatsonyi che a mio personale avviso l'Italia non potrebbe ammettere nulla di simile se non nel caso che essa stessa fosse compresa nel progettato blocco.

A questo proposito mi richiamo a quanto ebbi l'onore di esporre verbalmente a V. E. due anni or sono circa la posizione privilegiata che l'Italia potrebbe acquistare nell'Europa danubiana da un accordo col Vaticano nei rispetti del quale essa prenderebbe la successione dell'Austria di anteguerra come grande potenza cattolica e divenire centro di attrazione per tutti i cattclici anche degli stati ortodossi della Piccola Intesa.

Non so quanto ci sia di vero nelle intenzioni attribuite al Vaticano; sta di fatto che questo nunzio, per quanto consta a me ed al Governo ungherese stesso, non si occupa di politica.

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IL MINISTRO A BUCAREST, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1702/788. Bucarest, 3 aprile 1929 (per. il 7).

Telegramma di V. E. per corriere n. 778 del 25 marzo (1). Le notizie fornite a V. E. dal R. ambasciatore a Costantinopoli col suo telegramma n. 251, circa i rapporti romeno-tedeschi trovano qui conferma.

Come V. E. lo avrà infatti rilevato da tutta la mia corrispondenza, l'attività tedesca ha preso qui una particolare intensità da quando è stato concluso il recente accordo finanziario romeno-tedesco.

Tale movimento è certo favorito dalle naturali disposizioni dei dirigenti del nuovo Governo romeno, originari nella maggior parte della Transilvania, e quasi esclusivamente imbevuti di cultura tedesca; ma esso è in realtà cominciato ben innanzi l'avvento al potere del signor Maniu.

Difatti, mi trovo ad aver segnalato a V. E. fin dall'estate scorsa e precisamente col mio telegramma per corriere n. 1850 del 31 luglio, che la Germania andava circuendo il Governo liberale del signor Bratianu, che essa andava per vie indirette qui sostenendo che il trattato d'amicizia italo-romeno non garantiva affatto le nuove frontiere della Romania, che il pericolo rosso -donde è minacciata la Romania -poteva essere efficacemente frustrato solo dalla Germania, che del pari solo una pressione tedesca avrebbe potuto imporre a Budapest il rispetto del confine transilvano; che infine l'aiuto finanziario prestato nel passato con grande liberalità alla Romania dalla Banca tedesca, nonchè la predominante parte avuta dalla Germania nel complesso dell'economia romena, erano utili ricordi nell'attuale situazione della Romania.

Ripeto adesso che quest'opera, iniziata di buon'ora, travasi in pieno sviluppo e basterà accennare a tutte le segnalate offerte finanziarie ed industriali qui recentemente fatte dalla Germania, nonchè al movimento di propaganda in favore dell'obbligatorietà dell'insegnamento della lingua tedesca.

(l) Col quale veniva ritrasmesso il t. da Angora 1447/251 del 22 marzo. Entrambi doc. non vengono pubblicati.

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IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1671/70-71. Sofia, 4 aprile 1929, ore 14 (per. ore 16,25).

Nescic partito per Belgrado. Sua partenza è in relazione insuccesso ormai qui da tutti riconosciuto della conferenza di Pirot. Tale conferenza, originata dalla decisione di Belgrado di procedere alla apertura della frontiera (decisione notoriamente imposta dalla Francia al generale Zivkovic, in occasione discussione questione minoranze a Ginevra onde produrre nella Società delle Nazioni impressione di una entente serbo-bulgara), non è mai stata • sentita » nè presa sul serio in Bulgaria. Le due delegazioni, come è noto, hanno redatto 12 protocolli contenenti proposte che due Governi dovranno ora esaminare e decidere. Le questioni minori (punti di transito, facilitazioni passaggi proprietari aventi beni di qua e di là frontiera, speciale libretto-passaporto per detti proprietari) sono state risolte di comune accordo.

Viceversa questioni principali, su cui Serbia contava per imprimere carattere politico alla conferenza, sono state respinte dai delegati bulgati e Buroff mi ha dichiarato che anche di fronte a prevedute insistenze di Belgrado, Governo bulgaro manterrà suo rifiuto. Tali questioni sono: prima, emigrazione in massa dei 20.000 bulgari circa passati alla Serbia in seguito modificazione della frontiera sancita nel trattato di Neuilly, e conseguente liquidazione obbligatoria dei beni situati in territorio oggi jugoslavo. Serbia cercava con questo mezzo ripetere politica già seguita in più grande stile dalla Grecia con accordo emigrazione dei bulgari da Tracia e Macedonia greca, e liberarsi così dall'irredentismo bulgaro nelle regioni di confine di Zaribrod e Bossilegrad. Bulgaria appunto per non ripetere doloroso errore commesso accettando emigrazione dalla Grecia, e per impedire snazionalizzazione dei territori prettamente bulgari non intende affatto aderire propositi di Belgrado anche tenendo conto del lato

economico e sociale della questione, in quanto che una liquidazione forzata dei

beni bulgari, situati in territorio serbo, non potrebbe avvenire che a condizioni

sfavorevoli per i proprietari i quali, anche entrando in Bulgaria, verrebbero

a pesare sulla situazione economica già difficile del paese, aggravando sensi

bilmente il già penoso e preoccupante problema dei rifugiati macedoni.

Seconda questione concerne richiesta serba di stabilire zona " di interdizione • lungo il confine da Vidin a Petric larga 10 chilometri, 5 per parte. (Richiesta serba era che zona fosse larga 20 chilometri). In detta zona, secondo Belgrado, [a] nessuno [deve] concedersi transito o tanto meno soggiorno eccetto abitanti ivi stabiliti ed autorità civili e miìitari dei due paesi. Bulgaria considera questa richiesta come contraria spirito buon vicinato, come mancante di ogni base politica e giuridica, nonchè come inattuabile praticamente essendo nella prevista zona situati vari centri commerciali e vari mercati agricoli che sarebbero totalmen:e danneggiati da un ingiustificato divieto di fare accedere ad essi clienti e venditori provenienti da paesi e città poste fuori della zona. Bulgaria rifiuterebbe di aderire a questa seconda richiesta jugoslava. Oltre la divergenza su queste importanti questioni resta nelìa sua interezza il problema della • effettiva » apertura della frontiera non solo per gli abitanti di confine eccetto per i macedoni sudditi serbi. Daranno le autorità serbe di Sofia il visto ai passaporti di bulgari che vogliono recarsi in " Serbia meridionale »? e concederanno le autorità serbe della Macedonia ai loro sudditi macedoni visto di uscita per recarsi in Bulgaria? A queste possibilità che pure dovrebbero costituire logica conseguenza della " apertura » della frontiera proclamata da Belgrado e salutata da stampa francese niente meno che come punto di partenza di nuove orientazioni balcaniche, a queste possibilità qui nessuno pensa e nessuno si fa su di esse la benchè minima illusione. Già nel mio teleg1·amma 28 (l) avevo riferito a V. E. lo scetticismo con cui la stampa bulgara aveva accolto notizia apertura frontiera e convocazione conferenza Pirot, scetticismo che Liapceff aveva marcato con testuali parole a me dette e che qui ripeto " macchia che nasconde rapporti tra Sofia e Belgrado è troppo larga e troppo intensa perchè questa poca acqua possa lavarla ''·

A conferenza finita scetticismo opinione pubblica e presidente del consiglio è apparso pienamente giustificato, tanto che lo stesso Buroff, dopo avermi egli stesso dettagliatamente esposto magri risultati Pirot, a mia precisa richiesta ha soggiunto: " Poichè questione macedone resterà insoluta, mai (sic) si potrà parlare di accordo con Belgrado ». Buroff mi ha anche detto di avere trovato in Kumanudi (che non conosceva) una persona intelligente e cortese cui ha parlato francamente a Ginevra intorno alla questione macedone. Kumanudi lo ha ascoltato ma ha risposto evasivamente. Buroff, infine, mi disse che delegato militare serbo conferenza Pirot si è mostrato (a differenza dei suoi due colleghi borghesi) di una costante villana alterigia verso delegati bulgari. Protocolli approvati dalle due delegazioni a Pirot sono ora in esame presso questa presidenza Consiglio e questo ministero Esteri. Consiglio ministri delibererà poi circa loro accettazione e ratifica.

(l) Il numero 28 è errato. Allude con ogni pro!Jabilità al t. G84/29 dell'B fe!Jbraio.

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IL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2224. Roma, 4 aprile 1929. Facendo seguito alle altre recenti comunicazioni in proposito trasmetto a codesto R. ministero l'unito telegramma di S. E. Zoli (l) relativo all'azione di

gruppi di razziatori contro i nostri posti di confine e contro le nostre popolazioni. Con successivo telegramma S. E. Zoli ha poi comunicato quanto appresso:

• Continuano pervenire numerose segnalazioni partenza, intenzioni e direzione razziatori: punti più particolarmente presi di mira sembrerebbero essere ora tratti nostro confine ad est lago Assalè ed a nord sultanato Biru: tutte possibili disposizioni prese e tutti nostri presidi fanno buona guardia. Di Franchetti nessuna notizia, ma data distanza cosa non preoccupa»,

Come ho partecipato a codesto R. ministero col telespresso N. 2000 del 25 marzo u. s. e con altro precedente telespresso sullo stesso oggetto, a S. E. Zoli sono state impartite istruzioni affinchè ogni nostra azione repressiva si arresti al confine. Dato però che gruppi di razziatori penetrano nel nostro territorio ed attaccano anche le nostre formazioni militari, e dato che tali fatti cominciano ad essere di non trascurabile rilievo, ritengo di dover far presente a codesto R. ministero l'opportunità di esaminare se non sia il caso di richiamare, a mezzo del ministro Cora l'atten21ione del Governo etiopico su tale stato di cose, e di avvertire lo stesso Governo che finora i nostri armati non si sono spinti oltre confine per la repressione dei razziatori, ma che, se l'ordine non fosse ristabilito, si troverebbero nella necessità, per la protezione del confine stesso e delle nostre popolazioni, di inseguire i razziatori anche al di là della linea confinaria, per infliggere loro una dura lezione in modo da costringerli a desistere da ogni idea di turbare l'ordine della nostra colonia.

Sarò grato a codesto R. ministero se vorrà farmi conoscere con cortese urgenza le sue determinazioni affinchè, in relazione ad esse, io possa alla mia volta dare opportune istruzioni a S. E. Zoli.

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RELAZIONE DEL RAPPRESENTANTE NEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DELL'UFFICIO INTERNAZIONALE DEL LAVORO, DE MICHE

LIS, PER IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

4 aprile 1929.

Ho avuto l'onore di riferire all'E. V. sull'andamento della discussione della recente 43" Sessione del Consiglio di Amministrazione dell'Ufficio Internazionale del Lavoro, a proposito della revisione, proposta dal Governo Inglese, della Convenzione Internazionale delle otto ore. La tesi dell'Italia (già sostenuta anche nel Convegno interministeriale di Londra) contro ogni procedura di revisione,

27 - Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

totale o parziale, è stata adottata dal Consiglio; e ciò costituisce un'indubbia vittoria anche morale e politica dell'Italia Fascista.

Ma non bisogna illudersi. La questione è stata soltanto rinviata, non definitivamente superata. Ormai la Convenzione di Washington è destinata ad essere riveduta. Così com'è, nessuno più la ratificherà. Si può anzi prevedere che fra il 1930 e il 1931 si avrà la revisione, oggi appena scongiurata. Troppo alto interesse vi annette l'Inghilterra, che coi rappresentanti dei Dominions prevale a Ginevra e trascina dietro di sè la Francia e lo stesso Thomas. Anche la Germania, come ho riferito, è per la revisione parziale. Lo stesso gruppo operaio è ormai deciso ad accettare la revisione parziale: nell'ultima seduta ha dovuto manifestarsi contrario soltanto per non essere sorpassato dal Governo fascista.

Conseguenza della revisione, ritardata ma inevitabile, è che si avrà un testo anche più rigido dell'attuale, e perciò più sfavorevole delL'attuale pe1· l'industria italiana, la quale dichiara non potervi sottostare.

Finora noi abbiamo giocato (per non trovarci ridotti al posto dei Paesi i quali, come la Jugoslavia, non possono applicare la Convenzione) sulla difesa ad oltranza della attuale Convenzione, sperando che nessuno la ratifichi così com'è. Ma ora bisogna decidersi: o essere pronti a confessare che non vogliamo ratificarla perchè non possiamo applicarla, o trovare una via di uscita onorevole.

La prima ipotesi sembra inammissibile; resta la seconda, anzi si impone.

E poichè è stato deciso nell'ultimo Consiglio del Bureau International du Travail che, in caso di revisione della Convenzione, i due testi -il vecchio ed il nuovo -dovranno coesistere (nel senso che i Paesi i quali avranno ratificato il primo potranno ritenersi impegnati solo su di esso) la soluzione sembra essere quella di procedere subito alLa conversione in definitiva della ratifica condizionale, della Convenzione sulle otto ore, che V. E. ha disposto nel 1924, col successo che oggi tutti all'estero riconoscono.

I vantaggi sarebbero diversi: a) dare una nuova prova dell'avanzata politica sociale del Regime Fascista, alla quale l'estero è sempre più sensibile;

b) difendersi dall'eventualità di trovarci scoperti di fronte a un testo riveduto della convenzione, che sia più sfavorevole alle nostre condizioni; ratificando puramente e semplicemente la vecchia Convenzione, l'Italia resterà legata ad essa e non ad altri impegni.

Questi vantaggi non am·ebbero la contropartita di alcun pericolo. Perchè, come ho detto, nessuno Stato ratificherà più, oltre il Belgio che già ha ratificato; e quindi l'applicazione, effettiva o meno della vecchia Convenzione non provocherà il controllo dei maggiori paesi industriali, i quali dovranno badare soltanto all'applicazione uniforme del nuovo testo da parte di chi vi abbia aderito.

Qualora il nuovo testo di Convenzione fosse migliore, l'Italia avrà la possibilità di ratificarlo, sciogliendosi dai vincoli del vecchio testo.

Ma, per metterei in guardia contro ogni inconveniente, anche così diminuito di probabilità, è assolutamente necessaria una modifica del Decreto-Legge del marzo 1923 sull'adozione interna del regime delle otto ore, come già ebbi l'onore di dire e sostenere più volte. Si potrebbe trarre pretesto dal fatto che questo Decreto interno si estende anche al commercio ed all'agricoltura, mentre la Convenzione internazionale si limita all'industria. Si potrebbe perciò emanare un nuovo p1·ovvedimento limitato aU'industTia, ed elaborarlo con sufficiente elasticità, pe1· modo che vengano eliminati, sia pure solo formalmente, i vari punti di contrasto che esistono fra le norme interne e il testo della Convenzione di Washington, e magari anche con quelle di un testo più rigido.

In armonia con le considerazioni che precedono, una apposita Sottocommissione del • Comitato di Coordinamento per la legislazione internazionale del lavoro » è stata invitata a preparare il materiale per una decisione del predetto Comitato. Io penso, però, che sarebbe opportuno che la E. V. facesse pervenire al Comitato -a mezzo di S. E. Grandi -la Sua direttiva di massima affinchè i lavori del Comitato abbiano rapidamente a concludere.

Sarebbe desiderabile che la ratifica della Convenzione senza condizioni nel caso che la E. V. voglia fa'rla deliberare-possa essere notificata a Ginevra prima della prossima Conferenza del Lavoro (fine Maggio) (1).

(l) Non si pubblica.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, ROCCO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 1870/546. BeTlino, 5 aprile 1929.

Di seguito al mio telespresso n. 1865/543 in data 3 corr. (2) trasmetto copia di una lettera indirizzata alla R. Ambasciata in data 3 corr. dal deputato Ley per comunicare che • ragioni personali • gli impediscono di recarsi in Italia nel prossimo futuro.

si pronunciò a favore e quello operaio contro (memoria di Pollera Orsucci. Ginevra, 22 giu

gno 1929). L'astensione del delegato governativo italiano fu motivata dalle seguenti ragioni: « c'è infatti da domandarsi: l o quale atteggiamento ci convenga seguire in questa materia dal punto di vista dei nostri interessi coloniali; 2° se,indipendentemente da ciò, sia il caso di appoggiare una proposta che, se accoJta, può costituire un pericoloso precedente in favore dei continui tentativi di allargamento della competenza del B.I.T. » (da un appunto anonimo e senza data sul lavoro forzato).

Cfr. anche il promemoria relativo alla seduta tenuta il 9 luglio 1929 a Palazzo Chigi dal Comitato permanente di coordinamento per le questioni internazionali del lavoro: • Il SignorThomas ha fatto confidenzialmente conoscere che sarebbe in grado di dare al R. Governo la garanzia che il gruppo operaio della Conferenza non chiamerà per l'avvenire a far parte del Consiglio del B.I.T. [Bureau International du Travail] italiani ostili al Regime. L'U.I.L. [Ufficio Internazionale del Lavoro] spera con questo di ottenere la ratifica dell'Italia al not'! emendamento dell'art. 393 che aumenta il numero dei Membri del Consiglio di Amminist.razwne:

Occo;rre esaminare la situazione, tenendo presente: l) che l'entrata in vigore d1 tale emendamento sta molto a cuore all'U.I.L.; 2) che senza la ratifica dell'Italia l'emendamento non può entrare in vigore; 3) che il R. G;overn? ha _quindi . a disposizion~ un efficacE!~ elemento per tentare di ottenere qualche aSSICUraziOne d1 maggiOre por:tata. d1 quella surrlferita. Allo stato delle cose sembrerebbe o.pportuno continuare nepa atbtudme fit:ora se~mt~ dal R Governo col non ratificare l'emendamento, per far si che 11 gruppo operaiO modifich~ la su~ attitudine verso i rappresentanti operai fascisti ~Ila Conf.erenza. di~hi.arand<;> che ~· oembra inutile dare il nostro assenso ad un aumento de1 Membri del Consiglio., e In parb~olare dei Membri operai, quando sistematicamente vien": negato. all'Italia un posto nel çonsiglio stesso e nelle Commissioni della Conferenza per 11 proprio Rappresentante operaiO •.

Tale comunicazione sembra una rinunzia improvvisa e definitiva al viaggio in Italia dei deputati hitleriani, progettato e suggerito dal Ley. Ignoro quali sono i motivi che hanno spinto il Ley a prendere, a poca distanza dalla sua ultima lettera, tale decisione, e non mi sembra del resto opportuno di svolgere ulteriori dirette indagini per appurarli, pur riservandomi di indagare riservatamente per cercare di conoscere quali motivi abbiano potuto influire sulla inattesa determinazione.

(l) Nel giugno. 1929 alla XII Conferer1za Internazionale del Lavoro fu trattata la questione del lavoro forzato. Le istruzioni date al delegato governativo italiano, Ludovico Pollera Orsucci, dicevano che, « conoscendo situazione attuale lavoro Somalia, specialmente interessata questione, potrà regolarsi cercando ottenere una formula meno rigorosa per quanto riguarda intervento Capi, pur mantenendo principi già accettati circa divieto costrizione lavoro » (t. (p. r.) 14045/246, 3 dicembre 1928, a firma Rosso). Favorevoli al lavo.ro forzato furono i delegati governativi e padronali della Francia, del Belgio, dell'Olanda, del Porto~ gallo, della Spagna e anche dell'Inghilterra. Ostili al lavoro forzato furono tutti i delegati operai e il delegato governativo tedesco, coll'intento di creare imbarazzi alle Potenze colo.niali e ottenere un mandato. II delegato governativo italiano non si pronunciò, quello padronale

(2) Non si pubblica. Ma cfr. sull'argomento n. 330.

356

IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 879/122. Roma, 6 apTile 1929, me 24.

Prego telegrafare dettagliatamente quanto le consti circa formule precise incluse in sei protocolli firmati Ginevra concernenti traffico Salonicco e particolarmente traffico armi, anche in relazione a quanto riferito da V. S. con telegramma 127 (l) e a testo comunicato diramato da Ginevra da due delegazioni. Da informazioni qui pervenute sembrerebbe infatti che formule adottate non siano esplicite in proposito e, ammettendo l'eliminazione del controllo greco sul movimento merci in carico e scarico, permettano in pratica possibilità transito armi almeno sotto forma di spedizioni a privati.

Sarà gradito avere appena possibile testi relativi.

357

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, E AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

T. RR. 883. Roma, 6 aprile 1929, ore 24.

(Solo per Colonie). Ho telegrafato al R. ministro in Addis Abeba quanto segue: (Per Colonie ed Addis .&beba). Telegramma di V. S. 75 (2). Il R. ambasciatore a Londra in data 25 marzo scorso ha telegrafato quanto segue:

( • Come telegramma Gab. in arrivo n. 1579/199 da Londra •) (3).

Ho telegrafato al R. ambasciatore a Londra dandogli istruzioni di far presente al Foreign Office che il R. Governo, non soltanto in applicazione lettera spirito accordo itala-britannico del dicembre 1925 ma a prova di quello spirito amichevole collaborazione col quale anche nelle questioni abissine Governo italiano ritiene essere interesse comune procedere, non ha avuto difficoltà impartire alla S. V. istruzioni di mettersi in contatto col suo -collega di Inghilterra per favorire con prudente azione presso il Governo etiopico le trattative in corso fra questo e ditta White. Ho aggiunto che per un miglior esito della

cosa sembrava opportuno che rappresentante britannico Addis Abeba ricevesse a sua volta istruzioni di tenere pienamente al corrente la S. V. del corso delle trattative per giudicare di comune accordo il momento migliore per procedere ad una tale prudente azione italiana da farsi in quella forma dalla S. V. stessa riconosciuta la più opportuna per non svegliare pregiudizievoli diffidenze abissine. Prego la S. V. volersi regolare in conformità ed al contempo mettersi in relazione col rappresentante ditta White non appena questi giungerà Addis Abeba per sondare sue disposizioni verso una partecipazione italiana ai lavori sbarramento Tsana in caso ditta stessa ne ottenesse aggiudicazione.

(Solo per Londra). Telegramma di V. S. n. 199.

V. E. vorrà far presente Foreign Office che R. Governo, non soltanto in applicazione lettera spirito accordo dicembre 1925, ma a prova di quello spirito amichevole collaborazione col quale anche nelle questioni abissine esso ritiene essere interesse comune procedere, non ha avuto difficoltà impartire istruzioni

R. ministro Addis Abeba di mettersi in contatto con suo collega inglese per favorire con prudente azione presso il Governo etiopico trattative in corso con ditta White. Ella vorrà aggiungere che per un miglior esito della cosa sembra al R. Governo opportuno che rappresentante britannico Addis Abeba riceva a sua volta istruzioni tenere pienamente al corrente Cora del corso trattative per giudicare di comune accordo momento migliore per procedere tale prudente azione italiana da farsi in quella forma dal R. ministro riconosciuta la più opportuna per non svegliare pregiudiz,ievoli diffidenze abissine.

(l) -Cfr. n. 33.3. (2) -T. 1377/75 del 17 marzo, che non si pubblica. (3) -Cfr. n. 339.
358

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

T. GAB. 53/300. Costantinopoli, 7 aprile 1929, ore 13,30 (per. ore 15,30).

Decifri Ella stessa.

Tewfik Russdi bey mi riceverà mercoledì mattina. Di ciò avverto V. E. qualora Capo del Governo credesse opportuno fargli fare qualche comunicazione in seguito incontro di Firenze con Chamberlain. I tempi sono molto cambiati. Oggi qui non si segue più con sospetto, come in occasione incontro Livorno, conversazioni tra ministro affari esteri italiano e quello britannico.

Stampa non ha commentato finora incontro; ha solo riportato nota emolliente pubblicata dal Temps (1). Ma se vogliamo mantenere cordialità di rapporti con questo Governo mi sembrerebbe opportuno usare cortesia Tewfik Russdi di fargli qualche comunicazione sia pure generica, tanto più in considerazione suoi prossimi incontri con Litvinoff e Stresemann.

(l) Cfr. l'art. di fondo del 4 aprile.

359

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 17371171. Atene, 8 aprile 1929, ore 22,45 (per. ore 1,20 del 9).

Telegramma di V. E. n. 879/122 (1).

In allegato al mio telespresso n. 308 del 4 aprile ho rimesso il testo dei 6 protocolli firmati a Ginevra sicchè essi debbono trovarsi oggi in potere di

V. E. Al ministero degli affari esteri mi è stato assicurato che tali testi pubblicati da Le Messager d'Athènes corrispondono a quelli effettivi. Dai suddetti protocolli (redatti come è noto sulle basi ·convenzioni 1923 di cui essi devono servire soltanto a regolare l'applicazione) il traffico jugoslavo attraverso la zona serba di Salonicco risulta in pratica effettivamente libero per ogni genere di mercanzia, giacchè gli articoli due e tre del protocollo I, relativi al controllo sanità ed al manifesto, quantunque introdotti subito dopo la dichiarazione di piena libertà di discarico contenuta nell'articolo I, non ne limitano praticamente la portata in modo tale da poterli sostanzialmente considerare (malgrado gli spiegabili sforzi che Venizelos fa da ogni lato per valorizzarE come un assai notevole successo) molto di più che una soddisfazione di amor proprio nazionale per questa opinione pubblica. Al prossimo suo ritorno da Salonicco non mancherò di ritornare opportunamente sulla cosa collo stesso Venizelos, il quale aveva peraltro già risposto ai miei quesiti in proposito (mossigli in occasione della conversazione di cui al mio telegramma 127 (2) e cioè anche prima che fossi ad effettiva conoscenza dei protocolli) lamentandosi di avere dovuto lottare sei mesi con Belgrado dopo avere visitato quella capitale, per riuscire ad ottenere quel tanto che ha potuto. Ma il punto del quale Venizelos ha sempre maggiormente tenuto a rendere edotto V. E. è il preciso rifiuto che egli dichiara formalmente avere opposto, malgrado tutte le insistenze serbe, alla inclusione di una clausola che riconoscesse alla Jugoslavia il diritto di transito delle armi attraverso Salonicco in tempo di guerra. Per tale eventualità, egli ha dichiarato, nessuna aprioristica limitazione della propria libertà di decisione può essere accettata dalla Grecia all'infuori degli obblighi che possono derivarle dagli impegni assunti verso la Società delle Nazioni, e se in tempo di pace il traffico delle armi colla Jugoslavia non può essere legittimamente impedito da nessuno, la Grecia vuole rimanere libera di regolarsi come meglio riterrà conveniente nel caso di un conflitto. Dal canto suo il signor Carapanos da me interrogato circa ,}e lettere scambiate tra lui e Kumanudi in aggiunta al protocollo finale, mi ha detto che esse vennero ritenute all'ultimo momento necessarie per meglio determinare la portata dell'articolo 3<> di tale protocollo. Egli se ne mostrava soddisfatto in quanto che coll'insieme dell'articolo stesso e dello scambio di lettere in parola viene escluso il diritto di transito per la zona serba del traffico coi paesi dell'hinterland della Jugoslavia:

chiederò peraltro in proposito maggiori precisazioni e riferirò. A parte la delicatezza e la complessità della polemica che potrebbe forse intavolarsi sulla maggiore o minore possibilità che avrebbe avuto la Grecia di pretendere ora una limitazione per il transito delle armi, attenendone specifica menzione in difformità dell'ampia libertà per ogni sorta di traffico già accordata colle convenzioni del 1923, la cui validità non è mai stata posta in discussione, sembra doversi ora sopratutto prendere in considerazione due fatti comunque assai importanti. E cioè in primo luogo il senso incontestabile di mal celato malumore e di sospetto con cui Governo e questa opinione pubblica escono da tutta la recente trattativa nei confronti della Jugoslavia. Ed in secondo luogo quello del vivo desiderio, del pari incontestabile, che ha Venizelos di continuare a mantenere i migliori rapporti con l'Italia.

(l) -Cfr. n. 356. (2) -Cfr. n. 333.
360

IL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 2084. Roma, 8 aprile 1929.

Mi riferisco al rapporto del 28 marzo u. s. n. 927 del nostro R. ministro al Cairo (l) relativo ai rapporti dei ribelli libici e della confraternita senussita con le autorità francesi dei territori centro-africani.

Le notizie ivi contenute, circa le acquiescenze, agevolazioni, affidamenti di ogni sorta che sarebbero stati dati dalle autorità francesi ai capi della ribellione in Tripolitania, e al saied senussita Mohammed Abed, dopo la disavventura che obbligò questi ad abbandonare Cufra, si basano sopra elementi non facilmente controllabili. Ma poichè questo atteggiamento delle autorità francesi risponde ad un concetto politico che la Francia, tranne forse la parentesi della guerra europea, osservò costantemente verso di noi, dal giorno, può dirsi, in cui mettemmo piede in Libia, quello cioè di rendere la nostra penetrazione nell'interno più difficile possibile: perciò ritengo queste notizie assai verosimili.

Tuttavia non posso anche ora che confermare il concetto che ebbi occasione di esprimere a codesto R. ministero a conclusione dell'esame delle questioni connesse colla situazione al confine cirenaica-egiziano. Dissi allora che sembravami ingenuo pretendere che gli inglesi o gli egiziani facessero per nostro conto e nel nostro interesse la guardia al confine; e che la situazione sarebbe migliorata quando fosse migliorato il nostro servizio di frontiera. Ciò bene inteso senza voler diminuire in nulla l'importanza e l'efficacia dell'azione diplomatica, la quale deve sempre essere vigile e pronta nel far valere i nostri punti di vista e nell'appoggiare la nostra azione coloniale.

Nello stesso modo non posso avere molta fiducia nei risultati di proteste diplomatiche in ordine ai fatti denunziati dal Marchese Paternò. Anzitutto molto

difficilmente potremo fornire una prova irrefutabile di questi fatti; e, anche in questo caso, sarà sempre possibile ai francesi dare degli stessi una versione che faccia loro perdere ogni carattere di ostilità o di intrigo ai nostri danni.

Solo quando noi saremo in condizioni di procedere all'occupazione territoriale di tutto il territorio libico, in ispecie del Fezzan e della regione di Cufra, solo allora potremo tener testa e rendere innocui tutti quei tentativi di intrighi, che, oggi, i francesi, profittando della nostra assenza dalle regioni interne della Libia, vanno tessendo ai nostri danni.

Vedrà comunque codesto R. ministero se sia il caso di richiamare l'attenzione del Governo francese sulla situazione delle regioni lungo il confine meridionale della Libia, tanto più che lo spunto a un passo del genere potrebbe essere offerto dal fatto, piuttosto importante, del passaggio in territorio francese di Mohammed Abed accompagnato, a quanto sembra, da armati e da una carovana di munizioni. Questo passo potrà se non altro servire a provocare qualche affidamento francese sul disarmo e allontanamento dalle regioni di frontiera dei ribelli libici che si trasferiscono in territorio francese; e a dare l'impressione che le mene di costoro non sfuggono alla nostra attenzione.

Dal canto mio interesso i Governi della Tripolitania e della Cirenaica perchè raccolgano ogni possibile elemento in ordine ai fatti illustrati nel rapporto del Cairo (1).

(l) Col R. rr. 927/243 Paternò informava sugli aiuti dati ai ribelli libici dalle autorità francesi nel Tibesti e nel sud algerino. Roma richiamò sul problema l'attenzione del Governo di PariJ:!i.

361

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 54/185. Londra, 9 aprile 1929, ore 21,05 (pe1·. ore 2,10 del 10).

Sono stato ricevuto oggi da Chamberlain tornato ieri da Italia. Egli mi ha raccontato come l'incontro con V. E. ha avuto luogo e se ne è mostrato molto soddisfatto esprimendo anche tutto il piacere che ha provato nel ritrovarsi di nuovo in Italia, ha avuto parole di ammirazione e di simpatia per V. E. e mi ha messo più o meno al corrente del carattere e del contenuto del colloquio che senza avere di mira uno speciale oggetto avrebbe esaminato in un concorde scambio di vedute le principali questioni internazionali del momento. Mi è parso egli attribuisse particolare importanza a quanto sarebbe stato detto circa rapporti tra Roma e Belgrado e tra Roma e Parigi e peraltro mostrandosi fiducioso intenzioni prossima sistemazione dei rapporti itala-francesi essenziali ad una pacificazione politica europea. Avendogli io chiesto se aveva parlato con V. E. dell'Albania mi ha detto di no, ma ha aggiunto essere convinto che la questione albanese non avrebbe più formato oggetto preoccupazioni il giorno che sistemati rapporti tra Roma e Parigi sarebbero stati siste

mati anche qaelli tra Roma e Belgrado. A proposito dell'intervista data all'Observer (l) mi ha raccontato come la corrispondente di quel giornale a Firenze, che egli aveva conosciuto anni fa qui a Londra ·come una liberale spinta, tipo Manchester Guardian, e feroce antifascista, ha dovuto confessare che se dovesse votare ora in Inghilterra voterebbe per i conservatori tanto il suo soggiorno in Italia ha modificato la sua idea.

(l) Cfr. anche quanto scriveva De Bono a Mussoìini con I. p. del 13 aprile, a proposito di un attacco di bande senussite in Tripolitania: « Niente di grave; solo resta confermato quel che io ho sempre detto: Inutile ogni tentativo di accordo; la parte meridionale della Ghibla sempre insidiata; necessità, quindi, di farla finita, con la occupazione dello Sciati e del Fezzan » (ACS, Segreteria particolare del Duce, Carteggio riservato, fase. De Bono, 224/R).

362

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1835/247. Londra, 9 aprile 1929 (per. il 14).

Telegramma di V. E. n. 883/117 del 7 aprile (2).

Ho fatto la comunicazione prescrittami al Foreign Office. Il funzionario competente, che è parso assai soddisi'atto delle mie assicurazioni, nel pregarmi di trasmettere al R. Governo i vivi ringraziamenti del Governo britannico, mi ha promesso che sarebbero state prontamente tmpartite istruzioni al ministro britannico ad Addis Abeba di tenersi nel più stretto contatto col suo collega italiano, informandolo di ogni progresso delle trattative con la ditta White, in vista di quella cauta azione che il R. ministro riterrà di poter svolgere, nel tempo e nella forma da lui reputata più opportuna.

Ho intrattenuto dello stesso argomento anche sir Austen Chamberlain, il quale se ne è mostrato molto soddisfatto e mi ha detto di aver parlato della collaborazione itala-britannica in Etiopia con S. E. Grandi a Firenze.

363

L'AMBASCIATORE A MOSCA, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 1010/362. Mosca, 9 aprile 1929.

Telespresso di V. E. n. 215607/C, E.L. V Etiopia l del 28 marzo 1929 (3).

Ringrazio V. E. della cortese comunicazione ed osservo quanto appresso:

l) Il nominato S. Derbine finora mi era ,ignoto.

2) Il compagno Sokoloff a cui è diretto il rapporto del Derbine da Tiflis non è certo Commissario degli Affari Esteri. Questi è Cicerin ed i due Commissari Aggiunti sono Litvinov e Karakhan. Sokoloff è un nome comune nell'URSS quanto Rossi in Italia.

3) Il contenuto del rapporto è interessante e prova quanto quest'Ambasciata ha constantemente riferito, vale a dire che la propaganda contro gli Stati capitalisti non ha tregua e si svolge in tutte le direzioni, senza alcuna distinzione fra Stati coi quali l'URSS ha relazioni diplomatiche normali e Stati coi quali non ha rapporti o li ha rotti.

ALLEGATO.

DERBIN A SOKOLOV

Tiflis, 3 gennaio 1929.

Mi affretto indirizzarvi un breve rapporto su qualche nuovo fatto della politica italiana in Abissinia. Vi prego di continuare le copie:

l) al Revvoensoviet;

2) al compagno Chami (Waun) presso il Segretario della Komintern.

La tendenza dell'imperialismo italiano in Abissinia è di legare la parte centrale di questo paese colle colonie italiane al nord-est dell'Africa affinchè il movimento commerciale non passi esclusivamente dalla linea Addis Abeba-Djibouti, ma dall'Eritrea italiana (dal porto d'Assab). Ciò sarebbe un colpo alla concorrenza francese e la realizzazione di un piano di penetrazione italiana.

Se questo piano si realizza, l'imperialismo italiano, avrà a sua disposizione un nuovo importante sbocco in Abissinia potrà pure inviarci una parte della sua colonizzazione.

Mussolini che cerca dei successi nella sua politica estera e non potendo ottener[li] nè in Tunisia, nè in Siria, potrà sfruttare la sua politica in Abissinia come prova della sua energia e della sua abilità.

A questo punto di vista il nuovo trattato italo-abissino (patto d'amicizia e d'arbitraggio) rinforza sensibilmente la posizione dell'imperialismo fascista.

Basti dire che l'Abissinia autorizza l'Italia a costruire una strada ferrata da Addis Abeba ad Assab e che l'Italia mette a disposizione dell'Abissinia una zona franca ad Assab assicurandogli [sic] dei privilegi doganali speciali.

È dunque superfluo dire che questo successo della politica fascista può avere una cattiva ripercussione sulla nostra azione in Africa e che non possiamo rimanere indifferenti.

Riguardo le rivalità Franco Italiane, disgraziatamente nè il Governo dei Soviet nè il Komintern non sono ancora sufficientemente armati di mezzi d'azione per fomentare questa rivalità ma i nostri compagni (della Francia e dell'Africa del nord) potrebbero sviluppare un'attività molto utile denunciando gli scopi imperialisti del fascismo in Africa sfruttando la rivalità fra l'Italia e la Francia. Da informazioni da me assunte, i francesi (probabilmente influenzati dagli inglesi) non si oppongono attivamente alla penetrazione italiana in Abissinia. Essi devono così sperare di indebolire la pressione italiana in Siria e sopratutto in Tunisia ove i rapporti Franco-Italiani diventano sempre più tesi.

Dunque secondo il vecchio proverbio • Tertius gaudens • noi possiamo utiliz

zare a vantaggio della nostra propaganda rivalità itala-francese nell'Africa del

Nord.

D'altra parte ho l'impressione che l'attività comunista e la propaganda rivo

luzionaria all'interno dell'Abissinia non potranno dare dei risultati immediati.

La popolazione indigena è in uno stato ancora molto retrogrado. I nostri ten

tativi di reclutare degli agenti fra gli emigranti russi non sono riusciti, questi

emigranti sono tutti antibolscevici e sono sorvegliati e protetti dalla Legazione di Francia. Il solo mezzo sicuro è quello già da noi fatto in altri paesi coloniali; bisogna trovare dei giovani abissini formati da scuole straniere e far loro la propaganda, come del resto abbiamo fatto fra i giovani afgani e arabi.

Nondimeno possiamo agire contro l'Italia in Abissinia, passando dalle colonie italiane dell'Africa del Nord. I compagni coi quali sono stato in contatto a questo scopo, mi asseriscono che la popolazione indigena di queste colonie è facilmente accessibile a qualsiasi propaganda antitaliana. Bisogna beneinteso esaminare la questione da vicino.

D'altra parte i miei informatori mi riferiscono che l'organizzazione rivoluzionaria panaraba • Isticlal • diretta come sapete da un uomo molto energico, RachidBek-Talia, potrebbe facilmente intendersi con noi per un'azione comune in Tripolitania, come del resto si era fatto per l'insurrezione contro i francesi in Siria. Bisogna tenere anche presente che questa organizzazione non ha carattere comunista, essa è rivoluzionaria ma nazionalista.

Bisogna dunque che intendendosi con questi dirigenti ed altri simili elementi noi ci si prepari contemporaneamente e per ogni eventualità, un'organizzazione nostra. Bisogna pure esaminare se durante la loro lotta contro la Francia in Siria, i rivoluzionari arabi o panarabi, non abbiano avuto l'appoggio segreto dell'Italia in denari ed armi. In questo càso i loro capi possono essere compromessi e temere la minaccia degli italiani. Un'estrema prudenza è dunque da parte nostra più che necessaria.

Bisogna infine vedere come possiamo utilizzare contro l'Italia le nostre posizioni in Arabia (Hedjaz) che diventano sempre migliori.

Aggiungo che le cose sono [sicJ, sarò pure in seguito, molto bene al corrente di tutto quanto esposto, grazie al nostro « Posto Siriano •, che funziona senza incidenti arrivando persino sulle rive del Mar Rosso.

(l) -S1ùl'intervista concessa a Firenze da Chamberlain all'Observer cfr. Rassegna settimanale della stampa estera, cit., anno IV, vol. II, pp. 810-811. (2) -Cfr. n. 357. (3) -Non si pubblica. Trasmetteva la lettera qui pubblicata come allegato.
364

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 2246/879. Belgrado, 9 UJJrile 1929.

Nel mio telegramma per corriere n. 221 del 6 novembre u. s. comunicavo a V. E.: • All'indomani della partenza del signor Venizelos, avendo fatto osservare al signor Polycroniadies se non gli sembrasse che la sola visita sanitaria non fosse insufficiente ad esercitare un controllo effettivo nel traffico attraverso la zona serba, egli ebbe a rispondermi che poichè tale visita avrebbe dovuto effettuarsi sulla base dei "regolamenti in vigore in Grecia", essa sarebbe stata [tale] " da esercitare un controllo effettivo sul traffico jugoslavo nel porto di Salonicco ".

Vi è luogo di pensare d'altronde, che questo Ministero degli Affari Esteri, su di un punto, come questo del controllo al proprio traffico, che può considerarsi la base di tutto il lavorio di tanti anni della Jugoslavia per avere un libero sbocco a Salonicco, non siasi contentato di una formula vaga ma abbia voluto precisare i limiti dei poteri delle autorità sanitarie greche, rifiutandosi di accettare puramente e semplicemente le norme sanitarie al riguardo in Grecia •.

Firmate le convenzioni relative al transito per Salonicco ed il patto di amicizia nell'esprimere un primo generale giudizio dicevo: • Il dettaglio di esse potrà permettere un esame più serio delle loro conseguenze ».

Nel Messager d'Athènes del 2 c. m. leggo il testo completo del patto di amicizia e delle convenzioni diramo.to solo in riassunto da questa Agenzia Avala.

La attenta lettura dei dettagli delle convenzioni per il transito per Salonicco persuade che se la Grecia ha salvaguardato genericamente i suoi diritti sovrani per quanto riguarda la polizia portuaria, la polizia a bordo di piroscafi diretti alla zona SCS di Salonicco ecc., ha abdicato interamente e completamente a qualsiasi esercizio di sovranità sulle merci e sui vagoni che le trasportano, rinunciando in modo tassativo a qualsiasi accertamento sulla corrispondenza fra il carico dei piroscafi ed il relativo manifesto di carico, escludendo qualsiasi suo diritto di controllo sul contenuto dei vagoni i cui piombi SCS essa non ha in nessun caso il diritto di togliere per procedere a qualsiasi verifica per qualsiasi ragione.

Perciò lo stato SCS ha possibilità di eseguire ogni e qualsiasi trasporto militare sotto la veste del commercio privato, visto che la Grecia si è privata di ogni possibilità di vigilanza, controllo, verifica ecc. come è agevole rilevare dalla lettura degli articoli I, II, III, del primo protocollo (servizio del porto) e art. IV (servizio ferroviario) nonchè dalla lettera finale scambiata fra Kumanudi e Carapanos. Rilevo intanto il fatto che mentre i circoli militari si mostravano assai malcontenti delle convenzioni, a firma avvenuta e conosciuto il loro contenuto, il sentimento militare si è interamente modificato, e del suo compiacimento si è fatto portavoce anche questo addetto militare francese.

Dovrebbesi quindi desumere che la Grecia credeva in un primo tempo salvaguardare la sua possibilità di controllo attraverso una larga e completa visita sanitaria fatta secondo i regolamenti greci, e che abbia poi dovuto cedere a tale sua richiesta accettando le esplicite esigenze jugoslave. Questa accettazione non può essere avvenuta che sotto la costante pressione francese.

Della •·facilitazione dei rifornimenti militari che in tal modo viene alla Jugoslavia specialmente per le armate verso l'Albania, la Bulgaria, l'Ungheria si è fatto eco col Colonnello Visconti questo addetto militare ungherese.

Il Colonnello Visconti ha esposto queste preoccupazioni nel rapporto che qui appresso trascrivo ed alla cui conclusione mi associo interamente, facendo rilevare che delle tre finalità propostesi dal governo jugoslavo nella questione dello sbocco a Salonicco (territoriali, militari ed economiche) esso ha rinunciato per il momento solo alle territoriali, il che ha più facilmente indotto la Grecia a concludere ma con la sostanziale accettazione delle militari, e delle economiche, che sono, ai fini jugoslavi, trascurabili.

Trascrivo di seguito il rapporto del Colonnello Visconti: • L'accordo grecojugoslavo per Salonicco è stato accolto con vivo compiacimento dallo Stato Maggiore SCS e analogamente si è espresso questo addetto militare francese.

In pratica con detto accordo secondo gli ambienti militari locali la Jugoslavia potrebbe in tempo di pace ricevere il materiale bellico sia dalla Francia, che dagli altri vari paesi :fornitori senza effettiva possibilità di controllo sia

ufficiale che informativa. Da questo ultimo punto di vista nei porti adriatici per ragioni di ambiente il servizio di informazioni trovava elementi di .facilitazione. Vi è poi altra ragione di compiacmento dello S. M. SCS e ciò dal punto di vista delle comunicazioni.

Lo sbarco nei porti adriatici dà luogo a successivi lunghi trasporti e trasbordi sia per la rete a scartamento normale Spalato-Zagabria-Belgrado; e sia per la rete a scartamento ridotto Ragusa-Sarajevo-Brod sulla Sava. Questa seconda via è anche inadatta nel trasporto di carichi pesanti e specialmente di artigHeria. Lo sbarco di materiale a Salonicco viene ad effettuarsi sulla magistrale ferroviaria SCS di massima potenza e permette il rifornimento diretto e per la più breve della zona della terza, quinta e prima armata, cioè di quelle più interessate per i fronti albanese, bulgaro e ungherese.

Ed è probabilmente anche in conseguenza di tali accordi che venne progettata e verrà accelerata la costruzione di molti magazzini di munizioni in prossimità della linea Salonicco-Belgrado e specialmente a Skoplje.

Per quanto g1i accordi si riferiscano al solo tempo di pac~ vi è tuttavia da considerare la ripercusione degli accordi stessi su alcune situazioni speciali, come nei periodi di tensione politica che potrebbero preludere ad un conflitto armato. In tali periodi, che potrebbero interessare la situazione militare SCS verso la Bulgaria e specialmente verso l'Albania, la Jugoslavia avrebbe dal trattato una sicura facilitazione di tempo e di intensità e di segretezza nello svolgimento dei nuovi apprestamenti bellici affluenti alla zona macedone.

Questa considerazione è stata fatta nell'ambiente militare jugoslavo e si ha l'onore di prospettarla a codesto Stato Maggiore anche perchè i più interessati sono naturalmente i migliori giudici in materia •.

Sulle conclusioni del Colonnello Visconti mi permetto attirare l'alta atten· zione di V. E. perchè le convenzioni di Salonicco vengono ad aumentare certamente la potenzialità bellica di questo Stato.

365

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BUCAREST, PREZIOSI

T. 927/62. Roma, 10 aprile 1929, ore 24.

Questo ministro di Romania mi ha intrattenuto sul mio prossimo viaggio a Budapest e sulle illazioni che a proposito di esso si trarrebbero. Ho risposto al principe Ghika che il mio viaggio non aveva speciale significazione politica nei riguardi dell'Italia e dell'Ungheria unite già da vincoli di cordiale amicizia e che esso aveva unicamente il carattere di una doverosa restituzione di visita al conte Bethlen, a nome del Capo del Governo.

Quanto precede anche per sua norma di linguaggio.

366

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. 929/92. Roma, 10 aprile 1929, ore 24.

Informi confidenzialmente a mio nome S. M. Re Zogu opportunamente valorizzando comunicazione quale nuova prova mia fiducia e amicizia, che il colloquio da me avuto a Firenze con sir Austen Chamberlain si è aggirato sulla questione delle riparazioni, sul disarmo navale, sull'evacuazione della Renania e sulle relazioni itala-francesi. Nella conversazione non è stato toccato nemmeno indirettamente alcun argomento relativo alle questioni balcaniche interessanti Albania.

367

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. (P. R.) R. 3759/72. Roma, 10 aprile 1929, ore 24.

Suo telegramma n. 76 (1).

V. S. può assicurare • Tesz • che S. E. Capo del Governo ha giustamente apprezzato e gradito il simpatico significato iniziative da essa progettate.

Ma ella farà confidenzialmente comprendere al contempo che nello stesso interesse della causa ungherese non sembrerebbe opportuno incoraggiare attuazione manifestazioni pubbliche proposte tanto per nomina a membro onorario quanto per offerta pergamena qui in Roma.

V. S. troverà quindi modo far cadere abilmente la cosa o per lo meno rimandarla a migliore momento.

368

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. 939/74. Roma, 11 aprile 1929, ore 24.

Informi confidenzialmente conte Bethlen a mio nome che il colloquio da me avuto a Firenze con sir Austen Chamberlain, aggiratosi sulla situazione generale europea, ha avuto specialmente come oggetto la questione delle riparazioni, il disarmo navale, l'evacuazione della Renania, le relazioni fra l'Italia e la Francia. Nel corso della conversazione non si sono toccati argomenti riguardanti l'Ungheria. Nel fare tale comunicazione V. S. vorrà opportunamente presentarla come nuova prova della confidenza reciproca che intendo presieda alle relazioni fra i nostri due paesi.

(l) T. (p. r.) 3766!76 del giorno 8, che non si pubblica, col quale Durini sollecitava la rispos:a al n. 336.

369

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 1791/315. Costantinopoli, 11 aprile 1929, ore 17,50 (per. ore 4,45 del 12).

Avendo domandato a Tewfik Russdi bey se avesse qualche speciale desiderio per il programma sua visita a Roma (l) egli mi ha risposto: • Poter parlare a lungo con S. E. Mussolini, passare qualche ora gradevole con la coppia Grandi e godere di una certa libertà per fare conoscere apprezzare Roma a mia moglie e figlia •. Egli poi mi ha francamente detto che scopo principale suo viaggio all'estero è propriamente quello di potersi incontrare con V. E.; tutto il resto, Ginevra, Berlino (se vi andrà) è accessorio. Egli vuole conoscere pensiero di

V. E. sullo sviluppo da dare a quella politica di cui furono gettate basi a Milano e che è stata fino ad ora attuata nelle sue grandi linee. Orientamento verso Italia rimane per Gazi, Ismet pascià e lui caposaldo azione politica della Turchia ed è per questo che i tre desiderano conoscere direttamente giudizio che ella porta su situazione attuale nel Mediterraneo, nei Balcani, in Europa e linea di condotta da seguire nell'interesse della pace e a salvaguardia degli interessi comuni ai due paesi. Questo è quello che Tewfik Russdi mi ha detto. Ma non si corre rischio di errare supponendo che Gazi e Ismet pascià desiderano trarre altri elementi da colloqui V. E. col ministro degli affari esteri. Fra questi elementi di particolare interesse per Turchia sono i rapporti fra Italia e Francia, il conoscere portata finale riavv·icinamento Italia Francia, patrocinato dall'Inghilterra.

Tewfik Russdi nel suo colloquio di ieri (2) non mi ha fatto alcun accenno all'incontro di V. E. con Chamberlain a Firenze.

In questi governanti che molto hanno sofferto in passato per riconquistare indipendenza proprio paese è rimasto indistruttibile il sospetto alimentato dall'estrema sensibilità per tutto ciò che può toccare Turchia e dall'infatuazione che li porta a credere che tutto il mondo e ad ogni istante si occupi di questo paese. Tale stato d'animo che si può, o non, criticare è una realtà di cui bisogna tener conto se nel nostro particolare interesse vogliamo continuare con questa gente amichevoli rapporti. Quanto a viaggio a Berlino Tewfik Rus•sdi mi ha detto lo farà dipendere dalle condizioni politiche interne della Germania. In ogni caso egli vi si recherà per ascoltare non per parlare. Di ciò non è molto convinto questo ambasciatore di Germania e teme che se Tewfik Russdi parlerà come al solito con una certa esuberante fantasia, accoglienza che gli sarà fatta non sia per esser tale da soddisfarlo completamente. Ambasciatore di Germania in cuore suo avrebbe evitato questa visita, ma da Berlino lo hanno posto davanti a un fatto compiuto, ed è per questo che egli non fa alcun passo per

colloqui con V. E. •·

essere chiamato a Berlino per assistere eventuale visita di Tewfik Russdi. Patto di conciliazione oramai quasi perfetto nella sua orbita [sic] sarebbe firmato a Angora. Tewfik vuole essere di ritorno Angora per il 10 maggio dato l'avvicinarsi chiusura sessione grande assemblea nazionale. Rientrerà per mare se negoziati per questioni pendenti con Grecia saranno come spera ultimati in modo gli sia possibile incontrarsi con Venizelos, altrimenti rientrerà per via di terra.

(l) -Sul soggiorno a Roma di Tewfik Russdi bey, il 27-29 aprile 1929, non si è trovata documentazione. (2) -Cfr. t. 1761/312 del 10 aprile: « Tewfik Russdi bey mi ha detto con aria di grande soddisfazione spera ormai personalmente dare al suo arrivo a Roma a V. E. notizia che anche accordo con la Grecia per questioni pendenti è stato realizzato e che nulla più si oppone a quel patto politico turco-greco che coronerà opera preparata a Milano l'anno scorso nei
370

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI

T. PER CORRIERE 944. Roma, 12 aprile .192.9, ore 20.

Suo rapporto 2091/8,20 (1).

Richiamo preliminarmente sua attenzione sul fatto che per quanto riguarda questione proprietà in Dalmazia in relazione S. Margherita e Nettuno è assolutamente inopportuno e prematuro parlare di indennizzi.

L'eccezione di inadempienza come prospettata nel mio telegramma n. 564 del 3 marzo (2), a parte il suo significato politico generale, riguarda non già le indennità ma il mancato pagamento da parte dei coloni del dovuto ai proprietari in base ai vecchi contratti e rapporti colonici, reso possibile e legale dalle norme a suo tempo emanate da codesto Governo sulla ineseguibilità delle sentenze relative e dalla giurisprudenza seguita in materia, salvo rare eccezioni, dalle magistrature S.H.S., e di cui alcuni recenti esempi, tra loro per altro contraddittori, sono stati segnalati dal R. console generale in Spalato, significativi perchè avvenuti dopo la ratifica degli accordi di Nettuno.

La questione delle indennità, demandata comunque ad ulteriori trattative per la fissazione della sua misura, ammontare e modalità di pagamento, è ipotesi subordinata e deprecabile, nel caso che conservazione effettiva proprietà italiana, la sola politicamente utile, si rendesse impossibile.

Circa lavori commissioni a cui ha accennato signor Kumanudi è bensì vero che commissione per archivi fiumani funziona, che commissione per traffico

• -Credo quindi che sia giunto il momento di mutare il nostro atteggiamento di benevola attesa finora mantenuto in uno più attivo anche per non dare la falsa sensazione che il R. -Governo è in definitiva disposto a rinunciare all'esecuzione di Nettuno o quanto meno a non insistere per questa.

Ella dovrà quindi parlare di tale situazione al signor Kumanudi facendo notare la stretta connessione oltre che giuridica, mcrale di prestazioni e controprestazioni e come il

R. Governo ormai a tre mesi di distanza dall'entrata in vigore degli accordi si trovi nell'assoluta necessità di dover rammentare quella connessione. e, in relazione alle inadempienze od inerzie jugoslave, di dover fare qualche riserva sulla obbligatorietà contro di lui dei termini letterali fissati dal trattato per alcune sue prestazioni. la cui validità evidendemente presuppone l'esecuzione degli obblighi assunti dall'altro contraente. Questo suo passo deve sostanzialmente mirare a far constatare l'atteggiamento del Governo jugoslavo e corrispondere ad una specie di messa in mora perchè esso entro un breve termine dia concreto inizio di esecuzione ai suoi impegni.

Sarà opportuno che Ella metta anche in evidenza che naturalmente il R. Governo ncn intende già ridiscutere la sostanza dei suoi impegni, in particolare di quelli d'ordine finanziario, ma che esso ha ritenuto fosse questa l'opportuna occasione per richiamare l'attenzione del Governo jugoslavo sulla situazione ».

turismo frontiera si appresta a iniziare i suoi lavori, che altre commissioni potranno iniziare prossimamente loro lavori come se ne presenti convenienza e opportunità, ma si tratta di questioni secondarie di carattere tecnico e locale, come, anche se d'importanza notevole nei riguardi economici e finanziari, sono dal punto di vista generale relativamente di limitato significato le questioni

connesse alle restituzioni, agli indennizzi per danni e requisizioni.

Altri sono i punti essenziali di Nettuno dai quali, in diretta relazione anche agli impegni precedentemente presi con Rapallo e Santa Margherita, è dato solo ,giudicare della misura di buona volontà e di lealtà con cui il Governo jugoslavo intende eseguire quegli accordi.

Da parte nostra si è disposti a ragionevole attesa, ed alle compatibili facilitazioni, ma non è possibile nè politicamente utile rinunciare alla nostra legittima pretesa di veder realizzato ed eseguito quanto corrisponde alla lettera, e, per alcune questioni sopratutto, allo spirito di quegli accordi.

Per quanto riguarda la riforma agraria, l'accordo di Nettuno sulle espropriazioni in Dalmazia all'art. 2 alinea 2 parla di sospensione di ogni misura o disposizione conseguente alla riforma agraria atta a portare pregiudizio ai beni, diritti, interessi dei proprietari cittadini italiani in Dalmazia. Tale sospensione non è esplicitamente avvenuta; non consta che disposizioni legislative siano state emanate in proposito, nè d'altra parte i tribunali S.H.S. riconoscono (e i recenti deliberati segnalati dal R. consolato a Spalato confermano, salvo un caso, tale giurisprudenza) la validità della convenzione internazionale anche se regolarmente pubblicata e resa esecutiva quando questa deroghi alla legislazione vigente, come avviene nel caso attuale.

Occorre nella materia distinguere due momenti diversi: l) obbligo del colono di pagare canone o generi pattuiti e diritto corrispondente del proprietario di esigerne il pagamento; 2) diritto del proprietario di licenziare il colono per inadempienze, incapacità, indisciplina. Il secondo è anche una sanzione per il primo.

Nel novembre scorso venne suggerito ai rappresentanti dalmati convenuti a Roma di limitarsi a chiedere il pagamento del dovuto, evitando di affrontare la questione dei licenziamenti socialmente e politicamente più difficile e delicata.

Ora pur rendendomi conto della posizione del Governo S.H.S., specie per quanto riguarda il trattamento differenziale che verrebbe così fatto ai cittadini italiani, in confronto dei nazionali, debbo insistere perchè l'impegno di Nettuno venga adempiuto o per lo meno cominci ad avere un principio di adempimento.

Non è dato a noi di indicare al Governo jugoslavo, sopratutto all'attuale Governo, che ha così ampi poteri discrezionali, quali potrebbero essere i mezzi e metodi legislativi o semplicemente amministrativi migliori per ottenere l'esecuzione di Nettuno per quanto riguarda questo punto.

Ella nel discutere a titolo personale delle possibili soluzioni della questione senza entrare per ora sull'argomento soverchio nel dettaglio, può comunque lasciare intendere che gli italiani di Dalmazia non abuseranno (dico non abuseranno) in nessun caso della effettiva facoltà che avessero di esercitare

28 -Doct,menti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

i diritti loro accordati dalla convenzione di Nettuno e, sotto il controllo del

R. Governo, che riconfermerebbe i consigli già precedentemente dati, si ispireranno a moderazione, tanto per la questione del pagamento dei canoni, quanto e maggiormente per i licenziamenti, che verrebbero limitati, e solo in un secondo tempo, a casi assolutamente eccezionali.

Per quanto riguarda Fiume, V. S. dalle varie comunicazioni in ·corso illustrative della assai complessa questione, e da parecchi fatti recentemente segnalati, avrà potuto almeno constatare come l'affermazione del signor Kumanudi circa l'interessamento del consiglio dei ministri di Belgrado per l'utilizzazione del bacino Thaon di Revel, che è peraltro uno solo dei lati di Nettuno, non sia stata però finora seguita in pratic:?. da alcun fatto nuovo positivo che indichi una seria intenzione ài dar vita al bacino suddetto.

Per quanto ,concerne le tariffe, come ella avrà pure rilevato dal promemoria illustrativo trasmessole, mancano tuttavia le tariffe dirette jugoslavoadriatiche e sono state invece fissate le cosidette tariffe portuali differenziali per i porti adriatici S.C.S., finora non estese nè al Thaon di Revel nè a Fiume porto.

È bensì vero che l'art. 27 dell'accordo di Nettuno contiene letteralmente preso la sola parità tariffaria via Baktra-Sussak loco e Fiume (porto o loco) e tra Sussak loco e Fiume Thaon di Revel, ma ciò non toglie che è nello spirito degli accordi anche la parificazione almeno tra Sussak e Thaon di Revel.

Per quanto riguarda la parità tariffaria tra Fiume e Trieste è questione delicatissima per i complessi rapporti e reazioni tra i due centri, in confronto e a modifica della situazione attuale, ed è tuttora sotto esame dei fattori responsabili competenti.

Anche per questo ritengo, che per quanto riguarda tutta la parte tariffaria di Nettuno, compresa la parte del traffico del Thaon di Revel, sia opportuno che V. S. si limiti ad una generica azione e pressione politica, senza entrare in discussioni tecniche e di dettaglio che è opportuno continuino, almeno per ora, ad avvenire tra i fattori tecnici competenti e responsabili senza rinnovare alla pratica fin qui seguita.

Sempre per sua riservata conoscenza informo a questo proposito che la

nostra direzione delle ferrovie, a prescindere dai contatti diretti tenuti general

mente dal comm. ing. Ferrini, si vale talvolta ed, in alcuni casi, con ottimi

risultati dell'opera discreta di un funzionario della società Danubio-Sava-Adria

tico, che mette a profitto la personale conoscenza che egli ha di alcuni alti

funzionari della direzione delle ferrovie jugoslave.

Credo che quanto precede sia sufficiente perchè ella possa tornare sul

l'argomento con il signor Kumanudi, specie per quanto riguarda la riforma

agraria, mentre per il resto, a prescindere dalla generica azione anzidetta, mi

riservo di inviarle istruzioni separate per richieste singole e precise che mi

venissero indicatE:' dal nostro ministero delle comunicazioni.

Richiamo infine tutta la sua particolare attenzione sulla necessità essenziale di non perdere in nessun momento di vista che la proposta compensazione tra somme reciprocamente dovute non è fine a se stessa, ma è un mezzo dilatorio, come indicato nel mio telegramma 3 marzo, e sopratutto non deve nè assorbire nè apparire prevalente sulla questione generale politica della esecuzione di Nettuno e altri trattati, e ciò perchè Governo S.H.S. ha già presentato in base agli stessi accordi e convenzioni, come le comunico a parte, richieste di indennizzo per somme ingenti, e poi sopratutto perchè si tratta di questione di ordine politico generale che non può, nè ci conviene sia ridotta in nessun momento ad una questione contabile di dare ed avere.

(l) -Non si pubblica. (2) -In questo telegramma Mussolini scriveva:
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IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1980/25. Vienna, 17 aprile 1929 (per. il 23 ).

V. E. avrà rilevato dalla mia precedente corrispondenza telegrafica come nei miei colloqui con il segretario generale Peter, in occasione così della non suonata Marcia Reale nella partita di calcio itala-austriaca (l) come dell'asserito intervento di un alto ufficiale austriaco alla dimostrazione irredentistica indetta da padre Innerkofler (2), pure avendo elevato ripetute ed energiche proteste, io mi sia astenuto dal fare qualsiasi richiesta non dico di scuse ma anche solo di manifestazioni di rincrescimento.

Desidero esporre le ragioni. Entrambi gli incidenti sono avvenuti nel corso di una crisi ministeriale, che dura ormai da due settimane e che mentre scrivo non è ancora terminata. La soluzione della crisi è difficile e le difficoltà, oltre che nei riguardi dei contrasti con i socialisti, appaiono anche nei riguardi dell'accordo fra i partiti della coalizione governativa borghese. In tale presente stato di cose, qualsiasi nostra richiesta desterebbe qui la preoccupazione che una concessione a noi fatta di cui si avesse poi notizia in parlamento potrebbe danneggiare il partito cristiano-sociale. Questo infatti potrebbe temere innanzi tutto di vederla sfruttata non solo dai socialisti ma anche dai pangermanisti e dagli agrari che cercano prepararsi il terreno per togliere voti ai cristianosociali nelle future elezioni. Potrebbe però temere anche discordie nella stessa propria compagine scontentando specialmente i tirolesi per i quali ogni concessione all'Italia è fatta apparire come un atto di tradimento verso gli • oppressi fratelli •. Considerata tale situazione e resomi conto nei miei piuttosto agitati colloqui con Peter che non vi sarebbe stata alcuna possibilità di ottenere da lui, e meno ancora da Seipel, che il Governo austriaco dimissionario si inducesse nelle presenti circostanze, oltre alle sue semplici claudicanti spiegazioni, a darci anche una qualche effettiva soddisfazione, ho preferito non espormi a un rifiuto che avrebbe potuto porci, contro la volontà dell'E. V., in una via senza uscita, ma limitarmi a protestare con energia sia verbalmente sia per scritto e a riferire tutto a V. E. affinchè considerasse se, nonostante tutto quanto precede, convenisse mi fossero inviate istruzioni di non appagarmi di sole proteste ma di presentare anche precise e categoriche richieste.

(l) -Disputata a Vienna il 7 aprile. (2) -Il 14 aprile a Vienna.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 2132/633. Berlino, 17 aprile 1929.

Comunico copia di un rapporto di questo Addetto per la Stampa, in data 15 corrente, insieme ad alcuni chiarimenti su tale rapporto, da me sollecitati al marchese Antinori.

Resterò in attesa di conoscere le istruzioni di V. E. per la risposta da darsi al segretario generale dello "Stahlhelm" circa la divisata visita in Alto Adige (1).

ALLEGATO I.

ANTINORI AD ALDROVANDI

Berlino, 15 aprile 1929.

Ho l'onore d'informare V. E. che il Segretario Generale dello • Stahlhelm. mi ha invitato ad avere con lui una conversazione confidenziale, nella quale mi ha esposto come in occasione del Convegno annuale dello • Stahlhelm • che sarà tenuto a Monaco il lo e 2 giugno prossimi, alcuni dei partecipanti, un'ottantina al massimo provenienti da varie parti della Germania, vorrebbero recarsi a fare un'escursione in Alto Adige.

Lo stesso Segretario Generale, che ha premesso di parlare ufficiosamente a nome della Direzione Centrale dello ·Stahlhelm• mi ha aggiunto che lo •Stahlhelm• a nessun patto vorrebbe fare cosa che potesse riuscire sgradita al Governo italiano col quale invece terrebbe ad annodare legami di cordialità; pertanto prima di prendere e dare disposizioni in proposito terrebbe a conoscere quale sia il pensiero delle Autorità competenti. Ammettendo che queste non si manifestassero avverse al progetto, i partecipanti naturalmente non effettuerebbero la gita in formazioni chiuse, ma alla spicciolata. Tuttavia il mio interlocutore mi ha fatto presente che essi quasi necessariamente dovrebbero viaggiare vestiti coll'uniforme della loro organizzazione, dato che trattandosi di gente nella massima parte poco abbiente e che viaggia con poco bagaglio, sarebbe loro difficile portarsi a Monaco un vestito

• borghese • di ricambio.

In forma di suggerimento mi ha poi detto che, per evitare che nell'eventuale gita i partecipanti venissero a contatto con qualche agitatore altoatesino che potrebbe sorprenderne la buona fede, si potrebbe organizzare la cosa in modo che i partecipanti stessi venissero ricevuti, accompagnati e pertanto sorvegliati, dagli ex-combattenti ascritti alle organizzazioni fasciste dell'Alto Adige.

Come sempre in casi simili mi sono limitato ad assicurare il mio interlocutore che avrei riferito a V. E. la conversazione avuta con lui e che a suo tempo gli avrei comunicato l'eventuale risposta. Egli mi ha però pregato di affrettare nei limiti del possibile la risposta, affinchè la Direzione Centrale sia in grado di dare disposizioni in tempo per effettuare ovvero abbandonare il progetto.

Profittando dell'occasione ho chiesto al Segretario Generale, ex-Capitano Ausfeld, che cosa ci sia di vero nelle notizie date dalla stampa di sinistra circa un accordo che sarebbe intervenuto fra lo • Stahlhelm • e gli Hitleriani, ed egli mi ha risposto che le cose non sono ancora concluse, ma che le trattative a Monaco hanno molto progredito, come già può notarsi nel contegno rispettivo degli ascritti alle due organizzazioni nei rapporti fra loro. Questo ha permesso allo • Stahlhelm • di prendere un certo piede in Baviera, dove finora il terreno non gli si era mostrato propizio. Maggiori difficoltà incontra il lavoro di conciliazione a Berlino dove il Capo degli hitleriani Dr. Goebbels, non ne vuole assolutamente sapere.

ALLEGATO II.

CHIARIMENTI

l) Il signor Ausfeld, Segretario Generale dello • Stahlhelm •, mi ha assicurato formalmente che lo scopo della gita progettata è esclusivamente • turistico •, alcuni dei membri dello « Stahlhelm » vorrebbero cioè profittare dell'occasione della radunata di Monaco per visitare l'Alto Adige, tenendo ·presente che per molti dei partecipanti che si recano a Monaco da parti lontane della Germania tale occasione si presenterebbe difficilmente un'altra volta o forse mai più.

2) Secondo quanto mi è stato possibile di comprendere dagli accenni fattimi dal Signor Ausfeld, s'intenderebbe che il viaggio alla spicciolata riguardi specialmente il viaggio in ferrovia, il passaggio della frontiera ecc. in modo da non suscitare l'impressione di un'entrata in Italia in drappelli o formazioni chiuse. D'altra parte sarebbe forse possibile che una volta arrivati a destinazione i partecipanti alla gita si riunissero in gruppi o gruppetti, a seconda delle conoscenze od affinità. Per ovviare a qualche inconveniente che potrebbe derivare da questa eventualità, il signor Ausfeld riterrebbe opportuna una sorveglianza nella forma accennata nel III Capoverso.

(l) Appunto a margine di Guariglia: « S. E. il Capo del Governo acconsente. Rispondere a Berlino e informare il Ministero dell'Interno perché prenda d'accordo con le locali Federazioni disposizioni per l'accompagnamento e la sorveglianza dei gitanti ».

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IL CAPO DELL'UFFICIO III EUROPA E LEVANTE, DE MARSANICH, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

T. RR. 996/105. Roma, 18 ap1·ile 1929, ore 24.

Nel richiamare la sua attenzione sul punto riguardante eventuali intese intervenute fra autorità Somaliland ed Addis Abeba per il riconoscimento di alcune zone di pascolo a favore degli Isak lungo il confine etiopico, questo ministero porta a sua conoscenza seguente telegramma governatore Somalia: • In un colloquio fra vice commissario inglese e nostro ufficiale il primo ha incidentalmente detto che Ualual e Uardeir sono zone pascolo degli Isak 'Seguito accordi con abissini e che Isak sudditi britannici non tollerano presenza dubat. Non ha detto nè ci consta se si tratta di intese prese Addis Abeba ma suddetto cenno colorisce mia convinzione che almeno ad opera autorità del Somaliland vogliansi creare stati di fatto in punti di territorio etiopico che molto ci interessano data configurazione non felice confine •.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 2312/1339. Parigi, 18 aprile 1929.

L'Ambasciatore di Francia a Roma, signor de Beaumarchais, attualmente in congedo, è venuto stamane a visitarmi. Riassumo la conversazione avuta e le impressioni riportate.

Sui rapporti generali tra i due paesi il signor de Beaumarchais mi è parso alquanto sconfortato; non pessimista, ma freddo, con realizzazione di una vita tra costanti difficoltà da superare senza previsione di vita migliore: animato però come sempre dalla volontà di operare il possibile per i buoni rapporti.

Il signor de Beaumarchais è amareggiato per l'atteggiamento della stampa italiana. Ha osservato ·che l'A. Z. è giunto fino all'attacco diretto alla signora de Beaumarchais perchè un secondo numero del giornale indirizzato all'Ambasciatrice in più della copia che regolarmente l'Ambasciata riceve era stato respinto. Ciò avvenne, incidentalmente, nell'epoca della firma del Trattato del Laterano e l'A. Z. commentò in relazione ai due avvenimenti. L'Ambasciatore trova pure che i giornali Italiani sono pieni di notizie di tutti i delitti, di tutti gli scandali che si verificano in Francia: è evidente la manovra di divulgazione di tutto ciò per la Francia, ed il contrasto col silenzio di ciò che avviene in altri paesi ed anche in Italia. Il signor de Beaumarchais non difende quella parte della stampa Francese che pecca verso l'Italia in altra forma ma con lo stesso risultato nell'inspirare l'opinione pubblica, e deplora, come faccio io per la parte mia, che la stampa dell'uno e dell'altro paese non contribuisca nell'opera dei Governi e dei loro rappresentanti per tenere le relazioni dei due paesi in quel tenore in cui potrebbero essere tenute e dovrebbero a mio giudizio essere tenute, anche nelle discussioni di interessi contrari o divergenti o non concordanti. Qui una cieca passione di setta o di partito tratta le questioni come se tra i due paesi non esistesse confine politico e come se le questioni dovessero essere dominate da criteri di • partito • o criteri di setta: da noi non si sa ancora trattare le questioni con quella correttezza di forma e di parole e di metodo che danno il senso della maturità e della superiorità di educazione e si vedono giornali che vanno per la maggiore attaccare personalmente l'Ambasciatore e gli altri usare parole e pubblicare disegni offensivi, o a fondo indecente, che irritano personalmente gli altri altrettanto quanto giustamente irritano noi quando sono da giornali esteri diretti contro di noi. Riconosco che, da qualche mese, un miglioramento in proposito vedo verificato in alcuni nostri giornali: ma siamo ancora in bisogno di altro miglioramento. Tutto va detto, e tutto può essere detto, con la forma educata: in tal caso, non solo tutto è accettato, ma tutto porta allo scopo cui si vuoi giungere. Il contranio, e solo il contrario, succede invece quando si pecca nella forma.

Il signor de Beaumarchais ha fatto nel corso della conversazione un accenno alle conversazioni su alcune questioni internazionali in corso tra i due Governi. L'accenno è stato corto e generico colla sola precisione che nel di

cembre scorso egli nm1se a V. E. delle proposte scritte e che non se n'è più trattato fino ad ora perchè V. E. era intento in altri importanti affari.

Il signor de Beaumarchais mi ha detto che ha approfittato della sua venuta a Parigi per preparare la continuazione del negoziato della Convenzione di stabilimento e delle contrattazioni accessorie. Spera e vivamente desidera di giungere al miglior risultato finale e constata con piacere che è assecondato molto nel suo compito dall'atteggiamento del Senatore de Michelis.

Gli ho parlato delle due espulsioni Guerrero e Tesi. Per la prima si è mo,strato irremovibile: della seconda non era al corrente.

Egli si è mostrato assai compiaciuto della soluzione delle questioni forestali interessanti alcuni comuni Francesi delle Alpi marittime, ed ha rilevato che in questa come in tutte le questioni egli ha sempre trovato il maggiore cortese concorso del Palazzo Chigi per sormontare difficoltà sollevate da Uffici tecnici. Spera che potrà essere risoluta anche la questione dell'apertura e dell'accesso agli alberghi del Boreon e della Vesubie: spera cioè che l'Autorità Italiana non sarà intransigente nell'esigere che i direttori siano Italiani ma si contenterà che siano ad essa persone gradite, perchè altrimenti le Autorità Francesi potrebbero reclamare misura analoga per casi analoghi di alberghi in Francia ed in tal caso il danno della misura si ripercuoterebbe assai più sugli Italiani che sui Francesi.

Il signor de Beaumarchais non mi ha detto quando tornerà a Roma, ma credo sapere che vi tornerà il 29 corrente mese e che qui si pensa che il negoziato per lo stabilimento riprenderà il 6 maggio.

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IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO, E AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

T. 1000. Roma, 19 aprile 1929.

(Per Colonie). Seguito telegramma a mano n. 936 dell'll aprile (l) e telegramma di S. E. Zoli del 16 corrente. Ho telegrafato Addis Abeba quanto segue:

(Per tutti). Mio telegramma n. 96.

R. commissario Assab ha ricevuto lettera Barambaras che in sostanza declina offerta nostra scorta ed assicura informare di tutto Negus attendendone istruzioni ed aggiunge testualmente: • Sarebbe d'altra parte compito R. legazione Addis Abeba di fare eventualmente a S. M. il Negus, se Governo italiano lo giudicasse utile, quelle proposte che possono essere ritenute accettabili nelle circostanze attuali • (sic). Il rifiuto della nostra offerta conferma non solo mancato invio delle urgenti istruzioni ripetutamente da noi sollecitate

al Negus ma anche evidente malafede missione etiopica che trincerandosi dietro assenza istruzioni cerca rendere col suo atteggiamento ostruzionistico sempre più improbabile, dato approssimarsi stagione calda, l'inizio lavori tracciato in territorio etiopico. Occorre quindi che V. S. come da istruzioni di cui telegramma 96 personalmente richiami ancora una volta attenzione Negus su tale atteggiamento sua delegazione che non risponde affatto assicurazioni da lui date e ne provochi formale affidamento urgente invio istruzioni sollecitate. Attendo urgenti comunicazioni.

(l) Non si pubblica. Lo stesso telegramma fu inviato ad Addis Abeba col n. prot. 96.

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APPUNTI DEL CORRISPONDENTE DA VIENNA DEL POPOLO D'ITALIA, MORREALE (l)

Vienna, l 9 aprile l 929.

Steidle afferma che il movimento delle Heimwehren in Austria deve necessariamente differenziarsi da quello fascista, anzitutto per il diverso carattere della popolazione ed in seconda linea per il fatto che, mentre i socialisti in Italia avevano un atteggiamento comunista molto marcato, la socialdemocrazia austriaca lavora con molta prudenza e non fornisce mai occasione ad un intervento energico. Si spera sempre che queste occasioni possano essere date; lo si sperò a Wiener Neustadt, e non è escluso che di un atteggiamento ostile dei socialisti si possa approfittare per venire a manifestazioni decise in occasione della prossima adunata delle Heimwehren a St. Polten il 5 maggio.

Domando a Steidle se ha l'intenzione di trasformare in un partito attivo l'organizzazione delle Heimwehren, e tanto lui che Pabst, intervenendo, rispondono che essi studiano molto la storia del fascismo e che, come il fascismo, anche le Heimwehren potranno diventare un partito, il quale comprenderebbe elementi tratti da tutti e tre i partiti della maggioranza.

Circa il prossimo futuro, Steidle dice che nella stagione primaverile ed estiva non vi è nulla da fare, perchè nelle provincie, particolarmente in queìle alpine, dove il movimento è più vivo, si deve accudire ai lavori campestri e si ha bisogno di lasciare indisturbato il movimento dei forestieri. Però Steidle è deciso di compiere in autunno l'atto decisivo della marcia su Vienna.

A Pabst domando se effettivamente una tale marcia si deve considerare possibile. Mi risponde che la decisione è ferma, che tuttavia si tratta di questione di denaro, perchè bisogna provvedere a completare gli armamenti. Pabst a mia domanda aggiunge che il numero complessivo delle Heimwehren si può calcolare oggi di 200.000. Esse sono divise in due diverse formazioni: una territoriale, che non ha bisogno di un armamento accurato, ed una formazione di marcia, che comprende 38.000 militi, parte dei quali sono già equipaggiati.

Steidle e Pabst fanno ambedue dichiarazioni di amicizia verso l'Italia. Il primo fa osservare che egli naturalmente deve tener conto della particolare posizione sua in Tirolo, epperò essi sono convinti che la politica dell'Austria

debba avere mire molto ampie e la questione irredentista per l'Alto Adige naturalmente costituirebbe un ostacolo.

A Steidle chieggo quale è stata l'accoglienza che egli ha avuto a Vienna in queste trattative di crisi. Egli mi dice che, nella grande maggioranza, gli uomini politici viennesi Io hanno considerato una bestia nera e sono stati discretamente seccati del suo intervento nelle trattative, tanto più che egli --così afferma Steidle -non mancò nelle riunioni politiche di usare una buona dose di grossolanità e di dire a ciascuno il fatto suo.

Steidle mi lascia perchè parte la sera stessa per assistere alle elezioni in Tirolo, dicendomi infine che nel giudicare le sue affermazioni bisogna tener conto che egli a Vienna deve tenere un diverso linguaggio, più calmo, di quel che non tenga coi suoi contadini tirolesi, fra i quali egli afferma di avere un largo ed indiscusso seguito.

Con Pabst, che evidentemente resta per potersi far chiedere quello che Steidle non vuole dire, la conversazione entra nei particolari di politica estera.

Gli domando quale è l'atteggiamento della Germania nei riguardi delle Heimwehren ed egli mi risponde che [è] ostile. Lo stesso Seipel avrebbe dichiarato a Pabst e Steidle cinque giorni fa che da parte di Stresemann vi è stato un intervento reciso contro le organizzazioni di destra (1). Il governo tedesco nell'attuale crisi ha lavorato per la formazione della coalizione rosso-nera.

Gli domando come egli possa spiegare questo atteggiamento, che coincide con quello preso, per ragioni molto più chiare, dalla Cecoslovacchia. Egli mi risponde facendomi notare che la politica estera della Germania è sempre funzione della politica interna, e che Stresemann, ciò facendo, crede di tenersi buona la socialdemocrazia germanica. • Del resto questo atteggiamento, aggiunge il Pabst, ci favorisce per quanto riguarda la questione dell'Anschluss. Sebbene suddito germanico, io considero che la questione dell'annessione non sia di attualità. Ci siamo astenuti finora dal fare dichiarazioni precise al riguardo, ma allorchè dovremo farle, dovremo dire necessariamente che essa ci sta a cuore, salvo a !asciarla cadere nella pratica attuazione. L'annessione alla Germania noi potremmo considerarla possibile solo nel momento in cui anche in Germania andasse al potere un Governo fascista. Non possiamo aver nessun interesse di unirei a gente disposta a distruggere l'opera nostra •.

Pabst è stato più esplicito di Steidle nelle assicurazioni di amicizia verso l'Italia. Mi dice che egli stesso va spesso in Italia ed aggiunge con una certa aria soddisfatta che vi entra con un visto diplomatico. L'Italia ha agito molto amichevolmente nei riguardi delle Heimwehren, non opponendo alcuna difficoltà al fatto che a pochi chilometri dal suo confine siano raccolte per gli usi delle organizzazioni tante armi e mitragliatrici.

Comprendo che con l'Ungheria deve essere subentrata una fase latente di interessamento, perchè il Pabst, facendo una graduatoria delle provincie in rapporto allo sviluppo della sua organizzazione, mi dice che nel Burgenland essa è rimasta più debole appunto in considerazione della situazione con l'Un

gheria, ma che ora si può procedere molto rapidamente ad una migliore organizzazione.

Gli domando notizie sulla • Technische Nothilfe • (organizzazione tecnica sussidiaria in caso di sciopero) ed egli mi fa rilevare che già in occasione dello sciopero del 15 luglio 1927 essa fu in grado di far funzionare i principali tronchi ferroviari nel Tirolo e nel Salisburghese. Mi dice che è ora in grado di spezzare ogni sciopero.

Gli chieggo se è dello stesso parere nei riguardi di Vienna e mi risponde che per Vienna si ricorrerebbe alla tattica dell'isolamento, impedendo il vettovagliamento della città e facendo spezzare dalle organizzazioni, che nei dintorni sono padrone della situazione, la conduttura dell'acqua.

IMPRESSIONI: Steidle e Pabst sono indivisibili. Il primo mi ha fatto l'impressione di essere abbastanza fatuo e tutto preso dell'importanza che gli viene dal movimento da lui capeggiato. È sulla quarantina, robusto, si attribuisce molto volentieri atteggiamenti energici, che non so se corrispondano nelle azioni.

Pabst deve essere la sua anima dannata. Ho l'impressione che in lui l'energia esista realmente e che abbia tanto di farabuttismo quanto basta per tenere il suo posto di capo militare, malgrado sia per l'Austria uno straniero.

(l) Gli appunti si riferiscono ad un colloquio con Steidle e Pabst avvenuto nel caffè dell'Hotel Bristol.

(l) Ma sui rapporti fra Stresemann e Pabst cfr. H. W. GATZKE. StTe.,ern-;:nn and the Rearmament of Germany, Baltimore, 1954, pp. 51-53; sui rapporti fra Pabst e il ministero degli Esteri tedesco cfr. anche KEREKES, Abenddiimmerung, cit., p. 224. nota 7.

377

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1970/191. Belgrado, 22 aprile 1929, ore 20,50 (per. ore l del 23).

Presenza di Ante Pavelic a Sofia (1), contatti colà avuti e dichiarazlioni fatte suscitano qui molta ira. Se ne fa eco [stampa] con commenti che segnalo in chiaro. È da ritenere che ciò possa rallentare le possibilità di un accordo fra Sofia e Belgrado per il quale mi l'isulta che diplomazia francese si adopera attivissimamente con mezzi persuasivi e con ogni pressione.

378

IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE PREPARATORIA PER LA CONFERENZA SUL DISARMO, DE MARINIS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1974/6. Ginevra, 22 aprile 1929, ore 21,08 (per. ore l del 23).

Nella seduta d'oggi delegato americano ha fatto importante dichiarazione che ha riaperto discussione su questione armamenti navali. Delegato americano ha anzitutto dichiarato, analogamente a quanto aveva fatto giorni fa delegato

inglese, che in tema di armamenti terrestri Governo Stati Uniti è disposto a fare le necessarie concessioni ove ciò possa facilitare accordo fra potenze europee maggiormente interessate. Per quanto concerne limitazione armamenti navali delegazione americana dichiaratasi pronta accettare come base di discussione, e a titolo di concessione, proposte presentate dalla delegazione francese alla terza sessione della commissione preparatoria. In base a proposte francesi verrebbe assegnato ad ogni paese un tonnellaggio globale da dividersi entro certe categorie di navi uguali ma colla possibilità di trasferire una percentuale di tonnellaggio da una all'altra categoria. Per quanto concerne proporzione del tonnellaggio globale fra le potenze, delegato americano ha dichiarato che suo Governo accetterebbe stesse cifre proposte alla conferenza tripartita di Ginevra, che erano quelle già fissate dalla conferenza di Washington nei riguardi dell'Inghilterra, Stati Uniti e Giappone. Con tale dichiarazione non viene toccata questione della parità tra l'Italia e Francia. Delegato americano ha insistito sul fatto che la limitazione debba essere applicata a tutte le categorie di navi senza eccezione. Circa metodo di valutazione comparativa delle forze navali, delegato americano ha suggerito si tenga conto oltre che del tonnellaggio anche di altri elementi come velocità, armamenti, ecc. Delegato americano ha espresso parere che limitazione possa essere regolata fra le cinque principali potenze navali senza bisogno di risolvere in un primo tempo problema della limitazione delle potenze minori. Ha poi insistito sul concetto limitazione deve risultare praticamente in una effettiva riduzione forze esistenti, giustificando tale concetto con spirito patto Kellogg. Delegato americano ha infine dichiarato che idee sopra espresse rappresentano direttive impartitegli da presidente Stati Uniti.

Delegato inglese ha risposto apprezzando spirito conciliativo e amichevole dichiarazioni americane e affermando Governo inglese era d'accordo sui principi generali summenzionati, e cioè sul concetto della riduzione, su quello della limitazione di tutte le categorie di navi e quello di determinare equivalenza forze navali tenendo conto di tutti gli elementi (tonnellaggio, velocità, armamenti, ecc.). Ha soggiunto che quest'ultima questione è essenzialmente tecnica e deve riservarsi all'esame esperti. Ha concluso riconoscendo future trattative dovrebbero orientarsi nel senso indicato dal delegato americano.

Delegati giapponese e francese hanno fatto dichiarazioni generiche di apprezzamento benevolo concetto americano. Ho creduto opportuno a mia volta esprimere soddisfazione per dichiarazioni americane, senza però pronunciarmi in merito e riservando giudizio

R. Governo dopo maturo esame. Da insieme discussioni ho riportato impressione: l) che fra Washington e Londra cercasi ora formula conciliativa per impedire corsa armamenti; 2) che si presenta, come conseguenza probabile dichiarazioni odierne,

prossima ripresa negoziati fra principali potenze navali. Prego comunicare ministeri militari.

(l) Sul soggiorno a Sofia di Pavelié e Perceé cfr. nn. 383 e 384.

379

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1977/189. Belgrado, 22 aprile 1929, ore 20,50 (per. ore 1,30 del 23).

Su espresso invito mi sono recato stamane da generale Zivkovich. Questi mi ha dichiarato suoi sinceri sentimenti amicizia con l'Italia, suo desiderio che rapporti reciproci siano buoni. Ha confermato che documento pubblicato da Giornale d'Italia è falso (l) e si è mostrato dolente attacchi stampa italiana contro Jugoslavia e contro lui personalmente, malgrado eccellenti rapporti personali avuti con nostri ufficiali durante guerra e successivamente. Ha detto che dal canto suo era intervenuto energicamente perchè stampa jugoslava cessasse da qualsiasi attitudine ostile verso nostro paese e dovette imporsi specialmente a quella di Lubiana che voleva continuare nel suo atteggiamento. Ha concluso pregandomi di adoperarmi perchè rapporti fra l'Italia e Jugoslavia potessero migliorare ed attitudine nostra stampa cessasse dal suo atteggiamento. Tutta intonazione suo colloquio è stata improntata estrema cortesia. Ho risposto che mi compiacevo suoi sentimenti, che in occasione di mia prossima venuta costà avrei riferito a V. E. conversazione con lui avuta.

Richiamo mio telegramma stampa di ieri n. 187 (2) che contiene dichiarazioni di Zivkovic al Financial Times circa i rapporti itala-jugoslavi.

380

L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, GRAHAM, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. P. 282/4/29. Roma, 22 aprile 1929.

Sir Austen Chamberlain tells me that, in the com·se of his conversation with Your Excellency at Florence recently, he spoke to you of the letter addressed to the British Ambassador in Paris by Herr von Kuhlmann in which the latter suggested the restoration to Germany of some of her former African colonies.

As you know, the British Ambassador in Berlin was instructed to bring this letter to the notice of the German Government; and Sir Austen Chamberlain now wishes me to let you know that Dr. Stresemann, in a conversation with Sir Horace Rumbold, formally disavowed Herr von Kuhlmann's activities, of which indeed he spoke with considerable annoyance. He added that Herr Kuhlmann had no mission either official or semi-official from the German Government.

(l) -Cfr. n. 329. (2) -Ncn rinvenuto.
381

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 2027/981. Belgrado, 22 aprile 1929 (per. il 26).

Già in passato ho avuto occasione di far rilevare il partigiano atteggiamento di questo ministro d'Inghilterra signor Kennard nei riguardi di questo stato. La calda premura posta nel persuadere questo Governo di non raccogliere le provocazioni italiane del Giornale d'Italia e di • dare prova di dignità • (sono sue parole) nel non ingaggiare una polemica con la nostra stampa a proposito della pubblicazione sui comitagi, dimostra quale curiosa ·parte di consigliere egli svolga qui.

Ma non vi è dubbio per me che egli sia l'inspiratore di una singolare manifestazione della quale ho data ieri notizia a V. E. con telegramma stampa

n. 187 (1). Si trova qui da qualche giorno il reverendo J. Graig vescovo di Guildford ora vescovo di Gibilterra venuto in Jugoslavia per incontrarsi col patriarca Demetrio e continuare trattative di un riavvicinamento della chiesa anglicana con la ortodossa (contemporaneamente è in Grecia l'arcivescovo di Canterbury primate della Chiesa protestante per trattare di un riavvicinamento anche con il patriarcato greco, ed entrambe le visite sono probabilmente determinate dal rafforzamento venuto alla chiesa romana per il trattato del Laterano). Le varie manifestazioni che si sono fin qui succedute in onore del prelato inglese hanno però trasceso con le parole che invadono indebitamente il campo politico, e non è credibile esse siano spontanee, ma siano piuttosto secondo ogni verosimilianza, suggerite da questo ministro di Inghilterra. Estremamente imprudenti ed inopportune, V. E. giudicherà se sia il caso di farle rilevare al Foreign Office mettendole in relazione con la parte che il signor Kennard si è qui assunto con tanto ardore.

Le parole del reverendo Graig, che di seguito riproduco, furono pronunciate al Jockey Club in una colazione offertagli dal signor Kumanudi, presenti il ministro d'Inghilterra, il ministro della giustizia, alcuni alti funzionari del ministero degli affari esteri, vari vescovi ortodossi.

• Si dichiarò poi persuaso che la Jugoslavia non ha altre ambizioni che di conservare la pace. Quindi non ci possono essere più grossolane e sciocche falsità che quando si dice essere il popolo jugoslavo aggressivo ed incline ad attaccare come popolo desideroso di conquista. Non ci può essere nulla di più bugiardo e niente può maggiormente discreditare coloro che inventano tali notizie e permettono che si pubblichino •. Così riferisce il Vrerne.

(l) Non rinvenuto

382

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, E AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO

T. 1028. Roma, 23 aprile 1929, ore 24.

(Per Colonie). Ho telegrafato Addis Abeba quanto segue:

(Per tutti). Telegramma di questo ministero n. 106 del 19 corrente (1). Sono sempre in attesa di conoscere il pensiero del Negus Tafari circa lo strano atteggiamento della sua delegazione in Assab la quale a forza di continuo ostruzionismo e rifiutando recisamente anche concorso spontaneamente offerto da missione italiana rifiuta di iniziare viaggio. Intanto scopo desiderato dal signor La Rivière, e V. S. vorrà indagare se questi non esegue precise segrete istruzioni del Negus, è stato raggiunto: rendere cioè impossibile per inoltrata stagione viaggio in Dankalia e quindi necessario rinvio ad autunno con grave nostro dispendio di denaro ed energie. Prego S. V. telegrafarmi in qual modo Negus intenda che si possa ora riparare al danno causato dall'ostruzionistico inesplicabile contegno del suo ingegnere e del comandante la scorta etiopica.

383

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2010i94. Sofia, 24 aprile 1929, ore 22 (per. ore 2,50 del 25).

Ex deputato Ante Pavelic e giornalista Gustavo Percec rispettivamente capo e segretario del partito federalista croato, attualmente rifugiati a Vienna sono stati a Sofia 20 e 21 corrente ospiti di questo comitato fratellanze macedoni, presieduto da dottor Stanisceff. Al loro arrivo sono stati ricevuti con fiori e discorsi dal comitato mentre piazzale stazione era colmo circa tremila macedoni plaudenti che hanno accompagnato ospiti fino all'albergo al centro della città tra fitte ali popolazione bulgara partecipante festose accoglienze. Comitato ha offerto ai due ospiti banchetto 250 coperti cui hanno partecipato anche vari generali di riserva, ex ministri, deputati, intellettuali. Discorsi tenuti in questa occasione dai due croati sono stati assai violenti contro serbi

• con i quali è impossibile ogni forma di convivenza statale • ; • scopo dell'agitazione croata come di quella macedone dev'essere separazione da Serbia • ; • la gioventù croata malgrado la violenza serba è pienamente organizzata, preparata e fedele • ecc. ecc. Un discorso di Pavelic è terminato così: • dite a quei bulgari che credono in un possibile riavvicinamento tra Sofia e Belgrado che sono degli illusi perchè avvicinarsi ai serbi vuoi dire mettere il proprio collo

sotto i loro piedi •. A Banchi presso Sofia si sono riuniti i due croati ed i dirigenti del comitato delle fratellanze (da non confondersi col comitato della O.R.M.I.) ed hanno discusso per un programma di azione comune croato-macedone. Risultati riunione sono tenuti segreti; è stata soltanto pubblicata seguente dichiarazione: • Durante visita fraterna che i capi nazionalisti croati Pavelic e Gustavo Percec hanno fatto al comitato delle organizzazioni degli emigrati macedoni in Bulgaria, i rappresentanti dei due paesi hanno constatato come il medesimo regime insopportabile, al quale sono sottoposte la Croazia e la Macedonia, imponga loro di coordinare la loro attività, la libertà politica e la completa indipendenza della Croazia e della Macedonia. In questa occasione i signori Ante Pavelic e Gustavo Percec come rappresentanti di una delle parti ed il comitato nazionale macedone come rappresentante dell'altra, dichiarano che d'ora innanzi essi uniscono i loro sforzi ed azioni per raggiungere gli ideali dei due popoli fratelli •.

Continua col numero successivo.

(l) Si tratta probabilmente del n. 375.

384

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2013/95. Sofia, 24 aprile 1929, ore 24 (per. ore 4,15 del 25).

Seguito al numero precedente.

Sera 22 corrente i due croati sono partiti per Rusciuk di dove avrebbero dovuto passare in Romania e di qui per Costanza recarsi a Costantinopoli. Senonchè poco dopo la loro partenza è giunto al comitato delle fratellanze macedoni telegramma da Vienna con urgente preghiera avvertire i due croati di non entrare in territorio romeno e di non fermarsi in Turchia, ma di prendere battello Varna per rientrare immediatamente Vienna via di mare. Dottor Stanisceff è giunto in tempo fermare croati momento loro passaggio Danubio e comunicare loro predetto telegramma Vienna. In seguito a ciò dottor Stanisceff è venuto a pregarmi in segreto concedere visto transito Italia ai due croati che viaggiavano Pavelic con passaporto austriaco suo stesso nome e Percec con passaporto bulgaro nome Paolo Tomoff. Nulla ostando dal punto di vista regolarità amministrativa (dato che i due viaggiatori erano già muniti visto romeno e turco) ho concesso visto e i due croati devono essere partiti oggi da Varna per l'Italia che attraverseranno soltanto per far ritorno Vienna. Preciserò domani non appena quel R. agente consolare me ne avrà informato, dettagli circa nome piroscafo italiano e porto di sbarco. Ho chiesto a Stanisceff come visita fosse stata decisa. Mi ha riservatamente confidato che Pavelic era da anni in rapporti tanto con comitato legale macedone di Sofia quanto con O.R.M.I. (conosce bene Tomalewski e qui a Sofia ha segretamente visto Mihailoff ciò che fa

ritenere che croati vogliano intendersi con macedoni anche circa metodi rivoluzionari). Recentemente (previo scambio di idee a Vienna probabilmente con Karaiovoff) Pavelic scrisse a dottor Stanisceff di essere disposto recarsi Sofia con Percec. Stanisceff si recò da Liapceff per metterlo al corrente e ottenere consenso. Liapceff non fu contrario e dichiarò a Stanisceff che gli avrebbe dato risposta dopo qualche griorno volendo prima parlarne con Buroff. Stanisceff invece non attese risposta e scrisse a Pavelic di venire Sofia. Quando Liapceff lo seppe disse a Stanisceff: • ebbene poichè hai fatto così, venga pure •. Stanisceff visitò poi Buroff che gli dichiarò non esservi motivo impedire visita privata • tanto più pensando che a Belgrado è proprio il Governo che accoglie e aziona a tal fine gran numero di rifugiati bulgari contrari attuale regime bulgaro ». In seguito pubbliche dimostrazioni a favore due emigrati croati Nescich si è recato ieri da Buroff protestare a nome suo Governo. Buroff ha replicato che Governo bulgaro non è entrato affatto nè nella visita nè nelle dimostrazioni; che quella e queste erano state decise dai rifugiati macedoni di Sofia che avevano voluto esprimere loro simpatia senza turbare ordine pubblico; che Governo Belgrado infine non poteva sorprendersi di ciò visto che in Serbia non solo popolazione o gruppi privati, ma lo stesso Governo ricevono e sostengono emigrati bulgari nemici della loro patria. Governo serbo non essendosi dichiarato soddisfatto, Nescich è tornato oggi da Buroff dove si trova mentre telegrafo. Informerò subito circa replica di questo ministro Affari Esteri. Giornali di Sofia commentano con unanime riprovazione passi ufficiali di Nescich, usando linguaggio assai chiaro e fermo all'indirizzo della Serbia e controbattendo vivacemente articoli tendenziosi e aggressivi della stampa di Belgrado. Aggiungo che Pavelic e Percec durante loro breve soggiorno Sofia hanno lasciato carte da visita soltanto a me e ai colleghi Austria e Ungheria. Hanno però rifiutato

lasciare carta legazione Francia e Inghilterra.

385

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

1'. PER CORRIERE S. R. P. 1066. Budapest, 24 aprile 1929.

Mia lettera riservatissima n. 681/302 del 16 marzo u. s. (1).

Perchè S. E. Grandi possa venire messo al corrente delle ultime intenzioni dei dirigenti le Heimwehren, ho combinato con questo Governo che il fiduciario di Vienna, dopo aver conferito col dott. Steidle, venga a Budapest martedì 30 c. m. Il giorno stesso dell'arrivo avrà in proposito una conferenza col conte Bethlen.

(l) Cfr. n. 321.

386

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) R. 27/221. Londra, 26 aprile 1929, ore 14,55 (per. ore 17).

Credo utile informare V. E. che Poliakoff reduce da Parigi dove ha seguito ultima fase questione riparazioni mi ha detto confidenzialmente aver appreso da buona fonte che Governo tedesco è in possesso del promemoria (l) redatto da V. E. dopo incontro con Chamberlain e sarebbe rimasto colpito dall'allusione fatta da Chamberlain alla necessità un fronte unico franco-anglo-italiano contro le velleità della Germania. Testo promemoria sarebbe stato trasmesso a Berlino da codesta ambasciata di Germania. Ho creduto esprimere a Poliakoff mia meraviglia dicendogli non risultarmi che Chamberlain avesse fatto allusione attribuitagli.

387

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. R. 1641/947. Vienna, 26 ap1·ile 1929.

Ho avuto occasione di parlare stamane, con il Segretario Generale Peter, di Seipel e della sua politica verso l'Italia. Gli ho detto che serbavo grande stima nel Cancelliere per la sua austerità di sacerdote e per la sua rettitudine di uomo. Credevo anche che egli avesse grande ammirazione per V. E. e sentimenti non ostili per il nostro Paese. Ero però convinto che aveva seguito una politica errata di fronte all'Italia. Per vari anni, pur non trascurando di farmi in privato dichiarazioni di amicizia per il R. Governo e per la mia Patria, egli era stato in pubblico un indifferente verso di essa, e aveva preferito astenersi dal dirne male piuttosto che cogliere qualche occasione per dirne bene. Quando sullo scorcio del '27, allorchè ci facemmo promotori della soppressione della Commissione interalleata militare di controllo, egli volle finalmente decidersi, accogliendo la mia richiesta, ad accennare in Parlamento alle benemerenze dell'Italia verso la Repubblica austriaca, e uscì dal suo consueto riserbo sui rapporti con l'Italia, si credette obbligato a dire anche parole sulla • ferita • dell'Alto Adige, attirandosi così una mia protesta e conseguendo pertanto uno scopo opposto a quello desiderato. Venne poi l'incidente della fine di febbraio. Gli impegni presi, in seguito a esso, da Seipel furono piuttosto negativi, di non agire a nostro sfavore, piuttosto che positivi di agire a nostro favore. Questi stessi impegni non furono tenuti, e lo provarono il suo discorso sulle minoranze e quello, per me il più grave di tutti, in cui volle ricordare ai protettori dell'Ungheria che, il giorno in cui fosse venuta in discussione la questione di una revisione delle frontiere fra i due Stati, essa non avrebbe potuto limitarsi a tale sola revisione. (Peter, che cavillò tanto allorquando protestai, ha oggi riconosciuto che quest'ultimo discorso era stato un errore di Seipel e

29 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

ha confessato che lo stesso Cancelliere se ne era poi pentito). Non era con una politica d'astensione -anche se scrupolosamente osservata -e ciò non era stato, che potevano migliorarsi le nostre relazioni. La prova se ne era avuta nel seguito quasi ininterrotto di incidenti e proteste dal giorno del mio ritorno in sede fino a oggi. Per addurre uno stabile e profondo miglioramento nelle nostre relazioni non bastava cercare di evitare gli incidenti, ciò che del resto non era stato qui sempre fatto, nè cercare di risolver1i con nostra soddisfazione, ciò che per di più non era mai o quasi mai avvenuto. In questo modo finito un incidente ne sarebbe cominciato un altro, come difatti andava avvenendo, e le nostre relazioni sarebbero rimaste sempre nello stesso punto, se anche non avessero peggiorato. Non erano tanto gli effetti della malattia, o meglio non soltanto questa, che bisognava curare, quanto le sue cause. Le sue cause erano nell'animo della pubblica opinione a nostro riguardo. Finchè non si fosse dato opera per un mutamento di quello, e tale mutamento non si fosse ottenuto, sarebbe stato vano sperare in un miglioramento delle nostre relazioni, e noi saremmo andati avanti all'infinito nello stesso modo: io passando da una protesta all'altra e il governo austriaco cercando ogni volta di provarmi che mi mancava il fondamento di farlo. Tutti gli sforzi austriaci si volgevano a risolvere a questo modo gli incidenti, tentando persuadermi di ciò di cui io non avrei potuto persuadermi, e ad ottenere che l'opinione pubblica rimanesse

all'oscuro di tutto.

Era invece proprio di queste difficoltà nelle nostre relazioni che si sarebbe dovuto informare l'opinione pubblica austriaca, era proprio a persuadere questa, e non me, che avrebbero dovuto tendere gli sforzi di Seipel. Di quest'opinione pubblica avrebbe dovuto occuparsi il Cancelliere, piuttosto che -come spesso avviene agli uomini di Stato dei paesi democratici i quali appunto nel Parlamento vivono e per esso vivono -, occuparsi e preoccuparsi della Camera. Forse che, del resto, il suo discorso nel febbraio scorso, e gli altri successivi, i quali avevano tanto danneggiato le nostre relazioni, avevano appagato i suoi deputati tirolesi? I Tirolesi erano stati, erano e sarebbero sempre stati scontenti, perchè potrebbero essere contenti solo il giorno in cui le frontiere austriache giungessero almeno sino a Salorno, cioè mai. Il Cancelliere avrebbe invece dovuto rivolgersi alla opinione pubblica borghese austriaca, la quale, se avversa il Fascismo per la sua politica in Alto Adige, lo ammira in cuor suo per tutto il resto. A questa opinione pubblica, che solo in parte ci è ostile, il Cancelliere avrebbe dovuto ricordare quanto avesse fatto l'Italia nei limiti delle sue possibilità per la ricostituzione economica dell'Austria del dopoguerra. Avrebbe dovuto metterla in guardia contro la campagna a noi avversa della stampa austriaca ebraica, massonica e democratica; mostrarle come non vi potesse essere e non vi fosse odio in un grande Stato come l'Italia per un piccolo Stato come l'Austria, ciò che la ragione spiegava e il nostro contegno di quasi dieci anni confermava. Avrebbe dovuto persuaderla di quale grande interesse fosse per l'Austria attuale il sostegno morale e anche materiale di un grande Stato confinante, che non aveva cupidigie nè di annessioni territoriali nè di supremazie economiche, che legato con essa, pur attraverso le tante guerre, da comuni vincoli di religione e cultura, desiderava solo stabilire relazioni amichevoli con un'Austria ordinata e ricostituita. Dallo stesso male derivante dal discorso del febbraio scorso avrebbe potuto venire un bene, se Seipel ne avesse tratto occasione per esporre ai suoi concittadini tutto quanto precede, chiarirli dei danni causati dall'incidente stesso e convincerli della conseguente necessità, in un superiore interesse della repubblica, di mutare animo e contegno. L'alto amor di patria e la inflessibile rettitudine di Seipel, che nemmeno i suoi nemici socialisti hanno potuto disconoscere, i meriti ch'egli si era acquistato verso il suo Paese, per il quale aveva sofferto il peso di gravi responsabilità e persino messo in pericolo la vita versando il sangue da una ferita di cui portava tuttora in petto la palla, gli davano il diritto e l'autorità di parlare francamente il coraggioso linguaggio della ragione nell'interesse, non di un momentaneo successo parlamentare, bensì di un durevole beneficio statale. Ma Seipel non l'aveva fatto. Chi gli fosse ora succeduto non avrebbe avuto, almeno da principio, nè il potere nè fors'anche la volontà di farlo; non sapevo se in lui potevano riporsi migliori speranze.

Peter, pur tra reticenze e obiezioni, non mi ha dato torto.

(l) Cfr. n. 348.

388

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A VIENNA, AURITI

T. (P. R.) 4438/131. Roma, 27 aprile 1929, ore 24.

A rapporto n. 848 e precedenti (1).

Approvo proteste fatte da V. S. per presenza ufficiale austriaco in uniforme qualificato da codesta stampa come rappresentante ministero guerra alla manifestazione • pro Siid Tirol • indetta costì 14 aprile dal solito padre Innerkofler che naturalmente ne ha preso occasione per nuove diatribe violente quanto sconclusionate.

Sebbene risposta cancelleria non appaia adeguata nè esauriente ritengo che almeno per ora siano sufficienti pratiche già effettuate dalla S. V. anche a dimostrare che atteggiamento codeste autorità non è passato da noi inosservato.

389

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, GRAHAM

L. R. P. 224319/104. Roma, 27 aprile 1929.

È pervenuta a S. E. il Capo del Governo la lettera n. 282/4/29 in data 22 corrente (2), con cui Ella per incarico di Sir Austen Chamberlain ha voluto gentilmente informarlo che il Dottor Stresemann in una conversazione avuta con Sir Horace Rumbold ha sconfessato formalmente l'opera del Signor Kuhlmann.

S. E. il Capo del Governo molto sensibile al cortese pensiero, mi affida il gradito incarico di esprimerLe i suoi ringraziamenti per la cortese ed interessante comunicazione.

(l) -Non si pubblicano. (2) -Cfr. n. 380.
390

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 2646/1038. Belgrado, 27 aprile 1929.

Mio telegramma n. 196 del 24 corrente (1).

La stampa Belgradese oggi tace sull'incidente provocato dall'andata di Pavelich a Sofia. Essa risponde ad una parola d'ordine del Governo che già da due giorni aveva lasciato trapelare che rinunciava all'azione a fondo sulla Bulgaria, che come ebbi a riferire si delineava chiaramente all'inizio dell'incidente.

Riassumendo le impressioni che scaturiscono da tutto lo svolgersi dell'incidente stesso, si viene alle seguenti conclusioni:

l) l'andata di Pavelich a Sofia è stato un colpo al Governo dittatoriale, poichè essa dimostra ai croati ed ai serbi che i fuorusciti croati sono attivi e che quindi la questione croata è ben lontana dall'essere sulla via della soluzione.

2) La visita di Pavelich a Sofia ha consacrato nella maniera più convincente l'accordo intervenuto fra Macedoni e Croati per un'azione parallela contro lo Stato S.C.S.

3) Il Governo S.C.S., e per meglio dire S. M. il Re Alessandro, che ha diretto tutta la manovra in questi giorni, hanno creduto di poter approfittare dell'indignazione, mista a timore, sollevata nel pubblico serbo delle accoglienze fatte in Bulgaria a Pavelich per menare un attacco a fondo contro il Governo di Sofia, impressionando le Potenze occidentali, e specialmente Francia e Inghilterra.

4) Scopo dell'attacco doveva essere lo scioglimento del comitato rivoluzionario macedone (che si sperava di poter tirare in ballo col fatto che esso aveva invitato Pavelich) e susseguentemente la stipulazione di un patto di arbitrato ed amicizia bulgaro-jugoslavo, che permettesse di completare i piani della politica estera dittatoriale, che vede tuttora nella Bulgaria il nemico più ostinato e più noioso.

5) Nella foga di condurre a fondo l'attacco, questo Governo ha lasciato mano libera alla stampa locale, che ha gonfiato all'inverosimile le accoglienze fatte in Bulgaria a Pavelich, di cui ha riprodotto fedelmente i discorsi contro lo stato S.C.S. I dirigenti di questo non si sono accorti che in tal modo facevano appunto il giuoco di Pavelich e del comitato rivoluzionario macedone. Difatti, le parole di Pavelich, che la r,;tampa ha divulgato, sono giunte in tutti gli angoli della Croazia e certamente non hanno affievolito lo spirito ribelle croato, ma sibbene lo hanno vieppiù eccitato.

6) Il comitato rivoluzionario macedone poi deve essere uscito dall'incidente e dal frastuono sollevato a Belgrado oltremodo rinvigorito. Si può dire anzi che questo viaggio di Pavelich a Sofia abbia segnato la liquidazione della gravissima crisi, che il comitato ha affrontato dopo la morte di Protogeroff. Ne è prova che questi giornali, che fino a ieri non parlavano più del comitato,

e lo consideravano ormai come un ferro vecchio inutilizzabile, sono invece oggi pieni di notizie allarmanti sulla ripresa di attività futura del comitato stesso.

7) L'azione del Governo S.C.S., che attraverso la stampa doveva essere minacciosa, e portare alle riparazioni la più grave [sic], ha finito, per contentarsi di una blanda dichiarazione ipotetica del Signor Buroff confermata da questo Ministro Bulgaro, di cui è stato preso atto in tutta fretta, imponendo in pari tempo il silenzio alla stampa locale. Silenzio troppo improvviso per non significare che l'azione stessa si è risolta in un fallimento, colla conseguente diminuzione evidente del prestigio di questo governo dittatoriale.

È mia impressione che neppure al grosso pubblico serbo sia sfuggito il significato poco favorevole al Governo locale della mancata azione verso la Bulgaria e dell'improvviso silenzio della stampa serba sugli avvenimenti degli scorsi giorni. Mi viene anzi riferito che i circoli della opposizione serba, sempre pronti ad attaccare l'attuale regime, ne hanno tratto nuovi elementi di critica sopratutto verso la persona di Re Alessandro, che come ho detto ha diretto la manovra.

(l) T. 2003/196, che non si pubblica. Ma cfr. n. 377.

391

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 2088/105. Sofia, 30 aprile 1929, ore 12 (per. ore 16,55).

Buroff mi ha segretamente informato che ministro di Bulgaria [sic] è venuto in possesso di istruzioni pervenute da Belgrado a questi dirigenti del partito agrario di cercare di mettersi in rapporti con me per poi gettare al momento opportuno discredito e accuse contro questa legazione e conseguentemente condurre dietro le quinte, qui, azione doppia e intrigante, anche a danno del regime parlamentare costituzionale della Bulgaria. Scopo di tale tentativo sarebbe quindi, in definitiva, quello di far perdere all'Italia presso opinione pubblica e presso Governo e uomini politici forte posizione che essa oggi occupa in Bulgaria e che è principalmente ostacolo agli incessanti quanto vani tentativi di Parigi e Belgrado per stretto avvicinamento bulgaro-serbo.

392

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VARSAVIA, DE ANGELIS

T. 1100/50. Roma, 30 ap1·ile 1929, ore 24.

Nonostante assicurazioni date da Zaleski a Majoni (telegramma n. 55) (l) e benchè nuovo Gabinetto polacco sia ormai costituito da un pezzo, codesto Governo da dieci giorni non ha più fatto nessuna comunicazione, mentre questa

legazione di Polonia sembra volere insinuare che dilazione dipenderebbe anche dal fatto che codesta R. legazione avrebbe avanzato domanda per sistemazione d'urgenza altri affari minori.

Ritengo pertanto necessario che V. S. veda al 'Più presto -codesto ministro degli Affari Esteri e gli comunichi designazione nostro ambasciatore a Varsavia potrebbe subire ritardo se non si riuscisse ad ottenere soluzione principali questioni allo studio già da qualche mese e comprese nel promemoria recentemente rimesso da Majoni a Zaleski. Resta inteso che altre questioni di minore importanza vanno lasciate al di fuori dell'attuale discussione. Codesto Governo deve rendersi conto che è bene togliere dal terreno delle relazioni itala-polacche qualsiasi ragione di contrasto prima di addivenire ad un atto d'importanza politica così notevole come l'elevazione ad ambasciata delle rispettive rappresentanze.

V. S. dovrà far comprendere che qualora pervenisse risposta nel senso desiderato dal R. Governo ambasciata a Varsavia sarebbe istituita immediatamente; se ciò non potesse peraltro avvenire nei primi giorni di maggio, rimarrebbe fatalmente rimandata visita di S. E. Grandi giacchè non potrebbe sottosegretario di stato recarsi costà quando fosse vacante la R. rappresentanza.

Per sua personale informazione e norma aggiungo che questo ministero sta attualmente studiando con questa legazione di Polonia (la quale agisce di sua iniziativa ed a titolo personale) delle soluzioni delle diverse questioni da proporre al Governo polacco per parte della sua stessa legazione.

Quindi, fino a mie nuove istruzioni, Ella dovrà astenersi da ulteriori trattative costì del merito delle singole questioni in sospeso (1).

(l) T. 1889/55 del 16 aprile, che non si pubblica.

393

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AI DIRETTORI DEL POPOLO D'ITALIA, A. MUSSOLINI, DELLA STAMPA, MALAPARTE, E DEL CORRIERE DELLA SERA, MAFFII

T. (P. R.) 6335. Roma, 30 aprile 1929, ore 24.

Domani partirò per breve viaggio Budapest e prossimamente Varsavia. Pregoti caldamente disporre perchè cronaca viaggio sia strettamente limitata comunicati che verranno diramati Stefani. È mio assoluto desiderio che nessun'altra notizia sia riprodotta all'infuori di quella Stefani. Ringraziati affettuosamente.

(l) Il malcontento nei confronti del Governo di Varsavia era dovuto alla mancata soluzione di questioni economiche fra i due paesi.

394

PROMEMORIA DEL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, PER IL DIRETTORE DEGLI ITALIANI ALL'ESTERO, LOJACONO

CoNFIDENZIALE 223666/772. Roma, 30 aprile 1929.

A promemoria 22 aprile n. 20134/1329.

Nel restituire, qui accluso, il rapporto 11 aprile n. 928/329, della R Legazione in Budapest, la Direzione Generale Europa e Levante conviene senz'altro con quella degli Italiani all'Estero nel rilevare le gravi difficoltà esistenti contro l'accoglimento della richiesta ungherese per fornitura di apparecchi Caproni armati, o .comunque visibilmente destinati all'Aviazione militare, ma tuttavia ritiene, beninteso sotto riserva dell'approvazione superiore, che ragioni di opportunità politica giustifichino al riguardo un parere in massima favorevole.

Soltanto bisognerebbe restringere al minimo le probabilità di complicazioni internazionali, accettando la seconda soluzione proposta dal R. Addetto Militare con la relazione annessa al rapporto surriferito.

Salvo insuperabili difficoltà tecniche (il cui esame esula dalla competenza della Direzione Generale scrivente), parrebbe inoltre consigliabile di sopprimere non solo le armi, ma anche tutte le sistemazioni che appaiano evidentemente predisposte per ricevere sia le armi, sia gli apparecchi militari. All'uopo gioverebbe apprezzare la possibilità di fare in modo che dette sistemazioni od il collocamento finale delle armi e dP.gli apparecchi militari potessero effettuarsi in un secondo momento ed in Ungheria, dove del resto si ha motivo di credere che non manchino le installazioni occorrenti alla bisogna.

395

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2104/209. Atene, lo maggio 1929, ore 21,40 (per. ore 22,50).

Stampa di Atene si occupa diffusamente della visita di Russdi bey a Roma, interessandosi specialmente degli importanti riflessi che essa potrà avere sui rapporti greco-turchi.

Tutti i giornali hanno pubblicato le dichiarazioni fatte dal ministro turco

degli affari esteri ai rappresentanti della stampa estera costà, accompagnandole

con commenti che essi dichiarano dovere naturalmente essere favorevoli; non

manca però una certa punta di scetticismo, più spiccata nei fogli di opposi

zione con carattere alquanto ironico per la politica di Venizelos che questa

parte della stampa locale tenta anche nell'attuale circostanza di mettere in

delicata situazione.

Per ciò che concerne gli ambienti ufficiali, tanto Venizelos che Carapanos mi hanno espresso serenamente loro convinzione che l'atteggiamento di sincera cordialità dimostrato sempre dal Governo turco, si sarebbe manifestato anche nella presente favorevole occasione col caldeggiare soluzione più equa delle questioni pendenti tra Grecia e Turchia in modo da facilitare poi l'auspicata intesa tra i due paesi.

396

IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AL MINISTRO A VIENNA, AURITI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, PETRUCCI

T. PER CORRIERE 1103. Roma, 1° maggio 1929.

Il R. ministro a Sofia telegrafa in data 30 aprile: (come da tel. in arrivo

n. 2088/105) (1).

(Per Vienna) Quanto sopra anche per riservata norma di prudente condotta di Mazzotti a proposito degli approcci dei fuorusciti agrari bulgari di cui al suo telespresso 649 del 25 marzo (2).

397

IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, E AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

T. (P. R.) PER CORRIERE 4571. Roma, Io maggto 1929.

(Per Colonie, Londra, Parigi). Questo ministero ha telegrafato al R. ministro in Addis Abeba quanto segue:

(Per tutti). Telespresso ministeriale del 16 marzo scorso n. 13674.

Alla nota verbale direttale da questo ministero ambasciata di Inghilterra ha risposto che Governo Londra ritiene opportuno di fare un ultimo tentativo per indurre Negus inviare suoi rappresentanti proposta conferenza armi e che soltanto in caso di insuccesso potrebbe essere presa in considerazione nostra proposta di una preliminare conferenza a tre. Governo francese ha già accolto richiesta inglese di associarsi nuovo passo collettivo presso codesto Governo per sollecitare risposta nota 24 novembre.

Prego V. S. concertarsi con suoi colleghi Inghilterra e Francia per presentazione nuova nota collettiva che sarà bene ella si adoperi sia redatta in forma tale da non urtare suscettibilità Negus.

(l) -Cfr. n. 391. (2) -Cfr. n. 340.
398

PROMEMORIA DEL CAPO DELL'UFFICIO III EUROPA E LEVANTE, DE MARSANICH

Roma, 29 aprile-1° maggio 1929.

Conforme alle istruzioni, ho ricevuto il signor Rafael Spann, accreditato dal sig. Pfrimer (l) e che ha consentito a farmi quelle dichiarazioni già destinate, secondo il suo primo proposito, alla stessa persona di S. E. il Capo del Governo.

Afferma il sig. Spann che esiste un netto contrasto fra le tendenze Steidle e Pfrimer nella organizzazione della Heimatschutzbunde. Steidle ed i tirolesi suoi seguaci sarebbero strettamente collegati agli elementi democratici e massonici, anche a causa degli appoggi finanziari della plutocrazia austriaca ed ebraica. Pfrimer ed il suo gruppo, carinziano e stiriano, avrebbe spiccato carattere fascista e porrebbe a base di un futuro ordinamento statale il sistema corporativo. Al dott. Steidle • Ersterbundesfiihrer •, è ligia l'organizzazione militare capitanata dal gen. Pabst: il gen. Hulgerth è invece guida fidata, nei riguardi militari, alle organizzazioni carinziane e stiriane del sig. Pfrimer

• Zweiterbundesfiihrer •, ma alla testa del gruppo più forte e deliberato.

Persuaso di nulla poter fare d'accordo col tirolese e democratico Steidle, il sig. Pfrimer è deciso di tentare un colpo di Stato, entro il più breve termine e forse per il 1° maggio p. v. Dispone di 30.000 uomini con discreto armamento, pronti ad entrare in azione, oltre 15.000 di riserva. Conta sulle simpatie dei g.endarmi e della polizia, mentre l'esercito regolare (nei gradi inferiori ai Generali) sarebbe pronto a schierarsi per lui.

Lo Spann, a nome del signor Pfrimer, chiede all'Italia, beninteso in aggiunta ad un generico appoggio morale

a) buoni uffici presso l'Ungheria, affinchè non profitti della crisi per tentare colpi di mano sul Burgenland. Crede il sig. Spann che al fallimento dell'azione Pfrimer seguirebbe in Austria un regime bolscevico, da cui Ungheria ed Italia nulla avrebbero da guadagnare

b) protezione della valuta. Non sarebbe nell'interesse di nessuno provocare un nuovo crollo della valuta austriaca: la Banca d'Italia dovrebbe per suo conto adoperarsi per sostenere detta valuta contro eventuali attacchi della speculazione.

Egli è stato autorizzato a dichiarare ufficialmente che per un Governo della Heimatschutz fascista non esisterebbe una questione sudtirolese. Esso contenterebbesi soltanto di qualche • gesto culturale • destinato più che altro ad eliminare difficoltà interne del nuovo regime.

Per l'Anschluss, detto regime si accontenterebbe di • accantonare • il problema in attesa di una soluzione avvenire. Infine, si conterebbe per un pronto riconoscimento del futuro Governo da parte dell'Italia.

Data l'urgenza, il sig. Spann gradirebbe affidamenti possibilmente immediati circa le intenzioni del R. Governo. Mi sono limitato ad ascoltare senza manifestare apprezzamenti di sorta e solo cercando di far chiarire al sig. Spann, nel miglior modo, il suo pensiero.

Ne ho riportata l'impressione generale che, a parte lo zelo per una azione immediata, le idee del mio giovane interlocutore fossero piuttosto vaghe e senza troppa consistenza nel contenuto pratico. Larghe intenzioni, nel desiderio vivissimo di un nostro appoggio; salvo esaminarne l'adempimento dopo i fatti compiuti. Particolare insistenza sul carattere fascista del movimento, ciò che, a parere del sig. Spann, dovrebbe legittimare senz'altro ogni fiduciosa simpatia da parte nostra.

Suo recapito in Roma è via Lazio 26, 3° piano, presso Schmidt.

P. S. -Secondo istruzioni ricevute ho significato al signor Spann che il

R. Governo pur seguendo con simpatia, non intende e non può prendere parte attiva in questioni di carattere così delicato.

(l) Con lettera in data Vienna 10 aprile. Spann si recò da Gentile, che il 15 aprile lo indirizzò a Sebastiani per un'eventuale udienza di Mussolini.

399

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, PETRUCCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 2140/1086. Belgrado, 1° maggio 1929.

Questo ministro di Ungheria in un suo colloquio avuto oggi mi ha confermato preoccupazioni per il programma politico che starebbe svolgendo la Germania in Jugoslavia e Rumania, e che avrebbe lo scopo di rinforzare la loro compagine statale mediante un leale comportamento delle forti minoranze tedesche, ivi stabilite, le quali si contenterebbero di concessioni di carattere culturale. Secondo il barone Forster, questo programma, che in particolar modo questo ministro di Germania Koester starebbe perseguendo con grande attività, nel mentre tenderebbe a togliere all'Ungheria qualsiasi speranza revisionista dei trattati di pace, permetterebbe alla Germania di riprendere il suo programma di espansione economica verso la Turchia a cui si collegherebbe la recente visita a Berlino del ministro degli esteri turco Rouchdy.

400

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 1678/960. Vienna, 1° maggio 1929.

A proposito della notizia, pubblicata dal Berliner Tageblatt, che l'ex-maggiore dell'esercito germanico Pabst, capo militare delle Heimwehren, sia sussidiato oltre che da privati anche da fondi ufficiali germanici, le Wiene1· Neueste Nachrichten in un dispaccio da Berlino informano che le competenti autorità berlinesi dichiarano categoricamente essere tale notizia assolutamente infondata. Il Maggiore Pabst non ha ricevuto da fonte ufficiale tedesca nessun genere di sussidi (1).

401

IL CONSOLE GENERALE A MONACO DI BAVIERA, SUMMONTE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 2049/139. Monaco di Baviera, 1° maggio 1929 (per. l'B).

Com'è noto all'E. V. fra giorni avrà inizio a Monaco il processo intentato da Adolfo Hitler contro la socialista Munchener Post il popolare Bayerischer Kurier ed il signor von Grafe, ex deputato populista al Reichstag, querelati per aver propalato a voce e per iscritto la dicerìa che esso Hitler ed il partito nazionalsocialista siano stati pagati per sostenere la politica del Regime in Alto Adige.

Fra i testimoni citati dalla difesa degli accusati (vale a dire dal Grafe e dai redattori responsabili della Munchener Post e del Bayerischer Kurier) figura anche il Dr. Roberto de Fiori dell'ufficio stampa di questo R. Consolato (2). Credendo preferibile non comparire al processo il dr. de Fiori mi ha chiesto l'autorizzazione di assentarsi e di inviare poi, dall'Italia, un certificato medico comprovante l'impossibilità -per ragioni di salute -di trovarsi presente all'udienza fissata per il 6 corrente.

Di contrario avviso ho prescritto al de Fiori di non allontanarsi da Monaco e di tenersi invece a completa disposizione della giustizia e se interrogato dichiarare, secondo la verità, che mai il R. Governo ha avuto rapporti -di nessun genere -con Adolfo Hitler e col suo partito. Il R. Ambasciatore, da me informato, ha approvato il mio operato.

Terrò dettagliatamente informata l'E. V. del corso che avrà il processo.

402

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 2119/121. Asmara, 2 maggio 1929, ore 21,40 (pe1·. ore 1,45 del 3).

Telespresso di V. E. 215633/21 del 21 marzo scorso.

Devo segnalare a V. E. azione graduale per ripristino stato di fatto in conformità dello stato di diritto nel confine • Adiabo • sta sollevando serie preoccupazioni Negus poichè ripetute notizie qui inviate dal Ras Seium circa nostre pretese • occupazioni • vengono sfruttate dai suoi nemici che vanno dicendo:

• -ecco primi frutti amicizia italiana: Negus ha venduto nostro territorio •. Negus pure rendendosi perfettamente conto situazione m'intrattiene spesso dell'argomento come pure fa quasi settimanalmente ministro degli Affari Esteri entrambi ripetendo sarebbe nel comune interesse addivenire delimitazione. Negus mi ha diretto al riguardo un'altra nota scritta in data 6 marzo scorso, rinnovando richieste delimitazione e dicendo che delegazione etiopica sarebbe pronta. In conformità linea di condotta indicatami ho continuato con le risposte evasive, ma ora temo che perdurando attuale stato di cose questione possa inasprirsi con ripercussioni poco desiderabili sui rapporti itala-etiopici che continuano essere ottimi. V. E. ricorderà che io ho sostenuto opportunità dilazionare delimitazione generale richiesta e l'E. V. ha consentito in questo modo di vedere. Tuttavia mia linea di condotta partiva dal presupposto che lo stato di fatto corrispondesse a quello di diritto come felicemente è stato adottato alla frontiera somala ma non è purtroppo il caso sul tratto di confine • A diabo •. Per quanto precede, dato anche che tale sarebbe in realtà desiderio governatore dell'Eritrea, mi sembrerebbe ora preferibile una situazione netta e che si addìvenisse alla delimitazione per quel solo tratto di frontiera, approfittando buone disposizioni del Negus e sua comprensione che avrò occasione ben predisporre in questi giorni avendomi egli chiesto esporgli con le carte alla mano situazione • -Adiabo • in un colloquio personale. La questione è chiaramente esposta nel rapporto governatore dell'Eritrea cui si riferisce telespresso di V. E., tuttavia sarebbe opportuno farne oggetto scambio di idee costì in presenza del governatore dell'Eritrea e mia. Mentre segnalo fin da ora opportunità che eventuale presidenza nostra commissione venga affidata al conte Colli il quale oltre a conoscenza personale luoghi ritengo sia unica persona vivente che abbia partecipato trattative 1922 Addis Abeba e che potrebbe così supplire avvenuta perdita importante documento Ciccodicola lamentato da S. E. Zoli e che finora non ho potuto ritrovar questi archivi. Come pure dovrebbe farne parte cavalier Cerullì. Sarei grato a V. E. se vorrà farmi conoscere telegraficamente sue istruzioni.
(l) -Cfr. p. 387, nota l. (2) -Un colloquio fra Hitler e il sen. Tolomei, avvenuto a Monaco di Baviera il 15 agosto1928, si era svolto in casa del De Fiori, che ne aveva steso una relazione.
403

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 2592/1485. Parigi, 2 maggio 1929.

Io non vorrei dare a V. E. sensazioni esagerate, scrivendo, come scrivo, sotto l'impressione di fatti singoli, minuti, che non posso controllare personalmente: ma credo sia meglio che Ella li conosca e, senza farne motivo di impressione definitiva, abbia la sensazione delle sezioni atomiche che concorrono a caratterizzare e formare la situazione generale.

De Beaumarchais si lagnava meco (mio rapporto n. 2312/1339 del 18 corrente) (1), giorni sono della stampa Italiana la quale divulga, e mostra di gioire

nel divulgare, ogni fatto che colpisce la dignità morale della Francia, e particolareggia su tutti i misfatti, su tutti gli scandali della cloaca parigina che vive, e con quale attività, accanto alla vita sana, intellettuale, patriottica dei buoni francesi e dei buoni stranieri parigini. Non posso dare torto al mio collega; noi cadiamo anche in questo caso nell'eccesso: non siamo in equilibrio, nel giusto mezzo: siamo od all'A, od alla Z dell'alfabeto. Ma egli non si rende, come tanti suoi concittadini, conto della situazione creata da quelle sezioni della borghesia politicante Francese che per mancanza di senso morale combinata con necessità materiali della vita o con avidità di danaro, sfrutta l'idealistico 89 per asservirsi finanziariamente a interessi stranieri; apre le porte della ospitalità parigina a stranieri moralmente indesiderabili in qualunque nazione. Egli non realizza quanto tutto ciò danneggia la vita politica della Francia: così come non si rende conto del danno che lo sciovinismo francese crea alla Francia, specialmente nelle sue relazioni con l'Italia.

Se nel campo della politica estera coll'Italia queste malsanità francesi si esplicano nel cercare di ostacolare, denigrare l'azione estera Italiana, e particolarmente nel cercare di porre il vicino latino tra due pressioni coincidenti e cooperanti (resta poi a vedere in quale tragico imbarazzo .si troverebbe la Francia se la Jugoslavia la ponesse nel bivio di effettivamente decidersi all'azione tra essa e l'Italia) nel campo della vita interna francese esse esplicano attualmente molta attività nell'azione snazionalizzatrice degli Italiani. Purtroppo è reale il fatto che l'Italiano si lascia assimilare dal Francese più facilmente dello spagnolo, del polacco, del serbo e di ogni altro emigrante. È pure vero che nessun lavoratore straniero dà alla Francia quell'apporto effettivo che le dà il lavoratore Italiano. La Francia sente che è cominciato il nostro lavoro a difesa ed a rafforzamento della nostra nazionalità: sente che è attiva l'azione per portare l'educazione patria degli Italiani in Francia al punto da non snazionalizzarsi più o da snazionalizzarsi coscientemente, ossia solo per casi eccezionali e senza rinunciare al pensiero, alla vita famigliare, alla educazione Italiana. La Francia è quindi in via di accrescere la sua attività, le sue arti, le sue pressioni per snazionalizzare gli Italiani che emigrano qui, attratti da situazioni di vita che in realtà sono attraenti, da facilità di impiego che in realtà sono o sembrano maggiori che in patria; Italiani che, una volta qui in un ambiente così esteriormente simile al nostro, così ad esso vicino per clima, per storia, per forma mentale, per abitudini da giustificare ai due paesi la qualifica di «sorelle latine», cedono facilmente, ma il più delle volte leggermente, alle forze assimilatrici esercitate su di loro.

Alle preesistenti forze assimilatrici sopra accennate se ne aggiunge oggi una potente assai: quella del clero. E se io ne scrivo ora a V. E. si è appunto perchè ho avuto oggi la sensazione che questa forza è entrata in pieno in azione, e che è necessario V. E. ed il R. Governo lo sappiano. La conciliazione dell'Italia col Vaticano ha profondamente colpito i Francesi; di tutte le classi. Sono poche le menti superiori che hanno giudicato l'evento superiormente: tutti gli altri hanno fatto il ragionamento che è il comune denominatore col quale la borghesia francese, e quasi tutta la Francia, saggiano tutti

gli avvenimenti: • quale vantaggio, quale guadagno per la Francia? •. La risposta è stata: • non solo nessun vantaggio ma doppia perdita, diretta ed indiretta •. Il clero francese, che è caratteristicamente politicamente combattivo, partigiano ne ha preso ragione di avversare l'Italiano ed oggi concorre insieme agli strumenti indiretti dell'autorità civile e dell'attività privata alla pressione snazionalizzatrice degli Italiani: di quei fratelli di religione in cui al disopra della fratellanza cristiana si vedono degli avversari.

Il sacerdote Missionario Don Baldini subito dopo 1'11 febbraio 1929 ha iniziato la messa Italiana, la domenica, alla Chiesa degli stranieri in Parigi. Collateralmente vi ha iniziato una riunione settimanale per il catechismo ai bambini Italiani, e lo ha annunziato dall'altare insistendo nel dichiarare che, ben inteso, non si vuole sottrarre nessuno al Catechismo della parrocchia, ma soltanto dare ai bambini Italiani un'occasione per imparare anche in Italiano il catechismo. Ebbene; si è inteso dire dall'Autorità ecclesiastica francese che i bambini Italiani non hanno bisogno di tale azione istruttiva; o ritornare in patria, o, se stanno qui, imparare il catechismo solo in Francese.

L'episodio è caratteristico, e lo racconto per illuminare praticamente, a fatti, la situazione vera, quella che domina tutti quei fatti esterni in contrario senso che noi responsabili della situazione !taio-Francese presente ed avvenire creiamo per correggere queste correnti sciovine [sic] pericolose e per tenere gli spiriti in sano equilibrio.

Quale la conclusione di questa mia relazione? Essa è:

l) che la situazione tra i due popoli non si rischiara ancora, ma può complicarsi di più, pel moto ascendentale che storicamente domina l'uno, e per quello non dico discendentale ma limitato che domina l'altro;

2) che la mossa nostra nel campo del rafforzamento patriottico dei nostri, la nuova situazione creata 1'11 febbraio 1929 nel campo Italiano dei rapporti tra Stato e Religione vengono ad accrescere. la delicatezza e la possibile tensione della situazione.

Come superare queste difficoltà? Con accresciuta ma risoluta pazienza da parte nostra; e con quella azione cortese ma decisa sempre corretta di sostanza e di forma, che avvalorano agli occhi di tutti il senso deila giustizia della causa nostra. Praticamente, per quel che concerne il Clero, converrà intrattenerne l'Autorità ecclesiastica la quale ben conosce psicologicamente il Clero Gallico; per quanto concerne il campo emigratorio conviene limitare il più che la situazione permette il consenso d'espatrio agli emigranti che hanno, od ai quali è stato svegliato prima di varcare il confine, il sentimento patrio. Quanto a quelli che sono già oltre confine conviene continuare ad agire su di essi il più efficacemente possibile. All'Autorità superiore francese conviene dire chiaramente, come ho fatto già e come faccio ad ogni buona occasione, che noi, nei limiti del rispetto alle leggi locali, nelle forme dovute e rispecchianti la nobiltà e la giustezza della nostra azione, intendiamo difendere il nostro sangue da un'azione di snazionalizzazione e di assimilazione che ha tanto di legale nel codice delle leggi Francesi quanto di illegale o di offendente in quello della comitas gentium.

(l) Cfr. n. 374.

404

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALLE AMBASCIATE E LEGAZIONI ALL'ESTERO

T. 1118. Roma, 3 maggio 1929.

È opportuno far risaltare negli ambienti politici e religiosi spirito di somma equità della nuova legge sul libero esercizio dei culti non cattolici. Questo specialmente deve farsi nel mondo anglo-sassone ed israelita. La nuova legge rappresenta un grande progresso come è stato riconosciuto dai capi italiani dei protestanti, dei valdesi, degli israeliti.

405

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 2136/126. Addis Abeba, 3 maggio 1929, ore 19 (per. ore 6,25 del 4).

Mi riferisco ai miei telegrammi 121 (l) e 125 (2).

A conferma che io non lascio inasprire questioni, riferisco che ieri Negus mi ha intrattenuto di un incidente che mi disse averlo turbato profondamente. Ecco di che si tratta: nel febbraio u. s. governatore dell'Eritrea mi informò che fitaurari Galu vecchissimo e notissimo ·capo dell'« Adiabo • che tante noie ci aveva recato al confine si era sottomesso il dieci gennaio con undici persone della sua famiglia alle nostre autorità, che avevano accettato tale sottomissione, essendo detto fitaurari nativo colonia Eritrea. Dopo qualche tempo ministro Affari Esteri nel comunicarmi uno dei tanti incidenti su quel confine aggiungeva risultargli che il fitaurari era stato catturato con la forza dai nostri soldati. Mi affrettavo allora respingere energicamente tale accusa inviando anche copia atto sottomissione sottoscritto da quattro testimoni. Senonchè ieri Negus nel parlare questione confine • Adiabo • (mi chiese se saremmo stati pronti iniziare lavori primo giugno) ritornò sull'incidente esprimendo suo vivo rincres'Cimento che .governatore dell'Eritrea avesse accettato senz'altro sottomissione di un capo che da settanta anni era stato dipendente capo etiopico mentre il Governo etiopico aveva favorito ricerche figlio ex sultano Migiurtini offrendo anche consegnarcelo.

Fin qui devo riconoscere che Ras Tafari ha ragione e dati rapporti amichevoli esistenti sarebbe stato preferibile governatore dell'Eritrea avesse consultato R. Governo e R. legazione prima accettare sottomissione. Tuttavia avendo Ras Tafari ripetuta e fatta sua accusa cattura chiedendo fitaurari fosse fatto venire Addis Abeba per essere interrogato, ho naturalmente rifiutato protestando energicamente contro una accusa di cui non si forniva alcuna prova e

rifiutando discussione su quella base. Devo naturalmente riferire che Ras Tafari si è mostrato veramente adirato dell'accaduto che mi disse sarebbe stato anche risentito da tutti i suoi capi.

Confermo perciò opportunità pronta definizione operato confine settentrionale ed evitare spiacevoli incidenti proprio nel momento in cui animo Negus dovrebbe essere invece disposto accogliere varie nostre importanti domande.

(l) -Cfr. n. 402. (2) -T. 21.39/125 del giorno 3, che non si pubblica.
406

IL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 2864. Roma, 3 maggio 1929.

Comunico a codesto R. ministero l'unito telegramma di S. E. Zoli relativo -nei primi quattro punti -all'intervento presso l'Imam Jahia per la risoluzione della vertenza anglo-yemenita (1). Tralascio di pronunziarmi in merito a quanto espone S. E. Zoli nel punto 4°, trattandosi di questione di politica generale che esula dalla mia competenza: e resto in attesa di conoscere le determinazioni di codesto R. ministero al riguardo.

Per quanto è detto nel punto 5° del telegramma comunico che ho già risposto a S. E. Zoli approvando la linea di condotta da lui seguita.

407

IL CAPO DELL'UFFICIO ALBANIA, LOJACONO, AL MINISTRO A VIENNA, AURITI

TELESPR. RR. 222641/380. Roma, 4 maggio 1929.

Suo telespresso 1119/649 del 26 marzo u. s. (2).

Per Mazzotti. N o n è opportuno che il R. ministero si mescoli nelle cose interne del Partito agrario bulgaro in forma sia d'intervento morale che di intervento finanziario.

• 4• -A mio subordinato avviso di quanto è argomento dei miei citati 2492 e 2656 e primo punto del presente, sembrerebbe opportuno che noi facessimo oggetto di una coonunicazione a Londra. Effettivamente noi abbiamo pienamente aderito al desiderio espresso dal residente Aden di un nostro intervento presso Imam ed abbiamo sinceramente e lealmente fatto quanto stava in noi per facilitare un componimento amichevole degli attriti fra Inghilterra e Yemen. Conseguenza del nostro passo che, come V. E. sa, data chiusa e diffidante mentalità yemenita, era assai rischioso per nostra stessa influenza, supera mia stessa aspettazione: non è dubbio che oggi, se politica Residenza Aden verso Imam continuerà essere leale e saprà sfruttare buon momento, noi abbiamo messo Inghilterra in grado di poter consolidare pacificamente sua occupazione Protettorato Aden e togliersi dal tallone questaspina della ostilità dello Yemen. Registrare questa partita di credito nel nostro conto corrente coll'Inghilterra, mi sembrerebbe particolarmente opportuno da un duplice punto di vista: a) perchè ci toglierebbe ogni responsabilità nel caso, per quanto poco probabile, che una cervellotica politica da parte della Residenza Aden compromettesse in avvenire attuale situazione favorevole; b) perchè sarebbe utile marcare questo servizio disinteressato e con nostro rischio reale reso alla Inghilterra e che presto o tardi potrebbe valerci nell'esame di altre questioni pendenti con quella Potenza •·

Se i dissidenti agrarii di sinistra lo vogliono, possono facilmente avvicinare il Gen. Wolkoff senza che noi ce ne occupiamo. Viceversa, ci interessa moltissimo di essere informati sul seguito ·di questi progetti.

(l) Del telegramma Zoli, in data 30 aprile, si pubblica solo il punto 4•:

(2) Cfr. n. 340.

408

PROMEMORIA PER IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

... (l)

l) Dopo quanto fu detto a Roma da S. E. Musso lini all'Arciduca Giuseppe, le sfere politiche militari dirigenti ungheresi (per le quali la • strapponata • è stata efficace) vogliono fare qualche cosa per dimostrarci che anche in questo campo esse intendono appoggiarsi all'Italia.

A tale scopo gioverà:

a) predisporre e curare la visita che farà in Italia prossimamente il generale, direttore d'artiglieria, e un ufficiale superiore tecnico, i quali esporranno i desideri e i bisogni dell'esercito ungherese, in fatto di armamenti, e dovranno poi visitare gli Stabilimenti e materiali che saranno loro consigliati. Se si otterrà di attirare l'Ungheria nella nostra sfera d'influenza per questioni di armamento, avremo fatto un notevole passo nell'interesse dei rapporti dei due Paesi e nei riguardi della dipendenza dell'Ungheria dall'Italia (foglio 155 del 15 aprile);

b) curare la visita dei generali Janky e Roder, sì che questa lasci un'ottima impressione. A tale visita desidera prendere parte anche il noto onorevole Giulio Gi:imbi:is, Sottosegretario politico al Ministero della Difesa Nazionale. Non è improbabile egli abbia in animo di proporre o accennare la possibilità di qualche accordo di carattere militare.

2) Risolvere sollecitamente la questione particolare dell'invio di due ufficiali ungheresi in Italia (foglio 114 Ris.mo del 26 marzo 1929 che non ha più avuto risposta).

3) Esaminare la possibilità di vendita al Governo ungherese di N. 4 M.S.A. pei quali invierò in seguito un rapporto appena esaminata particolarmente la questione.

4) Esaminare con molta benevolenza l'invio dei due apparecchi Caproni (2) acquistati dal Governo ungherese, accompagnandolo e mascherandolo con un raid di qualche apparecchio per prendere parte ad una riunione aviatoria in settembre (fogli 155 e 180 rispettivamente del 15 e del 29 aprile).

5) Il Comitato d'organizzazione del Concorso Ippico Internazionale che avrà luogo a Budapest nella 2• quindicina di giugno, ed il Ministero della Difesa Nazionale ungherese -ai quali ho comunicato che l'Italia non poteva partecipare essendo impegnata altrove -mi hanno pregato di far noto il loro vivo ed insistente desiderio di avere per tale epoca almeno una minima rappresentanza di nostri ufficiali.

30 -DocC<menti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

(l) -Il promemoria è evidentemente dell'addetto militare a Budapest, Oxilia, e dovette essere redatto in occasione della visita di Grandi in quella capitale il 2-5 maggio 1929. Sui colloqui di Grandi in tale occasione si è trovato solo il doc. ed. a p. 441, nota 2. (2) -Cfr. n. 394.
409

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2192. Berlino, 7 maggio 1929, ore 14,55 (per. ore 15,55).

Vorwiirts, Vossische Zeitung, Berliner Tagesblatt, portano resoconti più

o meno ampi del processo Hitler a Monaco di Baviera. Vorwiirts che dà al resoconto molto minore spazio degli altri due giornali intitola: • Ebbrezza Mussoliniana di Hitler •.

Vossische Zeitung intitola • Percepisce Hitler denaro italiano? •. Mette tra altro in rilievo che un addetto italiémo sarebbe stato al quartiere generale di Hitler all'epoca del colpo di mano del 1923; che imputato Graefe addetto ambasciata di Germania a Roma era al corrente rapporti finanziari tra Italia e Hitler. Graefe ha chiesto Neurath sia citato come testimonio.

Berliner Tagesblatt intitola: • Fra le quinte del movimento nazionalista •. Mette in luce passo dichiarazioni Hitler che avrebbe affermato voler rinunziare Alto Adige affinchè Germania potesse riuscire coll'aiuto italiano riconquistare potenza militare. Ambedue organi democratici mettono rilievo affermazione di un testimonio secondo il quale Hitler ha raccontato che più volte è stato invitato da Mussolini recarsi Italia, ma ha dovuto rinunziare viaggio per mancanza mezzi adeguati di rappresentanza.

410

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI

T. (P. R.) PER CORRIERE 4793. Roma, 7 maggio 1929, o1·e 20.

Faccia sapere ai responsabili che la conferenza internazionale antifascista (l) ci lascia indifferenti, ma non è la più indicata per migliorare i rapporti francoitaliani (2).

Manzoni riferiva con t. posta 3610/2053 del 24 giugno: l'ambasciata si sforza di mosirare al Ministero dell'Interno francese come l'azione dei fuorusciti, in particolare di Nenni, sia contraria agli interessi francesi, in quanto auspica la revisione dei trattati. Manzoni alludeva all'art. cit. • L'esempio •, • dove, a proposito del Congresso di Lione della lega Italiana dei Diritti dell'Uomo, la Concentrazione antifascisia si vantava di lavorare per la revisione dei trattati.; e a un articolo di Nenni nel Soir, • dove il Nenni riferiva di avere intervistato i laburisti inglesi riportandone un responso perentorio per l'evacuazione della Renania •.

(l) -Mussolini si riferiva al primo congresso della Concentrazione antifascisia che si tenne a Parigi il 27-28 aprile (cfr. La Libertà del 5 maggio). (2) -Nei giorni 1-2-3 giugno si tenne a Lione il congresso della Lega Italiana dei Diritti dell'Uomo (LIDU). Cfr. l'articolo di fondo anonimo • L'esempio » nella Libertà del 9 giugno a commento di questo congresso. Nell'articolo si affermava la necessità della revisione dei trattati di pace.
411

IL MINISTRO A PRAGA, VANNUTELLI REY, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 2208/989. Praga, 7 maggio 1929 (per. il 9).

Da fonte sicura vengo ad apprendere che da qualche tempo Benès ha fatto insistenza presso il Governo ellenico per la conclusione di un patto di amicizia.

Secondo il mio informatore l'idea è sorta in lui fin dall'epoca della conclusione dell'analogo istromento fra Italia e Grecia.

Venizelos avrebbe molto indugiato a prendere la cosa in considerazione, ma in questi ultimi giorni in seguito a nuove pressioni di Benès di cui questo ministro di Grecia si è fatto tramite in via riservatissima, avrebbe telegrafato accettando in massima la proposta.

412

IL DIRETTORE GENERALE DELLA PUBBLICA SICUREZZA, BOCCHINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

N. 09260/441 RR. Roma, 7 maggio 1929.

Questo Ministero -in considerazione del ripetersi di fatti criminosi avvenuti nella Venezia Giulia -e fondatamente imputabili ad elementi d'oltre confine che agiscono per mandato e con mezzi di associazioni e sette ben note a cotesto On. Ministero -ha già predisposto ed in gran parte attuato uno speciale servizio di polizia nella zona suddetta col preciso incarico di porre un argine al dilagare della delinquenza politica (1).

Al servizio di nuovo impianto -munito dei necessari mezzi per svolgere il mandato affidatogli nelle condizioni migliori possibili -saranno comunicate a cura di questo Ministero -rapidamente e frequentemente -tutte le notizie ed informazioni che elementi fiduciari raccolgono oltre frontiera, previo coordinamento, cernita e controllo che effettuerà il Ministero scrivente.

I centri di Lubiana, Zagabria e Susak sono, com'è noto a cotesto On. Ministero, particolarmente interessanti per la raccolta di notizie relative all'attività criminosa che si svolge al nostro confine orientale; onde si reputerebbe necessario che quelle RR. Rappresentanze continuassero e -se possibile intensificassero i servizi di osservazione e che -sovratutto -comunicassero, coi mezzi più celeri e direttamente a questo Ministero le notizie raccolte.

La R. Legazione di Belgrado, poi, con periodicità e frequenza, potrebbe -con riconosciuta competenza -armonizzare il lavoro effettuato dai RR. Consolati informando questo Ministero oltre che sui movimenti degli individui

sospetti in genere anche sugli atteggiamenti e sulle tendenze delle varie associazioni politiche palesi ed occulte, che, direttamente o indirettamente, creano incidenti o provocano delitti nella zona di frontiera.

Questo Ministero, in sostanza, desidererebbe stabilire una più intima, efficace ed armonica collaborazione colle RR. Rappresentanze nel Regno S.H.S. allo scopo di porre in grado gli speciali servizi di polizia testè istituiti nella Venezia Giulia di operare con razionale visione degli obiettivi da perseguire e con larga conoscenza della situazione d'oltre frontiera -sia riguardo alle associazioni che alle persone -senza la quale ogni azione di prevenzione o di repressione riescirebbe unilaterale e, quindi, inefficace.

Si gradirà un cortese cenno di riscontro (1).

(l) Un invito in questo senso aveva inviato al ministero dell'Interno il prefetto di Pola con nota del 27 marzo, ed in V. BRATULié, Izbor dokumenata o etniékom sastavu i politickim prilikama Istre, in « Vjesnik Drzavnog Arhiva u Rijeci », IV, Rijeka, 1957, pp. 383-386.

413

APPUNTO DEL CORRISPONDENTE DA VIENNA DEL POPOLO D'ITALIA, MORREALE (2)

Monaco di Baviera, 8 maggio 1929.

Secondo Hitler, le forze organizzate dal suo partito nelle squadre di azione ammontano oggi ad 800.000 uomini in cifra tonda, e si possono calcolare a due milioni i simpatizzanti ed i tesserati che in caso di elezioni darebbero il loro voto al partito nazional-socialista. Circa lo sviluppo successivo dell'organizzazione, Hitler si dimostra molto ottimista: vi contribuiscono, e più ancora vi contribuiranno la crisi economica all'interno e gli insuccessi della politica estera del governo. Il congresso del partito che si inizierà a Norimberga il lo agosto prossimo, farà comprendere alla Germania quanto sia andato aumentando il

-consenso delle masse per il movimento hitleriano.

Gli chieggo che significato si deve attribuire alla denominazione che egli dà al suo partito di c partito dei lavoratori • e mi spiega che con questa indicazione il movimento vuole in primo luogo rivolgersi a tutti i lavoratori, compresi quelli intellettuali; tende ad eliminare il concetto di una lotta alla classe operaia in generale ed a conquistare più facilmente l'elemento borghese che in conseguenza della sconfitta ha dovuto per vivere, dedicarsi ai lavori manuali.

L'antisemitismo del movimento hitleriano non ha un carattere spiccata

mente combattivo: la croce uncinata, che costituisce il simbolo del partito,

vuole essere un ammonimento a diffidare degli ebrei ed a escluderli dall'opera

di ricostruzione nazionale perchè la loro collaborazione, interessata ed interna

zionalistica, costituirebbe un sicuro pericolo per i successi che il partito potrà

conseguire. Del resto, sarebbe inutile nasconder per motivi tattici questa av

versione per gli ebrei i quali non risparmiano attacchi ed ostacoli contro ogni movimento di carattere nazionale: ne è un esempio la campagna che essi conducono contro il partito • tedesco-nazionale • che pure non fa dell'antisemitismo un punto programmatico dichiarato. In avvenire, se il movimento socialistanazionale potrà dettar legge -ed Hitler se ne dimostra sicuro -l'antisemitismo si tradurrà in una limitazione dei diritti civili degli ebrei, partendo dal concetto che questi, prima che tedeschi, si considerano sionisti. In quanto ai massoni, anch'essi sono statutariamente esclusi dal movimento hitleriano.

Le riforme che il socialismo nazionale dovrebbe compiere all'interno si ispirerebbero a questi criteri fondamentali: organizzazione dello Stato in modo da identificarlo con la nazione; abolizione di ogni principio maggioritario e restituzione assoluta della responsabilità personale; educazione delle masse all'esasperato amor della patria e della razza (una forte situazione economica non garantisce di per se stessa l'avvenire di un popolo, bensì un forte nazionalismo può proteggere l'economia e dare al popolo la libertà di esistenza e di sviluppo). In politica estera Hitler parte dalla constatazione che la Francia si opporrà sempre alla indispensabile espansione della Germania e dell'Italia ed è quindi la nemica naturale comune di queste due nazioni, alle quali tocca allearsi per assicurare la propria esistenza ed il proprio sviluppo. La conquista dei mercati e delle zone di espansione ad un popolo in aumento, non si fa coi sentimentalismi e con le chiacchiere, ma con la forza. Da ciò il concetto che non è la questione dell'Alto Adige quella che deve impedire l'alleanza italatedesca. Hitler si dilunga su queste idee con gli argomenti noti del realismo di Bismarck, dell'errore di non aver messo l'Italia in condizioni di porsi nella guerra europea a fianco della Germania, sacrificando senz'altro l'Austria ecc.; da parte mia gli ricordo la dolorosa rinuncia di Cavour alla Savoia ed al Nizzardo, pur di conseguire l'unità italiana.

Interrogato sulla questione dell'Anschluss, Hitler vi si dichiara favorevole. L'Austria è tedesca, egli sostiene, anche se quel terzo della popolazione totale che è raccolto a Vienna è costituito da un miscuglio di tedeschi, ebrei, slavi e di altri elementi. Ma la necessità più urgente di appoggiare l'Anschluss, Hitler la ravvisa sempre in funzione di un'opposizione all'espansione politica francese. Se l'Austria rimane autonoma, essa cercherà di migliorare la sua posizione avvicinandosi ad altre nazioni vicine e [tenderà] ad orientarsi in definitiva verso la Francia che l'appoggia in tale desiderio. È per questo che oggi Vienna minaccia di diventare una succursale sempre più forte della Società delle Nazioni, il centro di un pensiero paneuropeo che opporrà sempre la più forte lotta ad ogni concezione nazionalistica, sia quella dell'Italia fascista, sia quella della Germania razzista (1). A parte la considerazione che una formazione statale composta dall'Austria e da stati vicini che non siano la Germania, finirebbe col venire in conflitto di interessi coll'Italia, è certo che un'Austria autonoma finirà col tendere più verso la Francia che non verso la Germania o l'Italia.

Il carattere cosmopolita di Vienna offre tutte le condizioni favorevoli alla realizzazione di un blocco franco-europeo che, partendo da Parigi e da Bruxelles, dovrebbe per Varsavia, Praga e Vienna giungere alla Jugoslavia. Dall'Austria attuale non si può chiedere che essa comprenda una vera politica nazionale germanica : colla restrizione dei confini si sono ristretti anche gli orizzonti politici dei cittadini di un tale stato ed è per questo che essi si accaniscono nella questione alto-atesina e si interessano alla sorte di 170 o 230.000 tedeschi più che a quella di 70 milioni. Nell'interesse di un'Italia veramente nazionalista e di una confinante Germania, anche essa nazionalista, Hitler si augura che venga tolta dalle mani degli uomini politici francesi un'arma di continui intrighi quale è quella dell'Anschtuss. Del resto Hitler stesso odiò tanto l'Austria asburgica da allontanarsi da essa e combattere durante la guerra europea tra le file germaniche e • se la Germania avesse fatto veramente una politica nazionale, avrebbe piuttosto mandato in pezzi lo Stato austriaco pur di non far schierare l'Italia a fianco degli altri suoi nemici •.

Secondo Hitler, dunque, meglio farebbe l'Italia a dichiarare apertamente di non esser contraria all'annessione austro tedesca a condizione che la Germania dia garanzie alla frontiera.

Faccio osservare ad Hitler che l'Italia non è stata mai tanto contrana

all'annessione quanto la Francia; ·Che, del resto, alle garanzie degli Stati l'Italia

fascista preferisce le garanzie delle nazioni; qualora tutto lo spirito pubblico

fosse in Germania favorevolmente orientato verso l'Italia, allora le eventuali

garanzie dello Stato acquisterebbero ben altro valore e l'opinione pubblica ita

liana potrebbe considerare sotto altra luce la questione dell'Anschtuss.

Hitler mi risponde facendomi notare ancora quanto egli ha fatto per creare

nel popolo la simpatia per Mussolini e per l'Italia fascista e lo sviluppo del

suo movimento non soltanto dimostra che la sua opera non è stata vana, ma

che la possibilità di un diverso orientamento di ben più larghe zone dell'opi

nione pubblica tedesca è possibile. Soggiunge quindi che se dall'Italia si vuole

appoggiare la sua opera non si faccia nulla, in Alto Adige, oltre lo stretto indi

spensabile. Questa raccomandazione, di astenersi da ciò che non è indispen

sabile, Hitler la ripete, velatamente e quasi di passaggio, quando io, subito dopo

passo a chiedere il suo parere a proposito del movimento delle Heimwehren

in Austria. A questo Hitler non accorda, infatti, alcuna fiducia affermando che

è • troppo borghese • e sono troppi i compromessi con cui va avanti perchè

possa aver l'energia e riscuotere i consensi che gli sono necessari.

Impressioni: Hitler è tutt'altro che quel pagliaccio che i suoi avversari

descrivono. L'insistenza con cui egli torna spesso sugli stessi argomenti mi fa

sospettare che in lui la stoffa del • genio • manchi, ma è compensata dalla

tenacia. Parla con passione, è convincente, sa assumere atteggiamenti da ispi

rato e sa interromperli con un'osservazione spiritosa che lo riavvicini di colpo

a chi lo ascolta. Comprendo che è uomo adatto a trascinare le masse ed a fare

scuola: credo quindi nella sua affermazione che, attualmente, i migliori oratori

e propagandisti della Germania si trovano nelle file dei socialisti-nazionali.

(l) -Annotazione marginale di Guariglia: c Dare le istruzioni a Belgrado •. (2) -L'appunto si riferisce ad un colloquio con Hitler, al quale assistette il capo dell'ufficio stampa di quest'ultimo, Rudolf Hess. Annotazione in margine: • Riservato per il signorDirettore •.

(l) Sic, evidentemente per « nazista ».

414

IL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 3057. Roma, 9 maggio 1929.

Ringrazio della comunicazione fattami col telegramma n. 1134 del 4 corrente (l) e trasmetto, qui unito, il telegramma di pari data pervenutomi da

S. E. Zoli (2), in riferimento al telegramma del comm. Cora n. 121 (3).

Come è noto a codesto on. Ministero, la rioccupazione dei piccoli posti tra Gasc e Setit è avvenuta senza provocare incidenti di nessuna sorta e senza nessuna ripercussione oltre confine. A seguito del telespresso di codesto Ministero n. 215634 del 29 marzo (4), venivano infatti impartite istruzioni, nel senso ivi indicato, a S. E. Zoli; e questi, nel telegramma trasmesso col telespresso del 22 aprile n. 2558, dava notizia dell'avvenuta rioccupazione. I piccoli posti nuovamente stabiliti sono quelli stessi che erano stati abbandonati anni fa e che si trovano entro la linea di confine da noi costantemente ritenuta la vera linea di diritto in base alla nota aggiunta del 15 maggio 1902 al trattato italaetiopico del 10 luglio 1900, rimasta anche come linea di fatto per la cennata resistenza di quei piccoli posti.

La richiesta di addivenire alla delimitazione del confine, fatta ora dal Negus Tafari, in seguito al ristabilimento di piccoli posti avvenuto senza alcuna risonanza, lascia sospettare che il Negus abbia qualche altra ragione, oltre quelle generiche accennate nel telegramma del R. ministro Cora, per risailevare la questione.

Codesto R. ministero ha già espresso in varie occasioni l'avviso, nel quale questo ministero ha sempre convenuto, che non sia opportuno di giungere per ora ad una soluzione del problema di delimitazione dei confini con l'Abissinia. E ciò, non tanto per la situazione confinaria dell'Eritrea, che potrebbe fors'anche essere conveniente di risolvere per togliere ogni incertezza, quanto e specialmente per la questione dei confini con la Somalia, la cui soluzione presenta ben maggiori difficoltà.

Ora: si può ragionevolmente supporre che, una volta accettata la proposta del Negus per i confini eritrei, egli non mancherà di avanzare subito dopo l'altra proposta di delimitare anche quelli con la Somalia. È superfluo ch'io ripeta qui le considerazioni per le quali, così codesto, come questo ministero hanno concordemente ritenuto esser contrario al nostro interesse il porre o lasciar porre ora tale questione. Certo si è che, a prescindere anche da altre ragioni, anche soltanto per quest'ultima non appare conveniente, almeno dal punto di vista dell'interesse coloniale, di accogliere ora la proposta del Negus Tafari nei riguardi del confine dell'Adiabo.

Non faccio alcun accenno a ragioni di politica generale poichè esse rientrano nella esclusiva competenza di codesto ministero.

Ciò premesso, ove ,codesto ministero condivida il mio parere sul punto che chiamerò pregiudiziale, sembra a me che sarebbe opportuno di tergiversare col Negus, tentando di guadagnar tempo e di rinviare per ora ogni decisione. Facciamo un po' come sempre ,fanno loro.

Il R. ministro in questa occasione potrebbe -io penso --far presente al Negus Tafari che noi abbiamo semplicemente ricostituito tre posti di confine che avevamo sempre avuto e che solo ultimamente furono ritirati per difficoltà di approvvigionamento; che tutti i nostri posti si trovano entro la linea del confine indicata nella nota aggiunta già citata (confluenza del Meeteb col fiume Setit -confluenza del Mai Ambessa col Mareb).

Nel rapporto di S. E. Zoli n. 2337 del 25 gennaio scorso, comunicato anche al ministro Cara, sono esattamente posti i termini della questione per il tratto di confine non delimitato. Ritengo per ciò inutile di riparlarne qui. Quello che io credo opportuno è che il R. ministro -salvo contrario avviso di codesto

R. ministero -non tralasci di fare intendere al Negus che noi ci troviamo entro la giusta linea di confine.

Per quanto concerne poi l'esame della questione e uno scambio di idee in proposito tra questo, codesto ministero, S. E. Zoli e il ministro Cara, convengo nell'opportunità di tenere un'adunanza a tal fine tra la fine di luglio e i primi di agosto, quando si troveranno in Italia il governatore dell'Eritrea e il commendatore Cara.

Naturalmente, dato che si dovrà tenere tale adunanza, ritengo del tutto prematuro di considerare ora come potrebbe comporsi la commissione di delimitazione, qualora alla delimitazione dovesse giungersi.

Sarò grato a codesto R. ministero se vorrà farmi conoscere le determinazioni che verranno adottate e le istruzioni che saranno impartite al R. ministro in Addis Abeba.

(l) -Ritrasmetteva il n. 402. (2) -Non si pubblica. (3) -Cfr. n. 402. (4) -Cfr. n. 346, col quale veniva comunicato a Cora il telespresso inviato alle Colonie.
415

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2245/142. Vienna, 10 maggio 1929, ore 15,20 (per. ore 18).

Peter mi ha detto ieri sera aver ricevuto una lettera del capitano provinciale del Tirolo Stumpf, con cui questi lo avverte che nel discorso che egli terrà in Innsbruck il 14 corrente per la riapertura del Landtag Tirolese dovrà parlare anche dell'Alto Adige. Mi ha detto altresì che il presidente federale inaugurerà colà una esposizione di costumi di tutto antico Tirolo e quindi anche dell'Alto Adige e che per di più vi è da temere che si pronuncino in quella occasione da qualcuno degli oratori discorsi irredentisti. Ho telegrafato a Ricciardi per avere notizie al riguardo.

Peter mi si è mostrato assai agitato e preoccupato di tutto ciò e delle conseguenze che possono derivarne per le relazioni fra i nostri due paesi che i vari incidenti di queste ultime settimane non hanno certamente rafforzato. Ha detto aver passato una notte insonne e aver già riferito tutto al nuovo cancelliere, facendogli presente le mie numerose e vivaci proteste delle settimane scorse e l'impossibilità di continuare ad andare innanzi in questo modo all'infinito. Non appena finisce una questione ne comincia un'altra e non si vede quando tutto ciò potrà terminare. La cosa lo preoccupava tanto più in quanto nuovo cancelliere già si trova, appena nominato, dinanzi non lievi difficoltà politica interna.

Il borgomastro socialista di Vienna ha proibito corteo in città che la Heimwehr aveva annunziato per domenica prossima mentre questa non intende rinunziarci. La decisione definitiva spetta al Governo e competenti autorità hanno avuto in questi giorni conferenze laboriose con il prefetto ed il borgomastro ecc. per vedere come la grave questione possa essere soddisfacentemente regolata. Peter ha fatto amare scoraggiate riflessioni sulla delicata situazione per la repubblica austriaca, sulle preoccupanti difficoltà di politica estera e interna fra le quali si dibatte, sulla debolezza del Governo, sulla indisciplina dei partiti. Ha conchiuso che egli aveva voluto fin da ora darmi notizia di quanto precede, ma che sperava che la faccenda di Innsbruck avrebbe potuto regolarsi e che si riservava tornare con me sull'argomento. Continua col numero successivo.

416

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2240/143. Vienna, 10 maggio 1929, ore 20 (per. ore 21,55).

Seguito del numero precedente.

Gli ho risposto che delle questioni di politica interna austriaca non potevo discutere. Che circa queste dimostrazioni irredentistiche di Innsbruck mi riservavo pronunciarmi intorno all'esposizione e tornare anche io sull'argomento in relazione sia alla presenza del presidente federale all'inaugurazione sia ai discorsi che vi si fossero tenuti dinanzi a lui. Quanto alle dichiarazioni che Stumpf si proponeva fare, esse erano tanto più inammissibili dopo gli impegni scritti presi da Seipel con V. E. lo scorso anno. Questo nuovo incidente che andava apparendo per quanto mi fosse di vivo rincrescimento non mi meravigliava affatto. Era ormai da dieci mesi e cioè dal mio ritorno in sede che io andavo battendo e ribattendo tutti questi stessi concetti che avevo esposti al passato cancelliere fin dal mio primo colloquio con lui nel luglio scorso e ripetuti poi così a lui come anche a Peter e a quest'ultimo anche pochi giorni fa (mio rapporto n. 947 del 26 aprile) (1). Tali concetti erano che fino a quando

il Governo non si fosse deciso a chiarire pubblicamente la sua posizwne nei nostri riguardi di fronte ai deputati tirolesi al parlamento e a tutta l'opinione pubblica austriaca, fino a quando non avesse separata propria responsabilità da quella degli agitatori riprovando apertamente le loro mene e valendosi di tutte le misure in suo possesso per reprimerle, gli incidenti non avrebbero avuto fine e le nostre relazioni sarebbero andate peggiorando. Dieci mesi di esperienza provavano il fondamento delle mie previsioni. Intanto mentre mi auguravo che il Governo austriaco avrebbe trovato modo di evitare questo nuovo incidente restavo in attesa delle altre sue comunicazioni e mi riservavo agire secondo l'ulteriore svolgimento degli avvenimenti.

(l) Cfr. n. 387.

417

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VARSAVIA, DE ANGELIS

T. 1166/56. Roma, 10 maggio 1929, ore 24.

Suoi telegrammi n. 65 e seguenti (1).

Prego V. S. voler comunicare personalmente al signor Zalewski che, quantunque il R. Governo si sarebbe atteso migliori disposizioni da parte del Governo polacco per la risoluzione delle questioni in sospeso, per fare cosa gradita alla Polonia e per evitare che il ritardo non abbia ad essere male interpretato dai terzi interessati, acconsente a non procrastinare più oltre l'elevazione di codesta legazione al rango di ambasciata. Occorrerà quindi che V. S. fissi subito mediante scambio di note con codesto Governo i punti in cui siamo rimasti d'accordo e che nelle stesse note sia inserita un'opportuna dichiarazione dalla quale risulti che tutte le altre questioni indicate nel promemoria consegnato a questo ministro di Polonia formeranno oggetto di ulteriori trattative. Circa il permesso di importazione delle patate polacche in Italia, bisognerà però che codesto Governo si persuada che questa non è materia negoziabile e quindi o ci verrà concesso l'aumento del contingente degli agrumi senza alcuna condizione, o sarà meglio rinviare la questione alla campagna agrumaria dell'anno venturo.

Quanto al viaggio di S. E. Grandi, V. S. vorrà dire a Zalewski che ormai il tempo è troppo limitato per effettuarlo alla data già concertata, poichè sarebbe indispensabile che giungesse prima costì il R. ambasciatore e che questi avesse modo di installarsi e predisporre quanto necessario. Dato quindi gli impegni del signor Zalewski, sarà meglio che la visita di S. E. Grandi sia rimandata. Tale rinvio non potrà del resto dar luogo a commenti sfavorevoli sui rapporti itala-polacchi poichè la creazione della R. ambasciata costì basterebbe da sola a smentirli.

V. S. domandi gradimento per ambasciatore Martin Franklin.

(l) T. 2129/65-66-67, del 3 maggio, che non si pubblica.

418

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI

T. (P. R.) 4939/140. Roma, 10 maggio 1929, ore 24.

Suo telegramma stampa del 7 maggio (1).

Per sua opportuna informazione ,comunicole che affermazione pretesi inviti del Ca,po del Governo ad Hitler è completamente falsa. Sta di fatto anzi che avendo una volta Hitler espresso desiderio essere ricevuto da S. E. Capo del Governo, gli fu fatto rilevare che incontro non sembrava opportuno.

419

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 1175/159. Roma, 11 maggio 1929, ore 24.

Suo telegramma n. 209 (2).

Effettivamente S. E. il Capo del Governo non ha mancato di approfittare dell'occasione del suo incontro recente ,col ministro turco degli affari esteri per rinnovargli, in modo particolare, premure per una equa e sollecita definizione delle ultime questioni pendenti colla Grecia che tuttavia ostacolano la conclusione di un patto di amicizia greco-turco che venga a completare gli accordi già stretti dai due stati coll'Italia.

Debbo dire che Tewfik Russdi bey si è mostrato animato da disposizioni assai favorevoli e sopratutto desideroso di soddisfare le nostre premure.

V. S. potrà quindi valorizzare eventualmente questa costante sollecitudine del Governo italiano nei riguardi degli interessi che toccano la Grecia.

420

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, KOCH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 57/369. Angora, 12 maggio 1929, ore 14 (per. ore 20).

Questo ministro affari esteri ha voluto darmi diretta notizia della magnifica impressione riportata dal suo viaggio a Roma. Mi ha espresso sua viva soddisfazione per i colloqui avuti con V. E. che mi ha detto essere pienamente condivisa dal Ghazi e da Ismet pascià. Governo turco vede nell'amicizia con

l'Italia la migliore garanzia per il suo programma di pace e di sviluppo interno. Mi ha detto essere rimasto specialmente colpito dal senso di vera fiducia che ispira il linguaggio aperto e atteggiamento franco di V. E. Ha concluso esaltando di nuovo i legami di amicizia fra i due paesi resi ancora più intimi e sinceri dal recente incontro.

(l) -Cfr. n. 409. (2) -Cfr. n. 395.
421

PROMEMORIA DEL CAPO DELL'UFFICIO III EUROP A E LEVANTE, DE MARSANICH

Roma. 14 maggio 1929.

L'Incaricato d'Affari di Ungheria rendesi interprete del desiderio espresso dal suo Governo per ottenere, possibilmente e confidenzialmente, la documentazione della attività criminosa dei • comunisti » oriunasci nel Goriziano, attività che ha avuto il suo epilogo in una recente sentenza del Tribunale speciale per la Difesa dello Stato (1).

Al Governo ungherese tali elementi interesserebbero soprattutto nei riguardi dell'azione spiegata dagli. oriunasci di nazionalità slovena e croata. Ciò per finalità di politica interna ed estera, come pure agli effetti della sicurezza dello Stato; tanto più che, togliendo pretesto dalla vigorosa repressione italiana contro l'Oriuna jugoslava, gli Stati confinanti dell'Ungheria tenterebbero di assimilare a quella dell'Oriuna l'attività del tutto diversa dei • Levente » ungheresi per così coonestare ingiuste persecuzioni a loro carico.

Ho significato al signor Rosty Forgach che la questione non era di mia competenza e che avrei preso nota delle sue comunicazioni telefoniche per riferire (2).

422

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO, E AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

T. 1195. Roma, 15 maggio 1929, ore 11,30.

(Per Colonie). Telegramma posta di V. E. n. 3057 del 9 corrente (3). Ho telegrafato ad Addis Abeba quanto segue:

(Per tutti). Telegrammi di V. S. n. 121 e 126 (4). Governatore Eritrea assicura che occupazione piccoli posti fra Gasc e Setit è avvenuta senza provocare incidenti di nessuna sorta e senza nessuna ripercusione oltre confine e che situazione è da oltre tre mesi statica e naturalmente conforme testo con

venzioni vigenti. In tali condizioni non vi sarebbe da parte nostra nessuna difficoltà addivenire alla delimitazione del solo confine Adiabo ma evidentemente in seguito non potremmo esimerci dall'accettare la delimitazione di tutto il confine con l'Etiopia, cosa a noi non conveniente per la situazione in Somalia. Pertanto sembra del caso che la S. V. spieghi al Negus come le voci che a lui son pervenute siano senza fondamento, come egli potrebbe far verificare da persone di sua fiducia e che R. Governo che vuoi dare forza e sviluppo patto amicizia non potrebbe mai pensare ad azioni contrarie ai trattati. Ministero colonie concorda nel ritenere utile nel prossimo mese di agosto in occasione della venuta in Italia di S. E. Zoli e di V. S. che uno scambio di vedute avvenga su tale questione. Fino a tal epoca non sarà difficile alla S. V. guadagnar tempo e rinviare ogni decisione beninteso senza pregiudizio della soluzione delle questioni pendenti fra cui è urgente quella relativa alla strada Assab Dessié.

(l) -Allude alla sentenza emessa il giorno 11. (2) -Nota marginale di Grandi: « si». (3) -Cfr. n. 414. (4) -Cfr. nn. 402 e 405.
423

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL DELEGATO NEL COMITATO DEGLI ESPERTI PER LE RIPARAZIONI, BROCCHI, A PARIGI

T. 1191. Roma, 15 maggio 1929, ore 12,30.

Suo telegramma n. 644 (1).

S. V. è autorizzata ,consentire a nome del R. Governo facilitazioni alla Grecia secondo raccomandazioni della commissione interalleata di Sofia.

424

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 2315/140. Addis Abeba, 15 maggio 1929, ore 15 (per. ore 23,50).

Mi riferisco al mio telegramma n. 129/132 (2).

Faccio presente che occorre trovare una soluzione per l'incidente Fitaurari Galu. Governatore dell'Eritrea prende la cosa molto alla leggera limitandosi sostenere che il Fitaurari è nato in territorio Eritrea. Ma ciò non toglie che costui venne da piccolo in Etiopia quando noi non eravamo ancora in Eritrea, che è stato investito di un grado dal Governo etiopico, che come capo etiopico è stato da noi riconosciuto, essendo stato fatto venire anni addietro Addis Abeba a richiesta di questa legazione per giustificare sue malefatte verso di noi.

È bensì vero che punto di vista [sic] « Gossona » da lui creato e abitato è indiscutibilmente territorio italiano, qualunque interpretazione che si voglia dare noto trattato, ma dato che villaggio esisteva da sette anni si poteva attendere un momento più opportuno per modificare situazione e soprattutto sottomissione non avrebbe dovuto avvenire senza previa intesa con questa legazione che avrebbe trovato modo renderla possibile. Dato indubitabili malefatte delittuose di questo vecchio brigante alcoolizzato sarebbe stato assai preferibile prendere pretesto dai continui incidenti e razzie per prenderlo a fucilate. Quel genere d'incidenti non hanno avuto finora seguito e si sono sempre risolti in nostro favore.

Avverto confidenzialmente che governatore dell'Eritrea sarebbe anche disposto accettare sottomissione di un capo ribelle al Governo etiopico che travasi in Agame e che avrebbe fatto delle aperture. È mio dovere segnalare all'E. V. pericolo tali sistemi che avranno solo effetto fare rinascere in questo ambiente sospetti che finalmente con tanto sforzo erano stati sopiti e che ci avevano impedito per lunghi anni svolgimento qualsiasi efficace azione in Etiopia.

(l) -T. per corriere 2215/644 del 4 maggio, che non si pubblica. (2) -Non rinvenuto. Ma cfr. n. 405.
425

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2314/152. Vienna, 15 maggio 1929, ore 22,30 (pe1·. ore 5,45 del 16).

Telegrammi nn. 2347, 2348 (l) di Ricciardi.

Questa sera sono stato da Peter. Appena ho cominciato a parlare del di

scorso di Stumpf ha cercato interrompere con soliti cavilli. L'ho pregato stare

ad udire le lagnanze e le proteste che gli avrei fatto invitandolo a ripeterle al

cancelliere, dopo che avrebbe potuto espormi tutte le sue considerazioni. Peter

mi ha chiesto con apparente meraviglia e contrarietà se oltre che lagnarmi

intendevo anche protestare. Ho risposto affermativamente. Ha ricominciato

allora suoi consueti lamenti sulle mie eccessive esigenze. Ho ribattuto che la mia

azione era qui strettamente dipendente dalle istruzioni di V. E., che di qua

lunque mio colloquio con lui io riferivo sempre particolareggiatamente a V. E.

e che così pure mi sarei regolato anche questa volta. Ho fatto quindi mie dichia

razioni che però Peter mi ha pregato di mettere per iscritto e di inviargli, ciò

che farò domani trasmettendo copia alla E. V. In considerazione tale non con

sueta richiesta mi sembrerebbe ancora più opportuno che codesto ministero

confermasse a codesto ministro Austria che in questo succedersi di mie pro

teste io non sono mosso da uno spontaneo ed eccessivo zelo bensì dalle precise

direttive di V. E. nei limiti delle quali mi mantengo.

(l) Sic, ma deve trattarsi del t. 2299/2345-2346 Innsbruck 15 maggio, che non si pubblica. Sulla questione cfr. nn. 415 e 416.

426

IL SOTTOSEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

(U S M, Cart. 3214) (l)

R. R. 244. Ginevra, 15 maggio 1929.

Ho l'onore di riferirmi al rapporto del Generale de Marinis, da lui comunicatomi per conoscenza sulla VI sessione della Commissione Preparatoria del Disarmo.

Concordo pienamente sulle conclusioni del Generale De Marinis.

Mi permetto solo di aggiungere qualche breve accenno sulla nuova situazione risultata dai dibattiti della recente sessione e in particolar modo sulle circostanze che maggiormente possono influire sulla nostra linea di condotta.

Nel mio rapporto DD2595 dell'ottobre scorso sulla Società delle Nazioni e l'Italia nel 1928, segnalai la necessità per la Francia di giungere a tutti i costi ad una convenzione qualsiasi sul disarmo per tacitare le proteste tedesche sulla mancata applicazione delle clausole del trattato di Versailles relative alla limitazione degli armamenti e protrarre per qualche anno ancora una situazione ad essa partkolarmente favorevole.

c L'Inghilterra e la Francia -osservavo -si sforzano di arrivare a una base pur minima d'intesa che consenta di mettere insieme una convenzione qualsiasi, onde avere un'arma per stroncare la manovra tedesca •. c Il successo del piano anglo-francese -aggiungevo poco appresso -dipende in gran parte dal nostro atteggiamento e da quello degli. Stati Uniti •.

L'elemento nuovo, che ha determinato, nella recente sessione della Preparatoria, un considerevole progresso del piano anglo-francese è stata la presa di posizione nord-americana in favore della tesi francese. • Dans l'espoir de faciliter un accord général en ce qui concerne les armements navals, mon Gouvernement est disposé à accepter la proposition française camme base de discussion •, ha dichiarato nella seduta del 22 aprile il Signor Gibson, delegato americano.

Tre giorni prima di lui il delegato britannico Lord Cushendun, quasi a confermare il famoso compromesso anglo-francese dell'anno scorso, aveva formalmente dichiarato che il suo Governo si sarebbe attenuto ad una linea di riserva nelle questioni concernenti il disarmo terrestre rimettendosi alla decisione che avrebbe avuto il consenso della maggioranza. Si veniva, in tal modo, se non teoricamente, almeno di fatto, a scindere in due il problema del disarmo: l'uno relativo agli armamenti terrestri, l'altro agli armamenti navali. • Nous reconnaissons -ha detto Lord Cushendun nella seduta del 19 aprile -que la Grande Bretagne n'est pas et ne prétend pas etre une puissance militaire au

sens continental de ce terme». «C'est pourquoi -egli ha continuato poco appresso -nous admettons que dans cette sphère la dire-ction peut etre prise et doit etre prise par les puissances militaires et que la possibilité d'une limitation effective dépend de l'ajustement de leurs vues et de leur politique •. E ha concluso • nous espérons ètre en mesure d'accepter toutes les propositions qui rencontrent l'assentiment général des autres pays représentés ici •.

La stessa linea di condotta è stata adottata tre giorni dopo, come ho accennato, dalla delegazione americana. • Pour les besoins de mon exposé-ha dichiarato il Signor Gibson nella seduta già menzionata del 22 aprile -le problème du désarmement peut se diviser en deux parties: les armements terrestres et les armements navals. Pour ce qui est des armements terrestres la Délégation américaine sera en mesure, lorsque dans nos débats, nous arriverons à cette question -d'accepter, à l'égard des pays primordialement intéressés aux armements terrestres, des concessions telles que, j'en suis persuadé, elles faciliteront sensiblement un accord entre ces pays ».

È evidente la ragione politica della mossa nord-americana. Con l'adottare la stessa attitudine dell'Inghilterra, gli Stati Uniti hanno mirato a neutralizzare l'efficacia degli accordi anglo-francesi dell'anno scorso. Il disinteressamento di Washington per le questioni terrestri non può non avere come contro partita il disinteressamento francese per le questioni navali che rimangono pertanto oggetto di discussione da soli a soli tra inglesi e americani.

Questa scissione di fatto, se non di principio, tra armamenti terrestri e armamenti navali, indebolisce, in certo modo, la posizione dell'Italia.

Si lascia in fondo mano libera alla Francia, che affiancata dai suoi clienti, potrà avere maggiori possibilità di far valere il suo punto di vista nelle questioni del disarmo terrestre. Si toglie all'Italia la possibilità di fare assegnamento sull'azione moderatrice che Inghilterra ed America avrebbero potuto esercitare sulla Francia nell'interesse di giungere ad un accordo generale sul problema del disarmo nel suo complesso.

Ho fatto rilevare a qualche delegato nord-americano gli inconvenienti di una tale distinzione aggiungendo che un Paese come l'Italia che, per la sua posizione geografica deve preoccuparsi nella stessa misura della difesa terrestre e di quella marittima, non .può non valutare nel suo complesso il problema della riduzione delle sue forze. Trattando separatamente il problema del disarmo navale si corre il rischio di mettere qualche Paese nell'impossibilità di aderire a un accordo che per la sua efficacia deve ottenere l'adesione di tutti gli Stati più importanti. Questo punto della indiscindibilità del disarmo che costituisce uno dei canoni fondamentali del nostro programma potrebbe forse essere opportunamente affermato, quando si procederà a degli scambi di vedute sulle questioni navali. Ciò potrebbe persuadere americani ed inglesi a non disinteressarsi del tutto dell'andamento dei dibattiti sulle questioni terrestri.

Qualunque sia, in ogni modo, la linea di condotta che V. E. si compiacerà di scegliere sarebbe opportuno predisporre sin d'ora lo studio delle proposte che saranno oggetto di disamina alla ripresa delle conversazioni navali.

Sembra che il Governo di Washington abbia già preparato nelle sue grandi linee, una formula che possa servire di base alle discussioni. Essa sarà comunicata ai Governi inglese, francese, italiano e ,giapponese contemporaneamente verso i primi del mese prossimo e in ogni modo dopo che saranno ,conosciuti i risultati delle elezioni britanniche. A quanto mi risulta si sarebbe desiderato a Washington procedere in un primo tempo a uno scambio di vedute con l'Inghilterra per promuovere in seguito delle ,conversazioni con gli altri Stati interessati sulla base delle proposte concertate tra Londra e Washington. Il Giappone ha però fatto presente di non poter aderire a una simile procedura e ha ottenuto l'assicurazione che gli scambi di viste avranno luogo tra i rappresentanti delle cinque Potenze interessate. Come vedesi dei contatti sono già stati presi, sia pure di carattere del tutto preliminare, tra Washington, Londra e Tokio. Analoghi 'Contatti, se V. E. lo ,ritiene opportuno, potrebbero forse esser presi pel tramite della R. Ambasciata a ..... [manca].

A parte in ogni modo l'azione da svolgere nelle conversazioni navali che precederanno la ripresa dei lavori della Commissione Preparatoria, v'è un intenso lavorio diplomatico da parte francese che è necessario tenere in particolare evidenza.

Il Generale De Marinis ha accennato nel suo rapporto ai contatti della Delegazione francese con quelle della Piccola Intesa e della Polonia. È da aggiungere che anche il Giappone non ha mancato di schierarsi con la Francia e l'Inghilterra e che analogo atteggiamento è stato tenuto dalla Spagna e dalla Grecia. All'azione francese si. è ,contrapposta quanto mai vivace quella della Germania appoggiata dalla Russia, dalla Turchia e dalla Cina.

La tattica tedesca non ha mutato sostanzialmente da quella indicata nel mio rapporto già menzionato dell'ottobre scorso. È evidente che il disinteressamento dell'America e dell'Inghilterra nelle questioni del disarmo terrestre mette la Germania in una posizione d'isolamento dinnanzi alla tesi francese. Ciò rende più difficile la sua azione ed accresce la possibilità di giungere ad una lustra di convenzione che mentre chiude formalmente la questione del disarmo lascia irwariata o [poco] meno la situazione attuale. Dinanzi a tale eventualità la Germania raddoppia gli attacchi. Pur insistendo sulla necessità di giungere quanto prima alla Conferenza del disarmo, essa spera che tale conferenza si risolva in un pieno insuccesso onde avere il pretesto, come accennavo nel rapporto più volte menzionato, di dichiararsi svincolata dalle clausole dei trattati e riacquistare piena autonomia nel campo militare, economico e finanziario, come ne avrebbe diritto una potenza della sua importanza territoriale e demografica ».

Le dichiarazioni del Conte Bernstorff verso la fine della VI Sessione della Preparatoria non lasciano dubbio sulla categorica volontà della Germania di far cadere la manovra francese.

« On a supprimé du désarmement des forces terrestres -ha osservato il delegato tedesco nella seduta del 4 maggio -des éléments essentiels qui ne sauraient cependant manquer dans une Convention si celle-ci veut vraiment apporter plus qu'une solution factice •. « Mon Gouvernement -egli ha aggiun

31 -Documenti dip!omatici -Serie VII -Vol. VII

to -n'a jamais laissé le moindre doute et je rappelle à ce sujet les discours du Chancelier du Reich à la dernière Assemblée, ainsi que mes propres déclarations au sein de cette Commission, qu'il ne saurait accepter, meme pour une première étape, une solution qui ne comprendrait pas tous les éléments des armements et qui n'apporterait pas une réduction sensible des armements exagérés à l'heure actuelle. Car une telle solution ne correspondrait point aux principes des traités et du Pacte •.

Qualunque sia la piega degli avvenimenti, un fatto domina la situazione internazionale e cioè la crescente pressione politica tedesca per riacquistare in un modo o in un altro piena libertà d'azione. Quand'anche il piano francoinglese riuscisse, e si giungesse a un acco~do su un minimo di riduzione delle forze armate, difficilmente potrebbe evitarsi la pretesa della Germania di ottenere la parità con le potenze maggiori. I tedeschi già vi accennano come ad una ultima trìncea qualora non riusdsse loro possibile di far naufragare la Conferenza.

In questo conflitto di tendenze l'elemento decisivo è costituito dall'Italia. Ma per realizzare appieno il vantaggio di tale situazione, occorre farla valere

• tempestivamente •.

Finora l'atteggiamento dell'Italia non ha ostacolato lo svolgersi del piano francese. Prima di continuare in tale linea di condotta, che direttamente o indirettamente, asseconda gli interessi della Francia, mi sembra particolarmente necessario negoziare il nostro appoggio. Il che dovrebbe essere fatto, prima della prossima sessione della Preparatoria e possibilmente prima dello scambio di vedute suLle questioni navaLi.

Mi permetto di far presente che la Francia non ha alcun interesse a prendere l'iniziativa di un accordo con noi. Il suo interesse, al contrario, è di portarci alla Conferenza in una posizione poco chiara rimanendo libera da ogni impegno, per metterei possibilmente dinanzi al fatto compiuto. È perciò necessario preventivamente ottenere da essa iL riconoscimento della nostra tesi. • Assicurarci -come giustamente osserva il Generale De Marinis -la sua formale accettazione della parità degli armamenti con noi •. Parità, per gli armamenti terrestri e per quelli navali. A seconda ch'essa aderisca o no a tale nostro punto di vista sarà possibile stabilire la nostra linea d'azione. E quanto prima tale situazione sarà chiarita tanto più ci sarà facile prendere gli eventuali accordi in un senso o in un altro. La resistenza tedesca alla tesi francese è così serrata, data l'importanza degli interessi in giuoco, che sarà ben difficile alla Francia di fare a meno del nostro appoggio.

(l) L'esemplare inviato al ministero degli Esteri non è stato trovato. Il documento fu inviato, per conoscenza, oltre che al ministero della Marina, al senatore De Marinis, al ministero della Guerra e a quello dell'Aeronautica.

(l) Cfr. anche la successiva nota 306 ris. di Paulucci per l"ammiraglio Burzagli in data Ginevra 25 giugno 1929 della quale si pubblica il brano seguente: « Ritengo soprattutto deì maggiore interesse insistere sulla necessità di far precedere la ripresa delle d1~cussioni sul disarmo navale da un'opportuna azione diplomatica che ci assicuri il riconoscimento. della oarità degli armamenti colla Francia • (USM, Cart. 3215).

427

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2331/176. Tirana, 16 maggio 1929, ore 20,40 (pe1·. ore 22,20).

Governo serbo si è accorto che il bilancio della sua attività per la creazione della chiesa ortodossa autocefala albanese si chiude con netto passivo. Posizione del ministro di Serbia a Tirana ne esce compromessa ed egli stesso parla del suo probabile imminente richiamo. Verrebbe trasferito anche il consigliere della legazione di Serbia che aveva fatto sperare al suo Governo di poter conseguire riconoscimento dei diritti ecclesiastici vantati dalla Jugoslavia nello scutarino e l'ammissione di un vescovo serbo nel sinodo albanese. Il re ha opposto invece un netto rifiuto. Non è improbabile che ne debba seguire un periodo di maggior freddezza fra i due Governi. Ne resta in ogni modo frustrata l'opera di avvicinamento che ministro di Serbia a Tirana stava facendo da circa un anno. Il re mi ha parlato con ironia della politica serba incapace di nulla avviare a buon punto. Da parte mia osservo che con suo intervento nella questione della chiesa ortodossa albanese la Serbia mentre ha agito slealmente nei riguardi della Grecia, non è riuscita nemmeno ad assicurarsi la gratitudine dell'Albania che si sente anzi offesa dal fatto che il patriarca di Belgrado rifiuta ora di riconoscere la creatura da lui tenuta al fonte battesimale.

428

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO UNGHERESE, BETHLEN, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

(Ed. in KEREKES, Abenddiimmerung, p. 225)

L. P. Budapest, 16 maggio 1929.

L'année passée la Direction des Heimwehr Autrichiens avait envoyé un nommé Diakov pour traiter avec Vous certaines questions (1). Lors de notre entretien à Budapest (2) Vous m'aviez déclaré que la personne susmentionnée n'avait pas su acquérir Votre confiance et que Vous n'étiez prèt à continuer les pourparlers que sous condition que la personne du délégué des Heimwehr fùt changée. J'ai fait parvenir Votre message à la Direction des Heimwehr qui à son tour me fait savoir que le chef d'Etat Major des Heimwehr, le commandant Pabst est chargé d'aller à Rome pour traiter cette affaire avec Vous.

Je Vous prie donc de bien vouloir m'informer à quelle date Vous désirez voir le commandant Pabst. Je ferai parvenir Votre réponse à la Direction des Heimwehr.

Je Vous prie, mon cher Grandi, de me rappeler au bon souvenir de Madame Grandi et de lui remettre mes meilleurs compliments (l).

(l) -Diakov era venuto in Italia per organizzare il trasporto in Austria delle armi destinate alle Heimwehren. (2) -Durante il suo viaggio a Budapest Grandi aveva avuto con Bethlen due colloqui. il 3 e il 5 maggio. Non trova conferma la notizia. data da KEREKES, Abenddiimmerung, cit., pp. 36-37, che Grandi si trovasse a Budapest il 3 marzo.
429

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2342/234. Atene, 17 maggio 1929, ore 23,55 (pe1·. ore 4 del 18).

Telegramma di V. E. 1160/157 (2).

Questo ministro Affari Esteri mi ha stamane confermata la notizia riferita dal R. ministro a Praga circa patto colla Grecia. Pur senza avermi precisato l'epoca in cui si sarebbe cominciato a ventilare la cosa, Carapanos mi ha detto che da parecchio tempo Benès aveva fatto tale proposta ,generica al Governo ellenico. Ha aggiunto che avendo Benès rinnovato di recente l'offerta precisandola nella conclusione di un patto di amicizia arbitrato e conciliazione secondo il formulario della Società Nazioni contradistinto colla indicazione di modello

• tipo A • (ripeto • tipo A • ), questo Governo aveva creduto dover accogliere l'offerta stessa in conformità delle dichiarazioni programmatiche di politica estera ripetutamente enunciate pubblicamente da Venizelos, in merito ad una rete di patti d'amicizia e di arbitrato che la Grecia è disposta a concludere con i vari stati che gliene dimostrano il leale desiderio.

Carapanos ha spontaneamente aggiunto la considerazione che, nei riguardi della Cecoslovacchia, il patto in questione ha per la Grecia portata quasi esclusivamente giuridica e mi è stato d'altra parte anche lasciato intravedere che alla definitiva accettazione ellenica abbia contribuito la notizia qui giunta di analoghi approcci in corso tra Praga e Sofia. Il mio interlocutore ha anche rilevato come la conclusione del patto in parola non (ripeto non) abbia portata di adesione della Grecia alla Piccola Intesa. Ignoro fino a questo momento se e quale parte la Francia o la Jugoslavia abbiano direttamente preso alla trattativa, ma per quanto concerne la Romania credo poter ritenere con sufficiente sicurezza che essa non vi abbia comunque partecipato. Nel suddetto testo del

• tipo A • verrà inserito in aggiunta un articolo sostanzialmente simile a patto Kellog circa rinunzia alla guerra. Il patto greco-cecoslovacco verrà sottoscritto dal ministro plenipotenziario ellenico Psarudas a Praga, dopo il ritorno colà di Benès al termine dell'attuale sessione della Piccola Intesa. Riferirò se del caso nuovamente dopo aver avuto occasione di parlare della cosa anche con Venizelos.

(l) -Annotazione marginale di pugno di Ghigi: « Il Sottosegretario di Stato ha conferito col Ministro d'Ungheria il 9 luglio 1929 ». Sul viaggio a Roma di Pabst cfr. nn. 499 e 501. (2) -Del 10 maggio, con cui veniva ritrasmesso il n. 411.
430

IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

TELESPR. 225128/182. Roma, 17 maggio 1929.

Con riferimento al telegramma n. 220 prego V. S. di riferirmi se successivamente alle conversazioni di cui al telegramma n. 171 (l) Ella abbia avuto occasione opportuna di ritornare con Venizelos sull'argomento del transito di materiale bellico jugoslavo attraverso Salonicco in caso di guerra. Sembrerebbe infatti normale che la libertà di azione che in proposito Venizelos ha inteso riservarsi negli accordi di Ginevra dovrebbe ormai essere integrata da un suo preciso cTiterio circa l'atteggiamento che, almeno in linea di massima, meglio converrebbe al Governo greco nella circostanza. Non è dubbio che, se si tenga conto delle conosciute ed implacabili mire jugoslave su Salonicco, e, d'altra parte, delle reazioni che un importante traffico di rifornimenti bellici per la Jugoslavia, via Salonicco, comporterebbe in caso di guerra da parte dell'altro belligerante, la questione appare dover essere per la Grecia di tale vitale importanza che non può [non] essere stata costà già vagliata e decisa almeno in principio.

431

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 2392/141. Addis Abeba, 18 maggio 1929, ore 19 (per. ore 20,25).

Telegramma di V. E. 197 (2).

V. E. avrà già constatato che non è mia abitudine esagerare e che finora su quanto ho riferito da questo posto non ho avuto da smentirmi mai. Perciò

V. E. può credermi quando devo farle conoscere che contrariamente alle assicurazioni governatore dell'Eritrea occupazione noto piccolo posto non (dico non) è avvenuta senza incidenti e soprattutto senza provocare viva ripercussione oltre confine e particolarmente in Addis Abeba dove sono giunti vari capi regione e incidenti sono sfruttati dai nemici del Negus e nostri. Intima connessione a questa questione è incidente Fitaurari Galu (mio telegramma 140) (3) che ripeto occorre risolvere se non si vuole pregiudicare soluzione di tutte le questioni pendenti. Mentalità di questi ambienti è ben nota e loro intelligenza e perspicacia innegabile. Ebbene qui si è già sospettato che governo Eritrea vorrebbe fare e parzialmente già segue politica diversa da quella seguita in Addis Abeba e può bastare un incidente come questo, se non fosse risolto con bontà ed amicizia, per far rinascere sospetti e risorgere fortuna dei sostenitori amicizia francese ad ogni costo.

Momento è delicato perchè francesi legazione si ritengono lesi dall'attuale nostra favorevole posizione ed intrigano in ogni modo per scuotere fiducia Negus verso noi. Giorni or sono Negus mi ha detto aver ricevuto estratti giornali francesi che lo qualificavano • servitore della politica di Mussolini ». Gli ho detto trattarsi comune polemica ed il Negus ne sorrideva, ma occorre sempre tener conto che abbiamo infatti noi posizione delle più esposte e non dimenticansi nostre passate relazioni.

Ma ciò nonostante ritengo che senza il colpo mancino della nota sottomissione niente avrebbe scosso fiducia Negus, come ritengo che se incidente sarà risolto amichevolmente (e non se ne verificherà altro del genere) sarà possibile riprendere corso normale affari. Comunque ritengo non sia possibile protrarre ancora delimitazione confine • A diabo •. Ciò perchè vi è ormai troppa effervescenza e perchè vi è sul posto un grande capo, Ras Seium, incline mostrarsi oppositore a cagione del suo passato ostile Ras Tafari. Mentre invece per la frontiera somala sarà più facile guadagnar tempo per la lontananza di capi importanti e perchè entrambe provincie sono direttamente dipendenti Negus.

(l) -Cfr. t. (p.r.) 5192/220 del 10 maggio e t. 1737/171 dell'8 aprile, che non si pubblicano. (2) -Sic, ma deve essere 137, che è il numero di protocollo particolare con cui fu inviato ad Addis Abeba il doc. n. 422. (3) -Cfr. n. 424.
432

IL CAPO DELL'UFFICIO III EUROPA E LEVANTE, DE MARSANICH, AL MINISTERO DELLA MARINA E AL PREFETTO DI TARANTO, BENIGNI

T. 1212. Roma, 18 maggio 1929.

Alla divisione navale ellenica composta • Averoff • e tre cacciatorpediniere • Pauter •, • Jerax • e • Acnos •, che giungerà a Taranto mattino 24 corrente trattenendovisi 4 o 5 giorni, S. E. Capo del Governo intende siano fatte accoglienze particolarmente cordiali con intervento locali organizzazioni fasciste.

Pregasi E. V. voler disporre in conformità per quanto di sua competenza cortesemente assicurandone.

433

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, AURITI

T. PER CORRIERE 1211. Roma, 18 maggio 1929.

Suo telegramma 152 (1). Ho fatto chiamare questo ministro d'Austria e gli ho fatto dire che il

R. Governo rinnovava per il suo tramite le energiche proteste già fatte da

V. S. tanto per il discorso Stumpf quanto per le altre manifestazioni teatrali inscenate ad Innsbruck. La possibilità o meno per il Governo austriaco di impedire siffatte manifestazioni è una questione d'ordine interno che a noi non spetta di considerare. Nei riguardi internazionali la responsabilità spetta soltanto

al Govero austriaco ed il Governo italiano deve fargliene sentire tutto il peso. Non è da escludersi che un giorno lo stesso popolo austriaco domanderà conto di tale atteggiamento ai suoi governanti quando si accorgerà che i veri interessi dell'Austria sono stati compromessi per scopi illusori e per colpevoli compiacenze verso agitatori di professione e forse anche verso interessi stranieri.

(l) Cfr. n. 425.

434

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL SOTTOSEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE (l)

TELESPR. R. 225281/320. Roma, 18 maggio 1929.

Rapporto di V. S. n. 190 Ris. del 16 aprile u. s. (2).

In relazione al rapporto citato, con il quale Ella ha fatto presente che, se il Governo Inglese prenderà la decisione di accogliere le proposte della Commissione Hilton-Young circa una più stretta unione tra le dipendenze britanniche nell'Est Africa, tale decisione dovrà essere sottoposta all'esame della Commissione dei Mandati, si ha il pregio di richiamare l'attenzione di V. S. su quanto segue.

Il R. Governo ha interesse a che lo statuto dei territori sotto mandato non venga alterato in senso tale da favorire il consolidamento dei territori predetti nell'organismo delle Potenze mandatarie.

Pertanto, in via di massima, sembra conveniente che nella eventuale discussione nella Commissione dei Mandati della questione di cui si tratta, noi non appoggiamo la tesi inglese.

Si prega V. S. di continuare intanto a seguire costà la questione ed a riferire a questo Ministero, il quale vedrà se, in seguito, anche considerazioni di politica generale non consigliassero un atteggiamento diverso.

435

APPUNTO (3)

..... (4)

S. E. il Ministro della Corte Reale, dopo un lungo colloquio m'a ordinato, il 18 maggio 1929, alle ore 20,30, di notare comme segue:

• Vedendo questo che accadesse tutt'intorno a noi e contro di noi dobbiamo francamente dlre che la notizia della possibilità di trattare fra i nostri due Paesi abbia prodotto una certa sorpresa.

Riguardo alla psicologia lottatosa del nostro popolo i metodi finora usati non possono condurre ad un accordo amichevole e ingrossano ogni giorno di più la sfidanza verso l'Italia.

Soprattutto possiamo dichiarare precisamente e categoricamente:

Noi abbiamo U più grande desiderio di concludere con Italia un accordo definitivo e durevole, leale stabUito su tutte le questioni che possono interessare i tutti i due Paesi nel presente e nel avvenire.

Dall'Italia sola dipende la realizzazione d'un tale accordo. Se anche l'Italia desidererebbe farlo, siamo pronti di trattare subito e senza ritardo alla maniera la più favorevole e la più discreta.

Non si può negare che nostri rapporti con Francia siano solidamente stabiliti, ma quelli rapporti sono stati risultati dalla politica italiana verso il nostro Paese.

Ma in ogni caso i nostri rapporti con Francia non possono mppresentm·e in nessun modo un impedimento pe1· la conclusione d'un accordo amichevole e durevole con l'Italia, perchè i nostri interessi non escono dalla sfera balcanica e non sono assolutamente d'un caratere d'espansibilità •.

S. E. il Ministro della Corte Reale m'a permesso di dire che lui personalmente avesse chiesto di scrivere la sudetta dichiarazione.

P. S. -Poi m'a incaricato di dire:

Nel caso che l'Italia chiederà da noi di trattare sulla base d'un sacrifizio territoriale, la trattazione sarebbe impossibile e a noi non resta niente altro che aspettare la propria sorte colla calma.

Tutte le altre basi di trattazione possiamo accettare. Noi sappiamo quale condizione sia molto importante per l'Italia: di essere siccura e tranquilla, cioè senza nessun pensiero, dalla parte nostra. Anche questo possiamo garantiTe in ogni caso.

Se a S. E. il Capo del Governo Italiano e a S. E. onorevole Farinacci saranno queste condizioni per trattazione sufficente, possiamo subito cominciare di trattare in modo privato e discretamente al luogo e alla data indicata dal

S. E. Farinacci. Noi siamo convinti che un accordo durevole sia necessario agli tutti i due Paesi e che quest'accordo cambierà tutta la politica europea.

Nel caso favorevole sarebbe molto necessario che S. E. il Capo del Governo dia una intervista indirizzando qualche parola favorevole al nostro popolo, chi sapprà lo apprezzare e presto dimenticare il passato ultimo.

Finalmente m'a ordinato di scrivere più spesso i articoli favorevoli sull'Italia, sul fascismo e sul Regime fascista.

(l) -Il telespresso venne inviato, per conoscenza, anche a Londra e a Theodoli a Ginevra. (2) -Non si pubblica. (3) -Del giornalista jugoslavo M. Predié, redattore del Vreme, il quale, come risulta dal testo, doveva essere stato incaricato da Farinacci di far giungere a re Alessandro una proposta di apertura di trattativa. (4) -Il documento è privo di data. Si inserisce sotto il 18 maggio, giorno in cui ebbe luogo il colloquio riferito nel testo. Si sono lasciati gli errori di lingua italiana.
436

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO

T. R. 1225. Rorna, 20 maggio 1929, ore 21.

Nota di V. E. n. 3048 del 13 corrente e telegramma di questo ministero

n. 1195 del 15 u. s. Il R. ministro in Addis Abeba, in data 15 corrente, ha telegrafato quanto

segue: (come nel telegramma in arrivo n. 2315/140) (1). Mentre rimango in attesa delle decisioni di V. E. nei riguardi di una solu

zione dell'incidente del Fitaurari Galu, riterrei opportuno che l'E. V. segnalasse al governatore dell'Eritrea la convenienza di evitare il sorgere in avvenire di incidenti del genere, giacchè mentre queste sottomissioni di piccoli capi ribelli non rappresentano per noi alcun sensibile vantaggio, esse non mancano invece di produrre negli ambienti etiopici ripercussioni e sospetti, che occorre in ogni modo evitare.

437

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

T. R. 1224/143. Roma, 20 maggio 1929, o1·e 24.

Seguito telegramma 137 (2).

Mentre provvedo portare a conoscenza ministero Colonie suo telegramma 140 (l) invitandolo dare istruzioni governatore Eritrea cercare evitare nuovi incidenti del genere di quello del Fitaurari Galu, non posso esimermi dal rilevare come appaia per lo meno strana, per non dire voluta, questa tardiva irritazione del Negus per un incidente avvenuto nel gennaio scorso e per il quale egli ha creduto sollevare rimostranze a così larga distanza e nel corso delle trattative per esecuzione patto amicizia itala-etiopico.

438

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2399/177. Tirana, 20 maggio 1929, ore 21 (per. ore 0,50 del 21).

È ufficialmente confermata notizia richiamo ministro di Serbia a Tirana che viene messo a disposizione. Il nome del successore non è ancora noto (3). Signor Mihailovic lascia intendere che il provvedimento da cui è colpito e per

il quale si è mostrato molto triste, si riconnette a tutto un vasto movimento diplomatico deciso dal Governo di Belgrado e che comprenderebbe numerose altre legazioni. Per quanto riguarda Albania verrebbe sostituito anche il consigliere nonchè tutto il corpo consolare.

Nei circoli politici albanesi il richiamo del signor Mihailovic è interpretato come un chiaro segno che il generale Zifkovic non intende proseguire nella politica di riavvicinamento con l'Albania iniziata dal signor Mihailovic e sia invece deciso a mostrar d'ora innanzi una mano più ferma (1). Quali siano i moventi che ispirano una così radicale trasformazione in questa rappresentanza diplomatica ·consolare serba, essi stanno a dimostrare che il Governo di Belgrado considera falliti tutti i suoi tentativi per adeguare la propria politica con l'Albania al metro che noi abbiamo imposto.

(l) -Cfr. n. 424. (2) -Cfr. n. 422. (3) -Fu Giorgio Nastasievié.
439

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 2466/30. Vienna, 21 maggio 1929 (per. il 24).

Mio telegramma n. 154 (2).

Mi si dice che il nuovo cancelliere è rimasto parecchio impressionato dalle proteste di codesto R. ministero con Egger circa i numerosi recenti incidenti. Egli vorrebbe darci una qualche soddisfazione, ma manca di esperienza politica e non è saldo di volontà. D'altronde Peter, pur preoccupandosene, non osa consigliargli nulla per tema si venga a risapere qualcosa in parlamento.

Parlando stamane genericamente con il segretario generale delle nostre relazioni, gli ho fatto osservare, senza che egli mi contraddicesse, che questo tenere l'opinione pubblica all'oscuro di tutto non è vantaggioso per gli stessi interessi austriaci. Nessuno conosce le ragioni della nostra perseverante opposizione al prestito ed i fondati motivi del nostro risentimento. Si è tratti così a credere in un nostro perdurante ingiustificato rancore verso l'Austria, e pertanto a ripagarci con eguale moneta. D'altra parte, se si sapesse che l'origine principale di tutto è nelle mani dei tirolesi, potrebbe forse farsi sorgere qui il principio di una qualche reazione contro di questi, e la loro responsabilità verrebbe in ogni caso posta di fronte a tutto il resto dell'opinione pubblica austriaca.

(l) -Fin qui il telegramma venne comunicato a Belgrado con t. 1240/136 del 22 maggio. (2) -T. 2389/154 del giorno 19. che non si pubblica.
440

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) RR. 37/252. Belgrado, 22 maggio 1929, ore 20,50 (per. ore 23,10).

Il signor Stilla da me opportunamente interrogato ha finito col confessare in tutta riservatezza che aveva avuto da Ahmed Zogu istruzioni di non continuare nei contatti strettissimi che egli teneva prima con questa legazione, poichè egli rappresentava qui gli interessi dell'Albania i quali, in questo momento, portavano ad una politica di sempre migliori rapporti con Jugoslavia. Questa confessione, che ho potuto ottenere in seguito ad una lunga spiegazione collo Stilla, e che egli ha fatto in un momento di abbattimento, va tenuta assolutamente riservata, perchè occorre che Tirana non sappia in alcun modo che fra Stilla e questa R. legazione sono stati... (l) i contatti di una volta e che potranno permettere di controllare gli atteggiamenti di Tirana verso Belgrado.

441

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 2447/140 (2). Addis Abeba, 22 maggio 1929, ore 19 (per. ore 23,50).

Con riferimento telegramma 140 ed a seguito mio 141 (3) credo opportuno precisare che della sottomissione Fitaurari Galu avvenuta primi gennaio scorso governatore dell'Eritrea non mi informava che il 10 febbraio, mentre che la prima lettera di protesta del Governo etiopico è del ventisette febbraio. Ad essa io replicavo energicamente in data 5 marzo e successivamente ogni volta che il ministro Affari Esteri o qualche suo funzionario mi intratteneva dell'incidente cercai togliergli ogni importanza tirando in lungo questione come per confini. Incidente si inaspriva dopo arrivo Addis Abeba alcuni capi quella regione e la comunicazione Ras Seium, dopo che il Negus si accorse che in Eritrea facevano i sordi e quando i capi presenti capitale ne vennero a conoscenza. Tra questi ultimi incidente ha forte ripercussione e chi soffia più nel fuoco è proprio quel Degiac Gabresellasiè, ex capo del Tigrè che il ministero delle Colonie e vari governatori dell'Eritrea hanno considerato il nostro più grande

amico, tanto da compromettere come in passato le nostre relazioni col Governo etiopico! Pretesa governo Eritrea che il Fitaurari Galu sia nostro suddito non è sostenibile in buona fede e quando anche lo fosse, poichè tanto precedenti governatori Eritrea che questa legazione lo avevano riconosciuto come capo Etiopia e non lo avevano mai reclamato come nostro suddito o fuoruscito, sottomissione non avrebbe dovuto avvenire senza previa intesa con questa legazione ed il Negus per amichevoli rapporti esistenti e più importanti questioni in corso. Prevedendo appunto piega che avrebbero preso incidenti io non ho richiesto Governo etiopico consegna noto Erzl Bogor, attenendone invece sottomissione in ciò assistito dalle autorità locali. Quando anche ora riuscissi (ciò che non credo) soffocare incidente, esso è tipicamente di quelli che, data mentalità sentimenti etiopici, non mancherà avvelenare nostri rapporti e l'E. V. non tarderà ad accorgersi in seguito dallo svolgimento degli affari che non potranno più risolversi come è stato fatto in questi ultimi due anni.

(l) -Gruppo indecifrato: ripresi? (2) -Numero errate..

(3) Cfr. nn. 424 e 431.

442

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A WASHINGTON, DE MARTINO, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL MINISTRO A TOKIO, ALOISI, E AL MINISTERO DELLA MARINA

T. 1242/208. Roma, 22 maggio 1929.

(Per tutti meno Washington). Ho telegrafato alla R. ambasciata in Washington quanto segue:

(Per tutti). Come noto, nel corso della recente sessione della commissione preparatoria del disarmo delegato americano fece dichiarazioni che ebbero come risultato una decisione di massima di addivenire scambi di vedute fra cinque potenze firmatarie del trattato di Washington in vista di un possibile accordo circa armamenti navali. Signor Gibson si è allora limitato ad indicare linee generali del sistema di riduzione e limitazione che Governo americano sarebbe pronto accettare come base di discussione e cioè progetto francese del marzo 1927 integrato dal criterio della equivalenza del tonnellaggio. In conversazioni private Gibson aggiunse però che Governo americano avrebbe a suo tempo confermato e precisato sue proposte.

È evidente nostro interesse di tenerci al corrente e partecipare fin dal principio agli scambi di vedute che potranno risultare dall'iniziativa di codesto Governo. Senza dare impressione di voler sollecitare precisazioni annunciate da Gibson, V. E., vorrà pertanto seguire da vicino importante questione e segnalarmene tutti gli sviluppi nonchè le manifestazioni di qualsiasi genere da parte di codesti circoli competenti.

443

IL CONSOLE GENERALE AD INNSBRUCK, RICCIARDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 2448/253. Innsbruck, 22 maggio 1929.

Da fonte fiduciaria vengo informato che la nota organizzazione nazionalista germanica • Stahlhelm • progettava di inviare prossimamente ad Innsbruck una larga sua rappresentanza per fare, sul Berg lsel ed in unione alla Heimatwehr tirolese, una dimostrazione di omaggio ad Andreas Hofer. Il Governo tirolese e la stessa Heimatwehr, che, come spesso ho riferito è quanto più è possibile riservata in manifestazioni che possano avere ripercussioni all'estero e specialmente nei paesi confinanti, hanno però temuto che una imponente dimostrazione nazionalista austro-tedesca a pochi chilometri dalla frontiera italiana potesse dare origine a incidenti spiacevoli o, comunque, a disaggradevoli interpretazioni e pertanto la Heimatwehr avrebbe decisamente sconsigliato gli

• Stahlhelm • di effettuare la progettata manifestazione. È possibile peraltro che un certo numero di • Stahlhelm • si rechino, malgrado tutto, a Innsbruck nei primi del prossimo Giugno per fraternizzare con la Heimatwehr, ma sarebbe esclusa ogni manifestazione rumorosa di carattere politico.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO, E AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

T. RR. 1251. Roma, 23 maggio 1929, ore 12,30.

(Per Colonie). Nota di V. E. n. 3126 del 14 corrente e telegramma di questo ministero n. 1225 del 20 ultimo (1). Il R. ministro in Addis Abeba in data 18 corrente ha telegrafato quanto segue:

(come da tel. Gab. in arrivo n. 2392/141 da Addis Abeba) (2).

Ho risposto :

(Per tutti). Comunico ministero Colonie suo telegramma 141 e concordo con V. S. sulla opportunità dare al Negus una qua1che soddisfazione relativamente incidente sottomissione Fitaurari Galu (circa il quale ad ogni modo mi richiamo considerazioni mio telegramma 143) (3). Soddisfazione non può naturalmente consistere nello invio di detto Fitaurari ad Addis Abeba, base già accennata dal Negus e sulla quale V. S. ebbe già immediatamente ed opportunamente a rifiutare ogni discussione. Sono dell'avviso ,che ella sul posto sia meglio in grado di giudicare il modo più conveniente per noi di dare una qualche formale soluzione all'incidente e rimango in attesa di relativa concreta proposta che mi affretterò sottoporre ministero Colonie.

(l) -Cfr. n. 436. (2) -Cfr. n. 431. (3) -Cfr. n. 437.
445

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

T. GAB. (P. R.) P. 859/63/408. Costantinopoli, 23 maggio 1929, ore 22,30 (per. ore 3,05 del 24).

Di ritorno ad Angora Tewfik Russdi ha messo al corrente ambasciatore di Germania dell'accoglienza fatta da S. E. Mussolini alle parole dettegli da Stresemann circa sua disposizione migliorare rapporti con Italia. Nadolny ha riferito a Berlino quanto Tewfik Russdi gli ha detto.

Evidentemente da Berlino deve essergli giunto qualche suggerimento in proposito perchè stamane è venuto a domandarmi se V. E. si sarebbe recato a Madrid partecipare riunione del Consiglio Lega cui prenderà parte Stresemann, senz'essere accompagnato da Schubert. Avendogli risposto nulla risultarmi in proposito ma sembrarmi poco probabile che ella, a Camera dei Deputati aperta, con bilancio degli Esteri in discussione possa allontanarsi da Roma, Nadolny mi ha aggiunto essere a suo avviso opportuno che a S. E. Scialoja, o a chi rappresenterà l'Italia, sia affidato incarico di dire qualche parola a Stresemann, onde dargli sensazione che sue favorevoli disposizioni migliorare contatti con Italia sono state dal Capo Governo prese in considerazione e non dimenticate. Poichè (osservava Nadolny) se si dovesse attendere riunione Consiglio Lega del settembre per dimostrare a Stresemann che sue parole a Tewfik Russdi hanno avuto eco in Roma si correrebbe il rischio che lungo periodo di tempo determinasse sull'animo di Stresemann poco favorevole impressione.

Giudichi V. E. se meriti rendere informato Capo del Governo di questo suggerimento dell'ambasciatore di Germania.

446

IL MINISTRO A PRAGA, VANNUTELLI REY, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) 39/55 (1). Praga, 24 maggio 1929, ore 13,50 (per. ore 15,50).

Mio telegramma n. 54 (2).

Data ferma resistenza di Venizelos sul punto del regolamento delle riparazioni con la Bulgaria, Bénes avrebbe consentito a non sostenere pretese di quest'ultima pur di potere firmare con la Grecia il trattato amicizia e dare così, dopo il patto da essa recentemente concluso col regno S.H.S., impressione di un suo sempre crescente orientamento verso la Piccola Intesa. Trattato dovrebbe essere concluso prestissimo appena Bénes sarà rientrato Praga dalla Jugoslavia (3).

(t. 3437/623, Costantinopoli 8 agosto 1929).

(l) -Lo stesso tel. si trova anche nella serie di registrazione normale col n. prot. 2491. (2) -T. gab. (p.r.) 35/54 del 10 maggio, che non si pubblica. (3) -Nell'agosto successivo Ismet pascià disse a Orsini: « Grecia... è entrata o sta per entrare nella Piccola Intesa sotto la spinta della Francia e forse anche dell'Inghilterra •
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO UNGHERESE, BETHLEN

(Ed. in KEREKES, Abenddiimmerung, pp. 194-196)

L. P. Roma, 24 maggio 1929.

Je n'ai pas manqué, à mon retour à Rome, de relater amplement à S. E. Mussolini les détails des conversations que j'ai eu le plaisir d'avoir avec Vous pendant les quatre jours inoubliables de mon séjour à Budapest.

Je suis heureux de Vous confi~mer ce que j'eus déjà l'occasion de Vous dire à l'égard des différents sujets que nous avons traités, dont première est la question de l'emprunt.

Le Duce n'a pas renoncé à résoudre cette question d'une façon favorable. Il faut seulement attendre le moment propice. Le Duce compte et souhaite que ce moment ne soit pas trop lointain.

Pour ce qui concerne les secours aux • Heimwehren » j'attends à Rome, d'après ce que Vous m'avez dit, la personne que vous savez (1).

La somme demandée (comme je Vous avais indiqué moi-meme) est un peu forte. Je crois que pour le moment ce sera bien d'en donner seulement une petite partie. Par la suite on verra, conformément à ce que les événements vont conseiller.

Pour ce qui a trait à l'interview que S. E. Mussolini devrait accorder, à un moment donné, à propos de la situation créée en Hongrie par Lord Rothermere, le Duce me charge de Vous assurer qu'il fera ce que Vous désirez; de plus, il Vous prie de préparer Vous-méme et de lui fournir les éléments qui devraient, selon Votre jugement, former la base des déclarations sur le sujet. C'est à Vous, naturellement, la tàche de choisir le moment favorable (2).

e Levante per Mussolini:

• Quando, nel maggio scorso, S. E. Grandi si recò a Budapest, il conte Bethlen lo pregò di sottoporre a V. E. alcune sue considerazioni sull'attività di lord Rothermere, che minaccia, disse lo stesso Bethlen, di creare dette diversioni pericolose e assai nocive per !'Ungheria.

S. E. Grandi, ;nel riferire a V. E., si esprimeva così: "È certo che la campagna iniziata

da lord Rothermere nel giugno del 1927 ha ammantato delle più rosee e miracoliste speranze l'irredentismo ungherese, ed ha giovato altresi, e grandemente, alla causa della Ungheria in Europa. Per un po' si è creduto che la questione della revisione fosse questione di: mesi. Ma la tensione degli animi ha guastato i nervi di molta gente, ha montato la testa a molti mestatori e politicanti, i quali hanno finito alla loro volta coll'ubriacare completamente lord Rothermere, il quale, da alleato alla causa ungherese, sta diventando uno deglielementi più nocivi e pericolosi per la stessa Ungheria. Rothermere ha creduto a un certo momento di poter veramente cingere la Corona di S. Stefano, o almeno farla cingere a suo figlio che è uno scavezzacollo qualsiasi. Il conte Bethlen si è sentito costretto a mandargli a dire che non facesse delle buffonate. Di qui l'ira di lord Rothermere, il quale, aizzato da un gruppo di anti legittimisti dalla condotta non perfettamente chiara, ha tentato anzitutto di identificare in Bethlen il fautore della restaurazione asburgica legittimista (il che è proprio contrario alla realtà), poi ha iniziato col suo 'proclama di Natale ' direttamente la campagna antiasburgica, vantando di fronte agli ungheresi perplessi, di essere perfettamente d'accordo con Mussolini su ciò (intervista Rakosy ecc.), quindi, e ciò è più grave, prendendodiretti contatti col partito socialista ungherese e fondando (gennaio u. s.) 'iL partito ungherese delta libertà ' col seguente programma: 'La revisione de! Trianon non può avvenire se non attraverso intese pacifiche con g!i Stati confinanti dell'Ungheria, sulla base de! principio di nazionalità (sic!). Condizione per questa revisione è !a cacciata del conte Beth!en e de! regime attuale, i! quale, essendo un regime di reazione ed avendo calpestato tutte !e libertà interne dell'Ungheria, non può trovare credito e fiducia negli Stati democratici deLl'Europa'. La spudoratezza degli emissari di Rothermere (sempre sfruttando in malafede la famosa intervista Rakosy) giunge perfino a far credere che lord Rothermere è in tutto ciò

Je Vous confirme aussi, par ordre du Duce, les assurances que je Vous ai données au sujet du problème des régions ruténo-subcarpathiques. Le Gouvernement fasciste donnera son appui au point de vue hongrois.

Nous gardons, ma femme et moi, le meilleur souvenir des attentions dont la Comtesse Bethlen et Vous Vous avez voulu nous combler pendant les jours, vraiement inoubliables que nous avons rpassés à Budapest.

Veuillez me rappeler, avec mes hommages bien dévoués, au bon souvenir de la Comtesse Bethlen et agréez...

P. S. -Le Comte San Martino Valperga, à qui j'ai parlé de Votre désir, m'a assuré qu'il se mettra tout de suite en communication avec Vous.

(l) -Pabst. (2) -Si pubblica qui di seguito, perchè privo di data, un appunto dell'ufficio III Europa
448

IL QUESTORE DI ROMA, ANGELUCCI, AI DIPENDENTI COMMISSARIATI DI PUBBLICA SICUREZZA

T. 3986. Roma, 24 maggio 1929.

Si vanno distribuendo fra giovani universitari fascisti manifestini pro-Dalmazia redatti con forma violenta. Tale diffusione non è stata autorizzata ed è in contravvenzione alla legge anche perchè manifestini non portano indicazione tipografia. Vogliano pertanto le SS.LL. provvedere al sequestro detti fogli impedendone distribuzione e procedendo carico autori tali infrazioni. Avverto poi che poco fa una ventina di giovani dalmati con un labaro hanno cercato di raggiungere piazza Borghese ove ha sede la legazione Jugoslava, ma ad invito funzionario di servizio quelle adiacenze si sono allontanati. Prego accurata vigilanza perchè manifestini del genere abbiano a cessare.

perfettamente d'accordo con Mussolini. il quale sarebbe assai scontento di Bethlen e del

suo regime.

Bethlen mi diceva che, contrariamente a quanto si può credere, la credulona e ingenua

anima magiara, che vede in Rothermere uno degli epigoni delle sue rivendicazioni, è stata

assai impressionata e sconcertata da questa nuova campagna del ricco nababbo inglese, che

sta evidentemente impazzendo, e sul quale agiscono certamente, oltre che i rancori contro

Bethlen, anche segrete influenze francesi.

BethLen ha quindi deciso di dare in testa a questo pagLiaccio, aUa prima occasione

propizia e disincantare, richiamandola alla realtà, l'ingenua credulità magiara. Ma Bethlen

potrà raggiungere l'effetto sperato soltanto se Mussolini lo ajuta, e lo ajuta, cioè, a chiarire

l'equivoco che si è stabilito in molti, che cioè tra Mussolini e Rothermere siano passate delle

intese. Bethlen pensa che, se ad un certo momento (e Bethlen domanda di essere lui ad indi

care quando) Mussolini, ricevendo un giornalista ungherese dichiarasse (senza entrare diret

tamente nell'argomento della persona di Rothermere) che l'avvenire dell'Ungheria e la sod

disfazione delle aspirazioni ungheresi non ha nulla a che fare con la questione del regime

interno dell'Ungheria, e che i sentimenti dell'Europa verso l'Ungheria non muterebbero affatto

se mutasse l'attuale regime in Ungheria, ma che al contrario, essendo il regime attuale in

Ungheria ispirato ai medesimi concetti su cui il Fascismo si ispira, esso ha tutte le simpatie

~ell'Italia queste semplici dichiarazioni darebbero equilibrio e fiducia in Ungheria e la torbida

e grottesca campagna del nascente partito delLa Libertà, capitanato dal Rothermere, si scio

glierebbe sul colpo come nebbia al sole.

Ho risposto a Bethlen che, sapendo l'amicizia e la simpatia di Mussolini per lui e per

l'Ungheria, ritenevo che la cosa sarebbe stata possibile, ma che ad ogni modo gli avrei dato

una risposta. Bethien mi ha raccomandato di scrivergLi, non appena con.terito co! Duce su

questo punto ,.

Avendo v. E. autorizzato S. E. Grandi ad info.rmare il conte Bethlen che l'E. V. accon

sentiva a dare la suddetta intervista, lo stesso Bethlen chiede ora verso quale epoca potrebbe

recarsi in Italia il giornalista ungherese Giorgio de Ottlich (del Pester Lloyd), ex diplo

matico, il quale gode la fiducia del ~uo G;o':'erno. . .

Rimango pertanto in attesa d1 ord1m da V. E., per poter 1nformare questa Legazwne d'Ungheria •.

449

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. GAB. (P. R.) 31/165. Roma, 25 maggio 1929, ore 24.

Suo 408 (1).

Approvo suo linguaggio evasivo con Nadolny (2).

450

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 2532/1287. Belgrado, 25 maggio 1929 (per. il 27).

Coincidenza viaggio Zaleski a Budapest colla recente riunione della Piccola Intesa non ha certo mancato di offuscare le manifestazioni di rosea solidarietà dei tre ministri degli esteri. Benes ha cercato a più riprese di ridurre la portata del viaggio stesso a una semplice restituzione di visita di cortesia, non senza lasciare vedere peraltro che la coincidenza predetta non era tale da non seccarlo.

Ma a mio parere, si avrebbe torto di credere a certa stampa, specialmente viennese, che parla di una sconfitta della Piccola Intesa e di • emancipazione di Varsavia dalla tutela parigina » ecc.

Dai colloqui avuti in questi giorni con questo ministro di Ungheria ho l'impressione che, se la Polonia formalmente ha dimostrato attraverso la visita di Zaleski a Budapest di voler conservare una certa libertà di azione, d'altro lato la visita stessa è stata diretta a fare opera di persuasione presso i governanti ungheresi per una più esatta comprensione delle minacce che incombono sugli stati dell'Europa centrale forzatamente stretti nella morsa tedesco-russa, che potrebbe da un momento all'altro rendersi minacciosa. Ciò mi sembra tanto più probabile, se si tenga conto della nuova direttiva della politica della Germania di abbandono dell'Ungheria per giungere più tardi ad una più salda intesa con questo stato, sempre ai fini di una futura più intima collaborazione colla Russia.

Sempre secondo Forster, facendo giuocare tale minaccia russo-tedesca, Zaleski dovrebbe avere dato dei consigli di moderazione, spingendo il Governo ungherese ad una intesa coi suoi vicini e con la Francia. L'avere voluto far coincidere la sua visita colla riunione dei ministri degli esteri della Piccola Intesa, se da una parte ha dato una certa soddisfazione all'amor proprio ungherese, dall'altra deve avere fornito alle parole di persuasione un maggior peso,

32 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

per il fatto stesso che Zaleski ha tenuto a marcare la completa indipendenza dell'azione polacca da quella della Piccola Intesa. D'altra parte è stata richiamata la mia attenzione sulla intervista data da Bethlen all'Echo de Toulouse (1).

Del resto, a ben considerare l'attuale situazione nell'Europa centrale, si vede che, se si riuscisse a piegare l'Ungheria ad un contegno meno aggressivo, il piano politico-militare ideato da Parigi nella Europa centrale, e che ha per programma generale la difesa ad oltranza dei trattati di pace, risulterebbe completato. La maggiore beneficata ne sarebbe appunto la Polonia, perchè essa, posta fra la Russia e la Germania, è la più minacciata e quindi la più interessata a che l'impedimento ungherese sia attenuato, se non eliminato.

Barone Forster si è lamentato della leggerezza con cui la stampa di Budapest, e particolarmente il Pester Lloyd, ha scritto della Piccola Intesa, e quanto al viaggio di Zaleski a Budapest mi ha detto che l'unico beneficio è quello di vedere l'Ungheria portata per opera soprattutto dell'Italia, ad una importanza e ad un prestigio che non si osava sperare anche passato più recente.

Egli rimane pessimista considerando il blocco degli stati inquadrati dalla Francia nell'Europa centrale troppo compatto per poter essere scosso, specialmente (è questo il punto su cui batte sempre) finchè Germania e Italia non avranno trovato un terreno di profonda intesa.

È indispensabile che la fonte di queste informazioni ed impressioni resti riservatissima (2).

(l) -Cfr. n. 445. (2) -In una prima minuta, autografa di Grandi, il telegramma così proseguiva: • Effettivamente io mi recherò a Madrid per lavori consiglio Società Nazioni ma non ho alcuna intenzione di avere in questa occasione particolare colloquio con Stresemann, colloquio che anzi cerch<:rò di. evitare se sollec;itato da 11fi o . da altr.i della delegazione tedesca. Ciò sopratutto per 1mped1re prenda cred1to a Berlmo 1mpresswne che Governo fascista veda buon occhio scomposto agitarsi di Tewfik Roussdy bey per un riavvicinamento italo-tedesco riavvicinamento che per ora Italia n è desidera nè sollecita •. '
451

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. RR. 1402/567. Budapest, 25 maggio 1929.

Mi riferisco al mio Rapporto n. 1345/535 del 23 corrente (3).

Stamane ebbi due conversazioni riguardanti le conferenze Bethlen-WalkoZaleski. La prima col Ministro degli esteri, la seconda col Presidente del Consiglio. Ambedue mi dissero che mi avrebbero dettagliatamente riferito e senza alcuna riserva, sul contenuto degli abboccamenti avuti col Ministro degli esteri polacco. Ne riferisco qui appresso il sunto.

Piccola Intesa. Le conversazioni trattarono in massima parte questo delicato argomento. Il signor Zaleski dichiarò ripetutamente che le relazioni della Polonia con la Piccola Intesa sono, com'è noto del resto, di amicizia e di alleanza con la Romania, semplicemente di • buon vicinato » con la Cecoslovacchia (nessuna simpatia per Benes) e normali se non amichevoli con la Jugoslavia per ragioni di affinità di razza. Aggiunse che il Governo Maniu non si sente molto forte, e che, secondo la sua convinzione, non avrà lunga vita -in ogni modo esso mostra di seguire una politica incerta e titubante. Vorrebbe

agire, ma non osa per timore dell'opposizione, concede per poi riprendere, sempre dubbioso sulla via da seguire. Alla esplicita richiesta del conte Bethlen se egli ritenesse che il proseguire pazientemente una politica amichevole da parte dell'Ungheria nei riguardi della Romania, accompagnata a tempo opportuno da una franca dichiarazione che • l'Ungheria non intende avanzare alcuna rivendicazione territoriale nei suoi riguardi » -ma nei suoi riguardi solamente con esclusione quindi della Cecoslovacchia e della Jugoslavia -potrebbe condurre a • staccare » la Romania stessa dalla Piccola Intesa, Zaleski rispose affermativamente. Ma beninteso tale ultimo risultato era da considerarsi raggiungibile, solo gradatamente ed a lunga scadenza.

Il conte Bethlen si mostrò ben lieto di tale impressione di Zaleski e si dichiarò animato delle migliori intenzioni ed armato di pazienza e di perseveranza nel proseguire la sua politica di avvicinamento alla Romania. Egli stimava però necessario che si addivenisse da parte romena ad un assestamento della questione degli optanti ed a concessioni, d'ordine specialmente culturale, in favore delle minoranze magiare in Transilvania. Zaleski si disse pronto da parte sua a non lasciar sfuggire favorevole occasione per raccomandare a Bucarest un componimento su tali basi.

Transito armi. Zaleski avanzò una richiesta • a nome dei militari » (vedi Pilsudsky). E cioè: domandò che negli accordi in preparazione circa le tariffe ferroviarie dei due Paesi, • fosse incluso un paragrafo riguardante il transito attraverso l'Ungheria di materiale guerresco, diretto in Polonia ». Bethlen rispose che non riteneva 'POSsibile un accordo in materia da parte dell'Ungheria, purtroppo ammaestrata da incidenti, con incresciose conseguenze, come quello di San Gottardo, dato che indubbiamente sarebbe stata da malevoli accusata di armarsi segretamente, ma che tuttavia egli si dichiarava disposto a rilasciargli una lettera • con l'assicurazione che il transito delle armi sarebbe stato concesso nel caso di un conflitto armato fra la Polonia ed i Sovieti », transito ed invio di materiale di guerra che già era stato concesso nel 1920 e sospeso subito dopo per l'opposizione della Cecoslovacchia che ne aveva vietato il transito sul suo territorio. I sentimenti dell'Ungheria non erano certo cambiati nei riguardi della Polonia dal 1920 ad oggi.

A questo punto Zaleski interruppe il Presidente per dichiarargli che intendeva che l'invio di armi dovesse avvenire attraverso l'Ungheria per la Polonia, ma • via Romania del nord e non gid Cecoslovacchia ».

Durante i due giorni passati dalla conversazione con Zaleski, il conte Bethlen aveva fatto studiare la questione e presa la decisione di far sapere prossimamente al Ministro degli Esteri polacco quanto segue: l'Ungheria per

metterà il transito delle armi, via Romania, come richiesto, in caso di conflitto armato Polonia-Sovieti, ma solo qualora la Romania non fosse contemporaneamente implicata nel conflitto stesso, salvo futuri accordi dopo eventuale intesa con la Romania sulle basi di cui sopra.

Com'è noto, per la Convenzione militare tra gli Stati della Piccola Intesa, in caso di un conflitto Romania-Sovieti, la Cecoslovacchia e la Jugoslavia sono obbligate a mobilitare un certo numero di divisioni lungo le frontiere ungheresi, per impedire un eventuale attacco magiaro alla Romania. Ora evidente

mente Zaleski richiese specificatamente l'istradamento delle armi in transito per

l'Ungheria attraverso le ferrovie del Nord della Romania perchè quelle del

sud e del centro sarebbero state già ingombre per i rifornimenti della Ro

mania. Perciò in un conflitto Polonia-Sovieti anche la Romania dovrebbe cer

tamente intervenire. Con la dichiarazione che il conte Bethlen ha in animo di

rilasciare egli si propone quindi di influire direttamente sulla Polonia, perchè,

nel suo stesso interesse, eserciti una forte pressione a Bucarest per addivenire

ad una intesa con Budapest, ciò che renderebbe anche caduco l'accordo militare

della Piccola Intesa.

Riterrei che la richiesta Zaleski sia di grande interesse anche per noi, in

quanto che se ne dovrebbe trarre logicamente la conseguenza di accordi fra gli

Stati maggiori polacco-romeno-jugoslavo in connessione con l'accordo greco

jugoslavo riguardante il transito delle armi da Salonicco.

Sovieti. Si crede che nella riunione di Belgrado (mio telegramma 110 del 14 corrente) (l) della Piccola Intesa, Benes abbia avanzato la proposta del riconoscimento • in corpore • dei Sovieti, proposta che non sarebbe stata accettata da Bucarest e da Belgrado. Si suppone che Praga addiverrà presto a detto riconoscimento « de jure • per conto proprio. Zaleski è d'opinione che i Sovieti dureranno ancora lungamente, ma che la Polonia non abbia a temere un attacco, perchè una guerra provocherebbe la caduta del regime attuale di Mosca. Zaleski segue molto davvicino la propaganda che si svolge a Praga per un'Ukraina indipendente -ed il lavorio cecoslovacco nei distretti ruteni di Polonia -. Gli è nota del resto l'aspirazione di Benes di avere un corridoio attraverso la Rutenia e frontiere comuni con l'Ukraina. Si accennò nelle conversazioni attuali invece all'aspirazione di Varsavia e Budapest di poter ottenere un punto frontiera ungaro-polacco.

Zaleski coltiva il progetto di aiutare in ogni modo la scissione della Russia in vari stati indipendenti.

Germania. Zaleski ha ben poca speranza di condurre a termine le trattative commerciali con la Germania, che durano ormai da due anni. I delegati tedeschi stessi non sono d'accordo tra di loro sulle richieste che avanzano: l'uno disdice quello che l'altro promette, così che il Governo polacco fu costretto ad indirizzare recentemente una nota a Berlino, chiedendo che gli si faccia conoscere chiaramente quali sono i desideri precisi di quel Governo.

Francia. (Mio rapporto in data di ieri n. 1346/536) (1).

Tanto il signor Walko, quanto il conte Bethlen mi dichiararono esplicitamente ,che la Francia non venne nemmeno menzionata nel corso delle conversazioni con Zaleski. Quindi è assolutamente falso che l'Ungheria abbia chiesto la mediazione della Polonia ed i suoi buoni uffici, in vista d'un miglioramento delle relazioni ungaro-francesi. Avendo io richiesto al Presidente dei chiarimenti circa le sue dichiarazioni alla stampa su tale argomento, mi rispose che avendo avuto la sicura impressione che la visita di Zaleski non riusciva eccessivamente gradita alla Francia, aveva voluto, per disarmarla in precedenza, lasciar supporre che egli si proponeva fra altro di officiare il Ministro polacco

per un'azione conciliativa a Parigi, ciò che, mi ripetè, • mi guardai bene dal fare •. Il conte Bethlen mi pregò di ,considerare quanto mi aveva confidato sulla questione del transito delle armi come assolutamente segreto.

P. S. -L'impressione che personalmente lasciò Zaleski pressochè a tutti coloro con cui venne in contatto, non fu precisamente ottima -me compreso. Egli apparve eccessivamene freddo, riservato, dall'aria annoiata e, diciamolo pure, poco sincera.

(l) -L'intervista di Bethlen, con dichiarazioni francofile, è del 21 maggio 1929. (2) -Non si è trovato un ampio rapporto sulla situazione interna della Jugoslavia e la sua politica estera, che Mussolini trasmise al Re il 29 maggio (ACS, Presidenza del Consigliu,1928-1930, fase. 15/2-7/7184). (3) -Non si pubblica.

(l) Non si pubblica.

452

IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AI MINISTRI A BUCAREST, PREZIOSI, E A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. RR. 1265. Roma, 26 maggio 1929, ore 18.

(Per Budapest). Telegramma ministeriale n. 1222/110 (1). Ho telegrafato Bucarest quanto segue:

(Per Bucarest). Suo telegramma n. 1184 (2).

(Per tutti). Anche da parte ungherese gradirebbesi partecipazione capitale italiano finanziamento società internazionale che potrà eventualmente crearsi in caso liquidazione optanti. Tale società com'è noto dovrebbe anticipare pagamenti al Governo ungherese ricevendo all'uopo dal Governo romeno merci in natura concessioni forestali e sembra garanzie sovventori.

Banca Commerciale confidenzialmente presentita riservasi dare risposta almeno preliminare mentre secondo sue informazioni da Budapest parrebbe che altro gruppo italiano siasi già presentato signor Maniu per interessarsi affare.

Pregola indagare discretamente se ciò sia esatto e telegrafare ogni maggiore possibile chiarimento circa progetti costituenda società esprimendo al contempo suo avviso sulla opportunità o meno incoraggiare e sino a qual punto partecipazione capitale italiano anche in relazione condizioni cui lancerebbesi iniziativa.

Gradirò riscontro urgenza dovendosi fare a Budapest qualche comunicazione prima 30 maggio.

453

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. (P. R.) 5900/265. Atene, 27 maggio 1929, ore 17,55 (per. ore 19,45).

La notizia della recentissima ordinazione di naviglio silurante da parte Turchia (passata come è noto a cantiere italiano) è commentata con passione da questa stampa come indizio di proposito turchi non del tutto rispondente

alle dichiarazioni pacifiche del Governo di Angora ed ha risvegliato un movimento di opinione pubblica, tendente ad attivare l'esecuzione del programma navale ellenico che Venizelos aveva rinviato sine die in attesa della invocata sistemazione delle pendenze con la Turchia. Secondo quanto pongono oggi anche in rilievo giornali ateniesi, è noto infatti che giusta le reiterate dichiarazioni di questo Governo, si era avanzata la proposta di accompagnare tale sistemazione con un eventuale accordo greco-turco per la limitazione dei rispettivi armamenti navali.

Si annunzia oggi una riunione del consiglio superiore della marina da tenersi stasera stessa in presenza di Venizelos per esaminare .il programma navale ellenico. Sembra assai probabile che si decida costruzione dei due primi cacciatorpedinieri sui quali ho già più volte ampiamente riferito.

Non ho mancato, sia personalmente presso questo ministro della Marina e sia per il tramite del nostro addetto navale presso le competenti autorità tecniche, far calorosamente rilevare i vantaggi che potrebbe ritrarre la Grecia affidando all'Italia tale fornitura. Giusta le direttive in possesso del comandante Coraggio ho anche fatto presente che Governo italiano sarebbe disposto effettuare mediante propri organi scandagli tecnici e per conto Governo greco controllo dell'esecuzione forniture nei cantieri della nostra industria privata. Ministero della Marina ellenico ha dichiarato stamane che conta telegrafare oggi stesso a cinque ditte italiane perchè sottopongano offerte e data l'urgenza pregherei considerare opportunità che tali offerte siano inviate qui al più presto, nella forma più concreta possibile ed accompagnata dalle maggiori facilitazioni finanziarie che si possano concedere. Mentre mi riservo riferire ulteriori particolari circa dati caratteristici delle unità desiderate, faccio presente che potendosi offrire il progetto di un tipo di cacciatorpediniere da mille a millequattrocento tonnellate che abbia già dato buoni risultati, si avrebbero maggiori probabilità favorevoli. Naturalmente ditte italiane saranno in gara anche con altri cantieri di altre nazioni e stimo superfluo rilevare opportunità che se possibile industria italiana presenti qui fronte unico o quanto meno senza farsi sul posto eccessiva concorrenza reciprocamente demolitrice.

Pregherei comunicare anche gabinetto Marina.

(l) -Del 20 maggio, che non si pubblica. (2) -T. per corriere 2358/1184 del 14 maggia, che non si pubblica. La proposta di interessare il capitale italiano era giunta da parte romena (t. 1812, Bucarest 12 aprile), poi da parte ungherese, la quale preferiva il capitale italiano a quello inglese e austriaco che si era offerta (t. 2255, Budapest 12 maggio) e infine di nuovo da parte romena (t. 2358 sopra cit.).
454

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2548/270. Atene, 28 maggio 1929, ore 23,30 (per. 01·e 6 del 29).

Questo presidente del Consiglio, informato da Carapanos del mio passo di cui al telegramma n. 267 di ieri (1), dopo aver preso meco appuntamento pel tramite del ministro Affari Esteri, è venuto oggi personalmente a trovarmi alla

R. legazione e mi ha fatto le seguenti dichiarazioni, pregandomi di portarle a

conoscenza dell'E. V.: l) Egli, Venizelos, conferma pienamente quanto mi ha ieri dichiarato Carapanos; 2) Pur non potendo legalmente impedire la celebrazione di una funzione religiosa in chiesa, il Governo ellenico disapprova assolutamente che ad essa possa venire dato un qualsiasi carattere politico comunque in contrasto con la legittima suscettibilità di una potenza estera amica; 3) Il Governo greco mentre è stato del tutto estraneo alla organizzazione della nota funzione funebre (e quantunque il numero degli intervenuti sia stato limitatissimo si da non oltrepassare in totale i 250 o 300) è assai contrariato e dolente della sua effettuazione, ed agirà con tutti i mezzi persuasivi in suo potere presso autorità ecclesiastiche perchè evitino il ripetersi di un simile caso in avvenire; 4) Il Governo ellenico non solo riprova, ma non ammette assolutamente la presenza del colonnello comandante di piazza. Pur essendo già stato verificato che il di lui intervento sia avvenuto in seguito alla circolare di invito che parlava genericamente di funzioni in suffragio dei caduti dodecannesioti nella grande guerra, egli avrà pertanto un severo richiamo e sanzione disciplinare; 5) Venizelos mi ha poscia manifestato il suo stupore che il signor Tsaldaris, capo qui accreditato del partito realista ufficiale ellenico, si sia prestato a manifestazioni le quali, malgrado la intrinseca miserevolezza della loro riuscita, ricercarono la propria giustificazione nel viaggio dei nostri sovrani. Egli mi ha quindi pregato di assicurare V. E. che pur essendo alieno in generale dal favorire la creazione di martiri di quei pochi studenti ed altri esaltati di nessuna effettiva influenza costituenti i silloghi dodecannesioti, è fermamente deciso a chiederne lo scioglimento al tribunale o con apposita legge alla Camera se occorrerà, qualora tali silloghi continuino ad agitarsi in maniera da creare comunque dannosi contrasti colla politica del Governo verso di noi; 6) Venizelos tiene a dichiarare nel modo più formale che indipendentemente da qualsiasi discorso o manovra organizzata dall'opposizione momentanea di lui [sic], il viaggio dei sovrani nel Dodecanneso, evidentemente perfettamente legittimo, non potrebbe avere nè avrà alcuna ripercussione sulla politica della più sincera cordialità verso l'Italia che Grecia intende mantenere e che è stata dallo stesso Venizelos consacrata solennemente nel patto di amicizia firmato con V. E. a

Roma; 7) Venizelos considera anzi a tale proposito giunto il momento di dare

forma più esplicita e concreta alle note dichiarazioni concernenti la questione

dodecannesiota, da lui fatte prima personalmente a V. E. e quindi ai corri

spondenti della stampa estera subito dopo la suddetta firma nella nostra capi

tale; 8) Egli ha pertanto deciso di approfittare di una interpellanza mossa dal

deputato realista intransigente Rallis, per rispondergli nella seduta di venerdì

prossimo di questa camera dei deputati, con formali dichiarazioni pubbliche

che valgano a stabilire in modo preciso ed esauriente quale sia il pensiero ed

il conseguente atteggiamento suo proprio e del Governo ellenico nei confronti

dell'Italia e del Dodecanneso. Fine delle dichiarazioni. Rodi informato.

(l) T. 2542/267, che non si pubblica. Il passo di Arlotta presso Carapanos si riferiva a una manifestazione di irredentisti dodecannesini.

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IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PIJSTA R. 1927/1087. Vienna, 28 maggio 1929.

Nel corso di una conversazione con Peter circa le relazioni fra i nostri due paesi, egli mi ha detto che questo Ministro di Germania -il quale, tra parentesi, è bavarese -gli raccomanda sempre di evitare incidenti con noi. Senonchè, ha soggiunto Peter, i maggiori incitamenti alla campagna anti-italiana vengono ai Tirolesi dalla Baviera. Il governo germanico potrebbe cominciare col dare il buon esempio.

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IL MINISTRO A BUCAREST, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2550!152-153. Bucarest, 29 maggio 1929, ore 0,45 (per. ore 5,45).

Telegramma di V. E. n. 1265/94 (1).

Idea di ricorrere al capitale ed a tecnici italiani per costituenda società forestale romena-ungherese è stata lanciata fin dall'aprile scorso da questo presidente del consiglio (mio telegramma Gabinetto n. 1812/102 del 12 aprile scorso e mio telegramma per corriere n. 2358/1184 del 14 corrente) (2).

Devo aggiungere che signor Maniu, che ho visto ieri per questioni diverse, mi ha fra l'altro spontaneamente accennato a tale suo piano. Egli mi ha dichiarato che formula da lui proposta all'Ungheria secondo modalità pagamento indennità optanti si basava su prestazioni in natura (sale petrolio legname). Per legname egli aveva suggerito a Budapest partecipazione italiana alla costituzione ed all'esercizio del su indicato consorzio, il quale dovrebbe fornire per un periodo di 20 anni, con i proventi dello sfruttamento delle foreste della Transilvania le quote annuali di estinzione dell'indennità.

Queste intenzioni del signor Maniu trovarono, come ho riferito a V. E. col mio suindicato telegramma n. 102, opposizione di questa legazione d'Ungheria. Ora poichè V. E. m'informa che anche l'Ungheria gradirebbe partecipazione italiana, mi sembrerebbe opportuno aderire al desiderio espresso sia da Bucarest che da Budapest ed incoraggiare finanza italiana a prestare suo concorso, restando beninteso che condizione di un tale nostro intervento dovrebbe essere pattuita mediante accordo con questa legazione la quale potrebbe avvalersene

per ottenere eventualmente da questo Governo soluzione di qualche questione pendente e connessa al problema generale delle espropriazioni fondiarie.

Circa opportunità di tale nostra partecipazione faccio presente che industria forestale italiana (e cioè società Feltrinelli; Società Goetz foreste; ... (l) nuove concessioni forestali alla Banca Commerciale per le quali Governo romeno ha dato anche di recente serio affidamento: mio telegramma n. 80) si è affermata ormai in Romania in modo del tutto prevalente. La nuova assunzione dello sfruttamento delle foreste in Transilvania potrebbe quindi condurci al quasi monopolio dell'industria forestale in questo paese. Rilevo altresì, sotto il punto di vista politico, che l'Italia, prendendo a tale modo quasi diretta parte al pagamento indennità optanti, ossia dando possibilità alla Romania di soddisfare ai suoi obblighi ed alla Ungheria di essere pagata, potrà ancora una volta chiaramente mostrare quale importanza essa dia al miglioramento delle relazioni fra Budapest e Bucarest; per quanto infine riguarda offerte da parte gruppo italiano a questo presidente del Consiglio, parmi doverle esdudere dal linguaggio stesso tenuto meco ieri da signor Maniu. Comunque segnalo che oltre Banca Commerciale potrebbe interessarsi al progetto in parola, sia società Feltrinelli e sia nuova Società • Cibe • (connessa all'Adriatica) che travasi attualmente in Transilvania a studiarvi le possibilità di sfruttare idroelettricità.

(l) -Cfr. n. 452. (2) -Cfr. p. 447, nota 2.
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IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. (P. R.) R. 6006/274. Atene, 29 maggio 1929, ore 21,50 (per. ore 23,15).

Dottor Salvatore Orlando ed ingegnere Silvio Gasparini, i quali trovansi Atene per concorrere ad una prossima asta, hanno dichiarato che per fornitura cartucce per conto della Società Metallurgica ltaliana di Milano si interessano ad una combinazione finanziaria (la ·cui trattativa si svolge per ora in forma strettamente riservata) che permetterebbe alla suddetta società di assorbire la maggioranza delle azioni della « Fabbrica Ellenica di cartucceria e polverificio • la quale trasferirebbe così i propri impianti di Atene in mani italiane.

Indipendentemente dalle condizioni alle quali potrebbero concludersi le trattative predette e sulla convenienza delle quali continuano le indagini tecniche, ritengo ovviamente che in linea di massima la cosa dovrebbe offrire interesse per la nostra penetrazione non soltanto industriale in questo paese.

Trattandosi però di una ·combinazione che può presentare qualche aspetto delicato pregherei telegrafarmi riservatamente per mia norma se nulla osta da parte del R. Governo sia dal punto di vista militare che da quello dell'eventuale esportazione di capitali.

(l} Gruppi indecifrati.

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IL CORRISPONDENTE DA VIENNA DEL POPOLO D'ITALIA, MORREALE, AL SEGRETARIO PARTICOLARE DI GRANDI, GHIGI

L. R. Vienna, 30 maggio 1929.

Per consiglio di Mazzotti, indirizzo personalmente a Lei le seguenti informazioni confidenziali avute dai capi del movimento croato qui residenti.

l) L'avv. Ante Pavelic ha fatto ritorno a Vienna lunedì 27 c.m. (1). Egli mi ha fatto chiamare subito dopo il suo arrivo e mi ha detto di essere entrato in Austria all'insaputa delle stesse autorità austriache e di aver quindi tutto l'interesse a tenere segretissima la notizia della sua presenza qui. In seguito a richiesta della locale rappresentanza diplomatica jugoslava, le autorità politiche austriache avrebbero sollevate in questi ultimi giorni eccezioni circa un nuovo soggiorno di Pavelic a Vienna, ma non hanno finora preso nessun provvedimento decisivo. La minaccia di una eventuale espulsione dall'Austria in caso di ritorno è stata fatta pervenire al Pavelic dalla polizia austriaca per tramite del suo amico col. Percevic. Questi, che è presente al colloquio, ag,giunge dal canto suo di essere stato molto reciso colle autorità locali di polizia replicando di non potere escludere a priori che gli amici che il Pavelic conta in Croazia rispondano ad un provvedimento di espulsione a carico di quest'ultimo con qualche rappresaglia: per esempio appiccando il fuoco a qualche vagone di merci austriache.

2) L'avv. Pavelic mi ha dichiarato di esser venuto a Vienna per sistemare affari e sbrigare corrispondenza lasciati in sospeso dopo la sua partenza e che, in ogni modo, conta di far ritorno in Italia tra pochi giorni.

3) Per evitare inciampi formali all'ultimo momento egli desidererebbe che il Ministero degli Esteri italiano desse fin da ora, per tramite di questa R. Legazione, disposizioni al R. Console d'Italia a Vienna per il rilascio del • visto • d'ingresso nel Regno sul suo ,passaporto.

4) Nel colloquio al quale finora mi son riferito -28 maggio c. m. -il Pavelic aveva manifestato il desiderio di incontrarsi qui, a Vienna, col R. Console di Zagabria, Cav. Ubaldo Rochira per importanti ed urgenti comunicazioni, e mi pregava di avvertire io stesso quest'ultimo. Oggi però mi ha fatto sapere che non è necessario che io mi interessi più alla faccenda.

5) Il Col. Percevic mi dà notizia che Pribicevic, prima ancora che lo colpisse il provvedimento di confino, ha scritto al Pavelic aderendo completamente ed incondizionatamente al suo movimento. Il segretario di Pribicevic, signor Wilder, ha lasciato la Jugoslavia e trovasi attualmente in Cecoslovacchia.

6) Percez mi informa (in un colloquio avuto con lui e con il Col. Percevic il 25 c. m.) che, a quanto gli consta, la • Hrvatska Banka », filiale di Zagabria della Commerciale Italiana, sta per concedere un prestito al gruppo tipografico di Zagabria della • Jugostampa •, il quale ha rivelato, dopo la morte dello Schlegel, un forte deficit che il governo di Belgrado si rifiuta di colmare. Il

Percez fa notare che il suddetto intervento italiano farebbe pessima impressione a Zagabria e mette in dubbio l'efficacia di esso sull'indirizzo dei giornali (Novost.i ecc.) del gruppo Jugostampa i quali tornerebbero alla loro campagna contro l'Italia, sol che Belgrado l'avesse a consigliare (1).

7) Il Col. Percevic afferma di aver saputo che il 16 corrente un agente jugoslavo addetto alla Legazione di Jugoslavia a Roma, tale Mato Vucetich, dalmata, è stato trasferito con destinazione alla Legazione jugoslava di Vienna. Qui infatti è giunto da qualche giorno un nuovo elemento, anche egli dalmata ed anche egli, come il Vucetich, parla bene il tedesco: solo che quest'ultimo afferma di chiamarsi Marian Vucich. Si desidererebbero conoscere i connotati del Vucetich per controllare se questi ed il Vucich sono, come si sospetta la stessa persona. Il Percevic suppone che il trasferimento possa essere stato originato dal desiderio degli jugoslavi di disporre a Vienna di persona che conosca bene l'ambiente politico romano e sorvegliare se giungano qui eventualmente emissari del nostro governo.

La risposta al n. 7 ed al n. 3 potrà essere eventualmente inviata alla R. Legazione, poichè di tutto quanto sopra ho personalmente informato il R. Ministro Auriti.

(l) Pavelié era giunto da Livorno.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. GAB. R. 132. Rorna, 31 maggio 1929, o1·e 18.

Ho avuto due colloqui col Conte Appony e reputo necessario riferirli perchè V. S. possa darne comunicazione al Conte Bethlen. Conte Appony ricordando intervista da me concessa a Rakosi, mi ha domandato di precisare mio atteggiamento su questione corona ungherese. Gli ho detto che ciò era di spettanza del popolo ungherese il quale nella pienezza della sua situazione di popolo indipendente risolverà il problema secondo le sue necessità. Nel secondo colloquio il Conte Appony mi ha letto un appunto scritto nel quale la mia affermazione era stata senz'altro tradotta in un mio assenso alla tesi legittimista. Ho invitato il Conte Appony a non esporre in Ungheria una dichiaraZione che non interpreta affatto il mio pensiero. Il Conte Appony ne ha convenuto e non ha più oltre insistito. Gli ho detto fra l'altro che una dichiarazione così grave nella quale veniva fatto il nome di Ottone e dopo un viaggio a Roma, avrebbe sollevato un grande allarme nei paesi della Piccola Intesa con evidente nocumento della causa magiara. Passando al tema della revisione il Conte Appony mi ha domandato il quando e il come. Gli ho detto che il momento di porre il problema della revisione non era ancora venuto pur non essendo molto lontano e che tale problema non avrebbe potuto essere posto -in prima istanza -se non in sede di Lega delle Nazioni. Il Conte Appony ne ha conve

nuto. Avendomi chiesto su quali potenze l'Ungheria avrebbe potuto contare, gli ho detto che poteva contare sull'Italia sulla Germania e sulla benevola neutralità della Polonia. Mi ha domandato se l'Italia vedeva difficoltà allo stabilirsi di relazioni cordiali fra Ungheria e Germania. Gli ho risposto naturalmente di no e ho aggiunto che tale cordialità non poteva realizzarsi fra Italia e Germania a causa del colore dell'attuale governo del Reich. Il Conte Appony mi ha fatto la migliore impressione dal punto di vista della sua gagliardia fisica e lucidità mentale, ma m'è sembrato troppo anti rumeno in particolare e in genere non completamente consapevole delle difficoltà dell'attuale situazione ungherese e europea (1).

(l) Anche Galli con r. 3221/1253 del 21 maggio aveva comunicato • che se in passato, allorchè venne effettuato il r>restito dalla " Hrvatska Banka , al Toni Schlegel potevano esservi delle ragioni di carattere r>olitico che cc.nsigliavano il prestito stesso, sembrami che allo stato delle cose tali ragioni siano venute a mancare ».

460

IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AL PREFETTO DI MILANO, SIRAGUSA

T. 1285. Roma, 31 maggio 1929, ore 24.

Prego V. E. compiacersi disporre affinchè venga personalmente comunicato Gr. Uff. Carlo Feltrinelli Milano a titolo riservato ed in forma verbale quanto segue:

• In previsione auspicato accordo ungaro-romeno circa questione espropri agrari ai transilvani optanti per Ungheria si va profilando progetto costituire società internazionale destinata anticipare pagamenti al Governo ungherese ed a ricevere in compenso dal Governo romeno merci in natura concessioni forestali e sembra garanzia sovventori.

Tanto da parte ungherese quanto da parte romena si è manifestato confidenzialmente desiderio veder concorrere capitale italiano mentre almeno secondo informazioni R. legazione Bucarest propensioni romene si orienterebbero verso formazione consorzio che per periodo venti anni dovrebbe anticipare quote annuali estinzione indennità attribuita all'Ungheria rivalendosi sopratutto coi proventi sfruttamento foreste Transilvania.

R. Governo non sarebbe in massima alieno dall'esaminare opportunità permettere partecipazione capitale italiano alla intrapresa beninteso quando ne fossero meglio vagliati e precisati carattere e possibilità (2).

Occorrerebbe poter segnalare eventualità partecipazione italiana entro più breve termine per non precluderne possibilità anche attese informazioni circa iniziative spiegate da gruppi esteri. E poichè sembra (3) che affare possa offrire speciale interesse per società e gruppi Feltrinelli questo ministero prega

V. S. voler far conoscere sue intenzioni al riguardo ». Sarà gradito da V. E. telegrafico cenno assicurazione.

niera»,

R. -legazione ».
(l) -Testo scritto da Mussolini il 29 maggio. (2) -In una prima minuta il testo a questo punto conteneva la frase seguente, poi soppressa: « Ciò anche perchè assunzione sfruttamento forestale Transilvania ove già affermansi iniziative Società da noi controllate potrebbe ivi condurre ad un quasi monopolio di così promettenti attività ed escludere o limitare pericolo di turbative ad opera concorrenza stra (3) -Nella prima minuta il testo conteneva l'inciso seguente, poi soppresso: «ad avviso
461

L'AMBASCIATORE A MOSCA, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2579/217. Mosca, 1o giugno 1929, ore 19.55 (per. ore 21,55).

Parlando visita Zaleski a Budapest Litvinoff mi ha detto che avevano prodotto sopra di lui una certa impressione gli articoli vari giornali, fra cui alcuni italiani, i quali volevano attribuire al ministro affari esteri polacco intenzioni formare blocco polacco-romeno-magiaro con scopo anti sovietico. Ciò, secondo certa stampa, avverrebbe ad istigazione dell'Italia. Egli non vi prestava fede. N o n vedeva infatti come fosse possibile veramente che una intesa magiaroromena andasse oltre eventuale accordo circa questione optanti. Gli pareva inoltre che Ungheria, essendosi assicurata amicizia dell'Italia non avesse bisogno di quella della Polonia che evidentemente contava assai meno.

Peraltro alcuni giornali italiani avevano recentemente insistito molto sulla intimità delle relazioni italo-polacche di cui era del resto una prova recente elevazione ad ambasciata della legazione italiana a Varsavia (1).

Ho fatto del mio meglio per rassicurare Litvinoff circa continuazione nostra linea politica per nulla ostile alla Russia.

462

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

T. RR. 1291/164. Roma, 1° giugno 1929, ore 24.

Telegramma di V. S. n. 154 (2).

Col mio telegramma 151 (3) concordavo con V. S. sull'opportunità dare Negus una qualche formale soddisfazione circa incidente sottomissione Fitaurari Galu ma escludevo recisamente che essa potesse consistere nell'invio di detto Fitaurari ad Addis Abeba.

Sorprendemi quindi proposta di V. S. di ricondurre Galu alla frontiera con la intesa che Governo etiopico gli darebbe un comando lontano dall'Eritrea salvo a farlo ritornare a delimitazione compiuta in un villaggio compreso nei nostri confini.

Una tale soluzione che equivale ad una vera e propria consegna sarebbe, per il semplice fatto dell'avvenuta sottomissione, contraria al nostro prestigio nei paesi di confine ed è quindi da me nettamente respinta.

D'altra parte mi sorprende come questa sottomissione di un capo di origine eritrea che ella stessa definisce un vecchio brigante alcoolizzato abbia susci

tato una così eccessiva (per non dire voluta) irritazione da parte del Negus. La questione in sé e di per sé di così modeste proporzioni non deve assurgere a tale importanza (come pare che avvenga) da determinare dannose ripercussioni sui buoni rapporti esistenti fra noi e l'Etiopia e sulla soluzione dei vtari affari in corso di trattazione con codesto Governo.

È necessario quindi che ogni opera persuasiva sia da lei personalmente svolta presso il Negus per ricondurre l'incidente nei suoi veri termini.

A tal fine V. S. potrà utilmente servirsi delle informazioni fornitele dal governatore Eritrea col telegramma 2815 del 7 maggio per comprovare l'origine cunama e quindi la sudditanza eritrea del fitaurari Galu, chiarendo al Negus i particolari della sottomissione.

Attendo quindi qualche nuova concreta sua proposta per la soluzione dell'incidente e le aggiungo che sarebbe certo preferibile se questa ci venisse possibilmente avanzata dal Governo etiopico, lasciando però in tal caso immediatamente e recisamente cadere qualsiasi richiesta che comunque dovesse importare la consegna del fitaurari.

(l) -«Curzio Malaparte, pel quale ottenni udienza da Litvinoff, mi riferisce che quest'ultimo si lagnò energicamente con lui dell'elevazione ad ambasciata della legazione di Varsavia ed in genere della politica italiana nei riguardi Polonia, dicendogli che essa tende rafforzare cerchio dei nemici intorno alla Russia» (t. 2497/198 di Cerruti del 25 maggio). (2) -Non rinvenuto. Ma cfr. n. 467. (3) -Cfr. n. 444, che fu trasmesso ad Addis Abeba col numero di protocollo particolare 151.
463

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 1292/194. Roma, 1° giugno 1929, ore 24. Suo 270 (1). Prego V. S. recarsi dal signor Venizelos e dirgli che prendo atto con soddisfazione delle dichiarazioni da lui fatte per la inopportuna recente manifestazione in chiesa, e che rimango in attesa di quelle che egli si propone di fare in pubblico circa questione dodecannesina. Se queste ultime dichiarazioni saranno del tutto corrispondenti a quanto egli mi disse a Roma, esse non potranno che confermare il suo coraggio ed il suo senno di uomo politico nonchè la sua comprensione esatta del valore dell'amicizia italiana per la Grecia, ami

cizia che merita certo il sacrificio di vane ed isolate velleità irredentistiche dodecannesine.

464

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 2616/442. Angora, 1° giugno 1929, ore 21,18 (per. ore 5,30 del 2).

Tanto mio collega Germania quanto quello di Russia che nei passati giorni furono assai turbati dalle voci di crisi che si riconnettevano a quelle sull'accordo franco-turco e sul successo dell'opera di conciliazione esercitata da Fethi bey, dopo conversazioni avute con Tewfik pascià avanti ieri giudicano situa

zione in modo più calmo e più fiducioso per la posizione di questi. Sia Nadolny che Suritz mi hanno in separati colloqui osservato che nell'accordo intervenuto tra Francia e Turchia, quella ottenne un successo di prestigio in quanto Governo turco ha finito col riconoscere linea di confine Siria tracciata da generale Ernest e con perdita breve tratto della riva del Tigri che aveva fatto occupare dalle sue truppe a sud di Geziaere [sic], mentre Turchia ha conseguito un reale vantaggio nella questione della ferrovia nella quale sua posizione di diritto era assai discutibile. Data mentalità e metodi di propaganda propri della Francia, è da attendersi che una volta firmato e pubblicato accordo questo sarà da stampa francese e francofila commentato come un successo o per lo meno come una testimonianza dei sentimenti di amicizia, di conciliazione della Francia verso la nuova Turchia. Ma queste aperte manifestazioni della stampa non devono far perdere la visione esatta dei rapporti turco-francesi. Tanto i due miei colleghi quanto Suad bey dopo loro colloquio Gazi affermano che quei rapporti sono oggi sostanzialmente quali erano ieri. Francia ormai qualunque cosa faccia non riacquisterà, almeno per ora, terreno perduto in Turchia. Oramai e per molti anni, a meno avvenimenti imprevisti, politica estera turca è basata su due colonne: gli accordi con Russia e amicizia fiduciosa reale con l'Italia. Si aggiunge che questo ambasciatore di Francia, come ben noto, non è riuscito a conquistarsi quella simpatia che tanto facilita a chi la possiede i rapporti con questa gente e il suo Governo (1).

(l) Cfr. n. 454.

465

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI

T. (P. R.) R. 5973. Roma, 2 giugno 1929.

Suo telegramma n. 1286 (2). Mi rendo esatto conto delle difficoltà dell'ambiente nel quale agisce codesta

R. legazione. Non ritengo peraltro di dover impartire a V. S. istruzioni speciali per passi ulteriori oltre quelli che ella si è già accinta a compiere presso Kumanudì. È utile, infatti, che il R. Governo, dal canto suo, mantenga ampia libertà di azione reciproca. La più efficace difesa dalla segnalata azione di vigilanza è, evidentemente, che i funzionari della R. legazione usino della massima, indispensabile, circospezione nell'adempimento del loro difficile compito.

• Parlando poi dei rapporti turco francesi in generale, Tewfik pascià dicevami essere ben vero che fra lui e Fethy bey vi è una sostanziale divergenza di vedute, ma questi non è che ambasciatore a Parigi mentre lui è ministro responsabile e Ismet pascià il presidente del consiglio a cui spetta comandare. Egli e Ismet pascià in concordanza assoluta con Gazi mai nei riguardi della Francia non oltrepasseranno quei limiti segnati alla Turchia da obb1igazioni internazionali precedentemente assunte. Politica estera turca è e resta per molti anni circoscritta da accordi con Russia, da quelli con l'Italia, da volontà di cooperare con l'Italia e Grecia per mantenere libero Mediterraneo orientale da qualsiasi egemonia e per combattere qualsiasi infiltrazione della Piccola Intesa nei vicini paesi balcanici. Questa politica chiara e decisa incontra è vero molti nemici, i quali cercano modo farsi valere anche in Turchia, ma Parigi e Belgrado dovranno bene accorgersi che ogni loro sforzo contro quella politica è condannato all'insuccesso •.

(l) Sulle relazioni franco-turche cfr. il t. 2612/431 di Orsini, Angora 31 maggio:

(2) T. (p.r.) per corriere 5895/1286 del 25 maggio, per. il 27, che non si pubblica.

466

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 365. Londra, 2 giugno 1929.

La politica estera non ha figurato sulla piattaforma delle elezioni generali inglesi. Nessuno dei tre partiti in lotta ha toccato il tasto delicato delle relazioni internazionali nei pubblici comizi e nella stampa, ad eccezione di qualche fugace allusione che si è sempre fatta più rara a misura che si avvicinava il giorno delle elezioni. L'unico accenno importante, che voleva peraltro riferirsi più alla politica finanziaria che alla politica estera, è stato quello sulla sistemazione dei debiti interalleati fatto da Snowden, che sarà domani molto probabilmente Cancelliere dello Scacchiere.

Ma ciò non significa che la politica estera sia stata del tutto estranea alla sconfitta del Gabinetto Baldwin. V. E. sa già dai miei rapporti e da quanto hanno pubblicato i giornali da un anno a questa parte, quanto la politica estera del governo conservatore sia stata criticata in Inghilterra, forse più che all'estero, per il fiasco della conferenza navale, per il famoso progetto di accordo con la Francia, per la rottura delle relazioni con la Russia, e, in generale, per il suo carattere debole ed indeciso, troppo condiscendente verso la politica francese e troppo poco preoccupato dei rapporti con gli Stati Uniti d'America. Il Gabinetto Baldwin, in cinque anni di governo, sorretto da una eccezionale maggioranza, non ha avuto al suo attivo che un solo successo: Locarno. Ma anche in Inghilterra, dove laburisti e liberali sono ancora più dei conservatori per una politica di pace ad ogni prezzo e in tutto il mondo, molti ormai hanno aperto gli occhi sulla portata del Patto di Locarno e sullo scarso valore che esso può rappresentare di fronte a tutti i reali problemi che l'Europa non ha risolto e deve affrontare.

La popolarità di Chamberlain è andata sempre più diminuendo da quattro anni in qua e non esiterei a dire che egli è forse oggi il ministro più impopolare del Gabinetto. A Birmingham, nel vecchio collegio di suo padre, Chamberlain non è riuscito a farsi eleggere che con 43 soli voti di maggioranza e si arriva persino a dire in giro, non soltanto che sarebbe stato meglio che questi 43 voti non li avesse avuti, ma anche che le sorti dei conservatori sono state in parte compromesse dalle pubbliche dichiarazioni ripetutamente da lui fatte che Baldwin gli aveva chiesto di conservare il portafoglio degli Esteri nella combinazione ministeriale che sarebbe uscita dalle elezioni, se i conservatori fossero rimasti al potere.

Ora, qualunque sia per essere la soluzione che costituzionalmente verrà data alla crisi derivante dal risultato delle elezioni, è facile prevedere che la prevalenza dei laburisti alla Camera dei Comuni, la disfatta dei conservatori, e l'importanza che i liberali assumeranno come partito di equilibrio, costringeranno il nuovo governo a mutamenti non indifferenti nelle direttive della politica estera dell'Inghilterra. E ciò malgrado la tradizionale leggenda della continuità della politica estera di questo paese attraverso l'alternarsi dei partiti al potere.

Senza fare delle previsioni troppo precise, si può facilmente presumere che saranno prima o dopo ristabilite le relazioni con la Russia, che sarà intensificata la politica del disarmo e di un riavvicinamento all'America, che sarà usata una condiscendenza maggiore verso la Germania e che saranno allentati gli intimi rapporti con la Francia. Alcuni prevedono anche che la ripercussione del nuovo stato di cose sarà forte anche in Egitto e in India, ma ciò mi sembra poco probabile, dato che il geloso e già tanto difficile mantenimento dell'integrità dell'Impero e delle vie che lo servono, è stato sempre un terreno in cui tutti i partiti sono stati concordi.

Nei riguardi dell'Italia non credo vi sia ragione di preoccupazione per un eventuale pregiudizio dei buoni rapporti che sono finora esistiti tra i due paesi. Qualche voce demagogica potrà più spesso levarsi contro il preteso pericolo che il Fascismo rappresenta per la pace, ma il governo qualunque esso sia continuerà a mantenere la politica finora seguita e non potrà, se mai, che migliorarla se si allontanerà dalla troppo marcata influenza di altre Grandi Potenze (1).

467

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2647/158. Addis Abeba, 3 giugno 1929, ore 19 (per. ore 21,10).

Ripetizione mio telegramma 154 (2).

Decisione di V. E. è molto saggia se vogliamo continuare nell'attuale politica verso l'Etiopia. Infatti per risolvere incidente oltre argomenti da me addotti occorre tener presente che da trattato di pace 1897 ad oggi non abbiamo mai accettato sottomissione di alcun capo etiopico. Si è fatta una sola eccezione per questo vecchio brigante responsabile uccisione diecine nostri sudditi, razzie centinaia capi bestiame nostra popolazione il quale aveva già richiesto quattro volte sottomissione, che S. E. Gasparini prevedendo ripercussione oltre confine aveva sempre negato.

Una formale soluzione incidente è tanto più opportuna in quanto da fonte sicura mi risulta che il Governo etiopico per rappresaglia avrebbe anche intenzione proibire severamente sudditi etiopici arruolarsi nostre truppe coloniali.

« 11 governo labourista ha suscitato vive inquietitudini per la ostilità che il governo dittatoriale potrebbe incontrare, per l'incoraggiamento alle minnranze macedoni (l'articolo di Mac Donald anche se scritto prima di salire al potere, non cessa di essere espressione precisa del suo pensiero,, e di marcare quali siano le sue ten<;~enze). _L"; linea di condotta segui~a <!a questo Ministro d'Inghilterra, Kennard, grande e saggw consighe.re del Governo. SCS, rischia perciò di avere in prossimo tempo qualche grave smentita e disavventura. Anche la possibilità di ripresa di relazioni fra !nghilt~rra e Soviet. pone. il problema anche per questo stato dove negli ultimi mesi le simpati~ P<;'r Il cessatC! r~gime s~ sono aper~amente raffc;>rzate.

Verso di noi le dichiarazioni di volere chiarue la situazwne di preparare Il terreno al rinnovamento del oatto di amicizia sono costanti. Non possono nè debbono illudere perchè non corrispondono nè asincerità di intendimenti, n~ alla linea politica che il go:'ernc;> Dittatmiale persegue. Con gli obbiettivi che _esso mostra di voler _raggmngere (progre~sivo In.feudamento alla politica francese, subordinazwne dello sta~o ma~gu:.re SCS a quello d~ Frai_ICI!i• .rafforzamento dello strumento militare, obbedienza a1 cenm _di Praga, t_endenze I~periahstiChe balcaniche), non credo possa coesistere accoJOdO sostanz1_alme_nte utile per no1. .

Se questo è il mio subordinate. pens1ero sulla. s1tuazwne ge_nerale e _spec1e per quant_o riguarda le attuali relazioni italo-ju~o~lave, ho pero b<;n presenti nella m1a condotta quotidiana le chiare direttive c~e V. E. s1 <; degnato darm1 11 17 corrente mese •·

Le istruzioni del 17 gmgno 1101;1 s1 sono trovate.

33 -Dcc10menti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

Come V. E. sa sono diecine migliaia uomini che si recano Asmara per essere inviati poi in Libia dove da anni si sono battuti e si battono valorosamente per noi. Mi domando se per un vecchio brigante alcoolizzato si debba giungere a questo risultato! Migliore soluzione per ristabilire senza nubi nostri rapporti mi sembrerebbe questa: Governo etiopico non avendo risposto mia nota documentata protesta per accusa cattura a forza Fitaurari Galu ha lasciato cadere accusa stessa e la ritira. Da parte nostra in seguito errore autorità frontiera che ignoravano riconosciuta qualità capo etiopico Fitaurari Galu per dimostrare nostri leali intendimenti lo riconduciamo alla frontiera con l'intesa che il Governo etiopico per questi pochi mesi che gli restano da vivere gli darà un comando lontano da tutte le nostre frontiere. Egli sarà lasciato libero a delimitazione compiuta ritornare suo villaggio che sarà sicuramente compreso nostro territorio. In pari tempo, Governo etiopico per confermare pubblicamente presso popolazioni confinarie sue intenzioni amichevoli verso di noi dovrebbe rinnovare solennemente pubblicazione bando 6 febbraio 1904 (volume primo raccolta trattati ecc. relativi all'Africa pagina 710) (l) rimasto dopo pochi mesi lettera morta e che era stato considerato sempre di grande importanza per noi. Come è noto molti sono nostri sudditi sconfinati. Buon numero è rientrato nel 1927 dopo accordi fra questa legazione e S. E. Gasparini. Conferma bando avrebbe sicuramente grande effetto sulle relazioni popolazioni capi confine. Per confermare quale sia spirito Negus riferisco che erano in corso intese fra noi per stabilire che il Governo etiopico non avrebbe più assunto in servizio originari nostre colonie finitime senza previo accordo e consenso di questa legazione e che lo stesso Negus si era offerto restituirei originari Eritrea occupanti cariche Governo etiopico se noi ne avessimo fatto richiesta indicandoli nominativamente. Se poi non si volesse dare all'incidente carattere gravità e seguire altro sistema dopo avere dimostrato al mondo col testo accordi itala-etiopici nostra volontà pacificazione, si potrebbe ancora farlo dato che non ho scambiato ratifiche in attesa risoluzione incidente. Io riterrei preferibile una soluzione netta in un senso o nell'altro piuttosto che con una mezza misura credere di potere riprendere rapporti in un'atmosfera viziata mentre si ripeteranno invece passate vane lotte contro un ambiente sospettoso e ostruzionistico.

(l) Cfr. il t. per corriere 4214/1540 di Galli del 25 giugno:

(2) È quello a cui rispondeva 11 n. 462.

468

IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AL MINISTERO DELLA GUERRA (2)

TELESPR. R. 228181/821. Roma, 3 giugno 1929.

A foglio 23 maggio n. 9770.

Nel prendere atto del cortese foglio surriferito, si ha il pregio di far presente a codesto On. Ministero che detta comunicazione, concernente le disposizioni opportunamente già adottate e le istruzioni impartite al R. Addetto Mi

n. -228182.

litare a Budapest in seguito al rapporto del Ten. Col. Oxilia 11 maggio n. 197, si è incrociata con ulteriore rapporto 23 maggio, n. 1364/540 A. 51 del R. Ministro in quella Capitale che richiama l'attenzione dell'Amministrazione scrivente anche sui rapporti 15 e 20 maggio n. 204 e 205, dello stesso Addetto Militare (1).

Nella circostanza, osserva il Conte Durini quanto segue: • Il viaggio in Italia della Missione Militare Ungherese condotta dal Generale Demeny rappresenta un primo tangibile risultato del più recente ciclo della nostra politica in questo Paese -dopo quello culturale e politico -il militare. E cioè sottrazione morale dell'Esercito e dei suoi Capi all'influenza tedesca, da un lato, ed accaparramento, da parte nostra, per quanto è possibile, delle forniture militari necessarie a questo Esercito attualmente in pieno sviluppo e riordinamento e ciò anche in pieno accordo col Conte Bethlen.

Riterrei quindi nostro precipuo interesse agevolare il compito della missione del generale Demeny •.

Poichè tutto ciò rientra in direttive ormai ben note, questo Ministero non può se non concordare nell'avviso espresso da quel R. Rappresentante e si affida al prudente accorgimento di codesta competente Amministrazione, che si compiacerà di esaminare le modalità meglio indicate per mettere discretamente in pratica tali suggerimenti.

(l) Cfr. MINISTERO AFFARI EsTERI, Trattati, convenzioni, acco1·di vrotoco!li ed altri documenti relativi a!!'Africa 1825-1906, l, Roma, 1906, pp. 710-711. '

(2) -Il telespresso venne inviato, per conoscenza, anche alla legazione a Budapest col
469

IL VICESEGRETARIO DEL PARTITO NAZIONALE FASCISTA, MELCHIORI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

L. Roma, 3 giugno 1929.

Per opportuna conoscenza e per quei provvedimenti che riterrai del caso, ti trasmetto copia del rapporto pervenutomi dalla Federazione Provinciale Fascista di Zara in data 21 maggio 1929 con nota 534/215/MP 27 Ris.

ALLEGATO.

MARINCONVICH A MELCHIORI

Zara, 21 maggio 1929.

In relazione alla mia comunicazione in data 13 Maggio riferente il nostro concittadino Micich Natale da Malpaga, debbo segnalarti che pochi giorni dopo detto incidente gli stessi gendarmi jugoslavi compirono altro atto di delinquenza contro il fratello dello stesso Micich.

Mentre quest'ultimo attraversava il confine ed era già entrato nel nostro territorio i gendarmi tentarono di aggredirlo, approfittando dell'assenza dei nostri

carabinieri, in quel momento. Il Micich si dette alla fuga ed allora i gendarmi presero il suo cavallo, che, ripeto, si trovava già nel nostro territorio, e lo sequestrarono riportandolo nel loro paese.

S. E. il Prefetto Vaccari fece una protesta formale che finì, a quanto mi consta, con la semplice restituzione del cavallo.

Comunque reputo opportuno informare il Partito, in linea tutt'affatto riservata, che S. E. Vaccari ha inaugurato una politica di affettuosa cordialità con il Console Jugoslavo a Zara, politica che non so a quali concetti si ispiri nè a quale utilità possa mirare.

Oltre al fatto che, già altra volta, egli chiese ed ottenne di fare una gita con tre automobili, insieme a dei suoi parenti ed amici, fino alle cascate del Kerca e indi fino a Sebenico, sta la notizia freschissima del suo incontro prestabilito e avvenuto domenica scorsa, 19 corr., nelle acque del Canale di Zara, con il predetto Console Jugoslavo Sig. Simich.

Egli visitò quindi, accompagnato dal detto Console, l'Isola di Ugliano, di pertinenza, purtroppo, del Regno S.C.S. Mentre continuano altri antipatici incidenti, che io con foglio a parte ti segnalo. Questo atteggiamento di S. E. Vaccari non può fare favorevole impressione.

Io non so a quali direttive di Governo egli sì attenga, nè so se il Governo lo abbia autorizzato a varcare la frontiera per andare nei territori del Regno Serbo Croato e Sloveno; ma ritengo opportuno affermare che io lascerei fare la diplomazia ai diplomatici, come riterrei molto più logico e più italianamente e fascisticamente utile serbare nei confronti della Jugoslavia quel tono di superiorità dignitosa e severa che si conviene all'Italia e ai suoi rappresentanti, specie quando da parte Jugoslava continuano quotidianamente episodi di brutale e barbarica malvagità nei confronti dei nostri cittadini.

(l) Si cita qui in nota solo il rapporto 20 maggio nel quale Oxilia ricordava che per il conseguimento della collaborazione militare itala-ungherese avevano " valid'lmente conco;:so le conversazioni svolte a Roma dal generale Algya Pap c a Budapest da S. E. Grandi •.

470

IL DELEGATO NEL COMITATO DEGLI ESPERTI PER LE RIPARAZIONI, BUTI, AL CAPO DELL'UFFICIO SOCIETA DELLE NAZIONI, ROSSO

L. P. Parigi, 4 giugno 1929.

Ti ringrazio della tua lettera da Roma e ti rispondo a Madrid presso l'Ambasciata. Sono contento della soluzione prescelta. Mi sarebbe veramente rincresciuto se V. fosse dovuto restare a Roma a causa, sia pure involontaria, della mia permanenza a Parigi. Sono anche contento che Tommaso prima di partire abbia avuto questo contentino. Qui finiremo venerdì o sabato. Il tempo di levare le tende, e martedì o mercoledì della settimana ventura, partirò per Roma con una breve fermata a Firenze. Ha preso a tutti una furia indiavolata, e si fanno sedute anche di notte.

Sono d'accordo con te che a Madrid non si parlerà di cifre. Non credo che se ne sarebbe parlato anche se qui non ci si fosse accordati. Non so quello che l'improvvisata partecipazione laburista al Consiglio della Lega permetterà all'Inghilterra di fare. (Tuttavia ci sono gli Uffici e c'è la

Tesoreria intinta di laburismo). Certo che Stresemann vorrà trattare dell'evacuazione della Renania. Oramai è sicuro che l'accordo qui si è fatto per intervento preciso di Stresemann. (I rapporti tra Francia e Germania sono più complessi e più diretti di quanto si possa pensare). La Renania premerà però anche ai laburisti. Ma la Renania vuol dire riparazioni, rapporto. Ora se la Renania ci interessa in modo indiretto, il rapporto ci interessa direttamente; e nel rapporto sono diversi punti che sono stati superati vincendo forti resistenze, fondate su interpretazioni del deliberato di Ginevra e di origine governativa, secondo cui gli Esperti non avrebbero sempre rispettato i limiti della loro competenza.

Sono queste resistenze, e gli interessi a cui esse rispondono, che mi preoccupano, fìnchè i Governi non abbiano approvato il rapporto, e in relazione alla sua approvazione, pel bene e pel male che possa venirne ai fini dell'approvazione stessa. Se a Madrid si parlerà del rapporto come a Lugano si parlò di riparazioni, niente da temere. Diverso se, discutendosi di evacuazione, entreranno, di riflesso, in campo le riparazioni, e potranno offrire materia di negoziati.

A proposito di evacuazione Moreau ha fatto giorni fa a Pirelli delle confidenze circa le condizioni che la Francia intenderebbe di mettere per il ritiro delle truppe: dichiarazione tedesca a proposito dell'Anschluss nel senso di rinuncia definitiva a qualsiasi velleità annessionista, e dichiarazione a proposito della frontiera tedesco-orientale. Un complemento di Locarno insomma! Ho anche fatto un telegramma a Roma, che avrai avuto (1). Sarebbe forse bene che per l'Anschluss ti facessi mandare da Romano copia di una dichiarazione rilasciata da Chamberlain a Torretta nel 1925 nel periodo preparatorio di Locarno (2).

Naturalmente non so affatto quanto le notizie di Moreau siano attendibili. Ti ringrazio di avermi portato agli Scacchi. Sei stato molto cortese a pensarci. Speriamo bene.

Quanto ai congedi, veramente avrei preferito di approfittarne subito. Quest'ultimo mese è stato molto duro, e sono stufo, arcistufo. Quest'ultimo mese il Comitato è stato in continuo subbuglio. Ad ogni modo va bene. Però ora dovremo subito pensare, insieme con le Finanze, alla preparazione della Conferenza che dovrà approvare il rapporto degli Esperti e metterlo in atto. Le questioni saranno molte e intricate, chè per molte di esse qui ci siamo attenuti a indicazioni molto generiche. Io mi domando quindi molto seriamente se potrò ancora continuare ad occuparmi del rimanente dell'ufficio, oppure se non convenga, almeno per tutto quest'anno, di non fare più conto su di me. Inoltre ci sarà la preparazione della Conferenza in rapporto con le altre Cancellerie. Non ti dico poi per il 1930, quando spero di andarmene. Pensaci e fallo con simpatia.

(l) -Non si pubblica. (2) -Cfr. serie VII, vol. IV, n. 44.
471

IL MINISTRO AL CAIRO, PATERNO', AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2658/148. Cairo, 5 giugno 1929, ore 15,15 (per. ore 16,55).

Risultato elezioni britanniche viene commentato con molta obiettività da tutta la stampa. Anche giornali d'opposizione pur non confessando la loro intima gioia per scacco subito dai conservatori, mantengono atteggiamento corretto spiegabile con rigore disposizioni sulla stampa. In seno Wafd aspettativa è vivissima. Risorgono speranze in vista Gabinetto labourista da cui il partito spera ottenere ripristino parlamento e possibilmente modus vivendi con Gran Bretagna. A tal fine è già partito per Londra vice presidente del partito con incarico di prendere contatti con nuovo Governo. Lord Lloyd mi ha detto che risultato elezioni è stato per lui assolutamente inatteso e indica fallimento sistema parlamentare. Alto commissario britannico appare piuttosto depresso per nuova situazione che presenta molte analogie con quella italiana del periodo prefascista. Lord Lloyd che ha sempre manifestato per S. E. Mussolini grande ammirazione mi ha detto che solo un Mussolini potrebbe rimettere le cose a posto in Inghilterra. Impartisco istruzioni RR. consolati affinchè nostre colonie mantengano assoluta neutralità.

472

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2666/292. Londra, 6 giugno 1929, ore 13,55 (per. ore 17).

Churchill che ho incontrato ieri sera ad un pranzo dal principe di Galles mi ha chiesto con interesse quali erano impressioni di V. E. sul risultato elezioni inglesi e cambiamento. Ho risposto che l'ignoravo personalmente ma che dal linguaggio della stampa italiana si poteva dedurre come in Italia si considerasse senza alcuna preoccupazione avvento dei laburisti al potere. Churchill appellandosi ai buoni rapporti personali esistenti tra lui e V. E. mi ha detto: « faccia sapere a Mussolini da parte mia che tutto andrà bene ». Churchill mi ha detto poi che riteneva Mac Donald avrebbe finito per tenersi per sè portafoglio esteri. Giornali fanno oggi di nuovo nome Henderson ma lista membr1 nuovo Gabinetto non è ancora pubblicata.

473

IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO

T. (P. R.) 6219. Roma, 6 giugno 1929, ore 21.

Il R. ministro in Addis Abeba, in data 4 corrente, ha telegrafato quanto segue:

• Ho telegrafato a governo dell'Eritrea che questo Governo desidererebbe acquistare 10.000 sacchi grana,glie per il Tigré, una delle numerose provincie impero minacciate dalla carestia. Negus che avrebbe potuto acquistare altrove e direttamente cereali preferisce farlo per il nostro tramite per mostrare popolazione confine nostri buoni rapporti ed a questo scopo conta sull'appoggio ed interessamento R. Governo affinchè acquisto suddetto avvenga sollecitamente ed alle migliori condizioni possibili. A questo proposito mi richiamo alla situazione inversa determinatasi nel 1927 quando ottenni dal Negus revoca divieto d'esportazione granaglie per l'Eritrea che trovavasi allora critiche condizioni (mio rapporto 36 in data 17 settembre 1928) •.

Questo ministero concorda pienamente col R. ministro nella opportunità di accogliere immediatamente ed alle migliori condizioni possibili la richiesta del Governo etiopico e prega l'E. V. di voler telegraficamente informare il governatore dell'Eritrea di tale suo avviso che non dubito l'E. V. vorrà condividere.

474

IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AL MINISTRO A BUCAREST, PREZIOSI (l)

TELESPR. 228714/160. Roma, 6 giugno 1929.

A telespresso 920/276 del 14 aprile 1929. Il Presideute del Comitato per la Mobilitazione Civile, con documentato foglio n. 87 R. E. del 27 maggio comunica quanto segue:

• La Società Metallurgica Italiana ha fatto tenere a questo Comitato per la Mobilitazione Civile un suo promemoria circa un "affare" che sarebbe possibile concludere in Romania, per il ripristino di un grandissimo quantitativo di munizioni d'Artiglieria.

Si tratterebbe di un complesso di lavoro per l'importo di circa mezzo miliardo di lire italiane, totalmente rientrante nel quadro specifico delle " industrie fondamentali belliche " e collimante altresì con il razionale indirizzo che le industrie fondamentali belliche possano trovare appoggio sull' " esito all'estero" del proprio lavoro e della propria produzione. Elementi particolari risultano dal promemoria medesimo, che si annette al presente.

n. -228715/178.

A parte le ragioni generiche di penetrazione della nostra industria all'estero, -(ed anche a parte altre considerazioni di natura più alta e più delicata), -sulle quali mi astengo per deferenti motivi di competenza dal soffermarmi; -ritengo che una occasione cosi favorevole di sviluppo della nostra attività nello specifico campo del munizionamento da guerra, -sviluppo che, pur esercitandosi fuori Paese, conferirebbe in misura assai cospicua al benessere ed alla vitalità di una nostra industria fondamentale, --non possa in modo alcuno essere trascurata, rimanendo nello stretto ambito della missione e delle finalità di questo Comitato per la Mobilitazione Civile.

Per tale riflessione, credo doveroso segnalare alla E. V. quanto mi viene comunicato dalla Società Metallurgica Italiana, ed esternare voti perchè l'opera della Società medesima possa venire appoggiata dalle competenti autorità di Governo, rivolgendomi, in tal senso, al benevolo interessamento della V. E.

Non ritengo conveniente esporre in merito ulteriori diffuse considerazioni, e soggiungo soltanto che rimango a disposizione di V. E. per quegli ulteriori elementi di giudizio, che, eventualmente, fossero desiderati, o ritenuti del

caso·· Nell'unire il documento allegato alla trascritta comunicazione, prego la

S. V. di adoperarsi perchè per ragioni di penetrazione della nostra industria all'estero e per considerazioni che non possono sfuggire all'oculato discernimento della S. V., il desiderio manifestato dal Presidente del Comitato surriferito possa avere un seguito favorevole.

Gradirò il rinvio dell'allegato.

(l) -Il telespresso venne inviato per conoscenza al Comitato Mobilitazione Civile col
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LA DIREZIONE GENERALE DEL BANCO DI SICILIA AL MINISTERO DEGLI ESTERI

N. 872 R. Palermo, 6 giugno 1929 (per. l'll).

Pervenutomi li telespresso di codesto On. Ministero del 21 febbraio (l) relativo alla prospettata opportunità di costituire in Tunisi una società locale per l'acquisto e la quotizzazione di terre fra italiani, detti incarico ad un esperto funzionario, pratico degli uomini e delle cose della Reggenza, di studiare dal punto di vista pratico, sul luogo, la possibilità di dare vita feconda ad una impresa del genere e la convenienza di parteciparvi.

Il detto funzionario, dopo ponderato studio della questione, manifestò parere favorevole, malgrado le difficoltà da superare, circa al merito dell'azione che si vorrebbe svolgere, purchè, però, essa abbia proporzioni non vistose e i caratteri di una normale attività economica di iniziativa privata.

Egli segnalò in pari tempo riservatamente che del progetto sottoposto a cotesto On. Ministero era già nota nell'ambiente la provenienza, ciò che non ne avrebbe di certo ,favorito lo svolgimento.

Sta poi in fatto che la estensione della attività della Banca Italiana di Credito di Tunisi al campo agrario ed ai più importanti fra i minori centri della Reggenza -estensione che è stata iniziata ed è in corso in base agli incitamenti dati ed all'appoggio assicurato dal Banco -ha fatto contrarre a quest'ultimo degli impegni che non consentono, allo stato, di distrarre dai relativi compiti parte alcuna dei non larghi mezzi disponibili per l'azione di carattere e di interesse nazionale che l'Istituto si è proposto di svolgere in Tunisia.

Mi onoro tuttavia assicurare l'E. V. che tanto il Banco che la Banca Italiana di Credito continueranno a dedicare vigile attenzione all'importante problema del lottizzamento di terreni fra connazionali, e non mancheranno di favorire nella più larga misura possibile le iniziative realizzatrici che al riguardo potranno utilmente sorgere.

(l) Non si pubblica. Secondo il progetto elaborato dal console generale a Tunisi ed accettato dal Ministero, la costituenda società avrebbe dovuto avere un capitale iniziale di 15 milioni di franchi. Sull'argomento cfr. nn. 105 e 123.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. 1324/142. Roma, 7 giugno 1929, ore 12,30.

Suo telegramma n. 194 (1).

Osservo che codesto Governo, nella lunghezza inopportuna ed artificiosa delle trattative e nel conseguente sorgere di sempre nuove bramosie e gelosie, eccitate maggiormente dalla prospettiva dell'asta pubblica, sembra aver perduto di vista che la questione dell'assegnazione del monopolio dei carburanti ha per l'Italia ed ancor più per l'Albania un'importanza di carattere politico e militare; e che codesta legazione si è occupata della cosa, dietro mie istruzioni, unicamente in considerazione di questo punto di vista. Sarà opportuno che la

S. V. cominci col far sapere che, all'infuori di questo interesse comune ai due paesi, nè il Governo fascista nè l'AGIP avrebbero ragione di interessarsi della questione.

Il concorso di società albanesi all'asta avrà come conseguenza che se la società italiana concorrerà essa dovrà accettare per vincere condizioni disastrose e così il Governo albanese ci farà pagare per anni molto caramente il concorso che presteremo in un momento critico alla salvezza nazionale dell'Albania.

Aggiungo, per sua personale conoscenza, che Pini si è impegnato a mettere Campbell (2) e la Standard New York fuori della questione, riservandosi di accordare la Standard New Jersey (3) cioè l'Itala-Americana con l'AGIP. Pini ha anche riferito che l'Anglo-Persian non concorrerebbe direttamente alla gara ma, se mai, metterebbe avanti un gruppo albanese.

Sta dunque il fatto che la gara ci porrebbe di fronte a concorrenti albanesi che farebbero capo a quelle società straniere che Sua Maestà ha dichiarato di voler escludere per ragioni di sicurezza nazionale.

Quanto alla capacità di una società albanese di impiantare tecnicamente il servizio in modo che domani questo possa automaticamente diventare' il fulcro logistico di operazioni belliche, ritengo che il generale Pariani potrà esprimere a Sua Maestà un parere abbastanza convincente. Ciò sempre quando la concorrenza albanese non provenga da società senza fondamento che non mirino ad altro che a farsi tacitare preventivamente da noi spillandoci denaro.

Non sono disposto a passare comunque sotto le forche caudine di dover pagare a duro prezzo l'onere di contribuire agli interessi nazionali dell'Albania.

La S. V. veda perciò se vi è modo di far sospendere l'asta e, rimandare il tutto a un momento più opportuno, salvo, ben inteso, il caso che Sua Maestà le desse ogni possibile garanzia che l'asta abbia carattere puramente formale e sbocchi alla aggiudicazione della gestione all'AGIP alle condizioni già da questa accettate. In caso diverso, ella dovrà prospettare a Sua Maestà tutta la responsabilità che egli e il suo Governo si assumono nel trattare come una fornitura qualsiasi un servizio così essenziale alla sicurezza del paese, ed aggiungerà che l'Italia si asterrà dalla gara. Sua Maestà deve comprendere che la sicurezza dell'Albania ci sta a cuore ma che l'Albania è la più interessata e che non intendo, nell'aiuto che presto alla organizzazione dei servizi essenziali militari albanesi, dover vincere difficoltà e sopportare pesi che si possono evitare.

Questa insensibilità di alcune sfere albanesi per gli interessi comuni e questi tentativi di sfruttare invece l'alta comprensione che ne ha l'Italia non possono non arrecarmi un rincrescimento che la prego di manifestare a mio nome personale a S. M. il re.

(l) -T. (p. r.) 6187/194 del 1° giugno, che non si pubblica. (2) -Rappresentante della Standard Oil Company di New York, che intendeva concorrere all'asta. (3) -Concessionaria per l'Albania della Società petrolifera Itala-Americana.
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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 3908/1412. Belgrado, 7 giugno 1929.

Da qualche giorno travasi a Belgrado il Ministro SCS a Berlino Signor Baludzich.

Da fonte fiduciaria mi si informa che parlando delle minoranze russe (questione nella quale come già scritto questo governo SCS non ha potuto far sentire il suo punto di vista perchè ne sarebbe venuto un forte indebolimento alla sua posizione nella questione della Macedonia) Baludzich ha affermato che al governo SCS era oggi impossibile solidarizzarsi con esse vista la situazione internazionale nella quale la Jugoslavia si trova attualmente. Belgrado dovrebbe evitare di divenire centro di propaganda di queste minoranze tra altro poichè esse si trovano prevalentemente nei due altri componenti la Piccola Intesa.

Baludzìch avrebbe affermato che la situazione Jugoslava sarebbe seria a causa dell'Italia. Già lo scorso anno, il Ba!udzich avrebbe continuato ad affermare -sempre secondo tale fonte fiduciaria che ha con lui molta dimestichezza -che la Francia avrebbe attirato l'attenzione del governo SCS che essa non sarebbe stata in grado di intervenire in caso di guerra fra Jugoslavia ed Italia, che perciò era necessario che la Jugoslavia si astenesse da tutto quanto potrebbe servire all'Italia di pretesto aggressivo con la Jugoslavia. È per questo anche che taluno dei suoi articoli è stato vietato.

Il momento attuale è per di .più estremamente delicato a causa del risultato delle elezioni in Inghilterra e nei circoli dirigenti si manifesta a questo riguardo una qualche nervosità.

Baludzich svolge intanto la sua maggiore attività per un riavvicinamento alla Germania. Egli sostiene che l'avvenire della Jugoslavia è l'accordo con la Germania e con la Russia risorta, e ritiene possibile tale riavvicinamento anche senza mancare agli impegni verso la Francia. Non è dubbio che a causa del risultato delle elezioni inglesi egli trovi molti argomenti che rafforzano tale tesi.

Baludzich trova in tali sue direttive un sicuro appoggio in questo Ministro di Germania Signor Koester, il cui arrivo ha segnato indubbiamente l'inizio di un nuovo indirizzo della attività germanica in Jugoslavia, dove la Germania aveva fin qui dimostrato unicamente scopi e finalità economiche, e culturali.

Le manifestazioni tedesco-jugoslave si sono ultimamente intensificate, come risulta dai miei ultimi rapporti. Citerò le feste molto calorose fatte ai 400 automobilisti che nelle settimane scorse hanno percorso fra inni ed archi di trionfo le città della Jugoslavia, ed il viaggio del Koester nella Serbia meridionale (vedi mio telespresso n. 2510/988 del 25 aprile), che queste autorità hanno subito sfruttato ai loro fini antimacedoni.

È particolarmente da notare il discorso tenuto a Zagabria dal Koester per il banchetto agli automobilisti tedeschi, nel quale si professò « ammiratore degli sforzi compiuti dai popoli SCS per raggiungere l'unità dello stato, unità che la

Germania ammirava per aver essa stessa tanto penato ad attenerla». Questa frase sollevò le ire dei giornali tedeschi, che rimproveravano il Koester di aver dimenticato che vivono in Jugoslavia delle forti minoranze tedesche, a cui non si riconoscono i diritti necessari al loro sviluppo culturale.

Evidentemente, la realizzazione di un programma di riavvicinamento con la Germania incontra oggi una qualche opposizione non nella massa della popolazione che, sia in Croazia e Slovenia, che in Serbia è molto ben disposta verso la Germania, ma nel governo SCS, il quale non vuole certo abbandonare la sua politica di stretta amicizia colla Francia preoccupato come è del pericolo Italiano.

Ma, come ebbi già a riferire all'E. V., questo Governo è molto attento nel mantenere dei legami sentimentali coi russi. Su questo punto Germania e Jugoslavia si incontrano e più ancora potranno incontrarsi in avvenire.

È mia impressione quindi che questo Governo, di fronte all'azione del Governo tedesco per un'intesa, pur non volendo turbare i suoi amori colla Francia, guardi senza diffidenza ad una azione germanica e che sul fiorente sviluppo dei rapporti commerciali ed economici si innesti una completa propaganda tedesca.

Questa azione dei tedeschi in Jugoslavia troverebbe un parallelo nell'azione che viene confermata dal R. Ministro a Bucarest col suo telegramma per corriere n. 788 del 3 Aprile, e mi permetto di insistervi perché anche essa si basa, oltreché sulla penetrazione economica, su di un miglior trattamento delle minoranze tedesche in Rumania, ed avrebbe come corollario l'abbandono di ogni aiuto tedesco alla Ungheria per le sue pretese irredentiste verso la Rumania.

E questo (il cambiamento cioè di rotta della Germania verso l'Ungheria) mi sembra sia fenomeno più saliente dell'orientamento tedesco. Tale cambiamento mi è stato confermato da questo Ministro di Ungheria, che non ha esitato a stigmatizzare come • sleale » la nuova politica tedesca che, al dire di Forster, non si contenterebbe di un'azione negativa di abbandono, ma avrebbe anche iniziato un'azione di propaganda pangermanista nella stessa Ungheria attuale.

• Abbiamo versato il nostro sangue per gli interessi tedeschi ed ora i tedeschi tradiscono i loro alleati di guerra! •. Queste le parole di Forster nei riguardi della politica tedesca verso il suo paese.

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IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 2697/163. Addis Abeba, 8 giugno 192.9, ore 19 (per. ore 22).

Telegramma di V. E. n. 161 (1).

Assicuro V. E. che in questo incidente attitudine Negus non è volutamente intransigente. Prova ne sia che ora ne discutiamo fra noi senza presenza interpreti così da poter esporre nel modo più chiaro, più amichevole e confidenziale nostro reciproco punto di vista finchè avremo trovato una soluzione equa per entrambe le parti. Negus stesso altre volte diceva che non voleva assolutamente farne un incidente grave assicurandomi aver solo discusso coi capi senza intrattenerne consiglieri politici europei per esaminare se del caso ricorrere arbitrato. Del resto Negus non avrebbe alcun interesse aggravare incidente quando non sono state scambiate ratifiche accordo e mentre gli ho ben inculcato che col Governo di V. E. non si scherza. Ieri stesso poi Negus dimostrava suoi sentimenti verso di noi autorizzando partenza e soggiorno capi e paesani etiopici villaggio Duca degli Abruzzi in vista richiesta mano d'opera ciò che non è stato mai accordato ad alcuno e richiedendo sindacato progetto costituzione società costruzione camionabile e zona franca. Ma bisogna tener conto che trattasi di una questione di principio e non di persona. Galu sarà un brigante ecc. ma era ed è stato sempre un capo etiopico di frontiera e come tale riconosciuto non solo da questa legazione ma dallo stesso governo Eritrea che ora pretenderebbe farlo passare da • fuoruscito • mentre non è mai stato un giorno solo della sua vita alle nostre dipendenze nè lo abbiamo mai reclamato come tale. Cosa importa in tali condizioni la sua origine cunama? Forse che Ras . . . (2) ed il Degiac Averatellà ed altri grandi capi tigrini non sarebbero a tale stregua anche essi • fuorusciti •? E se si presentassero al confine forse se ne accetterebbe la sottomissione? Non si è mai accettato sottomissione Degiac Garasellassié o di altri ed è stato un gravissimo errore fare prima eccezione proprio per il più indegno. Da che sono qua ho fatto rientrare in colonia un centinaio fuorusciti quasi tutti impiegati del Governo etiopico e due capi proprio del Ras Seium dal quale dipendeva Galu: nessuna osservazione mi è stata fatta appunto

perchè trattavasi di veri fuorusciti ed il Governo etiopico sapeva essere nel torto. Ma considerare come fuoruscito un individuo che da prima della nostra occupazione Eritrea travasi alle dipendenze capi etiopici è una strana pretesa.

Continua col numero successivo.

(l) -Numero errato. Allude probabilmente al n. 462. (2) -Gruppo indecifrato.
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IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 2708/164. Addis Abeba, 8 giugno 1929, ore 19 (per. ore 2,50 del 9).

Seguito del numero precedente.

Occorre poi non dimenticare che il Ras Seium ha informato questo ministero che il Galu sarebbe stato catturato ed il Negus mi ha detto ieri che il Ras ha annunziato partenza suoi messi con prove e testimoni. Sarà una vanteria del Ras, ma è lecito riconoscere che vi è in questo affare qualche cosa di strano. Dapprima silenzio oltre un mese governatore dell'Eritrea che in risposta ministero delle Colonie me ne dà poi avviso • per mia informazione personale •. Silenzio assoluto del R. agente commerciale Adua (evidentemente per ordine). Nel suo telespresso n. 3025 del 19 maggio scorso governatore dell'Eritrea ammette che sottomissione pur essendo spontanea • possa essere stata determinata presenza del colonnello Pizzolato che tuttavia non passò nemmeno in vista del villaggio Gosonà (del Galu). Prego V. E. voler consultare rapporti n. 129 e 130 del predetto colonnello annessi al rapporto 2337 del 25 gennaio scorso e annesso al rapporto n. 240 del 25 aprile scorso governo Eritrea. Risulta da quei documenti che spedizione passata in vista villaggio era..... (l) dalle nuove occupazioni e dalla spedizione. In quella situazione fu copertamente richiesto al Fitaurari sottomettersi od andarsene oltre confine. Può dirsi • spontanea » una sottomissione in quelle condizioni mentre poi nello stesso telegramma governatore dell'Eritrea dice Galu • sarà ottimo testimonio per noi in caso di delimitazione confine •? È sperabile che nostro buon diritto non abbia da ricorrere simili appigli. Occupazione è stata ottima cosa e fu da me auspicata ma il Galu avrebbe dovuto essere ricacciato oltre confine. Soluzione da me proposta teneva conto di tutto ciò e ritengo che tutt'al più solo prestigio responsabili errori ne avrebbe potuto forse soffrire. Contropartita grida bando in tutto il Tigrè avrebbe prodotto grandissimo effetto e sarebbe s~ata forse utile in un prossimo futuro se sono esatte voci qui giunte vivo malcontento che coverebbe tra popolazioni Eritrea. Comunque avevo già chiesto che proposta soluzione incidente partisse dal Governo etiopico ed il Negus mi ha detto ieri che dopo aver ricevuto comunicazione da Ras Momggo fra una settimana vedrà se è cosa possibile propormi... (1). Colse l'occasione per confidenzialmente ripetermi che sa benissimo ministero e R. legazione esser rimasti estranei accaduto (2).

(l) -Gruppi indecifrati. (2) -L'incidente fu chiuso nel successivo •ettembre. In seguito a una dichiarazione del Fitaurari Galu che aveva espresso « il desiderio di morire tranquillamente sotto la bandiera italiana», Grandi comunicò ad Addis Abeba e al ministero delle Colonie che «R. Governo ritiene incidente oramai definitivamente chiuso» t. (p. r.) 11248 dell'H settembre.
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IL SOTTOSEGRETARIO ALLE CORPORAZIONI, BOTTAI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) U. 55. Ginevra, 10 giugno 1929, ore 14,05 (per. ore 15).

Informo V. E. che domani sera concentrazione antifascista partito socialista ed elementi anarchici annunciano commemorazione Matteotti con intervento oratori italiani rinnegati. Vari documenti comprovano carattere pubblica riunione. Ciò viola impegni precedentemente presi di vietare comizi politici durante conferenze internazionali (1). Vari deputati fascisti e membri delegazione italiana nonchè fascisti di Ginevra non intendono sopportare evidente offesa dignità nazionale. Ove passi da me, dal ministro e da autorità consolari fatti non raggiungano scopo proibizione comizio, sottopongo E. V. la opportunità che delegazione italiana abbandoni domani con treno 12,40 conferenza. Naturalmente in tale caso farei presenti alla conferenza stessa motivi nostra partenza dovuti unicamente al fatto che sede città Ginevra non offre sufficienti garanzie sicurezza e indipendenza svolgimento azione internazionale. Attendo tempestivi ordini da V. E. (2).

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IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AL MINISTERO DELL'INTERNO

TELESPR. RR. 229512/2589. Roma, 10 giugno 1929.

A foglio di codesto Ministero n. 09260/441 del 7-5-29 (3).

Questo Ministero non può che annettere la maggiore importanza allo speciale servizio che codesta Amministrazione va attuando a difesa del confine della Venezia Giulia dalla delinquenza d'oltre frontiera. E, mentre, dal canto suo, non ha mancato dal portarvi la sua collaborazione col comunicare, non appena pervenute, a codesta Direzione Generale della Pubblica Sicurezza, tutte le notizie che affluiscono e che abbiano relazione, diretta od indiretta, coll'argomento, ha costantemente favorito, ciò che da tempo è in atto, la corrispondenza anche diretta dei RR. Rappresentanti nel Regno S.C.S., in casi specifici ed urgenti, con codesto Ministero, allo scopo di rendere la collaborazione accennata la più efficace possibile allo scopo che si tratta di raggiungere.

Nell'attuale momento, peraltro, particolari ragioni sconsigliano dall'inten

sificare maggiormente l'intervento diretto delle RR. Rappresentanze nel servizio

informativo che si esplica in casi singoli di indagine e sorveglianza. La vigi

lanza, infatti, intorno ai funzionari della R. Legazione a Belgrado e dei RR.

Consolati dipendenti si è fatta, in questi ultimi tempi, ed anche a mezzo di

. (2) L'incide~te fu ri~o~to, esse!"do stato ra.ggiunto un accordo tra le autorità ginevrine e !!11 orl(anrzzaton del comrzro perche questo vemsse trasformato in una riunione privata.

numerosi agenti provocatori, eccezionalmente severa e continua, tale da far ragionevolmente supporre che essa si proponga scopi che andrebbero oltre la semplice repressione. La questione è, presentemente, in esame presso questo Ministero, in vista di un più conveniente assestamento del servizio informativo. Ma, frattanto, i RR. Rappresentanti dovranno usare della massima ·circospezione per non favorire le evidenti finalità scandalistiche jugoslave e dovranno, prevalentemente, concentrare la loro attività nelle informazioni e nei contatti di carattere politico generale.

Questo Ministero deve, per le considerazioni esposte, riservarsi di impartire alla R. Legazione a Belgrado istruzioni nel senso desiderato da codesto Ministero non appena circostanze mutate e momento più propizio consentiranno di farlo, superata la fase attuale, durante la quale converrà intensificare, per converso, per quanto possibile, l'azione informatrice delle nostre Autorità di frontiera (1).

(l) Bottai era a Ginevra per la conferenza internazionale del lavoro.

(3) Cfr. n. 412.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 2740/464. Costantinopoli, 11 giugno 1929, ore 14,30 (per. ore 17,35).

Salutato con grandi onori alla stazione è partito Parigi Fethi bey ambasciatore di Turchia in quella capitale. Sua presenza e attività in Angora è stata utile per rapporti turco-francesi che nonostante le dichiarazioni contrarie di Tewfik Russdi realmente si presentano oggi sotto luce ben differente da quella nella quale si svolgevano or sono due mesi e ciò non solo in seguito soluzione di alcune questioni pendenti alle quali Fethi bey ha contribuito grandemente, ma anche per quel riavvicinamento sostanziale che va preparandosi. Oggi quello che Fethi bey andrà preparando nei suoi colloqui al Quai d'Orsay non è già un vero patto di conciliazione e arbitrato come Tewfik Russdi ha detto a Roma e qui a me ma è un patto di amicizia e non aggressione. Ciò risulta anche da informazioni date da Ismet pascià ad uno dei miei colleghi. Questi aggiunge che se patto non parlerà di neutralità, ciò sarebbe dovuto allo stesso Quai d'Orsay che si sarebbe a ciò rifiutato dati suoi impegni di alleanza con la Jugoslavia. Se ciò, come ho ragione di ritenere, risponde a realtà, Governo di Angora che con tanta facilità offre suoi favori alle grandi potenze se li sarebbe visti rifiutati oggi da Parigi come ieri da Berlino. Attività di Fethi bey a Angora ha effettivamente indebolito posizione di Tewfik Russdi che come mi diceva ministro dell'interno e suo concorrente politico Chukri Kaia • parla troppo »; oggi Tewfik Russdi conta e può ancora contare sull'appoggio del Gazi e Ismet pascià, ciò che è molto, ma che può riuscire poco a seconda delle circostanze, dato che nel gabinetto i più non piangerebbero per la partenza di lui. Tewfik Russdi ha ora davanti a sè i cinque mesi che ci dividono dalla ripresa dei lavori della

grande assemblea di Angora, mesi di lavoro utile e indisturbato durante i quali può rinsaldare sua posizione, vedremo per quale via, se seguendo Fethi bey oppure se ostacolandone tutta l'azione. Fino da ora però è noto che Fethi bey verrà a passare qualche settimana sul Bosforo nel corso dell'estate (1).

(l) Annotazione marginale: « Visto da S. E. il Capo del Governo che approva •.

483

IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. 1343. Roma, 12 giugno 1929, ore 24.

Telegramma ministeriale n. 1265 (2).

Tanto Banca Commerciale quanto Gr. Uff. Feltrinelli ufficiosamente presentiti circa possibilità partecipare intrapresa che potrebbe conseguire da eventuale accordo ungaro-romeno per questione optanti hanno declinato tale possibilità. Gr. Uff. Feltrinelli specifica non ritenere conveniente base delle trattative circa anticipazione per venti anni.

484

IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO, E AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, E A MOSCA, CERRUTI

T. (P. R.) 6514. Roma, 12 giugno 1929, ore 24.

(Per Colonie). Nota V. E. n. 3602 del 4 corrente e rapporto R. console Aden n. 524 AI del 28 maggio (3).

(Per Londra). Rapporto R. console Aden n. 524 AI del 28 maggio (3).

(Per Colonie e Mosca.). Ho telegrafato Londra quanto segue:

(Per tutti). R. console Aden ha comunicato che da informazioni riservatissime di quella Residenza sarebbe segnalato prossimo arrivo Mar Rosso e

« Circa le possibili conseguenze che potrà avere questo trattato di amicizia, che conterrà anche la clausola della non aggressione. confermo che dai colloqui avuti con varie personalità e con lo stesso Tewfik Russdi, ogni qual volta ho parlato con lui del nego>:iato franco-turco, ho tratto la convinzione che la linea direttrice della politica turca resta fissa su Roma per quanto ha tratto al Mediterraneo e ai Balcani e su Mosca per quanto ha tratto all'Oriente e al bacino del Mar Nero.

La Turchia, data la sua speciale favorevole situazione, cerca trarre il massimo profitto dalla possibilità che oggi le si offre di circondarsi da una fitta rete di amicizie e di patti di non aggressione.

Ma questo non può mutare l'ispirazione base della politica estera turca la quale deve continuare ad orientarsi verso Roma. Gli uomini di Stato che governano la repubblica turca hanno intelligenza e sensibilità tanto acute da comprendere che l'intesa con l'Italia costituisce il fulcro della politica estera kemalista e che nessun'altra politica. allo stato attuale delle cose, ootrebbe dare maggiori garanzie e maggiore profitto alla Turchia di quella da essa svolta dal colloquio di Milano in poi.

È certo peraltro che una volta firmat<;>si il patto d'amicizia fra.n~o-t:urco c'è da attender~i una più viva azione da parte depa Francm. ad Angora con !en!a!lVl d1 sottrar~e la Turch1a alla sfera d'influenza italiana. Ed e questa az10ne che occorrera v1g1lare e neutrallzzare "·

Golfo Persico due piroscafi sovietici che pare abbiano carico munizioni per destinazione ignota. Prego V. E. voler chiedere in via confidenziale codesto Governo, in ottemperanza noti principi amichevole collaborazione in Mar Rosso, se ad esso sia stato confermato da altra fonte detto ~carico munizioni e se abbia creduto opportuno prendere qualche provvedimento al riguardo.

(l) Sull'acco.rdo franco-turco cfr. il rapporto Orsini 4021/609, Costantinopoli 26 giugno:

(2) -Cfr. n. 452. (3) -Non si pubblica.
485

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 1583/644. Budapest, 12 giugno 1929 (per. il 18).

Come ho riferito a V. E. con mio Rapporto N. 1403/568 del 27 maggio scorso, il discorso pronunciato dal Conte Bethlen (l) conteneva realmente àei passaggi marcatamente irredentistici che non furono riprodotti naturalmente nel testo dato alla stampa anzi mi consta che il discorso stesso, che fu redatto personalmente dal Presidente e non venne mostrato al Ministro degli Esteri, corrispondeva esattamente a quello pubblicato ma il Conte Bethlen non lo lesse che in parte lasciandosi spesso andare all'improvvisazione. Le frasi incriminate debbono però essere state pronunciate • volutamente • e non solo nella foga del discorso -almeno tale è la mia impressione -perchè il giorno appresso, quando ne conobbi il senso esatto per la traduzione fattamene da un nostro funzionario, feci rilevare al conte Bethlen che certo il suo discorso avrebbe avuto una ripercussione negli Stati vicini. Ed il Presidente c fece le spallucce • sorridendo. Non appena egli sarà di ritorno dalla 'Spagna, tornerò sull'argomento.

Ho l'onore di trasmettere all'E.V. le copie della Nota verbale e dei Promemoria che i Ministri di Romania, Jugoslavia e Cecoslovacchia hanno rimesso al signor Walko per protestare, a nome dei loro Governi, contro il discorso del Conte Bethlen, nonchè i commenti della stampa sull'argomento.

486

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GEISSER CELESIA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 2181/1228. Vienna, 13 giugno 1929.

Prendendo posizione a proposito delle manifestazioni di solidarietà che l'associazione dei c Reichsbanner • germanici fecero recentemente a Monaco a favore della socialdemocrazia austriaca, la direzione federale delle Heimwehren ha diramato ai giornali un comunicato, dal quale si trae il seguente passo relativo all'annessione:

34 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

• Fino a quando il marxismo regnerà nel Reich germanico, o meglio lo manda in rovina, fino a quando gente come Hoersing (il capo dei " Reichsbanner " che si pronunciò a Monaco contro le Heimwehren) e compagni daranno il tono alla politica tedesca, nessun austriaco che sente germanicamente avrà interesse a sollecitare l'annessione •.

Tale periodo riproduce il pensiero dei capi delle Heimwehren austriache, i quali, pur non essendosi mai prima d'ora pronunziati ufficialmente in merito all'annessione, avevano in conversazioni private affermato che questa non sarà di attualità fino a quando in Germania non vi sia un governo di destra.

(l) Il 26 maggio in occasione di una cerimonia pubblica.

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IL CONSOLE GENERALE A BEIRUT, DE CICCO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. RR. 112. Beirut, 13 giugno 1929.

Ho l'onore di trasmettere, nell'originale arabo ed in traduzione, una deliberazione del Comitato segreto del Partito del Misak che ha sede in Aleppo. Tale partito è il più forte dei nazionalisti in Siria, il più intransigente ed il più estremista.

La deliberazione che trasmetto mi è stata rimessa dal Segretario Generale del Misak, Khain el-Din Lababidi ex capitano dell'aviazione turca, uno dei capi dell'ultima rivolta siriana già condannato a morte dalle autorità francesi e poi amnistiato.

Dopo le proposte avanzate nello scorso inverno dai nazionalisti di Damasco -di cui informai l'E. V. col telespresso n. 2414/315 del 5 dicembre 1928 (l) l'avvicinamento ufficiale del Partito del Misak all'Italia è di notevole importanza poiché vengono così a porsi a nostra disposizione tutte le forze rivoluzionarie della Siria.

Anche nel pacifico Stato del Libano si determinano vari movimenti di reazione alla Francia, movimenti che pendono lo stesso verso l'Italia. Non è esagerato affermare che allo stato attuale delle cose la situazione dell'intera regione sotto mandato può dipendere unicamente dall'atteggiamento dell'Italia. I focolai di rivolta che la Francia crede di aver spento sono in piena vitalità ed altri se ne accendono. Mancano solo di mezzi.

Se l'Italia, verso cui vanno le simpatie generali di questa popolazione oltre quelle particolari dei gruppi nazionalisti, desse loro un aiuto, l'attuale situazione di calma cederebbe il posto al caos dell'ultima rivolta.

ALLEGATO.

Il Partito del Misak in riunione segreta ha deliberato di concludere un accordo tra il Capo del Governo Italiano, i capi della rivoluzione in Siria ed il Partito alle seguenti condizioni:

l) Riconoscimento della sovranità nazionale siriana e della indipendenza della Siria sotto un Governo Monarchico costituzionale, il cui Statuto sarà fatto da una assemblea eletta dalla Nazione dopo la fine dei moti rivoluzionari.

2) Il Parlamento nominerà un Re di nobile origine araba che risiederà sul trono della Siria unificata ed indivisibile.

3) Costituzione di un esercito nazionale con il mantenimento dell'esercito della rivoluzione. L'esercito della rivoluzione avrà dei privilegi speciali. Nomina di un consigliere italiano per il Ministero della Guerra con ufficiali istruttori. Saranno pure nominati dei consiglieri italiani per ciascuno dei Ministeri delle Finanze, Lavori Pubblici, Agricoltura, Interni ed Esteri; ad eccezione del Ministero della Giustizia e di quello dei Vakf.

4) Il Governo italiano si assume la responsabilità delle coste della Siria.

5) Diritto di rappresentanza attiva per i paesi vicini alla Siria. Nomina di un alto funzionario diplomatico per il collegamento fra il Governo siriano e quello italiano.

6) Saranno garantiti in Siria gli interessi commerciali, economici e politici del Governo italiano a condizione che essi non ledano la sovranità nazionale della Siria. Il Governo italiano presterà il suo appoggio per lo sviluppo commerciale agricolo e sociale del paese.

7) Il Governo italiano fornirà quanto occorre per il movimento insurrezionale con l'invio di delegati tecnici nelle zone dei movimenti. Essi cureranno la distribuzione delle munizioni di guerra e dei mezzi finanziarii nelle zone predette. Tutto ciò che sarà fornito dal Governo italiano sarà considerato come un debito a carico della Siria.

8) Sarà costituito un sufficiente fondo di propaganda che sarà affidato al Partito in Aleppo che organizza il movimento. Saranno con tale fondo sovvenzionati i giornali in Damasco, Aleppo e Beirut e si provvederà al mantenimento delle sezioni del Partito nei vari centri di Siria e principalmente a Damasco, a Homs e a Hama, come pure si accorderanno sovvenzioni alle tribù alleate al Partito. Le distribuzioni di denaro avranno luogo sotto il controllo di un delegato del Governo Italiano.

9) Il Governo italiano si impegna di impedire ogni azione contraria alla rivoluzione che potrebbe essere svolta da parte di governi alleati dell'Italia, come ad esempio la Turchia, ecc.

10) Il Governo italiano si adoprerà presso il Governo turco perché questo permetta ai nostri fratelli rifugiatisi in Turchia di unirsi al movimento insurrezionale. Si adoprerà presso la Turchia pure perchè questa permetta il passaggio dei rifornimenti. Se ciò non sarà possibile provvederà a tali rifornimenti direttamente con sbarchi in contrabbando in determinati punti della costa siriana.

11) Il Governo italiano non riconoscerà ad alcun siriano all'interno o all'estero la qualità per parlare in nome della rivoluzione se non sarà accreditato da parte dei dirigenti e ciò per evitare intrighi di altre potenze.

12) Saranno rilasciati dei lasciapassare ai dirigenti del movimento: se questo dovesse fallire sarà loro garantito un rifugio in uno dei paesi posti sotto il dominio dell'Italia e saranno loro prestati gli aiuti adatti pel loro sostentamento.

13) Il Governo italiano informerà il Partito delle famiglie e delle persone che rilevano dal Governo italiano affinchè il Partito ne abbia opportuna norma nei movimenti all'interno.

14) Il Partito ha degli uomini in vari centri governativi e presso il Governo locale: se ad essi accadrà qualcosa il Governo italiano cercherà di aiutarli o almeno di salvare la loro vita.

15) Saranno subito iniziati i preparativi e la distribuzione delle armi alle forze dell'interno. Il Partito provvederà a comprarle sotto la sorveglianza di un delegato italiano.

16) Il Governo italiano invierà un suo delegato assieme ad un delegato del Partito presso i centri di Nebek e Kariat el Mileb per distribuire colà i fondi e i rifornimenti per i movimenti nella Siria meridionale.

I Capi presenti al movimento sono: Per il Sud della Siria: Sultan Pascià Atrask -Nazib bey el Azem -Zeid bey el Atrask; Per la Siria dP.l Nord: Kheir el Din Lababidi bey -Said bey el Assi -

Negib Ued;

Per la Siria Centrale: Fanzi bey Kankgi -Tewfik bey Haidar;

Per le tribù alleate: Ornar Said bey Kaid.

(l) Cfr. n. 100.

488

IL MINISTRO A BUCAREST, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2786/173. Bucarest, 15 giugno 1929, ore 23,50 (per. ore 4,40 del 16).

Mentre appena si era sopita eccitazione di questa stampa per pretesa dichiarazione di S. E. Balbo a Varna (mio telegramma n. 162) (l) e mentre durava eco delle cordiali manifestazioni romene per visita nostra squadra aerea (mio telegramma n. 166) (2) è qui giunta notizia dell'articolo del Popolo di Roma (3) in appoggio tesi revisionistica ungherese. Stampa ufficiosa mantiene al riguardo un rigoroso riserbo, ma contro questo atteggiamento protestano giornali indipendenti e liberali, i quali, nel commentare invece lungamente predetto articolo e nel lamentare che manifestazioni italiane in favore Ungheria divengono sempre più frequenti e tali da dare impressione che esse rispondano oramai ad una precisa tendenza del Governo italiano assolutamente contraria a,gli interessi romeni e decisamente favorevole alla tesi ungherese, insistono perchè Governo nazionale tzaranista si faccia subito chiaramente interprete opinione pubblica romena.

A tale riguardo è sintomatico come questa volta i commenti più amari, benchè in forma non oltraggiosa, siano formulati proprio dai giornali a noi più simpatizzanti e sul principale assunto che l'Italia erra grandemente nel prodigare manifestazioni di simpatia all'Ungheria, giacchè questa mostrerebbe prestarsi sempre più al servizio della Germania e della politica tedesca. Inoltre segnalo che non è qui passato interamente sotto silenzio recente articolo del Temps circa passo Piccola Intesa a Budapest e visite conte Bethlen a Doumergue ed a Poincaré (4). Tali rilievi sono fatti dai giornali romeni più francofili, cioè i liberali.

(l) -T. 2734/162 del giorno 11, che non si pubblica: la presunta dichiarazione di Balbo, da questi smentita, era in favore dell'irredentismo bulgaro nei riguardi della Macedonia. Cfr. anche I. BALBO, Da Roma a Odessa. Sui CieLi dell'Egeo e de! Mar Nero, Milano, 1929, pp. 92-94. (2) -T. 2754/166 del giorno 12, che non si pubblica. (3) -Cfr. l'articolo di fondo del 13-14 giugno 1929, • Onore al conte Bethlen •. in difesa del discorso irredentistista pronunciato da 'Bethlen il 26 maggio e contro la protesta avanzata dagli Stati della Piccola Intesa. (4) -Cfr. l'articolo di fondo del 14 giugno.
489

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. (P. R.) 6908/482. Costantinopoli, 15 giugno 1929, ore 23,55 (per. ore 4,40 del 16).

Ad un banchetto dato da questa associazione della stampa giornalisti italiani in crociera al quale assistevano Suad bey ambasciatore a Roma, il capo del protocollo del ministero degli Affari Esteri e al quale S. E. Balbo, da me accompagnato, pure è intervenuto, l'onorevole Polverelli, senza prima concertarsi con alcuno, ha risposto al discorso del presidente della associazione della stampa turca ma ha suscitato critiche da parte dei giornalisti italiani e in particolare di S. E. Balbo che gli ha fatto rimostranze. Effettivamente l'improvvisazione dell'onorevole Polverelli, facendo parallelo tra movimento kemalista e quello fascista, tra Gazi e V. E., mettendo in rilievo analogia della posizione della Turchia e dell'Italia di contro alla vecchia Europa democratica e in particolare alla Francia, ha in vari punti urtato nella ..... (l) e oltrepassato quei limiti di moderazione politica che devono invero fissarsi alle manifestazioni pubbliche in casa di altri.

I turchi presenti poco o nulla hanno capito del vivace lungo discorso dell'onorevole deputato, io poi mi adoprerò a che nei giornali turchi molte delle cose dette non trovino posto.

490

APPUNTO DEL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, PER IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

Roma, 15 giugno 1929.

Quando V. E. ordinò che fossero studiate le proposte da fare al Governo francese per il regolamento della questione delle frontiere meridionali della Libia, venne sottoposto all'E. V. il concetto di spingere tali frontiere il più possibile a sud in modo da avanzare possibilmente fino al Lago Tchad o almeno su di una linea che costituisse una prima tappa verso questa meta. E ciò per l'evidente interesse dell'Italia di raggiungere un punto nell'Africa Equatoriale che in prosieguo di tempo ed in future circostanze favorevoli potesse costituire il centro di una strada transafricana, per cui il nostro Paese a·cquisterebbe, al pari dell'Inghilterra e della Francia una delle grandi vie di comunicazione intorno alle quali certamente graviterà l'avvenire politico ed economico dell'Africa.

In previsione però della difficoltà dei negoziati con la Francia si studiarono tre progetti (l) sui quali successivamente ritirarsi nel corso dei negoziati stessi: due che raggiungevano lo Tchad su linee una più e l'altra meno vasta, ed il terzo che si fermava ad occidente al 18° parallelo e ad oriente sorpassava il 16o, cercando di dare la possibilità futura di raggiungere il detto Lago su di una linea verso Oriente che sarebbe stata meno svantaggiosa agli interessi francesi perché non costituente una netta separazione fra l'Africa settentrionale e l'Africa Equatoriale francese.

Nessuno di tali progetti venne però ufficialmente presentato al Governo francese, poiché le conversazioni su cui si impostarono le trattative si svolsero in via generica fra V. E. e l'Ambasciatore di Francia, né vi furono proposte concrete da parte nostra né da parte francese fino alla nota de Beaumarchais del 21 Dicembre 1928 (2). Soltanto il R. Ambasciatore a Parigi fu incaricato di accennare verbalmente al Governo francese i desiderata massimi del Governo Italiano, ed egli perciò in un colloquio col Signor Berthelot del 18 aprile 1928 credette opportuno per tattica dei negoziati di accennare alla nostra sostanziale richiesta di giungere al Lago Tchad. Si seppe, poi -per comunicazioni verbali del Signor de Beaumarchais fatte tanto al Conte Manzoni quanto a questo R. Ministero degli Affari Esteri -che tale accenno aveva destato le alte meraviglie del Governo della Repubblica e che la possibilità di una siffatta soluzione era stata assolutamente scartata in un Consiglio dei Ministri.

Senonché dall'accluso telegramma del R. Ambasciatore a Parigi (19 aprile 1928) (3) risulta invece che con senso realistico il Signor Berthelot non avrebbe precluse intransigentemente tutte le possibilità future della realizzazione delle nostre aspirazioni. • Forse, egli disse, in più tempi ci si potrà arrivare ».

Questo soltanto fu lo svolgimento diplomatico delle trattative, finchè il Governo francese ritenne opportuno di farsi egli stesso parte diligente per la presentazione di proposte concrete, ciò che avvenne con la citata nota de Beaumarchais del 21 Dicembre 1928.

Tali proposte consistono sostanzialmente, come V. E. sa, in una misera rettifica di frontiera, con la quale ci viene -ed anche con alcune servitù ceduta l'oasi di Giado, che conta appena 600 abitanti e che non rappresentando certo alcun valore territoriale, apporterebbe soltanto un non lieve aggravio alle spese militari della nostra colonia per l'estensione dei servizi di polizia da effettuare in territorio desertico senza alcuno scopo di reale utilità.

In queste condizioni la proposta francese è tale da presentare più vantaggio per noi il tenere aperta o insoluta la questione delle frontiere meridionali libiche -anche ai soli fini coloniali -piuttosto che accettare una simile soluzione, la quale implicherebbe per noi una dichiarazione di completa soddisfazione dei compensi territoriali contemplati nel patto di Londra e farebbe cadere tutte le proteste e riserve da noi fatte contro l'occupazione dell'hinterland libico e contro gli accordi anglo-francesi del 1919.

Poiché tuttavia sembra opportuno non lasciare cadere tacitamente il negoziato con la Francia ma invece proseguirlo, sia per ragioni di politica generale, sia per constatare fino a qual punto potrebbero arrivare le concessioni francesi, sarebbe conveniente rispondere da parte nostra alla nota de Beaumarchais con delle proposte le quali pur andando incontro ai nostri fini di futura espansione africana, siano tali che ove non fossero accolte dal Governo di Parigi, sarebbe facile dimostrare all'opinione pubblica internazionale tutta la nostra ragionevolezza in contrasto col malvolere francese nell'eseguire gli impegni assunti.

Partendo quindi sempre dal principio che quanto a noi veramente interessa è di cercare di avvicinarci il più possibile allo Tchad, sembra che il minimo indispensabile a tale scopo sia di richiedere la cessione dell'oasi di Bilma e della zona circostante in modo da far correre il confine occidentale a sud di In Ezzan su di una linea fra il 10° ed il 12° meridiano fino all'incontro col 18° parallelo, ed il confine meridionale sullo stesso 18° parallelo fino ad un punto da cui possa partire una linea che vada a ricongiungersi con il confine orientale della Cirenaica stabilito con l'Egitto (fra il 24° ed il 26° meridiano).

Queste proposte (che sono anche più ristrette di quelle minime avanzate a suo tempo dal nostro Ministero delle Colonie -carta N. 3 -) mentre ci darebbero modo di raggiungere una nuova tappa della strada verso lo Tchad sulla classica carovaniera Tripoli-Muzzuc-Yat-Bilma-Agadem-Cuca fino a Bilma inclusa, comprenderebbero d'altra parte il Tibesti, il Borcu settentrionale e le regioni dell'Unianga e dell'Erdi (quelle cioé occupate dalla Francia poco tempo prima, durante e poco dopo la nostra guerra libica) permettendo alla carovaniera di Cufra di sboccare in territorio italiano ad Unianga.

In questa lìnea vi sarebbe anche l'ulteriore possibilità di dimostrare la nostra arrendevolezza (se ciò risultasse opportuno nel corso dei negoziati) lasciando alla Francia tutta la regione del Borcu con la capitale Ain Galacca.

(l) Gruppo indecifrato.

(l) -Cfr. serie VII, vol. VI, n. 208. (2) -Cfr. n. 121. (3) -Cfr. serie VII, vol. VI, n. 264.
491

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, E AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. CONFIDENZIALE 1368. Roma, 17 giugno 1929, ore 20.

Commenti stampa alla recente visita Bethlen Parigi ed in particolare articolo Temps (l) attenuano consueta asprezza francese contro politica dell'Ungheria e tentano far passare stesso Bethlen come costretto bensì reclamare revisione trattato di Trianon ma in realtà disposto orientarsi verso prudente azione risollevamento politico economico del suo paese entro quadro trattato e ad ascoltare insomma consigli datigli da Briand e da Poincaré per riavvicinamento Piccola Intesa sotto auspici della Francia.

Anche a prescindere dal noto discorso Bethlen che ha provocato proteste Piccola Intesa simili induzioni senza dubbio tendenziose esagerate non merite

rebb2ro troppa attenzione se non coincidessero con atteggiamento taluni ambienti e parte opinione pubblica ungherese la cui tenace insistenza nel caldeggiare intensificazione rapporti tra Budapest e Parigi potrebbe aver avuto qualche sia pur limitato ma concreto successo.

Pregola pertanto adoperarsi ogni discrezione per appurare situazione effettiva comunicandone tutti quegli elementi che sarà possibile raccogliere costì. Telegrafato Budapest Parigi.

(l) Cfr. art. di fondo del 14 giugno, cit.

492

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, ROGERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2817/320. Londra, 17 giugno 1929, ore 21 (per. ore 23,50).

Miei telegrammi stampa n. 314 e 316 e telegramma in dfra n. 315 (1).

Da contatti all'uopo presi con altre rappresentanze interessate apprendo che articolo Mac Donald pubblicato ieri da Sunday Times (2) ha provocato rimostranze presso Foreign Office da parte Governi cui trattamento minoranze è oggetto critiche. Presso dette rappresentanze prevale opinione che, pur essendo probabile, come ufficiosamente si afferma, che articolo sia stato redatto da Mac Donald vari mesi prima suo avvento al potere, Governi attaccati non dovrebbero mancare di fare qui conoscere che essi non possono che deplorare idee espresse in tale articolo e dichiararne inammissibile tendenza interferire negli affari interni di altri stati. Non sarebbe forse inopportuno a mio parere che io fossi autorizzato ad esprimermi in senso analogo o in qualsiasi senso piacesse a V. E. indicarmi. Mi riferisco a questo proposito a mio telegramma n. 308 del 14 corrente (3).

493

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A PRAGA, VANNUTELLI REY

T. PER CORRIERE 1369. Roma, 17 giugno 1929, ore 18.

Suo rapporto n. 741/353 (4).

Lascio a V. S. trovare il momento più opportuno per recarsi personalmente da Benès e dichiarargli che ho riesaminata la questione del patto italo-cecoslovacco colla migliore buona volontà di rinnovarlo così come era stato comunicato a codesta legazione nel settembre scorso. Senonché ho dovuto convincermi

che in realtà questo patto non può considerarsi come un trattato la cui portata formale e sostanziale riguardi e regoli esclusivamente i rapporti fra Italia e Cecoslovacchia ma che esso fa parte di tutto un sistema di accordi politici ed ha specialmente correlazione col patto itala-jugoslavo pur non essendone una copia. Nel settembre scorso quest'ultimo patto era sempre in vigore ed il Governo italiano ed il Governo jugoslavo non avevano preso ancora alcuna definitiva decisione in merito ad esso. Ora i due Governi di comune accordo lo hanno lasciato morire, determinati a ciò principalmente dalla necessità che si riformino quelle condizioni favorevoli di terreno e di atmosfera in cui questi accordi possono vivere e prosperare. L'Italia intende perseguire infatti una politica esclusivamente realistica e ritiene quindi che i patti scritti sono destinati a sancire a posteriori i rapporti amichevoli naturalmente stabilitisi fra i popoli, ma non che abbiano la virtù di creare tali rapporti quando non esistano

o non siano abbastanza sviluppati. Nessuno in buona fede può credere a questa virtù creativa, e perciò, quando manca il terreno propizio, si fa opera non soltanto labile, ma destinata unicamente a creare pericolose illusioni nell'opinione pubblica. Senza dubbio queste considerazioni non riguardano i rapporti italo-cecoslovacchi che sono stati sempre e continuano ad essere cordiali ed amichevoli, ma il trattato del luglio 1924 si è trovato ad essere inserito, come ho detto, in una situazione politica che aveva la sua ragione d'essere nella concomitanza dei rapporti <itala-jugoslavi e jugoslavo-'cecoslovacchi, e che è venuta a modificarsi in seguito alla scadenza del patto italo-jugoslavo. Perciò mentre una pura e semplice rinnovazione del patto italo-cecoslovacco non basterebbe a riformare quella situazione, bisognerebbe pur sempre apportare ad esso alcune modifiche per meglio adattarlo alle attuali condizioni, specialmente se, come spero, sarà possibile procedere fra qualche tempo ad una amichevole revisione dei rapporti itala-jugoslavi impostandoli su basi reali e solide. Ritengo che sia comune interesse dell'Italia e della Cecoslovacchia, se vogliamo far opera veramente utile non solo ai nostri paesi, ma al pacifico assetto della situazione europea, di soprassedere per il momento alla ripresa dei negoziati per la rinnovazione e l'eventuale modifica del nostro patto, e nel frattempo lasciare tranquillamente cadere quello del 1924. La fine di quest'ultimo non potrà avere alcuna seria conseguenza sui rapporti italo-cecoslovacchi, poiché questi sono sostanzialmente buoni, ma tutto al più potrà dar luogo a qualche commento nell'opinione pubblica da parte dei soliti interessati a creare malintesi mediante fantastici processi di intenzioni. L'esperienza ci ha insegnato a tutti che queste piccole burrasche di malignità non hanno in fondo alcuna importanza e per conto mio non me ne preoccupo affatto. Nell'esporre quanto precede al Signor Benès, V. S. gli dovrà tuttavia dare la chiara impressione che il mutamento delle vedute del R. Governo circa la rinnovazione del patto non dipende affatto né dal contegno personale dello stesso Benès né da quello del Governo cecoslovacco nei nostri riguardi. Ciò non soltanto sarebbe inesatto, ma potrebbe fargli credere che noi attribuiamo importanza alla sua condotta, mentre in realtà questa lascia indifferente il Governo fascista nella linea diritta e precisa che esso ha finalmente tracciata alla politica estera italiana.

(l) Non rinvenuti.

(2) Per !"articolo cfr. Rassegna settimanale della stampa estera, cit., anno IV, vol. II, pp. 1442-1444.

(3) -T. 2764/308, che non si pubblica. (4) -Non si pubblica.
494

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 1647/670. Budapest, 17 giugno 1929.

Ho l'onore di comunicare all'E. V. che in questi giorni, invitato dal Conte Klebelsberg, è venuto a Budapest il Ministro della Pubblica Istruzione austriaco Dr. Czermak.

L'ospite, che fu molto festeggiato, tenne una conferenza sullo sviluppo della

P. I. in Austria e nel brindisi fatto alla colazione offertagli al Nemzeti Casino, ebbe parole di viva lode per l'opera straordinaria che il Conte Klebelsberg ha saputo realizzare nel tempo così duro seguito alla catastrofe abbattutasi sulla vita dell'Ungheria e dell'Austria.

Nel segnalare l'avvenimento, mi permetto di richiamare l'attenzione dell'E. V. sull'intensa propaganda che la cultura tedesca va in questi ultimi tempi svolgendo in Ungheria. Tale propaganda, già ostacolata dal deciso orientamento del Conte Klebelsberg verso la cultura italiana e dalla formazione delle nuove correnti italofile del dopoguerra, ora vien ripresa con una intensità e con dei successi che meritano la nostra considerazione e magari la nostra preoccupazione. È da notarsi, infatti, che la politica spiccatamente filofascista del Conte Klebelsberg ha sempre incontrato una resistenza più o meno larvata non solo in certi ambienti universitari, ma anche nel suo stesso dicastero. Queste resistenze potrebbero diventare più forti davanti alla rinnovata attività tedesca e davanti alla nostra inerzia. Intanto è da rilevarsi che il Ministro della

P. I. Prussiano è venuto già tre volte, in forma ufficiale a Budapest, e che altrettante volte il Conte Klebelsberg si è recato a Berlino, dove, in occasione del recente congresso archeologico, è stato nominato anche membro onorario dell'Accademia tedesca. Adesso è la volta del Ministro austriaco.

D'altra parte, come ho riferito a V. E., il Conte Klebelsberg non mi ha nascosto il suo disappunto per la mancata restituzione della sua visita da parte del nostro Ministro della P. I., da lui insistentemente invitato. Egli non ha mancato dal farmi notare il fatto che il suo collega tedesco ha invece accolto l'invito per ben tre volte e che egli, finchè non avrà restituita la visita, si trova nell'impossibilità di recarsi a Roma, come è suo vivo desiderio, per inaugurare ufficialmente l'Accademia ungherese.

Nel mio rapporto n. 42/26 del 7 gennaio u. s. ho già segnalato a V. E. i provvedimenti che, a mio avviso, sarebbe stato utile adottare per la difesa della nostra cultura e del nostro prestigio spirituale in Ungheria. Ora mi permetto di segnalare questo fatto nuovo dell'attività tedesca che, ove non si provveda tempestivamente ed efficacemente, potrà nuocere alla nostra influenza ed ai risultati invero brillanti che finora siamo riusciti ad ottenere.

495.

IL MINISTRO A BUCAREST, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2818/177. Bucarest, 18 giugno 1929, ore 16,30 (per. ore 21,35).

Mio telegramma 175 (1).

Agitazione stampa romena per l'articolo del Popolo di Roma ed altri giornali italiani non è ancora sopita. Come i precedenti, odierni commenti romeni sono piuttosto improntati ad amarezza ed a mal celata preoccupazione per solidarietà italiana con tesi revisionistica ungherese. Loro tono infatti non è stato finora oltraggioso. Devo anzi segnalare che direttore Cuvantul termina suo articolo rilevando che fascismo italiano è !ungi dall'essere più ostile alla Romania che il precedente regime democratico; che colpe non sono tutte dalla parte dell'Italia; che invece è Romania a commetterne incessantemente verso l'Italia, mentre sarebbe giunto momento che governanti romeni divenissero nei riguardi di Roma • meno abili ma più sinceri •. Da parte sua un giornale liberale rileva come ogni volta in cui i naturali sentimenti di reciproca amicizia fra l'Italia e la Romania sembrano inserirsi sul piano politico, un cattivo genio si accanisce immancabilmente a di nuovo turbarli.

V. E. vorrà rilevare come anche in questa occasione è apparso evidente, pur tenendo conto del tono moderato dei commenti degli organi liberali ed indipendenti e della completa riserva mantenuta dalla stampa governativa, che dichiarazione od atteggiamenti italiani in appoggio tesi magiara non mancano di avere in Romania immediata ripercussione con pregiudizio di quella posizione che l'Italia ha qui di volta in volta laboriosamente raggiunto o cercato di propiziarsi.

496

APPUNTO DEL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA

Roma, 18 giugno 1929.

Il Ministro d'Austria è venuto a comunicare che il suo Governo intende nell'autunno prossimo emettere un Prestito interno di 140 milioni di scellini, somma che rappresenterebbe ad un dipresso la tranche austriaca del progettato Prestito Internazionale fin'ora non realizzatosi a causa della opposizione italiana.

Questo Prestito Interno dovrebbe poi essere convertibile in titoli del Prestito Internazionale quando quest'ultimo si effettuasse.

In relazione a tale comunicazione, il Ministro d'Austria ha riportato il discorso sulle relazioni itala-austriache e sulla opportunità di eliminare ogni malinteso per rimetterle in un'atmosfera di reciproca fiducia. Ha ricordato il progetto di un incontro fra S. E. il Capo del Governo e Monsignor Seipel, incontro che non ha poi avuto luogo a causa delle dimissioni di Seipel,

ed ha chiesto -a titolo personale -se S. E. Mussolini non avrebbe creduto opportuno di riprendere questo progetto di incontro, e quindi di ricevere Seipel, ove questi si fosse recato nei prossimi giorni a Roma, e parlargli della situazione politica italo-austriaca.

Ha messo in evidenza il fatto che Seipel, appunto perché non :;:i trova attualmente al Governo, è in grado di esercitare una più efficace azione sui partiti politici, e sullo stesso Governo Austriaco, per indurii a rivedere le relazioni con l'Italia ed ha finito col dire che egli -Egger -dovendo recarsi sabato prossimo a Vienna, nel caso che S. E. il Capo del Governo non ritenesse utile e possibile vedere Seipel, desidererebbe sapere se almeno S. E. Mussolini non giudicasse opportuno di munirlo di un messaggio per il nuovo Cancelliere austriaco.

Ho risposto ad Egger che avrei riferito a S. E. il Capo del Governo la sua comunicazione personale per avere ordini circa la risposta, ma che ad ogni modo mi sembrava poco probabile che S. E. Mussolini facesse pervenire, di sua iniziativa, un messaggio al Cancelliere austriaco.

Quanto ad un eventuale incontro con Seipel, il Capo del Governo avrebbe giudicato della sua opportunità o meno nelle attuali circostanze politiche.

Evidentemente la conversazione di Egger, pur essendo fatta a titolo personale, gli è stata ispirata o dal suo Governo o almeno dagli elementi finanziari austriaci (Schiiller), che tendono alla realizzazione del Prestito.

(l) T. 2790/175 del giorno-16, che non si pubblica. Ma cfr. n. 488.

497

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, ROGERI

T. 1376/204. Roma, 19 giugno 1929, ore 24.

Suo telegramma 320 (1). Non (dico non) ritengo opportuno fare alcuna dichiarazione e tanto meno protesta a codesto Governo circa articolo Mac Donald. Prego V. S. quindi astenersi dal farne qualsiasi accenno al Foreign Office.

498

IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. (P. R.) R. 6874/211. Roma, 19 giugno 1929, ore 24.

Suo telegramma n. 274 (2).

R. ministero della Guerra è d'avviso che trasferimento impianti fabbrica ellenica cartucce e polverificio in mani italiane corrisponda anche nostri interessi militari. Dal canto suo ministero Finanze ha assicurato che considererà favorevolmente domanda eventuale esportazione capitali occorrenti.

(l) -Cfr. n. 492. (2) -Cfr. n. 457.
499

PROMEMORIA DEL CAPO DEL SIM, TOSELLI, PER IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

N. 40 RR. P. Roma, 19 giugno 1929. Mi onoro riferire all'E. V. circa il colloquio ieri sera svoltosi col Signor Pabst (1). Affinchè l'E. V. possa avere tutti gli elementi per le decisioni che saranno ritenute del caso, stimo opportuno e doveroso riferire, anche nei particolari, circa il colloquio che si è svolto poichè da tale svolgimento risulta anche il pensiero del Pabst. Premessogli che per ordini ricevuti ero a sua completa disposizione per

quanto aveva da esporre e che avevo pure l'incarico di facilitarlo in tutto quanto era possibile, il Pabst cosl si espresse :

• Ella è perfettamente al corrente della questione per avere conferito qualche tempo fa sullo stesso avgomento con certo Jaromir Diakow mio dipendente. Trattasi, come è noto, di trovare la maniera di inviare alle Heimatwehren, clandestinamente ma in modo assolutamente sicuro, degli "objets" dei quali esse abbisognano per il loro completamento e che l'Ungheria ha fatto sapere poter essere forniti dall'Italia •.

Ho risposto di ricordare che il termine vago di • objets • significava armi e munizioni ma che non ricordavo con tutta esattezza la specie ed il quantitativo dei materiali che erano stati richiesti.

Specie e quantitativo mi furono concretati in 18.000 fucili Mannlicher (ciascuno provvisto di baionetta e di una dotazione di 300 cartucce, cioè complessivamente 5.400.000) ed in 190 mitragliatrici tipo Schwarzlose.

Dirò nel prosieguo della presente relazione come dovrebbero in Austria essere suddivisi i materiali di cui sopra per parte delle Heimatwehren ma reputo opportuno segnalare che la presente richiesta è molto maggiore di quella a suo tempo fatta a mezzo del Diakow (5000 fucili, un milione di cartucce, 40 mitragliatrici, qualche nastro vuoto per mitragliatrici).

Come programma per l'invio in Austria dei materiali il Pabst mi disse: -Essere da escludere assolutamente il trasporto a mezzo ferrovia stante la stretta vigilanza esercìtata dal partit o socialcomunista;

-Tenuto presente che i materiali dovrebbero essere fatti affluire, in un primo tempo, a Lienz, potersi però prendere in esame altre soluzioni e precisamente:

a) il trasporto a mezzo portatori attraverso i valichi montani di confine, una soluzione, questa, che pur essendo da lui prospettata, giudicava di dovere senz'altro escludere;

b) il trasporto a mezzo di successive spedizioni con autocarri sull'itinerario diretto di valle Drava (Innichen-Lienz). Il Pabst trattò pertanto solamente quest'ultimo caso dicendo a suo modo di vedere si sarebbe potuto risolvere la questione nel modo seguente:

Poichè le Heimatwehren potevano, a Lienz, fare sicuro assegnamento su certo Krondakitz, capo della regione ed in pari tempo della gendarmeria, questi avrebbe potuto prendere accordi col capo della dogana, certo Signor Amhof di sede a Sillian, il quale a sua volta aveva stretto relazioni col funzionario di dogana alla frontiera (località Arnbach) certo Signor Aplerzer.

Soggiunse il Pabst a conferma della fiducia che si può avere sull'Aplerzer che questi ha un fratello • consigliere di finanza » a Trento e che l'Aplerzer, ora impiegato statale a Arnbach, ha intenzione di chiedere il riposo e di prendere domicilio a Levico.

Contando le Heimatwehren su un sicuro elemento quale il Krondakitz di Lienz, il quale a sua volta poteva fare assegnamento anche sui sopracitati individui della dogana austriaca per facilitare il transito dei trasporti sul territorio austriaco, sarebbe sufficiente (? !) che un incaricato del governo italiano prendesse contatto col Krondakitz per concretare i particolari dei giorni e delle ore in cui i trasporti dovrebbero oltrepassare la frontiera.

Soggiungeva infine che gli autocarri avrebbero dovuto essere italiani (!) e giustificò tale proposta colla considerazione che gli autocarri italiani i quali eseguono normalmente i trasporti fra Innichen e Lienz sono in maggior numero di quelli austriaci.

Ho richiesto al Pabst se, indipendentemente da qualsiasi altra obiezione, avesse tenuto presente oltre alle eventuali visite per parte di gendarmi in perlustrazione stradale ed alla nota sorveglianza in ordine alle Heimatwehren per parte dei socialcomunisti, tutti i normali inconvenienti automobilistici che avrebbero potuto determinare, con un inevitabile controllo del carico, la constatazione del trasporto clandestino, constatazione che avrebbe gravi ripercussioni poichè il trasporto effettuato con mezzi italiani rendeva senz'altro evidente la provenienza dei materiali. D'altra parte anche se si fossero usati autocarri austriaci non si sarebbe neppure potuto giustificare il trasporto come trasporto interno stante le località fra le quali i movimenti si dovrebbero svolgere.

Convenne subito il Pabst sulla serietà di queste obiezioni e con tutta franchezza ebbe a dirmi che bene pensando alla cosa, meglio sarebbe stato fare senz'altro in modo che qualora qualche sgradita constatazione avesse a verificarsi non potesse la responsabilità farsi risalire nè al Governo italiano nè alle Heimatwehren (che sarebbero tacciate inoltre di tradimento per essersi fornite di armi dall'Italia «l'eterna nemica») (sic).

Prospettò pertanto la soluzione che un suo dipendente, che egli designerebbe, figurasse di acquistare i materiali quali residuati di guerra da un fittizio commerciante italiano, lasciando così l'apparente responsabilità, se del caso anche con apparenti sanzioni penali, ai due ,contraenti fittizi, considerandosi la questione come questione di contrabbando di armi qualora qualche trasporto venisse scoperto.

Ma che assai facilmente qualche trasporto possa essere scoperto egli convenne a causa della sorveglianza (per sua stessa esplicita affermazione) che in proposito esercitano i socialcomunisti e per il fatto che anche nella gendarmeria possono trovarsi degli aderenti a tale partito.

Il Pabst, senza che gli fossero mosse altre obiezioni, concluse col dire che i trasporti, anche se prestudiati in tutti i particolari, a suo parere sarebbero s~ati di attuazione «difficilissima e molto delicata » (sic) e che era da preferirsi la rinuncia piuttosto che correre il rischio del benchè minimo scacco.

Giunto il discorso a tale punto ho ritenuto opportuno fare al Pabst una domanda esplicita. • Mi dica francamente » -richiesi -• se ella fosse al mio posto esprimerebbe al Ministero Esteri italiano parere favorevole o sfavorevole per il trasporto di cui trattasi? •.

Mi rispose: • da soldato a soldato debbo con franchezza dire che io esprimerei parere nettamente sfavorevole poichè vedo la cosa (e ripetè la precedente frase) difficilissima e molto delicata. E ciò dico -soggiunse -anche nello stesso interesse della mia associazione per la quale è miglior cosa tendere alla realizzazione del suo scopo -a tempo opportuno -con un minor numero di armi, piuttosto che compromettere la situazione con uno scacco quale deriverebbe dalla sorpresa di un trasporto clandestino di armi, scacco che quasi inevitabilmente si verificherebbe nonostante tutte le previdenze.

D'altra parte nelle azioni che eventualmente dovrebbero essere fatte dalle Heimatwehren conta più lo spirito che non le armi •.

Desiderando assicurarmi di non aver frainteso, richiesi se potevo comunicare a V. E. le precedenti sue dichiarazioni, ciò che mi diede la possibilità di ripetere e sentir ripetere chiaramente e senza alcun dubbio di errata interpretazione quanto era stato detto.

Il Pabst non solo assentì ma ripetutamente ebbe a dirmi che mi sarebbe stato grato se l'avessi fatto noto.

Nell'eventualità che la notizia possa interessare, notifico che i 18.000 fucili, tutte le cartucce (5.400.000), le 190 mitragliatrici, sarebbero stati, dopo il concentramento a Lienz, ripartiti nel modo seguente:

l -a Vienna: 2000 fucili (con relative cartucce) e 30 mitragliatrici;

2 -nell'Alta Austria: 5000 fucili (con relative cartucce) e 50 mitragliatrici;

3 -nella Bassa Austria 4000 fucili (con relative cartucce) e 40 mitragliatrici; 4 -nel Salisburgo: 2000 fucili (con relative cartucce) e 20 mitragliatrici; 5 -in Carinzia: 2000 fucili (con relative cartucce) e 20 mitragliatrici; 6 -in Stiria: 2000 fucili (con relative cartucce) e 20 mitragliatrici; 7 -nel Tirolo: 1000 fucili (con relative cartucce) e lO mitragliatrici. Soggiunse il Pabst che, tenuto conto della disponibilità delle armi nelle

varie località, il bisogno era più sentito nelle località di cui ai precedenti numeri l, 2, 3.

• Ma -ripetè nuovamente mentre parlava di questo argomento -meglio accontentarsi delle armi di cui ora disponiamo piuttosto che le Heimatwehren siano pregiudicate con una mossa falsa» (sic).

Come subordinato parere personale debbo confermare quanto ho altra volta esposto, e cioè non avere possibilità di riuscita il trasporto clandestino di armi in Austria a mezzo di autocarri, unica soluzione da esaminare dopo aver scartato tutte le altre.

Poichè il Pabst ebbe a dirmi che sarebbe stato ricevuto da V. E. nel pomeriggio di oggi, ho ritenuto doveroso redigere d'urgenza il presente promemoria.

(l) Cfr. KEREKES, Abenddiimmerung, cit., p. 40, che accenna al colloquio.

500

IL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO, AL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA

T. R. 3920. Roma, 21 giugno 1929.

Comunico a codesto R. Ministero l'unito telegramma (l) col quale S. E. Zoli domanda l'autorizzazione a recarsi presso l'Imam Jahia nel prossimo luglio, o al più tardi in agosto.

Per conto mio esprimo il parere che tale proposto viaggio non possa, allo stato attuale delle cose, recare vantaggio per la nostra situazione nei riguardi dello Yemen, e che per conseguenza sia opportuno di non consentirlo.

Mi sembra che S. E. Zoli non potrebbe in questo momento conseguire nessun utile risultato, o, per lo meno, nessun maggior risultato di quelli ottenuti recentemente dal Comm. Moreno. Data la sua alta carica, perciò, l'esito negativo del suo viaggio si risolverebbe, a mio credere, in un danno positivo per il nostro prestigio nello Yemen.

Comunque, poichè si tratta di questione che più direttamente rientra nella competenza di codesto R. Ministero, resto in attesa di conoscere con la massima cortese sollecitudine, le determinazioni che ·codesto stesso Ministero riterrà di prendere al riguardo per le conseguenti istruzioni da impartire a S. E. Zoli (2).

501

APPUNTO DEL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA

Roma, 21 giugno 1929.

È venuto da me, accompagnato dal Ministro d'Ungheria, il signor Pabst, delegato pel comando delle Heimwehren (3).

Mi ha detto che la situazione in Austria era ormai matura per il progettato sollevamento e la conquista del potere da parte dei Capi delle Heimwehren, che anzi non bisognava perdere tempo perchè alcuni membri dell'attuale Gabinetto Streeruwitz, acquisiti alla causa delle Heimwehren, ora soltanto avrebbero potuto prestarle un effettivo aiuto, mentre fra pochi mesi non sarebbero stati più in grado di farlo (?).

Il Pabst è pienamente d'accordo col Generale Toselli (4) sulla impossibilità attuale di inviare armi dall'Italia in Austria senza correre rischi tali da compromettere il buon successo.

Propone quindi di costituire in centri prossimi alla frontiera austriaca (specialmente ad Innichen) dei depositi di 10 mila fucili e 100 mitragliatrici, che

sarebbe facile far passare in Austria non appena le Heimwehren si rendessero

padrone delle zone limitrofe alla frontiera stessa.

Ma per iniziare il movimento nell'Austria settentrionale non c'è, secondo

il Pabst, altro mezzo che acquistare le armi proprio in Austria, dove non è

difficile trovarne. Occorrerebbe secondo lui acquistare 8 mila fucili e 90 mi

tragliatrici, per il prezzo di 600 mila scellini.

Il Pabst ha richiesto quindi che tale somma gli venga corrisposta dal Go

verno Italiano con la massima urgenza, insieme alla seconda parte del sussidio

già promessogli, cioè 900 mila scellini.

In tutto dovrebbero quindi essergli dati 1.500.000 scellini al più presto, nel

corso del mese di luglio (1).

Per la cronaca aggiungo ·che il Ministro di Ungheria ha vivamente insi

stito perchè la risposta da dare al Conte Bethlen su tale argomento sia inviata

per suo tramite.

(l) -Del 19 giugno, ore l, 10, che non si pubblica. (2) -Annotazione marginale di pugno di Grandi: • S. E. il Capo dispone che non si faccia il viaggio •. (3) -Cfr. KEREKES, Abenddiimmerung, p. 40, cit.; e la lettera Hory a Walko, del 13 luglio, ed. in KEREKES, Akten, pp. 322-324. (4) -Cfr. n. 499.
502

IL MINISTRO A BUCAREST, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 2844/185. Bucarest, 22 giugno 1929, ore 15 (per. ore 18,45).

Ministro degli Affari Esteri, parlandomi stamane in stretta confidenza, ha attirato mia attenzione sulla sfrenata campagna che i liberali vanno facendo contro l'Ungheria, giungendo persino a vera e propria provocazione (ad esempio mio interlocutore mi ha citato discorso di sfida all'Ungheria pronunciato l'altro giorno dall'ex ministro Duca ad Oradea Mare) onde suscitare una corrente d'opinione contro politica di conciliazione Governo nazional-tzaranista.

Signor Mironescu mi ha quindi confidato che gabinetto non ha altro desiderio che quello di metter fine all'increscioso incidente sorto con Budapest in seguito noto discorso del conte Bethlen (2). Al riguardo mi ha segnalato sue moderate dichiarazioni di ieri sera alla camera dei deputati (mio telegramma

n. 184) (3) insistendo sul punto che suo Governo altro non desidera da Budapest che una pronta risposta alla nota scritta presentata dalla Romania e che questa risposta sia tale da non mettere in imbarazzo gabinetto signor Maniu ed anzi atta a risolvere di per se stessa incresciosa situazione.

Ministro degli Affari Esteri mi ha quindi espresso preghiera che V. E. faccia giungere a Budapest un suo eventuale consiglio in tal senso. Mi ha altresi comunicato di essersi ieri intrattenuto sullo stesso argomento e nello stesso tenore col mio collega d'Inghilterra. Ho risposto al ministro che non avrei mancato di tenere parola a V. E. sia delle sue confidenze che del suo desiderio. Al che mio interlocutore, ringraziandomene, ha attirato di nuovo mia attenzione sul

35 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

l'artificiosa campagna dei liberali anche nei riguardi dell'articolo Popolo di Roma (miei telegrammi n. 175 e 177) (l) e ciò all'evidente scopo di mettere in luce stretto riserbo tenuto invece nella circostanza dalla stampa nazionaltzaranista.

Sarò grato a V. E. farmi conoscere se e quale seguito abbia creduto dare alla preghiera di questo ministro degli Affari Esteri.

(l) La Vossische Zeitung del 17 febbraio 1931 dava la notizia, già apparsa su un giornale di Innsbruck del 21 gennaio, che quando Pabst era andato in Italia nel 1929 avrebbe ottenuto dal Governo italiano due milioni e mezzo di lire. Il danaro, inviato a Budapest, sarebbe stato consegnato a Pabst tramite la legazione di Ungheria a Vienna.

(2) Cf!,'. n. 485.

(3) T. 2843/184 del giorno 22, che non si pubblica.

503

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. (P. R.) 1389/143. Roma, 24 giugno 1929, ore 15.

Il R. ministro a Bucarest telegrafa: (Come nel telegramma di collezione 2844/185 fino alle parole « del suo desiderio •) (2).

Prego portare quanto precede a conoscenza del conte Bethlen in via assolutamente riservata e confidenziale, aggiungendo che gradirei conoscere suo pensiero circa risposta da dare al Signor Maniu. Lascio naturalmente al saggio apprezzamento politico di Bethlen di prendere quelle decisioni che crederà più opportune, !imitandomi soltanto a fargli presente convenienza miglioramento rapporti romeno-ungheresi sempre auspicato dallo stesso Governo ungherese.

504

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO

T. 1390. Roma, 24 giugno 1929, ore 20.

Telespresso V. E. n. 3754 del 19 corrente (3).

Questo ministero prega V. E. voler comunicare S. E. Zoli che qualsiasi richiesta per nostra eventuale mediazione nel conflitto fra Imam e Impero britannico per essere di qualche vantaggio alla nostra azione ed alla nostra politica generale dovrebbe venirci fatta direttamente dal Governo centrale di Londra e non diretta al governatore dell'Eritrea da un agente locale quale è il residente inglese di Aden. Ove questi chiaramente insistesse nel richiederla sarà facile a S. E. Zoli fargli comprendere essere necessario che egli si rivolga a Londra chiedendo che i due Governi prendano accordi diretti al riguardo e che soltanto in tal caso potrebbero pervenire al governatore dell'Eritrea istruzioni nel senso da lui desiderato per un negoziato di tanta importanza.

(l) -Cfr. n. 495. (2) -Cfr. n. 502. (3) -Parere di Zoli e di De Bono contrario a fare opera mediatrice tra la Residenza di Aden e !"Imam.
505

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. R. 1710/694. Budapest, 24 giugno lill.

Mi riferisco al mio Rapporto n. 1658/677 del 19 corrente mese.

Come da promessa fatta al conte Bethlen andai ier l'altro a vedere il mio collega di Romania (1), col quale ebbi una lunga e cordialissima conversazione sul complesso problema dei rapporti ungaro-romeni e sul recente passo della Piccola Intesa per il discorso Bethlen (2).

Tenni dapprima a mettere al corrente il signor Grigorcea e del costante interessamento dell'E. V. in vista di eliminare le difficoltà che si frapponevano ad una sincera intesa fra le due Nazioni e delle ripetute conversazioni in proposito da me avute in questi ultimi due anni specialmente, col suo predecessore. Prendendo poi lo spunto dalla campagna anti-magiara di buona parte della stampa romena a seguito del discorso Bethlen e dalla nota di protesta da lui qui recentemente presentata -mentre i colleghi jugoslavo e cecoslovacco si erano accontentati di rimostranze verbali -mostrai qualche sorpresa per la pronunciata reazione romena che non mi sembrava proporzionata al contenuto del discorso incriminato, tanto più dovendo il Governo di Bucarest essere perfettamente al corrente e delle vere disposizioni del conte Bethlen nei riguardi della Romania e delle dichiarazioni da lui fatte indirettamente pervenire a Bucarest a suo tempo e delle recentissime sue rinnovate chiare assicurazioni direttamente fatte al signor Gaffengu a Madrid, che cioè qualora si fosse sbarazzato il terreno della questione degli optanti e di altre pendenti d'ordine secondario e la Romania fosse addivenuta a soddisfacenti concessioni d'ordine religioso e culturale alle minoranze magiare di Transilvania, il Governo ungherese si impegnava a non sollevare alcuna rivendicazione territoriale nei riguardi della Romania, anche nel caso in cui la questione della revisione delle frontiere fosse ufficialmente posta all'ordine del giorno a Ginevra od in altro foro qualunque.

Ora a mio avviso una tale dichiarazione poteva offrire una seria base per un accordo di fondo tra i due Paesi, se, come dovevo ritenere, il Governo romeno fosse pure realmente animato da propositi concilianti ed amichevoli. I grandi vantaggi che la Romania ne avrebbe tratto mi sembravano ovvi. Vantaggi di ordine materiale e morale, tanto in un primo tempo coll'eliminare la incresciosa questione degli optanti, quanto e più nel futuro con l'assicurarsi, al minimo, la benevola neutralità ungherese in caso di difficoltà col Governo dei Sovieti, senza contare i benefici commerciali derivanti da una forte ripresa degli scambi ·con l'Ungheria, tanto bisognosa delle grandi ricchezze minerarie e forestali della Transilvania.

Il signor Grigorcea mi rispose di apprendere con grande compiacimento le idee espresse dal conte Bethlen • che gli tornavano assolutamente nuove, in questa forma chiara e precisa » e delle quali il suo Governo non lo aveva affatto informato; e mi ringraziò della mia comunicazione con le più calde espressioni di gratitudine. Egli considerava le dichiarazioni Bethlen • completamente soddisfacenti e perfettamente atte a formare la base di serie trattative •. Finora gli era solo constato, e vagamente, dell'opera di pacificazione che si era assunta la Polonia e, pochi giorni or sono, aveva avuto occasione di leggere • di sfuggita • alla stazione a Vienna, un telegramma inviato dal signor Gaffengu a Madrid al Ministro Davila (capo della delegazione romena per gli optanti) i.n cui era cenno pure della conversazione col conte Bethlen, e dei buoni propositi da lui espressi, ma in forma tanto incerta ed imprecisa che egli non aveva creduto tenere in speciale considerazione. Rimase invece tanto colpito da quanto io gli dissi, che mi chiese se ritenessi il conte Bethlen tanto forte da far accettare eventualmente al Parlamento ed al Paese un accordo sulle basi .esposte. Ciò che gli confermai senza ambagi, aggiungendo che in caso di intesa l'Ungheria avrebbe pure certamente aderito a concludere un trattato di non aggressione.

Il signor Grigorcea mi ripetè quindi, quanto già mi aveva detto tempo fa, e che cioè il signor Maniu e per la sua origine (Transilvania) e per convinzione, era non soltanto propenso ad accordarsi all'Ungheria, ma benissimo disposto anche verso le minoranze allogene, delle quali come lui stesso Grigorcea (bucovino), conosceva i bisogni e le aspirazioni, mentre gli uomini della opposizione liberale, (pertinenti della vecchia Romania) ne erano affatto digiuni. Ora la situazione del suo Governo era assai delicata, perchè doveva tener conto dell'opposizione stessa e della stampa liberale, assai forte, che coglieva ogni occasione per attaccarlo e che stava inscenando una violenta, assurda campagna anti-magiara, sempre per creargli difficoltà. Personalmente egli era stato contrario alla presentazione della nota di protesta ed aveva invano tentato di farne almeno modificare il tenore, sembrandogli che avrebbe dovuto bastare una breve dichiarazione in Parlamento da parte del Ministro degli Affari Esteri. Per la sua attitudine conciliante e per quella di « nuovo romeno » egli si sentiva già in sospetto presso molti nel suo Paese e quindi, allo stato delle cose, aveva pensato di riferire la conversazione con me avuta al Ministro Davila, influentissimo a Bucarest, che sarebbe stato oggi qui di passaggio in via per Bucarest, perchè ne riferisse al signor Maniu e lo incitasse a fare ogni sforzo per moderare la stampa ed esaminare poi seriamente le proposte del conte Bethlen.

In giornata stessa riferii dettagliatamente la mia intervista con Grigorcea al Presidente del Consiglio, il quale mi ringraziò caldamente e mi pregò di tenermi anche in avvenire in stretto contatto col mio collega romeno. Questi mi telefonò poi oggi di aver avuto il progettato abboccamento con Davila, che si era mostrato dispostissimo a fare il possibile nella direzione voluta, riservandosi di venirmi a vedere non appena avrebbe ricevuto qualche comunicazione da Bucarest.

Ora benchè le trattative per gli optanti siano per il momento fallite e perduri la campagna anti-magiara della stampa romena, pure forse un'atmosfera meno ostile per uno scambio approfondito di idee sulle relazioni fra i due Paesi potrà venirsi a formare in Romania anche dalla disillusione stessa e dalla irritazione che sarebbe stata colà provocata -se debbo prestar fede a quanto pretende questo Addetto Militare romeno -dall'attitudine assai riservata tenuta dalla stampa e dal Governo Francese in occasione del passo della Piccola Intesa, frutto questo indubbio delle conversazioni avute a Parigi dal conte Bethlen.

(l) -Il contenuto del colloquio fu trasmesso anche con successivo t. 2903/131 del 27 giugno (2) -Cfr. n. 485.
506

IL CONSOLE GENERALE A INNSBRUCK, RICCIARDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 2969/332. Innsbruck, 24 giugno 1929.

Teleposta 2960/329 in data odierna.

Avevo già scritto e spedito a Vienna il rapporto sopra indicato quando ho saputo maggiori dettagli sull'origine del divieto di questo Governo all'accensione dei fuochi del solstizio lungo la nostra linea di confine. Essendo corsa la voce, che peraltro non sembra confermata, che le associazioni degli ex combattenti e del Bund-Oberland avessero l'intenzione di recarsi armati e con elmi d'acciaio al nostro confine col proposito di provocar dei conflitti coi nostri agenti colà di servizio, il Governo provinciale proibì l'accensione dei fuochi nella zona predetta e dispose a Gries am Brenner un servizio di oltre cento gendarmi i quali fecero ritornare indietro tutti coloro, sia pure inermi, che si dirigevano verso il confine per accendervi i fuochi. Dei fuochi vennero, peraltro, accesi sul versante meridionale del monte Padaun, i quali dovevano esser sicuramente visibili da Colle Isarco e dal Passo del Giovo, in segno di saluto ai fratelli dell'Alto Adige.

P. S. -Pare che, insieme ai « Frontkaempfer » e all'« Oberland Bund » anche la • Heimatwehr » intendeva partecipare alla accensione dei fuochi lungo il confine. Questa circostanza ha uno speciale interesse e starebbe a confermare quanto ho più volte espresso sui reali sentimenti di quella organizzazione nei nostri riguardi: i suoi dirigenti non mancheranno poi all'occasione propizia di smentire la cosa o di presentarla come una iniziativa di singoli membri senza preintesa, autorizzazione e compartecipazione dell'organizzazione stessa e dei suoi dirigenti! (1).

(l) Il teleposta venne inviato, per conoscenza, alla legazione a Vienna.

507

IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AL MINISTRO AL CAIRO, PATERNO', AL CONSOLE GENERALE A BEIRUT, DE CICCO, E AL CONSOLE A DAMASCO, BENZONI

T. RR. 1398. Roma, 25 giugno 1929, ore 21.

Ministero Colonie ha fatto presente che, in .seguito nuova situazione determinatasi in Cirenaica con avvenuta presentazione dei capi ribelli (1), nostra linea di condotta di fronte eventuali approcci di membri della famiglia senussita deve intonarsi a questa nuova situazione.

Tuttavia, poichè perdono assicurato da proclama Badoglio a tutti i ribelli che entro dato termine si presenteranno autorità italiane consegnando armi non può ritenersi applicabile ai casi di membri della famiglia senussita che facciano atto sottomissione presentandosi a qualche R. ufficio all'estero, e poichè, quanto meno, estensione effetto detto proclama ai casi suindicati non potrebbe aver luogo senza preventivi accordi col maresciallo, ministero Colonie, osservando inoltre che situazione delineatasi Cirenaica è appena all'inizio e non è possibile prevedere quale influenza su di essa potranno esercitare membri famiglia senussita residenti estero, ritiene essere necessario riservarsi, nel momento attuale, una completa libertà di azione di fronte a costoro e di conseguenza nostra linea di condotta in caso di approcci da essi compiuti deve avere carattere dilatorio.

In caso quindi che tali approcci si verifichino o direttamente o per mezzo di rappresentanti autorizzati, la S. V. dovrà d'ora innanzi limitarsi comunicare agli interessati che del passo compiuto informerà il R. Governo, riservandosi far conoscere le determinazioni di questo. Del passo compiuto dovrà urgentemente essere informato questo R. ministero.

Prego accusare ricevuta (2).

• In questa speranza i fuorusciti vengono rafforzati dalla versione che i saied senussiti propagano ad usum delphini sull'avvenimento: trattarsi cioè di tregua che Ornar el Mukhtar ha accettato. per dar modo e tempo allo svolgersi di ulteriori e più generali negoziati con tutti i capi ribelli libici cui presiederebbero l'ex emiro Idris e il Saied Ahmed Scerif. Notizie diffuse con lettere dell'ex emiro a tutti i maggiori esponenti della ribellione libica ancora in armi, specialmente al Salah el Ateusc e al Seif en Nasser.

È un ritorno alla vecchia aspirazione della famiglia senussita di prestarsi alla pacificazione in Libia mediante un consesso di capi da essa presieduto. Idris ha poi preso una iniziativa con questa Legazione: prima per tramite di persona impiegata da noi nei contatti coi libici e ieri inviando in Legazione il noto. saied Mohamed Morgani el Idrisi (degli Idrissiti di Luxor), mi ha fatto chiedere per quale ragione la Legazione non gli aveva più fatto saper nulla della sua offerta di collaborazione al Maresciallo Badoglio nella primavera sco~sa.

Come non ho dato ascolto alla prima indiretta richiesta, non raccoglierò nè farò dare alcun seguito al passo del saied Morgani •.

(l) -Sulla situazione in Cirenaica cfr. anche la l. p. di De Bono a Mussolini del 18 giugno,in ACS, Segreteria particolare del Duce, carteggio riservato, fase. De Bono 224/R. (2) -Sulla presunta sottomissione del capo Ornar el Mukhtar e sulle sue implicazioniPaternò comunicava con telespr. 2206/535 del 19 luglio:
508

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 1707/691. Budapest, 25 giugno 1929.

Ho l'onore di riferirmi al telegramma per corriere di V. E. n. 1368 del 17 corrente (1).

Ho già avuto occasione di riferire all'E. V. circa i rapporti ungaro-francesi con miei numerosi rapporti e da ultimo con rapporto n. 1642/565 A I Francia del 19 corrente (2), incrociatosi col succitato telegramma, nel quale riferivo del mio colloquio avuto in proposito con il conte Bethlen in riguardo alle sue conversazioni di Parigi. In questi giorni il Presidente del Consiglio ha avuto occasione di fare delle dichiarazioni sul suo viaggio in Francia dinnanzi alla Commissione per gli Affari Esteri della Camera dei deputati e della Camera Alta rispettivamente il 20 ed il 22 corrente. Qui unita ne trasmetto la traduzione delle dichiarazioni. La stampa ha naturalmente continuato a occuparsi ampiamente della nuova atmosfera che sembra regnare al Quai d'Orsay nei riguardi dell'Ungheria. Particolarmente degno di nota mi è sembrato un articolo comparso sull'A Reggel del 24 corrente che pure invio qui allegato.

Sono tornato oggi sull'argomento con il signor Walko; egli mi ha ripetuto quanto già dettomi dal conte Bethlen. Il Ministro degli Affari Esteri mi ha spiegato che fin dall'ultimo suo incontro con Briand egli cercò d'illuminarlo sulle reali condizioni dell'Ungheria e sulle sue intenzioni pacifiche allo scopo di indurre i dirigenti la politica francese a considerare più obbiettivamente le questioni magiare. Questa azione sarebbe stata pure ripresa e sviluppata dal conte Bethlen nei suoi recenti colloqui a Parigi.

Scopi dichiarati del recente passo e in genere di tutto il movimento nei riguardi della Francia sarebbero :

l) chiarimento generale dell'atmosfera politica fra i due Paesi;

2) spiegazioni sulla vera situazione dell'Ungheria dimostrando il mal animo

della Piccola Intesa; 3) prevenire l'eventuale manovra della Piccola Intesa tendente a far pagare una forte quota delle riparazioni all'Ungheria; 4) intensificazione di rapporti culturali, e più tardi se possibile, commerciali, finanziari.

Ciò corrisponderà certamente al vero ma non si può negare che le ripercussioni della mossa del Presidente del Consiglio negli ambienti politici, nella stampa e nell'opinione pubblica sono state vaste e profonde. Vero è che il contegno della stampa francese in occasione del passo della Piccola Intesa ha destato qualche rosea speranza nell'animo alquanto eccitabile dei magiari che già vedono rallentarsi la stretta della Piccola Intesa e qualche ingenuo può aver creduto che l'andata di Bethlen a Parigi segnasse una nuova epoca nella storia dell'Ungheria post-bellica. Ciò lo ha ammesso anche il signor Walko, il

quale però aggiunse che il Governo si rende ben conto che non si tratta che di uno spiraglio di luce che fa sperare in una maggiore comprensione da parte della stampa e del Governo francese degli interessi magiari. Ad ogni modo lo sviluppo degli eventi va seguito con grande attenzione, poichè c'è da attendersi che le pressioni sul Presidente del Consiglio raddoppieranno specialmente da parte di coloro che desiderano un regime più democratico o mal sopportano il suo orientamento marcatamente italofilo.

Vari oratori, tanto alla Camera dei deputati che alla Camera Alta, hanno espresso la speranza che si giunga ad una chiarificazione dei rapporti ungarofrancesi nell'interesse generale del Paese ed anche e sopratutto in armonia con l'Italia che all'Ungheria è legata da calda amicizia.

In questo senso si esprime il conte Appony in un articolo pubblicato dal Pester Lloyd in data odierna e che ho l'onore di trasmettere in traduzione all'E. V.

In detto articolo, l'eminente uomo politico afferma, sotto l'impressione della sua recente visita a Roma (1), ·che più chiari rapporti tra Budapest e Parigi non possono essere visti che con simpatia dall'Italia (2).

(l) -Cfr. n. 491. (2) -Non si pubblica.
509

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2904/337. Londra, 27 giugno 1929, ore 14 (pe1·. ore 18).

Telegramma di V. E. 6514/192 (3).

In riscontro a segnalazione fatta da questa ambasciata a termini telegramma succitato, Foreign Office comunica che pur non avendo conferma circa caso specifico segnalato constagli che navi sovietiche hanno sbarcato partite di armi a Mohammerah, nella Persia meridionale, durante mese di maggio ed ha ragione di ritenere che vi sia relazione fra questa circostanza e recenti disordini scoppiati fra maestranze e operai raffinerie di Abadan dell'Anglo-Persian. Foreign Office esprime desiderio che quanto precede sia telegrafato R. legazione Teheran con preghiera di farne oggetto ·comunicazione confidenziale al Governo persiano. Gradirei conoscere, per mia norma ed informazione Foreign Office, se V. E. abbia creduto accedere al desiderio su esposto.

sione,».

(l) -Cfr. n. 459. (2) -Con r. 1645/668 del 19 giugno., Durini riferiva circa le tendenze, in atto da sei mesi, a spingere il regime al potere a democratizzare il paese. La stampa « insiste ora tutti i giornisulla necessità di giungere ad una piena " democratizzazione .. del paese, perchè soltanto in tal modo l'Ungheria potrà giungere a guadagnarsi le simpatie delle grandi nazioni democratiche che oggi dirigono la politica mondiale. Ottenutane la simpatia, sarà facile averne anche l'adesione per l'ottenimento di ciò che richiede l'Ungheria attraverso il movimento della " revi

(3) Cfr. n. 484.

510

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ALDROVANDI, A BRUXELLES, DURAZZO, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, E A PARIGI, MANZONI

T. R. 1428. Roma, 29 giugno 1929, ore 24.

(Per tutti). Questa ambasciata d'Inghilterra, nel comunicarmi desiderio del suo Governo che Londra venga scelta come sede della prossima conferenza internazionale per le riparazioni, ha fatto conoscere che signor Mac Donald avrebbe molto apprezzato adesione italiana alla proposta inglese.

Ho informato oggi sir Ronald Graham che Capo del Governo è disposto ad aderire alla scelta di Londra.

(Solo per Londra). Con tale adesione Governo italiano viene evidentemente a rafforzare in modo notevole, se non decisivo, posizione inglese nei confronti della Francia per la scelta della sede. Confido che codesto Governo saprà apprezzare e troverà modo di ricambiare attitudine favorevole del Governo italiano, che V. E. vorrà opportunamente valorizzare.

(Per Parigi, Berlino, Bruxelles). Quanto precede per opportuna sua conoscenza.

511

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. 1430/213. Roma, 29 giugno 1929, ore 24.

Telegramma di V. E. n. 337 (1).

R. Governo ha creduto procedere nota segnalazione al Foreign Office in vista interesse comune itala-britannico contrastare manovre soviettiche nella penisola arabica ma non ritiene che tale sua collaborazione debba estendersi anche a difesa interessi inglesi in Persia e non vede quindi motivo procedere desiderato suggerimento al Governo persiano. Senza farne oggetto di comunicazione a codesto Governo V. E. vorrà tener presente quanto precede per sua norma di linguaggio per il caso il Foreign Office ritornasse sull'argomento.

(l) Cfr. n. 509.

512

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. (P. R.) 7696/217. Durazzo, 29 giugno 1929, ore 22,45 (per. ore 0,45 deL 30).

A nome di re Zogu prego V. E. voler impartire ordini alla Banca Nazionale d'Albania di rispondere subito e favorevolmente alla domanda del Governo albanese per la coniazione degli spezzati d'argento. Il trascinarsi di questa ridicola questione imbarazza tutta la nostra politica in Albania, come ho dovuto constatare nell'occasione della concessione monopolio petroli alla Agip, tenuto presente che contratto deve essere firmato da quello stesso ministro Tutulani che fu da noi vilipeso nel novembre scorso in una pubblica riunione. La possibilità che la Banca lasci senza risposta la richiesta albanese, che mi risulta essere stata ufficialmente avanzata, o che risponda con nuovi bizantinismi, comprometterebbe gravemente la posizione della Banca la quale anzichè strumento di nostra penetrazione in Albania si è dimostrata finora essere un grave ostacolo agli sviluppi della politica italiana. V. E. ha dovuto diradare ogni giorno a prezzo di costose condizioni l'atmosfera di diffidenza e di sospetti creata dall'atteggiamento ostile della Banca contro la politica del Governo fascista. Non è nelle mie consuetudini declinare nessuna responsabilità, ma non celo a V. E. che se non si imprime una radicale trasformazione alle direttive della Banca nazionale d'Albania ne resteranno seriamente pregiudicati i nostri interessi politici in questo paese.

A mio avviso occorre: l) Seppellire definitivamente la questione degli spezzati che avvelena rapporti fra Banca e Stato; 2) Spostare in Albania la direzione effettiva della Banca, oggi frazionata tra Roma e Milano.

513

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. (P. R.) 7697/216. Durazzo, 29 giugno 1929, ore 22,45 (per. ore 1,45 del 30).

Non ho voluto importunare codesto ministero con notizie quotidiane che sarebbero riuscite contraddittorie circa andamento negoziati per concessione alla Agip del monopolio del petrolio benzina nafta ed altri carburanti. Come è consuetudine del sovrano ho dovuto penosamente negoziare con lui i singoli prezzi del monopolio, allo stesso tempo che ho dovuto portare ad esaurimento tutte le fasi procedurali che inesauribile fantasia del Governo albanese e particolarmente del ministro Tutulani hanno saputo escogitare per mettere ostacoli a questa nuova concessione all'Italia. La tattica di non ingaggiare battaglia su questioni di procedura, ma di mostrarsi intransigenti sulla sostanza, è riuscita anche questa volta la più felice. Si sono attraversati momenti di grave tensione ma oggi finalmente il re mi ha comunicato che il Consiglio dei ministri accettava le ultime mie condizioni. Si sta ora procedendo alla stipulazione del contratto. La Agip prende la concessione a prezzi estremamente favorevoli. Prima della firma potrà probabilmente sorgere qualche impreveduta difficoltà, ma in complesso può dirsi che la battaglia per il petrolio è vinta. È una nuova strettissima maglia con cui leghiamo l'Albania a noi. È necessario però che Agip eserciti il monopolio senza offrire il fianco a critiche e che essa dimostri subito prontezza e larghezza di mezzi se non vuole incontrare l'odiosità del pubblico, conseguenza fatale per chi gestisce male un monopolio che, come questo, interessa tutte le classi albanesi non escluse le più povere. Sarà bene che ciò venga tenuto presente (1).

514

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2942/198. Vienna, 29 giugno 1929, ore 22,45 (per. ore 3,40 del 30).

Peter mi si è mostrato stamane raggiante di soddisfazione come da molto non mi appariva. Mi ha detto che le comunicazioni qui fatte da Egger in seguito colloquio con V. E., avevano prodotto grande impressione sul cancelliere austriaco il quale più che mai era fermo nel proposito, perseverando nella politica suo predecessore, di curare mantenimento delle migliori relazioni. Il cancelliere austriaco non poteva pel momento assentarsi da Vienna causa lavori parlamentari nè era in grado fissare fin da ora la data di un suo viaggio a Roma, il quale del resto corrispondeva ad uno dei suoi più vivi desideri. D'altra parte era necessario che prima di recarsi costì avesse preparato il governo del Tirolo ciò che purtroppo lo avrebbe obbligato recarsi ad Innsbruck. Peter credeva che ad ogni modo la sua andata a Roma avrebbe potuto avvenire verso la metà di settembre e cioè prima della riapertura parlamento austriaco. Nel corso della conversazione Peter ha detto che dalle dichiarazioni di V. E. ad Egger emergeva un fatto nuovo e cioè che V. E. intendeva si distinguesse tra le manifestazioni di semplici privati e quelle di personaggi ufficiali che solo delle seconde rendeva responsabile il Governo austriaco. Ho risposto a Peter rallegrarmi assai nel vedere che alle nuove prove di benevolenza offerte da

V. E. all'Austria corrispondesse la buona volontà di questo Governo. Nessuno era più di me convinto premessa necessaria per vero e durevole miglioramento nelle nostre relazioni fosse la decisione del Governo austriaco di parlare chiaro e fermo ai tirolesi. Questo concetto avevo esposto nel luglio scorso nel mio

primo colloquio avuto con Seipel dopo l'incidente e la mia conseguente lunga assenza (1). Lo avevo più volte ripetuto non solo a Seipel ma anche a Peter con cui credevo averne fatto cenno quasi in ogni mia conversazione. Bisognava che Streeruwitz spiegasse ai tirolesi come Austria potesse scegliere tra una utile amicizia con noi ed una inutile continuazione di sterili agitazioni; come fosse impossibile continuare all'infinito nel doppio giuoco e come i beni e gli interessi non solo economici ma anche politici dell'Austria non lasciassero in dubbio quale delle due vie dovesse essere preferita. Circa poi la distinzione enunciata da V. E. circa manifestazioni di responsabili o di irresponsabili, non mi sembrava trattarsi di un fatto nuovo giacchè se io talvolta avevo attirata la sua attenzione anche sulle seconde, era stato non per farne oggetto di protesta, bensì solo per fargli presente come esse non potevano che nuocere al ristabilimento di più cordiali relazioni, mantenendo vivo malcontento nell'opinione pubblica dei due paesi. Le mie proteste si erano limitate ai casi o di manifestazioni di personaggi responsabili o di manifestazioni le quali pur essendo ordinate da irresponsabili avevano avuto pubblica approvazione mediante intervento ad esse di persone responsabili. Colloquio è terminato con nuove gioconde assicurazioni di amicizia di Peter.

Anche Schilller, che ho poi incontrato, mi ha manifestato sua soddisfazione quantunque con minori segni di espansione.

(l) Con r. 1284/614, Tirana 30 maggio 1930, Sola comunicava a Grandi la sua soddisfazione per il buon funzionamento del monopolio dell'AGIP sul petrolio in Albania. « L'A.G.l.P. non potrà tuttavia rendersi mai conto del male che la disorganizzazione dei primi mesi della sua gestione, ha recato alla nostra penetrazione in questo Paese, e del lievito di antipatia, che la questione A.G.l.P. ha sollevato verso di noi •·

515

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, BEAUMARCHAIS

N. 4121. Roma, 29 giugno 1929.

Con la nota del 21 dicembre u. s. (2), V. E. ha voluto richiamarsi alle nostre conversazioni circa i rapporti generali fra la Francia e l'Italia ed al desiderio reciprocamente espresso di veder concluso fra i due Paesi un Trattato di arbitrato e di amicizia che servisse appunto a rinsaldare i loro rapporti.

Di comune intesa ritenemmo necessario far precedere alla conclusione di tale Accordo un regolamento di due questioni in sospeso fra i due Stati, cioè quella relativa alla situazione degli Italiani in Tunisia, e quella concernente il regolamento della frontiera della Libia.

Se infatti tali questioni non fossero preventivamente risolte, non vi è dubbio che esse nuocerebbero fin dall'inizio allo sviluppo di quelle cordiali relazioni a cui il Patto di amicizia e di arbitrato dovrebbe appunto essere inteso.

L'accordo firmato a Parigi il 25 Luglio dello scorso anno, relativo allo Statuto di Tangeri e l'atteggiamento amichevole mantenuto dalla Delegazione francese durante il corso delle trattative, mi avevano, in realtà, data la sensazione che anche le altre questioni sarebbero state trattate con lo stesso spirito di amichevole comprensione dei reciproci interessi.

Ho dovuto, però, con mio rinc;:escimento, constatare che i due progetti

annessi alla Nota di V. E. e relativi, l'uno allo Statuto degli Italiani in Tu

nisia, l'altro alla frontiera della Libia, non corrispondevano del tutto alla mia

aspettativa.

Per quanto riguarda la prima questione, io debbo francamente dichiarare

a V. E. che non mi sembra corrispondere agli scopi comuni delle attuali trat

tative la proposta di annullare completamente le Convenzioni per la Tunisia

del 1896, che furono un compromesso fra gli interessi dei due Paesi in quella

regione, e, rendendo possibile e facile il magnifico sviluppo avuto dal Paese

sotto il protettorato della Francia, assicurarono un minimo di esistenza nazio

nale alle collettività italiane colà da tempo stabilite.

A V. E. sono troppo noti i precedenti della questione tunisina perchè io debba ricordarli, ed è ben nota anche l'appassionata attenzione con cui in Italia è stata sempre seguita la situazione di quei nostri connazionali. Di ciò del resto il Governo della Repubblica ha sempre mostrato di avere esatta sensazione, tanto che nel denunciare la Convenzione del '96, nel settembre del 1918, esplicitamente dichiarò che tale denuncia aveva uno scopo soltanto economico, e che esulava quindi da essa ogni intenzione di modificarla nelle sue linee politiche (Nota di S. E. Barrère al Governo Italiano del 9 Settembre 1918).

Il Governo Francese non poteva, infatti, non riconoscere che, ove le Convenzioni del 1896 non fossero state rinnovate e sostituite da altri accordi, lo Statuto degli Italiani residenti in Tunisia sarebbe stato, ipso jure regolato dalla preesistente situazione giuridica, certamente ad essi più favorevole.

Nel settembre del 1919, quando fra i due Governi fu iniziata la discussione dei compensi coloniali in forza dell'art. 13 del Patto di Londra, il Governo francese riconobbe l'opportunità di migliorare le condizioni degli italiani in Tunisia, ammettendo, nell'accordo del 12 settembre 1919 la facoltà della istituzione di scuole italiane nel Protettorato, facoltà da tempo reclamata dai nuclei d'italiani stabiliti nel Paese.

Il R. Governo, nel richiedere un regolamento della questione tunisina, intendeva quindi migliorare le condizioni di vita nazionale degli italiani colà residenti, ma non poteva e non può evidentemente, contemplare un peggioramento di esse, e, tanto meno, accettare ciò che il Governo Francese in sostanza propone: l'annullamento in un periodo di anni più o meno lungo di ogni diritto riconosciuto agli italiani da precedenti convenzioni.

Io non sono in grado, pertanto, di entrare nell'esame delle singole proposte di dettaglio contenute nel progetto trasmessomi da V. E., poiché il principio informatore di tali proposte è opposto a quello che il Governo e l'opinione pubblica italiana si attendevano di veder accolto dal Governo francese, cioè il miglioramento, o almeno il mantenimento, della situazione degli Italiani nel Protettorato Tunisino.

In tali condizioni, ed anche nell'intento di raggiungere rapidamente un accordo che possa creare una favorevole atmosfera all'ulteriore esame della questione, io ritengo che la migliore soluzione, e la più semplice, è quella già da me ripetutamente proposta, di prorogare cioè le convenzioni del 1896 per la Tunisia, senza alcuna variante, per un minimo di dieci anni.

Quanto alla frontiera della Libia, le richieste italiane, come è ben noto all'E. V., si basano su l'art. 13 del Patto di Londra e sulle riserve contenute nell'accordo 12 settembre 1919.

Le proposte di rettifica confinaria contenute nel progetto trasmessomi da

V. E. si riducono però alla cessione di una piccola oasi, quella di Giado, popolata da non più di 600 abitanti, dove le forze di polizia francesi manterrebbero diritti di tappa e di rifornimento, con una circostante fascia di sabbia assolutamente inutilizzabile, neanche dal punto di vista del traffico carovaniero.

Evidentemente lo spirito e la lettera dell'art. 13 del Patto di Londra erano di regolare • in favore dell'Italia • le questioni concernenti la frontiera della Libia, non soltanto in modo che tale regolamento costituisse « un equo compenso all'aumento dei domini coloniali della Francia in Africa a spese della Germania •, ma che rappresentasse per la Colonia Italiana della Libia un sensibile e reale vantaggio.

Se il Governo francese condivide, come mi sembra ovvio, questo punto di vista, che è stato del resto condiviso anche e praticamente realizzato dal Governo Britannico, con la cessione del territorio dell'Oltre Giuba, non credo che le proposte fattemi da V. E. possano rappresentare una equa esecuzione del suddetto art. 13 e determinare il Governo italiano a dichiararsene soddisfatto.

Dopo matura considerazione della questione, e nell'intento di restringere il più possibile le nostre legittime domande, sottopongo a V. E. quella che a me sembra la soluzione minima della questione stessa, cioè una definizione della linea di frontiera, secondo il seguente andamento generale:

a Ponente: Dal Ras Agir sul Mediterraneo, seguendo l'attuale confine occidentale della Tripolitania, dall'Italia accettato, sino all'incontro del detto confine coll'lP meridiano E. Gr., circa, presso la località di In Ezzan; quindi a sud di In Ezzan su di una linea fra il 10" ed il 12° meridiano E. Gr. fino all'incontro col 18" parallelo.

A Mezzogiorno: lungo lo stesso 18° parallelo, fino ad un punto da cui possa partire una linea che vada a ricongiungersi con il confine orientale della Cirenaica stabilito con l'Egitto (fra il 24° ed il 26° meridiano).

(Unisco a V. E. una carta geografica al l: 4.000.000, sulla quale è indicato il suddetto tracciato).

Riassumendo, Signor Ambasciatore, mi sembra opportuno precisare che,

nel pensiero del Governo Italiano, le basi dell'attuale negoziato non sono mai

state e non potevano mai essere che:

l) ottenere una equa soddisfazione degli impegni di carattere coloniale

assunti dalla Francia col Patto di Londra, soddisfazione più o meno ampia a

seconda della maggiore o minore larghezza con cui il Governo Francese avesse

creduto di interpretare tali impegni.

2) Migliorare le condizioni degli italiani in Tunisia, conservandone la

nazionalità.

Soltanto così, infatti, io ritengo che si potrebbe formare -eliminando le attuali divergenze -quell'atmosfera di cordiale collaborazione fra i due Paesi, atta a dare un reale contenuto al proposto Patto di amicizia e di arbitrato.

Le proposte invece che V. E. mi ha trasmesse, mentre interpretano i suddetti impegni del Patto di Londra in una maniera in verità troppo ristretta, consistono, d'altra parte, in una richiesta rivolta al Governo italiano di rinunziare all'attuale situazione dei sudditi e degli interessi italiani nel Protettorato Tunisino.

Da parte mia, ritengo di aver dimostrato a V. E. tutta la buona volontà ed il sincero desiderio del Governo Italiano di giungere ad un accordo, !imitandomi a proporre lo statu quo per la questione tunisina, durante un periodo di dieci anni, ed una definizione della frontiera libica, ridotta nei minimi termini atti a costituire un reale vantaggio per quella Colonia Italiana ed un'equa interpretazione dell'art. 13 del Patto di Londra.

La prego quindi di voler sottoporre all'esame del suo Governo tali proposte e farmi conoscere il suo pensiero al riguardo (1).

(l) -Cfr. serie VII, vol. VI, n. 459. (2) -Cfr. n. 121.
516

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO

T. (P. R.) s. 7625. Roma, 1° luglio 1929, ore 2·0.

Nota di V. E. n. 3946 del 25 giugno scorso.

Concordo pienamente con V. E. nel ritenere non intonato alla dovuta cortesia il secco telegramma del 25 maggio diretto dalla R. legazione in Addis Abeba (2) al governo dell'Asmara ed ho dato istruzioni al R. ministro in Addis Abeba perchè ciò non abbia più a ripetersi (3). Debbo però osservare da parte mia che era anche tale il tono usato dal governo di Asmara nel telegramma del 19 maggio a cui si riferisce la risposta del R. ministro, telegramma che trascrivo:

• -Nuova aggressione e rapina corriere postale Gondar cui telegramma 1303 R. -agente Adua è fatto tale gravità da richiamare immediate sanzioni. Prego V. -S. voler sull'accaduto richiamare attenzione Governo etiopico e da questi provocare formali tassativi ordini a Ras Seium per ricerca ed esemplare punizione colpevoli e perchè provveda ad evitare il ripetersi di simili incidenti. R. agente Adua istruisca regolare rigorosa inchiesta cui atti vorrà trasmettermi al più presto. Per il governatore firmato Mutinelli •. s. -E. Mussolini è stata portata dall'Ambasciatore a Parigi e ne riferirà a Palazzo Ch!gi venerdì prossimo •.

Si tratta qui di vere e proprie istruzioni che il governo dell'Asmara dava in modo categorico alla nostra legazione, mentre l'azione di quest'ultima è subordinata soltanto alle direttive del R. ministero degli Affari Esteri.

Sarei perciò grato alla E. V. se volesse contemporaneamente far presente quanto precede al governatore Eritrea.

(l) -Cfr. anche il verbale della riunione del Consiglio dei ministri del 15 luglio (ACS): Mussolini « comunica che la risposta dell'Italia alla Francia per un accordo è stata completamente negativa. Le concessioni fatte dalla Francia sono state trovate insignificanti, sia perle rettifiche coloniali, che per la questione Tunisina_ Una ulteriore richiesta presentata da (2) -n telegramma era del segue:nte tenore: « Fatto è avvenuto in Etiopia ed alla sua liquidazione provvede questa R. legazione •. (3) -Cfr. n. 517.
517

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

T. (P. R.) P. 7626/182. Roma, lo luglio 1929, ore 24.

Decifri Ella stessa.

Richiamo attenzione V. S. su necessità astenersi nei suoi telegrammi usare frasi ed espressioni polemiche verso governatore Eritrea col quale vorrà invece mantenere nella corrispondenza quelle forme tradizionali di cortesia più che mai necessarie per funzionari che devono continuamente collaborare in incarichi di tanta delicatezza nell'interesse generale del paese.

518

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO, E AL MINISTERO DELLA MARINA

T. 1438. Roma, lo luglio 1929.

(Per tutti). R. ambasciatore a Londra telegrafa quanto segue:

• Mac Donald aveva deciso includere nel prossimo discorso della Corona ampi particolari sulle trattative con l'America del Nord circa disarmo navale. Mi viene riferito che ieri Dawes a nome del suo Governo avrebbe pregato Mac Donald di limitarsi ad un accenno molto vago sulle conversazioni che hanno avuto luogo fino ad ora sull'argomento tra Londra e Washington. Questo passo americano viene interpretato come un desiderio di Hoover di tener conto di alcune correnti dell'opinione pubblica americana non ancora guadagnate all'idea di un accordo e di non compromettere risultato negoziati con anticipate dichiarazioni che portando impronta di iniziativa britannica potrebbero urtare suscet

tibilità americana •.

(Solo per Washington). Interessa in modo particolare a questo ministero di seguire attitudine di codesto Governo ed opinione pubblica in materia di disarmo e non dubito che V. E. mi segnalerà, quando occorra, manifestazioni

più importanti al riguardo.

519

IL MINISTRO A PRAGA, VANNUTELLI REY, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3017/126. Praga, l o luglio 1929 (per. il 7).

Mio telegramma per corriere n. 115 (1).

Dalla consueta buona fonte ho che, nonostante le pressioni esercitate su di lui da questo ministro di Grecia per ordine del proprio Governo, Benes non ha naturalmente acconsentito alla pubblicazione di alcun comunicato che potesse circoscrivere la portata del recente trattato di arbitrato ceco-ellenico, cui egli tiene a lasciare di fronte all'opinione pubblica una sagoma più ampia della realtà.

Atene avrebbe oramai rinunziato ad insistere su questa soddisfazione formale e si sarebbe contentata di far qui nettamente dichiarare che non intende stringere con la Cecoslovacchia nessun altro trattato (come pare che ne sarebbe già stata sollecitata da Benes nel campo economico) motivando tale suo atteggiamento col desiderio di non spiacere all'Italia, il che avverrebbe se intensificasse i suoi rapporti con il membro più attivo della Piccola Intesa.

520

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE CONFIDENZIALE 2987/512. Parigi, 2 luglio 1929 (per. il 5).

Telegramma di V. E. per corriere n. 1368 (2).

Segnalai già col mio telegramma rper corriere n. 450 del 13 giugno u. s. (3) circostanza del ricevimento del signor Bethlen a Parigi mentre Piccola Intesa, specialmente Jugoslavia, muoveva azione eccessiva per un discorso dal Bethlen pronunciato, e il significato da darsi all'articolo del Temps da V. E. rilevato.

Conversazione avuta con questo ministro d'Ungheria conferma impressione che da parte Ungheria si cerca solo miglioramento situazione, specie con Francia, non un rovesciamento. Ma si può ritenere che da parte francese esista sia il programma massimo consistente nel raggiungere anche avvicinamento tra Piccola Intesa ed Ungheria, quanto il programma minimo del miglioramento tra Parigi e Budapest. Questo programma minimo è già in gran parte effettivo; quello massimo è di difficile realizzazione, e verosimilmente solo parziale. È del resto assai chiara da qualche tempo tutta un'azione francese mirante mutare posizioni Francia con Turchia, Ungheria, Bulgaria: azione che già è giunta a fatti concreti ad Angora, a preparazione assai solida a Budapest, e che l'atteggiamento segnalato con mio telegramma odierno n. 509/345 (4) mostra essere già in via di svolgersi anche nei riguardi della Bulgaria.

36 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

(l) -T. 2833/115 del 18 giugno, che non si pubblica. (2) -Cfr. n. 491. (3) -T. 2776/450, che non si pubblica. (4) -T. 2961/509/345, che non si pubblica.
521

IL MINISTRO A PRAGA, VANNUTELLI REY, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3018/129. Praga, 2 luglio 1929 (per. il 7).

Ho fatto ieri a Benès la comunicazione di cui al telegramma di V. E. per corriere n. 1369 del 17 giugno (1), negli esatti termini e nel preciso tono in esso prescritti.

Benès, facendo buon viso a cattivo giuoco, mi ha dichiarato essere d'accordo con V. E., per le considerazioni da lei indicate, sulla convenienza di lasciar decadere il patto di collaborazione cordiale fra Italia e Cecoslovacchia del 1924, ed ha aggiunto rimanere in attesa che circostanze propizie consentano il negoziato per un eventuale rinnovamento.

522

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2977/525. Angora, 3 luglio 1929, ore 13,35 (per. ore 21,30).

Tewfik Russdi mi ha consegnato ieri sera testo accordi per Siria firmati il 22 giugno con ambasciatore di Francia. Lo invierò con prossimo corriere. Questi accordi saranno pubblicati integralmente quanto prima per tagliare corto, diceva il ministro degli esteri, a sospetti ed errate illazioni cui in alcuna capitale essi hanno dato origine.

Quanto a negoziato che si sta trattando a Parigi tra Briand e Fethi ~Y egli mi ha confidato aver ricevuto avantieri da questi telegramma che riassume il patto proposto da Briand. Progetto riproduce per clausola di conciliazione arbitrato disposizioni contenute nel patto di Locarno tra Francia e Germania che poi sono le stesse di quelle contenute nel patto di conciliazione turcotedesco recentemente concluso. Tewfik Russdi aggiungeva essere stato graditamente sorpreso dal fatto che, come clausola politica, Briand si è limitato proporre la neutralità nel caso che una delle parti venga attaccata da una o due potenze. Ciò sancisce quello che è contenuto nel patto italo-turco e è conciliabile con gli accordi che Tul'chia ha non solo con l'Italia ma anche con l'Ungheria e la Russia. Turchia in forza di patti conclusi con altre potenze trovavasi già impegnata alla neutralità quindi patto proposto da Briand mentre da una parte è riconoscimento uno stato di diritto esistente, dall'altra è una maggiore garanzia che nuova Turchia viene avere per la sua politica di pace.

Mi sono permesso di rilevare, senza avere aria di darvi molta importanza, che da quando Tewfik Russdi mi cominciò, nell'autunno scorso, a parlare dei rapporti turco-francesi, ad oggi, constatavo un continuo crescendo nella sostanza del progettato patto politico, da un semplice patto di conciliazione si è passati a parlare di un patto di non aggressione e oggi si parla di neutralità in caso di guerra: ciò mi permettevo rilevare acciocchè non gli fosse ragione di meraviglia se in qualche capitale quei sospetti o illazioni, cui sopra accennava, prenderanno ancora più fondo o se qualcuno penserà alla esistenza in Turchia di due ministri uno ad Angora e l'altro a Parigi nella persona di Fethi bey.

Il presente telegramma continua col numero successivo.

(l) Cfr. n. 493.

523

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2981/526. Angora, 3 lugLio 1929, ore 13,35 (per. ore 23,50).

Seguito precedente telegramma.

A ciò Tewfik Russdi bey ha risposto: l) assicurando che egli non un'ora rimarrebbe al posto oggi occupato se non fosse sicuro di avere in mano interamente le redini del carro; 2) che quando avrà testo del progetto lo sottoporrà ad un serio esame per evitare la benchè minima frizione anche di parole con patti precedentemente firmati da Governo Angora. Avendogli domandato notizie della durata e della firma del patto in gestazione, egli mi ha detto che durata sarà di 5 anni ma mentre patto italo-turco per tacita riconduzione è prorogabile di altri 5 anni quello franco-turco sarà di soltanto un anno. Quanto a firma Tewfik ha aggiunto che patto sarà forse parafato prima della partenza di Fethi bey in congedo, cioè prima della fine del corrente mese; firmato però sarà soltanto in autunno verso ottobre. Tewfik nel colloquio di ieri mi ha dato chiara impressione di un uomo che è piegato da una volontà superiore (quella del Gazi) a essere strumento di una politica che necessità di vario genere consigliano a questo paese, ma che non è proprio quella che risponde interamente alle sue naturali tendenze le quali trovarono a Milano loro esplicazione. Gazi vuole accumulare quanto maggiori garanzie internazionali può per pacifico sviluppo di questo piccolo stato salvato con tanto sforzo da rovina finale, non aspirando che alla pace, cerca asserragliarsi dietro bastione di patti di amicizia e di neutralità e tende richiamare alle condizioni da lui volute il capitale francese verso la Turchia, sempre più bisognosa di capitali. Tewfik vuole anche lui pace e garanzie di pace ma le vorrebbe a modo suo secondo le proprie idee e non attraverso una collaborazione con Fethi bey la quale effettivamente oltrepassa limiti della normale collaborazione tra ambasciatore e ministro Affari Esteri.

524

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. PER CORRIERE 1448. Roma, 4 luglio 1929, ore 21. Suo telegramma n. 217 (1). Ho convocato dirigenti gruppo finanziario i quali, premesse le note considerazioni di carattere tecnico, hanno concluso dichiarando che consapevoli delle loro responsabilità non intendono far prevalere tali considerazioni sulle necessità di carattere politico e di essere quindi pronti a rimet~ersi alle decisioni che io avrei loro comunicate. Con questa dichiarazione di cui ho preso atto, il terreno resta sgombrato da ogni idea di preconcetta opposizione della Banca alla politica albanese e tanto meno a quella del Governo Fascista e su questa questione possono acquetarsi le prevenzioni che la hanno evidentemente inasprita. Il lungo esame di questa questione aveva del resto finito col fare relegare in secondo piano ogni considerazione di materiali interessi, compresa quella dei rischi inerenti alle oscillazioni dell'argento, ed aveva lasciato in piedi solamente il fatto morale della reluttanza professionale dei nostri finanzieri ad adottare anche di fronte all'estero un sistema di bimetallismo universalmente sorpassato. Su questo punto lo stesso Governatore della Banca d'Italia mi aveva recentemente sottoposto alcune sue perplessità che non potevano non preoccuparmi. Ed è per questo che prima di dare al Gruppo Finanziario gli ordini che esso oramai attende e visto che ogni diffidenza su questa materia può ritenersi superata il giorno in cui si viene a ragionare in una atmosfera di perfetta armonia ed anzi di solidarietà fra Governi alleati, reputo di dovere commettere a Lei l'incarico (che per quanto poco atteso Lei espleterà con la sagacia e la passione che hanno caratterizzato finora l'esecuzione da parte Sua degli ordini da me impartiti) di chiedere a S. M. Zog a mio nome personale se Egli creda veramente che il sistema escogitato dalle Autorità Albanesi sia immutabilmente il migliore possibile. Se gli obbiettivi del Governo Albanese sono quelli di assicurare che non vi sia indebito arricchimento alcuno da parte della Banca ed emigrazione alcuna di argento dal paese si potrebbe indurre S. M. il Re a considerare che se è vero che il sistema di imprigionare l'argento in un conio a valore pieno assicura quegli obbiettivi ciò avviene a costo di rischi inutili per il coniatore ed a costo di una completa improduttività e dispersione dell'argento monetato. Invece la adozione di una moneta a valore parziale (supponiamo un quarto del valore nominale) permetterebbe di accantonare tre quarti dell'argento. Questo argento accantonato non dovrebbe naturalmente uscire dall'Albania e non dovrebbe appartenere minimamente alla Banca in modo che gli obbiettivi albanesi sarebbero del tutto salvaguardati, mentre sarebbe salvaguardato altresì il desiderio tecnico della Banca di non creare monete anacronistiche. La destinazione dell'argento accantonato dovrebbe essere secondo me quella di costituire in mano dello Stato Albanese -che ne

sarebbe proprietario di pieno e naturale diritto -il nucleo di un tesoro del Regno come saggia risorsa atta a fronteggiare avvenimenti straordinari.

La S. V. potrà ben vedere e far vedere che la questione così posta tocca

un campo talmente superiore a quello del tecnicismo monetario e talmente

connesso agli interessi della Monarchia e dello Stato Albanese da presentarsi

sotto un 'aspetto del tutto nuovo il cui esame è lecito senza menomazione di

prestigio alcuno ed è quasi doveroso prima di sposare con minor fortuna la

causa del bimetallismo.

Il colloquio che V. S. dovrà avere con Sua Maestà deve avere questa impronta di viva cordialità a riprova della quale Ella potrà leggergli e illustrargli punto per punto il presente telegramma come espressione del mio personale pensiero (1).

(l) Cfr. n. 512.

525

APPUNTO PER IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

Roma, 4 lugLio 1929.

S. E. Montuori, nuovo Prefetto di Roma, si è rivolto a questo Ministero per conoscere se, nel prendere possesso della sua carica, egli debba far visita a S. E. il Cardinale Vicario.

Per il passato i Prefetti hanno sempre reso visita ai Vescovi del Capoluogo di Provincia, eccezione fatta per la città di Roma. La visita del Prefetto di Roma sarebbe naturalmente subordinata alla condizione di restituzione della visita stessa da parte del Cardinal Vicario (2).

526

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO

T. (P. R.) R. 7804. Roma, 5 luglio 1929, ore 24.

Nota di V. E. n. 3927 del 26 giugno scorso (3).

Prego V. E. voler comunicare al .governatore dell'Eritrea che questo ministero esprime avviso contrario sua richiesta essere autorizzato corrispondere direttamente con R. ambasciata Mosca per segnalazioni ed informazioni relative azione sovietica nel Mar Rosso.

D'altra parte in materia di tanta delicatezza, questo ministero ritiene necessario vagliare preventivamente le informazioni, sulle quali potrebbe essere conveniente richiamare l'attenzione della R. ambasciata in Mosca, in connessione ai nostri fini di politica generale, come finora sempre è avvenuto.

Non si pubblica la circolare del 16 giugno 1929 ai prefetti con cui Mussolini impartiva disposizioni per l'osservanza dei Patti Lateranensi di cui erano state scambiate le ratifiche il 7 giugno (ACS, Segreteria particolare del Duce, Carteggio riservato, fase. Questione romana 97/R, sottof. 5).

Si segnalano qui due lettere di Tacchi Venturi a Mussolini, e una di Giunta ad AugustoTurati, dell'aprile 1928, su incidenti provocati da fascisti contro l'Azione Cattolica (ACS, Presidenza del Consiglio, 1928-1930, fase. 2/5/2295).

(l) -La questione fu poi risolta con un accordo firmato a Tirana il 4 dicembre 1929. (2) -Annotazione marginale di Mussolini: «No».

(3) Non si pubblica.

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L'AMBASCIATORE A MADRID, MEDICI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3006/307. Madrid, 5 luglio 1929, ore 23 (per. ore 0,05 del 6).

Mio telegramma n. 304 (1).

Primo de Rivera mi ha confermato che i progetti nuove leggi costituzionali saranno imminentemente presentati lettura e discussione Assemblea Nazionale. Idea ispiratrice è assolutamente separare potere esecutivo dagli altri.

Consiglio del Regno, composto di 32 membri, costituirà una specie piccolo senato che giudicherà leggi approvate dalla camera e che sarà consultato dal re, all'infuori partiti parlamentari, per le designazioni e successioni ministeriali in caso di crisi. Avendogli chiesto se in questa creazione egli aveva avuto in mente nostro Gran Consiglio fascista, mi ha risposto affermativamente.

Per quanto la struttura fondamentale di questi progetti elaborati dall'apposita commissione dell'assemblea, dovrà, nella sua intenzione, rimanere immutata, pure dalla discussione in assemblea stessa ed attraverso la stampa che sarà largamente autorizzata a commentarli, potrebbero sorgere suggerimenti od emendamenti formali accettabili dal Governo. I testi da lui rimessimi non vanno perciò considerati come definitivi. Potranno divenirlo soltanto in ottobre a discussione chiusa dopo ripresa lavori assemblea.

Primo de Rivera mi ha quindi espressamente invitato pregare V. E. esaminare o far esaminare nel frattempo i progetti di cui le ho inviato testi per posta. Egli sarebbe gratissimo di tutti quei perfezionamenti, emendamenti, impressioni o lacune che Ella cortesemente volesse poi segnalargli e che egli terrebbe nel massimo conto. Una risposta di V. E. a questo riguardo, giungerebbe oltremodo gradita a Primo de Rivera (2).

528

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. (P. R.) RR. 8089/332. Atene, 8 luglio 1929, ore 18,10 (per. ore 20).

Mio telegramma n. 323 del due corrente (3).

Mi risulta da fonte attendibile che uno degli argomenti che la concorrenza

si adopera ad insinuare con maggiore insistenza per allontanare l'attenzione di

questo Governo dalle nostre offerte nella questione dei nuovi cacciatorpediniere,

consiste nel rappresentare il preteso pericolo che vi sarebbero a Pola forniture

nelle mani dell'Italia la quale avendo già ottenuto quelle per la Turchia, verrebbe a trovarsi in condizioni da poter manovrare a suo agio nell'eventualità di un conflitto greco-turco, per disporre di sottomano la pr~cedenza di consegna a seconda della propria convenienza politica. Per quanto possa essere poco fondato in pratica, tale rilievo si presta ad essere abilmente sfruttato presso questa opinione pubblica come è noto semplicista e facilmente impressionabile. Sono quindi tornato ieri ad intrattenere Venizelos della questione, e gli ho esposto dettagliatamente i piani con tutte le opportune considerazioni e quindi i vantaggi che il Governo ellenico avrebbe nel passare l'ordinativo all'industria italiana. Nel lungo colloquio Venizelos si è pienamente interessato alle caratteristiche principali ed ai particolari di armamento e di costruzione dei cacciatorpediniere che gli proponiamo. Egli mi ha dichiarato che allo scopo di non apparire come animato da velleità belliche non vorrebbe prescegliere un tipo marcatamente più potente di quello testè ordinato dalla Turchia, ma che ciò non pertanto si terrebbe molto qui a che la velocità possa superare, sia pure di poco, quella dei cacciatorpediniere turchi.

Sarei pertanto grato all'E. V. se, ove nulla osti da parte sua, credesse telegrafare con cortese urgenza per mia norma riservata (di cui valermi confidenzialmente solo in caso di necessità e con le dovute cautele) quale sia la velocità massima da noi garantita alla Turchia per le prove di macchina. L'impressione che ho riportata dalle dichiarazioni di Venizelos è che si è qui in complesso tuttora ben disposti verso di noi, e mi riservo riferire nuovamente non appena saranno note le varie offerte di imminente sottomissione. Beninteso mi sono astenuto per ovvie ragioni di fare qualsiasi accenno al prezzo onde evitare il pericolo di una qualche eventuale indiscrezione.

(l) -T. 3009/304 del giorno 4. che non si pubblica. (2) -Allegato al telegramma un appunto di Guariglia del 10 luglio nel quale si legge: « Sono sempre in attesa di eventuali istruzioni •. Cfr. n. 600. (3) -T. (P. r.) 7817/323, che non si pubblica.
529

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3034/203. Vienna, 8 luglio 1929, ore 20 (per. ore 23).

In assenza del segretario generale Peter in congedo, sono andato stamane dal capo di gabinetto del cancelliere Junkar a pregarlo di comunicare a Streeruwitz le mie rimostranze per la presenza ministro Istruzione Pubblica al discorso irredentistico tenuto ieri da un membro del congresso universitario cattolico tedesco (mio telegramma odierno 204) (1). Ho dato alle rimostranze stesse un tono meno forte di quello che io finora adoperai, in considerazione migliori rapporti che dovrebbero seguire alle recenti comunicazioni qui fatte da Egger (mio telegramma 198) (2). Ma se malgrado ciò ella voglia che in prevedibili futuri casi consimili io riprenda a protestare con energia fino ad ora usata, prego V. E. volermene dare istruzioni per mia norma.

(l) -Non rinvenuto. (2) -Cfr. n. 514.
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IL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. U. 4201. Roma, 8 luglio 1929.

Trasmetto a codesto R. Ministero, qui unito in copia coi relativi allegati, un importante rapporto di S. E. Zoli (l) sulla nostra situazione nello Jemen e sulle forniture all'Imam.

Codesto R. Ministero rileverà facilmente da esso, come sia notevolmente avanzata nello Jemen la penetrazione russa; e rileverà anche come, per quanto concerne le forniture, sia necessario di prendere una determinazione.

S. E. Zoli osserva giustamente; riguardo alla prima questione, che se anche noi avessimo i mezzi, non sarebbe in nessun modo utile di esercitare questa specie di • dumping • che i Russi compiono nello Jemen. Da parte mia, non posso che condividere pienamente, su questo punto, il parere del Governatore dell'Eritrea.

Ma, tra una azione di penetrazione secondo il sistema russo e un'opera di conquista pacifica del mercato iemenita con mezzi solamente normali -l'una e l'altra ugualmente inefficaci o per una ragione, o per un'altra -mi sembra che possa esservi una via di mezzo più utile e promettente : se non altro per non farci perdere il terreno guadagnato antecedentemente, come purtroppo rischia di accadere. Se non che anche per seguire tale via occorrono mezzi assai più larghi di quelli che finora sono stati concessi: la freddezza e l'allontanamento delle autorità iemenite verso i nostri agenti locali dipendono, infatti, anche dalla necessità che essi hanno di sollecitare continuamente il pagamento delle forniture.

S. E. Zoli ha espresso molto chiaramente nel suo rapporto quale sia la nostra situazione attuale perchè io debba aggiungere altro in proposito. Ora, se, come è mio parere, codesto Ministero ritenga che sia opportuno riesaminare la questione da un punto di vista fondamentale per stabilire le direttive da seguire nell'avvenire, mi sembra che sarebbe opportuno di tenere una riunione a tal fine con i rappresentanti di codesto Ministero e forse anche con rappresentanti della Finanza.

Per quanto riguarda le forniture, allo stato attuale delle cose io penso che comunque non si possa che adottare la linea di condotta suggerita da S. E. Zoli: e cioè dar corso a nuove forniture solo quando l'Imam abbia saldato quelle precedenti o inviato almeno convenienti anticipi delle nuove ordinazioni. Frattanto mi sembra indubbio che per far fronte alle più urgenti necessità finanziarie occorra, come propone S. E. Zoli, di devolvere per ora all'art. 36 bis l'assegnazione dei due milioni concessi da codesto R. Ministero per la politica in Arabia, finora accantonati per la istituenda linea di navigazione nel basso Mar Rosso.

Su quest'ultimo punto S. E. Zoli richiede telegrafiche istruzioni; e però prego codesto R. Ministero di volermi comunicare le proprie determinazioni con la massima cortese sollecitudine.

Resto poi in attesa di ulteriori comunicazioni in merito alla proposta adu

nanza per l'esame della situazione e per le decisioni sulla via da seguire:

poichè, se la linea di condotta adottata fino ad oggi ha dato risultati così scarsi

come quelli che abbiamo sott'occhio e, per qualche riguardo, quasi negativi,

mi par necessario di considerare come la si possa mutare.

Comunico infine, qui pure allegato, il telegramma di S. E. Zoli in risposta al mio col quale gli ho partecipato le istruzioni date da codesto R. Ministero col telegramma a mano n. 1429 del 29 giugno u. s. (1), avvertendo che, con riserva di rispondergli in seguito sulle altre questioni trattate anche nel rapporto di cui ho parlato dianzi, gli ho frattanto telegrafato come l'ordine di sospendere ogni trattativa per il suo viaggio a Sanaa sia stato determinato da ragioni contingenti di opportunità politica e non, almeno per il momento, da un mutamento di rotta nei riguardi dello Jemen.

(l) Del 18 giugno, che non si pubblica.

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RELAZIONE DELL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, PER IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

Roma, l O luglio 1929.

Relazioni tra Italiani e Francesi.

Si rivela come sempre esistente ed importante l'elemento • sentimento •. I due popoli vivono di realtà e di sentimento, insieme e sempre: è soltanto nei momenti di effettiva crisi che i due elementi si fondono: ed allora fondono, in corrispondenza del comune interesse principale, quello della comune difesa della comune civiltà Latina-Mediterranea. Negli intervalli le relazioni tra i due popoli sono dominate e costituite da disaccordi, punzecchiature, dispetti, rivalità, irritazioni: qualunque realizzazione di una delle parti, anche se obbiettivamente giustificata, viene considerata come un dispetto, come una dimostrazione di inimicizia, ed il risultato pratico è che le relazioni sono quasi sempre allo stato di disagio, che gli affari normali non trovano una soluzione che faticosamente e lentamente, che gli affari fondamentali restano sospesi e si aggrovigliano, che dovunque ci si fa una lotta sorda, che si dà a tutti l'impressione del disaccordo e che si lavora a vero vantaggio dei terzi e specialmente di quelli che hanno interesse a dividere i due paesi ed a deprimere, se non sopprimere, la civiltà Latina.

Questa è la realtà, mentre nel fondo i due popoli sentono che i loro grandi interessi li portano all'amicizia e, nei casi di crisi, all'unione di azione per la difesa del comune patrimonio costituito dalla comune civiltà.

La tranquillità tra essi, le oasi di idillio, altrettanto spontanee quanto corte e quanto intense, sono l'opera necessaria che viene compiuta dai Governi e dalle Diplomazie responsabili, che agiscono a nervi dominati e che di tanto in tanto raggiungono delle soluzioni le quali sono indispensabili anche come piattaforme di manovra per dominare i turbamenti che costituiscono la vita ordinaria dei due popoli. Una stessa alleanza anche se consacrata da tutti i

più scrupolosi protocolli e costituente il più solido legame, non muterebbe questo stato di cose. Questa è la vita tra i due popoli: è inutile credere che si potrebbe modìficarla; è meglio lavorare sempre a «dominarla •, tra le grandi crisi, in occasione delle quali i due popoli stessi trovano la comune strada; a dominarla di tanto in tanto, con degli atti positivi che regolino i divergenti interessi del momento e che ai movimenti nervosi e sentimentali dei due popoli oppongano la realizzazione fredda e sempre vigilante e realistica degli organi responsabili.

Fare dunque, di tanto in tanto, qualcosa di concreto che oltre a regolare una questione pendente, raddrizzi anche l'opinione pubblica. Inutile, assolutamente inutile, fare atti di matrimonio, od anche di semplice fidanzamento: basta fare un atto di pratica saggezza, di freddo e realistico regolamento amichevole di qualche questione pendente. Se, di tanto in tanto, gli organi responsabili non dominano le due opinioni pubbliche, non le raffreddano o le raddrizzano, potrà crearsi uno stato di situazione pericolosa che, senza portare ad una crisi irreparabile, farà il danno, e solo il danno, degli interessi dei due paesi ed il vantaggio, e molto vantaggio, dei terzi e solo dei terzi.

Le relazioni tra gli organi responsabili dei due paesi devono essenzialmente curare queste loro manifestazioni dominatrici delle correnti irresponsabili.

Oggi, specialmente dal lato Italiano, siamo al punto in cui una manifestazione dell'elemento responsabile sembrami necessaria. Essa deve però corrispondere ad una manifestazione Francese nel campo della propria opinione pubblica.

In cosa può consistere? Nella conclusione, nel prossimo autunno, di una sostanziale e soddisfacente Convenzione di stabilimento. Nel frattempo, in questo periodo estivo che si presenta diplomaticamente attivo ed importante, trattenere reciprocamente, all'interno, le rispettive stampe dall'impressionare nervosamente o tendenziosamente le due opinioni pubbliche, ed intensificare i contatti degli organi diplomatici che sono, da mesi, rimasti molto inattivi sia a Roma che a Parigi. Ai piccoli fastidj ed ai piccoli, meschini, dispetti Francesi, contrapporre piccoli fastidi o piccoli dispetti nostri, ma senza pubblicità rumorosa, senza darvi importanza maggiore di quella che la cosa, obbiettivarmente, di per se stessa comporta.

In questo frattempo il Governo Francese studierà la nostra risposta sulla soluzione delle questioni Italo Francesi circa la Convenzione Tunisina e circa il compenso territoriale Africano Libico, e ci.rca il trattato di arbitrato, non necessariamente di amicizia, anzi preferibilmente limitato all'arbitrato. Non impressionarsi delle fasi più o meno difficili, e sicuramente lunghe, del negoziato: non credere che l'accordo realizzabile sia la panacea dei rapporti Italo Francesi: no: è una pura e semplice liquidazione di questioni residuali della passata guerra: è uno sbarazzamento di terreno. Vi è, però, un punto veramente importante diplomaticamente: quello di agire in modo che l'Italia, chiaramente, sia dal lato sostanza che dal lato procedura, sia dalla parte della ragione nel giudizio dei terzi: posizione questa in cui noi siamo pienamente a posto colla

nostra risposta del 29 giugno scorso (1). Perchè, tutti i Governi Europei pm importanti hanno l'occhio e l'orecchio su questi negoziati e non è da illudersi che, per ragioni d'ordine generale e d'ordine particolare, la tendenza non sia a favore della Francia piuttosto che dell'Italia, anche se si abbia coscienza di non essere giusti.

La Francia è attualmente in uno stato di depressione, patriottica, morale, politica. Deve impegnarsi ad esecuzioni dolorose (pagamenti od impegni di pagamento) e preoccupanti (evacuazione renana senza garanzie di sicurezza, senza aver erette difese militari): non ha più il punto di appoggio del Gabinetto Conservatore Inglese: anzi non può più poggiare su Londra: deve prevedere dinanzi a sè una Germania slegata a metà dalle corde strettele intorno a Versaglia, una Germania che si siederà sul Trattato di Locarno per agire e per crearsi una maggiore libertà di azione all'Est dove ha le sue maggiori questioni da risolvere. Verrà per la Francia la prova del fuoco delle alleanze colla Polonia e colla Cecoslovacchia: l'attenzione principale, quasi unica, della Francia sarà concentrata su quel settore europeo e diplomatico: negli altri le converrà avere quiete e possibilmente tranquillanti simpatie: già opera in tale senso ad Angora, a Budapest, a Sofia. A Roma le converrà agire in correlazione di questa situazione.

Il mio avviso è: valorizzare questa situazione, con quella moderazione e con quella saggezza che impediscano ai popoli ed ai Governi nemici della Latinità, imperniata sulla potenza dell'Italia e della Francia, di giovarsi delle meschine e passeggere querele tra Italia e Francia, per avanzare tra esse contro il loro comune patrimonio morale e sostanziale: valorizzare al maggior vantaggio nostro, e comune.

(l) Non si pubblica.

532

IL PREFETTO DI ZARA, VACCARI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (2)

N. 2800. Zara, 10 luglio 1929.

Mi permetto segnalare a codesto On. Ministero, con riferimento ai miei precedenti rapporti, due questioni che vanno acuendo il senso di malessere politico e che, comunque, in genere, si prestano purtroppo a facili commenti sul prestigio e sulla dignità della nostra nazione.

La prima, riguarda la negata corresponsione delle dominicali ai nostri connazionali proprietari di terreni al di là degli attuali confini, da parte dei contadini e dei coloni affittuari.

Diversi proprietari italiani in questi ultimi tempi hanno intentato con successo cause giuridiche; successo che a nulla è giovato in quanto le autorità jugoslave ammettono il fatto e asseriscono di non avere mezzi adatti per obbligare al pagamento spettante ai nostri connazionali.

È però altrettanto notoria la propaganda intensa delle stesse autorità SHS

affinchè i contadini rifiutino le dominicali di obbligo.

Molti proprietari zaratini impressionati per le minaccie e scoraggiati àal

contegno passivo delle autorità jugoslave, preferiscono rinunciare per non

esporsi a guai peggiori, ad ogni ingerenza sui loro terreni che vengono così

lasciati in balia dei coloni.

I danni che derivano da tale situazione ai nostri connazionali, alcuni dei

quali non hanno altra fonte di rendita, fuori dei prodotti delle proprie cam

pagne, non hanno bisogno d'essere illustrati.

La seconda questione riguarda il rifiuto opposto alla Società zaratina di Navigazione costiera, di approdare con i propri vaporetti ai cosidetti porti morti fra Zara e Spalato e Zara-Obbrovazzo.

Dal primo del mese in corso tale servizio non viene più effettuato e la cosa non interessa tanto dal lato economico, poichè la Società esercente il traffico non guadagnava nè perdeva, ma interessa vivamente dal punto di vista politico ed in particolare per il prestigio della nostra bandiera.

Tanto mi sono permesso di segnalare per opportuna conoscenza.

(l) -Cfr. n. 515. (2) -Il documento venne inviato anche al gabinetto del ministero dell'Interno e al direttore generale della Pubblica Sicurezza.
533

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. (P. R.) 3072/375. Londra, 11 luglio 1929, ore 21,15 (per. ore 23,45).

Mio telegramma 372 (1).

Ho chiesto a Lindsay che cosa poteva dirmi circa passo a Belgrado ed a Sofia. Mi ha risposto che tensione bulgaro-jugoslava veniva considerata qui se non critica per lo meno tale da poterlo divenire da un momento all'altro. Che quindi Governo britannico era venuto nella determinazione di richiamare attenzione dei due Governi balcanici sui pericoli cui si esponevano ed ha invitato Governo francese ad associarsi separatamente al suo passo. Ma mentre rappresentante inglese a Belgrado ha consigliato Governo jugoslavo di ratificare senz'altro accordo Pirot e procedere sua applicazione, rappresentante francese si è limitato a raccomandazioni più vaghe. A Sofia tanto Inghilterra che Francia hanno dato soltanto consigli di prudenza e di moderazione; Governo italiano non è stato invitato ad associarsi al passo in considerazione suoi rapporti con la Jugoslavia e -aggiungo io -in ricordo del rifiuto dell'anno scorso (2). Nel complesso Lindsay mi è sembrato ammettere che il torto della situazione sia dalla parte della Jugoslavia ed ha convenuto con me quando gli ho detto che Jugoslavia è spesso affetta da mania di persecuzione e ho fatto osservare che un pericolo di guerra non potrebbe mai venire da una Bulgaria disarmata.

(l) -T. 3068/372 pari data, che non si pubblica. (2) -Cfr. serie VII, vol. VI, n. 547.
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IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. (P. R.) 8076. Roma, 11 luglio 1929, ore 24.

Consigliere delegato della società Breda conte Sagramoso giungerà costà 15 corrente allo scopo rendersi personalmente conto possibilità ulteriore fornitura fucili. Egli si presenterà anzitutto a V. S. per occorrenti direttive ed intese. Pregola accordargli suo appoggio dato interesse che le è noto di mantenere in funzione importanti impianti della fabbrica d'armi di Roma (1).

« In ossequio alle precise direttive dell'E. V. di dedicare vigile interessamento ai problemi attinenti alle classi lavoratrici, reputo doveroso segnalare alla particolare attenzione dell'E. V. l'attuale situazione dello Stabilimento Fabbrica d'Armi, esercitato in Roma in Via Flaminia, n. 339, dalla Società Italiana Ernesto Breda.

Premetto che le circostanze qui di seguito esposte sono il risultato di comunicazioni pervenutemi dall'Unione Provinciale dei Sindacati Fascisti dell'Industria e dall'Unione Industriale Fascista del Lazio e di ripetuti colloqui avuti sull'argomento coi rappresentanti delle organizzazioni stesse e con l'On. Olivetti, Segretario della Confederazione Generale dell'Industria.

Dai vari elementi venuti a mia cognizione risulta che nell'agosto del 1926 la Società Ernesto Breda, incoraggiata, a quanto si afferma, dagli organi del Governo, che le concesse in affitto i locali della Fabbrica d'armi in Via Flaminia, impiantò una bene attrezzata fabbrica d'armi, e ciò per poter assumere l'impegno di fornire al Governo Ellenico 100.000 fucili Mannlicher Schonauer.

Il sorgere di detta fabbrica in quel tempo valse ad eliminare completamente la disoccupazione esistente in Roma e nel Lazio nel campo della lavorazione meccanica, e, successivamente, dopo un lungo periodo di tirocinio, anche a creare una nuova maestranza metallurgica e meccanica di circa 3.000 operai.

Ora la Società ha già effettuato al Governo Ellenico la consegna di più di 60.000 fucili, e sono in corso di ultimare tutte le rimanenti lavorazioni per il resto della fornitura; per cui la direzione delle. stabilimento ha già iniziata la graduale diminuzione delle maestranze.

Il Segretario dell'Unione Provinciale dei Sindacati Fascisti dell'Industria mi riferisce che, da una media di 2.000 operai occupati nel primo semestre del 1929, si è attualmente scesi a 1.600 (mille uomini e 600 donne) e che, purtroppo, la riduzione del personale dovrà mese per mese continuare nella misura di 300 operai al mese (150 uomini e 150 donne), in modo che. se entro quattro o cinque mesi, non vi sarà alcun mutamento nell'attuale situazione, lo stabilimento sarà completamente chiuso, con notevole pregiudizio per l'industria meccanica e metallurgica e gravi conseguenze sulla disoccupazione, perchè, dato lo scarso sviluppo dell'industria meccanica in Roma e provincia, non vi sarebbe assolutamente possibilità del collocamento di cosi rilevante numero di operai e di operaie in altre industrie o in altre lavo

razioni.

Tale deprecabile eventualità avrebbe altresi incresciose ripercussioni sotto l'aspetto sindacale e politico, avuto riguardo che le maestranze che attualmente lavorano nello stabilimento sono saldamente inquadrate nelle organizzazio.ni sindacali ed offrono un esempio veramente encomiabile di disciplina fascista e di attaccamento al Regime.

I rappresentanti delle organizzazioni industriali, da me richiesti, mi hanno fatto presente che, mentre la Fabbrica della Società Breda sarebbe in grado di fornire armi perfette a causa della sua specializzazione nella costruzione di materiale bellico e del suo attrezzamento, <arebbe, per i medesimi motivi, insuscettibile di conveniente trasformazione, totale o parziale, ner altre lavorazioni industriali, ciò che, da un lato, potrebbe essere contrario all'interesse Nazionale della lavorazione del materiale bellico; dall'altro rende impossibile di utilizzare le maestranze in lavorazioni diverse da quelle in cui esse sono presentemente impegnate.

I rappresentanti dei Sindacati mi hanno poi fatta presente la insormontabile difficoltà di potere impiegare gli operai in diverse lavorazioni richieste in altre regioni. per il fatto che le mae<;tranze sono costituite nella massima parte da operai ed operaie di precisione specializzati nella lavorazione di materiale bellico.

Avuto riguardo che la particoJare situazione dello Stabilimento non soltanto investe interessi di carattere industriale, sindacale ed economico per i datori di lavoro e per i lavoratori, ma ha dirette interferenze di indole militare e nazionale, ho ritenuto doveroso, piuttosto che segnalarla ai competenti Ministeri della Guerra e delle Corporazioni, sottoporla al preliminare autorevole esame dell'E. V. per quelle direttive che riterrà più convenienti, allo scopo di evitare con la cessazione delle lavorazioni, la chiusura dello stabilimento e la conseguente disoccu'pazione del rilevante numero di operai, che in esso sono presentemente impiegati.

Mi dichiaro a disposizione dell'E. V. per ogni altro elemento che ritenesse necessario e per la esecuziol"e delle direttive che crederà impartirmi •.

(l) Sulla que<;tione della fabbrica Breda in Roma cfr. quanto scriveva a Mussolini il prefetto di Roma. Montuori, con N. gab. 14800 del 13 novembre 1929:

535

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, AURITI

T. 1503/204. Roma, 12 luglio 1929, ore 24.

Suo telegramma 203 (1).

V. S. dovrà sempre commisurare tono sue proteste soltanto alla gravità degli incidenti da cui esse fossero eventualmente determinate.

536

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 2616/1470. Vienna, 12 luglio 1929.

Telespresso di codesto R. Ministero (E. L. Ufficio III) del 26 giugno u. s.

n. 232508/508 (2).

Le disposizioni e i propositi delle Heimwehren, di cui al foglio citato, appaiono in parte confermati da elementi in possesso di questa R. Legazione e in tutto verosimili. Diverso è il giudizio che, nello stato attuale di cose è dato esprimere circa la possibilità che i propositi stessi siano tradotti in atto nel prossimo autunno e che tale eventuale pratico tentativo possa, in detta epoca, sortire favorevole esito, specialmente nella misura e nella forma dalle Heimwehren stesse fino a poco fa con molta esuberanza dichiarate.

Se, infatti, risulta che le organizzazioni in parola vanno continuamente accrescendo, specie in Stiria e nell'Alta Austria, numero ed equipaggiamento dei propri adepti, la reale efficienza dei reparti medesimi appare tuttora limitata dalla nota mancanza di un effettivo comando unico, dalla notevole diversità delle tendenze in esse rappresentate e, più ancora, dal carattere parolaio di molti capi che trova riscontro nella regolarità con la quale i dipendenti reparti hanno la peggio nei domenicali conflitti coi socialisti, quale che sia la proporzione numerica delle opposte fazioni.

Certo le Heimwehren, dal luglio 1927 in poi, hanno assunto notevole importanza nella vita politica austriaca; chè ad esse è in gran parte dovuto l'indiscutibile regresso dell'influenza dei socialdemocratici ed il conseguente abbandono, da parte di questi, dei propositi, più o meno teorici, di dittatura • proletaria., fino allora apertamente dichiarati (mio teleposta n. 1953/1054 del 9/8/1926). Detta importanza non appare però fino ad oggi tale da rendere probabile un rivolgimento costituzionale operato dalle Heimwehren per virtù

propria e nel proprio interesse, cioè senza il pieno appoggio delle forze armate dello 'Stato, dell'alta finanza ebraica e dei partiti borghesi. Questo appoggio è stato .finora concesso, ma condizionatamente, e cioè con lo scopo e il limite di arginare la prepotenza socialdemocratica; e ·Se dovesse essere concesso, in più larga misura e in un prossimo futuro, ai fini di una rivoluzione, questa di rivoluzione sembra dovrebbe avere soltanto il nome, avendo piuttosto lo scopo di rafforzare, anzichè di sostituire al potere, le attuali classi dirigenti.

(l) -Cfr. n. 529. (2) -Non si pubblica.
537

APPUNTO DEL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, PER IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

Roma, 13 luglio 1929.

S. E. di Scalea ha ricevuto l'acclusa lettera (l) di invito alla inaugurazione del prossimo Congresso sionista di Zurigo, nella sua qualità di Presidente del Comitato Italia-Palestina.

S. E. di Scalea desidera sapere se S. E. il Capo del Governo crede opportuno o meno che egli accetti tale invito (2).

538

PROMEMORIA DEL CAPO DELL'UFFICIO III EUROP A E LEVANTE, DE MARSANICH, PER IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA

RISERVATO. Roma, 13 luglio 1929.

In relazione ad interessamento che avrebbe spiegato S. E. il Sottosegretario di Stato presso il Governo ungherese, per concorso ad una accorta sorveglianza circa i transiti di armi e munizioni da Salonicco, dopo la nota convenzione greco-jugoslava, questo Ministro di Ungheria, signor de Hory, mi ha detto di essere stato incaricato di significare al R. Governo che da parte ungherese Ei è già disposto per ogni possibile, discreto controllo (3).

(l) -Non si pubblica. (2) -Annotazione marginale di pugno di Mussolini: • No •· (3) -Da parte italiana il servizio di sorveglianza fu affidato al console a Salonicco.
539

RELAZIONE DELL'« INGEGNERE » (l)

N. 18. 13 lugLio 1929.

Sono partito come convenuto da Trieste il 3 corrente per Vienna giungendovi il 4 mattino. Prima di recarmi dall'amico Tomoff col quale si era stabilito l'appuntamento, mi recai presso il mio rappresentante per definire nei dettagli l'organizzazione delle consegne da Vienna.

Ho già provveduto per la spedizione delle rimanenti 250 arancie giacenti a Trieste e non sdoganate, e tutto fu disposto affinchè queste siano consegnate a Vienna. Furono già ordinate altre 250 come convenuto per le consegne. Oltre 75 vi erano già pronte in magazzino e la consegna deve aver luogo in questi giorni.

Rimasi a Vienna il 5 ed il 6 ed il giorno 7 mi recai a Budapest dove avrebbe dovuto trovarsi anche il Tomoff per conferire con altri amici che dovevano giungere dal loro paese e prendere accordi.

A Budapest, dove conto anche diverse relazioni d'amicizia ancora dall'epoca in cui mi trovavo col colonnello Romanelli, e che come già altra volta detto, conosco vari ufficiali dello S. M. ho avuto campo di conferire lungamente con un ufficiale del Ministero degli Honved, addetto al Servizio d'Informazioni. Tastai subito il terreno per poter aver un'idea approssimativa del come la pensavano al Ministero circa il movimento croato. Appresi difatti, che già da lunga data gli esponenti del movimento rivoluzionario croato avevano iniziato contatti coll'Ungheria per assicurare a questa (in caso del raggiungimento dell'indipendenza croata) alcuni territori al di là del Danubio e della Mur, popolati ancor oggi in gran parte da popolazione magiara. Esposi anche la possibilità di far giungere in Ungheria un determinato numero di mitragliatrici e fucili da guerra, da mettere a disposizione dei croati qualora un loro moto insurrezionale facesse presentire possibile la loro liberazione dal giogo serbo. Sembrerebbe che effettivamente il Governo Ungherese non voglia compromettersi per il momento ufficialmente, data la tensione politica colla piccola intesa.

Certo gli è che l'offensiva politica scatenatasi all'unisono dalla Czecoslovacchia contro l'Ungheria entra nella sfera di quel piano offensivo stabilito nell'ultimo convegno della piccola intesa.

Nelle conversazioni ch'io ebbi ad avere con queste persone che conoscono nei dettagli l'azione croata, esse ritengono cosa utile se non ~ndispensabile il tratteggiare già fin d'ora le eventuali possibilità di collaborazione tra noi e l'Ungheria, non solo nel campo diplomatico-sentimentale, ma anche nel campo pratico.

Certamente che l'eventuale successo croato interessa in sommo grado ambedue i paesi, specie ove si prenda in considerazione il fatto della spartizione della Slovenia con rettifiche a favore dell'Austria, e la possibile eventualità di stabilire un congiungimento territoriale tra l'Italia e l'Ungheria, per lasciar confinare la possibile nuova Croazia coll'Italia direttamente.

Rimanemmo d'accordo che nel caso in cui qualche azione dovesse iniziarsi in collegamento per l'azione croata, l'amico mio potrebbe venire a Tr.[ieste] oppure io potrei recarmi in quel paese e gettare le basi a larghi tratti dell'azione in comune. Viene abolita qualsiasi corrispondenza scritta tra noi. Eventuali comunicazioni avrebbero luogo soltanto tramite consolato ungherese con corriere consolare.

Il giorno 9 ritornai a Vienna, dove presi gli accordi definitivi tra il mio rappresentante ed il Tomoff per le consegne regolari e tutto venne regolarmente definito con svolgimento normale segretissimo.

Mi trattenni a Vienna anche per la questione di cui mia relazione Nr. 17 e rispettivo allegato. Sono arrivato il 10 a Tr.[ieste] (1).

(l) Era evidentemente un agente per il movimento croato. Firmava le sue relazioni con lo pseudonimo « L'Ingegnere ». Del suo nome si conosce solo l'iniziale: A.

540

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. 3116/233. Durazzo, 15 luglio 1929, ore 24 (per. ore 2,45 del16).

Contegno di riserva qa noi tenuto col sovrano circa ulteriore sviluppo della politica italo-albanese credo si sia dimostrato efficace. Deve aver prodotto forte impressione sul sovrano il fatto che, in occasione del suo viaggio in Albania,

S. E. Grandi non abbia esercitato su di lui nessuna pressione, nemmeno per la visita del re a Roma. Il sovrano mi ha detto oggi che desiderava avere con me fra qualche giorno un colloquio strettamente confidenziale su argomenti che non ha precisato e di cui gradirebbe io intrattenessi V. E. Gli ho risposto che mi proponevo di chiedere qualche settimana di congedo verso la fine del mese e che, se autorizzato a venire in Italia, non avrei mancato di riferire verbalmente quanto egli avesse creduto di dirmi. In caso contrario avrei riferito per iscritto.

37 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

(l) Annotazione a margine: • Dato ordine ad A. di non occuparsi delle Heimwehren ». L'« Ingegnere» aveva riferito sulle Heimwehren con precedente relazione pari data n. 17.

541

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3146/1665. Bled, 15 lngtio 1929 (per. il 18).

Corre insistente voce che questo ministro d'Inghilterra Kennard stia per essere trasferito a Varsavia od a Stoccolma.

Poichè il consueto periodo minimo di permanenza dei ministri britannici, che è di solito di 5 anni, non è ancora terminato, tale trasferimento fa credere ad un mutato atteggiamento politico del ~'oreign Office verso questo Governo dittatoriale del quale il Kennard è stato sì ascoltato consigliere e sostenitore.

Il recente atteggiamento della stampa britannica nelle questioni serbobulgare e l'articolo recente del Times (che paragona l'attuale Governo militare a quello giovane turco) sono del resto sintomo preciso del cambiato sentimento pubblico inglese verso la Jugoslavia e perciò il signor Kennard non si troverebbe più al suo posto.

Del suo atteggiamento a noi sempre ostile non fa d'uopo ripeta a V. E. le innumerevoli prove. La sua scarsa simpatia verso il nostro paese, era del resto già nota fin da quando ricopriva la carica di consigliere presso codesta ambasciata. E poiché egli non nasconde le sue aspirazioni a rappresentare S. M. britannica in Roma, occorrerà non obliare questo suo costante atteggiamento.

542

PROMEMORIA DEL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, PER IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

Roma, 16 luglio 1929.

Il Ministro di Bulgaria è venuto a consegnare l'accluso pro-memoria (l) chiedendo l'appoggio del Governo italiano alla proposta del Governo Bulgaro (che viene contemporaneamente fatta a Londra e Parigi) di istituire una Commissione mista composta di ufficiali neutri col compito di evitare gli incidenti alla frontiera serbo-bulgara e quindi il turbamento della pace.

Ho risposto che avrei sottoposto la questione a V. E. e chiesto le sue istruzioni al riguardo.

Sembra in realtà che, partendo dal punto di vista che all'attuale politica italiana ·conviene non far dilagare ancor più la questione serbo-bulgara nel campo internazionale, sarebbe più opportuno tentare di convincere il Governo Bulgaro ad abbandonare tale sua ultima proposta, agendo su Belgrado per far ratificare le Convenzioni di Pirot.

È dubbio tuttavia se potremo trovare sinceramente consenziente in questa azione l'Inghilterra, dalla cui politica in Bulgaria ci siamo, l'anno scorso, dis

sociati e che ora non ci ha nemmeno interpellati prima di compiere il suo recente passo a Sofia e Belgrado. D'altra parte è evidente che una nostra eventuale isolata pressione a Belgrado non avrebbe risultato.

In tali condizioni non sembrerebbe rimanere altra via che appoggiare la proposta bulgara. Si sottopone perciò l'accluso telegramma (l) all'approvazione di V. E.

(l) Non si pubblica. Ma cfr. n. 545.

543

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 1854/770. Budapest, 16 luglio 1929.

Non appena ricevuto il telespresso n. 233120 del 1° corrente mese, col quale mi si trasmetteva un rapporto del R. Ambasciatore a Mosca, incaricai il R. Addetto Militare delle indagini relative al preteso viaggio in Ungheria del Colonnello tedesco Kuehlenthal.

Qui allegato ho l'onore di trasmettere a V. E. copia del rapporto direttomi in argomento dal Ten. Colonnello Oxilia.

Come V. E. lo rileverà, anche il colonnello Ruskay accennò ad una possibile ·collaborazione da stabilirsi fra gli Stati Maggiori italiano e tedesco, intermediario lo Stato Maggiore ungherese. È noto d'altra parte all'E. V. che tanto il Conte Bethlen che il Conte Klebelsberg e lo stesso signor Walko, in epoche diverse, fecero più o meno aperte profferte di tastare il terreno a Berlino nei nostri riguardi. Una eventuale stretta ·Collaborazione italo-ungaro-tedesca sarebbe qui assai favorevolmente accolta. Anche uomini politici in vista ne fecero allusione conversando meco, a parecchie riprese.

ALLEGATO.

OXILIA A DURINI DI MONZA (2)

N. 341. Budapest, 14 luglio 1929.

Riferimento al telespresso 233120 del Ministero degli Affari Esteri in data Io corrente.

Ho avuto a pranzo il colonnello Ruskay (capo del servizio informazioni militari ungherese), col quale sono in ottimi rapporti, e ne ho approfittato per domandargli in forma generica se fosse a conoscenza di un viaggio che il colonnello Kuehlenthal avrebbe svolto nell'Oriente europeo.

Il colonnello Ruskay mi rispose che il colonnello Kuehlenthal avrebbe in realtà dovuto effettuare un viaggio nell'Oriente europeo, passando per Budapest, e che egli -in rapporti di amicizia personale con detto ufficiale -ne era stato preavvisato e lo attendeva. Il viaggio già deciso sarebbe però stato rinviato • sine di e •. La ragione del rinvio non gli era nota, ma sospettava potesse mettersi in relazione coi torbidi manifestatisi a Berlino il Io maggio, che sarebbero stati influenzati, in certo qual modo, da avvenimenti russi.

Richiesi allora al colonnello Ruskay se fosse al corrente degli scopi del viaggio. Egli mi dichiarò di ignorarli. Però, dopo avermi premesso (cosa già nota) che le relazioni tra gli Stati maggiori germanico ed ungherese sono assai più intime di quelle politiche tra i due

Governi, il colonnello Ruskay mi confermò che lo Stato maggiore tedesco è molto interessato al contegno della Russia in caso che la Germania fosse implicata in questioni con la Polonia -e a ciò si devono far risalire le relazioni che lo Stato maggiore tedesco mantiene con l'Esercito dell'U.R.S.S. Queste relazioni a suo modo di vedere -hanno essenzialmente carattere informativo e trovano la loro principale manifestazione in questioni di organizzazione ed istruzione militare (una riprova delle relazioni militari germanico-russe è la presenza anche da me segnalata -di ufficiali superiori russi alle manovre dell'esercito tedesco nello scorso anno).

Le relazioni dello Stato maggiore tedesco si estendono anche alla Turchia, dove, il colonnello Ruskay mi ha assicurato, l'esercito tedesco ha da tempo inviato ufficiali quali istruttori di quell'esercito.

La Germania non ha però stipulato -sempre a detta del colonnello Ruskay alcuna convenzione militare nè con la Russia nè con la Turchia, poichè la situazione politica non è matura per accordi del genere. L'attività tedesca si limita ai contatti mantenuti, con gli scopi suddetti, dallo Stato Maggiore tedesco, il quale lavora -come in passato -con una certa indipendenza, e in attesa che gli avvenimenti e il tempo consentano ulteriori eventuali sviluppi della situazione.

Il colonnello Ruskay mi domandò poi se io sapessi quale fosse il grado di interesse che lo Stato maggiore italiano poneva a conoscere il possibile contegno della Francia e della Germania in caso di conflagrazione russo-polacca. Risposi che evidentemente la cosa interessava ma che non ero in grado di rispondere esattamente alla sua domanda. Il colonnello Ruskay -dopo avermi premesso di aver lungamente conferito col generale Blomberg quando questi fu a Budapest nello scorso mese di maggio, proseguì accennandomi che se la cosa interessava molto l'Italia, i due Stati maggiori italiano e tedesco avrebbero potuto prendere qualche contatto che, limitato al campo militare ed informativo, non richiedeva nè collaborazione politica nè impegni di sorta. In questo caso egli soggiungeva di ritenere che lo Stato maggiore ungherese avrebbe potuto, in certo modo e se necessario, fare ufficiosamente da intermediario. Risposi al Ruskay che non ero assolutamente in grado di esprimermi al riguardo dì una questione per la quale non ero al corrente.

Debbo però mettere in rilievo che dal complesso del discorso fatto dal colonnello Ruskay ho creduto di ravvisare una ispirazione tedesca, partita probabilmente dallo stesso generale Blomberg. Mi permetto di richiamare l'attenzione sul fatto che non è la prima volta che ufficiali di S. M. ungheresi mi accennano ad un possibile riavvicinamento italo-ungherese-germanico, da attuarsi tra gli S. M., anche al di fuori delle relazioni politiche fra i Governi; e mi permetto di rilevare la coincidenza che simile idea trova con quelle manifestate dall'an. Gombos in un suo articolo, con pensieri attribuiti al conte Bethlen, entrambe questioni sulle quali ho a suo tempo riferito dettagliatamente.

(l) -È il t. 1537, per Parigi, Londra e Sofia, cfr. n. 546. (2) -Il rapporto venne inviato, per conoscenza, al ministero della Guerra, gabinetto-ufficio coordinamento e al comando del corpo di Stato Maggiore.
544

IL PRESIDENTE DEL COMITATO PER LA MOBILITAZIONE CIVILE, DALLOLIO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

N. 106. Roma, 16 lugLio 1929.

Risposta al foglio (telespresso) N. 235246/400 del 15 corrente. Sono vivamente grato a cotesto Ministero, per le cortesi comunicazioni favoritemi, in merito all'oggetto, col foglio sopra ricordato (1).

Quale Presidente del Comitato per la Mobilitazione Civile, sento profondamente, e mi è sommamente gradito il rilevare il grande ed efficace interessamento di codesto Ministero, e delle competenti Autorità Diplomatiche, allo scopo di assicurare, ove possibile, alle nostre, • industrie fondamentali belliche • giovevoli sbocchi all'estero di esportazione e di lavoro. Ciò corrisponde intimamente alla visione importantissima di mantenere in vera efficienza le dette industrie fondamentali, secondo i concetti ripetutamente, ed in ogni favorevole circostanza, confermati da S. E. il Capo del Governo, -Presidente della Commissione Suprema di Difesa, -che ebbe specificatamente a precisare come

• soltanto in tal modo, le industrie fondamentali belliche potranno sorreggersi e svilupparsi in maniera, da far fronte alle necessità del Paese, nella eventualità che questo debba provvedere alla propria difesa •.

Seguo pertanto col massimo interesse questo speciale argomento, augurandomi che le circostanze possano volgersi favorevoli alle nostre industrie ed al supremo interesse della Nazione.

(l) Si riferisce alla questione trattata al n. 474.

545

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3125/140-141-142. Sofia, 17 luglio 1929, ore 13 (per. ore 18,35).

Ho avuto altro lungo colloquio Liapceff di cui riassumo punti essenziali.

l) Liapceff a mia esplicita domanda mi ha confermato che incaricato d'affari di Francia nella sua recente visita al presidente del Consiglio e al segretario generale degli Affari Esteri non (ripeto non) ha dichiarato di aver avuto incarico dal Governo francese di fare al Governo bulgaro raccomandazioni moderazione specie da parte stampa verso la Serbia. Elie ha espresso tali raccomandazioni come se agisse per proprio conto, a Liapceff in forma molto generica, più marcatamente invece al sEgretario generale.

2) Appena ricevuto avviso di cui al mio telegramma n. 139 (l) Nescich si è recato da Liapceff per conferire circa situazione. Siccome discorso rappresentante serbo si manteneva vago e impreciso, Liapceff lo ha invitato a dichiarargli se avesse avuto istruzioni da Belgrado circa accettazione o meno protocolli Pirot. Nescich rispose che Governo jugoslavo non poteva per ora dare nessun affidamento riguardo alla approvazione dei protocolli essendo necessario creare prima tra i due paesi atmosfera migliore della attuale. Al che Liapceff ha replicato che attuazione regolamenti Pirot avrebbe avuto appunto lo scopo di creare tale atmosfera eliminando i frequenti incidenti di frontiera che ren

dono sempre più tesi i rapporti tra i due stati. Di fronte dichiarazioni di Nescich Liapceff ha informato rappresentante serbo che avrebbe diramato comunicato ufficiale che lesse a Nescich e che è del seguente tenore: • Signor Nescich espresse speranze che in prossimo avvenire sarà creata migliore atmosfera nella quale Governo jugoslavo avrà la possibilità di approvare conferenza Pirot da cui si attendono molti risultati favorevoli •. Nescich pur non avendo fatto abbiezione appena tornato alla sua legazione diramò sollecitamente alla stampa seguente comunicato dal quale è escluso ogni accenno a Pirot: « Dopo scambio di vedute tra signor Liapceff e signor Nescich, ci si può attendere a un miglioramento dell'atmosfera ciò che renderà possibile in avvenire lo sviluppo normale dei rapporti fra i due paesi e il regolamento di tutti i problemi tuttora pendenti ». Impressione generale immediata dei circoli politici è stata che passo compiuto a Belgrado aveva interamente fallito e che colloquio Nescich ha definitivamente consacrato insuccesso Pirot ed ha, sotto la forma anodina dei comunicati, messo in luce, come di rado era avvenuto sino ad ora, gravità dei

rapporti serbo-bulgari.

Liapceff definendo • negativo • esito suo colloquio con Nescich ed esprimendo parere che questione Pirot è ormai da considerarsi liquidata da parte serba, ha confermato opinione accennata precedente colloquio (l) che serbi intendono con ogni mezzo forzare Bulgaria accettare due note richieste circa zona interdetta e circa emigrazione bulgari con liquidazione loro beni, che Governo bulgaro non potrà invece mai accettare.

Situazione si aggrava intanto ogni giorno più col continuare delle uccisioni alla frontiera e con la intensificazione delle misure vessatorie. Malgrado severi ordini sangue freddo e calma di questo Governo a ufficiali e truppe bulgare di confine, stato animo militari può divenire inquietante specialmente da che serbi hanno cominciato a far fuoco anche contro ufficiali e soldati bulgari (vedere rapporto di questo addetto militare 222 R. del 15 corrente al comando del corpo di stato maggiore). Se un giorno o l'altro nostri militari perderanno pazienza, dice Liapceff « fusils marcheront eux mèmes » e allora dove si andrà a finire? è questo che vogliono i serbi? arrivare sino al punto da spingere militari bulgari a reazione che Belgrado interpreterà subito come provocazione, giustificante quindi qualsiasi colpo di testa della casta militare serba dominante?

4) (2) Data questa situazione e dopo esito colloquio Nescich, Liapceff ha in

caricato ministri bulgari Roma, Londra, Parigi rappresentare ai Governi italiano,

inglese e francese gravità attuale momento dei rapporti serbo-bulgari e infor

marli che governo bulgaro, convinto che Serbia pur avendo essa stessa doman

dato conferenza Pirot non intende ormai più applicare accordi intervenuti,

sarebbe disposto accettare istituzione commissione militare neutra di frontiera,

munita di poteri tali da assicurare tranquillità, impedire ripetersi incidenti e

rendere possibile esistenza e lavoro popolazioni delle zone di frontiera. Si ve

drebbe inoltre davvero a chi spetti la responsabilità di questo vero e proprio stato di guerra. Liapceff ritiene che Londra avendo tastato terreno in tal senso a Parigi e avendo incontrato disposizioni poco favorevoli ha fatto un macchina indietro dichiarando idea esposta da Dodd circa commissione militare estera essere idea personale di Sargent e non del Foreign Office. Se ·così fosse realmente Liapceff si raccomanda per mio mezzo a V. E. perché, se Io crede opportuno, agisca presso Londra onde esercitare insieme più efficace pressione su Parigi. Liapceff precisa ancora che Bulgaria è sempre disposta applicare protocolli Pirot, ma che allo stato delle cose data risposta virtualmente negativa di Nescich, non vede altra via per uscire da questa intoJierabile situazione e per far cessare queste impressionanti • tueries •. Nel giudizio e nelle eventuali decisioni inglesi circa questjoni balcaniche Liapceff mi informò che con avvento al potere Governo laburista va tenuto conto elemento nuovo e importante costituito da presenza nel Gabinetto Mac Donald del signor Buxton ministro di Agricoltura, presidente del comitato balcanico e grande amico della Bulgaria. Liapceff mi aggiunse che noto Seaton Watson che per più di trenta anni combatté Austria a favore dei serbi si è ora manifestato chiaramente avverso alla Serbia dato modo di agire di Belgrado.

Liapceff ha saputo che ai consigli di moderazione e di accettazione protocolli Pirot dati dal ministro d'Inghilterra, Governo Belgrado avrebbe risposto che Bulgaria esagera perché popolazione bulgara di frontiera ha pochissima importanza ammontando appena a un migliaio di persone. Verità è che secondo dati sicuri raccolti a Pirot i doppi proprietari delle zone di frontiera sono circa ventiduemila di cui quattordicimila bulgari. Questi sono i maggiormente colpiti dalla vessazione serba ma ritengo che anche tutti gli altri abitanti dei territori di confine ammontanti a circa centomila persone, pur non essendo doppiamente proprietari soffrono dell'attuale stato di cose, delle ingiuste misure e dei soprusi delle autorità serbe. Governo Belgrado ha anche dichiarato al ministro inglese che popolazione è libera attraversare frontiera quando sia in regola con le leggi.

Ma tale libertà, conclude Liapceff, si paga molto spesso con la vita.

Riassunto così fedelmente colloquio con Liapceff, permettomi esprimere parere che Italia partecipi nel modo che V. E. crederà più opportuno a questa fase assai seria dei rapporti serbo-bulgari perché parole e atteggiamento di V. E. sono attesi ·con fiducia da questi circoli politici e da opinione pubblica, come Io stesso Liapceff mi ha chiaramente espresso raccomandandomi di pregare V. E. di cooperare trovare via d'uscita situazione presente.

Buroff cui prolungata assenza da Sofia in questo momento (dopo Madrid non ha ancora fatto ritorno) è severamente commentata, trovasi attualmente Parigi dove risulta in contatto con Briand. Non appena rientrerà Sofia cioè fine settimana vedrò subito ministro degli Affari Esteri e riferirò a V. E. quanto egli mi dirà circa suoi colloqui parigini. Sarebbe però utile ·cercare di conoscere per altra via quale azione abbia esercitato Briand su Buroff e come questi siasi contenuto, onde poter controllare quanto egli mi dichiarerà e regolare even

tua'Imente nostra condotta se Buroff avrà ancora una volta dato prova sua remissività accettando possibili consigli abituali Briand di pazientare di cercare di mettersi d'accordo con Belgrado ecc., senza ricorrere istituzione commissione militare neutra che (come lo stesso Liapceff ritiene) sarebbe certo vista di mal'occhio da Belgrado e potrebbe in conseguenza assai difficilmente venire appoggiata da Parigi.

(l) T. 3066/139 del giorno 11, che non si pubblica. Liapcev aveva avvertito Nesié che desiderava vederlo.

(l) -Il precedente colloquio Piacentini-Liapcev era avvenuto il 10 luglio. Cfr. t. 3058/138, Sofia 10 luglio e t. 3066/139, Sofia 11 luglio, che non si pubblicano. (2) -Sic, non risulta un paragrafo 3.
546

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, E AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. 1537. Roma, 17 luglio 1929, oTe 24.

(Per Londra e Parigi). Ho telegrafato a Sofia quanto segue:

(Per tutti). Questo ministro di Bulgaria è venuto a dichiararmi d'ordine del signor Liapceff che suo Governo ha orn1ai tratto persuasione che Jugoslavia non intende ratificare convenzioni di Pirot e che situazione alla frontiera bulgaro-jugoslava andrà sempre peggiorando. Governo bulgaro è convinto anzi che anche qualora dette convenzioni fossero ratificate esse non costituirebbero una garanzia sufficiente. Propone perciò che venga istituita una commissione mista di ufficiali neutri che abbia per compito evitare incidenti frontiera e turbamento della pace. Chiede che Governo italiano appoggi tale proposta.

Conseguente alla linea politica costantemente seguita nei riguardi della sicurezza della Bulgaria, non avrei in massima difficoltà ad aderire alla richiesta presentatami, qualora essa rappresenti effettivamente il risultato di un maturo e ponderato esame della situazione in vista di una garanzia veramente efficace e duratura della sicurezza della frontiera bulgara e degli interessi che vi sono connessi.

La Bulgaria infatti deve ben ponderare se le convenga di abbandonare la posizione logica e di solida base giuridica nella quale essa è autorizzata a richiedere che si esiga da Belgrado la ratifica e l'esecuzione delle convenzioni di Pirot. La proposta bulgara invece potrebbe offrire a Belgrado occasione di riaprire una discussione che dovrebbe essere considerata definitivamente chiusa cogli accordi di Pirot.

V. S. intrattenga di quanto precede Liapceff. Se effettivamente Ella potrà confermarmi che la richiesta di Volkoff corrisponde ad una maturata deliberazione del Governo bulgaro, mi affretterò a mettermi in comunicazione in proposito coi Governi di Londra e Parigi.

(Per Sofia soltanto). Stimo perfino superfluo prospettarle le ragioni di carattere politico per le quali l'insistere sopra un regolamento diretto della questione senza soluzioni di carattere internazionale è ciò che meglio corrisponde alla linea politica che conviene all'Italia di seguire verso la Bulgaria.

547

IL PRESIDENTE-CONSIGLIERE DELEGATO DELL'ISTITUTO NAZIONALE DI CREDITO PER IL LAVORO ITALIANO ALL'ESTERO, DE MICHELIS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. R. Roma, 17 luglio 1929.

La prego di volermi concedere la possibilità di giustificarmi per la censura che la E. V. mi ha rivolta il giorno 8 luglio c. m. colla Sua riverita Nota

n. 38232/105 (1), Nota che mi ha naturalmente molto rattristato.

Posso assicurare V. E. non solo che la tipografia in Corsica non ci è sfuggita, ma che l'insieme delle trattative per l'acquisto delle due tipografie e della libreria (costituenti l'affare commessoci da V. E. con finalità nazionale ed intendimento politico) è stato trattato con la massima cura e premura, senza un giorno di sosta, fino da quando ne ricevemmo l'incarico.

L'accluso promemoria (2) fornisce a V. E. precisi ragguagli e spiega anche il movente delle informazioni infondate e parziali che il Prof. Giglioli e l'Avv. Guerri hanno ricevuto dai loro tre corrispondenti residenti in Corsica.

L'apparente lentezza dell'ICLE (3) è stata suggerita dalla assoluta necessità che le pratiche affidateci si ispirassero soprattutto alla massima prudenza. Il ritmo adottato fu scelto a ragion veduta e per deliberato proposito, appunto perchè si trattava di affare delicatissimo ed oltremodo difficile a condursi a termine, qualora si volesse evitare -com'era logico e doveroso -di dare la sveglia alle Autorità francesi già messe in moto dalle • leggerezze» dei corrispondenti Corsi dei signori Giglioli e Guerri.

Al~orquando è pervenuta la censura di V. E., già da tre settimane i fiduciari dell'ICLE erano ritornati sul posto a continuare la loro prudente ed abile missione, mai sospesa nè interrotta, tanto che gli stabilimenti sono solidamente in nostra mano e, ciò che conta, con tutte le apparenze esteriori e legali di un affare regolare e normale.

Se ciò non ostante si ritiene che io abbia mancato di celerità confesso il mio errore di comprensione e di sopravalutazione della delicatezza della faccenda e della massima prudenza occorrente nel trattarla. Ma sono invece persuaso più che mai che la E. V. -oggi che si trova in possesso di maggiori elementi di giudizio -vorrà tramutare la precedente censura nella approvazione dell'opera compiuta, tenendo conto che questa si è piegata alla preoccupazione di condurre con abilità e con tatto un affare di carattere politico che avrebbe potuto avere, se trattato in modo diverso, conseguenze poco piacevoli per le autorità italiane e per H Governo.

Voglia scusare la E. V. se mi sono permesso d'incomodarla con queste giustificazioni; ma esse erano indispensabili da parte di chi -fedele alla consegna -lavora col precipuo desiderio e colla speranza di non demeritare dell'unico premio ambito: la stima di V. E.

(l) -Non si pubblica. (2) -Dal promemoria, che non si pubblica, risulta che la pratica per l'acquisto in Corsica di due tipografie e di una libreria ebbe inizio nel luglio 1928. (3) -Istituto Credito Lavoro Italiano all'Estero.
548

IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI

T. 1541/512. Roma, 18 Luglio 1929, ore 24.

Interessa in modo speciale ai fini della nostra azione nella presente situazione bulgaro-jugoslava avere subito possibili notizie circa colloqui BriandBuroff che presumibilmente avranno trattato della questione e risultati cui sarebbero giunti.

Prego V. E. telegrafare quanto abbia potuto apprendere al riguardo (1).

549

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3142/239. Durazzo, 18 luglio 1929, ore 22 (per. ore 24).

Il re si mostra preoccupato circa situazione interna jugoslava. Secondo le notizie che gli sono pervenute, sembra che i democratici croati stiano per accordarsi onde invocare in maniera energica il ritorno al parlamentarismo. Re Alessandro e Zifkovich sarebbero però decisi a soffocare con la violenza ogni tentativo di riscossa. È opinione di re Zogu che in Jugoslavia si stia marciando verso una più grave crisi, della quale non mancherebbero di approfittare le minoranze ungheresi e bulgare per alimentare la causa delle loro rivendicazioni nazionali. In previsione di una simile eventualità egli doveva fin da ora preoccuparsi delle rivendicazioni albanesi e mi pregava richiamare su di ciò tutta l'attenzione di V. E. Gli ho risposto che V. E. disponeva di ben maggiori elementi di quelli che erano in suo possesso per giudicare la situazione interna jugoslava ed i suoi eventuali sviluppi. Che in ogni modo dovevo pregarlo di tener presente che 11 problema minoritario albanese, pur non essendo secondo agli altri, andava però sollevato per ultimo e solo quando vi fosse la sicurezza di risolverlo favorevolmente. Re Zogu ne ha convenuto.

550

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3136/389. Londra, 18 luglio 1929, ore 21,15 (per. ore 2,10 deL 19).

Avendo avuto occasione di vedere Lindsay stamane, dopo aver ricevuto telegramma di V. E. 1537/225 (2), gli ho chiesto se questo ministro di Bulgaria avesse fatto qualche passo al Foreign Office in relazione attuale tensione dei rapporti bulgaro-jugoslavi. Mi ha risposto di no e nel corso della conversazione,

ripetuto quale azione Mac Donald aveva esercitato a Sofia e Belgrado, mi ha detto di aver ancora fiducia che le due parti riescano ad accordarsi tra loro ed ha aggiunto che a suo parere bisogna fare di tutto per evitare che da un intervento grandi potenze una delle due parti possa avere impressione di subire uno smacco. Io mi sono astenuto dal riferirgli quanto V. E. aveva telegrafato al R. ministro Sofia !imitandomi ad osservare che qualsiasi eventuale intervento nel pericoloso dissidio non avrebbe potuto avere efficacia se non col concorde preventivo consenso dell'Italia dell'Inghilterra e della Francia.

(l) -Cfr. n. 545, ultimo capoverso. (2) -Cfr. n. 546.
551

IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, E AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI

T. (P. R.) PER CORRIERE 8526. Roma, 19 luglio 1929, ore 20.

(Per Belgrado). Il R. ambasciatore a Londra telegrafa:

(come nel telegramma 8636 (p. r.)/386) (1).

È stato telegrafato a Bordonaro:

(Per tutti). Interesserebbe conoscere motivi richiamo Kennard da Belgrado e se esso sia in relazione ,coll'azione politica colà dallo stesso spiegata. Prego

V. E. indagare e riferire non appena possibile in proposito.

552

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3167/146. Sofia, 20 luglio' 1929, ore 2 (per. ore 4,30).

Telegramma di V. E. 148 (2).

Ho veduto oggi Liapceff e giusta intenzioni di V. E. lo ho intrattenuto circa contenuto telegramma di V. E. 148. Liapceff ringraziando V. E. per suo interessamento ed appoggio, mi ha fatto osservare quanto V. E. avrà già rilevato dai miei telegrammi 13,8 e 142 (3) riferentisi nostri colloqui, e cioè Governo bulgaro è perfettamente d'accordo con V. E. nel ritenere che migliore soluzione sarebbe quella che Serbia approvi ed applichi protocolli di Pirot; senonché, dopo visita di Nescich, convintosi definitivamente non potersi più sperare approvazione da parte serba protocolli Pirot, Governo bulgaro si è deciso come • pis aUer » (sic) aderire idea suggerita da Londra della commissione di ufficiali

neutri, data persistente minaccia gravi incidenti frontiera e per trovare mezzi di porvi riparo. Tenuto però conto considerazioni di V. E. e anche in attesa risultati colloqui Buroff a Parigi, Liapceff mi ha incaricato di pregare V. E. (se V. E. lo ritiene opportuno) di mettersi in comunicazione coi Governi di Londra e Parigi per un primo scambio di vedute sulla situazione onde ne sentano tutta la serietà, senza però entrare ir. modo . . . . . (l) nella questione della commissione mista, facendo anzi rilevare il buon diritto della Bulgaria acché Serbia approvi subito e applichi protocolli di Pirot. Se Francia sarà entrata in quest'ordine di idee forse sarà ancora possibile persuadere Belgrado (benché Liapceff sia scettico al riguardo). Se invece volontà negativa di Belgrado prevarrà a Parigi (e ciò ,si saprà al ritorno di Buroff verso fine mese) allora sarà necessaria azione di V. E. d'accordo con Londra al preciso scopo di ottenere istituzione commissione militare neutra. Liapceff mi ha informato che Buroff aveva parlato molto francamente a Briand il quale però non si era pronunciato invitando invece Buroff a conferire con Berthelot. Colloquio BuroffBerthelot deve avere avuto luogo oggi 19. Liapceff non mi ha nascosto sua apprensione per diretto intervento di Berthelot notoriamente anti-bulgaro e filo-serbo. (Ricordo a questo proposito che varie volte tanto Liapceff che Molloff mi hanno espresso loro convincimento che Berthelot riceva denaro dai serbi). Dopo colloquio con Berthelot Buroff rivedrà Briand, indi tornerà Sofia, come già ho detto, verso fine mese. Incidente Stip (2) su cui Belgrado mena tanto rumore accusando Bulgaria, è da Liapceff attribuito alla Serbia stessa che ha con esso tentato impressionare Briand proprio nel momento in cui Buroff gli esponeva i misfatti dei serbi alla frontiera bulgara.

(l) -Del 18 luglio, col quale Bordonaro trasmetteva la notizia del trasferimento di Kennard da Belgrado a Stoccolma. (2) -Cfr. n. 546, che venne inviato a Sofia col numero di protocollo particolare 148. (3) -Cfr. n. 545.
553

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL SEGRETARIO GENERALE DEI FASCI ALL'ESTERO, PARINI

T. P. s. s. N. Sofia, 20 luglio 1929, ore 12 (per. ore 15,40).

Decifri ella stessa.

Situazione nostro amico (3) e suoi compagni critica. Loro programmi in pieno sviluppo sarebbe danno irreparabile nei nostri riguardi doverli troncare per mancanza mezzi promessi. Data impellente necessità su commossa preghiera amico accondiscendere telegrafarti pregati inviarmi più presto possibile centomila di cui nostra ultima conversazione Roma, ovvero versarle mio conto corrente Banca d'Italia, avvertendomene telegraficamente onde io possa emettere assegno e ritirarle qui. Per decisione circa restante somma invierò S. E. Grandi completo rapporto vera situazione questione che ho studiato con tutta imparzialità.

(l) -Gruppo indecifrato: alcuno? (2) -Il 14 luglio due componenti la frazione Protogerov, Kruin Banovié e Mihalce Kolevié, avevano ucciso a Stip alcuni gendarmi jugoslavi ed erano poi stati uccisi a loro volta. (3) -Allude probabilmente a Tomalewski.
554

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3173. Belgrado, 20 luglio 1929, ore 14,40 (per. ore 18,40).

Stampa jugoslava continua tono concitato verso Bulgaria. Vreme e Pravda ripetono in forma identica allusioni aiuto italiano a Bulgaria ed Albania. Anche significato passo R. ministro Sofia è alterato. Portata incursioni Cande Cacciaki (che oggi non ha più organizzazione e scopo politico) è esagerata. Ciò sembra fare sempre più parte un piano diretto a deviare attenzione da questioni interne e sopratutto impressionare estero, ciò tanto più necessario in quanto almeno parte della opinione pubblica inglese è per la prima volta favorevole Bulgaria. Confermasi che tale atteggiamento e specialmente allusione Italia corrispondono istruzioni Marinkovic. Conversazione di ieri fra Jeftic e ministro Albania di cui al mio telegramma 361 (l) conferma quanto precede.

555

IL MINISTRO A RIGA, MACARIO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. (P. R.) 8835/15. Riga, 22 luglio 1929, ore 21 (per. ore 23,30).

Autorità polizia frontiera austriaca Brennero mi invitò con forma cortese togliere dalla mia giacca distintivo fascista, affermando esistere disposizioni tassative che non ammettevano alcuna esclusione. Aggiunsero doversi tale disposizione a ragioni di ordine pubblico. Risposi dichiarando di conformarmi ad ordinamento locale pur meritando speciali riguardi come funzionario diplomatico in transito territorio repubblica.

556

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, DE VECCHI DI VAL CISMON

TELESPR. 4689. Roma, 22 luglio 1929.

Il R. ministero dell'Interno ha trasmesso l'acclusa copia di un rapporto del

R. Prefetto di Trento, relativo alla situazione e agli atteggiamenti del clero in quella Provincia, pregando d'interessare codesta R. Ambasciata per un pronto e opportuno intervento presso la Santa Sede.

Si prega V. E. di voler fare presso codeste Autorità i passi che crederà del caso, nel senso richiesto dal R. ministero dell'Interno, informando questo ministero dell'esito di essi.

(l} T. 3175/361 del giorno 20, che non si pubblica.

ALLEGATO.

PIOMARTA AL MINISTERO DELL'INTERNO

N. 6635 GAB. Trento, 4 luglio 1929.

La elevazione della diocesi di Trento a sede arcivescovile ha resa più viva l'attenzione già desta di quanti, interessandosi del problema religioso, che è tanta parte del problema nazionale, seguono l'azione del clero in questa regione.

D'altra parte ciò che si legge nell'art. 16 del Concordato non ha mancato di preoct:upare tutti quei trentini che, avendo vissuta la fase preparativa della Redenzione talvolta in contrasto col clero, ma sempre riconoscendone la influenza in una elaborazione della coscienza irredentistica, pensano con ansietà alla influenza che l'azione del clero può esercitare nell'ostacolare o nel favorire la rapida trasformazione degli alloglotti in cittadini di lingua e di coscienza italiana.

Mi permetto rilevare alcuni aspetti della questione, così come sono visti da questo ambiente, che non può nè osa aspirare a formulare direttive, ma che mi sembra tuttavia un utile osservatorio dal quale possono essere fornite indicazioni e richiamati ricordi.

È chiaro che il clero cattolico è in massima portato a sostenere l'autorità costituita; i sacerdoti di questa Regione erano perciò, prima del 1914, piuttosto governativi che austriacanti: anche il sentimento dinastico era poco sviluppato, nè la Curia aveva particolari ragioni di amore per la casa di Asburgo, come le aveva invece ad es. la Curia di Gorizia. Vero che si era conservato al Vescovo il titolo principesco: ma Metternich, che ben sapeva come i Trentini fossero sospetti tra i più o meno fedeli sudditi del Lombardo Veneto, aveva provveduto ad infrenare il Clero trentino, facendo ridurre la cattedra di S. Vigilio, una delle più antiche e gloriose della cristianità e del cattolicismo a suffraganea dell'arcivescovo di Salisburgo. Menomazione questa che non contribuì certo a rafforzare sentimenti di attaccamento e di soggezione. Lo stesso Mons. Endrici tenne a Levico anteguerra un discorso apertamente nazionalista che fu, a gran stento, tollerato.

La parte che il clero esercitava nella istruzione, specie classica, della gioventù era un indice dei sentimenti preponderanti nel clero: ora, poichè è noto come gli intellettuali o meglio gli esercenti di professioni liberali fossero nel Trentino chi più chi meno liberali (leggi nazionalisti italiani) è logico dedurre che i pretL se non erano nè potevano essere liberali, fossero nettamente staccati dall'orbita dinastica e governativa. Nè occorre disturbare la grande ombra di Antonio Rosmini per raffigurarsi un clero trentino che nè lingua, nè tradizioni, nè interessi, nè finalità spingevano ad una qualsiasi solidarietà col clero tirolese, ma che, consciamente o non, guardava verso il sud, Venezia, Milano, Roma, insomma Italia. E giova anche ricordare che nelle campagne la Lega Nazionale non avrebbe potuto diffondersi senza l'aiuto palese e larvato dei sacerdoti. Esempio tra tutti Mons. De Lugan che fu veramente il fulcro della resistenza contro l'intedescamento della Val di Fassa, tentato dal Volksbund con indimenticabile larghezza e violenza di mezzi.

Un cambiamento vi fu dopo il 1870 in un senso più antiliberale che austrofilo e le ragioni ne sono ovvie -il progresso delle organizzazioni cooperative, sorte in gran parte per opera di sacerdoti, e favorite largamente dalla legislazione semiautonomistica, dette al clero un motivo di appoggiare il governo d'allora e fu questo il periodo che segnò la massima depressione dell'idea nazionale, ciò che conferma l'influenza del clero in questi problemi ed in questa Regione.

Ma allorchè col diffondersi del socialismo nazionale le masse cominciarono a sentire anche altre influenze, i preti trentini ed i loro superiori attenuarono gli atteggiamenti antitaliani, e, quando si giunse alla guerra, l'internamento di S. A.

il Principe Vescovo apparve se non come un riconoscimento di irredentismo, almeno come la prova di una preoccupata e giustificata diffidenza.

Sorvolando sul periodo bellico, che non potrebbe dare utili punti di riferimento, perchè il Trentino era o sgombrato dalla popolazione civile o saturato di truppe nelle seconde linee, troviamo che nel dopoguerra e fino alla marcia su Roma e più in là, il Trentino fu roccaforte dei popolari; fenomeno quasi ineluttabile, perchè le sole organizzazioni economiche viventi (casse rurali, cooperative, consorzi ecc.) erano tutte ricadute nelle mani dei preti, perchè la classe dirigente si era stremata nei campi di concentramento o nella vita di profugo, perchè migliori liberali si erano trovati in contatto con una Italia di cui non avevano conosciuta la tragedia della guerra e del dopo guerra e di cui perciò non sentivano il travaglio preparatore di una nuova vita nazionale. Di più il favore dei governi, consule Credaro, era tutto per i popolari: lottare contro De Gasperi era materialmente impossibile. Tuttavia non si ebbero eccessi di popolarismo antiitaliano; sia perchè al clero trentino una mentalità anti-italiana era innaturale, sia perchè il monopolio della vita economica portò i popolari a commettere tali e tante corbellerie, che la loro attività era più necessaria per rimediare i disastri di vario genere che per propagandare problemi spirituali. La difesa degli interessi materiali si prolungò fino al 1926, ma intanto fece perder di vista gli alti compiti educativi, i cui segni rimangono nelle generazioni, se non nei secoli, ed impedì ad ogni modo una intesa tra il clero trentino ed il clero alloglotto.

Nè sembra assurdo pensare che il furore di quest'ultimo contro Mons. Endrici sia stato determinato dallo scarso appoggio morale e dal nessun aiuto materiale che Egli dava al fanatismo dei preti pangermanisti.

Quanto precede può essere di qualche utilità nel considerare la situazione attuale, che per la provincia di Trento si può prospettare nei seguenti termini:

l) Arcivescovo e clero prelatizio di sentimenti italiani -alcuno muove dei dubbi e delle riserve che possono aver fondamento su fatti e su atteggiamenti non sempre rispondenti alle aspirazioni nazionali. Si tenga però presente che ad un Vescovo e a dei sacerdoti non si può chiedere di essere propagandisti espliciti di nazionalismo e tanto meno di essere assertori del fascismo: questa è funzione che spetta a noi, nella quale essi ci possono coadiuvare e non ci devono contrastare.

Pertanto Mons. Endrici, anche in altra provincia del Regno, sarebbe considerato un buon Vescovo.

2) Seminario Maggiore di Trento -(è noto che vi è un Seminario minore in città ed un altro per gli alloglotti a Merano) -senza essere una fucina di italianità educa sacerdoti immuni da qualsiasi forma di intransigenza (il che prima del Concordato aveva una significazione non trascurabile). I seminaristi di lingua tedesca non perdono certamente tutte le caratteristiche della loro razza, ma vengono lentamente accostati ad una mentalità italiana ed intanto apprendono la lingua e le abitudini nostre. Le dissensioni tra i chierici delle due nazionalità sono ormai cessate, nè vi è più insegnante che mostri predilezione per i tedeschi, ed anzi alcuni professori sono ottimi sotto ogni riguardo.

3) Clero con cura d'anime. Buono nella zona italiana, ed anzi, nel complesso, migliore che in altre provincie del Regno.

Vi è qualche prete invadente ed insopportabile, ma più per fanatica ignoranza che per premeditata ostilità. Nella zona mistilingue è generalmente mediocre ed in alcuni paesi assolutamente avverso. A qualche indizio di conversione, specie in quelli che avendo buone parrocchie temono di perderle, fan bilancia sintomi di velenosa insofferenza: vi sono parecchi sacerdoti tedeschi che se appena potessero sperare nella protezione dei superiori ed in una vasta solidarietà, tornerebbero a far apertamente quella propaganda che continuano a svolgere copertamente inafferrabilmente. I tentativi di scuola clandestina erano appoggiati ai preti: l'improvviso ed irrazionale sviluppo che si è dato all'insegnamento catechistico in chiesa (invece di un'ora alla settimana se ne fanno quattro ed anche sei) altro non è che una larvata ripresa di insegnamento in tedesco. Sentendosi rigorosamente vigilati non osano andar più in là di quanto possano canonicamente difendere: ma non vi è da illudersi sui sentimenti dei preti tedeschi. Unico rimedio mandar sacerdoti trentini che conoscano la lingua straniera e che sieno di buona fede. Esempio ottimo la trasformazione di Salorno, dove ad es. i bimbi frequentanti l'asilo dell'Italia :'<)denta sono saliti da 16 a 130 in tre anni e dove da provocante ostilità si è venuti ad una lusinghiera devozione verso il parroco. Ma è chiaro che se i preti della zona mistilingue dipendessero da diocesi tedesca ed uscissero àa un seminario tedesco (e tale sarebbe per lunghi anni qualunque seminario dell'Alto Adige) non si avrebbe alcuna possibilità di miglioramento.

4) Clero regolare. Buono nel complesso, salvo pochi avanzi di ordini tedeschi. La questione ha importanza per le scuole private e per gli asili: se è utilissimo appoggiare tutto il programma di educazione infantile e di lavori femminili all'O.N. Italia Redenta, che ha reso e dovrà rendere ancora per molti anni servizi inestimabili, è necessario sostituire man mano ai conventi e monasteri tedeschi, altre case italiane. I salesiani sono in questo campo all'altezza del loro compito: se in ogni centro notevole vi fosse un istituto salesiano si farebbero progressi rapidi e sicuri.

5) Azione cattolica. Questa non può avere qui un indirizzo autonomo, dipendendo dalle direttive del centro. Gli esponenti sono tuttavia uomini di nuova fede e desiderosi di applicare sinceramente i postulati della conciliazione. Si aggiunga che, come è noto a V. E., l'azione è sussidiata dalla Banca del Trentino ed Alto Adige: un deviamento eccessivo dalla giusta linea potrebbe essere infrenato dal timore di veder ridiscussi gli accordi e risollevati i veli che coprono le malefatte del bancarismo popolare.

Conclusione. Partendo dalla premessa che nelle zone di confine la circoscrizione ecclesiastica costituisca un problema prevalentemente etnico-politico, considerando che l'azione delle gerarchie ecclesiastiche deve essere favorevolmente orientata a fundamentis (poichè nell'estrinsecazione quotidiana essa praticamente sfugge ad un controllo civile e il volerlo applicare porta a continui contrasti, crea un ambiente difficile ed a lungo andare pericoloso), sembra sia anzitutto da scongiurare la creazione di una diocesi, nella quale la popolazione tedesca sia troppo forte. Subito dopo il concordato la stampa austrotedesca riprese il motivo largamente sfruttato ai tempi credariani, dell'aggregazione a Bressanone dei decanati mistilingui della provincia di Trento. Segno che i pangermanisti anelano a ricostituire il blocco tedesco: e la posizione sarebbe certo rafforzata perchè i pochi sacerdoti italiani dovrebbero tornarsene in zona italiana o dovrebbero accontentarsi delle parrocchie più misere, oppure vivere in continuo stato di lotta coi preti tedeschi. Le difficoltà della situazione sono indicate da questo fatto eloquente: che la utraquizzazione nelle parrocchie mistilingui è più formale che reale e ritengo sia pressochè nulla nelle parrocchie alloglotte. Come adempiono gli atti di culto i numerosissimi italiani villeggianti nell'Alto Adige? Una indagine in proposito sarebbe estremamente istruttiva.

Ora, tenuto conto di quanto ho obbiettivamente esposto, mi permetto esprimere con ogni sommissione l'avviso che convenga lasciare più a lungo possibile lo statu quo e cioè Archidiocesi di Trento nei suoi attuali confini.

Non è da trascurare la considerazione che lo stato di incertezza costituisce

e costituirà sempre un ottimo alibi morale per spiegare la lentezza nella italianiz

zazione del clero alloglotto; come è apprezzabile la considerazione che un ricono

scimento dei maggiori titoli dell'Archidiocesi di Trento costituirebbe motivo di

riconoscenza e di maggior affiatamento.

S. A. il Principe Arcivescovo mi ha fatto rilevare, in conversazioni confidenziali, che sarebbe cosa nazionalmente assai utile rendere il Vescovo di Bressanone suffraganeo dell'Arcivescovo di Trento, sul qual punto non mi dilungo, non potendo esaminare circostanze che riguardano altra provincia.

Ad ogni modo la questione della circoscrizione ecclesiastica non potrebbe nella sua risoluzione prescindere dai seguenti elementi:

lo necessità di mantenere a Trento per non pochi anni il Sem!nario Maggiore, affinchè tutto il clero dell'Alto Adige sia educato in clima italiano, su una impalcatura italiana, con metodi italiani che vanno dall'esegesi e dalla pronuncia latina, agli svaghi ed al regime alimentare.

2o necessità di escludere nel modo più assoluto decanati tridentini mistilingui dalla Diocesi di Bressanone-Bolzano (1).

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L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, BEAUMARCHAIS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

N. 183. Roma, 22 lugLio 1929.

V. E. a bien voulu, par Sa lettre en date du 29 Juin dernier (2), me communiquer les observations qu'appellent de sa part les propositions formulées par ma lettre du 21 Décembre 1928 (3) en vue du règlement des questions relatives à la situation des Italiens en Tunisie et aux frontières de Libye.

Je ne saurais Lui dissimuler que, sans méconnaitre le ton amicai de cette réponse, mon Gouvernement n'y a pas retrouvé cette compréhension de l'effort

« Questo Ministero è venuto a conoscenza che un gruppo di ex ferrovieri, dispensati dal servizio negli anni 1923 e 1924 in occasione del noto sfollamento e cioè in applicazione dei Regi Decreti n. 143 e n. 153 del 28 gennaio 1923, prendendo occasione del recente Concordato con la Santa Sede, si è fatto promotore di una supplica a Sua Santità intesa ad invocare il di Lui alto interessamento presso il Governo Italiano a favore della loro riammissione in servizio, o, quanto meno, una revisione del trattamento di pensione a suo tempo attribuito.

Pare che l'iniziativa sia partita dagli ex ferrovieri di Foggia, sotto gli auspici del Circolo Cattolico • A. Manzoni •• ed essa ha avuto seguito a Bari ed a Verona e poil in molte altre città, avendo il Comitato di Foggia premurato i Circoli Cattolici di tutta Italia a seguirne

l'azione.

Consta poi che il predetto Comitato di Foggia intende costituire al più presto una rappresentanza degli ex ferrovieri di varie città, in Commissione che dovrebbe prossimamente essere presentata a S. S. il Pontefice sotto il patrocinio di alcuni Vescovi, fra cui Monsignor Farina di Foggia.

Avendo avuto conoscenza delle generalità di molti firmatari della petizione, si è potutorilevare che buona parte di essi sono ex ferrovieri eliminati a suo tempo dal servizio perchè

segnalati quaU comunisti, sovversivi o agitatori di scioperi, od anche perchè di cattiva condotta morale o indiziati per reati comuni.

Prego perciò codesto Ministero di voler considerare se sia il caso di far conoscere al Vaticano a mezzo della R. Ambasciata presso la S. Sede il vero carattere di questo movimento, tanto più che la richiesta in contesto è tale da non poter essere accolta, anche perchè l'Amministrazione ferroviaria tende ancora a diminuire, anzichè accrescere, il numero degli agenti

in servizio ».

Mussolini rispose (telespr. 4872 del 31 luglio) che il ministero degli Esteri « non ravvisa almeno per ora l'opportunità di intervenire presso la Santa Sede, dato che trattasi di argomento di carattere assolutamente interno, dal quale esorbita totalmente ogni considerazione sia di ordine internazionale, sia di ordine religioso. -E pertanto questo Ministero esprime per parte sua l'avviso che convenga invece segnalare l'agitazione di quegli ex ferrovieri al R. Ministero dell'Interno, affinchè i Prefetti delle provincie interessate facciano considerare ai singoli cattolici, e, se del caso, e nel modo e con la forma più conveniente, al Vescovo di Foggia, l'inutilità e più l'inopportunità, di prestare appoggio ad un movimento disapprovato dal R. Governo, e affinchè il Ministero stesso possa adottare altresì in confronto dei suddetti ex ferrovieri quelle misure che nella sua esclusiva competenza riterrà più opportune all'ordine generale •.

Cfr. anche una petizione rivolta al papa da un • numeroso gruppo di senza casa •. a firma Luigi Tosi, Milano 20 ottobre 1929, perchè volesse intervenire in loro favore contro il caro affitti. La lettera fu data dal cardinale segretario di stato a De Vecchi, che la trasmise a Grandi. Mussolini diede ordine di inviarla al prefetto di Milano.

38 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

français qu'il avait été heureux de rencontrer dans le premier stade de la négociation et qui l'avait déterminé à la pousser plus avant.

Le Gouvernement de la République n'est certes pas insensible à l'hommage que la lettre du 29 Juin rend à l'attitude amicale dont il ne s'est pas départi pendant les conversations qui ont abouti aux accords du 25 Juillet 1928 portant révision du Statut de Tanger. Pour faire à l'Italie une piace de premier rang à Tanger, il ne s'est pas enfermé dans les limites de son droit. Du moins espérait-il que ces concessions, auxquelles il n'était pas tenu par les accords franco-italiens relatifs au Maroc et à Libye, seraient appréciées à leur valeur propre et non pas seulement comme le gage de sacrifices plus étendus.

Meme sur les autres terrains où il était sollicité, il a conscience d'avoir fait preuve du plus grand esprit de conciliation.

Sans doute poursuit-il en Tunisie, où il a installé tous les organes d'un Gouvernement moderne, l'extinction graduelle des privilèges nationaux qui sont les survivances du régime capitulaire. Cette évolution, dont les Conventions de 1896 ont marqué une étape importante, est incompatible avec un retour au passé et le Gouvernement français considère comme définitivement abrogés les accords auxquels se sont substistuées les Conventions de 1896.

Il n'a toutefois rien négligé pour ménager l'adaptation progressive de la condition des Italiens à un droit commun dont le libéralisme n'est dépassé dans aucun autre pays.

Si grand était son désir de régler la question tunisienne dans une atmosphère d'amicale entente avec l'Italie qu'il avait consenti à donner à celle-ci, au sud de la Libye, une rectification de frontières avantageuse, conforme à une demande précise de V. E. et dans les limites que vous aviez vous-meme indiquées. Les exigences manifestées par la lettre du 29 Juin dernier excèdent si considérablement ces limites que l'opinion publique française ne saurait les accepter et qu'aucun Gouvernement français ne serait en mesure de les présenter aux Chambres.

Le Gouvernement de la République estime en effet qu'il a déjà satisfait à l'article 13 du Pacte de Londres du 26 Avril 1915, en abandonnant à l'Italie, à l'ouest et au sud de la Tripolitaine, des territoires qui ne la cèdent pas en étendue à ceux dont l'Angleterre s'est dessaisie en Afrique. En offrant, pour obtenir l'adhésion de l'Italie à ses propositions sur le statut des Italiens dans la Régence, de renoncer à Djado dont la valeur réelle ne doit se mesurer ni à la population, ni à. la fertilité du sol, mais à l'intéret que ce point d'eau présente pour le commerce et la police d'une vaste région, il a été jusqu'à la limite des sacrifices territoriaux compatibles avec la sécurité intérieure de ses possessions et avec le maintien des communications entre l'Afrique Occidentale et l'Afrique Equatoriale françaises.

Le Gouvernement français veut espérer qu'un nouvel examen des propositions contenues dans la note du 21 Décembre amènera le Gouvernement italien à reconnaìtre l'effort qui a été fait pour satisfaire dans toute la mesure du possibile à ses revendications.

(l) Circa le relazioni con la Santa Sede nei loro riflessi di politica interna cfr. la seguente nota riservatissima del ministro delle Comunicazioni, Ciano, al ministero degli Esteri del 7 luglio:

(2) -Cfr. n. 515. (3) -Cfr. n. 121.
558

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 3213/569. Angora, 23 luglio 1929, ore 15,40 (per. 01·e 17,20).

Tewfik Russdi bey mi ha confermato che negoziato turco-greco per questione scambi è indefinitamente sospeso. Ministro di Grecia nel colloquio con lui avuto, ha detto non essere autorizzato a pronunciare ufficialmente parola rottura ma doveva riconoscere che nel caso attuale sospensione equivale a rottura. Punto dimostratosi insormontabile è quello dei passaporti, il ritorno cioè a Costantinopoli dei greci muniti di passaporto sultanale e dei greci muniti di passaporti di data anteriore alla proclamazione della repubblica. Tewfik Russdi mi diceva non poteva non considerare come un pretesto per rompere negoziato pretesa greca di riaprire le porte della Turchia a poche diecine di greci che avevano lasciato questa per andare a combattere con esercito greco e che oggi costituiscono per il kemalismo persone indesiderabili.

Realtà è che anche Venizelos non può vincere opposizione di alcuni circoli greci contro accordo con Turchia. Lo stesso ministro di Grecia aveva, parlando con lui, riconosciuto che Venizelos era riuscito con un grande sforzo a fare il patto con l'Italia, ma che quello con Turchia erasi dimostrato nemmeno per lui attuabile.

Avendogli domandato quale attitudine avrebbe presa ora Governo turco e se effettivamente avrebbe sequestrato beni dei greci in Costantinopoli come reclama parte della opinione pubblica, egli mi ha detto essere anzitutto sua cura evitare provocazioni. Solo Governo turco imitando quanto Governo greco fa verso i sudditi turchi da vari anni, ha deciso in una seduta di avantieri sera di stabilire che gli elleni non potranno soggiornare più di un mese in Turchia e che solo per casi speciali e singoli, autorità di polizia locali potranno prolungare permesso di soggiorno.

Il presente telegramma continua col numero successivo (1).

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IL CONSOLE GENERALE AD INNSBRUCK, RICCIARDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 3351/406. Innsbruck, 23 luglio 1929.

Il quotidiano socialista Volkszeitung pubblica un articolo assai interessante sulla situazione finanziaria e politica austriaca, che non mi sembra inutile segnalare per quelle ,considerazioni e conseguenze che, nei riguardi degli interessi nostri, se ne possono trarre. Quanto alla situazione finanziaria, l'Austria -dice quel foglio -ha improrogabile bisogno di concludere U prestito

internazionale, che da tempo desidera-l'Investitionsanleihe-poichè le risorse interne, le quali, in seguito alla nuova legge sulla riforma degli affitti, vengono ad esser colpite da un nuovo peso calcolabile a circa 100 milioni di scellini annui, non presentano alcun margine o possibilità per l'espletamento del programma dei pubblici investimenti. Quanto alla situazione politica, le Heimatwehren sentono di esser giunte al bivio o di sbriciolarsi o di preparare, già entro quest'anno, una manifestazione di forza che provi ad amici e a nemici l'efficienza della loro organizzazione. Le forze politiche ed economiche in contrasto con le Heimatwehren devono, fino al prossimo autunno, mostrare se esse siano capaci di ottenere un successo visibile, ma è da temere che la democrazia austriaca manchi della necessaria energia fintanto che non corrano al suo soccorso le democrazie straniere. Non è lecito immaginare che i • leaders » della politica europea, che gli Inglesi, i Francesi o la Piccola Intesa vogliano ancora a lungo assistere impassibili alle mene delle organizzazioni armate (Soldatenspilerei) austriache: se non si riesce, fino all'autunno, a far ordine all'interno, l'ordine sarà portato dall'estero con catastrofiche conseguenze per l'economia austriaca.

A parte lo spettro dell'intervento straniero, che i socialisti od anche talune frazioni dei partiti borghesi si compiacciono di agitare o per tema di restar sopraffatti dagli avvenimenti e desiderio di scongiurarli prospettando al grosso pubblico favolose catastrofi e l'estremo danno, o per pusillanimità e amore di quieto vivere, credo che la paradossale situazione di questo paese sia, in fondo, stata ben fotografata nelle parole che or ora ho riassunto. Le Heimatwehren, come già a più riprese ho riferito, si preparano a trarre le estreme conseguemze del loro programma e dei loro propositi e se il termine del prossimo autunno non è assolutamente di rigore, ho ragione di ritenere che esso non sarà di molti mesi sorpassato che importanti avvenimenti si maturino in Austria.

Ma più che sulla situazione politica propriamente detta, io desideravo richiamare l'attenzione di codesto Ministero sulla situazione finanziaria. Qui corre la voce che l'Italia si prepari a dare il suo consenso all'emissione del prestito internazionale desiderato dall'Austria. Non so naturalmente qual fondamento abbiano quelle dicerie, ma, per ogni evenienza, credo opportuno sottomettere alcune considerazioni che mi vengono sopratutto suggerite dalla quotidiana osservazione della situazione locale nei nostri riguardi. Qui la propaganda antitaliana va assumendo ogni giorno maggior vigore e le persistenti manifestazioni di ogni genere ai nostri danni van producendo, disgraziatamente, una insolitamente dannosa ripercussione in Alto Adige. Fatti, come l'assa,ssinio dei due carabinieri e del maestro Cecchini in Valle Aurina e come l'assassinio proditorio e crudele di un milite fascista nell'esercizio delle sue funzioni, avvenuto giorni or sono in Val Venosta, sono sintomi significativi e profondi della infezione che la campagna d'odio condotta da questa parte del Brennero va propagando fra gli Altoatesini. Il governo del Signor Streeruwitz, debole, vacillante, transigente, vivacchierà, per grazia dei socialisti, probabilmente non oltre le vacanze estive. Monsignor Seipel, ritornato appena dalle sue vacanze d'Oriente, ha già, in un suo recente discorso, portato i primi colpi al governo di Streeruwitz. Con Monsignor Seipel, che, oserei dire, è il capo spirituale delle

Heimatwehren, anche queste ultime non fanno mistero del loro malcontento e della loro avversione all'attuale Cancelliere. Il governo di quest'ultimo, debole e transitorio, non ha, nei nostri riguardi, nè la possibilità nè l'energia necessaria, non dico ad impedire ma neppure ad arginare o frenare sia la campagna irredentista ed antitaliana dei partiti borghesi, sopratutto in Tirolo, sia la campagna dei socialisti contro il Fascismo. Quali vantaggi o contropartite potremmo noi dunque attenderci dalle nostre concessioni che pure hanno per l'Austria un vitale interesse, in un momento simile e da un simile governo? Nessuno. Se concessioni sarà necessario fare sembrerebbemi opportuno procrastinarle a momento migliore, quando la situazione politica sarà chiarita e ci permetta di pienamente vagliare i nostri interessi. Se dalla lotta e dall'urto dei partiti e delle organizzazioni armate dovessero nel prossimo avvenire uscire rafforzati -ciò che sembra poco probabile -i socialisti, ogni nostra concessione al governo Streeruwitz sarebbe stata fatta in pura perdita: se si verificasse, invece, il successo delle Heimatwehren noi potremmo agevolmente trattare con esse, le quali, sfruttando come un proprio successo le concessioni italiane innanzi all'opinione pubblica austriaca, sarebbero in grado di renderei facilmente servizio in quell'ordine di idee e di attitudine che ho più sopra indicata. Ma ogni opera di temporaneo e caduco puntellamento del governo Streeruwitz si presenta per noi assolutamente passiva.

(l) T. 3223/570, che non si pubblica.

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IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

Roma, 25 luglio 1929.

Avendomi V. E. comunicato che l'Ambasciatore di Francia, nel consegnare a S. E. il Capo del Governo la replica francese (l) alle nostre proposte per il regolamento delle questioni tunisina e libica, lo aveva intrattenuto della situazione giuridico-diplomatica di tali questioni e dei loro precedenti storici, insinuando che gli Uffici competenti del R. Ministero degli Affari Esteri non avevano messo esattamente al corrente S. E. Mussolini di tali elementi, mi sono personalmente recato stamane dal signor De Beaumarchais per chiarire come stavano realmente le cose.

Ho detto all'Ambasciatore di Francia che, avendo saputo che egli aveva citato a S. E. il Capo del Governo parecchi documenti ed atti diplomatici riguardanti le suddette questioni, affermando che di tali documenti ed atti non era stato tenuto conto nel formulare le nostre richieste alla Francia, lo pregavo, di mia iniziativa e per mia personale informazione, di volermeli nuovamente elencare, affinchè io avessi potuto constatare se eventualmente vi era stata qualche manchevolezza nello studio delle questioni da parte degli Uffici del

R. Ministero.

L'Ambasciatore ha aderito al mio desiderio e mi ha detto che egli aveva cominciato anzitutto con l'esporre a S. E. Mussolini come il Governo Francese, nell'acconsentire al regolamento della questione di Tangeri, non aveva inteso di riconoscere implicitamente il buon fondamento del diritto italiano e delle ragioni invocate da noi per sostenere la inapplicabilità degli accordi del 1912 (Libia-Marocco) alla questione di Tangeri, ma soltanto aveva voluto compiere un gesto di generosità verso l'Italia, per dimostrare la propria buona volontà nella risoluzione delle questioni pendenti itala-francesi.

Gli ho risposto che tale non era il nostro punto di vista, poichè, pur riconoscendo l'amichevole atteggiamento del Governo Francese nell'ultima fase della questione di Tangeri, non potevamo ammettere che la soluzione fosse dovuta ad altro che al riconoscimento del nostro buon diritto.

Ciò premesso, siamo venuti a parlare delle questioni libica e tunisina. L'Ambasciatore mi ha mostrato due processi-verbali di conversazioni avute con S. E. il Capo del Governo, in data 18 maggio e 30 maggio 1928 (1).

Da questi processi-verbali risulta che, per la questione tunisina, non si è mai parlato di proroga delle Convenzioni del '96 per un periodo nè di cinque nè di dieci anni, ma che vi sono state delle discussioni e dei progetti secondo cui S. E. Mussolini, dopo aver chiesto che le Convenzioni suddette fossero prorogate per un periodo corrispondente alla durata del proposto Patto di amicizia itala-francese, avrebbe poi in massima accondisceso ad una proposta dell'Ambasciatore, secondo cui le Convenzioni avrebbero dovuto essere prorogate di un anno solo. Durante questo periodo si sarebbe dovuto studiare una soluzione soddisfacente per ambedue le parti della questione tunisina: in mancanza di che, la riconduzione tacita delle Convenzioni, di tre in tre mesi, avrebbe dovuto riprendere come prima.

Per quanto riguarda la questione libica, secondo i detti processi-verbali, redatti dall'Ambasciatore, sarebbe stato proprio S. E. Mussolini a chiedere soltanto l'oasi di Giada. L'Ambasciatore afferma che S. E. il Capo del Governo avrebbe tracciato egli stesso su di una carta geografica una linea presso a poco corrispondente a quella delle recenti offerte francesi, anzi forse anche meno estesa.

Dopo avermi esposto tutto ciò, l'Ambasciatore ha aggiunto che era ben comprensibile la sua meraviglia, quando dapprima l'Ambasciatore Manzoni aveva chiesto l'accesso allo Tchad, e poi il Capo del Governo gli aveva inviato la lettera del 29 giugno u. s. (2) contenente la richiesta del confine al 18° parallelo.

Il Signor de Beaumarchais, ,che aveva fedelmente riferito al suo Governo le conversazioni avute con S. E. Mussolini, secondo i citati due processi-verbali, si era trovato nel più grave imbarazzo, essendo stato accusato di aver inesattamente informato il Quai d'Orsay circa le intenzioni del Governo Italiano.

Dopo la richiesta Manzoni, egli, anzi, se ne era personalmente !agnato con

S. E. Mussolini, il quale gli avrebbe risposto che aveva q,utorizzato il Conte

Manzoni a chiedere l'accesso allo Tchad, sia per soddisfare alla insaziabilità dei colonialisti italiani e sia anche perchè nel frattempo erano state grandemente intensificate le forniture di armi da parte della Francia alla Jugoslavia.

Il signor de Beaumarchais avrebbe risposto a S. E. Mussolini che egli non vedeva quale nesso vi fosse fra le due questioni.

In seguito a tali spiegazioni e dopo che il signor de Beaumarchais aveva lavorato, sempre a suo dire, per più di un anno, a persuadere il suo Governo alla cessione dell'oasi di Giado, secondo le precise richieste di S. E. Mussolini, egli era ancora sorpreso delle richieste ufficiali italiane contenute nella lettera del 29 giugno 1929, le quali sorpassavano in maniera esorbitante le domande verbali di S. E. il Capo del Governo.

Aveva perciò creduto opportuno di attirare l'attenzione del Capo del Governo su di alcuni elementi delle suddette questioni, supponendo che gli fossero sconosciuti.

Per la Tunisia, aveva ricordato a S. E. Mussolini che le Convenzioni del 1896 (accordi Hanotaux-Tornielli) avevano un periodo di scadenza di 10 anni e che in seguito erano state tacitamente prorogate fino al 1918. Aveva ricordato lo scambio di lettere avvenuto fra l'Ambasciatore Barrère ed il Barone Sonnino nell'ottobre 1918 (allegato l) (1), per accettare la denuncia definitiva francese, ed infine aveva voluto esporre a S. E. il Capo del Governo l'accordo avvenuto tra la Francia e l'Inghilterra per i sudditi tnglesi in Tunisia (allegato 2).

Ho risposto all'Ambasciatore che tutti questi elementi erano ben noti al

R. Ministero degli Affari Esteri dal quale essi erano stati opportunamente vagliati. Che il fatto che le Convenzioni del '96 avessero stabilita una durata di 10 anni e ,che esse fossero state poi prorogate tacitamente fino al 1918 non aveva alcun significato nei riguardi della sostanza di tali accordi nè tanto meno del fatto indiscutibile che le Convenzioni del '96 apportarono delle modifiche al regime capitolare vigente in Tunisia e lo sospesero ma non lo abolirono, sicchè noi eravamo a buon diritto fermi nella nostra tesi, che le capitolazioni avessero a risorgere ove le Convenzioni non fossero più definitivamente applicate.

Ho aggiunto che la citazione dello scambio di lettere Sonnino-Barrère dell'ottobre 1918 non era particolarmente favorevole ai francesi poichè nella lettera Barrère vi era l'esplicita assicurazione che ogni pensiero politico esulava dalla denuncia.

Quanto all'accordo intervenuto tra la Francia e l'Inghilterra per i sudditi inglesi in Tunisia, anzitutto esso non poteva essere considerato come un precedente, poichè ogni Paese è libero di considerare secondo i propri criteri le questioni attinenti alla nazionalità dei propri sudditi. Era esatto che il Governo Inglese aveva accettata tale soluzione per tutti i suoi sudditi e non solamente per i maltesi, ma, nel fatto, la quasi totalità dei sudditi britannici residenti in Tunisia erano maltesi, e quindi per il Governo di Londra era in certo modo più facile di mostrarsi meno intransigente in tale questione.

L'Ambasciatore mi ha risposto che in realtà il Governo Inglese era addivenuto all'accordo sopratutto perchè aveva riconosciuto che il Bey di Tunisi

avrebbe potuto legiferare in materia di nazionalità e quindi imporre la cittadinanza tunisina agli inglesi colà residenti. Per evitare questo, il Governo Britannico aveva preferito che i suoi sudditi diventassero invece francesi.

Ho risposto che i sudditi britannici non erano difesi in Tunisia da Convenzioni come quelle del '96, che regolavano lo statuto degli Italiani; che questa era stata la vera ragione per cui si era potuto addivenire più facilmente all'accordo, oltre che per il fatto che la questione era per l'Inghilterra di gran lunga meno importante che per l'Italia.

Passando alla Libia, l'Ambasciatore mi ha affermato che aveva cominciato col ricordare a S. E. il Capo del Governo l'accordo Prinetti-Barrère del 1902 (allegato 3), col quale il Governo Italiano aveva riconosciuto come limite della frontiera tripolina la linea di demarcazione stabilita nella Dichiarazione francoinglese del 21 marzo 1899, addizionale alla Convenzione franco-inglese del 14 giugno 1898.

L'Ambasciatore ha aggiunto che con ciò il Governo Italiano si era preclusa la via ad ulteriori reclami per la questione dello hinterland libico. Nel 1919 la Francia poi aveva creduto di eseguire generosamente gli impegni contenuti nel Patto di Londra, con l'accordo Bonin-Pichon, mediante il quale ci era stato dato un territorio che forse (l'Ambasciatore non poteva dirlo ufficialmente ma aveva l'impressione che fosse così) era maggiore in estensione di quello cedutoci dall'Inghilterra col Giubaland.

Ho risposto che certamente non ci era ignoto l'accordo Prinetti-Barrère del 1902, ma che ugualmente l'Ambasciatore doveva sapere come il Governo Italiano avesse inviato a più riprese delle note tanto al Governo Francese quanto al Governo Inglese, per dichiarare che non avrebbe mai riconosciuta la Convenzione del 1919 fra l'Inghilterra e la Francia per definire la questione delle frontiere tra i Possedimenti anglo francesi nell'Africa Equatoriale.

L'accordo Prinetti-Barrère era stato secondo noi e come avevamo in parecchie note esposto alla Francia -a cominciare dalla nota del 12 dicembre 1921 (allegato 4) per finire a quella dell'aprile 1924 (allegati 5 e 6) -violato dal successivo accordo anglo-francese del 1919 concluso all'infuori di noi.

Noi sosteniamo che tale violazione vi sia stata tanto in base ad argomenti geografici quanto ad argomenti giuridici, ma vi è anche un fatto morale di gravità incontestabile, cioè che, mentre nel 1902 la Francia aveva creduto opportuno di farci prendere atto della Convenzione franco-inglese del 1899, invece nel 1919, dopo la guerra e dopo la insoddisfazione dell'opinione pubblica italiana per la meschina esecuzione francese degli impegni del Patto di Londra, Francia ed Inghilterra si erano messe d'accordo, alla nostra insaputa, su di una questione che violava i nostri interessi.

Sapevo che la tesi francese era invece che la Convenzione del 1919 non toccava gli interessi italiani ma riguardava soltanto Francia ed Inghilterra: ciò però non era esatto, come avevamo, a nostro parere, a sufficienza dimostrato al Governo francese, ed in ogni caso la questione rimaneva indubbiamente aperta per le nostre esplicite e formali dichiarazioni.

Quanto agli accordi Bonin-Pichon del settembre 1919 (allegato 7), l'Ambasciatore non poteva ignorare che, quale che fosse la estensione ed il valore del

territorio allora cedutoci dalla Francia, era proprio in quelle stesse note con

tenuta una esplicita riserva di ulteriore esame della questione. La nostra insod

disfazione era stata poi chiaramente affermata nella nostra nota del settembre

1923, al momento della ratifica degli accordi Bonin-Pichon (allegato 8).

Era dunque indubbio che la questione per i compensi del Patto di Londra rimaneva per noi assolutamente aperta e quindi io non comprendevo quale utilità potesse avere il richiamarsi agli accordi Prinetti-Barrère del 1902, quando:

l) noi avevamo impostata la questione delle attuali negoziazioni italafrancesi esclusivamente sulla base dell'articolo 13 del Patto di Londra, articolo che ci autorizzava a chiedere ciò che credevamo giusto in dipendenza dei vantaggi ottenuti dalla Francia dopo la guerra;

2) anche la questione dell'hinterland libico era secondo la nostra tesi aperta in seguito al non riconoscimento da parte nostra della Convenzione anglofrancese del 1919.

L'Ambasciatore non doveva dimenticare infatti che tutta la questione si basa sulla interpretazione del Patto di Londra e che tutte le situazioni precedenti non hanno, nelle presenti trattative, che un valore di elementi sussidiari.

Il Patto di Londra poi dice che all'Italia spettano dei compensi equi specialmente ( • notamment •) ma non esclusivamente in Libia, e che quindi noi, in principio, saremmo stati autorizzati a chiedere dei compensi anche altrove.

Quanto al valore delle concessioni già fatteci dai francesi con l'accordo Bonin-Pichon del 1919, io non sapevo se fosse o meno esatta l'affermazione che l'estensione di esse era superiore a quelle fatteci dall'Inghilterra. Lo avrei verificato a puro titolo di curiosità, ma bisognava pur riconoscere che non la estensione ma il valore del terreno cedutoci aveva importanza nella questione, e che se noi avessimo voluto commisurare a metri quadrati la generosità delle due ex-Alleate avremmo dovuto solamente prendere in considerazione l'ubicazione di tali metri quadrati, potendo la differenza di valore essere enorme, come fra un mq. di terreno a Piazza Colonna ed un altro in Campagna Romana.

Chiarito così che, contrariamente alle affermazioni dell'Ambasciatore di Francia, gli elementi di discussione da lui portati a S. E. il Capo del Governo non solo erano perfettamente noti agli Uffici di questo R. Ministero ma da essi erano stati tenuti presenti, vagliati e studiati, sicchè, con sicura coscienza, io potevo confermarmi nella opportunità di avere impostata la questione sulla applicazione pura e semplice dell'art. 13 del Patto di Londra in base alle nostre ripetute dichiarazioni di insoddisfazione, siamo venuti a parlare, amichevolmente ed a titolo esclusivamente personale, della sostanza della possibilità di risultati delle presenti negoziazioni.

Ho detto quindi all'Ambasciatore di Francia ·Che non bisognava traétare di questi argomenti in base esclusivamente a delle situazioni giuridiche e diplomatiche, nelle quali del resto noi eravamo sicuri del nostro buon diritto, ma che bisognava elevarsi ad una visione più generale delle relazioni itala-francesi nella politica europea.

Se il Governo francese credeva realmente alla utilità dell'amicizia italiana nello svolgimento delle questioni europee, se veramente apprezzava al suo giusto valore il peso che la nuova Italia poteva portare nella politica europea, esso doveva compiere qualche gesto per dimostrare all'opinione pubblica italiana tali suoi sentimenti.

Non bisognava calcolare i metri ed i chilometri quadrati nè rimontare ad atti diplomatici che appartenevano alla preistoria, poichè per noi la storia comincia dopo la guerra, ma eliminare le cause di attrito e di malcontento tra la Francia e l'Italia, cause che trovavano la loro espressione tipica nelle questioni tunisina e libica.

L'Ambasciatore mi ha risposto che egli riconosceva tutto ciò ma che il suo Governo si trovava nella impossibilità di far comprendere all'opinione pubblica francese la necessità di cedere qualche cosa all'Italia dopo dieci anni dalla Pace, e mi ha nuovamente affermato che egli aveva personalmente impiegato tutto un anno a persuadere il suo Governo a cederci l'oasi di Giado.

Ho replicato che, a mio avviso personale, sarebbe stato quasi meglio non parlare più di queshone libica poiché quanto la Francia voleva darci sarebbe stato considerato da noi come irrisorio e dai francesi come un sacrificio.

In tali condizioni, non avremmo certo raggiunto lo scopo che ci prefiggevamo, cioé di accontentare le opinioni pubbliche dei due Paesi.

L'Ambasciatore mi ha detto allora, a titolo strettamente personale, che egli in realtà non era lungi dal condividere il fondamento delle nostre obiezioni circa la Convenzione anglo-francese del 1919, e mi ha chiesto se non era possibile un accordo sulla base del riconoscimento delle nostre domande a questo riguardo.

Ho risposto:

l) Tale riconoscimento sarebbe stato da noi considerato come una giusta resipiscenza francese di fronte ai nostri reclami, ma che non avrebbe certo chiusa la questione dei compensi del Patto di Londra;

2) che occorreva mettersi d'accordo anche con l'Inghilterra, come d'altronde avremmo sempre dovuto metterei d'accordo successivamente con gli Inglesi, anche se la Francia avesse accettato le nostre richieste, di portare il confine al 18° parallelo.

E con ciò ho voluto rispondere anche alla obiezione fatta dal signor de Beaumarchais a S. E. il Capo del Governo, che noi, con la nota del 29 giugno 1929, avevamo chiesto anche dei territori inglesi.

Infatti, poiché la questione è qui collegata con la Convenzione anglo-francese del 1919, era chiaro che noi dovessimo prima rivolgerei alla Francia, in sede di compensi di Patto di Londra, e poi, all'Inghilterra, una volta che avessimo eventualmente ottenuto il consenso francese.

Naturalmente bisognava cominciare con la Francia, poiché l'accordo con l'Inghilterra non sembrava difficile, sia per la natura puramente desertica dei territori ad essa appartenenti, sia per l'importanza enormemente maggiore delle cessioni che chiedevamo alla Francia.

L'Ambasciatore ha replicato che egli personalmente non riteneva assolutamente possibile altra concessione oltre di questa (cioè del riconoscimento delle nostre obiezioni alla Convenzione anglo-francese del 1919), sia perché essa poteva basarsi non sul Patto di Londra ma su di una questione isolata indipendente da esso, e sia perché doveva assolutamente escludersi che alcun Governo Francese potesse cederci il Tibesti dove, a torto od a ragione, si ritiene che vi siano degli importanti giacimenti minerari.

Quanto alla Tunisia, l'Ambasciatore, dopo avermi ripetuti i soliti argomenti sulla necessità per il Governo Francese di sviluppare una politica tendente a sopprimere i privilegi di cui gli stranieri (e nella fattispecie gli italiani) godono in Tunisia, mi ha chiesto se non era possibile risolvere la questione con il prolungamento per 10 anni delle Convenzioni del '96, a condizione però che il Governo Italiano si impegnasse, dopo questo termine, a disinteressarsi della sorte degli italiani in Tunisia.

Ho dichiarato a mia volta all'Ambasciatore di Francia che nessun Governo Italiano poteva accettare una tale soluzione. Gli ho aggiunto che in realtà io non comprendevo quale gravissimo interesse politico poteva spingere la Francia a &nazionalizzare gli italiani di Tunisia, quando essa poteva esser sicura che, da parte nostra, non si celavano dietro tale questione delle ambizioni territoriali. La nazionalità degli italiani era per noi sopratutto una questione morale su cui nessun Governo, e meno che mai il Governo Fascista, poteva cedere.

Bisognava quindi lasciare da parte la questione della nazionalità e, o rinviarne la soluzione a tempi migliori, oppure cercare una possibile via di accordo nella limitazione di alcuni dei privilegi goduti dagli italiani in Tunisia, ma non mai nella abolizione della loro nazionalità.

L'Ambasciatore ha voluto qui richiamare la mia attenzione sugli errori commessi da noi in Tunisia, affermando che alla nostra esagerata propaganda nazionalistica (e qui ha citato in ispecie il viaggio di S. E. Balbo e l'opera del Console Barduzzi) (l) era dovuta la reazione manifestatasi nella opinione pubblica e nel Governo Francese, i quali ora vedevano un pericolo sempre maggiore nel ritardare la &nazionalizzazione degli italiani in Tunisia.

Pur non potendo disconoscere che in tali affermazioni vi fosse qualche cosa di vero, mi sono limitato a rispondere all'Ambasciatore, ,che l'opera di snazionalizzazione della Francia era ben anteriore tanto al Governo Fascista quanto all'attività dei due personaggi citati.

Il discorso è quindi passato ad altri argomenti, interessanti sempre le relazioni itala-francesi, ed a questo proposito ho creduto non inutile attirare l'attenzione del signor de Beaumarchais sulle relazioni franco-jugoslave e sulla opportunità di parlare anche di questo argomento, se si voleva giungere ad un duraturo e sincero accordo fra le due Nazioni.

Mi sembra che da quanto precede risulti evidente come il signor de Beaumarchais, nelle sue ultime conversazioni con S. E. il Capo del Governo, non abbia portato alcun elemento nuovo nelle questioni, e che le sue insinuazioni sulla non perfetta conoscenza dei precedenti di esse da parte di S. E. Mussolini (a causa di inesattezze o di incomplete informazioni fornite dagli Uffici del Ministero) non solo erano perfettamente infondate, ma non potevano costituire altro che una manovra per distrarre l'attenzione di S. E. il Capo del Governo dalla chiara impostazione della nostra tesi, sulla esclusiva base della interpretazione dell'art. 13 del Patto di Londra e dello spirito delle Convenzioni del '96.

A me non resta quindi che la profonda amarezza di dover constatare come le insinuazioni dell'Ambasciatore di Francia abbiano potuto lasciare nell'animo di S.E. Mussolini un senso di sfiducia verso gli Uffici da me diretti da oltre dieci anni, e che, in fatto di competenza in tali materie, non credo ne abbiano una inferiore a quella che personalmente possiede il signor de Beaumarchais.

Mi duole ancor più di aver dovuto anche constatare che S. E. il Capo del Governo ignora completamente quanto i predetti Uffici del Ministero hanno fatto per difendere gli interessi italiani, anche prima dell'avvento al potere del Governo Fascista, ed in condizioni ben più difficili di quelle presenti, e come ad essi non sia mai mancata né la preparazione tecnica né la passione politica.

(l) Cfr. n. 557.

(l) -Non risulta che Mussolini abbia verbalizzato queste due conversazioni. Cfr. p. 140 nota l. (2) -Cfr. n. 515.

(l) Gli allegati non si pubblicano.

(l) Balbo si era recato in Tunisia nell'aprile 1926. Barduzzi era stato console a Tunisi dall'H settembre 1928. Era in servizio al ministero dal 6 luglio 1929.

561

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3269. Pa1·igi, 25 luglio 1929 (per. il 27 ).

Mio telegramma-corriere n. 544 (1).

Successive indagini in ambienti non bulgari e non francesi, danno impressione che signor Buroff nella visita al signor Briand ha parlato nel senso di affermare la nessuna responsabilità della Bulgaria nell'attuale tensione al confine bulgaro-jugoslavo, la sua volontà di vivere in corretta armonia con la vicina Jugoslavia, ed ha cercato ottenere che fossero dati consigli di moderazione a Belgrado.

Buroff non vi sarebbe riuscito e la mancata risposta bulgara alle mie ripetute indagini circa esito del colloquio Buroff-Briand, lo confermerebbe.

562

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. R. 2740/1539. Vienna, 25 luglio 1929.

Ho già avuto l'onore di ragguagliare più volte l'E. V. circa la questione delle • Heimwehren •, ma in modo parziale. Il parlare che se ne è fatto qui pubblicamente dopo le rivelazioni dell'Arbeiter Zeitung (mio telegramma posta

n. 1350 del 27 giugno scorso) (2) e quello che in conseguenza comincia a farsene anche nella stampa estera, mi inducono a tornare sull'argomento ed a trattarne nel suo insieme, per quanto lo stato di cose non sia tale da consentire molte categoriche enunciazioni. Mi limito ad esporre deduzioni traendole dalla

(2'! Non si pubblica. La stampa socialdemocratica austriaca nel giugno e luglio 1929 pubblicò documenti trafugati dalla sede delle Heimwehren di Graz. I documenti si riferivano al 1927. Altri documenti sui legami tra le Heimwehren e il Governo ungherese, sarebbero stati rinvenuti dalle autorità cecoslovacche a Bratislava.

presente situazione dei fatti; do a tali deduzioni il carattere di ipotesi e mi astengo da profezie. Se è vero che nessuno è profeta in patria, non è detto che altrettanto vera sia la reciproca.

È da escludere che, come si andava molto affermando qui qualche mese fa, ma si ripete ora assai meno, le • Heimwehren • tenteranno di impadronirsi di Vienna nel settembre od ottobre. Per quanto il loro numero vada aumentando, esse difettano di denari e di armi, nè mostrano uno spirito molto battagliero. Parlano di una trentina di migliaia di uomini pronti a marciare, ma in verità non ne hanno al massimo più di una diecina di migliaia. Altra difficoltà all'impresa, oltre a questa relativa debolezza di armamento, è la debolezza di ordinamento. Non sono saldamente strette nella disciplina all'obbedienza di un solo, intelligente ed energico. Steidle di Innsbruck è nominalmente il capo, ma le Heimwehren del Tirolo, provincia di solo trecentomila abitanti, sono meno numerose di quelle di Stiria e di Carinzia, e Pfrimer, che è alla testa di queste ultime, e sembra, almeno oralmente, più pugnace, non si trova spesso d'accordo con Steidle, per quanto quest'ultimo continui ad avere frequenti colloqui con Seipel e sia sostenuto dal capo di Stato maggiore di questi corpi, e già ufficiale germanico, Pabst, e per quanto varie autorità austriache cerchino di tenere uniti i due comandanti. Si aggiunga infine che, se è vera la notizia datami in gran segreto, che la Banca Rothschild, dopo alquanto tentennare, non si sarebbe ricusata di promettere per l'avvenire il suo appoggio alle Heimwehren, (ed avrebbe già dato insieme colle altre Banche qualche mese fa 75 mila Scellini, mentre altri 75 mila ne avrebbero dati gli industriali) non è a credere sarebbe disposta a tener fede ai suoi impegni nel caso di un'azione che, fatta senza il consenso del Governo, avrebbe scarse probabilità di riuscita.

Esclusa cosi un'azione isolata delle • Heimwehren •, si presenta la ipotesi di un suo compimento coll'assenso e la partecipazione del governo.

Questa è la supposizione più verosimile per il caso in cui si volesse agire colla forza contro i socialisti, e quella in cui consentono i vari personaggi con i quali ho parlato. Il governo impiegherebbe polizia, gendarmeria ed esercito, e le • Heimwehren • sarebbero da esso chiamate a concorrere all'azione come milizia ausiliaria. Sulla polizia non vi sono dubbi. Se fosse necessario sparerebbe come sparò il 15 luglio 1927, e da allora si è molto rafforzata spiritualmente e materialmente. Anche della gendarmeria non vi è ragione di dubitare. Meno certezza dà l'esercito.

Il 15 luglio 1927 quella parte dell'esercito -si disse però che era la più sicura -la quale fu fatta uscire dalle caserme sembrò disciplinata e pronta. Ma non ebbe bisogno delle armi, perchè quando apparve nelle strade la polizia aveva già completamente domata la rivolta. Il ministro della guerra Vaugoin, da vari anni al potere, ha molto fatto per ripulire l'esercito dei numerosi socialisti che ne facevano parte. Ma anche se, come pare, ve ne rimangono ancora assai pochi, è lecito chiedersi se l'esercito tirerebbe sulla folla: Vaugoin dice di sì.

Ad ogni modo, per ammettere questa ipotesi, bisognerebbe innanzi tutto pensare ad un altro cancelliere. L'attuale signor Streeruwitz, benchè antico ufficiale di cavalleria, è da tutti considerato debole, quantunque retto e con buone intenzioni: pare porti una medicina in ogni tasca del vestito. Egli è venuto al potere per volontà di Seipel. Questi ha desiderato mettere una tregua agli attacchi veementi che i socialisti, attraverso lui, menavano al suo abito ed alla Chiesa ed erano perciò particolarmente sgraditi al Vaticano. Ed ha desiderato altresì, rimproverandoglisi da una parte stessa dei suoi seguaci di essere colla sua presenza un ostacolo a negoziati coi socialisti, lasciare che altri, ad essi più accetto, tentasse ottenere con trattative concilianti quello che non· gli era riuscito conseguire con il suo contegno intransigente. Qualche concessione Streeruwitz l'ha innegabilmente ottenuta; ma il valore di queste è più teorico che pratico, e cioè maggiore perchè i socialisti hanno ammesso si infirmassero alcuni principii finora da essi dichiarati intangibili -come la modificazione della legge per la protezione degli inquilini -che non per i reali benefici che ne derivano all'economia soprattutto viennese; gli affitti non possono essere elevati che nella scarsa misura indicata nel telespresso di questa Legazione n. 1292 del 18 giugno, e ciò quando essi sono stati finora pagati nella proporzione all'incirca di un centesimo di quelli d'anteguerra. Troppo lenti sono considerati questi progressi, e corre voce che, scontento lo stesso Seipel, vi sarebbe in autunno un nuovo mutamento di ministero, ·confermata del resto dal detto attribuito a Streeruwitz esser egli un cancelliere per la stagione estiva: le « Heimwehren • che finora lo consideravano amico, lo tengono ora per nemico o quanto meno per indifferente.

Tornerebbe al potere Seipel? Potrebbe se volesse. Ma vorrà? È difficile fare da adesso previsioni. Forse dipenderà dalla situazione. Forse se in quel momento il contegno dei socialisti fosse tale da mostrare necessario qualche atto di forza per obbligarli a consentire a quel mutamento della costituzione che appare, almeno per ora, come lo scopo ultimo di tutto questo movimento borghese e che dovrebbe condurre a dare al governo maggiori poteri sulle province e perciò anche su Vienna la quale costituisce da sola una provincia a sè, Seipel si terrebbe ancora in disparte per alcune di quelle stesse ragioni -di maggior peso in tal caso -per le quali si è volontariamente dimesso. Qualche laico dovrebbe allora assumere il governo e la responsabilità, ed io penso, senza però che alcuna voce me ne dia conferma, al prefetto di polizia Schober, già stato cancelliere, uomo energico ed equilibrato, che nella rivolta di due anni fa mostrò che cosa volesse e potesse. Seipel verrebbe forse più tardi, a cose fatte. Ma sono i socialisti decisi a sostenere battaglia? Se ne dubita. I dirigenti socialisti non hanno mai dato esempio di coraggio, qui come altrove, ed il 15 luglio 1927 mostrò come non sapessero nè prevenire nè reprimere. Il contegno assai diverso dalla alterigia e la prepotenza di un tempo, da essi preso dopo la apparizione delle • Heimwehren • nelle strade, farebbe dubitare di una loro volontà di lotta a tutta oltranza. Si aggiunga che, secondo le informazioni di queste autorità, non hanno armi in gran numero, e che meno che mai dovrebbero essere disposti ad usarle se è vero che essi stessi sarebbero convinti degli ostacoli derivanti ad una ricostituzione economica austriaca dal presente stato di cose, e che nella impossibilità di fare troppo importanti concessioni malviste dai loro elettori preferirebbero cedere al primo segno di energia e provare a questi di essere stati obbligati a subire una costrizione. Del resto, mi diceva

giorni fa un noto personaggio, la difficoltà di fare approvare da un Parlamento in cui la minoranza socialista è così forte un mutamento della costituzione potrebbe essere legalmente sormontata, giacchè il governo ha facoltà di convocare le Camere in una città la quale non sia la capitale, ed i socialisti per paura non si recherebbero nel capoluogo di una qualunque di queste province tutte agrarie e quindi antisocialiste. L'arma di resistenza più temibile di cui i socialisti disporrebbero sarebbe lo sciopero generale. Alcuni si mostrano preoccupati di questa possibilità, altri no, e fra questi si ricorda lo sciopero quasi generale che seguì alla rivoltà del 15 luglio 1927 e non riuscì, pur dubitandosi essere il governo e le • Heimwehren • in grado di provvedere, anche in modo ridotto, alle necessità più urgenti dei servizi pubblici.

Potrebbe riassumendo dirsi: Non si prevede da molti per l'autunno un colpo di mano delle sole • Heimwehren •. Si prevede invece da parecchi un nuovo ministero, il quale dovrebbe iniziare una politica antisocialista più energica che non quella non solo del presente gabinetto, ma anche del precedente, ed ottenere maggiori poteri legali mediante una riforma della costituzione. Il modo con il quale questa energia si manifesterebbe dipenderebbe dal contegno dei socialisti. Se la loro resistenza fosse formale, dovrebbero bastare le minacce; se sostanziale, qualche coercizione. Uno dei primi segni potrebbe esserne alla prima favorevole occasione, sorta spontaneamente o prodotta artificialmente, la convocazione delle • Heimwehren • come milizia ausiliaria. Ma ad un gabinetto che avesse un tale programma probabilmente Seipel, almeno in apparenza, non prenderebbe parte.

Questo è quanto oggi può dirsi. Domani potrà forse dirsi qualcosa d'altro, e di ancor meno drammatico.

(l) T. 3208/544 del giorno 20, che non si pubblica. Ma cfr. n. 548.

563

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 3253/577. Costantinopoli, 26 luglio 1929, ore 1,15 (per. ore· 7,30).

Ritengo obbligo del mio ufficio ritornare sui miei telegrammi 569 (l) e 570 per sottoporre a V. E. alcune considerazioni. Sospensione o rottura che sia del negoziato turco-greco per regolamento questione scambi ritarderà o metterà in forse conclusione di quell'accordo politico turco-greco che avrebbe dovuto completare gli accordi tra Italia e Turchia e Grecia. Ciò non mancherà di provocare rammarico in coloro che anche nella politica estera ceroano il sistema rigido delle ·costruzioni geometriche. Anche [sic] colui che vorrà considerare con senso pratico nuova situazione dal punto di vista interessi particolari Italia nel bacino orientale mediterraneo e nei Balcani vedrà se convenga più all'Italia trascinarsi dietro due popoli sempre in litigio fra loro oppure il potere con libertà di movimento esercitare azione direttiva o moderatrice secondo caso fra due elementi

in contrasto fra loro ma legati a noi, nella impossibilità di fare alcuna azione individuale senza prima essere accertato in tali condizioni pensiero di V. E. Già da esame della stampa di questi giorni turca e greca, si rileva come da ambedue le parti si cerchi accaparrare parere di V. E. Tewfik Russdi bey si è affrettato a incaricare Suad bey esporre a V. E. situazione venuta a crearsi fra Turchia e Grecia: passo che egli mi assicura aver fatto solo presso V. E. A mio avviso la stampa nostra invece di perdersi in parole di rammarico e nella ricerca di responsabilità sarebbe bene si mantenesse aliena imparziale. Non è poi da ritenere che situazione odierna possa prendere aspetto minaccioso per la pace almeno per ora e fino a che l'uno o l'altro dei fattori interessati non perda il lume della ragione. Mentre esercito turco si troverà ancora per tre anni in pieno lavoro di consolidamento e armamento, le condizioni dell'esercito greco non sono tali da permettere alla Grecia di tener testa anche oggi alla Turchia, tanto meno se questa fosse fiancheggiata da Bulgaria e Jugoslavia si mantenesse neutrale. Continua col numero successivo (1).

(l) Cfr. n. 558.

564

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3254/372. Bled, 26 lugLio 1929, ore 11,15 (per. ore 12,55).

V. E. avrà rilevato che stampa Belgrado dopo allusioni generiche ad aiuti italiani a Bulgaria accenna mordacemente specificatamente a larghi aiuti di denaro dati a Roma a Vancia Mihailoff (vedi telegramma stampa del 25 corrente) (~).

Prego V. E. esaminare se sia il caso di una nostra categorica smentita o di un mio passo presso questo ministero degli Affari Esteri.

565

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, AURITI (3)

T. (P. R.) PER CORRIERE 8901. Roma, 26 luglio 1929, ore 21.

Comm. Macario R. ministro Riga telegrafa in data 22 quanto segue:

(come telegramma da Riga 8835/15) (4).

Non ignoro accanimento polizia austriaca contro porto distintivo fascista che è pure insegna dello stato italiano tanto che R. Governo dovette farne oggetto note rimostranze al Governo federale. Ma se può fino ad un certo punto

sostenersi con pretesti giuridici applicabili ai privati di norme sedicenti generali a prescindere dall'effettivo spirito poco amichevole verso Italia bisogna invece convenire che zelo funzionari austriaci comincia esagerare quando non si arresta più nemmeno dinanzi alle immunità riconosciute dal diritto e dalle consuetudini internazionali ai diplomatici esteri. V. S. vorrà rammentarle al signor de Streeruwitz affinchè non rinnovisi assurdo e scortese divieto ai rappresentanti diplomatici R. Governo portare visibilmente emblema regime che li invia. Emblema che ormai forma del resto parte integrante stessa uniforme regolamentare. Riferisca.

(l) -T. 3268/578, che non si pubblica. (2) -Non si è trovata documentazione su aiuti fìnanziarii dati a Mihailov in questo periodo. Cfr. però n. 198. Sull'attività di Mihailov cfr. il volume III dei suoi ricordi (I. MIHAILOV, Svomeni, III, Lovanio, 1967, in lingua bulgara). (3) -Il telegramma venne inviato, per conoscenza, alla legazione a Riga. (4) -Cfr. n. 555.
566

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 1498/678. Durazzo, 27 luglio 1929.

Devo in parte correggere, in parte smentire, e solo in parte confermare le informazioni sull'attività jugoslava in Albania contenute nella relazione annessa al Rapporto N. 2671 in data 24 Luglio, qui accluso in copia, del R. Addetto Militare.

l) La Jugoslavia spende in Albania per il servizio informazioni somme infime rispetto a quelle che noi spendiamo. La sua rete informativa in questo paese è pessima, quasi quanto la nostra.

2) Non esiste oggi una metodica opera jugoslava di sobillazione dell'ordine interno dell'Albania.

Vi sono in Albania larghe dassi di elementi albanesi scontenti del regime, sia perché sarebbero scontenti di qualunque regime, sia perché sono troppo evidenti certe manchevolezze del Governo attuale. Ma tale malcontento non è, e non potrebbe essere, sobillato da agenti d'oltre frontiera. Si è creato oramai, e si è diffuso in tutti gli strati della popolazione albanese un sentimento di antipatia e di diffidenza verso la Jugoslavia, che non rende la vita comoda a tutti coloro che, a torto o a ragione, vengono additati come jugoslavofili. Questo diffondersi e generalizzarsi di un sentimento popolare albanese antijugoslavo è uno dei fenomeni più importanti dello sviluppo politico del paese negli ultimi due anni, ed è elemento su cui noi dobbiamo cominciare a contare.

3) Non è vero che tra il Dicembre 1928 e il Giugno 1929 sia stato • inscenato un movimento Tivoluzionario diretto a turbare l'01·dine interno dell'Albania •.

Tale movimento è esistito solo nella fantasia dei nostri informatori militari. Per persuadersene basta leggere i telegrammi diretti a V. E. dalla R. Legazione dal Dicembre ad oggi. Nella relazione si attribuisce la mancata rivoluzione al mancato accordo fra i fuorusciti. Errore. Non c'è stata rivoluzione ·perchè il Governo Jugoslavo non l'ha preparata.

39 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

4) La riunione in Mirdizia per decidere se questa regione doveva o no prender parte alla rivoluzione non c'è mai stata e fu a suo tempo smentita dalla R. Legazione.

5) Nella relazione è detto che l'unico fatto appariscente del lavorio jugoslavo è stata la • penetrazione • in Mirdizia e nella Zadrima di bande armate. Ma anche queste bande sono in gran parte una fantasia, secondo ho fatto conoscere in un mio recente rapporto.

6) Confermo invece quanto è detto nella relazione, e ciò ne costituisce la parte veramente seria, circa la preparazione jugoslava al di là dei confini: strade, concentramenti militari, apprestamenti di carattere difensivo, opere di colonizzazione con elementi slavi, allontanamento di elementi albanesi. Tale opera non è sempre ordinata, e non sempre ha uno svolgimento organico. Qualche volta sembra obbedire a vero orgasmo. Contribuiscono al suo apparente nervosismo, l'incertezza serba circa i nostri piani in Albania e le notizie immensamente esagerate circa lo sforzo militare itala-albanese, che incompetenti informatori jugoslavi fanno pervenire oltre frontiera.

Quanto ho esposto ai punti da uno a cinque non sta a significare che il Governo Serbo non penserà neanche in avvenire a valersi di metodi violenti per cercare di modificare a suo favore la situazione albanese. Ho voluto soltanto dire che nei primi sei mesi di quest'anno nessun tentativo (e nemmeno alcun piano concreto) è stato fatto dalla Serbia per provocare una rivoluzione in Albania. Dirò di più: è dall'aprile 1927 che il Governo serbo lascia tranquillo questo paese mantenendo nei suoi riguardi un atteggiamento che si potrebbe definire: di attesa. Esso non è tanto il frutto di una precisa deliberazione, ma sembra piuttosto la naturale conseguenza: l) del disorientamento prodotto dalla nostra sconcertante politica in Albania, 2) dello scoraggiamento causato dai ripetuti e gravi insuccessi politici che dal 1925 ad oggi la Serbia ha costantemente riportato tutte le volte che ha voluto giocare una nuova carta sul tappeto verde albanese.

.ALLEGATO.

PARIANI AL MINISTERO DELLA GUERRA

R. RR. 2671. Tirana, 24 luglio 1929.

Le informazioni provenienti da più parti mostrano che la Jugoslavia, mentre

sta traversando una grave crisi interna, si va sempre più rafforzando militarmente

e procede in una preparazione metodica e rapida anche in prossimità della fron

tiera, come se avvenimenti militari non dovessero molto tardare.

Qui in Albania si nutre una certa apprensione perché, nonostante il lavoro

che si sta compiendo nel campo dell'organizzazione militare, tutti comprendono

di essere ancora ben lontani dall'avere una sistemazione da dare la tranquillità

sotto il punto di vista militare.

Mi sono recato in questi giorni a Piskopeja anche per vedere la situazione

alla frontiera: ed ho trovato ottima accoglienza.

Vi è, però, un certo allarme per quanto vedono o sentono alla frontiera

serba ed ho notato che molti sono gli armati.

In sostanza, situazione che non credo debba destare allarme, ma che deve incitarci a proseguire con la maggiore alacrità possibile nei nostri preparativi. Ciò tengo a dire quale premessa all'acclusa relazione riassuntiva sull'attività jugoslava di questi ultimi tempi (1).

567

IL DIRETTORE GENERALE DELL'AFRICA ORIENTALE DEL MINISTERO DELLE COLONIE, ASTUTO, AL, DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA

TELESPR. 4670. Roma, 29 lugLio 1929.

Comunico, per opportuna notizia, l'unito telegramma di S. E. Zoli relativo all'azione dei tedeschi nello Hegiaz.

ALLEGATO.

ZOLI A DE BONO

T. RR. 4284/605. Asmara, 27 luglio 1929, ore 2L.

Reggente il R. consolato Gedda comunica essere colà giunto 25 corrente piroscafo tedesco Falkenfels con a bordo agente tedesco che negoziò riconoscimento Ibn Saud e con importante carico fucili destinati Neged. Uno dei due stazionari inglesi Mar Rosso giunto pure Gedda per vigilare sbarco armi già iniziato. Quanto tempo e quante buone occasioni perdute per noi. Al sottoscritto non resta che magra soddisfazione aver incominciato segnalare queste occasioni e queste necessità da quasi un anno col proprio 96 viaggio del 17 agosto 1928 da Bagni Montecatini.

568

IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. 1647l 163. Roma, 30 luglio 1929, ore 20.

Il R. ambasciatore a Parigi telegrafa:

(Come da telegramma n. 3269 in arrivo per corriere) (2).

Anche in relazione ultima parte suo telegramma n. 151 (3) prego V. S. infor

marmi quando le risulteranno notizie più precise circa esito passi di Buroff a

Parigi e decisioni che le stesse motiveranno costà per averne norma circa ulte

riore nostra azione per la situazione bulgaro-jugoslava.

c Concludendo, la Jugoslavia continua metodicamente e tenacemente la sua opera di penetrazione in Albania, mentre va rafforzando la sua efficienza militare nelle regioni di confine.

Nel momento attuale poi la situazione si presenta se non allarmante, certo molto deli

cata, e va seguita con speciale attenzione.

L'opera vigile, però non sembra possa bastare, necessitando adottare provvedimenti, che

mettessero il paese in grado di poter fronteggiare con serenità qualunque avvenimento •.

gente sin qui adottato •.

(l) Non si pubblica. La memoria cosi concludeva:

(2) -Cfr. n. 561. (3) -T. 3289/151 del 27 luglio, la cui ultima parte era cosi concepita: c A mia domanda se Bulgaria continuerà attitudine di intransigente rifiuto delle clausole Pirot... se Serbia... facesse proposta riesaminare clausole stesse... Liapceff ha risposto in modo che mi è parso per la prima volta alquanto esitante. Ignoro se egli abbia ricevuto in proposito qualche comunicazione da Buroff dopo colloquio Parigi, da cui presidente del Consiglio abbia potuto trarre qualche dubbio circa difficoltà per Bulgaria continuare atteggiamento rigidamente intransi
569

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A VIENNA, AURITI

TELESPR. 238606/594. Roma, 31 luglio 1929.

La situazione politica albanese, che mostra un progressivo consolidarsi delle forze di organizzazione e di difesa dello Stato e l'impotenza ormai palese dei profughi politici avversi al regime che fa capo a Re Zogu, comunque sussidiati ed appoggiati, vanno di giorno in giorno rendendo meno indispensabile, nei riguardi dì un certo numero di tali profughi, la contro-azione da noi avviata per sottrarli ad influenze ostili alla pace in Albania e garantirci della loro tranquillità. Essa azione comporta un aggravio finanziario non del tutto indifferente; e se tale aggravio è stato opportunamente sostenuto per il periodo di crisi e di debolezza dello Stato albanese, è doveroso, anche per ragioni di economia, di !imitarlo man mano che l'Albania acquista (per merito nostro) mezzi per garantirsi direttamente dai fautori di torbidi.

In altre parole, conviene si cominci a sopprimere i sussidi a quei profughi che non sono nè in grado di danneggiarci, nè in grado di giovarci; abbandonandoli, come pedine ormai sfruttate, al loro destino.

Prego la S. V. di voler quindi prospettare a Mazzotti, le seguenti direttive generali:

l) Fissarsi come criterio l'eliminazione, dalle file dei sussidiati, delle persone che hanno mostrato di non servire a nulla dal lato informativo e politico, e che non sono personalità le quali ci potrebbero in avvenire essere utili per casi imprevisti.

2) Cominciare dal gruppo Scefik e Gemal Kondi, costituito da più di quindici persone. La informo a tal proposito che Gema! Kondi, durante la sua permanenza in Corfù, non si è nemmeno messo in rapporti con quel R. Consolato Generale.

Informare queste persone che entro un limite massimo di tempo di mesi sei, cesseranno i sussidi. Ove alcuni di essi desiderassero rientrare in Albania, interporremo i nostri buoni uffici.

3) Diradare al massimo possibile il gruppo Mustafà Kruja, pur conservando il sussidio al capo gruppo, personalità colla quale non conviene rompere e ai membri che più gli stanno a cuore.

Preghi Mazzotti di assicurare che si uniformerà a tali direttive.

570

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. P. R. Londra, 31 lugLio 1929.

Faccio seguito alla mia lettera particolare del 29 corrente (l) per informare

V. E. che sono stato ricevuto oggi da Mac Donald.

Ho cominciato per dirgli che avevo insistito per vederlo prima che egli partisse per le sue vacanze in Scozia, perchè desideravo intrattenerlo di una questione che avrebbe potuto arrecare serio pregiudizio alle buone relazioni tra i nostri due Paesi. Gli ho accennato alle varie voci che circolano sui rapporti tra i laburisti e gli antifascisti, ai telegrammi di F. Turati ai quali Henderson e lui, Mac Donald, avrebbero risposto, ai colloqui di Parigi che sarebbero stati patrocinati da Henderson in persona, ai suoi pretesi incontri con Chiesa e con Nitti, e ho finito per chiedergli una leale dichiarazione su quanto gli avevo esposto.

Mac Donald mi ha ringraziato del mio passo, mi ha detto di essere amico di lunga data di Filippo Turati (come ha detto di esserlo st,ato, un tempo, di

V. E.) ma di non averlo più rivisto da anni. • Può essere-ha aggiunto -che Turati mi abbia telegrafato. Io certo non ho mai visto il suo telegramma e non ho risposto personalmente. Se una risposta è stata mandata dalla mia Segreteria e a mia insaputa, essa non può essere stata che anodina e di semplice cortesia. Lo stesso posso dire per il mio collega Henderson •.

Mi ha in seguito affermato che nessun membro del partito laburista è stato autorizzato o incoraggiato dal governo a partecipare a riunioni antifasciste a Parigi o altrove e che egli non ha visto nè vedrà nè Chiesa nè Nitti, che non gli risulta in alcun modo siano stati o siano per venire a Londra. Ha finito col dichiararmi che il governo laburista, conscio dei suoi doveri e delle sue responsabilità intende mantenere la linea di condotta la più corretta verso tutti gli Stati stranieri amici, astenendosi da qualsiasi atto che possa essere interpretato come un intervento nei loro affari interni, così come non potrebbe ammettere che un governo estero o i suoi emissari intervenissero nelle faccende e nella politica interna dell'Inghilterra.

La conversazione si è svolta cordialmente e non mi ha lasciato alcun dubbio sulla sincerità di Mac Donald, che è del resto, giudicato generalmente come persona leale.

Non è possibile che i fuorusciti si vantino di relazioni inesistenti o le esagerino ad arte per farsi vicendevolmente coraggio e per tentare, come è loro costume, di intorbidire le acque tra l'Italia e l'Inghilterra?

Proprio in questi giorni mi è stato riferito che, in occasione della visita a V. E. del manager del Daily Herald, sig. Williams, F. Turati avrebbe inviato

un telegramma di protesta al direttore capo del foglio laburista e al Ministro dell'Interno, Clynes, meravigliandosi come uno dei primi atti del nuovo governo sia stato quello di mandare un'eminente personalità del partito a prendere contatto col Fascismo. Gli sarebbe stato risposto che il laburismo inglese ha in proposito delle idee molto più larghe delle sue.

D'altra parte, un collega straniero con cui sono in buoni rapporti d'amicizia, mi ha recentemente fatto leggere confidenzialmente la risposta che la sua Legazione aveva ricevuto da queste autorità di polizia, alle quali aveva chiesto, per conto del suo paese, di conoscere quali metodi venivano usati dal governo inglese per infrenare e sorvegliare l'azione antifascista in Inghilterra. Da tale risposta si rileva come questo governo, pur mantenendosi nei limiti delle leggi vigenti, esercita una rigorosa vigilanza sulla propaganda antifascista, ne riconosce la gravità, se ne preoccupa ed è arrivato fino a fermare alla posta e a non distribuire le pubblicazioni antifasciste troppo spinte qui spedite dall'estero.

Da questi e da altri sintomi credo poter escludere che avremo da lamentarci di scorrettezze o di agguati da parte del governo socialista di questo paese.

(l) Non rinvenuta.

571

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. (P. R.) 9252/243. Roma, 1° agosto 1929, oTe 15.

Giunge notizia che il giorno stesso della sua partenza per l'Italia Venizelos (l) d'accordo con Gonatas av.rebbe fatto annullare gara indetta per concessione telefoni. Sembra che sarà indetta nuova gara ma che effettivamente già fino da ora Venizelos abbia impartito direttive perchè concessione venga accordata ai tedeschi.

D'altra parte ditta Breda informa che conte Sagramoso malgrado efficace appoggio accordatogli da V. S. incontra particolari ed ingiustificabili ostilità per fornitura moschetti.

Per cacciatorpediniere V. S. con telegramma n. 375 (2) ha segnalato nostra situazione malcerta.

V. S. comprenderà come quanto precede dimostri una pratica trascuranza dei nostri interessi da parte del Governo greco nel momento stesso in cui si viene a chiedere il nostro aiuto, che è essenziale più di qualsiasi altro perehè importa oltre tutto un nostro notevole sacrificio, a favore delle riparazioni spl'~ttanti alla Grecia. È evidente che il nostro atteggiamento in questa come in altre questioni del genere che interessano la Grecia non potrà prescindere dall'ac · cennata situazione, qualora essa risulti effettivamente confermata.

(l) -Non si sone trovati documenti sul passaggio per Roma di Venizelos il 31 luglll>. (2) -T. (p.r.) 91481375 del 29 luglio, che non si pubblica.
572

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. PER CORRIERE 1672. Roma, 2 agosto 1929, ore 24.

Telegramma di V. E. n. 393 (1).

Mi sembra non inopportuno che V. E. trovi modo, in quella forma che riterrà migliore, di richiamare ancora una volta l'amichevole attenzione di codesto Governo sugli atteggiamenti sempre meno giustificati e giustificabili del signor Strickland, nei riguardi italiani a Malta.

Nel caso particolare del processo in cui è coinvolto il comm. Mazzo.ne (2) e della violentissima ,campagna fatta dalla stampa stricklandiana dell'isola contro di lui che, quantunque non faccia più parte del R. consolato generale, è pure da tale stampa accusato, a quanto riferisce il conte di Villarey, di atti illeciti • sotto l'egida del R. consolato generale • sembra difficile poter sostenere, come lo è nella risposta data dal luogotenente governatore al R. console, che questa campagna non è diretta contro la colonia italiana, o che per lo meno, non ne leda gli interessi e la dignità.

Inoltre, e quantunque non mi siano giunti ancora in proposito dettagli da parte del R. console generale, rilevo dai telegrammi stampa di codesta ambasciata (v. n. 385 del 17 corrente) che, secondo una corrispondenza al Times, lo Strickland avrebbe dato pubblicità alla corrispondenza ufficiale intercorsa fra il Governo inglese e il R. console generale a Malta, procedimento questo inconsulto e non certo fatto per ristabilire e facilitare quella pacifica esistenza e convivenza della colonia italiana a Malta coll'elemento locale, che è nel suo legittimo desiderio e bisogno.

Noi non intendiamo intervenire in cose interne dell'amministrazione britannica nell'isola, specie quando si tratti di cose locali che, come opportunamente V. E. rileva, sarebbe augurabile si risolvessero localmente, ma l'amicizia leale dei nostri rapporti con codesto paese ci dà buon titolo a richiedere che tutto sia fatto perchè essa non sia comunque ad essere turbata da spiacevoli impressioni e ripercussioni che, anche nel Regno, non possono non avere i deplorati atteggiamenti dello Strickland.

La prego tenermi informato esito suoi passi.

(l) -T. 3159/393 del 19 luglio, che non si pubblica. (2) -Luigi Mazzone. fino al 31 maggio 1929 vice console a Malta, poi agente a Malta della società di navigazione Adria.
573

IL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO, AL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA

TELESPR. 4639. Roma, 2 agosto 1929.

Comunico a codesto R. Ministero l'unito telegramma di S. E. Zoli (1). Come codesto Ministero rileverà dalle notizie in esso contenute, l'azione sovietica nello Yemen diventa sempre più intensa, e gli agenti sovietici hanno conquistato a favore del commercio russo una posizione di notevole importanza. Ciò ritengo opportuno di segnalare anche perchè questa efficace azione dei russi viene svolta con buoni risultati mentre, come ho già fatto presente con telespresso a parte, cessa ogni nostra attività commerciale nello Yemen in seguito alla liquidazione della società !taio-Araba.

574

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA RR. 4732/1706. Bled. 2 agosto 1929

Il giornale Vreme del 30 Luglio u. s. ha pubblicato una corrispondenza da Sofia dal titolo: «La Bulgaria prepara nuovi attentati», di eui invio l'unita copia (1).

La corrispondenza dice in sostanza che Ivan Mihailoff prepara un'azione terroristica in Macedonia per non rimanere indietro ai partigiani di Protogheroff, i quali coll'ultima azione (quella Stip) hanno rinvigorito la loro popolarità. Inoltre Mihailoff è costretto ad agire anche « dai creditori dei comitagi » e per mettere ordine fra i suoi seguaci divenuti indisciplinati. Vi si dice poi che «i protogheristi diffondono la voce che d'ora innanzi saranno aiutati materialmente da Roma e da Sofia perché la loro azione dà maggiori risultati di quella di Mihailoff • .

Tale ultima notizia sembrami particolarmente importante, e la segnalo pertanto alla speciale attenzione dell'E. V.

È mia impressione poi, che, allo stato dei fatti, un'azione terroristica del Comitato Rivoluzionario Macedone nel territorio serbo sarebbe inopportuna oltre che intempestiva. Bisogna tenere presente [che] in seguito agli ultimi avvenimenti da me riassunti col rapporto N. 4701/1697 del 30 Luglio scorso, il conflitto è ormai aperto fra i due Governi, e si presenta di difficile composizione. Difatti, le trattative dirette a cui la Bulgaria, dopo le conversazioni BriandBuroff, ha acconsentito di tornare, non hanno, come ebbi a dire col rapporto sopra citato, che scarsa probabilità di riuscita. I punti di vista dei due governi

permangono troppo contrastanti, la materia di contesa ha una importanza troppo vitale per i due paesi, perché si possa supporre di arrivare ad una composizione. È mia opinione anzi che il conflitto uffidale si aggraverà sempre di più, come lo dimostra il fatto che le uccisioni di Bulgari sulla frontiera continuano, ed i giornali di Belgrado annunciano candidamente che l'ultimo cadavere era privo della testa e degli arti. Sistema prettamente Balcanico di nascondere i connotati di un individuo!!

Ciò posto, una rinnovata attività del Comitato Rivoluzionario Macedone in Serbia fornirebbe un'ottima occasione ai Serbi per dimostrare all'opinione pubblica europea che nel loro territorio continua l'opera terroristica del Comitato, e che quindi sono costretti a difendersi. Così la Bulgaria sarebbe posta in una condizione molto difficile mentre oggi, e ritengo più ancora in futuro, la sua posizione diplomatica va sempre più migliorando di fronte a quella della Jugoslavia.

Ciò non dovrebbe ad ogni modo significare, che il Comitato Rivoluzionario Macedone debba essere disarmato e comunque ridotto a minore efficienza. Esso dovrebbe al contrario conservare tutta la sua bellicosità, ma rimanere per il momento colle armi al piede in attesa degli avvenimenti (1).

(l) Non si pubblica.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL CONSOLE GENERALE A ZURIGO, BIANCHI

T. GAB. (P. R.) 60/67. Roma, 3 agosto 1929, ore 2•1.

Mandarmi un rapporto dettagliato sul congresso sionista e su partecipazione delegati italiani (2).

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. (P. R.) 9460/467. Berlino, 3 agosto 1929, ore 21,50 (per. ore 0,45 del 4).

Questi giornali parlano largamente della adunata social-nazionalista di Norimberga. Naturalmente la deplorano giornali governativi e rilevano che si è già avuto colà una donna uccisa. Nazionalista Tag annunzia che è presente seconda moglie Kaiser, e vi prende parte figlio dell'ex Kaiser. Tra i delegati esteri vi era «segretario di Turati, Santoni ». Reggente consolato Monaco mi ha telefonato chiedendomi autorizzazione recarsi Norimberga a richiesta Santoni, per il quale ha ricevuto commendatizia ministero Affari Esteri. A parte

che non era possibile lasciare vacante sede Monaco, non ho creduto il caso autorizzare Guerrini Maraldi recarsi Norimberga perchè sua presenz·a durante congresso nazional-socialista avrebbe potuto provocare incidente e reazioni. Ho incaricato però reggente consolato Monaco dare d'urgenza istruzioni al nostro corrispondente Norimberga che è un tedesco filo-fascista di mettersi a disposizione Santoni.

(l) -Il doc. fu comunicato il 19 agosto a Sofia, • per opportuna notizia e per quelle osservazioni che V. S. riterrà di fare » (telespr. 241878/313). (2) -La minuta è di pugno di Mussolini. Il rapporto non si è trovato. Ma cfr. n. 606.
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. s. 4412/2528. Parigi, 3 agosto 1929.

Il Signor Briand parte dopodomani per l'Aja. Non sono ancora andato a vederlo dopo il ritorno a Parigi dalle udienze accordatemi da V. E.; ho anzi deciso di non andarci, perchè credo la visita ed il colloquio immaturi.

Al mio ritorno da Roma lessi il 13 mattina a pigione i commenti del Barde e del Pertinax alla nostra risposta del 29 giugno (l); commenti sostanzialmente identici, scritti entrambi, per comune confessione, senza avere cognizione dei termini della nostra risposta, ma solo del riassunto qui fattone personalmente dal Signor De Beaumarchais. I due articoli divulgano impressioni di circoli ufficiali responsabili. Il Signor Barde cammina pel Gabinetto del Signor Briand come in casa propria: il signor Pertinax è anti-Briand e filo-Poincaré, ma ha conoscenze al Quai d'Orsay quanto il Barde.

Ho saputo d'altra parte che il Signor Briand parlando con il Signor Hervé della Victoire gli avrebbe detto: «Hé bien, ça .ne va pas avec vos amis Italiens •·

Il Signor Briand ha avuto affari parlamentari ed ha oggi affari di Conferenza internazionale, di progetto di organizzazione europea che lo attraggono di più delle conversazioni con l'Italia. Prima di vederlo per avere le sue impressioni sulla nostra risposta ho voluto preparare il terreno facendo attirare da terze persone, francesi non responsabili, l'attenzione del Ministro sui punti di partenza delle nostre domande, l'art. 13 del Patto di Londra, la nota del Signor Barrère al Barone Sonnino del 9 settembre 1918 che egli probabilmente, direi anzi sicuramente, non ricorda, perchè non v'è altra possibilità di decente conciliazione tra la Nota Barrère e la proposta francese del 21 dicembre scorso (2) circa la Convenzione per Tunisi.

È avvenuto che nel corso di questi sondaggi e di questi lavori preparatorii ho chiarito che molta responsabilità delle proposte francesi del 21 dicembre incombe al Signor de Beaumarchais, il quale non ha fatto caso alcuno di quanto gli dissi, --e quanto chiaramente -il 23 aprile 1928 (mio telegramma per corriere n. 403 del 23 aprile 1928) (3). Ho pure chiarito che egli ha sempre dato a Parigi una nota ultra ottimistica dei colloqui avuti con V. E. (e questo

(3l Non pubblicato. Ma cfr 'erh• VII. vol. VI, n. 278.

è comprovato dalle impressioni che il Signor Berthelot mi ha di volta in volta date di quei colloqui, di riverbero a quanto riferiva il Signor Beaumarchais), sì che quando è stata conosciuta la risposta Italiana del 29 giugno, la quale concorda in pieno colle mie dichiarazioni del maggio [sic] 1928 al Signor De Beaumarchais, il Quai d'Orsay vi è rimasto assai deluso. L'effetto della delusione è andato parzialmente sul conto del Signor de Beaumarchais e parzialmente a scapito del negoziato !taio-Francese; il risultato è stato un senso di disagio, di disorientamento, e l'impressione della opportunità di una sosta; cose tutte delle quali conveniva di fronte al pubblico far cadere responsabilità e colpa completamente sull'Italia. Ciò che fu fatto coi due articoli del Barde e del Pertinax.

Non mi è dunque parso opportuno provocare ora un colloquio. Non penetrerebbe col Signor Briand, fino alla necessaria profondità. Continuerò invece la mia azione di chiarimento e persuasione nel senso che l'impostazione francese del dicembre 1928 non regge di fronte agli impegni del 1915 e del 1918, mentre le nostre controproposte s'inquadrano onestamente e nell'uno e nell'altro; e nel senso che il chiaro disegno francese di arrivare ad ottenere il nostro consenso alla Francesizzazione degli Italiani viventi in Tunisia è un assurdo che non potrà aver successo, così come non riuscirà ai Francesi di francesizzarli con una legge francese, e tanto meno con una legge tunisina, senza provocare crisi di eccezionale gravità e di probabile insuccesso per la Francia.

(l) -Cfr. n. 515. (2) -Cfr. n. 121.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3379/609-610. Costantinopoli, 5 agosto 1929, ore 1,20 (per. ore 8,45).

Ho trovato Tewfik Russdi non in buone condizioni salute e profondamente amareggiato per condotta Governo Atene. «Avere lavorato per cinque anni per una causa, egli dicevami, avere ottenuto da Governo Angora sacrifici sopra sacrifici per conseguire una soluzione amichevole e constatare che tutto ciò è stato inutile e che sola realtà è la irriconciliabilità dei greci verso i turchi come lo sono verso l'Italia per questioni Dodecanneso è per me molto doloroso». Governo di Angora, aggiungeva, non avrebbe potuto accettare l'arbitrato del presidente Confederazione elvetica quando già la commissione mista è un col· legio arbitrale nominato da Lega Nazioni. Alla nostra domanda a Micalacopulos di ·precisare bene quali ..... (l) erano secondo lui ancora da risolvere, egli Cl ha risposto essere inutile ogni maggiore precisazione ed ha dato ordine a Papas di considerarsi in congedo come questi si recò a dichiarare subito al ministro Esteri. Ciò significa, secondo noi, che ad Atene si è ritenuto inutile e inopportuno continuare le conversazioni. Di guisa che Governo Angora si prepara a far partire in congedo il suo ministro ad Atene, Enis bey, al quale forse sar8 data altra destinazione. Consiglio ministri avantieri si è oecupato della rispos':-t

da dare al Governo greco. Questa è pronta ma non sarà inviata ad Atene che lunedì o martedì; mentre i giornali greci hanno pubblicato la risposta turca per impressionare opinione pubblica europea.

Quanto al contenuto della stessa Tewfik pascià mi ha detto quanto segue: «Noi proponiamo al Governo greco di sottoporre all'arbitrato dei membri neutri della commissione mista: l) di constatare a quale delle due parti turca

o greca è da ascrivere la responsabilità dell'insuccesso delle trattative finora condotte per regolare questioni pendenti. Se Governo greco non accetterà e se quindi il lavoro fatto cadrà nel vuoto Governo turco propone che i trattati in vigore, cioè quelli di Losanna e di Atene siano applicati parallelamente. Resterà da vedere in quale modo o con quale arma questa applicazione avrà luogo».

Tewfik pascià non mi ha fatto parola di misure di rappresaglia.

Esse si stanno preparando, ma è evidente che Governo turco nonostante pressione opinione pubblica e . . . . . (l) dell'interessato cerca . . . . . (l) Inghilterra e Italia mettersi sulla strada delle rappresaglie. Nel corso della conversazione poi senza tradirsi apertamente Tewfik pascià ha lasciato intravedere il suo grande interessamento nel ricevere informazioni sul colloquio tra V. E. e Venizelos. Mi ha pregato di comunicargliele se ne riceverò, perchè tiene, egli dicevami, a mantenere con V. E. quello scambio di notizie di impressioni e di avvisi che si è dimostrato cosi utile per i rapporti tra l'Italia e Turchia per pace nel bacino orientale del Mediterraneo.

Io ho detto non dubitare che V. E. avrà già avuto occasione di avere con Suad bey colloquio dopo la visita Venizelos. Tewfik pascià però mi ha assicurato non aveva avuto finora da Suad bey alcuna informazione sul recente incontro.

(l) Gruppo indeclfrato: punti?

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IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4385/158-159. Sofia, 5 agosto 1929, ore 12,30 (per. ore 17).

Mio telegramma n. 152 (2).

Colloquio Buroff-Nescic è stato breve e generico. Buroff dichiarò a Nescic che Governo bulgaro, animato sempre da buona volontà addivenire pacifica soluzione delle questioni di frontiera e regolamento buoni rapporti fra i due paesi, avrebbe preso in considerazione nota serba chiedente ripresa conversazioni circa due questioni zona e liquidazione beni, riservandosi rispondere no~a stessa fra qualche giorno. Colloquio fu così generico che alcuni giornali dopo accenni fatti da Buroff pubblicarono che Nescic aveva lasciato comprendere che nota serba aveva significato di accettazione protocolli Pirot se Bulgaria avesse accondisceso iniziare conversazioni circa due questioni rimaste in sospeso. Contro tale interpretazione ha pubblicato protesta questa legazione S. C. S., con

senziente ed approvante questo ministero Affari Esteri. Buroff prima di partire per Varna conferirà col re ..... (l) a nota serba relativa amnistia. Dopo avere discusso questione e dimostrato inammissibilità protesta dal punto di vista giuridico, nota bulgara conferma scopo amnistia essere stato pacificazione tranquillizzazione paese e dichiara pieno diritto sovranità della Bulgaria emettere leggi e prendere provvedimenti che non contrastino coi suoi impegni internazionali; nota bulgara conclude esprimendo meraviglia per presentazione nota serba assolutamente ingiustificata e tale da rendere più difficile stabilimento buoni rapporti tra i due paesi. Buroff inoltre ricevendo giornalisti esteri, dopo aver ripetuto solito argomento sforzi compiuti da Bulgaria e prove buon volere da essa replicatamente date per giungere pacifica intesa con Jugoslavia ha dichiarato testualmente: «Mi dorrebbe che Governo bulgaro a causa di difficoltà che potessero sorgere, contro la sua buona volontà, da parte jugoslava, fosse costretto a cercare altre vie e altri mezzi per arrivare ad un miglioramento della situazione alla frontiera bulgaro-serba e in genere dei rapporti con la Jugoslavia». Tale accenno ad eventuale ricorso a Ginevra Buroff lo ha ripetuto in intervista concessa corrispondente Giornale d'Italia che è importante per suo stesso contenuto nonchè perchè espone in anticipo a giornalisti italiani idee e propositi che dovranno formare oggetto della nota bulgara che verrà rimessa a N escic al ritorno di Buroff da Varna.

Nel complesso situazione serbo-bulgara, se apparentemente più calma in attesa nuove conversazioni, permane immutata e seria perchè mentre sembra oramai certo che Bulgaria insisterà per pronta accettazione da parte serba protocolli Pirot indipendentemente da svolgimento conversazioni su due questioni sospese, altrettanto certo appare che Serbia non procederà ratifica protocolli stessi se non dopo che conversazioni avranno portato a risultato desiderato da Belgrado cioè approvazione da parte Bulgaria delle due altre clausole concernenti zona e liquidazione beni. Quanto a queste clausole, Bulgaria sembra invece decisa a non accettarle quali sono state proposte da Belgrado, onde pienamente giustificato appare pessimismo espressomi da Buroff e ripetuto al corrispondente àel Giornale d'Italia circa inutilità conversazioni con Belgrado su tale argomento, mentre sempre più attendibile risulta previsione di Buroff (condivisa dal Consiglio dei ministri) che «dopo scambio di qualche nota con Nescic » Bulgaria sarà costretta ricorrere a Ginevra con speciale diretto appello a Roma ed a Parigi. Attitudine di Buroff in questo delicato momento politico è qui per ora giudicata soddisfacente. Essa può essere spiegata oltre che col proprio intimo convincimento della inaccettabilità delle pretese di Belgrado perchè dannose alla Bulgaria e con la sua responsabilità di ministro Affari Esteri, anche con evidente impressione da lui riportata da Parigi che Francia non possa e non voglia esercitare sua influenza su Belgrado nonchè con sensazione da lui avuta rientrando Sofia che ambienti politici e opinione pubblica in generale lo seguono e lo sorvegliano con severa attenzione in questo momento in cui forse più che ogni altra volta in passato si è qui da tut.ti sen~ito non trattarsi di una semplice

questione di diritto o di regolamento di interessi bensì essere in giuoco dignità nazionale della Bulgaria con pericolose durature conseguenze avvenire in caso di debolezze o di viltà. Alla formazione di questo generale stato d'animo notevolmente contribuito convinzione che Bulgaria, forte del suo buon diritto e delle costanti prove di lealtà moderazione e di spirito adattabilità date di fronte alle vessazioni e alle minacce della Serbia, può oggi contare su appoggio di Roma e di Londra contro cui le menzogne e gli intrighi di Belgrado non potranno prevalere ad onta dell'interessata astensione del Quai d'Orsay.

(l) -Gruppi indecifrati. (2) -T. 3335/152, del 31 luglio, che non si pubblica. (l) -Gruppo indecifrato. (2) -Cfr. H Giornale d'Italia del 4 agosto 1929 sotto il titolo « Buroff parla al "Giornale d'Italia, dell'!tcuito attrito bulgaro-jugoslavo».
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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GEISSER CELESIA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. (P. R.) PER CORRIERE 9751/48. Vienna, 5 agosto 1929 (per. il 9).

Telegramma per corriere di V. E. n. 8901 del 26 luglio scorso (1).

Ho rinnovato a Peter vive proteste per l'incidente avvenuto al ministro Macario dicendogli che se pur il capo di gabinetto del cancelliere aveva pel primo comunicato al R. ministro la notizia ed espresso il suo rincrescimento, ciò non bastava. Il rincrescimento doveva essere manifestato dal cancelliere e da questi dovevano venir presi provvedimenti adeguati per impedire il rinnovarsi di simili deplorevoli incidenti, contrarii ad ogni norma di correttezza internazionale.

Peter mi rinnovò l'espressione del suo dispiacere per quanto era avvenuto e mi pregò di esprimere a V. E., per l'accaduto, il rammarico ufficiale e personale del cancelliere, attualmente assente da Vienna. Mi mostrò inoltre il testo di una comunicazione inviata, sin dal giorno successivo all'incidente, al governo tirolese e redatta in termini assai energici per deplorare il contegno del funzionario colpevole, « reprimandieren » quest'ultimo e dare disposizioni per evitare in avvenire incidenti del genere.

Ho preso atto ed assicurato che avrei riferito a V. E.

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IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. s. 1543/700. Durazzo, 5 agosto 1929.

Trasmetto a V. E. copia di un rapporto e di una relazione che il R. Addetto Militare dirige, in data 19 Luglio, sotto il N. 2593 al R. Ministero della Guerra circa l'attività inglese in Albania (2).

Da oltre due anni vado costantemente illustrando al Generale Pariani il continuo affievolirsi, in questo paese, dell'attività britannica la quale, come si

(2l Non si pubblica.

stematica opera di penetrazione guidata e voluta dal Governo, può dirsi completamente cessata. Ad una simile conclusione giunse anche il Ministro Lojacono nella sua visita in Albania nel Novembre 1928: in una relazione a V. E. egli ebbe a scrivere, se bene rammento, che l'azione inglese in Albania poteva dirsi «inesistente» (1).

Eguale impressione ha riportato, credo, anche S. E. Grandi nel viaggio dell'Aprile scorso. In un primo momento S. E. rimase forse non favorevolmente colpito dalla presenza in Albania degli ufficiali britannici organizzatori della gendarmeria; ma dopo averne conosciuto il Comandante, Generale Percy, il Sottosegretario di Stato ebbe a dirmi che simile gente non era certamente destinata a rafforzare il prestigio e l'influenza dell'Inghilterra in questo Paese.

Io ho la grande ventura di godere la simpatia, anzi l'affetto del Generale Pariani, ma non ho quelia di essere da lui creduto. L'accluso rapporto su una pretesa azione britannica in Albania ne è una prova. Sono quindi costretto a scrivere queste note per correggere le errate induzioni che il rapporto Pariani può provocare. Ma sarò breve, e possibilmente schematico.

l) Non è vero che esista uno «sistematica opposizione inglese, tuttora in atto, contro lo sviluppo della nostra azione in Albania».

L'Inghilterra ha accettato, uno dopo l'altro, tutti i fatti compiuti della nostra attività politica su questa sponda. Il Foreign Office avrebbe certamente preferito che V. E. non avesse inferto tanti colpi a ripetizione, ma si è rassegnato, volta per volta, a ciascuno di essi, e in talune circostanze persino con una certa buona grazia. Posso testimoniare, per esperienza personale, che da venti mesi almeno il Ministro di Sua Maestà Britannica, non si è messo al traverso dell'azione diplomatica che qui svolge la R. Rappresentanza d'Italia.

2) Non c'è dubbio che i sudditi inglesi presenti in Albania e la stessa Legazione britannica, guardano con preoccupazione allo sviluppo che stiamo dando all'esercito albanese. Dove ci fermeremo? È soltanto un'opera di organizzazione interna che noi perseguiamo, ovvero stiamo qui gettando una colossale testa di ponte per tentare un giorno un'impresa, un'avventura balcanica?

Si tratta di preoccupazioni perfettamente comprensibili, data la mentalità inglese, e il suo noto amore del quieto vivere. Ma nessun intervento nelle cose interne albanesi, nessuna critica e nessuna pressione l'attuale Ministro Inglese, Sir Robert Hodgson, ha finora tentato presso il Sovrano.

La relazione attribuisce agli elementi inglesi una continua opera denigratrice dell'organizzazione dell'esercito. È inesatto. Gli stessi episodi citati nella relazione non dimostrano affatto l'esistenza di una simile opera. Devo anzi, ad onor del vero, affermare che tutte le personalità inglesi con le quali sono in rapporto, pur non celando le loro preoccupazioni, hanno però sempre parlato con sincera ammirazione dei risultati, del resto innegabili e visibilissimi, dell'opera dei nostri organizzatori.

3) La relazione accenna ad una pretesa «azione» contro l'organizzazione della gioventù albanese.

Mai esistita! I nostri organizzatori délla gioventù albanese, prendendo ombra della istituzione, anteriore alla loro venuta in Albania, di un piccolo corpo di Boy Scouts (un centinaio in tutto) hanno rischiato, con molteplici errori di tattica, di creare una specie di emulazione inglese. Nonostante tali errori, lo « scoutismo » albanese marcia verso sicura fine. Ne ha convenuto con me il Generale Pariani proprio due giorni or sono. 4) La relazione accenna ad un'opera dl affermazione degli interessi inglesi in Albania che avrebbero avuto in quest'ultimi tempi concrete affermazioni. Vediamole. -Un gruppo di disonesti affaristi turchi, inglesi e ebreo-tedeschi ha tentato, con la complicità dell'ex Ministro Eyres, di carpire al pubblico britannico una grossa somma per la fondazione di una fabbrica di birra a Scutari, e per ottenere forse qualche altra concessione in Albania. Ma il pubblico non ha abboccato. Si sta lavorando, è vero, alla costruzione dei muri della fabbrica; ma su questo losco affare non è ancor detta l'ultima parola. Il Generale Pariani mette in bocca al R. Addetto Militare a Londra l'affermazione che il Signor Eyres « sarebbe la persona che muove i fili della politica inglese in Albania ». Li ha certamente mossi dal 1920 al 1925. Ma di lui ecco quanto mi ha detto, due settimane fa, l'Incaricato d'Affari inglese a proposito della fabbrica di birra: « O Eyres si è completamente rimbecillito, o è un ladrone: io propendo per questa seconda ipotesi». Il Ministro d'Inghilterra, a sua volta, mi ha parlato del suo predecessore con parole di profondo disgusto. Ma per i nostri militari Eyres è sempre «l'uomo che muove i fili »! -Studio sistematico del sottosuolo albanese. Due geologi dell'Anglo Persian, al pari di quelli delle Ferrovie dello Stato, studiano le anticlinali petrolifere dell'Albania. E questo è tutto. -Viaggio in Albania di Rosita Forbes. Si tratta della nota scrittrice e cinematografaia venuta in Albania a ritrarre alcuni films a colori. Anche questo dispiace all'autore della relazione il quale dimentica che fino a poche settimane fa percorreva l'Albania un Colonnello Italiano a riposo, che, per incarico di un « magazine » americano, ritraeva pure lui scene di colore. Non si trattava per avventura di una penetrazione americana sotto «travestì» italiano? La relazione, accusando il Generale Percy di esercitare con l'aiuto dei suoi ufficiali un « controllo su tutta la vita albanese », dice, senza volerlo, la cosa più umoristica che si possa immaginare. Il povero Percy, desautorato, non ascoltato da nessuno, all'oscuro di tutto, messo in ridicolo da tutti, non eccettuati i suoi connazionali, fa qui una pietosa figura. Ogni due mesi si decide a presentare le proprie dimissioni, che poi ritira, ed ogni volta il suo prestigio, e quello della organizzazione inglese, discendono di un gradino. V. E. non ha che leggere il rapporto che il Generale Pariani dirige con questo corriere al Ministero della Guerra (mio foglio N. 672 del 4 Agosto 1929) per apprendere che anche oggi

il Generale Percy è dimissionario perchè il Re non vuole dargli causa vinta in un conflitto con un maggiore albanese della gendarmeria.

La relazione attribuisce all'azione inglese la «volontà di avere in Albania un predominio assoluto». Siamo dinanzi a uno strano caso di cecità, per chiusura volontaria degli occhi! Riesce difatti palese a tutti che l'Inghilterra, da quasi due anni a questa parte, non fa che estraniarsi ogni giorno di più dalla politica di questo paese. Il fenomeno è stato attentamente seguito da Zog. Nel corso del 1927, quando egli rilevò i primi sintomi di tale allontanamento, ne soffrì non poco, sentendosi mancare un punto di appoggio sul quale contava, anche per fronteggiare l'invadenza Italiana. Ebbi occasione di riferirlo a V. E. per telegramma. Ma nel corso del 1928 il Re èi andato rassegnandosi, ed oggi parla dell'Inghilterra, come S. E. Grandi ricorderà, con non celata antipatia!

V. E. potrebbe osservare che la famiglia Carnarvon e i Boy Scouts, l'Anglo Persian e i suoi ingegneri, il Generale Percy e i suoi ufficiali, Rosita Forbes ed il Colonnello Stirling, sono comunque ingombranti. Anzitutto prego V. E. di ricordare che questa gente si occupava dell'Albania da molto prima che si iniziasse la nostra penetrazione. Ad ogni buon conto Lady Carnarvon e i suoi due figli sono morti! I Boy Scouts, che sono cento, a mano a mano che vanno consumando le loro uniformi si inscrivono nelle file degli avanguardisti da noi organizzati, che sono diecimila; il Generale Percy e i suoi ufficiali sarebbero da tempo rimpatriati se l'incomprensione dei nostri organizzatori militari, come ebbi a riferire con speciale rapporto, non avesse involontariamente contribuito a confermare il loro mandato; Rosita Forbes è partita per il centro dell'Africa; il Colonnello Stirling, come V. E. ricorda, ci ha reso grandi servigi in un momento assai grave per noi (1), ed altri ce ne poteva rendere se l'ufficio informazioni che abbiamo in Albania non lo avesse sdegnato; ma è comunque inoffensivo e gli albanesi lo hanno preso in uggia; l'Anglo Persian si è ritirata dalla scena politica, e non si occupa che delle sue ricerche nelle quali, è bene ricordarlo, siamo cointeressati. È certo che se il petrolio sgorgasse abbondante dal sottosuolo, la sollecitudine dell'Inghilterra per l'Albania avrebbe una ripresa. Ma oggi l'interesse britannico per questo paese può essere descritto come l'incerto ondeggiare di una fiammella che sta per spegnersi.

Nel frattempo in tutti i campi, politico, militare, culturale, economico, commerciale, marinaro, dei Lavori Pubblici, agricolo, si afferma incontrastata e assoluta la nostra prevalenza, riconosciuta da tutti, a cominciare dai più increduli: dagli albanesi!

II Generale Pariani rendendosi finalmente conto della necessità da me venti volte illustratagli che i nostri organizzatori non mostrino ai colleghi britannici il viso delle armi e non aumentino la reciproca incomprensione, madre legittima del pettegolezzo, scrive di proprio pugno in calce al suo rapporto quanto segue: « In ogni modo ho dato ordine agli organizzatori da me dipendenti di usare un tratto molto cordiale con gli organizzatori inglesi». Era tempo!

40 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

Concludo:

L'Inghilterra, sotto il Governo conservatore è andata assumendo in Albania

un atteggiamento «di osservazione».

Sono quasi due anni che essa, qui nel paese, non ci attraversa il cammino. Anzi gli organi responsabili inglesi ammettono lealmente che l'attuale tranquillità, e la spinta al sollevamento economico dell'Albania, sono dovuti esclusivamente alla nostra politica. I detti organi, però, non capiscono bene dove noi vogliamo arrivare e quindi, circa l'avvenire, non celano qualche preoccupazione. Il nuovo Gabinetto laburista, fino a questo momento almeno, non sembra avere cambiato indirizzo.

Mi stupisce che il R. Addetto Militare, il quale ha con me diuturni contatti, si ostini a dar corpo alle ombre e vada orientando il Ministero della Guerra e lo Stato Maggiore dell'Esercito in una guisa che è assolutamente errata. Era mio dovere illustrare, fotografare quello che, fino ad oggi, è il vero aspetto delle cose.

(l) Cfr. n. 565.

(l) Cfr. n. 81, che però non porta l'aggettivo citato da Sola.

(l) Cfr. P. PASTORELLI, Italia e Albania 1924-1927, cit., pp. 396-397.

582

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 3415/391. Atene, 6 agosto 1929, ore 21 (per. ore 23,25).

Giusta quanto esponevo col mio precedente telegramma 385 (1), ed opportunamente sviluppando tutte le considerazioni di cui al telegramma direttomi da

V. E. il 2 corrente col n. 9252/243 (2), ho ieri nuovamente fatto particolareggiatamente rilevare a questo ministro degli Affari Esteri come debba sussistere inevitabile connessione tra il conto in cui verranno praticamente tenuti i nostri legittimi interessi di penetrazione industriale in Grecia e l'atteggiamento dell'Italia per quanto concerne l'invocato appoggio alla tesi ellenica nella questione delle riparazioni germaniche nonchè in altre questioni che potranno interessare in avvenire questo paese. Il signor Michalacopoulos il quale mi ha ascoltato con la maggiore attenzione, dopo avere rinnovato espressioni di viva riconoscenza per l'accoglienza fatta al signor Venizelos nella sua recente visita a Roma, mi ha dichiarato:

l) Il Governo ellenico desidera fermamente perseverare nelle relazioni di migliore cordialità e simpatia con l'Italia e si augura vivamente che gli riesca possibile di dimostrarlo praticamente anche con un maggior sviluppo nel campo industriale ed economico, oltre che in quello politico.

2) Quantunque la concorrenza germanica abbia fatto formali riserve e perentorie minacce di intentare regolare processo al Governo greco nonchè di ricorrere al giudizio del tribunale dell'Aja circa validità della precedente c:~ncessione telefonica, non (ripeto non) è stata ancora presa nessuna decisione in proposito e si sta tuttora studiando accuratamente se si possa evitare di trattare con quella sola ditta, indicendo una nuova gara.

3) Per l'affare Breda si prende nota delle nostre rimostranze e di tutti i dettagli forniti ed una accurata inchiesta verrà fatta con l'interessamento personale dello stesso Michalacopoulos (nella sua qualità di vice presidente del Consiglio) e con l'assistenza del consigliere delegato della società, in merito alla fondatezza dei noti appunti mossi alla qualità dei cavi sottomarini consigliati da quest'ultima. Circa la trattativa in corso per la nuova fornitura moschetti

(per la quale ho tra l'altro segnalato la difficoltà della sensibile differenza di prezzo in danno della Breda) Michalacopoulos assicura che nessuna decisione verrà presa senza che sia stata noUficata alla presidenza del Consiglio.

4) Per la fornitura dei cacciatorpediniere Michalacopoulos conferma le esplicite dichiarazioni fattemi da Venizelos prima della sua partenza (da confrontare mio telegramma 375) (1), e mentre riafferma la generale simpatia e considerazione per le costruzioni navali italiane della cui bontà la Grecia ha avuto già prove palpabili con l'Averoff, rinnova del pari la dichiarazione che si tratta per ora d'un rinvio puro e semplice della decisione del tutto indipendente dalla scelta dell'eventuale fornitura, non avendo il presidente avuto materialmente tempo e modo di esaminare la questione prima del proprio viaggio, d'accordo col Consiglio dei ministri.

5) Michalacopoulos mi ha infine spontaneamente dichiarato che di tutto ciò che precede avrebbe subito messo.... (2) con l'accennato spirito, al quale ha voluto certamente dare il modo di dis~Correrne con S. E. Grandi all'Aja.

6) Ha concluso formulando il caldo augurio che nonostante le notizie importate dalla stampa internazionale circa fermo intendimento italiano e francese di sostenere l'assoluta intangibilità del piano Young, sia possibile nelle conversazioni dell'Aja mercè la così autorevole influenza dell'E. V., far ricercare dagli esperti una formula che, pur salvaguardando inalterati i diritti delle grandi potenze interessate sulle basi della così giusta interdipendenza tra debiti e riparazioni, possa valere a tutelare anche gli interessi greci unicamente nei limiti dello stesso principio. (Fine delle dichiarazioni di Michalacopoulos).

Ho comunicato il presente telegramma all'Aja col medesimo numero di

protocollo, per conoscenza S. E. Grandi.

(l) -Non rinvenuto. (2) -Cfr. n. 571.
583

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO

TELESPR. 239522/476. Roma, 6 agosto 1929.

Nota V. E. n. 4388 del 26 luglio u. s.

Ringrazio V. E. per la comunicazione fattami con la nota suindicata del telegramma di S. E. Zoli relativo al trattamento sempre usato dall'Imam ai nostri agenti nello Yemen, che finora hanno reso a lui segnalati servizi.

Mi rendo conto di quanto ha fatto presente il Governatore dell'Eritrea e

come egli, per quanto sorpreso fin dall'inizio del suo arrivo in colonia di uno

stato di fatto così poco conforme alla nostra dignità di grande potenza europea, non potesse modificarlo senza urtare in una irremovibile resistenza da parte dell'Imam; ciò che però è~ da deplorare è che le condizioni messe dall'Imam all'autorizzazione dello stabilimento di nostri agenti nello Yemen non siano state a suo tempo comunicate, nè a codesto, nè a questo Ministero, che soltanto accidentalmente, e dopo tanto tempo, sono venuti a conoscenza di tale stato di fatto contrario certamente al nostro prestigio in un paese ove avremmo dovuto tempestivamente far valere i non pochi servigi resi.

Il ritenere che con una opera umile e sottomessa e rendendo continui servigi, senza richiedere immediate contropartite si possa riuscire ad una seria e proficua penetrazione, significa non conoscere la mentalità delle popolazioni arabe: e non vi è dubbio che il disagio che continuamente si nota nelle nostre relazioni con l'Imam sia appunto dovuto al fatto di non aver, pur di mostrare di riuscire, mantenuta una linea di maggiore dignità e di non aver affermata efficacemente la nostra posizione di grande potenza.

Certamente l'opera sarebbe stata fin da principio più difficoltosa ma i risultati sarebbero stati di ben altra natura di quelli che finora si sono ottenuti.

Giustamente S. E. Zoli osserva che sarebbe inopportuno ora voler cambiare di colpo tale stato di fatto accettato ed aggravatosi all'insaputa del R. Governo e bisognerà quindi lentamente e con tatto cercare di correggere la situazione attuale. Pertanto ritengo che sia sufficiente ai nostri fini la presenza di nostri agenti sanitari nelle tre località di Sanaa, Hodeida e Taiz e non sia quindi indicato, anche a risparmio di nostre spese, nessun altro medico nello Yemen, che sarebbe utile soltanto all'Imam.

La preoccupazione del Governatore dell'Eritrea che l'Imam Jahia possa rivolgersi, come già del resto ha fatto col medico mussulmano Bagagian, ai russi non sembra debba impressionarci: i russi svolgono nella Penisola Arabica una azione antibritannica che non può avere che scopi e risultati temporanei e tali che alla fine potrebbe anche essere vantaggiosa alla nostra azione politica.

(l) -T. (p. r.) 9148/375 del 29 luglio, che non si pubblica. (2) -Gruppi indecifrati: al corrente Venizelos?
584

IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO

TELESPR. 239518/472. Roma, 6 agosto 1929.

Nota V. E. n. 4670 del 29 luglio u. s. (1).

Questo Ministero ringrazia l'E. V. per la cortese comunicazione, fatta con la nota suindicata, del telegramma con cui S. E. Zoli annunzia l'arrivo a Gedda del piroscafo tedesco « Falkenfels » con a bordo un agente tedesco, che ha negoziato il riconoscimento di Ibn Saud ed un importante carico di armi destinato al Neged.

Non si comprende, però, a quali possibilità perdute per noi accenni con tanto rammarico S. E. il Governatore dell'Eritrea, riferendosi a tale avvenimento, poichè i nostri rapporti commerciali con l'Hedjaz si svolgono normalmente, nè finora i nostri funzionari a Gedda hanno incontrato difficoltà per l'esplicazione del loro mandato da parte dell'autorità Wahabita.

Circa, poi, il ritardo nel riconoscimento Ibn Saud da parte nostra esso è stato causato dalla non accettazione da parte del Re dei Wahabiti delle nostre riserve sull'Assir e, recentemente, da ragioni di famiglia che hanno impedito al titolare del R. Consolato in Gedda, Comm. Sollazzo -al quale è bene che sia riservata una tale formalità, che, come titolare del Consolato potrà opportunamente sfruttare a vantaggio della nostra penetrazione economica in quel Paese ~ di raggiungere il suo posto.

Il Comm. Sollazzo del resto ha avuto di recente istruzioni di raggiungere

al più presto la sua sede.

(l) Cfr. n. 567.

585

APPUNTO DEL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, PER IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

Roma, 6 agosto 19.29.

L'Ufficio ha l'onore di attirare l'attenzione di V. E. sull'accluso telegramma del R. Ambasciatore a Costantinopoli (1). In realtà il Signor Tewfik Ruschdi Bey cerca di accattivarsi le simpatie se non l'appoggio italiano nella vertenza greco-turca, vertenza nella quale vi sono torti da ambedue le parti, ma maggiori da parte della Turchia.

Il Signor Tewfik Ruschdi Bey ha confessato egli stesso al nostro Ambasciatore, come risulta da precedenti telegrammi, che egli aveva l'intenzione di ritardare la conclusione dell'accordo con la Grecia sotto lo specioso pretesto di non stipularlo a breve distanza dall'accordo turco-francese. La decisione del Governo turco di fare eseguire in Tracia le manovre militari era destinata anche a forzare la mano alla Grecia ed impressionare l'opinione pubblica.

Stando così le cose, sembra che a noi non convenga nel momento attuale di intervenire più di quanto fin'ora abbiamo fatto nella vertenza greco-turca poichè essa non si mette per ora, sulla via di una facile soluzione, nè appaiono probabilità di conclusione prossima dell'accordo politico greco-turco, auspicato da V. E. e che è la sola cosa che veramente ci possa interessare.

L'Ufficio rimane quindi in attesa degli ordini di V. E. per quelle eventuali comunicazioni che Ella credesse di fare al Ministro Turco circa le conversazioni avute con il Signor Venizelos, nel caso che in tali conversazioni si fosse toccato l'argomento della situazione politica attuale fra la Grecia e la Turchia (2).

(l) -Cfr. n. 578. (2) -Annotazione marginale di pugno di Guariglia: « S. E. il Capo del Governo conferirà personalmente con Suad bey. 7-8-29 ».
586

IL DIRETTORE GENERALE DELLA PUBBLICA SICUREZZA, BOCCHINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

N. 500/14284 RR. Roma, 6 agosto 1929.

Per opportuna notizia di codesto On. Ministero si ha il pregio di trasmettere copia di un progetto preliminare di convenzione tra la Concentrazione antifascista ed i rappresentanti degli allogeni Alto Atesini fuorusciti, pervenuta in via fiduciaria da Vienna.

Si unisce anche copia di relazione fiduciaria di un colloquio tra il Capo della Polizia Politica Austriaca, Consigliere di Stato Hofrat, e il Padre Innerkofler (1).

Ove codesto On. Ministero ritenesse di dover partecipare gli atti suddetti al R. Ministro a Vienna, si prega di esaminare l'opportunità che degli stessi non sia data sino a nuovo avviso alcuna comunicazione al Governo Austriaco, allo scopo di non scoprire il fiduciario, che risulta essere già sospettato e che ha promesso di far pervenire ulteriori notizie sulle discussioni che sono in corso fra i rappresentanti della Concentrazione e Padre Innerkofler, a nome del Comitato Sud Tirolese.

In ogni modo, per norma, si gradirà preavviso delle decisioni di codesto On. Ministero, come si prega anche di informare se il R. Ministro ha già fatto qualche passo in proposito presso l'Autorità Austriaca (2).

ALLEGATO.

PROGETTO PRELIMINARE (3)

Prefazione

I rappresentanti degli emigrati Sud Tirolesi salutano, in primo luogo nei rappresentanti della Concentrazione Antifascista quegli uomini dai quali essi si attendono la realizzazione delle loro richieste e la libertà politica e culturale dei loro fratelli nel Sud Tirolo. Gli emigrati Sud Tirolesi si obbligano, in unione alla Concentrazione Antifascista, di proseguire la lotta contro il fascismo perchè essi vedono solamente ed unicamente in esso, Fascismo, la oppressione dei loro concittadini.

Le richieste degli emigrati Sud Tirolesi si ergono sui principi della Libertà, uguaglianza e democrazia, delle quali essi riconoscono dei valorosi campioni nella Concentrazione Antifascista ( 4).

Finora Auriti non è stato incaricato di alcun passo in proposito».

La lettera fu restituita da Mameli con la seguente annotazione: • S. E. il Capo del Governo dispone che non si faccia per ora nulla e che sia mantenuto il massimo riserbo sulla questione».

Siccome però l'Italia finora non ebbe mai, nell'interno dei suoi confini, sotto la sua supremazia, un popolo straniero, così i Sud Tirolesi emigrati, di cui i più importanti rappresentanti furono attivi nel Parlamento Austriaco e che perciò possiedono una esperienza nel trattare i problemi nazionali (giacchè questi problemi rappresentavano nell'ex parlamento austriaco il punto principale del problema di lavoro) ritengono necessario di esporre ai rappresentanti della Concentrazione Antifascista le loro richieste. Allo spirito conciliativo di adesione per l'ottenimento di queste richieste, i rappresentanti degli emigrati Sud Tirolesi porgono le basi sulle quali essi si legherebbero con la Concentrazione Antifascista nella lotta contro il Fascismo in Italia.

La base, sulla esperienza acquisita nel trattamento dei problemi di Nazionalità, è costituita, per queste richieste, da quella fondamentale della libertà spirituale e culturale che può pretendere un popolo di altra razza che si trova nell'interno delle frontiere di un'altra potenza, parlante altra lingua.

L'Austria Ungheria aveva assicurato alle popolazioni parlanti la lingua Italiana del Trentino, la possibilità di sviluppo culturale, rendendosene garante. A cominciare dalle scuole popolari Italiane, scuole medie, istituti per la formazione degli insegnanti, fino alle più alte sfere delle autorità della Nazione e dello Stato, il popolo Italiano aveva il diritto di esser istruito e èli trattare nella sua madre lingua italiana. Il Dr. Conci, rappresentante della superiore autorità dello Stato, Vice Capitano Governativo del Tirolo, era un Trentino. Sia questi che l'Imperiale Regio Capitano distrettuale portavano, nelle parti del territorio del regno parlante la lingua italiana, il loro titolo in Italiano. Persino i passaporti Militari degli individui parlanti la lingua italiana, ma appartenenti all'Imperiale Regio esercito Austro Ungarico, erano stampati e riempiti in lingua italiana. Potevasi in uno stato imperialistico essere concessa una libertà culturale più vasta?

L'Italia ha solennemente assicurato questi diritti alle popolazioni del Sud Tirolo parlanti la lingua tedesca. Il tenente Generale Pecori Giraldi, comandante della prima armata Italiana, nel suo proclama del 18 novembre 1918, fece solenni e impegnative dichiarazioni concernenti l'ulteriore sviluppo culturale e linguistico delle popolazioni (Appendice n. l della • Mantelnote •) (l).

Il Presidente del Senato Italiano e presidente della delegazione Italiana per la pace, S. E. Tittoni nel suo discorso alla Camera del 27 settembre 1919, confermò e ampliò queste dichiarazioni (Appendice n. 2 della « Mantelnote •).

Il Presidente dei Ministri Italiano, Nitti, chiaramente promise ai rappresentanti dei Sud Tirolesi il compimento dei loro programmi di autonomia e dette la sua adesione nella elaborazione dei programmi stessi, prendendo per base le risoluzioni dei deputati Sud Tirolesi.

(Appendice n. 3 della • Mantelnote • e pagina 41 del libro del Dr. Reut Nicolussi dal titolo « Tirolo sotto scure •) (2). Sulla base di queste dichiarazioni di importanti uomini di Stato Italiani e sulla base delle risoluzioni del congresso della LIDU del 6 giugno 1929 (Appendice

n. 4 della « Mantelnote •) i rappresentanti degli emigrati sud tirolesi si sono decisi di rivolgersi, colle loro richieste, ai rappresentanti della Concentrazione Antifascista, onde fissare le richieste stesse in un concordato che deve formare le basi della lotta che deve essere condotta insieme contro l'egemonia fascista in Italia.

Le posizioni autonome menzionate nel trattato, come i capitani di provincia (Landeshauptmann), i deputati della Dieta, e altri, trovano la loro spiegazione nella appendice della presente nota di • Mantelnote •, circa la concezione autonoma e l'autonomia della amministrazione.

Trattato

Concluso il . . . . . . . . . . . . . . in . . . . . . . . . . . . fra i rappresentanti dell'egemonia Sud Tirolese, da una parte, e i rappresentanti della Concentrazione Antifascista dall'altra, concernente il futuro regolamento dei rapporti in Sud Tirolo.

La Concentrazione Antifascista si obbliga, nel caso che riesca alla formazione di un governo democratico in Italia, di regolare i problemi sud tirolesi nei seguenti punti di vista.

l. -Nei rapporti politici.

l) Ai cittadini italiani di Nazionalità tedesca, domiciliati nel Sud Tirolo Te<lesco, vengono riconosciuti tutti gli uguali diritti come a tutti gli altri cittadini italiani. La appartenenza alla Nazionalità tedesca non deve, comunque, far risultare nessuno svantaggio legale a nessun cittadino.

2) La futura reggenza democratica d'llalia riconoscerà la frontiera etnografica del Sud Tirolo tedesco e riunirà la parte del Tirolo Tedesco in una propria provincia. Quale confine etnografico, viene considerato il confine di lingua, il quale comincia dalla parte Sud del Massiccio dell'Ortles passando sopra alla Zufallspitze verso oriente e presso la comunità Laurein e le borgate • Unsere Liebe Frau» in Walde St. Felix e Proveis incluso tocca la valle di Non. Nell'alta dima [sic] del Massicio del Mendel, sopra il Monte Roen, e nel suo seguente contrafforte verso Sud esso raggiunge, presso la Talegge e la località Salurn, il suo punto meridionale. Da Salurn, il confine di lingua verso Nord Est segue il massiccio del Latemar, taglia il Karerpass e scorre oltre al bordo Est del massiccio del Rosengarten, girando attorno al pendio Est del Langofels, il Sella-Joch e proseguendo lungo il Pordoi-Joch fino a Arabba. Da Arabba, il confine di lingua si volta verso Nord sopra il passo di Campolongo e presso Corvara va nuovamente verso l'Est, indi devia e scorre attraverso il Travenanzestal, attraverso il Passo di Pautelstein, lungo il Kammes del Monte Cristallo, poi sulla vecchia Reichsgrenze seguendo sopra il Kreuzberg. A nord del Kreuzberg, al Helmsattel esso raggiunge la Reichsgrenze fra Austria e Italia, come fu stabilita prima del trattato di San Germano.

La inclusione delle comunità ladine di Grodner e Ennebergtales avviene dietro chiaro e deciso desiderio delle comunità stesse, mediante la manifestazione del dicembre 1920.

3) Alla provincia del Sud Tirolo parlante lingua tedesca con capitale la città di Bolzano, verrà concessa l'autonomia dell'amministrazione interna. La autonomia è contemplata dalla determinazione prevista nell'appendice.

4) La popolazione parlante la lingua tedesca rimane libera dal servizio militare in Italia, e l'Italia tiene nel territorio della Provincia di Bolzano solo tante truppe quante lo consente la quota resa dalla popolazione Sud Tirolese in relazione a coloro della popolazione stessa che hanno l'obbligo del servizio militare.

5) Le relazioni nei riguardi finanziarii e politici verranno regolate come nelle altre provincie d'Italia.

6) I Tribunali di prima istanza, trattano nella provincia del Sud Tirolo con libertà di lingua. I Tribunali di seconda istanza trattano in due lingue. Per la Corte d'appello, di terza istanza, officierà un senato tedesco.

2. -I rapporti culturali.

l) Il regolamento dell'istruzione pubblica incombe all'amministrazione autonoma tedesca della provincia, con campo d'azione indipendente. 2) Al Ministero dell'Istruzione verrà istituita una propria sezione per le scuole Sud Tirolesi. 3) Sulla frequenza delle scuole nazionali pubbliche decidono genitori.

4) L'insegnamento della lingua Italiana e tedesca è obbligatorio in tutte le scuole del Sud Tirolo tedesco.

5) Nelle città verranno nuovamente erette scuole medie, scuole normali, e scuole complementari industriali con lingua d'insegnamento tedesca e a completo giudizio delle Diete.

6) Dello studio pei Sud Tirolesi all'estero, specialmente per quanto riguarda le scuole superiori estere, non verrà posta nessuna limitazione. I gradi accademici, quando sono acquistati all'estero sono validi per tutta l'Italia.

7) Il regolamento dei rapporti fra Stato e Chiesa, nell'interno della Provincia di Bolzano, dovrà avvenire, in via diretta, fra il rappresentante della Chiesa e la Dieta. Al rappresentante del governo non spetta alcun intervento. Solamente dopo che [fra] la Santa Sede e lo Stato verrà concluso un accordo isolato può avvenire un cambiamento dell'accomodamento concluso fra il rappresentante della Chiesa e la Dieta, per il regolamento dei rapporti ecclesiastici che vennero impugnati dal governo.

8) Ad ogni cittadino dello Stato, di Nazionalità Italiana, deve essere procurata nel territorio della provincia del Sud Tirolo, la cura dell'anima nella sua madre lingua.

3. -Circa i rapporti cittadini.

l) Ogni cittadino Sud Tirolese dovrà godere dei medesimi diritti di cittadinanza come ogni cittadino Italiano. Specialmente nella eventualità di bisogno di impiegati di nazionalità tedesca pel Sud Tirolo, la Dieta promuoverà corsi d'istruzione.

2) La Dieta garantisce in modo leale allo Stato Italiano, l'adempimento di tutti i doveri dei cittadini Italiani, specialmente nei riguardi finanziari per il pagamento delle somme in rapporti di contributi politici.

3) Per tutti i delitti politici e offensivi verrà accordata in Sud Tirolo, una incondizionata amnistia. 4) Tutti i diritti offesi dalla politica di snazionalizzazione del Regime Fascista verranno nuovamente instaurati.

• Mantelnote • Appendice n. 2.

La Lega Tedesca del Sud Tirolo, a cui la economica ricostruzione e lo sviluppo tranquillo e pacifico di questa terra duramente provata dalla guerra, sta molto a cuore, è pronta per un leale lavoro in comune coll'Italia per questo scopo. Dipenderà unicamente solamente dall'amministrazione del Governo Italiano se questo intendimento, in comune colle popolazioni dei territori potrà essere effettuato. Se il governo Italiano è pronto a dare al nostro primo promuovimento un'ampia autoamministrazione sopra la quale è scopo principale della Lega di voler trattare col governo Italiano, oramai in generoso spirito disposto, verrà in effetto data quella collaborazione, che abbiamo prospettiva di dare, cosa desiderata anche da noi per l'interesse della patria Tirolese.

• Mantelnote • Appendice n. 4.

Spiegazione del Congresso della LIDU in Lione.

Il congresso è convinto che in futuro, un'effettiva e tangibile e definitiva soluzione dei problemi delle minoranze verrà risolta da un governo dell'accordo Internazionale.

Questo governo emanerà una sentenza di Tribunale arbitrale che deciderà sopra le singole stabili superiorità, prevenendo tutto con tutte le forme di criminalità ed egemonie imperialistiche assicurando una situazione di libertà e di giustizia e di pace. Il Congresso addiviene che, nell'attuale situazione dell'Europa deve essere fatto ogni sforzo, non solo per quelli che vengono difesi da convenzioni internazionali ma in primo luogo per coloro che soffrono sotto il dispotismo di governi chauvinistici. A loro è concesso il godimento dei fondamentali diritti degli uomini, della libertà di religione, della cultura, usanze e lingue. Oltre a cw, il congresso spiega decisamente in riguardo alle altre minoranze dell'interno dell'Italia parlanti altre lingue che egli considera, il concedere questi diritti come parte principale di penetrazione, per estendere una nuova forma dell'ordine morale politico e civile nel nome del quale oggi l'intero popolo Italiano soffre e lotta. E questo succede in nome della repubblica sociale e in segno della propria redenzione (1).

(l) -Il secondo allegato non si pubblica. (2) -Allegata al documento la seguente lettera di Guariglia per Mameli del 20 agc.sto: « Ti sarò grato se vorrai attirare sull'accluso rapporto la speciale attenzione di S. E. il Capo del Governo, facendomi poi sapere se egli ritiene o meno opportuno di dare istruzioni al R. Ministro a Vienna di farne paroJa al Governo Austriaco. (3) -La relazione è opera dell'informatore a Vienna della direzione generale di P. S. che aveva lo pseudonimo di Rolando. (4) -Il problema delle minoranze allogene fu trattato da Facchinetti al I Congresso della Concentrazione (cfr. La Libertà del 5 maggio 1929) e al successivo congresso della LIDU (Lega Italiana dei Diritti dell'Uomo) del 1-3 giugno dove fu posto all'ordine del giorno per iniziativa dello stesso Facchinetti e dell'avv. Giuseppe Andrich. Su questo problema parlò Facchinetti e il congresso votò un ordine del giorno sulle minoranze. Cfr. La Libertà del 19 maggio e del 16 giugno 1929. Cfr. anche ibid. 24 marzo 1929, l'articolo « Il Plebiscito e le minoranze » dal quale risulta che Padre Udolf Innerkofler e l'on. Reut Nicolussi erano in rapporti con la Concentrazione. (l) -Si pubblicano solo le appendici 2 e 4, con l'avvertenza che l'appendice 2 non corrisponde a quella annunciata nel testo. (2) -Cfr. E. REUT-NICOLUSSI, Tirol unterm Bei!, Mtinchen, 1928.
587

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. ss. 1554/708. Durazzo, 7 agosto 1929.

Sua Maestà mi ha intrattenuto a lungo in un segreto colloquio circa l'avvenire di Questo Paese. Ha preso le mosse dalla grave tensione diplomatica fra serbi e bulgari che, nonostante l'opera mediatrice delle Potenze, potrebbe condurre ad una conflagrazione. In una simile eventualità l'interesse dell'Albania verrebbe senza dubbio a combaciare con quello della Bulgaria e l'interesse di entrambe le nazioni con quello dell'Italia. Egli si rendeva quindi conto della necessità per l'Italia di fare una politica non soltanto albanofila ma anche, nettamente bulgarofila.

von Lentner.

« Secondo la proposta di Lentner, do.vrebbe conchiudersi una convenzione con la Concentrazione antifascista, destinata alla pubblicità, e che appunto per questa sua pubblicitàdovrebbe avere efficacia; ma accanto a questa convenzione dovrebbe anche redigersi una nota d'accompagno, da tenersi segreta, e che dovrebbe, come la convenzione, esser sottoscritta dalle due Delegazioni. Questa nota d'accompagno dovrebbe innanzi tutto noverare i casi in cui la convenzione pubblica debba avere applicazione e quelli in cui non debba averla.

Il 12 giugno a Vienna nella camera del Padre Innerkofler ebbe luogo una seduta, alla quale parteciparono, per la Concentrazione, il Dott. Clerici e, per i Tirolesi, Innerkofler, Lentner e il Segretario della Lega Andrea Hofer, il noto Verhovez senior. Assistetti a questaseduta anch'io come membro del Comitato d'azione e prego perciò di non far uso, per alcun

passo, delle comunicazioni, perchè le trattative erano assolutamente segrete ed anche perchè

un passo nel momento presente mi sembrerebbe ancora prematuro.. Anzitutto fu deciso di far prima il tentativo di redigere la convenzione tra i Sud-tirolesi e la Concentrazione e poi di estendere questa convenzione incominciando dagli Jugoslavi in Italia. Perciò si decise anche di non tenere informato, per il momento, il Prof. Pretnar delle fasi delle trattative...

La convenzio.ne può aver vigore soltanto quando ai partiti politici uniti nella Concentrazione riesca di arrivare in Italia alla formazione del Governo. Ma i Sud-Tirolesi dichiarano che essi considerano soltanto il caso che questo arrivare al Governo dei detti partiti avvenga senza complicazioni internazionali. Se si venisse ad una guerra dell'Italia fascista con uno o con parecchi degli Stati vicini, la rappresentanza tirolese si riserva piena libertà di azione per regolare la questione del Sud-Tirolo secondo principi autonomi, il che vuoi dire che i Tirolesi vogliono avere il diritto di intendersi sul Sud-Tirolo con gli Stati che si trovassero in guerra con l'Italia. Questa riserva i Sud-Tirolesi la fanno anche per il caso che la guerra dell'Italia fascista abbia per risultato che i partiti uniti nella Concentrazione formino il Governo. Perciò anche nel caso che l'Italia fascista sia battuta e la Concentrazione formi il nuovo Governo, i Tirolesi cercheranno la loro fortuna presso gli Stati vincitori. La convenzione quindi deve valere principalmente per il caso in cui l'Italia subisca uno sconvolgimento -per una ragione qualsiasi -e la Concentrazione arrivi alla formazione del Governo. Innerkofler pensava che fosse giusto, che il progetto dei Sud-Tirolesi contenesse ora principalmente le richieste dei Sud-Tirolesi, sebbene non si dovesse tenere troppo scarso conto del fatto che, sotto certe condizioni, il patto affermava un leale riconoscimento della sovranità dello Stato italiano del Sud-Tirolo. Ciò no.n è stato potuto sinora ottenere dall'Italia fascista, nè corrisponde oggi al concetto dei Sud-Tirolesi. Per ragioni pacifiste la cosa potrebbe però essere realizzata e il patto rappresenterebbe una vittoria per i partiti democratici d'Italia. Quello che del resto pensano i Sud-Tirc.lesi, sarebbe stato dello stesso Mussolini riconosciuto come giustificato parlando col Re di Spagna...

... Innerkofler affermò però di voler essere assolutamente sincero. Noi Sud-Tirolesi vogliamo essere amici con la Concentrazione e sottoporre ad essa in tempo utile per la discussione i nostri desiderata per una ragione specialissima. La vittoria della Concentrazione dovrebbe essere preceduta da un rivo.lgimento in Italia. In quali forme ciò possa avvenire, è cosa che nessuno può sapere. Però in tal caso esisterebbe per le minoranze nazio.nali un

Ciò ammesso, egli doveva peraltro ricordare a V. E. che noi, se eravamo amici della Bulgaria, eravamo però alleati dell'Albania. Egli era lieto di sposare la causa bulgara, ma non doveva mancare di metterei in guardia contro le pretese territoriali avanzate dalla Bulgaria, che si propone di :Portare le sue frontiere fino ad Okrida: anzi, nella fantasia dei più accesi nazionalisti, la Bulgaria spinge le sue mire fino alle porte di Koritza. Tale stato d'animo di gran parte delle sfere dirigenti bulgare lo preoccupava un poco.

Recentemente l'Incaricato d'Affari Albanese a Sofia era stato sondato da alcuni circoli promacedoni, che avrebbero desiderato assicurarsi il consenso albanese al passaggio di bande su questo territorio e stabilire comunque una intima collaborazione. Egli aveva fatto rispondere che, prima di esaminare qualunque proposta di intesa, desiderava qualche affidamento circa le aspirazioni bulgare, ed accertarsi che queste non pregiudicassero gli interessi dell'Albania in determinate regioni d'oltre frontiera. Questa risposta aveva fatto subito arrestare i contatti. Egli ha poi ricordato che nel 192'2, quando era Ministro dell'Interno, aveva segretamente ricevuto a Tirana la visita di Protogherof e di Ciaulef, che gli avevano rivolto eguali proposte di collaborazione. Egli aveva replicato mettendo avanti l'idea di una intesa territoriale, e le conversazioni erano cadute di colpo.

Il Re poi si è diffuso sulle varie correnti che si agitano in Bulgaria e ha

espresso l'avviso che il piano della creazione di una Macedonia indipendente

grav.e pericolo. Se in Italia si arriva ad un rivolgimento, allora, come è naturale, nei territori

degh allogeni scoppierà subito una ribellione. Se poi ·verrà su un Governo democratico, esso

prenderà bensi provvedimenti di carattere democratico, ma nell'Alto Adige e nella Venezia

Giulia esso stabilirà l'ordine con provvedimenti militari e di carattere eccezionale. A ciò si

aggiunge che in queste province il movimento potrebbe essere nutrito anche dal di fuori,

dall'Austria e dalla Jugoslavia. Perciò vi è tutto l'interesse di assicurarsi (delle intenzioni)

del futuro Governo democratico e di impedire a termini del patto che le Minoranze nazionali

debbano sopportare le conseguenze di una rivoluzione italiana.

Clerici contestò recisamente l'esistenza di un pericoJo siffatto e dichiarò che tutti i

cittadini dello Stato Italiano sarebbero in condizioni di assoluta parità nella democrazia.

Innerkofler: La prego di non adirarsi, ma quante volte dei ministri degli Interni social

democratici, quando si trattava di stabilire l'ordine, hanno fatto sparare sugli operai!

Lentner: La Concentrazione saprà quello che noi diamo! Io non voglio in alcun modo

diminuire l'importanza della Concentrazione nei rapporti internazionali ed anche in Italia. Se

noi non tenessimo in grande concetto l'importanza della Concentrazione, noi non saremmo

disposti a conchiudere con essa alcun patto. Ma una cosa deve essere dichiarata da Clerici a

Parigi: la Concentrazione antifascista viene giudicata nel mondo, anche in America, come una

parte della lotta di due gruppi di Partiti -fascisti ed antifascisti -che vogliono salire

oppure rimanere al potere. La lotta fascismo-antifascismo -non commuove il vasto mondo,

come non lo commuove la questione italiana in generale. A noi Sud-Tirolesi è però riuscito a

sceverare dagli altri problemi la questione del Sud-Tirolo e a conferire ad essa una preva

lente importanza internazionale. Quando la Concentrazione si presenterà insieme con la

questione del Sud-Tirolo e quando i Sud-Tirolesi allargheranno la sfera della loro lotta

assumendo un atteggiamento antifascista, ciò che corrisponde certamente allo scopo, allora

soprattutto la Concentrazione ricaverà da questo stato di cose e da questo allargamento il

suo vantaggio e avvalorerà la propria importanza internazionale. Questo è un vantaggio che

la Concentrazione non deve apprezzare troppo scarsamente...

Clerici: I Sud-Tirolesi possono aiutarci ancora in una cosa. Bisogna far tutto il possi

bile per impedire un'alleanza tra la Germania e l'Italia Fascista. Questo pericolo sussiste

sempre. Purtroppo i rapporti attraverso la social-democrazia tedesca a Berlino sono molto

deboli. Forse i Sud-Tirolesi potrebbero tentare di influire in questo punto.

Innerkofler: A mezzo dei Schutzverbiinde (leghe di difesa) tedeschi, noi stiamo in un

collegamento diretto col Ministero degli Esteri tedesco e con tutta la stampa di Stresemann.

Naturalmente noi Sud-Tirolesi siamo contrari ad un'alleanza itala-germanica e possiamo lavo

rar contro.

Clerici: Naturalmente noi siamo favorevoli ad un'Alleanza tedesco-italiana fra una Ger

mania democratica ed una Italia democratica...

Le leggi vigenti in Italia sulle relazioni tra Stato e Chiesa valgono anche nel Sud-Tit;olo.

Qui osservò Clerici: Prescindendo dalle diverse dichiarazioni della ConcentraziOne

rispetto ai trattati del Laterano, la Concentrazione, dal punto di vista programmatico, intende

mettersi su questa linea. . . . . . . .

n trattato col Vaticano, in quanto ha la sua base nel drrrtto mternazwnale, rrmarra m

piedi. Il Concordato sarà denunziato ».

Ulteriori notizie nella successiva relazione dello stesso informatore, n. 332 del 16 giugno (Serie politica, pacco 887).

era più consono agli interessi albanesi, che avevano tutto da guadagnare a non trovarsi sulle spalle una Bulgaria forte e irrequieta, altrettanto pericolosa quanto la Serbia, e forse anche più.

Ho lasciato il Re parlare senza mai interromperlo f}er renàermi conto, a fondo, del suo pensiero. Solo quando egli mi ha esplicitamente chiesto il mio parere su quanto mi aveva esposto, gli ho replicato, e con la maggior fermezza nel seguente senso. Egli aveva commesso un gravissimo errore, impostando, sia pure indirettamente, la questione territoriale coi Circoli bulgari. L'Albania e la Bulgaria dovevano rigorosamente evitare di sedersi intorno ad un tavolo verde: non avrebbero fatto altro che constatare il proprio disaccordo, mentre l'interesse superiore delle due Nazioni, i più sacri ideali nazionali, le portavano a fronteggiare con tutte le loro forze, senza intime riserve, il nemico comune. Per fortuna di entrambe, esse potevano tranquillamente commettere le loro sorti nelle mani dell'Italia, e specialmente di un uomo: Mussolini. Ma anche ciò ad un patto: che non si parlasse di questioni territoriali prima dell'azione, ma solo dopo. Ogni altra procedura avrebbe condotto fatalmente l'Albania e la Bulgaria a litigarsi per un villaggio o per un pollice di territorio, ed avrebbe causato, nello spirito dei dirigenti delle due nazioni tale stato d'animo da rendere impossibile una vera collaborazione nel momento della grande ora.

Il Re Zog è rimasto assai perplesso. Pur rendendosi conto della profonda

verità delle mie parole, egli tuttavia era turbato da un intimo pensiero, che non

mi è riuscito difficile penetrare: la Bulgaria non avrebbe cercato di ottenere

dall'Italia precise assicurazioni di carattere territoriale?

Ho spiegato al Re che io non ero al corrente di quanto potesse passare tra Roma e Sofia, ma che non avrei mancato di trasmettere a V. E. l'espressione del di lui implicito desiderio, che cioè l'Italia non prendesse definitivi impegni con la Bulgaria, per quanto concerne, bene inteso, la frontiera orientale.

È bastata questa mia promessa di riferire a V. E. il di lui pensiero per tranquillizzare completamente il Sovrano. Egli si è quindi affrettato a promettermi nella maniera più formale che non avrebbe cercato alcun contatto con il Governo di Sofia sulla questione territoriale, e che si sarebbe completamente affidato alla benevolenza dell'Italia, e di V. E.

Circa le aspirazioni dell'Albania in Macedonia egli le ha precisate come

segue: «l'Albania desidera avanzare la sua frontiera, fra i laghi di Okrida e

di Presba, fino ad oltre Resna; ma ove ciò fosse impossibile ci accontenteremmo

del massiccio di Petrina. Saremo invece intransigenti nella richiesta di Dibra,

Tetovo e Kostivar ». (Queste richieste ·porterebbero la frontiera albanese fino

al Vardar). «Ciò bene inteso oltre la regione di Kossovo che è quasi tutta po

polata da albanesi».

Il Re ha anche fatto allusione a qualche rivendicazione albanese in Montenegro. Ha parlato di Podgoritza, ma poichè ho senz'altro riso, ha riso lui pure! mi ha allora detto che non insisteva ma che l'Albania avrebbe però reclamato Gussinje, Berana e Plava, che non hanno mai realmente fatto parte del Montenegro trattandosi di una zona schiettamente Kossovese.

Il Sovrano ha finalmente aggiunto: «Non possiamo prevedere quale sarà il contegno della Grecia in un futuro conflitto. Se essa marcerà ai nostri fianchi, nessuna rivendicazione l'Albania potrà sostenere per le zone oltre la frontiera meridionale. Ma se la Grecia rimanesse neutrale o addirittura si schierasse contro di noi, non dovremmo allora dimenticare le popolazioni albanesi che vivono nella Ciamuria ».

Riassumendo la conversazione, ho fatto comprendere al Re che la pelle

dell'orso è difficile da dividere, finchè l'orso non è abbattuto.

Ho aggiunto che tutta la sua conversazione mi convinceva una volta di più della necessità che egli si incontrasse con V. E., ma l'ho prevenuto che in nessun caso egli poteva sperare su precisi impegni di sorta.

Mi ha risposto : « È passato il tempo in cui io domandavo lettere scritte. Oggi una par(;la di Mussolini mi basta».

Mì ha poi aggiunto che il suo viaggio a Roma era cosa decisa e che egli intendeva assolutamente venire a fare atto di omaggio al Sovrano ed a V. E. al principio dell'inverno, possibilmente entro il mese di Dicembre.

Mi ha poi pregato di riferire personalmente e testualmente a V. E. tutto quanto mi aveva detto. In assenza del Cav. Quaroni, ha funzionato da interprete il Ministro di Corte Ekrem Bey Libohova (1).

(l) Sulle trattative cfr. anche la relazione n. 331, in data Vienna 13 giugno 1929 di un infoTmatore del ministero degli Esteri, che si firmava con la sigla E. B. membro del COmitato d'azione Sud-Tirolese. Il Comitato aveva presentato un progetto di t~attato, opera di Egon

588

IL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO, AL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA

T. R. 4866. Roma, 8 agosto 1929.

Comunico, per opportuna notizia di codesto R. Ministero, qui allegato in copia, un recente telegramma (2) del R. Governatore dell'Eritrea, relativo alla nota ribellione dei Zaranik.

Nel trasmettere la notizia qui pervenuta ritengo doveroso di segnalare che, come appare evidente, la ribellione è alimentata dagli Inglesi, i quali se ne servono come pressione indiretta, ma efficace per indurre l'Imam a venire a patti nel senso da loro desiderato e a noi ben noto.

Sull'atteggiamento di Zogu nei confronti del movimento macedone cfr. il rapporto segreto di Sola 2300/701 Durazzo 15 ottobre 1927. Sola giustificava il ritegno di Zogu nell'aiutare il movimento macedone col fatto che il Governo jugoslavo sarebbe uscito istantaneamente dal suo stato di incertezza nei confronti dell'Albania • il giorno che l'Albania diventasse centro d'azione di agitatori macedoni. La Macedonia è punto troppo sensibile per la Jugoslavia, uerchè sia consentito un qualsiasi dubbio sulla prontezza, energia, e accanimento della reazione, ove si verificasse la eventualità di cui sopra è cenno ».

(l) Appunto allegato al rapporto: « S. E. il Capo del Governo ha visto il rapporto e ha dato incarico al ministro Sola di dare formali assicurazioni tranquillizzanti a re Zogu ».

(2) Non si pubblica.

589

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

(A C S, Ministero Cultura Popolare, busta 165, fase. 89)

R. 3436/1138. Washington, 10 agosto 1929.

Col mio telegramma n. 370 del l o corrente, ho avuto l'onore di informare

V. E. dell'inizio di una serie di pubblicazioni antifasciste nel giornale The World di New York e delle misure da me adottate per arrestare gli effetti di tali pubblicazioni e per controbattere le affermazioni sulle quali esse erano fondate. Qui accluso invio all'E. V. copia degli articoli pubblicati (1).

V. E. potrà vedere che si tratta delle solite notizie più volte ripetute su una pretesa disastrosa situazione economica italiana e sul malcontento delle classi operaie. Gli articoli rivelano, secondo me, un autore non americano e dalle indagini che io ho fatto risulterebbero essere stati effettivamente scritti in Europa, probabilmente in Francia. Più volte infatti negli articoli si accenna alle relazioni italo-francesi e in uno di essi sl menziona specificatamente un colloquio che l'autore avrebbe avuto a Parigi con fuorusciti italiani. Qualcuno ha accennato che autore degli articoli potrebbe essere il Conte Sforza ma non c'è nessuna prova di questo e forse essi potranno essere sta'ci preparati da qualcuno degli uffici antifascisti che lavorano in Europa.

Comunque, fin dall'apparire del primo articolo, io mi preoccupai dell'effetto che questi articoli avrebbero potuto avere e immediatamente interessai il Signor Egon della Banca Morgan, l'Ufficio Stampa della Italy-America Society (2) il Gr. Uff. di Silvestro e alcuni dei RR. Consoli Generali nei maggiori centri. Il mio piano d'azione era: l) di far pervenire al World delle proteste da parte degli italiani contro questa sua ricaduta antifascista; 2) di ottenere che il World pubblicasse delle rettifiche; 3) di svalutare negli ambienti finanziarli e politici le pubblicazioni in questione.

Subito dopo infatti la pubblicazione del primo articolo, la Contessa di Robilant avvicinò il Signor Lippmann e si lamentò con lui degli articoli stessi. Lippmann le disse che questi articoli erano stati offerti al giornale il quale non li aveva fatti scrivere di sua iniziativa. Egli era disposto, aggiunse, a pubblicare una risposta. Il medesimo atteggiamento prese il Lippmann con il Signor Egon,

Sulla progettazione della Italy-America Society confronta anche il rapporto 3109/787 di De Martino del 12 giugno 1928 (ibid). Martin Egon era il capo dell'Ufficio Stampa della Banca Morgan.

Direttore dell'Ufficio Stampa della Banca Morgan e con il R. Console Generale in New York. La questione della risposta agli articoli fu quindi subito combinata e la risposta stessa preparata dall'Ufficio Stampa della Italy-America Society che diede incarico di redigerla al Dr. Corsi il quale già per incarico del World era stato l'anno scorso in Italia e aveva scritto una serie di articoli piuttosto favorevoli sul Regime. V. E. troverà qui accluso tale risposta (1). Essa è veramente assai mediocre. Intanto il giornale, commettendo una indiscrezione che io devo deplorare vivamente fece precedere la risposta da un cappello dal quale appariva che l'autore di tale risposta era stato designato da me, cosa inesatta perchè Corsi ricevette l'incarico dalla Italy-America Society. Inoltre la risposta del Corsi si chiude con una valutazione del fascismo piuttosto stupida. lVIi è seccato moltissimo che questa affermazione fosse preceduta da un cappello dal quale pareva risultare una connessione diretta tra Corsi e me, ma, a pubblicazione avvenuta, non potevo riparare più essendo io arrivato a New York la mattina stessa della pubblicazione. Comunque è bene che ci sia stata una risposta sopratutto perchè è bene che il World abbia constatato che la sua rìcsduta antifascista non restava senza una reazione.

Questa è stata la ragione per la quale io ho interessato anche i Consoli con una circolare della quale accludo copia e ho interessato l'Ordine Figli d'Italia a far pervenire al WoT'ld proteste dagli itala-americani. I giornali americani sono molto sensibili alla opinione dei propri lettori e indubbiamente l'aver ricevuto manifestazioni di ostilità per gli articoli pubblicati contro il Regime ha avuto il suo effetto sul World il quale intanto ha, ad un certo momento, sospeso la pubblicazione degli articoli che avrebbero dovuto essere otto e sono stati sei e che appaiono evidentemente troncati per la mancanza di qualsiasi conclusione.

Questo è stato anzi il risultato immediato più tangibile dell'azione che in questa occasione si è svolta: avere messo H giornale di fronte al malumore di un forte gruppo di suoi lettori. A far sentire al World questa pressione hanno contribuito tanto l'Ufficio Stampa della Banca Morgan, quanto il Console Generale in New York, quanto l'Ordine Figli d'Italia, quanto la Italy-America Society e personalmente la Contessa di Robilant. Ma devo aggiungere che vi sono state anche delle reazioni spontanee. Ad esempio il Newark Ledger ha pubblicato un articolo di fondo per deplorare gli articoli del World, mentre Barzini ha scritto una serie di eccellenti articoli sul Corriere d'America, ribattendo giorno per giorno le affermazioni dell'anonimo del World.

Quanto all'effetto che gli articoli abbiano potuto produrre nei circoli finanziari, questo è stato nullo. Trovandomi a New York pochi giorni or sono ho avuto un colloquio su questo col Signor Leffingwell, notissimo finanziere e membro della Casa Morgan e questi mi ha detto che gli articoli erano passati assolutamente inosservati nell'ambiente di Wall Street e non avevano avuto alcuna ripercussione. Essi erano troppo evidentemente prodotti della malafede ed erano caduti nel nulla. La stessa valutazione ne hanno dato il R. Console Generale a New York, l'On. Falbo e Luigi Barzini. Non ho potuto vedere il

{l) Non si pubblica.

Signor Egon perchè ammalato, ma ho avuto con lui una lunga corrispondenza dalla quale è risultato che il L,ippmann in fondo non aveva pubblicato gli articoli volentieri, e che era poco soddisfatto della loro pubblicazione. Anche il Signor Egon si è adoperato per far sentire al World l'inopportunità degli articoli pubblicati.

In conclusione, è deplorevole che il World abbia avuto questa improvvisa ricaduta di antifascismo: però queste episodio ha dimostrato anche che ormai le campagne antifasciste negli Stati Uniti non hanno più presa. Questa nuova del World è1 caduta in fondo nel IJiù assoluto disinteresse dell'opinione pubblica e le proteste che sono giunte al World, quelle da me provocate e quelle spontanee, hanno più messo in rilievo la resistenza che tali campagne incontrano presso l'opinione pubblica che il danno che da simili campagne può venire al Regime.

P. S. -Ricevo in questo momento dal Dott. de Ritis (l) la lettera qui acclusa. È interessante quello che il Lippmann scrive, anche se, come mi pare, il Dott. de Ritis esagera l'importanza della lettera stessa. Come il Lippmann abbia mantenuto la promessa di pubblicare una rettifica ho spiegato più sopra.

ALLEGATO l.

DE MARTINO AI CONSOLATI A FILADELFIA, BOSTON, CHICAGO E SAN FRANCISCO

RISERVATA PERSONALE 3564. Washington, 2 agosto 1929.

Ella avrà visto che il New York World ha iniziato in questi giorni la pubblicazione di una serie di articoli assai ostili al Regime.

Questi articoli contengono una congerie di notizie false e sono un insieme grottesco, ma pericoloso, di diffamazione anti-italiana. Il World è un giornale assai letto. Inoltre gli articoli possono essere riprodotti da giornali locali e sfruttati dalla stampa antifascista. Perciò io La prego di voler seguire questa campagna e con attività e con tatto provocare aelle reazioni nella stampa di lingua italiana del Suo distretto consolare. Il Corriere d'America sta facendo molto per questo e dovrebbe essere imitato. Ma La prego di voler evitare parole ingiuriose per il World che non farebbero bene a nessuno.

Credo superfluo raccomandarLe di fare in modo che la Sua azione non apparisca minimamente come una ingerenza di Autorità italiane; qualora non Le sia possibile non scoprirsi, è meglio che non ne faccia niente: ma penso che Ella saprà fare in maniera da ottenere delle pubblicazioni senza che il Suo interessamento ad esse menomamente si avverta.

Sarebbe poi di grandissima utilità che pervenissero al World telegrammi di protesta da parte di associazioni itala-americane. Gli itala-americani sono cittadini degli Stati Uniti e per loro l'Italia tecnicamente è un paese straniero, ma nessuno contesta i legami spirituali che esistono fra l'Italia e gli Italiani di America ed è quindi perfettamente legittimo che essi protestino contro le diffamazioni anti italiane del Wm·ld.

.ALLEGATO II.

DE RITIS A DE MARTINO

New York City, August 10th, 1929.

Mi pregio unire copia di una lettera del Dr. Walter Lippmann che ha grande importanza per il lavoro del nostro Ufficio Stampa. Come V. E. vede il Lippmann con un atto di grande deferenza verso l'E.V. assicura per suo mezzo il vantaggio di dirette comunicazioni con il World che possono essere all'occorrenza di grandissima utilità. Questo successo che si deve al prestigio e all'azione di V. E. conferisce nuovo impulso ai possibili sviluppi del nostro Ufficio.

Unisco anche dei ritagli che documentano l'importanza che il nostro servizio va assumendo nella stampa americana. Da tali ritagli infatti risulta che molti giornali autorevolissimi di tutte le parti degli Stati Uniti usano le nostre releases non semplicemente come notizie ma anche come editoriali.

Quando si pensi che la stampa americana dà soltanto agli editoriali il valore di opinioni che impegnano la responsabilità del giornale appare chiaramente che il nostro servizio va inserendosi sempre più intimamente nella dinamica del giornalismo americano e acquistando un rilievo tutto particolare.

Mi permetto di pregare V. E. di voler eventualmente far presente a Roma l'importanza morale e pratica di questo sviluppo. Intanto attendo il ritorno del Dott. de Bosis per poter inviare a V. E. la richiesta dei materiali che dovrebbero esserci forniti sistematicamente dai competenti uffici di Roma e da adattare ed utlizzare per il nostro servizio.

(l) -Non si pubblicano. (2) -La Italy-America Society era un ufficio di informazioni e propaganda dell'Italia negliStati Uniti. « Occorre tener presente che, allo scopo di non svegliare inquietudini, che sarebbero del resto ingiustificate, nei dirigenti dell'Italy-America Society, occorre evitare con la massima cura qualsiasi atto. o parola che possa lasciare credere in una propaganda governativa italiana svolta per tramite di una associazione americana. Anche per questo il nuovo servizio è stato designato con la blanda indicazione di " Servizio informazioni , » (rapportoMarchetti n. 4605/1439, Washington 28 luglio 1930, ACS, Minculpop, busta 164, fase. 79). Il finanzamento della Società era iniziato « circa un anno fa... in seguito ad una proposta fatta dal Sig. Lamont della Casa Morgan... al Conte Volpi, e messa in esecuzione dal Ministro Mosconi » (da un appunto dell'Ufficio Stampa del Ministero degli Esteri per Grandi del 18 gennaio 1930, ibid. busta 165, fase. 89). Segretario della Società fu, su proposta di Lamont, presidente della stessa, Lauro De Bosis, che assunse servizio nell'ottobre 1928. Egli abbandonò la Italy-America Society il 26 novembre 1930. Già dal 1° luglio dello stesso anno pubblicava i bollettini della antifascista Alleanza Nazionale (cfr. un appunto dell'Ufficio Stampa del ministero Esteri per Mussolini del 7 ottobre 1931, ibid., busta 164, fase. 79).

(l) Beniamino De Ritis dirigeva l'Ufficio Stampa della Italy-America Society.

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APPUNTO (l)

(Ed. in KEREKES, Akten, pp. 324-325; Io. Abenddéimmerung, p. 197)

VERPFLICHTUNG

10 agosto 1929.

Die Bundesfiihrung der oster. S. S. V. verpflichtet sich, die entscheidende Aktion zur .Anderung der osterreichischen Staatsverfassung spéitestens in dem Zeitraum zwischen 15.II u. 15. III 1930 durchzufiihren. Die Bundesfiihrung wird aber mit allen Kraften trachten, die Aktion bereits im Herbst dieses Jahres (1929) zu unternehmen.

Je eher die Bundesfiihrung die augesagte « Mitarbeit » bekommt, um so mehr wird sie den Zeitpunkt der Aktion vorverlegen konnen. Diese ErkHirung erfolgt auch im Namen des 2. Bundesfiihrers Dr. Pfriemer, der in dringenden Angelegenheiten Wien bereits wieder verlassen hat.

Mussolini, e Steidle, Pfriemer e Pabst rilasciarono la dichiarazione in data 10 agosto. L'originale fu consegnato a Mussolini il 24 agosto da Hory o da Wodianer (lettera Wodianer a Apor, con vivace descrizione delle reazioni di Mussolini, 24 agosto, ed. in KEREKES, Akten, p. 325).

41 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII

(l) L'appunto, forse di Hory o di un funzionario della legazione d'Ungheria a Roma, è scritto a matita sul retro di foglietti intestati « R. Ministero degli Affari Esteri. Gabinetto. Ufficio Coordinamento e Segreteria •. L'originale del documento non si è trovato. Il testo ed. da Kerekes, con una annotazione in calce di Bethlen, è la copia destinata allo stesso Bethlen che presenta piccole varianti rispetto al testo da noi pubblicato. Sulla origine dell'appunto cfr. KEREKES, Abenddiimmerung, pp. 41-42. Il 10 agosto Hory parlò a Mussolini della questione degli aiuti alla Heimwehr, Mussolini accettò di versare L. 1.420.000 e di inviare armi alla frontiera a patto che i dirigenti della Heimwehr si impegnassero per iscritto a eReguire quanto prima il progettato colpo di forza. Il Governo ungherese girò a Innsbruck la richiesta di

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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. (P. R.) PER CORRIERE 10041/1732. Bled, 12 agosto 1929 (per. il 16).

Suo telegramma per corriere n. 9347 p. r. del 3 corrente (1).

Le informazioni fornite dal R. ambasciatore a Londra sono certamente la versione ufficiale data all'improvviso richiamo del signor Kennard, ma sono !ungi dal rispecchiare le ragioni vere e la effettiva portata del provvedimento quale è qui da tutti indistintamente interpretata.

Intanto è qui notorio che il Kennard e i membri della sua famiglia partendo per il congedo annuale, erano sicuri di ritornare a Belgrado, e nessuna misura era stata da essi presa che lasciasse divedere una prossima definitiva partenza. Anzi era stato tutto disposto per un loro tranquillo ritorno a Belgrado.

È vero che in questi ultimi tempi Kennard ha sofferto una grave malattia agli occhi; ma il clima e la luce di Belgrado non entrano per nulla in tale malattia, e, da quel che mi riferiscono dei competenti, sarà piuttosto il clima di Stoccolma che potrà essergli dannoso.

Il posto di Stoccolma se anche sia, come è sulla carta, più importante di quello di Belgrado, è ovvio che, nel quadro generale della politica europea, e specialmente nella crisi attuale interna, finanziaria ed estera di questo paese, Belgrado è al primo piano, e dà anche troppo lavoro alla diplomazia britannica. Ciò mi è stato affermato da alcuni fra gli stessi membri di questa legazione inglese.

Le ragioni che qui si danno (anche da persone legate al Governo dittatoriale) del richiamo di Kennard sono quelle già lumeggiate all'E. V. in miei precedenti rapporti e possono riassumersi nella frase: completo fallimento della politica da lui seguita di appoggio continuo e quasi incondizionato alla cricca militare nazionalista di corte. L'avvento del Governo laburista avrà certo affrettato un provvedimento, che è mia impressione non avrebbe potuto tardare r.eppure se i conservatori inglesi fossero rimasti al potere, e ciò per la forza stessa degli avvenimenH di questo paese.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3512/565. Londra, 13 agosto 1929 (per. il 16).

Con riferimento al telegramma per corriere n. 1672 del 2 corrente (2), ho l'onore d'informare V. E. che ho intrattenuto oggi verbalmente Lindsay della situazione della colonia italiana a Malta e dell'incidente della nota del R. con

sole generale al governatore, pubblicata da lord Strickland contro tutte le buone regole della correttezza.

Ho attirato la sua attenzione sulla spiacevole ripercussione che la politica stricklandiana ed incidenti del genere di quello lamentato possono avere sui buoni rapporti tra i nostri due paesi e, pur dichiarando che non intendevo intervenire in quelli che sono gli affari interni dell'isola, l'ho pregato di tenerne parola col primo ministro di Malta, il cui arrivo a Londra è annunciato per i prossimi giorni.

Lindsay, premettendo che sperava di non incontrarsi con lord Strickland (che gode di assai scarse simpatie in questi ambienti), mi ha detto che non era al corrente della situazione da me espostagli e che avrebbe assunto informazioni presso i competenti uffici, promettendomi di tener conto delle mie lagnanze e delle mie raccomandazioni.

Poi si è lamentato dell'ambiente prettamente levantino e pettegolo dei maltesi in genere, che fanno di ogni ciottolo una montagna e non vivono che di intrighi e lotte personali.

Nel corso della conversazione ho accennato al processo Mazzone, di cui Lindsay era al corrente, senza entrare nel merito della questione che è deferita all'autorità giudiziaria, ma notando l'evidenza del suo carattere astiosamente anti-italiano.

Ho evitato naturalmente di parlare della contesa tra il Vaticano e il Governo di Malta e mi sono astenuto dal riferirmi al linguaggio della stampa stricklandiana per non farmi ripetere il solito argomento della libertà di stampa e non sentirmi citare le solite corrispondenze della Tribuna.

(l) -Non si pubblica. Ritrasmetteva notizie provenienti da Londra circa il trasferimento di Kennard. (2) -Cfr. n. 572.
593

IL REGGENTE IL CONSOLATO GENERALE A ZAGABRIA, ZACCARIA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) PER CORRIERE 75/11,2. Zagabria, 13 agosto 1929: (per. iL 22).

L'interposta persona di Macek mi ha ieri narrato -senza aver avuto alcun incarico -che in occasione della fuoruscita di Kosutic, i capi della opposizione croata hanno espresso il vivo desiderio che il Duce riceva in udienza Pavelic e Kosutic, ciò che farebbe un'ottima impressione nelle file della opposizione, che è sempre più oppressa dal terrore della dittatura (1).

• -Dottor Macek e la vedova di Radic mi hanno pregato di esprimere in loro nome al R. -Governo i più sentiti ringraziamenti per buon trattamento del loro mandatario che si reca in emigrazione politica per collaborare con Pavelic e con Percez •.

(l) Cfr. quanto trasmetteva 1'11 agosto Zaccaria con t. gab. (p. r.) 73/31 a proposito dell'espatrio di Gustavo Kossutié:

594

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3534. Scheveningen, 16 agosto 1929; (per. il 20). Perchè sia preso nota nelle pratiche rispettive, informo che stamane ho avuto colloquio con Venizelos il quale aveva chiesto vedermi. Dopo avermi esposto i desiderata della Grecia nella questione delle riparazioni e chiesto l'appoggio della Delegazione Italiana, Venizelos mi ha parlato delle varie forniture in corso da parte della Grecia ed alle quali si interessa Governo Italiano. l) Per quanto concerne fornitura telefoni, Venizelos mi ha detto di non essere in grado di venir meno ad un contratto stipulato dai suoi predecessori. 2) Presidente consiglio ellenico mi ha manifestato lagnanze espressegli da suo ministero Guerra circa cattiva qualità moschetti che sarebbero forniti attualmente dalla ditta Breda. Tali moschetti non corrisponderebbero alle caratteristiche stabilite per contratto e sarebbero di qualità inferiore a quelli delle prime consegne. Ha ammesso che tali lagnanze potrebbero essere motivate dal fatto che organi tecnici militari ellenici non erano favorevoli a tali forniture, che sarebbero state volute da poteri politici, ed ha promesso che vaglierebbe con ogni attenzione i reclami prima di farsene tramite presso R. Governo. Gli ho a mia volta assicurato che reclami da lui eventualmente inoltrati sarebbero stati presi in esame e che qualora risultasse che la Ditta fornitrice fosse venuta meno ai suoi impegni, R. Governo sarebbe intervenuto per far rispettare clausole stabilite. 3) Circa fornitura navi, Venizelos mi ha detto che egli naturalmente desidera acquistarle ove più convenga a suo Governo. Riconosce che nostri cantieri producono altrettanto bene se non meglio di quelli esteri concorrenti, ma dichiara che Governo ellenico dovrà tenere conto del prezzo delle forniture, e dare preferenza (tra più costruttori seri e rinomati) alla tecnica migliore solo a parità di prezzi. Ho infine accennato ai recenti accordi della Grecia con Belgrado ed alla loro portata. Venizelos ha ammesso che in tempo di pace Stato serbo croato sloveno può trasportare armi e materiali di guerra da Salonicco a traverso

territorio ellenico. In caso di guerra invece tale diritto verrebbe a cessare. Telegrafo Roma, Atene.

595

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO

TELESPR. R. 241758/496. Roma, 17 agosto 1929. Nota di V. E. n. 4866 dell'8 corrente (1). Le notizie comunicatemi con la Nota suindicata, relative alla critica situazione in cui si troverebbero le truppe dello Imam che combattono la rivolta

degli Zaranich, ritengo che non siano tali da preoccupare, anche se la resistenza ed il successo degli Zaranich siano dovuti, come non può dubitarsi, ad indiretti continui aiuti britannici.

È bene che l'Imam Jahia, che non ha saputo finora apprezzare al suo giusto valore l'amicizia e l'interessamento dell'Italia per il suo paese e la sua dinastia, senta un po' scossa la sua posizione, ora che le sue simpatie si rivolgono specialmente agli agenti sovietici, che naturalmente lo spingono a non venir ad accordi con gli Inglesi. Nè lo stato di guerra e di rivolta che va intensificandosi nel paese e che rende quindi ancora più difficile e più limitato il commercio con lo Yemen può danneggiare noi in questo momento in cui l'unica società italiana, l'Italo-Araba, che di tale commercio si occupava, è in liquidazione, e mentre non hanno ancora dati risultati i continui sforzi fatti da codesto Ministero e da questo degli Esteri per riuscire a costituire un saldo organismo economico italiano specializzato nei commerci di esportazione ed importazione nella Penisola Arabica ed in Etiopia.

E forse è da prevedere che l'aggravarsi di una tale situazione possa riuscirei di vantaggio, se sapremo cogliere l'occasione per aumentare i.l nostro prestigio e la nostra autorità nel paese, e far sentire all'Imam tutti i vantaggi che egli può avere da una nostra più intima collaborazione, e come siano state invece di danno per lui le diffidenze per il nostro concorso e l'amicizia con tanta fretta accettata degli agenti bolscevichi.

Una eventualità deve soprattutto essere tenuta presente dal Governatore dell'Eritrea : una seria minaccia degli Zaranich su Hodeida. In tal caso noi dovremmo considerare l'opportunità di occupare tempestivamente, senza cioè essere preceduti da altri, la città ed intimare agli Zaranich di non penetrarvi.

Tale provvisoria occupazione, fatta per difendere la vita e gli averi di sudditi stranieri colà stabiliti, dovrebbe poi essere subito comunicata all'Imam a cura del Governo di Asmara, mentre questo Ministero si affretterebbe a spiegarla a Londra. Ma perchè una tale occupazione potesse facilmente spiegarsi ed essere accettata sarebbe necessario che essa fosse fatta al momento opportuno e rapidamente.

V. E. vorrà pertanto dare al Governatore dell'Eritrea le necessarie istruzioni al riguardo, invitandolo a considerare se non sarebbe opportuno che egli inviasse fin da ora una delle navi da guerra stazionanti nel Mar Rosso ad Hodeida per assumere dirette e sicure notizie sulla situazione, ed esaminare la possibilità e le modalità di una tale provvisoria occupazione di Hodeida.

(l) Cfr. n. 588.

596

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. R. 5124/77. Costantinopoli, 17 agosto 1929:. Mi risulta in via confidenziale che a questa Ambasciata dell'U.R.S.S. si ascrive la condotta del governo di Atene, dalla quale è derivata la sospensione del negoziato per la sistemazione della questione degli scambi, a pressioni da parte francese. La Francia avrebbe agito a Atene per arrestare il negoziato con

la Turchia -mentre cerca ora ad Angora di affrettare la stipulazione del patto d'amicizia con la Turchia. Dopo del quale spingerebbe Angora e Atene ad accordarsi.

Secondo il Signor Potemkine Incaricato d'affari russo questa manovra se riuscisse dovrebbe condurre a un mutamento d'indirizzo del.la politica estera turca e sarebbe favorita nello stesso Consiglio dei ministri da Gemal Husni, ministro della Pubblica Istruzione, da Saradjoglu, ministro delle finanze e al di fuori del Consiglio, da Tewfik Kiamil capo della delegazione turca nella commissione mista e da Fethi bey ambasciatore di Turchia a Parigi. Questa corrente francofila che prima rimproverava a Tewfik Ruchdi bey l'eccessiva arrendevolezza nei confronti della Grecia oggi avvenuta la sospensione del negoziato lancia critiche al ministro degli esteri facendogli appunto di non aver saputo raggiungere l'accordo con Atene.

Lo scambio di gentilezze e di pranzi tra il Gazi e Fethi bey, che sta avvenendo in queste settimane sul Bosforo all'occhio sospettoso del diplomatico russo proverebbe che l'influenza di questi sta diventando preponderante.

Potemkine poi riassume come appresso le ragioni che spingono secondo lui la Francia a svolgere qui un'intensa attività politica:

l) la situazione generale europea e la divergenza franco-inglese dopo l'avvento dei laburisti che si è precisata nel dissidio circa l'applicazione del piano Young;

2) il desiderio di assicurarsi una posizione predominante nei Balcani facendo sentire a Atene la propria influenza anche nei riguardi dei rapporti grecoturchi e orientando la Grecia sempre più verso la Piccola Intesa;

3) dare scacco all'invadente influenza dell'Italia in Turchia, nel Mediterraneo orientale;

4) cercare di neutralizzare l'amicizia di Angora verso Mosca;

5) garantire sempre meglio mediante un accordo con Angora il possesso e la tranquillità della Siria;

5) riaprire al capitale francese (Banca Ottomana) le porte della Turchia e più particolarmente assicurandogli una partecipazione alla costituenda Banca di Stato.

Potemkine assicura aver il suo governo sconsigliato quello turco a mostrare troppa fretta nel concludere l'accordo per i coupons e quello per la Siria, come ora lo consiglia a non legarsi strettamente con Parigi.

Riassumendo il signor Potemkine, il gioco della Francia ostile qui all'Italia, alla Germania e all'U.R.S.S. va precisandosi e preparando posizioni per l'avvenire.

In quanto precede e che il diplomatico russo ha fatto portare alla mia conoscenza per fermentare preoccupazioni, v'è del vero ma anche dell'eccessivo, per quel che riguarda il successo della corrente francofila sul Gazi e in generale nelle decisioni del governo di Angora.

Che la sospensione del negoziato turco greco sia dovuta anche a pressioni francesi a Atene e che la Francia spinga la Grecia verso la Piccola Intesa sono

affermazioni che il mio collega a Atene può controllare e eventualmente con

fermare. La voce qui circola ed è raccolta anche da dirigenti del governo _

come rileverà dal mio recente colloquio con Ismet Pacha.

Che la corrente francofila nel paese e nel governo sia ostile all'Italia e alla

U.R.S.S. è un fatto certo. Ogni nostro passo in avanti in questo paese necessariamente determinerà una reazione da parte di quella corrente e un tentativo di ripresa in senso contrario. Del resto le vicende dell'ultima guerra hanno chiaramente dimostrato che mai a Parigi non si troverà orecchio e volontà disposta a riconoscere equamente gli interessi economici e politici che l'Italia ha nel Bacino orientale del Mediterraneo e nelle regioni anatoliche. Senonchè per fortuna d'Italia e grazie alla politica di V. E. mentre la nostra posizione si va sempre più qui consolidando e allargando quella francese è presa tuttora nel groviglio di molti e gravi ostacoli. Il conte di Chambrun svolge, è vero, e con un certo successo una grande attività -ma incontra molti ostacoli -costituiti dai residui della egemonia economica passata che a Parigi si vorrebbe far rivivere, da tradizioni secolari di propaganda culturale religiosa che il kemalismo vuol distruggere, dalla complicata questione derivante dalla vicinanza del mandato siriano all'Anatolia. Egli si trova tra Angora Parigi e Beyruth ~ e nella difficile situazione di armonizzare tendenze aspirazioni profondamente dissonanti fra loro. Si aggiunga la lentezza e la complicata arte del negoziare del turco e l'abitudine di questo di avanzare sempre nuove domande dopo ogni con

cessione ottenuta.

Occorre poi tener presente che i turchi oggi al potere sono accesi nazionalisti. Essi individualmente possono per simpatia o per personale interesse esser portati a favorire l'una piuttosto che l'altra potenza ma anzitutto essi sono dei patriotti che pongono il proprio paese avanti ad ogni altra cosa. N el consiglio dei ministri possono essere come vi sono correnti contrarie a Tewfik Ruchdi bey -i commenti 'Politici di queste possono rimproverargli questa o quella direttiva politica ma sono costretti a farlo con molta cautela perchè Tewfik Ruchdi bey è protetto dalla personalità d'Ismet Pacha e dalla volontà del Gazi. Tutti ben sanno che il ministro degli esteri non muove un passo senza interpellare prima il Gazi e Ismet Pacha e senza essersi messo con loro d'accordo. Nessuno vorrà mettere in dubbio l'indipendenza nelle sue decisioni e l'amore di patria del Gazi. Cosicchè il timore del rappresentante russo di un mutamento di corso nella politica estera della Turchia è per il momento eccessivo e non fondato su basi reali. Angora trarrà vantaggio sicuramente dalla invidiabile situazione nella quale si trova: di essere cioè l'oggetto di attenzione da parte di tutte le potenze involontariamente solidali nell'offrire amicizia e concessioni alla nuova Turchia. Ma anche in ciò procederà con grande oculatezza e ponderanza ~ammaestrata dalle dure esperienze del passato a temere la mano che offre un dono.

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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. (P. R.) PER CORRIERE 10264/1744. Belgrado, 17 agosto 1929.

Mio rapporto n. 4913/1737 del 13 corrente mese (1).

Ho avuto qui a Bled un lungo colloquio col Ministro Aggiunto degli Affari Esteri Jeftich (anche Ministro della Corte) sugli ultimi casi occorsi agli italiani in Jugoslavia. Ho premesso che ero ancora in attesa di dettagli che mi avrebbero messo in grado di meglio esporgli la situazione, ma che intanto, da quanto sapevo, dovevo concludere esservi negli agenti di polizia e nelle autorità locali di tutto il Regno S.H.S. una vera e propria comune tendenza a colpire gli italiani che tranquillamente esercitano la loro attività in Jugoslavia denunciandoli per futili pretesti in base alla legge di difesa dello Stato, impedendo loro di ottenere impiego, negando permessi di soggiorno ecc. Sono poi sceso al dettaglio dei casi Grazzer e Pieno. Per il primo ho messo anche in chiaro che (riconnettendolo a quanto detto dal Prefetto di Lubiana al Comm. Rainaldi a proposito di precedente rifiuto d'impiego all'Hotel Toplice di Bled per la signorina de Monte), si voleva infastidire anche la mia persona con metodi e sistemi che non erano menomamente tollerabili.

Chiedevo quindi un suo pronto e preciso intervento per mettere fine a un tale stato di cose che era difficile ammettere più a lungo e che mi avrebbe costretto a richiedere istruzioni a V. E. per vedere quali difese si sarebbero potute trovare per i nostri connazionali.

S. E. Jeftich ha vivamente deplorato quanto poteva toccare anche indirettamente la mia persona aggiungendo che doveva scusare agenti ignoranti e zelanti (anche il Prefetto di Lubiana? Ho subito replicato), che per i due casi dei quali gli parlavo avrebbe subito indagato e mi avrebbe dato al più presto risposta. Ed a titolo di spiegazione e di giustificazione generale mi ha detto che di fronte a manifestazioni e fatti che avvenivano da parte nostra (velata allusione agli arresti del Soglian ecc. ed a qualche nostra manifestazione oratoria da me precedentemente ricordata già a V. E.) gli agenti credevano a loro modo

(sudditi S. C. S.) ed ancora con maggior rigore contro i serbi residenti nel nostro paese.

Questa R. Legazione, nella nota verbale con la quale si chiedeva che il provvedimento di cui sopra, contro il Grazzer fosse ritirato ha fatto un cauto richiamo alla questione delle varie centinaia di operai S.C.S. a Fiume. Sembrami che sarebbe ora il caso di riassumere in una nota verbale comprensiva tutta la materia del trattamento usato dalle autorità S.C.S. verso gli italiani, aggiungendo che il R. Governo si vedrà costretto, suo malgrado a ricorrere a misure ugualmente severe verso i cittadini S.C.S. in Italia.

Nel mentre resto in attesa delle istruzioni di V. E. al riguardo, mi onoro far presente che, se non si interviene energicamente per frenare l'azione delle autorità di polizia S.C.S., che poi agiscono, come ho detto, eseguendo fedelmente le istruzioni superiori,si arriverà ad uno stato di fatto veramente insostenibile oltre che per le ripercussioni .dirette anche per la inevitabile influenza che il contegno delle Autorità non mancherà di avere sulla massa della popolazione locale specialmente in Dalmazia in senso ostile alla popolazione italiana •.

provvedere a qualche difesa di interessi jugoslavi che essi supponevano minac

ciati. «Evidentemente, ha concluso, questi agenti errano agendo così; ma si può supporre che, nel loro pensiero, questa sia la possibile ragione degli incidenti dei quali V. E. si duole e per i quali cercherò subito provvedere».

Da tale discorso egli è poi passato all'argomento di carattere generale politico di certa importanza e sul quale riferisco a parte (1).

(l) In questo documento Galli osservava come i provvedimenti presi dal Governo jugoslavo contro alcuni cittadini italiani, • rivelino un deliberato proposito del governo SHS di infierire contro gli italiani. Contro tale proposito non possono essere sufficienti le note di protesta, ma sembra ormai necessario il ricorrere a caute, ma precise rappresaglie. Ho detto caute, poichè non bisogna ferire ad esempio, il sentimento della popolazione croata, per ovvie ragioni di opportunità politica. Come non bisogna, almeno formalmente, contravvenire agli impegni dipendenti dalle Convenzioni di Nettuno ma si può procedere contro gli sloveni

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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 4931/1746. Bled, 17 agosto 1929.

Facile è stato per Jeftich il passaggio dall'argomento che forma oggetto del mio telegramma per corriere n. 4929/1744 (2) ai rapporti generali fra l'Italia e la Jugoslavia. Il colloquio è durato oltre un'ora durante la quale, meno la prima parte occupata dalle questioni di cui al mio telegramma su citato, e qualche mia breve replica od obiezione, S. E. Jeftich ha costantemente parlato delle relazioni itala-jugoslave. È mia impressione che tale esposizione sia stata ispirata direttamente da Re Alessandro.

Ne fisso qui brevemente le linee principali:

I) Tutto consiglia che Italia e Jugoslavia procedano d'accordo e che una schietta e sincera armonia di interessi si stabilisca fra esse. Ma in Jugoslavia si ha l'impressione di una preconcetta ostilità italiana e di una aggressività costante in molti campi. Vi sono associazioni ed enti e persone più o meno autorizzate, più o meno ufficiali, che la manifestano costantemente chiarendo propositi e mire. Si producono poi dei fatti che allarmano l'opinione pubblica jugoslav8.

II) La Jugoslavia non ha alcuna intenzione ostile all'Italia, desidera con essa il massimo buon accordo, si tiene e si trova in posizione di difesa. Non può e non potrebbe attaccare. Deve difendersi costantemente da attacchi che le vengono da parte nostra.

III) Molto di questa situazione deve essere prodotta da equivoci e da mancanza di franche spiegazioni. Gli interessi generali di ciascuna delle due parti sono dall'altra conosciuti, le necessità generali politiche anche, se si potesse venire a franche spiegazioni sugli avvenimenti ultimi e sugli interessi comuni un'intesa dovrebbe realizzarsi.

IV) La Jugoslavia è legata alla Francia e non disconoscerà mai questi legami, ma sarebbe erroneo ritenere che questi legami significhino ostilità verso l'Italia od impegni ad assumerla. Così dicasi per la Piccola Intesa. Questo è un organismo agile che ha molto mutato dai punti iniziali che lo hanno creato. Se anche vi fu in taluno il pensiero di servirsene come strumento contro la espansione e la nuova forza italiana, ciò oggi non è più. Le finalità della Piccola Intesa sono state riviste.

V) La Jugoslavia era uno stato in formazione che cercava la sua unità. A v eva ed ha ancora molti problemi interni da risolvere, molte difficoltà proprie da superare. Non poteva perdersi in problemi di politica estera. La sua politica era limitata e chiusa nei Balcani, non mondiale come la Italiana.

Occorreva non dare peso e credito a molte informazioni tendenziose che circolano agevolmente e che anche qualche agente diplomatico accreditava, ma guardare la realtà delle cose che era quella che lui diceva.

VI) Era necessario creare anzitutto una buona atmosfera fra i due paesi togliendo di mezzo tutti i piccoli incidenti quotidiani che la ammorbavano. Egli era pronto ad agire e premere sulle autorità S.C.S. perchèi i fatti di cui mi lamentavo fossero sanati, perchè questioni in corso o da lungo pendenti fossero risolte. Ma si chiedeva come, quando tale atmosfera fosse creata, si sarebbe potuti praticamente arrivare al chiarimento della situazione generale.

Durante questa sua lunga esposizione non ho creduto ripetere ogni punto come sarebbe stato agevole fare. Anche perchè il farlo avrebbe potuto condurmi molto ·più in là del necessario, dar luogo ad erronea interpretazione, farmi forse esprimere opinioni per le quali non ho alcuna autorizzazione od istruzione.

Gli ho anzi detto che appunto in mancanza di ogni istruzione per trattare questioni così generali mi era difficile rispondergli e mi limitavo ad ascoltarlo per riferirne quanto più esattamente possibile a V. E.

Mi sono limitato ad affermargli (relativamente al punto I) che dovevo onestamente riconoscere che in Jugoslavia il numero di tali manifestazioni era diminuito dopo il governo dittatoriale, ma che se egli si doleva di atti od espressioni di associazioni più o meno autorizzate od ufficiali, dovevo ricordare che le aspir;1zioni a Viden ed a Trst ed a Rijeka erano costanti e pubbliche in associazioni come la Jugoslovenska Matica, la Orjuna, la Narodna Odbrana, ed apparivano anche in canzoni che si apprendevano alle truppe. Ero personalmente, e non da oggi soltanto convinto della necessità di buoni ed intimi rapporti fra i due paesi. Negli ultimi colloqui che avevo avuto l'onore di avere con V. E. era stata mia personale impressione di buone disposizioni dell'E. V. Ma mi era estremamente difficile farmi portatore e sostenitore presso V. E. di tale tesi se ogni giorno dovevo dare notizia delle ostilità delle autorità S.C.S. verso tutto quanto sa di italiano, di non rispetto delle disposizioni convenzionali e dei trattati vigenti, di rinvio della soluzione di questioni che sono in corso da più di 10 anni ed attendono legittima soddisfazione, se solo l'essere italiano era ragione di ostilità e persecuzione, se da parte di bassi strumenti di polizia anche la mia persona era quotidianamente infastidita.

La Jugoslavia aveva ora ottimo mezzo per cominciare a dimostrare la vera effettiva volontà di creare una nuova atmosfera: risolvesse i vari incidenti di cui gli avevo parlato e gli altri di cui mi riservavo intratte.nerlo, e desse vera effettiva applicazione a quello che le convenzioni di Nettuno avevano previsto per la economia Fiume-Sussak. La creazione di solidi interessi comuni avrebbe dato qualche maggiore sostanza all'amicizia che si voleva realizzare.

La lunga conversazione, che si è svolta in tono cortese (pur fermo da parte

mia nelle poche cose da me dette), credo dover riannodare alle proposte che per

vennero a V. E. nel giugno u. s. e che dettero luogo alla mia venuta costà. V. E. ricorderà certamente che il giornalista Predich della Pravda [sic] che presentò un memoriale a V. E. (l) disse averlo fatto dietro suggerimento di S. E. Jeftlch.

V. E. giudicherà se e quale seguito tale conversazione potrà avere e mi farà, se del caso, pervenire le sue istruzioni (2).

(l) -Cfr. n. seguente. (2) -Cfr. n. precedente.
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L'INCARICATO D'AFFARI A DURAZZO, QUARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1646/752. Tirana, 17 agosto 1929.

Telegramma Sola 268 del 7 corrente (3). Kotta, il quale in precedenza mi aveva fatto conoscere il suo desiderio di avere con me un lungo colloquio, mi ha comunicato confidenzialmente che

S. M. ::1 Re gli aveva manifestata la sua intenzione di provocare, nella seconda metà di settembre, una crisi Ministeriale affidando a lui, Kotta, la costituzione del nuovo gabinetto. In queste condizioni egli riteneva necessario di arrivare ad una franca spiegazione con la Legazione d'Italia, di cui aveva rilevato il contegno diffidente ed ostile verso la sua persona. Mi ricordò per disteso i suoi precedenti politici di assoluta fedeltà alla persona del Re e di favore all'alleanza italiana: che egli si mantenesse fermo nella sua linea di condotta lo dimostravano, se ce ne fosse bisogno, i discorsi da lui tenuti a Santi Quaranta, Argiroscastro e Koriza in occasione del suo recente viaggio in quelle regioni: egli era partigiano convinto della politica di alleanza con l'Italia, appunto perchè buon patriota albanese, e persuaso che, per il suo paese, non ci fosse altra possibilità di indipendenza e di vita al di fuori della politica italiana. Premesso ciò, egli era profondamente dispiaciuto e non si sapeva render conto del perchè la Legazione Italiana lo tenesse in sospetto, considerandolo come anti-italiano. Riteneva che causa di ciò fossero le calunnie che sul suo conto andavano spargendo i suoi nemici politici, di cui alcuni frequentavano assiduamente la Legazione.

Gli ho risposto osservandogli che non era colpa nostra se i suoi nemici frequentavano la R. Legazione mentre i suoi amici si guardavano bene dal metterei il piede: che noi ci facevamo un dovere di ricevere tutti, ma che potevo assicurarlo che conoscevamo troppo bene l'ambiente di Tirana, per prestare fede a quanto ci venisse detto contro questo o quello dei dirigenti della politica albanese. Il risentimento della Legazione nei riguardi suoi e del suo Ministero era dovuto non a chiacchiere, ma a fatti. La condotta del Ministero Kotta, almeno da un anno a questa parte, aveva dimostrato una incomprensione completa degli scopi e dello spirito dell'alleanza italo-albanese. Noi comprendevamo benissimo che in tutti e due i paesi ci potessero essere diffidenze ed antipatie,

residuo di avvenimenti ormai sorpassati, ma che interesse e dovere dei due Governi, specialmente dopo l'alleanza, era quello di combattere vigorosamente queste manifestazioni e dare al trattato radici profonde, intrecciando interessi economici e culturali e sviluppando simpatie reciproche fra i due popoli. Il Governo italiano aveva adempiuto al suo compito rapidamente e coscienziosamente. Che cosa aveva fatto invece il Governo Albanese per combattere le tendenze ostili nell'ambiente politico, nell'amministrazione, nella stampa? Volendo essere molto ottimisti si poteva rispondere: meno che niente. La Legazione in tutta la sua opera, volta appunto a questo scopo, si era sempre incontrata con l'ostilità sorda e costante del Governo il quale, dimenticando che l'Albania dovc::va a noi quattro anni di pace e di indipendenza, si divertiva a fare del nazionalismo ad oltranza alle spese dell'Italia, pronto invece a dare tutta la sua simpatia a qualsiasi imbroglione straniero che apparisse sulla piazza. Esempio eloquente di tutto ciò era stata la condotta «scandalosa» del Minister-o nella nota questione del Monopolio dei carburanti.

Dopo molte reticenze, Kotta ha finito per ammettere che in quanto io gli dicevo ci fosse qualche cosa di vero, obbiettandomi però che la responsabilità di ciò non risaliva a lui, ma ad alcuni dei suoi colleghi. Gli ho risposto che ciò poteva anche essere vero ma che di fronte all'Italia il Ministero era e doveva essere un tutto omogeneo e non era possibile scindere in tal modo le responsabilità. D'altra parte, come egli aveva saputo sbarazzarsi di Ilias Vrioni e di Giafer Ypi, che gli davano fastidio per i suoi piani di politica interna, così, se avesse veramente voluto, avrebbe potuto disfarsi, in ormai quasi un anno di tempo, di quelli dei suoi colleghi che contrastavano le sue idee in materia di politica estera. Kotta mi ha risposto che questa appunto era l'intenzione del Sovrano e la sua e che, per ciò appunto, egli desiderava mettere in chiaro la sua posizione politica nei nostri riguardi: mi invitava quindi a prendere in considerazione le sue dichiarazioni e si dichiarava pronto a discutere con me, quando lo avessi desiderato, qualsiasi questione che ci interessasse.

Ho concluso dicendogli che avrei portato a conoscenza dei miei superiori le sue parole: che per parte nostra non domandavamo di meglio che constatare di esserci sbagliati sul suo conto, ma che era mio dovere prevenirlo che, come per il passato, noi avremmo tenuto conto dei fatti e non delle parole.

Non mi è ancora ben chiaro se in questa sua inaspettata attitudine Kotta abbia agito di sua iniziativa, ad evitare una nostra eventuale azione contraria alla sua permanenza al posto di Primo Ministro, o per ordine del Re. I fiduciari del Re -Ekrem Libohova ed Abdurrahman Mati -vanno confidando, in gran segreto, a destra ed a sinistra che il Re vuoi provocare, probabilmente nella seconda metà di settembre, una crisi di gabinetto: che egli non è contento dei suoi Ministri, che lavorano male. non comprendono le sue idee di politica interna ed estera, non si rendono conto della posizione speciale che l'Italia deve avere in Albania ecc. È ancora prematuro pronosticare come si svolgeranno gli avvenimenti e quali sono le intenzioni del Re: voler credere in un improvviso accesso di sincerità politica da parte sua sarebbe voler essere troppo ottimisti. Probabilmente teme di avere teso un po' troppo la corda e vuole mettere se stesso al sicuro di fronte a qualche eventuale rimostranza del Governo Ita

liano. Quello che per noi ha intanto importanza è che nell'ambiente albanese si dica che il Ministero è in pericolo per la sua politica anti italiana, mentre fino ad ora, e specialmente dopo la caduta di Vrioni, era diffusa l'impressione che, per essere «persona grata », occorreva fare dell'ultra nazionalismo, specie nei riguardi dell'Italia. Se si considera la mancanza di convinzioni politiche e le ragioni ovvie, se pure inconfessabili, per cui tutti mirano a conservare o ad ottenere un portafoglio mini·steriale, queste voci, specialmente se corroborate dai fatti, porteranno a molte conversioni a nostro favore nell'ambiente politico di Tirana.

(l) -Cfr. n. 435. (2) -Il doc. fu visto da Mussolini. (3) -T. 3420/268, che non si pubblica.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, MEDICI (l)

T. (P. R.) PER CORRIERE 10158. Roma, 21 agosto 1929, ore 21.

Suo telegramma n. 307 (2).

Prego comunicare a S. E. Primo de Rivera che ho personalmente ed attentamente esaminati i progetti delle nuove leggi costituzionali spagnuole. La vasta ed importante riforma dell'ordinamento statale da lui progettata mi ha oltremodo interessato e ne seguirò con particolare cura l'attuazione e lo sviluppo. Non ritengo però di potere formulare specifiche osservazioni e tanto meno dar suggerimenti al riguardo, poichè le nuove norme essendo state studiate e prescelte da una perfetto conoscitore della nazione spagnola, quale è Primo de Rivera, non è da dubitare siano perfettamente adeguate agli scopi verso i quali egli ha rivolto le sue direttive politiche.

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IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. R. 3034/1692. Vienna, 21 agosto 1929.

La questione delle « Heimwehren » è qui ora quello che con frase moderna potrebbe dirsi «il problema centrale » della politica interna austriaca: perciò torno a occuparmene.

È innegabile che il loro successo e -benchè quantità non voglia dire sempre forza -la loro potenza almeno morale sono andate in questi ultimi tempi aumentando. L.a loro propaganda tra gli operai, specie in Vienna, mediante conferenze in sale private si va facendo più intensa, e, a giudicarne da qualche sintomo, con risultati favorevoli.

La conferma di questo stato di cose viene da entrambi gli opposti partiti, e mentre Seipel, pubblicamente dichiaratosi di recente in tutto favorevole alle

«Heimwehren », va dicendo in privato che oramai nessun governo borghese può reggersi senza l'appoggio di esse, i giornali socialisti, pur scrivendo che non le temono, non riescono a nascondere una preoccupazione che ,si manifesta con lunghi articoli quotidiani sull'argomento. Essi cercano rincuorare i loro seguaci ricordando che al partito socialista mancano soltanto duecentomila voti per conquistare la maggioranza in Parlamento; ma non è da supporre siano essi stessi convinti che riusciranno ad acquistarli; il punto più alto di ascesa della parabola sembra già attinto e tutto induce a credere che, se non hanno potuto finora con la loro potente organizzazione impossessarsi del governo, molto meno potranno impossessarsene in seguito. I socialisti oggi si contenterebbero di serbare quello che hanno e si tengono sulla difensiva; ma in questi casi fermarsi vuoi dire retrocedere. Si sta qui diffondendo la persuasione che non è possibile il perpetuarsi indefinito del presente stato di cose, e insieme con questa l'altra che i partiti borghesi vanno, sia pure cautamente, prendendo il sopravvento; donde l'accrescersi del numero e l'estendersi della propaganda delle «Heimwehren »· Del resto, data la piccolezza e la posizione centrale dell'Austria, è poco probabile possa a lungo mantenervisi una situazione di politica interna molto dissimile da quella degli altri stati confinanti; ed è certo che in nessuno di essi i socialisti hanno per così lungo tempo ottenuto, mediante la tirannia delle minacce, l'applicazione delle loro più spinte teorie.

Non ho finora creduto probabile un tentativo di cambiamento dello stato di cose in Austria mediante un colpo di testa e di mano delle «Heimwehren », e continuo a non credervi malgrado i morti e i feriti della recente adunata di St. Lorenz (1), i quali vedo fanno scrivere ai giornali socialisti e democratici d'Europa correre l'Austria pericolo di guerra civile. Altri tafferugli vi saranno fors'anche in seguito e parecchi altri morti. Ma saranno isolati episodi, e gli operai di Vienna v'è da credere se ne staranno tranquilli, come sono stati questa volta, perchè i capi socialisti non hanno voglia di correre di nuovo i rischi del 15 luglio 1927, i quali sarebbero adesso maggiori. Nè sembrano temibili i comunisti, che del resto, data l'esistenza di un partito socialista di idee così radicali, sono esigua minoranza. Ad evitare gli effetti delle notizie che essi avrebbero potuto diffondere tra gli operai di Vienna circa i fatti di St. Lorenz, la polizia mandò il giorno seguente, di buon mattino, nelle varie fabbriche di qui propri funzionari a comunicare il testo ufficiale degli avvenimenti; quando più tardi i comunisti si presentarono e tentarono eccitare gli animi con false informazioni furono scacciati dagli stessi operai; e i dirigenti sociaUsti non sanno ora se rallegrarsi o rammaricarsi di questi rapporti diretti fra la polizia viennese e i consigli di fabbrica.

La soluzione da darsi al problema sembra oggi la seguente: si vuol trovare un mezzo legale il quale permetta al governo di raggiungere lo scopo ultimo, che è quello di un mutamento della costituzione a vantaggio del potere centrale borghese e a danno dei socialisti di Vienna, la quale è ,provincia e capitale insieme. A que3to mezzo legale dovrà dare vigore persuasivo sugli avversari la convinzione in essi che esercito, polizia e gendarmeria e «Heimwehren » sono pronte

a usare la forza, inducendoli cosi a concorrere con i loro voti alla formazione della maggioranza di due terzi del Parlamento, necessaria per l'approvazione di una riforma della costituzione.

Steidle e Pfrimer, ca,pi delle «Heimwehren », i quali mi si assicura abbiano messo da parte le loro beghe e rivalità, hanno continui colloqui, in questi giorni, con Schober e Vaugoin, ciò che vuol dire con polizia, gendarmeria ed esercito, e Schober e Vaugoin credono necessario e sufficiente un atto di energia. Ma l'uno e l'altro escludono che esso debba venire dalle «Heimwehren »; vogliono sia legale, emani dal governo e cioè dal Cancelliere. Nell'energia di Streeruwitz nessuno crede, e le «Heimwehren » non hanno più rapporti con lui. Occorrerà dunque un nuovo Cancelliere, deciso ad agire. E questa sembra per ora la questione più importante. Non pare probabile il prelato Seipel, che del resto afferma non volere; chi parla di Vaugoin e chi anche di Stumpf che è candidato di Steidle. Quest'ultimo non sembrerebbe il più adatto, se è da prestarsi fede alle dichiarazioni di Steidle per una politica di più intime relazioni con l'Italia; per quanto forse la responsabilità del potere farebbe mettere giudizio anche a Stumpf. Ma dicono che la moglie non vuole e che lui le dà retta.

Intanto le «Heimwehren » annunciano per il 29 settembre un'adunata importante in quattro paesi intorno a Vienna, e per il primo ottobre dovrebbe decidersi la questione se la Polizia stradale di Vienna abbia da restare governativa o divenire provinciale, n che vuoi dire se debba rimanere tra le mani dei borghesi o passare tra quelle dei socialisti. Da parecchi si crede che quella sarebbe l'epoca in cui si obbligherebbe Streeruwitz a cedere il campo.

Questo è ciò che oggi può dirsi, ove si consideri la situazione con animo pacato a mente serena. Ma, benchÈ1 fondato sull'osservazione e sull'esperienza, la prudenza vuole che si attribuisca ad esso, sia pur contro la convinzione, il carattere di congetture, e che sia fatta la dovuta parte all'imprevisto e imprevedibile.

(l) -n tel. fu inviato a S. Sebastiano, dove Medici si trovava. (2) -Cfr. n. 527.

(l) Allude a un incidente avvenuto in Stiria a St. Lorenz il 18 agosto.

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PROMEMORIA DEL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, PER IL CAPO DELL'UFFICIO SOCIETA DELLE NAZIONI, ROSSO

Roma, 22 agosto 1929.

In relazione ai promemoria riméssigli, n. 241096/1408 e 241955/1437 dei 13 e 20 corrente (1), l'Ufficio IV Europa e Levante, per quanto concerne:

la Petizione di Hassan Bey Prishtina, drca la minoranza albanese in Jugoslavia, non può che rimettersi interamente al parere che verrà manifestato dall'Ufficio Albania;

per la Petizione di Monsignor Stephan, Arcivescovo di Sofia, circa l'uccisione di tre operai bulgari alla frontiera serba, rileva che le direttive seguite, nella particolare questione, da S. E. Scialoja, quale Presidente del Consiglio

S. -d. N., sono state perfettamente conformi alle esigenze della nostra azione politica in Bulgaria, e tali da poter essere, eventualmente, colà opportunamente valorizzate.

La questione prospettata da Monsignor Stephan non costituisce, del resto, che un episodio della numerosa, susseguente, catena di crimini dei quali si dolgono le popolazioni bulgare della frontiera serba, crimini che hanno, recentemente, provocato lo stato di acuta tensione, che ha richiamato l'attenzione delle cancellerie europee e l'attività particolare dei due Governi direttamente interessati, a proposito della mancata ratifica S. C. S. delle convenzioni di Pirot, destinate 2-d eliminare pericolose situazioni alla frontiera della Macedonia serba.

La grave questione -che, momentaneamente, sembra attraversare un periodo di diminuita acutezza -è tuttavia in trattazione. Essa costituisce, evidentemente, il punto critico, decisivo, delle relazioni bulgaro-jugoslave, investendo essa l'assetto macedone. Direttiva nostra è stata finora, contro qualche tentativo britannico di dirigere la questione verso un interessamento internazionale, eventualmente verso la S.d.N., quella di desiderarne, invece, una limitazione -e ciò per evidenti ragioni di opportunità della nostra azione politica -nel campo delle trattative dirette fra Belgrado e Sofia.

Ad ogni modo, per la possibilità -che, sul momento, peraltro, non apparirebbe -che l'argomento dovesse essere portato a Ginevra nella prossima riunione, la nostra Delegazione potrà chiedere, come istruzione di massima, superiori conferme.

(l) -Non si pubblicano.
603

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. (P. R.) PER CORRIERE 10617/1768. Belgrado, 22 agosto 1929 (per. it 28).

Mio telegramma per corriere n. 4929/1744 del 17 corrente (1).

Dal colloquio avuto con S. E. Jeftic, e da ulteriori notizie, parmi risulti confermato che tutte le persecuzioni di cui sono stati oggetto i cittadini italiani in Jugoslavia negli ultimi mesi derivino da disposizioni di carattere generale dettate dal Governo stesso.

Ciò mi conferma che unica possibile difesa sia quella da me prospettata e cioè l'adozione di ben studiate misure di ritorsione o di rappresaglia, solo argomento che finirà con avere efficacia presso questi governanti.

Qualora V. E. approvi questo ordine di idee sarà utile che i RR. prefetti più interessati (Zara, Fiume, Pola, Trieste, Gorizia, Milano) siano invitati a fornire subito a V. E. un quadro esatto dei sudditi S.C.S. dimoranti nella rispettiva giu

risdizione con regolare permesso di soggiorno e quali attività essi esercitino, e di quelli che entrano in Italia con maggiore frequenza per ragioni di commercio.

A proposito di rappresaglie o ritorsioni debbo attirare l'attenzione di V. E. sul fatto che, per quanto ho potuto desumere dalle conversazioni con i RR. prefetti di Fiume e Trieste durante il mio rapido passaggio per quelle città (ne detti notizia preventiva a V. E.) e da altre notizie pervenu!:emi, quelle RR. autorità usano già di tale arma verso i consolati S.H.S. del luogo. Non so se dei dettagli di

ciò V. E. sia a conoscenza, ma ove non Io sia mi parrebbe opportuno che da parte di tutti i RR. prefetti dove trovansi uffici consolari S.H.S. V. E. fosse informata dei particolari della loro azione che se non coordinata quotidianamente da uniche direttive non può dare a mio subordinato giudizio utili risultati generali (1).

(l) Cfr. n. 597.

604

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL SOTTOSEGRETARIO ALLE COLONIE, DE BONO

T. (P. R.) 10497. Roma, 27 agosto 1929, ore 21.

In data 23 corrente il R. ministro in Addis Abeba ha telegrafato quanto segue:

«Arrivo aeroplani acquistati dal Governo etiopico pone questione aviazione in Etiopia poichè non potrà essere mantenuto divieto volo fin qui esistente. Ritengo perciò necessario attirare attenzione V. E. su quanto ho riferito nell'ultima parte del mio rapporto n. 190 in da.ta del 17 dicembre 1928 sulla opportunità di creare uno o due centri aviazione in Eritrea muniti di apparecchi potenti con motori adatti per decollare a queste altitudini. Quello di Assab potrebbe servire per protezione lavori camionabile. Data mentalità Negus è possibile che questi si immagini possedendo tre o quattro aeroplani di avere

aumentato sua potenza e perciò sarebbe salutare oltrechè utile, in caso cambiamenti interno Etiopia, dargli sensazione che l'Italia dispone in vicinanza di potenti mezzi aerei.

Mi permetto inoltre far presente opportunità mettere allo studio ed effettuare appena possibile raid di una nostra squadriglia Asmara-Addis AbebaMogadiscio».

Questo ministero ritiene degne della massima attenzione le proposte fatte

dal R. ministro in Addis Abeba e prega l'E. V. di voler esaminare la possibilità

di riorganizzare e rendere efficienti le nostre basi di aviazione delle colonie del

l'Africa Orientale e specialmente della Eritrea, considerando anche che Negus

Tafari ha finito per ottenere dall'Europa anche gli aeroplani che finora si era

cercato con ogni mezzo di non fargli pervenire.

42 -Documenti dipLomatici -Serie VII -Vol. VII

(l) Cfr. il telespr. 5712 del 29 agosto, a firma Guariglia, al ministero dell'Interno, col quale si chiedevano informazioni sui cittadini jugoslavi residenti in Italia per l'eventualità di adottare nei loro confronti misure di ritorsione.

605

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA

T. (P. R.) 10740/674. Costantinopoli, 29 agosto 1929, ore 17 (per. ore 20,30).

Seguito precedente telegramma (l) assolutamente personale per S. E. Guariglia.

Bisognerebbe poi che rappresentanti Ansaldo a Angora fossero meno nervosi, più prudenti nel loro parlare in pubblico e cessassero: l) di fare una cosa sola dell'Italia con Ansaldo; 2) di affermare che S. E. M.ussolini avrebbe fatto rompere i contratti con gli altri cantieri italiani se quello con Ansaldo andasse a monte; 3) di affermare che sono in giuoco interessi ben maggior·i la cui accettazione rimane subordinata all'accordo con Ansaldo ecc. Ora poi si aggiungono le dicerie suscitate dal fatto che Ansaldo ha accusato Viotti di avere lavorato a danno di lei. In seguito tale accusa Viotti ha telegrafato qui a molta gente domandando intervento presso R. Governo onde essere pure purgato da questa accusa. Tutto ciò ha ammorbato con nostro pregiudizio atmosfera di quel piccolo centro che è Angora e impone a me ai miei collaboratori massima riserva e tatto. Certo se quando io ne feci il primo accenno, Cavallero fosse qua venuto, la questione sarebbe stata a quest'ora già regolata e Ansaldo probabilmente avrebbe avuto ordinazione altri due cacciatorpediniere. Spero tuttavia che questione sarà sistemata anche senza sua venuta. Se necessario telegraferò. Per parte mia e della R. ambasciata sarà portato a ciò massimo interesse.

606

IL SOTTOSEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. STRETTAMENTE CONFIDENZIALE RR. 41. Ginevra, 30 agosto 1929.

Ho l'onore di trasmettere in allegato all'E. V. un rapporto (2) di particolare interesse del corrispondente dell'Agenzia Stefani a Ginevra, Signor Terragni sul movimento sionista.

Il Signor.Terragni ha redatto tale rapporto valendosi delle note prese durante il 16" Congresso sionista, riunitosi dal 20 luglio all'll agosto a Zurigo nonchè delle numerose interviste da lui avute con quasi tutte le più importanti personalità convenute al Congresso.

Attiro in modo particolare l'attenzione dell'E. V. sulle questioni trattate dal Terragni : a) l'aUargamento deUa « Jewish Agency ».

Tale Ente è espressamente riconosciuto nel testo del mandato sulla Palestina, come il rappresentante ufficiale presso la potenza mandataria degli interessi della popolazione ebraica in tale territorio.

L'avvenimento nuovo, destinato ad esercitare una profonda influenza sull'orientamento della politica inglese verso il sionismo, è l'intesa corsa tra i sionisti e alcuni circoli finanziari nord-americani per spingere a fondo l'opera di colonizzazione ebraica in Palestina. In contraccambio i Sionisti hanno ceduto ad elementi non sionisti e per la maggior parte nord-americani il 50 % dei posti negli organi direttivi della « Jewish Agency ». Si ha in tal modo una vera e propria penetrazione americana, per il tramite e a rincalzo del sionismo, nel territorio della Palestina.

Come accenna il Terragni, i finanzieri più importanti impegnati in tale movimento sono Felice Warburg e Luigi Marshall di New York che hanno sottoscritto durante la sessione stessa 100.000 sterline ciascuno.

Quali rapporti corrano tra le decisioni predette e i recenti progroms antiebraici in Palestina è difficile dire. Certo è legittimo il dubbio che la potenza mandataria non debba vedere con eccessiva simpatia la possibilità di una penetrazione nord-americana in un territorio come la Palestina, che per la sua situazione geografica ha una così delicata funzione nella compagine dell'Impero Britannico. Tanto più che oltre una main-mise finanziaria nord-americana si avrebbe per gli accordi predetti, un vero e proprio orientamento della popolazione ebraica in Palestina verso l'America. E poichè coi nuovi appoggi finanziari l'immigrazione sionista verrebbe considerevolmente ad accentuarsi, si creerebbe una situazione che non potrebbe non suscitare le preoccupazioni britanniche.

La ripercussione particolarmente sensibile che i fatti di Palestina hanno avuto negli Stati Uniti e le insinuazioni formulate dalla stampa contro la politica filo-araba della potenza mandataria, lasciano supporre che dietro la lotta tra Ebrei ed Arabi in Palestina si svolga un duello d'influenze tra Inghilterra ed America.

b) Accuse di un movimento antisemita in Italia.

Meritevole non meno di rilievo è l'accenno del Terragni alle lamentele corse, nel recente convegno di Zurigo, su una politica ostile agli Ebrei attribuita al Governo italiano. Non si tratta che di critiche assai vaghe che, come giustamente osserva il Terragni, sembrano esser piuttosto l'eco di voci a bella posta diffuse dai rifugiati italiani col probabile intento di avere dalla parte loro l'appoggio morale e materiale degli elementi ebraici nel mondo.

Unisco al rapporto del Terragni gli atti e la documentazione del Congresso nonchè alcune pubblicazioni sul movimento sionista.

Se l'E. V. riterrà interessante lo studio che il Terragni ha fatto, per mio suggerimento, essendomi noto il particolare interesse che l'E. V. porta a problemi di tal genere, Le sarei grato di volermi autorizzare a fargli pervenire una Sua parola di compiacimento (1).

(l) -T. (p. r.) rr. 10707/673, che non si pubblica. Si riferisce alla vertenza per la quale cfr. p. 608, nota 2. (2) -Non si pubblica.

(l) Annotazione marginale di pugno di Grandi: c Preparare lettera elogio Terragni ».

607

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. R. 3183/1768. Vienna, 31 agosto 1929.

L'adesione della Lega dei contadini della Bassa Austria alle «Heimwehren » della quale con il mio telespresso n. 3122/1736 del 29 agosto u. s. (l) mi sono limitato a dare obiettiva notizia, è l'avvenimento più notevole della politica interna autriaca di quest'ultima settimana, se anche non voglia dirsi di queste ultime settimane, e come tale meritevole di qualche commento.

L'importanza dell'avvenimento appare dal numero stesso dei membri della Lega, circa centomila, ed è confermato dai commenti dell'Arbeiter-Zeitung che concludono con l'appello agli operai di rispondere a questa adesione iscrivendosi tutti quanti siano capaci di portare le armi al « Republikanischer Schutzbund », o corpo militarizzato socialista.

L'importanza è, secondo me, duplice. Innanzi tutto diminuisce anche più la possibilità di un colpo di mano delle «Heimwehren » su Vienna, possibilità che del resto ho sempre considerata vaga per deficienza in esse di energia e di preparazione. Una minoranza che intenda agire sarà, entro certi limiti, tanto più tratta ad usare la violenza quanto più scarsi i suoi componenti, poichè in tale caso la forza serve a supplire al numero. Ma il proposito nelle « Heimwehren » di una azione violenta e indipendente, che esisteva inizialmente in alcuni dirigenti, attenuatosi già per l'appoggio ad esse dato dalla maggioranza parlamentare, deve vieppiù attenuarsi quando, come ora, notevole parte non più solo di questa maggioranza bensì anche degli stessi suoi elettori aderisce pubblicamente ed esplicitamente al movimento. L'avvenimento è notevole anche per un secondo motivo, derivante dal primo. Addomesticate come adesso si palesano queste « Heimwehren », la loro importanza più che nel numero, a quanto si ripete non grande, di armati che esse potrebbero dare, sta nell'opera di propaganda che compiono nel paese, nonchè nell'appoggio extraparlamentare che possono prestare alla maggioranza parlamentare il giorno in cui questa voglia procedere alla riforma della costituzione. Più grande quindi il numero degli aderenti al movimento, più giustificata e più vigorosa potrebbe essere l'azione che questa maggioranza si proponesse compiere nel Parlamento per un mutamento della costituzione in senso anti-socialista. È innegabile che una lotta vittoriosa contro la potenza di questi, forse più che socialisti, bolscevichi non può essere condotta senza il sostegno dell'opinione pubblica borghese. E allo stesso modo che tre anni fa doveva riconoscersi la difficoltà, o meglio l'impossibilità, per i vari Gabinetti Seipel di intraprendere tale lotta a causa dell'indifferenza o meglio dello scetticismo, se anche non voglia dirsi della paura, della borghesia austriaca, si deve oggi riconoscere che, attraverso il lento processo iniziatosi dopo il 15 luglio 1927, questo stato d'animo è mutato. La situazione sta capovolgendosi: la paura è passata ai socialisti, e il coraggio ai borghesi, i quali van

no convincendosi che possono vincere. Quest'è condizione necessaria, benchè non sufficiente, per l'auspicato mutamento nello stato delle cose, ed èj merito principale delle « Heimwehren » di essere riuscite a porla in atto.

Tali sono l'avvenimento saliente e il punto importante che mi premeva fissare e sul quale intendevo attirare l'attenzione di V. E. Meno interessante, almeno per ora è, oltre alla ragione palese, la recondita per la quale l'adesione della « Lega » alle «Heimwehren » è avvenuta. Quest'adesione, che sembra stata promossa da Seipel, avrebbe, a detta dei socialisti, lo scopo di trarre le «Heimwehren » dal lato dei cristiano-sociali, ai quali la «Lega » stessa appartiene, a danno dei «Landbiindler » o agrari i quali, pur facendo parte della maggioranza lottano da anni contro i cristiano-sociali per portar via loro il voto dei contadini. E, sempre secondo i socialisti, ciò che del resto sembra verosimile, è dovuto appunto al disegno dei « Landbiindler », di non essere da meno dei cristiano-sociali nel cercare di guadagnarsi il favore delle « Heimwehren », la richiesta da loro testè presentata al Cancelliere perchè sia presa una decisione sollecita sulle loro proposte di riforma di costituzione, proposte che in gran parte coincidono con i postulati delle « Heimwehren » e di cui i punti principali sono tutti volti a rendere definitivamente forti gli ordinamenti statali borghesi, già alla mercede dei socialisti. (Mio teleposta n. 1758 del 3 settembre) (1). Al quale proposito è da aggiungere che anche i pangermanisti hanno manifestato nella loro stampa opinioni analoghe a quelle degli agrari circa la riforma della costituzione. Ma su ciò avrò occasione di tornare con altro mio rapporto.

Questo avvenimento dell'adesione della Lega dei contadini della Bassa Austria alle « Heimwehren » è una ragione di più per perseverare nella convinzione che nulla di grave e di tragico avverrà in Vienna, e che dopo la ricostituzione economica l'Austria si avvia a compiere quella pollitica con parecchia violenza verbale ma poca sostanziale e con graduali accettazioni di molte se non di tutte le richieste borghesi da parte dei socialisti. V'è da credere che tutto si accomoderà un po' alla volta con il minore possibile intervento dell'elemento tragico, come del resto si conviene a quella Vienna che è patria dell'operetta e capitale di una repubblica proclamata, per cosi dire, 'con decreto imperiale.

Nonostante però il modo tipicamente austriaco con cui tale «rivoluzione» sembra andarsi pacificamente attuando, e nonostante che essa lungi dall'indebolire rafforzerebbe gli attuali dirigenti borghesi, non può negarsi che i risultati di questo futuro stato di cose sarebbero ~i notevole importanza per la Repubblica.

La vittoria della borghesia ,sul socialismo bolscevizzante farebbe sentire i suoi effetti oltre che sulla politica interna anche su quella estera dello Stato. Sarebbe prevedibile un attenuarsi dell'intimità dei suoi rapporti con la Germania finchè rimanessero colà al potere i partiti di sinistra, e con ciò, entro tali limiti, un affievolirsi del movimento per l'annessione; un maggior ritegno a stringere più intimi legami con la Cecoslovacchia; un miglioramento invece delle relazioni con l'Ungheria. Ma quello che a noi più preme è la ricerca degli

effetti sulla politica con l'Italia e conseguentemente dei vantaggi e degli svantaggi per questa. È certo che ci sarebbe di vantaggio avere ai nostri confini uno Stato retto da un Governo borghese forte, oltre che per tante ovvie ragioni, per questa anche: che si tratta meglio con un Governo il quale ha la libertà di contrarre impegni e è capace di mantenerli che non con un Governo legato e indebolito nella sua azione da timore e da fiacchezza di fronte ai socialisti. Ma un Governo borghese forte, specie se imbaldanzito da una vittoria venuta dopo lunga attesa e lungo avvilimento, sarebbe forse tratto ad eccedere nel desiderio di voler far dimenticare la debolezza passata con la susseguente energia. E se dalla fine della guerra ad oggi la questione dell'Alto Adige non è qui diminuita d'importanza tra le gravi difficoltà interne di partiti, quale importanza potrebbe assumere quando tali difficoltà fossero state sormontate? I segni premonitori non sono mancati, malgrado la quasi costante prudenza di parole e di opere serbata fino adesso dalle « Heimwehren ». Fra essi come il più recente ma non certo ultimo, può annoverarsi un discorso di Seipel (mio teleposta n. 1761 del 3 settembre) (l) nella passata settimana nel quale egli ha dichiarato di andar dando contenuto ideale e scopo pratico al movimento delle « Heimwehren » e

in cui, parlando sia di minoranze sia di Stati imperialisti, ha fatto all'Italia, pur senza nominarla, allusione per me assai chiara.

(l) Non si pubblica.

(l) Sic, ma l'incongruenza si spiega probabilmente col fatto che il presente documento, pur datato 31 agosto, fu inviato a Roma con la stessa spedizione con cui vi fu inviato il successivo teleposta 1758.

608

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. (P. R.) R. 10846/682. Beyeglu, l" settembre 1929, ore 23 (per. ore 1,45 del 2).

Ministro Esteri mi ha detto che maresciallo Fevzi pascià capo stato maggiore ha deciso in favore dei « Savoia » italiani il grande problema da tempo dibattutosi per la costruzione di nuovi idrovolanti per difesa nazione. Sono .stati per ora comandati 12 idrovolanti alla casa italiana ma previ'Sti ne sono 60. Questa decisione che rappresenta una grande vittoria dell'industria italiana sulla forte concorrenza francese e tedesca è dovuta, mi diceva Tewfik pascià, alla grande impressione che sull'animo del maresciallo hanno suscitato due fatti: il successo della crociera guidata da S. E. Balbo e la prova di amicizia data da V. E. a questo popolo con l'offerta dei 2 cacciatorpedinieri tipo « Dardo » (2).

Adesso con l'ottenere ai nostri cantieri la ·costruzione di unità navali per

la marina da guerra turca e colla ordinazione dei « Savoia », la predominanza

nella idroaviazione militare turca ha aperto un campo ben promettente per noi

e ha conquistato per nostra politica nel bacino orientale del Mediterraneo due

forti posizioni.

(l) -Cfr. nota precedente. (2) -Nel maggio 1929 il Governo turco aveva commissionato alla ditta Ansaldo due cacciatorpediniere, durante la costruzione dei quali era nata una vertenza perchè l'Ansaldo si rifiutava di installare sulle due navi alcuni impianti. La vertenza fu risolta in agosto in seguito all'intervento di Mussolini che decise di cedere al Governo turco altri due cacciatorpediniere tipo • Dardo •.
609

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3661/688. Costarntinopoli, 2 settembre 1929, ore 15,10 (per. ore 18,10).

Tewfik pascià mi ha detto che segue con grande attenzione movimento arabico scatenato in Palestina, .poichè esso può essere il principio di una insurrezione panarabica ai danni della Francia Italia Inghilterra Turchia pure se verrà valorizzandosi il principio del movimento che porterà la Mecca e l'Arabia all'Egitto. Il movimento è fomentato da Egitto e dai circoli nazionalisti di Damasco. Peraltro nell'attuale tendenza rivoluzionaria vi ha la mano anche .della III internazionale, ma il pericolo serio viene da tendenza panarabica. Governo turco non ha alcun interesse a patrocinarla anzi ha nel problema interesse solidale con Italia e con le altre potenze europee.

610

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 3665/693. Costantinopoli, 2 settembre 1929, ore 21 (per. ore 23,45).

Ho trovato Tewfik pascià stanco. Mi diceva che l'estate torrida l'aveva ridotto proprio malamente. Attende nei prossimi giorni ritorno di Ismet pascià; verrà allora Costantinopoli dove resterà tre o quattro settimane continuando però a dirigere ministero Esteri. Per questo anno ha rinunziato anche per ragioni d'economia recarsi all'estero. L'ho felicitato per firma convenzione commerciale con Francia ·che è proemio dei patti di conciliazione e di neutralità attualmente in gestazione, accordi questi che secondo il pensiero di molti costituiscono qualche cosa di più che una semplice détente tra Francia e Turchia; un ritorno agli antichi amori. Tewfik pascià ha avuto l'aria di non gradire queste mie parole dette in tono scherzoso e con un lungo ragionamento ha voluto dimostrarmi che egli si mantiene coerente alla linea di condotta esposta a V. E. e da lei approvata. Détente verso Francia alla quale si è applicato quando momento gli è sembrato opportuno e dopo aver 'COnosciuto pensiero di lei procede normalmente ma non oltrepassa per il momento certi limiti. Ciò hanno ormai capito il Quai d'Orsay, Fethi bey e Chambrun. Se io potessi, diceva il ministro, vorrei cedere mio posto a Fethi bey. Vivendo fra noi egli e con lui i suoi ammiratori si accorgerebbero non potervi essere per Turchia altra politica che quella da me fatta. Questa del resto non è che quella segnata da Gazi e ormai entrata nell'animo di tutta la nazione. Il presente telegramma continua.

611

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3667/694. Costantinopoli, 2 settembre 1929, ore 21 (per. ore l dd 3).

Il presente telegramma fa seguito a quello avente il numero di protocollo precedente.

So bene (continuava) che i dirigenti di Mosca sempre ansiosamente preoccupati dell'accerchiamento e dell'isolamento si agitano contro questa mia politica, so bene che alcuni circoli francesi presenteranno détente in corso come un successo della Francia e come un ritorno alla passata influenza francese in Turchia. Ma io non mi preoccupo nè degli uni nè degli altri. Turchia non sarà alla dipendenza di alcuno. Io seguirò mia politica che so vantaggiosa al paese e approvata da S. E. Mussolini il quale benevolmente ci dimostra con fatti la fiducia che ha in noi e il valore dell'amicizia turca. Tewfik pascià poi continuava dicendomi che recenti avvenimenti e fra l'altro l'aver ammiragliato inglese dislocato cinque grandi unità della flotta del Mediterraneo a quella del Pacifico ammaestrano che nonostante la burrasca dell'Aja intesa anglo-francese almeno per Mediterraneo sussiste. Anche in considerazione di ciò Turchia deve continuare nella salda e al di sopra di tutto amicizia con l'Italia. Egli concludeva con preghiera di fare conoscere a V. E. che del patto di conciliazione e neutralità con Francia parlerà Fethi bey al suo ritorno a Parigi e liberato il terreno da alcune difficoltà anche questo patto sarà urgentemente firmato ma che nonostante ciò politica turca rimarrà anche nella sua intonazione tale quale egli ha esposto.

612

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. R. 3977/1243. Washington, 4 settembre 1929.

Ho l'onore d'informare l'E. V. che il 15 agosto u. s., il Reggente il Consolato in Cleveland mi informava che l'avv. Giuseppe Giulius era stato eletto Sindaco di Campbell, Ohio, riportando notevolissima maggioranza sul competitore Mr. T. Roy Gordon. Il suddetto Console mi informava che la collettività italiana era giubilante per la vittoria del nostro connazionale. Risposi al R. Console con il telegramma che trascrivo qui appresso:

«Sono molto contento apprendere prova di fiducia data da Campbell ad un suo concittadino di origine italiana et La ringrazio della Sua comunicazione. Prendo occasione di questo per ripeterLe che autorità italiane non partecipano né direttamente né indirettamente ad alcuna attività che abbia connessione con la politica elettorale anche se come est naturale esse siano soddisfatte di constatare il successo degli americani di origine italiana».

Il R. Console in data 16 agosto mi assicurava circa l'azione di quelle RR.

Rappresentanze con il rapporto che qui pure trascrivo:

«Con riferimento a telegramma in data di ieri, ho l'onore di dar assicurazione all'E. V. che tanto ii sottoscritto, come gli Agenti Consolari dipendenti non hanno mai partecipato a nessuna attività che possa far sorgere il sospetto di una qualsiasi intromissione nella politica americana, e già da parecchio tempo ho dato disposizioni in proposito allorchè l'Agente di Akron, Signor Gullia mi chiese se poteva interessarsi alle elezioni di un giudice di origine italiana.

Ed infatti allorchè in conversazioni amichevoli sono stato richiesto da

Americani di esprimere qualche mia opinione sulla loro politica, ho sempre e

invariabilmente risposto che si tratta di cosa sulla quale non posso pronunziarmi

perchè a me estranea».

P. S. -L'organizzazione progressiva degli italo americani come forza elettorale è ormai un fatto incontestato. Anzi negli ambienti parlamentari americani esso viene solitamente esagerato oltre la effettiva realtà. Questo fatto costituisce solamente un lato del complesso fenomeno del risveglio della coscienza italiana nella massa itala-americana. Tuttavia il successo è subordinato ad una condizione assoluta, come ho più volte riferito: evitare con ogni cura un movimento di opposizione a base di nazionalismo americano. Tale movimento (di cui non manca qualche sintomo) si verificherebbe inevitabilmente se pre,stassimo il fianco all'accusa di ingerenze di RR. Autorità nelle elezioni.

Questo dico anche nei riguardi della delicatissima situazione che si presenta a New York per la elezione del Sindaco.

613

APPUNTO (l)

Roma, 4 settembre 1929.

Les derniers événements ont muri la situation en Autriche. Le sang versé a renforcé l'esprit offensif des masses de la Heimwehr. Aussi les dirigeants du mouvement nous font-ils dire que contrairement aux dispositions antérieures ils pensent à déclancher la bataille décisive déjà dans les premiers jours du mois d'Octobre. Par conséquent ils nous prient de leur faire parvenir d'urgence les subsides promis.

D'autre part d'un rapport secret du leader socialiste Bauer dont on a eu confidentiellement connaissance il ressort que celui-ci considère la guerre civile en Autriche comme imminente et inévitable. Il croit que les combats commenceront vers la fin septembre.

Dans le meme rapport le dr. Bauer porte à la connaissance de la direction du parti socialiste que pour etre préparé a toute éventualité il a pris d'ores et déjà sur sa propre responsabilité les mesures suivantes:

l. -Il a réorganisé le Schutzbund républicain de façon qu'actuellement ses forces sont de 30 % supérieures à celles des Heimwehrs. Ceci a été fort probablement dit pour encourager les meneurs socialistes. L'assertion est en tous !es cas exagérée. 2. -Il a établi le front unique avec les communistes contre les Heimwehr,s. 3. -Il a réussi d'obtenir l'appui d'une tierce puissance. Le Gouvernement de ce pays soutient dès maintenant d'une façon considérable les socialistes autrichiens et il a promis de les appuyer davantage tant moralement que matériellement pendant la lutte. Ce Gouvernement avait déclaré en meme temps qu'il n'admetterait pas que «les fascistes prennent pied en Autriche ». D'après le dr. Bauer les socialistes autrichiens sont assurés contre cette éventualité menaçante.

Il est évident que cette tierce puissance mistérieuse ne peut etre que la Tchéco-Slovaquie dont le Gouvernement est dans une espèce d'alliance avec les Socialistes de Vienne. Aussi c'est bien Prague qui a livré et qui livre sans discontinuer les armes au Schutzbund.

Les chefs des Heimwehrs demandent des contre-mesures urgentes de la part de leurs alliés c. à. d. l'envoi des subsides (1).

(l) -L'appunto, redatto evidentemente dalla legazione di Ungheria a Roma, segue la falsariga della lettera di Khuen-Hedervary a Wodianer, Budapest 3 settembre 1929 (testo in KEREKES, Akten, pp. 325-326. Cfr. anche xo., Abenddiimmerung, p. 42).
614

IL CAPO GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, MAMELI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BOSCARELLI

T. (P. R.) 10982/653. Roma, 6 settembre 1929, ore 24.

Giornale Ami du Peuple in data 31 agosto edizione della sera pubblica articolo circa congresso autonomista brettone che avrà luogo a Rennes il 7 e 1'8 corrente.

S. E. Capo del Governo desidera che lavori congresso vengano seguiti ed essere informato in proposito (2).

615

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO DELLE FINANZE, MOSCONI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, BOSCARELLI.

T. 1885. Roma, 7 settembre 1929, ore 21.

(Per Finanze e Parigi). Il R. ambasciatore ad Angora in data 28 agosto ha riferito quanto segue: «II Governo turco, riavuta nelle proprie mani amministrazione e gestione della Adana-Mersina, si sta ora attivamente adoperando per riscattare la conti

Walko si recò a Roma, dove ebbe un colloquio con Mussolini il 10 settembre (cfr. KEREKES, Akten, pp. 326-328). Non si è trovata documentazione sul viaggio di Walko. Parimente non si è trovata documentazione sul soggiorno che fece a Roma Gombos il 25-29 agosto, dopo aver assistito alle manovre militari in Piemonte.

nuazione della linea fino alla frontiera siriana. È da tempo perciò in trattative con la Deut.sche Bank, ma per aver la maggioranza delle azioni gli occorrerebbe quel pacco di azioni che trovasi tuttora presso la commissione riparazioni Parigi. Per aver quello stesso pacco stanno lavorando i francesi per farlo pagare caro poi ai turchi e per ostacolare a questi il desiderato riscatto, nell'intento di piegare l'opposizione che negli ambienti direttivi di Angora .si continua a fare ai tentativi della Banca Ottomana di riporre questo paese sotto la egemonia del capitale francese. Richiamo attenzione di V. E. su quanto precede affinchè avendo anche il R. Governo da dire una parola sulle sorti di quel pacco di azioni questa parola non venga a noi strappata di sorpresa ma sia, come non ne dubito, intonata ai nostri interessi politico-economici .particolari in questo paese ».

Questo ministero ha diretto al R. ambasciatore ad Angora il seguente telegramma :

(Per tutti). Rapporto di V. E. n. 5380/806 del 28 agosto. R. Governo non avrebbe difficoltà considerare benevolmente desiderio turco riscattare pacco azioni tuttora presso commissione riparazioni Parigi. V. E. informi a titolo confidenziale Tewfik Russdi bey di queste nostre favorevoli disposizioni che potrebbero eventualmente e dietro richiesta Governo Angora concretarsi nell'invio opportune istruzioni nostra delegazione commissione riparazioni. Rimango attesa sue comunicazioni.

(l) Annotazione a margine di Grandi: • L. 4 milioni e mezzo •.

(2) Boscarelli rispose con un lungo rapporto (n. prot. 5336/3025, Parigi 27 settembre) che non si pubblica.

616

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI

T. 1888/243. Roma, 9 settembre 1929, ore 24.

Il telegramma per corriere n. 4931/1746 del 17 agosto scorso (1), nel quale

V. S. riferisce la sostanza di alcune dichiarazioni fattele, nel cor.so di un recente colloquio, dal signor Jeftich a proposito delle relazioni italo-jugoslave ha richiamato la particolare attenzione e l'interesse di S. E. il Capo del Governo. Come la

S. V. ben sa un miglioramento efficace delle relazioni stesse è •Costantemente rientrato nelle direttive politiche del R. Governo, il quale attende che consimili disposizioni da parte del Governo S. C. S. abbiano per effetto di creare costà atmosfera adatta al fine perseguito. Rilevo che la S. V. ha intanto avuto già occasione di far presenti al signor Jeftich casi e situazioni di dettaglio che debbono essere prontamente risolti e modificati allo scopo di non peggiorare lo stato di cose esistente.

(l) Cfr. n. 598.

617

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3764/54. Vienna, 10 settembre 1929 (pe1·. il 14).

Telegramma per corriere di V. E. n. 1847 in data 31 agosto (l) e telegramma àel R. ministro in Belgrado n. 3629 del 27 agosto u. s. (1).

Non ho notizia che la Francia abbia in questi ultimi tempi, prendendo occasione del nuovo stato di cose che si va qui effettuando, rinnovato consigli per l'entrata dell'Austria in quella confederazione economica danubiana che progetta inutilmente da anni e che dovrebbe essere il primo passo a un'unione politica di questa repubblica con gli stati della Piccola Intesa. Ma un tentativo è stato effettivamente rinnovato da Benes con il nuovo cancelliere (mio teleposta n. 1698 del 22 agosto u. s.) (l) nella speranza che questi si mostrasse più arrendevole di Seipel, tentativo nel quale quegli ha ripresentato la vecchia proposta di una più stretta unione economica fra le due repubbliche, limitata per ora a queste e da estendersi forse in seguito ad altri stati successori. Nulla mi lascia credere che le assicurazioni datemi dal segretario generale Peter, secondo cui Streeruwitz non avrebbe preso impegni di alcuna ,specie, non siano vere; mentre le recentissime dichiarazioni tranquillanti fatte pubblicamente dal capo di questo partito dei pangermanisti, i quali sono per ovvie ragioni particolarmente ostili a qualsiasi speciale intesa con la Cecoslovacchia, mi confermano nella mia opinione. Più stretti vincoli dell'Austria con la Cecoslovacchia, i quali potrebbero poi essere avviamento all'entrata di quella nella Piccola Intesa, sarebbero solo concepibili con un Gabinetto austriaco il quale o fosse composto di soli socialisti o quanto meno avesse alcuni socialisti fra i suoi componenti. Benes lo sa, e per questo da anni vi si adopera quanto può, tenendosi in continui rapporti con i capi di questo partito socialista e servendosi dei numerosi giornali viennesi da lui pagati, per propugnare qui l'opportunità di un Gabinetto borghese-socialista, sotto lo specioso pretesto che esso sarebbe l'unico modo per metter fine alla lunga e aspra lotta tra i due campi e per rendere senza turbamenti la pace interna a questo stato. Ma se i progetti di Benes non sono riusciti finchè la borghesia era più debole dei socialisti, molto meno è da credere possano riuscire ora in cui, rafforzatasi materialmente e spiritualmente con la costituzione delle «Heimwehren », essa va,

come appare da molti segni, prendendo il sopravvento.

(l) Non si pubblica.

618

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA R. 3246/1791. Vienna, 10 settembre 1929.

Telespresso di V. E. in data 28 Agosto n. 243793/661 (1). Il R. Consolato Generale in Innsbruck è in grado, assai meglio che non questa

R. Legazione, di accertare il fondamento delle informazioni sull'argomento in oggetto (2).

La ricerca mi sembra abbia per noi particolare importanza giacchè, qualora essa giungesse a stabilire che quelle notizie sono, in tutto od in parte, vere, si confermerebbe l'opportunità di un nostro contegno assai cauto verso le «Heimwehren ». Io sono sempre stato dell'opinione che questo loro movimento presenti per noi non solo vantaggi ma anche inconvenienti, di peso almeno uguale. Dato che tale movimento va qui prendendo sempre maggiore importanza e dato che esso potrà giungere a dare alle «Heimwehren » una effettiva partecipazione alla cosa pubblica, è bene che da parte nostra si mantengano con loro amichevoli rapporti. Ma dato anche che a questa effettiva partecipazione è assai probabile corrisponda poi una più attiva politica estera ed un maggiore interesse all'Alto Adige, è altrettanto bene che l'amicizia nei nostri rapporti con loro abbia manifestazioni verbali soltanto, e che essa non escluda l'esercizio di una oculata vigilanza e l'assunzione dei provvedimenti che in conseguenza di questa apparissero opportuni.

619

PROMEMORIA DEL CORRISPONDENTE DA VIENNA DEL POPOLO D'ITALIA, MORREALE (3)

Vienna, 10 settembre 1929.

Il giorno 9 settembre previo avviso telefonico, il signor Alexich è venuto a trovarmi in ufficio per informarmi che il maggiore Pabst desidererebbe vedermi ed aggiunge di aver fatto ricerca di me un paio di volte durante la mia assenza. Mi raccomanda la massima discrezione a suo riguardo, essendo egli in servizio diplomatico attivo presso il governo austriaco. Viene fissato il convegno come sopra.

Alto Adige.

Per incominciare il Pabst dice di essere stato informato che nei circoli politici italiani vi è una certa diffidenza per il movimento delle Heimwehren perchè. questo appoggerebbe, sopratutto in Tirolo, il movimento irredentista per l'Alto Adige. Pabst ci tiene a dichiarare esplicitamente che quest'ultima •presunzione

è affatto infondata, ripete le assicurazioni datemi già da Steidle in merito nell'Aprile scorso (1), aggiunge che i capi delle Heimwehren non possono chiaramente manifestare la loro opinione che dell'Alto Adige non si debba parlare per non creare disappunti o peggio abbandoni da parte dei tirolesi affiliati alla organizzazione. Fa grandi professioni di riconoscimento della potenza dell'Italia e del buon diritto italiano di amministrare come il Governo crede più opportuno la regione mistilingue oltre il Brennero. La campagna irredentista è condotta da pochi caporioni che ci campano sopra (Reut Nicolussi, Mummelter e C.i) ed i capi delle Heimwehren si ripromettono di allontanarli dal campo della loro azione non appena avranno maggior voce in capitolo. Sarebbe per contro desiderio dei capi delle Heimwehren che l'Italia faciliti la loro azione di riavvicinamento accordando qualche soddisfazione di carattere culturale ai tedeschi d'Alto Adige.

Chiarisco al signor Pabst:

che l'Italia non può restare indifferente ad una propaganda irredentista che ha vero e proprio carattere di rivendicazione territoriale, come può constatare chiunque faccia una visita ad Innsbruck, guardi le vetrine dei librai, chiacchieri con qualcuno;

che l'Italia non può restare indifferente alla circostanza che oltre a fuorusciti, come Reut Nicolussi, personalità ufficiali, come il capitano provinciale Stumpf, non lasciano passare occasione per acuire l'irredentismo in Tirolo;

.che per quanto personalmente mi consta, il nuovo prefetto di Bolzano Marziali si è andato guadagnando le simpatie degli alloglotti altoatesini e che, infine, una diminuzione della ~propaganda irredentista in Alto Adige non potrà mancare di avere una favorevole ripercussione dall'altra parte del Brennero.

Relazioni coll'Italia.

Parlandomi dell'ottima volontà dei capi delle Heimwehren di tenersi nei migliori rapporti col Fascismo e con l'Italia, il Pabst mi dice che talvolta gente di Innsbruck, per amor di compenso, si presenta a quella autorità consolare italiana a far pretese rivelazioni circa atteggiamenti e misure delle Heimwehren ostili all'Italia. Il Pabst afferma che si tratta di invenzioni ed aggiunge che non gli è stato difficile dimostrare al signor Console Ricciardi, a più riprese ed in casi concreti, la tendenziosità o la falsità di quelle informazioni.

Atteggiamento della stampa italiana verso le Heimwehren.

Il Pabst lamenta che la grande maggioranza della stampa straniera è orientata contro le Heimwehren. L'avversione della stampa cecoslovacca si tira dietro quella della stampa francese e della Piccola Intesa. Fa eccezione l'Ungheria: la stampa italiana si è mostrata finora indifferente. I capi del movimento austriaco annettono molta importanza ad un accorto interessamento della stampa italiana nei loro riguardi. Sarebbe altresì molto opportuno che venisse pubblicato ufficiosamente ed autorevolmente in Italia che l'Italia praticamente si disinteressa alle lotte interne austriache e tutt'al più può augurarsi la vittoria di quella parte in lotta che potrà assicurare all'Austria un governo forte e .stabile. Ciò allo

scopo di sventare la campagna di coloro che sconsigliano il passaggio all'azione incutendo il timore di un intervento territoriale da parte degli stati confinanti.

Rammento al Pabst che la Legazione d'Italia a Vienna smentì rapidamente e pubblicamente il deputato Kunschak allorchè questi, qualche mese fa, affermò in un suo discorso che in occasione dell'adunata delle Heimwehren del 7 ottobre a Wiener Neustadt, l'Italia si era preparata ad un intervento armato ed aggiungo che personalmente terrò in considerazione il desiderio sopra espresso.

Mezzi finanziari delle Heimwehren.

Il Pabst mi informa esplicitamente che le Heimwehren hanno bisogno di aiuti finanziarii e mi fa capire che li accetterebbero volentieri «dagli stessi industriali che finanziarono la marcia su Roma», intendendo alludere in tal modo ad un aiuto del governo italiano.

A tal proposito faccio il sordo.

Aggiunge che Streeruwitz ha dichiarato al consiglio centrale dell'associazione tra gli industriali austriaci che deferirà quegli industriali che daranno senza suo consenso denaro alle Heimwehren e gli industriali impauriti hanno stretto le borse.

Su questo argomento dei quattrini il Pabst insiste a parecchie riprese ed ho la sensazione che sia a .caccia anche dei più piccoli aiuti.

Programma immediato delle Heimwehren.

Pabst tiene ad informarmi che le Heimwehren non hanno stabilito nessuna

data fissa per una eventuale loro azione. Ogni precisazione della stampa in propo

sito è falsa e mira a screditare il movimento.

I capi delle Heimwehren si ripromettono di trovare il modo di far cadere, tra la fine di settembre ed il principio di ottobre, il gabinetto Streeruwitz. Il futuro cancelliere dovrà essere scelto nella terna: Rintelen, Seipel e Schober e le Heimwehren agiranno a tale scopo. Indifferente quale fra i tre sia il prescelto; preferibilmente Rintelen perchè più spregiudicato.

Prestito internazionale all'Austria.

I capi delle Heimwehren considererebbero come una jattura un eventuale consenso dell'Italia al prestito internazionale austriaco concesso mentre travasi al governo il gabinetto Streeruwitz (1).

(l) -Non rinvenuto. (2) -Heimwehren. . . . . . (3) -n promemoria fu trasmesso da Aunb a Gh1g1 11 13 settembre con la preghieradi volerlo mostrare a Mussolini. Si riferisce ad un colloquio con Pabst ed il funzionario del ministero degli Esteri austriaco Giorgio Alexich.

(l) Allude forse al n. 376.

620

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 3751/543. Berlino, 12 settembre 1929, ore 14,15 (per. ore 20,35).

Mio telegramma n. 1336 del 10 corrente. La polizia ha scoperto le traccie degli attentatori terroristici in Germania, che sembra provato appartengano al movimento agrario del Holstein e vengono

accusati riallacciarsi con radicali di destra e nazionalsocialisti di Hitler. La stampa governativa dichiara esplicitamente tali connessioni, o almeno la responsabilità morale degli elementi capeggiati da Hugenberg ed Hitler.

I giornali di destra respingono tali responsabilità, e Hitler ha smentito recisamente, e ha tacciato di ·calunnie le accuse specifiche contro taluni arrestati, falsamente dichiarati tesserati hitleriani, come il « deputato » Nickel.

Questo ambasciatore Inghilterra mi ha detto aver saputo confidenzialmente da un'alta personalità tedesca non esser dubbia la ·Connivenza e la correità degli hitleriani con gli attentatori. Rumbold aveva, dicendomi ciò e guardandomi, una muta interrogazione negli occhi. Come riferii a V. E. anche altra volta ambasciatore Inghilterra a Berlino, Lindsay, mi aveva esplicitamente riferito che in Germania si dice correntemente che Italia finanzi Hitler. Anche cancelliere Mtiller, con muta interrogazione nello sguardo parve accennare con me nella primavera scorsa, secondo riferii a V. E., ad un finanziamento italiano della stampa hitleriana.

A Lindsay, che fu esplicito, smentii recisamente, non ho creduto valesse ora la pena provocare maggiore precisione da Rumbold.

(l) Lo stesso giorno 10 settembre ebbe luogo a Roma un colloquio Mussolini-Walko. Testo del verbale, redatto da Walko in data Roma 12 settembre, ed. in KEREKES, Akten, pp. 326-328.

621

IL NUNZIO APOSTOLICO A ROMA, BORGONCINI DUCA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L,. P. (1}. Roma, 12 seUembre 1929.

Per non disturbarLa in questi giorni, nei quali Ella è maggiormente occupata,

mi permetto di scriverLe e non una nota diplomatica, ma una lettera rtservata

e confidenziale.

Si avvicina il 20 settembre ed, a quanto sembra, vi saranno, come negli altri anni, festeggiamenti dello Stato, per quanto forse ridotti ai minimi termini.

Ora mi permetto di far osservare a V. E. che il 20 settembre è una data che ricorda il momento più acuto del .conflitto tra Chiesa e Stato, quello che aprì la questione romana; questione che per tanti anni ha diviso gli italiani e che per merito di V. E. è stata quest'anno felicemente e definitivamente composta.

Ebbene, se dopo tale composizione si seguita dallo Stato e dagli Enti dipendenti a festeggiare il 20 settembre, si pe~petua in qualche modo il conflitto; perchè certo nè i cattolici nè il Papa potranno festeggiare quella data. Con ciò noi non intendiamo di non riconoscere Roma capitale d'Italia. Dopo il Trattato, noi la riconosciamo con lealtà di italiani ed entusiasmo di patrioti; anzi vogliamo

anche festeggiare il coronamento dell'unità nazionale, ma festeggiarlo senza offendere il nostro sentimento religioso nè il Papa. Quindi mi sembra che la festa del 20 settembre debba trasferirsi con tutti i suoi festeggiamenti al giorno 11 febbraio ovvero al 7 giugno (1), giorni nei quali si è compiuta veramente l'unità d'Italia e degli italiani, con Roma capitale d'Italia, anzi con un Nunzio Apostolico a Roma presso il Re d'Italia.

Questi sono fatti eccezionalmente memorandi, che fino ad un anno fa sembravano impossibili a verificarsi, ma ·che V. E. ha tenacemente voluti, tra il plauso di tutti gli italiani, anzi di tutto il mondo. Festeggiare questi fatti allieterà tutti e non contristerà nessuno. Il 20 settembre invece (come la legge delle guarentigie che il Trattato ha abrogato) è una festa creata dal liberalismo e, come al solito, a fondo massonico ed anticlericale.

Mi sono permesso di scriverLe queste mie riflessioni di sola mia iniziativa e nel più stretto segreto, perchè desidero che Ella consideri la questione liberamente nella sua oggettività, al di fuori di qualsiasi anche minima pressione di una parte

-o dell'altra, coll'alto senso di saggezza ·che ha guidato l'E. V. nel risolvere, unico fra tutti i Ministri d'Italia, la questione romana.

43 -Documenti dipLomatici -Serie VII -Vol. VII

(l) Annotazione marginale di pugno di Grandi: c Recapitata stamane da Mons. Testa •·

(l) -n 7 giugno 1929 era avvenuto lo scambio delle ratifiche del Trattato e del Concordato.
<
APPENDICI

APPENDICE I

AMBASCIATE E LEGAZIONI DEL REGNO D'ITALIA ALL'ESTERO

(Situazione al 1• gennaio 1929)

AFGANISTAN

Kabul -CECCHI Gino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Muzr FALCONI Filippo, vice console con funzioni di segretario; PENNACCHIO Luigi, interprete.

ALBANIA

Durazzo -SoLA Ugo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; QUARONI Pietro, l • segretario; WIEL Ferdinando, console con funzioni di segretario; CATTANI Attilio, addetto; iPARIANI Alberto, generale di brigata, addetto militare; DANISCA Pietro, interprete.

ARGENTINA

Buenos Aires -MARTIN FRANKLIN conte Alberto, ambasciatore; GAZZERA Giuseppe, consigliere; RossET DESANDRÉ Antonio, console con funzioni di segretario; MASI Adriano, vice console; DE ANGELIS Giulio, capitano di fregata, addetto navale; MANCINI Tommaso, addetto commerciale.

AUSTRIA

Vienna -AuRITI Giacinto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GEISSER CELESIA DI VEGLIASCO Andrea, l o segretario; BALDONI Corrado, console con funzioni di segretario; CuTURI Antonio, console con funzioni di segretario; FABBRI Umberto, colonnello, addetto militare e aeronautico; Dr NoLA Carlo, addetto commerciale.

BELGIO

Bruxelles -DURAZZO marchese Carlo, ambasciatore; CHIARAMONTE BORDONARO Gabriele, consigliere; ToMMASI Giuseppe, console con funzioni di segretario; Piccro Pier Ruggero, generale di divisione aerea, aiutante di campo onorario di Sua Maestà il Re, addetto aeronautico (residente a Parigi); RADICATI, dei conti di Marmorito, Augusto, capitano di vascello, addetto navale (residente a Parigi); BERAUDO, dei conti di Pralormo, Emanuele, tenente colonnello di cavalleria, addetto militare (residente a Parigi).

BOLIVIA

La Paz -CAFIERO Ugo, incaricato d'affari.

BRASILE

Rio de Janeiro -ATTOLico Bernardo, ambasciatore; FRANSONI Francesco, l" segretario con funzioni di consigliere; MAGISTRATI Massimo, vice console con funzioni di segretario; PEREGO Carlo Alberto, addetto; DE ANGELIS Giulio, capitano di fregata, addetto navale (residente a Buenos Aires).

BULGARIA

Sofia -PIACENTINI Renato, inviato straordinario e ministro plenipotenzìario; RoNcALLI, dei conti di Montorio, Guido, l o segretario; CAPECE GALEOTA Giuseppe, console con funzioni di segretario; CoccoNr Francesco, tenente colonnello dì fanteria, addetto militare e aeronautico; MARONI Paolo, capitano dì fregata, addetto navale (residente a Costantinopoli).

CECOSLOVACCHIA

Praga -VANNUTELLI REY conte Luigi, inviato straordinario e ministro plenìpotenziario; CosTA SANSEVERINO Francesco, principe dì Sant'Agata, 1° segretario; BERGAMASCHI Bernardo, console con funzioni dì segretario; PENNAROLI Marco, tenente colonnello dì artiglieria, addetto militare e aeronautico; BENEDETTI

G. P., reggente la delegazione commerciale.

CILE

Santiago -GARBAsso Carlo, ambasciatore; ALLIEVI Antonio, l" segretario con funzioni di consigliere; DE ANGELIS Giulio, capitano dì fregata, addetto navale (residente a Buenos Aires).

CINA

Pechino -VARÈ Daniele, inviato straordinario e ministro plenipotenzìario; CIANO Galeazzo, vice console con funzioni di segretario; Ros Giuseppe, interprete; Dr RENZO Marco, interprete; MENGARINI Paolo, tenente dì vascello, comandante del distaccamento della Regia Marina, con mansioni dì addetto navale.

COLOMBIA

Bogotà -N. N., inviato straordinario e ministro plenìpotenziario; MoDICA, dei baroni di San Giovanni, Giovanni, consigliere; TELESIO, dei duchi di Toritto, Giuseppe, console con funzioni di segretario; D'AcHIARDI Daniele, vice console.

COSTARICA

S. Josè -UMILTÀ Carlo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Panama).

CUBA

Avana -VIVALDI Guglielmo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ToMASELLI Anatolia, vice console.

DANIMARCA

Copenaghen -VIOLA Guido, conte di Campalto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CITTADINI Pier Adolfo, console con funzioni di segretario; QuENTIN Francesco, capitano di fregata, addetto navale (residente a Stoccolma); SENZADENARI Raffaele, tenente colonnello del genio aeronautico, addetto aeronautico (residente a Berlino); Luzr Renato, addetto commerciale.

DANZICA

Danzica -MARIANI Alessandro, console generale.

DOMINICANA (REPUBBLICA)

San Domingo -VIVALDI Guglielmo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente all'Avana).

EGITTO

Cairo -PATERNÒ DI MANCHI DI BILICI marchese Gaetano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ToNI Piero, l • segretario; ALESSANDRINI Adolfo, vice console con funzioni di segretario; SPERANZA Vincenzo, interprete; BuFFONI Decio, reggente la delegazione commerciale; SoLA Giorgio, interprete.

EQUATORE

Quito -TosTI, dei duchi di Valminuta, conte Mauro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

ESTONIA

Tallin (Reval) -VIGANOTTI GIUSTI conte Gianfranco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MoNAco Adriano, console con funzioni di segretario; RoATTA Mario, colonnello di fanteria, addetto militare (residente a Varsavia); QUENTIN Francesco, capitano di fregata, addetto navale (residente a Stoccolma).

ETIOPIA

Addis Abeba -CoRA Giuliano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PoRTA Mario, l o segretario; CERULLI Enrico, consigliere coloniale di 2• classe; SouRIN Tchakrian, interprete.

FINLANDIA

Helsingfors -PAGLIANO conte Emilio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CAPRANICA DEL GRILLO marchese Giuliano. console con funzioni di segretario; QUENTIN Francesco, capitano di fregata, addetto navale (residente a Stoccolma).

FRANCIA

Parigi -MANZONI conte Gaetano, ambasciatore; BoscARELLI Raffaele, consigliere; CANTONI MARCA Antonio, 1° segretario; PERRONE, dei conti di San Martino, Ettore, console con funzioni di segretario; LANDINI Amedeo, console; SALLIER DE LA TouR CoRIO duca Paolo, vice console con funzioni di segretario; PICCIO Pier Ruggero, generale di divisione aerea, aiutante di campo onorario di Sua Mae8tà il Re, addetto aeronautico; BERAUDO, dei conti di Pralormo, Emanuele, tenente colonnello di cavalleria, addetto militare; RADICATI, dei conti di Marmorito, Augusto, capitano di vascello, addetto navale; COLETTI Silvio, consigliere di emigrazione; BALLERINI Elisio, consigliere commerciale.

GERMANIA

Berlino -ALDROVANDI MARESCOTTI Luigi, conte di Viano, ambasciatore; Rocco Guido, consigliere; BERTELÉ Tommaso, 1° segretario; GARBACelO Livio, console con funzioni di segretario; PANSA Mario, console con funzioni di segretario; Rossi Camillo, colonnello, addetto militare; MoNICO Umberto, capitano di fregata, addetto navale; SENZADENARI Raffaele, tenente colonnello del genio aeronautico, addetto aeronautico; RrcciARDI Adelchi, consigliere commerciale.

GIAPPONE Tokio -ALOISI barone Pompeo, ambasciatore; WEILL ScHOTT Leone, consigliere; CoNFALONIERI Giuseppe Vitaliano, vice console con funzioni di segretario; MELKAY Almo, interprete; VANZINI Filippo, cap·itano di fregata, addetto navale, militare e aeronautico.

GRAN BRETAGNA

Londra -CHIARAMONTE BoRDONARO Antonio, ambasciatore; RoGERI, dei conti di Villanova, Delfino, consigliere; CROLLA Guido, console con funzioni di segretario; PRUNAS Renato, console con funzioni di segretario; STRANEO Carlo Alberto, console con funzioni di segretario; ScoLA CAMERINI barone Giovanni, addetto; PALLICCIA Giuseppe, ·R. prefetto a riposo, addetto speciale; DE FAcci NEGRATI Gaetano, con funzioni di addetto; VERDUZIO Rodolfo, generale del genio aeronautico, addetto aeronautico; SoMMATI, dei conti di Mombello, Ettore, capitano di vascello, addetto navale; INFANTE Adolfo, tenente colonnello di artiglieria, addetto militare; CEcCATO G.B., consigliere commerciale.

GRECIA

Atene -ARLOTTA Mario, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BERARDIS Vincenzo, l o segretario; SERENA DI LAPIGIO Ottavio, console con funzioni di segretario; TRIONFI Luigi, tenente colonnello, addetto militare; CoRAGGIO Carlo Alberto, capitano di fregata, addetto navale ed aeronautico; DE SANTO Demetrio, interprete.

GUATEMALA

Guatemala -MACARIO Nicola, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; KELLNER Gino Ludovico, l o segretario.

HAITI

VIVALDI Guglielmo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente all'Avana).

HEGIAZ

Gedda -CEsANA Gino, reggente ìl consolato.

HONDURAS

MACARIO Nicola, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Guatemala).

LETTONIA

Riga -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PERSICO Giovanni, l o segretario; RoATTA Mario, colonnello di fanteria, addetto militare (residente a Varsavia).

LIBERIA

Monrovia -CASSEL Nathaniel H. B., console.

LIECHTENSTEIN

BIANCHI Vittorio, console generale (residente a Zurigo).

LITUANIA

Kaunas -AMADORI Giovanni, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MARINI Vittorio, console con funzioni di segretario; Rossr Camillo, colonnello di artiglieria, addetto militare (residente a Berlino).

LUSSEMBURGO

Lussemburgo -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

MAROCCO

Tangeri -DE FACENDIS Domenico, console generale; Dr MrcELI Vitale Guido, interprete; LAREDO Abramo, vice console, interprete; BERRINO Felicissimo, interprete.

MESOPOTAMIA (IRAK)

Bagdad -AGOSTINI Bruno, console; PEDRONI Antonio, cancelliere interprete.

MESSICO

Messico -MACCHIORO VrVALBA Gino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

MONACO (Principato)

Monaco -ToMMASI Ugo, console.

NICARAGUA

MACARIO Nicola, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Guatemala).

NORVEGIA

Oslo -SENNI Carlo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Dr GIURA Giovanni, l o segretario; QuENTIN Francesco, capitano di fregata, addetto navale (residente a Stoccolma); SENZADENARI Raffaele, tenente colonnello del genio aeronautico, addetto aeronautico (residente a Berlino).

PAESI BASSI

Aja -MARCHI Giovanni, deputato al Parlamento, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BoNARELLI Vittorio Emanuele, l o segretario; SENZADENARI Raffaele, tenente colonnello del genio aeronautico, addetto aeronautico (residente a Berlino); MoNrco Umberto, capitano di fregata, addetto navale (residente a Berlino).

PALESTINA

Gerusalemme -PASCALE Giovanrd, console generale; BARLUZZI Antonio, vice console.

PANAMA

Panama -UMILTÀ Carlo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

PARAGUAY

Assunzione -NEGRI Vittorio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

PERSIA

Teheran -DANEO Giulio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FRANCHETTI Lamberto, vice console con funzioni di segretario; Dr MoNTEFORTE Giuliano, interprete; BERNARDI Alessandro, interprete.

PERU'

Lima -BEVERINI Giovanni Battista, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

POLONIA

Varsavia -MAJONI Giovanni Cesare, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE ANGELIS Mariano, l" segretario; RuLLI Guglielmo, console con funzioni di segretario; RoATTA Mario, colonnello di fanteria, addetto militare, navale e aeronautico; CoRVI Antonio Menotti, addetto commerciale; ANGLE Romano, interprete.

PORTOGALLO

Lisbona -BAsTIANINI Giuseppe, deputato al Parlamento, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BucEvrcH Antonio, console con funzioni di segretario; GABETTI Giovanni Battista, capitano di vascello, addetto navale (residente a Madrid); VALERIO Alessandro, tenente colonnello di artiglieria, addetto militare (residente a Madrid); LoNGo Ulisse, maggiore, addetto aeronautico (residente a Madrid).

ROMANIA

Bucarest -PREZIOSI Gabriele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LEQUIO Francesco, l" segretario; Dr STEFANO Mario, console con funzioni di segretario; MERCALLI Luigi, colonnello di fanteria, addetto militare e aeronautico; CATTANEO Carlo, capitano di fregata, addetto navale; DE MARTINO Giuseppe, addetto commerciale; RoccHI Cesare, archivista interprete.

SAL.VADOR (REPUBBLICA DEL)

MACARIO Nicola, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Guatemala).

SAN MARINO

S. Marino -GoRI Giuseppe, console.

SERBI, CROATI E SLOVENI (Regno dei)

Belgrado -GALLI Carlo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PETRUCCI Luigi, consigliere; MENZINGER DI PREUSSENTHAL Enrico, l 0 segretario; BARBARICH conte Alberto, console con funzioni di segretario; VISCONTI PRAscA Sebastiano, colonnello di fanteria, addetto militare e aeronautico; CATTANEO Carlo, capitano di fregata, addetto navale (residente a Bucarest); PIETRABISSA Francesco, addetto commerciale; DE SARNO SAN Gro~Gro Dionisio, interprete.

SIAM

Bangkok -DE Rossi Girolamo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

SIRIA

Damasco -BENZONI Giorgio, console; MANOPULO Michele, interprete; DUMMAR Antonio, interprete.

SPAGNA

Madrid -MEDICI, dei marchesi del Vascello, Giuseppe, ambasciatore; DE PEPPO Ottavio, consigliere; BELLARDI RICCI Alberto, l Q segretario; FRACASSI RATTI MENTONE, dei marchesi di Torre Rossano, Cristoforo, console; MALASPINA, dei marchesi di Carbonara e di Volpedo, Folchetto, vice console con funzioni di segretario; GABETTI Giovanni Battista, capitano di vascello, addetto navale; VALERio Alessandro, tenente colonnello di artiglieria, addetto militare; LoNGO Ulisse, maggiore, addetto aeronautico; MARIANI Erminio, addetto commerciale.

STATI UNITI D'AMERICA

Washington -DE MARTINO Giacomo, ambasciatore; MARCHETTI, dei conti di San Martino e Muriaglio, Alberto, l o segretario con funzioni di consigliere; VITETTI Leonardo, l Q segretario; MASCIA Luciano, console con funzioni di segretario; MACCHI DI CELLERE Pio, vice console; VILLA Augusto, generale di brigata, addetto militare; LAIS Alberto, capitano di fregata, addetto navale; ScARONI Silvio, capitano di aeronautica, addetto aeronautico; ANGELONE Romolo, addetto commerciale.

SVEZIA

Stoccolma -CoLONNA Ascanio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CAFFARELLI Filippo, l" segretario; SENZADENARI Raffaele, tenente colonnello del genio aeronautico, addetto aeronautico (residente a Berlino); QuENTIN Francesco, capitano di fregata, addetto navale.

SVIZZERA Berna -PIGNATTI MoRANO DI CusTOZA conte Bonifacio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CASSINIS Angiolo, l o segretario; DELLA PaRTA Francesco, console con funzioni di segretario; Prccw Pier Ruggero, generale di divisione aerea, aiutante di campo onorario di Sua Maestà il Re, addetto aeronautico (residente a Parigi); PENTIMALLI Natale, colonnello di artiglieria, addetto militare. TURCHIA

Costantinopoli -ORSINI BARONI Luca, ambasciatore; KocH Ottaviano Armando, l" segretario con funzioni di consigliere; BovA ScaPPA Renato, console con funzioni di segretario; GALLI Guido, console; LA TERZA Pierluigi, console con funzioni di segretario; FONTANA Franco, co_nsole; MAFFIOLI Edgardo, interprete; CAPIZZI Manlio, tenente colonnello di fanteria, addetto militare; MARONI Paolo, capitano di fregata, addetto navale; PODESTÀ Giuseppe, interprete.

UNGHERIA

Budapest -DuRINI DI MoNZA conte Ercole, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE AsTrs Giovanni, console con funzioni di segretario; ANFuso Filippo, vice console con funzioni di segretario; OxrLrA Giovanni Battista, tenente colonnello di artiglieria, addetto militare e aeronautico; Dr NoLA Carlo, addetto commerciale (residente a Vienna); Dr FRANCO Oscarre, cancelliere interprete.

UNIONE DELLE REPUBBLICHE SOVIETTISTE SOCIALISTE

Mosca -CERRUTI Vittorio, ambasciatore: DE LIETO Casimiro, consigliere; RovASENDA DI RoVASENDA Vittorio, l o segretario; DE FERRARI Aldo, tenente colonnello, addetto militare; RELLI Guido, interprete.

URUGUAY

Montevideo -BERNARDI Temistocle Filippo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LoMBARDI Mario, l o segretario; DE ANGELIS Giulio, capitano di fregata, addetto navale (residente a Buenos Aires).

VENEZUELA

Caracas -CAVICCHIONI Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

YEMEN Hodeida -N. N., console.

APPENDICE II

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

(Situazione al l" gennaio 1929)

MINISTRO MussoLINI S. E. Benito, deputato al Parlamento.

SEGRETARIO PARTICOL,ARE CHIAVOLINI Alessandro.

SOTTOSEGRETARIO DI STATO GRANDI S. E. Dino, deputato al Parlamento.

GABINETTO

Affari confidenziali -Ricerche e studi in relazione al lavoro del Ministro -Rapporti con la stampa e le agenzie telegmfiche -Relazioni del Ministro col Parlamento e col Corpo diplomatico -Udienze -Tribuna diplomatica.

CAPO DI GABINETTO MAMELI Francesco Giorgio, primo segretario di legazione di l a classe. Segretari: 0TTAVIANI Luigi, primo segretario di legazione di 2" classe; Rossi LONGHI Alberto, console di 2" classe; GIUSTINIANI Raimondo, DEL BALZO, dei duchi di Presenzano, Giulio, addetti consolari. Direttore dell'Archivio di Gabinetto: FossATI Oreste.

UFFICIO COORDINAMENTO E SEGRETERIA

Capo ufficio: GHIGI Pellegrino, primo segretario di legazione di 2" classe.

Segretari: NoNIS Alberto, console di 2" classe; JANNELLI Pasquale, console di 3" classe; CIPPICO Tristram Alvise, addetto consolare; CHASTEL Roberto, volontario.

UFFICIO STORICO-DIPLOMATICO

Raccolta e compilazione di materiale storico sopra questioni di politica estera d'interesse p!l"atico contemporaneo a complemento e illustrazione dei documenti ufficiali -Raccolta, custodia e aggio!l"namento di collezioni cartografiche e studi geografici -Diario storico del Ministero Classificazione e diramazione degli atti diplomatici -Diramazione di essi -Libri verdi -Raccolta, coordinamento e valorizzazione sistematica di tutti gli elementi tratti dal carteggio delle Regie Rappresentanze all'estero e da ogni altra fonte -Studi e preparazione di carattere politico ed economico.

Capo ufficio: JACOMONI Francesco, primo segretario di legazione di 2" classe.

Segretari: ScAMMACCA Michele, CoRTESE Luigi, consoli di 2" cla.sse; DE SIMONE Paolo, addetto consolare; SILI Francesco, NAVARRINI Guido, volontari.

Servizio geografico: ADEMOLLO Umberto, generale di divisione; CoBALTI Camillo, tenente colonnello di fanteria.

UFFICIO STAMPA

Rivista della stampa estera e della stampa italiana nei riguardi della politica estera -Informazioni a giornali od agenzie italiane ed estere Traduzioni.

Capo dell'ufficio stampa di S. E. il Capo del Governo: FERRETTI Lando, deputato al Parlamento.

Capo della sezione stampa del Ministero degli affari esteri: CICCONARDI Vincenzo, consigliere di legazione.

Segretari: CANCELLARlO D'ALENA Francesco, console di l' classe; FRANco conte Fabrizio, BRUGNOLI Alberto, volontari.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI GENERALI

Direttore generale: SANDICCHI Pasquale, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di l • classe, consigliere di Stato.

UFFICIO DEL PERSONALE

Personale di ogni categoria dipendente dal Ministero (eccetto il personale delle scuole italiane alL'estero e quello di servizio) -Uffici diplomatici e consolari all'estero: loro istituzione e soppressione -Addetti militari, navali, aeronautici e commerciali e loro uffici -Servizio d'ispezione agli uffici alL'estero -Questioni di ordinamento del Ministero e delle carriere dipendenti -Commissioni di avanzamento -Consiglio del

Ministero -Concorsi -Ammissioni -Annunzi e bollettini det personate Atti pubbLici -Personate e uffici diptomatici e consolari esteri in Italia -BoLlettini di detto personate -Rapporti informativi sul personale -Matricota generale -Disciplina del personale subalterno del Ministero L.egaLizzazione di atti-Corrispondenza e contabilità relativa-Passaporti diplomatici ed ordinari.

Capo ufficio: DE STEFANI Pietro, consigliere di legazione.

Segretari: TuRCATO Ugo Guglielmo, console di 3" classe; CoNTI Mario, addetto consolare; CASTELLANI Augusto, volontario; EMILIANI Luigi, primo commissario consolare.

UFFICIO DEL CERIMONIALE

Regate del cerimoniale -Lettere reali -Credenziali -Lettere di richiamo -Pieni poteri -Privilegi ed immunità degli agenti diplomatici e consolari -Franchigie in materia doganale ai regi agenti all'estero e agli agenti stranieri in ItaLia -Massimario -Visite e passaggi di Capi di Stato, Principi e autorità estere -Decorazioni nazionali ed estere Libretti e richieste ferroviarie pe1· il personale.

Capo ufficio: CAVRIANI Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2" classe.

Segretari: Bocci Giunio, console di l" classe; TALAMO ATENOLFI, marchese di Castelnuovo, Giuseppe, primo segretario di legazione di l" classe; DALLA RosA PRATI Rolando, marchese di Collecchio, volontario.

UFFICIO TRATTATI ED ATTI

Redazione formale dei Trattati e degli Accordi internazionali in genere Atti relativi alla loro efficacia: ratifiche, adesioni, denuncie; leggi e decreti di approvazione e di esecuzione di essi -Registrazione degli atti internazionali presso la Società delle Nazioni -Raccolta e pubblicazione delle convenzioni internazionali -Redazione formale dei provvedimenti legislativi e governativi concernenti il Ministero degli affari esteri; relazione al Consiglio dei Ministri; presentazione al Parlamento Nazionale dei disegni di tegge riguardanti lo stesso Dicastero e relative pratiche ulteriori -Esame dei disegni di legge e degli schemi di atti di Governo su proposta di altri Dicasteri in quanto possano avere attinenza con quello degli affari esteri.

Capo ufficio: BERTANZI Paolo, console generale di 2" classe.

Segretari: SILENZI Renato, primo segretario di legazione di l a classe; ZAMBONI Guelfo, BaRGA Guido, consoli di 3" classe; CoRRIAS Angelino, volontario.

UFFICIO C.A.S.E.

Esame delle proposte di costruzione, acquisto, arredamento delle Regie Rappresentanze diplomatiche e consolari alL'estero -Esecuzione delle decisioni della Commissione per le costruzioni, acquisti, arredamenti ed affitti delle Regie Sedi all'estero (C.A.S.E.) -Forniture e rinnovi delle dotazioni tipo -Vigilanza ed esecuzione del Regolamento per l'uso dei mobili ed immobili patrimoniali dello Stato adibiti ad uso delle Regie Rappresentanze all'estero -Segreteria della Commissione C.A.S.E.

Capo ufficio: ToRTORA BRAYDA Camillo, conte di Policastro, primo segretario di legazione di 1• classe.

Segretario: N. N.

Servizio tecnico: DI FAUSTO ing. arch. Florestano, esperto tecnico; BuzzELLI Giuseppe, disegnatore principale del Real Corpo del Genio Civile.

UFFICIO PUBBLICAZIONI E RACCOLTE AMMINISTRATIVE

Raccolta dei decreti organici -Coordinamento di leggi e regolamenti Testi unici -Raccolta delle circolari e degli ordini di servizio -Bollettini vari -Anmuario diplomatico.

Capo Ufficio: ToscANI Angelo, console generale di 1• classe.

Segretario: N. N.

Comandato: RAFFAELLI Pietro.

UFFICIO AMMINISTRATIVO

Disegni di legge d'indole finanziaria e amministrativa -Decreti relativi a stipendi -Assegni ed indennità varie al personale del Ministero e carriere dipendenti -Interpretazione della tariffa consolare.

Amministrazione dei vari fondi ospitalieri, di beneficienza e di sussidi a vedove ed orfani di funzionari del Ministero -Spese per commissioni di esami, missioni ed incarichi, contributi ad istituzioni diverse -Liquidazione di pensioni-Gestione di fondi per l'acquisto, costruzione ed arredamento di sedi per le Regie RappTesentanze all'estero -Gestione della Concessione italiana di Tientsin.

Gestione dei fondi per gli stabili e locali ad uso dell'Amministrazione centrale; manutenzione ordinaria e straordinaria, assicurazioni, arredamento -Inventari, rendiconti, conservazione e manutenzione del materiale mobile dell'Amministrazione centrale -Sorveglianza, disciplina e servizio del personale subalterno di ruolo e non di ruolo -Tipografia riservata, operai, materiale, stampati e rilegature di registri per uffici Spese d'ufficio, riscaldamento, illuminazione, vetture, cancelleria -Spese eventuali -Richieste al Provveditorato generale -Acquisti diversi

44 -Documenti diptomatici -Serie VII -Vol. VII

Contratti, contabilità relativa -Feste, ricevimenti -Forniture, disposizioni interne e relative spese -Corredi per i Regi Uffici all'estero, bandiere e stemmi, sigilli e ritratti delle Loro Maestà, contratti, ordinazioni e contabilità relative -Magazzino carta, oggetti cancelleria e stampati e contabilità relativa -Carteggio relativo ai predetti servizi. Custodia valori -Ritiro ed assunzione in carico e successive spedizioni dei valori ed effetti scaduti nelle successioni dei connazionali all'estero

o rimessi al Ministero per altre cause, e contabilità relativa -Decorazioni nazionali, acquisto, consegna e contabilità -Servizio delle anticipazioni e relativi rendiconti -Preparazione e distribuzione stipendi ed indennità fisse e compensi varii al personale del Ministero -Riscossioni e pagamenti varii.

Capo ufficio: RINVERSI Romolo, capo divisione dei commissari consolari.

Segretari: BoNAVINO Arturo, AcosTEO Cesare, capi sezione dei commissari consolari; BoNTEMPs Aldo, primo commissario consolare; VELONÀ Antonino, GuASONI Uberto, commissari consolari.

Addetti all'ufficio : P AZZAGLIA Gino, segretario capo della direzione generale degli italiani all'estero; RENGANESCHI Vittorio, l o segretario della direzione generale degli italiani all'estero; PIGNOCCHI Gino, geometra, capo del Real Corpo del Genio Civile; MANCINI Edoardo, CASTELLANI Germano, capitani di fanteria; SANTI Luigi, tenente di fanteria; BARONI Amedeo, applicato della direzione generale degli italiani all'estero; CASCINO Giorgio, FRACCAROLI Ludovico; GHINATTI Luigi, PAOLINI Teresa, GATTI Egle, RINVERSI Anna Maria, FIORI Romeo, direttore capo divisione; MoNTESI Giuseppe, direttore capo divisione; MANCA Elio, l o segretario dell'emigrazione.

Comandati: GAFFI Alfonso, consigliere del ministero delle finanze; TURETTA Apulia, tenente di artiglieria.

Addetto alla Direzione Generale degli Affari Generali: TALVACCHIA Giovanni, vice questore.

BIBLIOTECA

Conservazione ed incremento delle pubblicazioni; p!foposte per acquisto di libri e pe!fiodici -Scambio di pubblicazioni con altri Ministelfi od Istituti italiani ed esteri -Cataloghi, schedari -Raccolta sistematica della legislazione straniera per ciò che può conce!fnere le !felazioni internazionali e l'Amministrazione degli Affari Esteri -Fo!fnituife di pubblicazioni ufficiali a corredo di Regi Uffici diplomatici e consolari.

Bibliotecario: PIRONE Raffaele. Vice bibliotecario: RoNZANI Francesco. Addetti all'Ufficio: MILLI Angiolo; BIANCHI Addis Maria, avventizi.

TIPOGRAFIA RISERVATA

Stampa e 1·ilegatura degli atti riservati delle Conferenze internazionali Trattati, convenzioni, protoconi e accordi stipulati dall'Italia -Cifrari Relazioni e verbali del Consiglio del Contenzioso diplomatico -Libri verdi, questionari, pubblicazioni e documenti diplomatici di carattere segreto.

Direttore: BERNI Fedele.

DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI COMMERCIALI E PRIVATI D'EUROPA E LEVANTE

Direttore generale: GuARIGLIA Raffaele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2" classe.

UFFICIO I

Belgio-Francia-Germania-Gran Bretagna-Lussemburgo-Monaco Olanda -Portogallo -Spagna -Svizzera.

Capo ufficio: PITTALIS Francesco, consigliere di legazione.

Segretari: DE PAOLIS Pietro, console di 2• classe; GABRICI Tristano, volontario.

UFFICIO II

Danimarca -Norvegia -Polonia -Stati Baltici -Svezia Unione delle Repubbliche Soviettiste Socialiste.

Capo ufficio: DIANA Pasquale, primo segretario di legazione di l a classe, reggente.

Segretario: REVEDIN, dei marchesi di San Martino, conte Giovanni, volontario.

UFFICIO III

Austria -Cecoslovacchia -Romania -Ungheria.

Capo ufficio: DE MARSANICH Alberto, consigliere di legazione.

Segretari: CoRTINI Claudio, primo segretario di legazione di 1• classe; SACERDOTI, dei conti di Carrobio, Renzo, addetto consolare; CAPPELLANI, dei baroni della Formica, Raffaele, volontario.

UFFICIO IV Bulgaria -Grecia-Regno dei Serbi, Croati e Sloveni.

Capo ufficio: INDELLI Mario, consigliere di legazione.

Segretari: CosMELLI Giuseppe, primo segretario di legazione di 2" classe; DEL BoNo conte Giorgio, volontario.

UFFICIO IV-A

Albania.

Capo ufficio: MELI LuPI DI SoRAGNA marchese Antonio, consigliere di legazione.

Segretario: CoRTESE Paolo, console di 3" classe.

UFFICIO V

Africa mediterranea-Assir-Hegiaz-Etiopia-Mesopotamia-Palestina Siria -Transgiordania -Turchia -Yemen -Affari concernenti la Colonia Eritrea, la Somalia e il Benadir.

Capo ufficio: Tuozzi Alberto, consigliere di legazione.

Segretari: DE CIUTIIS DI SANTA PATRIZIA Filippo, console di 2" classe; CARUSO Casto, BADOGLIO, dei marchesi del Sabotino, Mario, volontari.

UFFICIO VI

Affari privati nei suddetti paesi (Rogatorie -Estradizioni -Atti giudiziari -Atti di stato civile -Pensionati -Ricerche nell'interesse di cittadini italiani -Successioni di cittadini italiani).

Capo ufficio: BARTOLUCCI GoDOLINI Giovanni Battista, marchese di Castelletta, console generale di l • classe.

Segretario: N. N.

DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, COMMERCIALI E PRIVAT<I DI AFRICA, AMERICA, ASIA E AUSTRALIA

Direttore generale: ARONE, dei baroni di Valentino, Pietro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2• classe.

UFFICIO I

America deL nord ed AustraLia.

Capo ufficio: MARIANI Luigi, primo segretario di legazione di l a classe.

Segretario: MENGARINI Bruno, volontario.

UFFICIO II

America Latina.

Capo ufficio: GuAZZONE DI PASSALACQUA conte Pietro Alfredo, primo segretario di legazione di l a classe.

Segretari: SoARDI Carlo Andrea, addetto consolare; Gozzi Giorgio, volontario.

UFFICIO III

Asia ed Africa (saLvo le regioni attribuite aLla Direzione generaLe Europa e Levante).

Capo ufficio: ScADUTO Gioacchino, primo segretario di legazione di l a classe. Segretari: NARDI Luigi, console di 2" classe; ARCHI Pio Antonio, volontario.

UFFICIO IV

Affari privati in America deL nord ed in Australia (Rogatorie -Estradizioni -Atti giudiziari -Atti di stato civile -Pensionati -Ricerche neLL'interesse di cittadini italiani -Successioni di cittadini itaLiani).

Capo ufficio: CARISSIMO Agostino, primo segretario di legazione di l a classe. Segretario: CASTRONuovo Manlio, volontario.

UFFICIO V

Affari privati in America latina, Asia e Africa non mediterranea (Rogatorie -Estradizioni -Atti giudiziari -Atti di stato civiLe -Pensionati Ricerche nelL'interesse di cittadini italiani -Successioni di cittadini itaLiani).

Capo ufficio: SAPUPPO Giuseppe, consigliere di legazione.

Segretario: RicciO Luigi, console di 3" classe.

UFFICIO SOCIETA NAZIONI

Lavori preparatori delle Sessioni dell'Assemblea del Consiglio della Società delle Nazioni, della Conferenza internazionale del Lavoro e delle diverse conferenze e riunioni attinenti alla Società delle Nazioni e all'Ufficio Internazionale del Lavoro -Rapporti col Segretariato della S.N., con l'U.I.L. e cogli organismi da essi dipendenti e collaterali -Delegati, consiglieri tecnici ed esperti -Coordinamento dell'attività delle Delegazioni e dei Delegati italiani -Coordinamento dei dati tecnici forniti dalle Amministrazioni dello Stato, in relazione ai singoli problemi -Collegamento fra gli organi della Società delle Nazioni e gli altri Enti internazionali con le varie Amministrazioni dello Stato -Ordinamento e custodia degli atti e documenti relativi -Questioni dipendenti dall'applicazione dei trattati di pace, in quanto non siano di competenza specifica degli Uffici politici -Istituto internazionale di cooperazione intellettuale -Istituto internazionale per la unificazione del Diritto privato Congressi e Conferenze in genere -Corte permanente di giustizia internazionale -Corte permanente d'arbitrato -Istituti internazionali in genere.

Capo ufficio: Rosso Augusto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2• classe.

Segretari: BuTI Gino, VINCI GIGLIUCCI conte Luigi Orazio, consiglieri di legazione; ASSERETO Tommaso, primo segretario di legazione di l a classe; BERlO Alberto, RoMANO Guido, MIGONE Bartolomeo, consoli di 2• classe; PLETTI Mario, MACCHI, dei conti di Cellere, conte Francesco, FERRERO Andrea, volontari.

UFFICIO GIURIDICO

Consulente generale: SciALOJA S. E. Vittorio, senatore del Regno, ministro di Stato, professore di diritto nella Regia Università di Roma.

Segretario generale: GIANNINI Amedeo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario onorario con rango di l • classe, consigliere di Stato, incaricato di storia dei trattati e di diritto aeronautico nella Regia Università di Roma.

Consulenti: BROCCHI Igino, consigliere di Stato; PILOTTI Massimo, consigliere di Cassazione; ALBERTAZZI Enrico, consigliere di Cassazione; PERASSI Tommaso, professore ordinario di diritto internazionale nel Regio Istituto superiore di scienze economiche e commerciali di Roma; MoNTAGNA Raffaele, referendario al Consiglio di Stato, con titolo onorario di consigliere di legazione.

Segretari: Lo FARO Francesco, SETTI Giuseppe, volontari.

UFFICIO DI POLITICA ECONOMICA

Segreteria deLla Commissione interministeriale per l'azione economica all'estero -Collegamento in materia economico-commerciale fra le Direzioni generali Europa e Levante; di Africa, America, Asia ed Australia ed i Ministeri tecnici competenti.

Capo ufficio: CIANCARELLI Bonifacio Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di l" classe. Segretari: SPECHEL Augusto, console di l" classe; ZECCHIN Guido, volontario. Comandato: DEI MEDICI conte Ugo, consigliere di finanza.

DIREZIONE GENERALE DEGLI ITALIANI ALL'ESTERO

Direttore generale: LoJACONO Vincenzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di l a classe.

UFICIO I Politica deLl'emigrazione -Regolamento del fenomeno emigratorio.

Capo ufficio: VINCI Adolfo, consigliere dell'emigrazione di l" classe.

Segretari: VAGNETTI Leonida. FAGO CATALDO Amedeo, MARCIANÒ Oreste Aurelio, vice consiglieri dell'emigrazione: GRANDINETTI Eugenio, capo sezione dell'emigrazione; BEVILACQUA Michele, CARUZZI Ciro, CANNONE Nicolò, primi segretari dell'emigrazione.

UFFICIO II Servizi tecnici dell'emigrazione -Trasporti ferroviari e marittimi.

Capo ufficio: GIANNINI Torquato Carlo, consigliere dell'emigrazione di l" classe.

Segretari: LAMPERTICO Gaetano, OLIVERI Umberto, vice consiglieri dell'emigrazione.

UFFICIO III

Affari privati.

Capo ufficio: N. N. Segretario: RABBY Ezio, vice consigliere dell'emigrazione.

UFFICIO IV Politica del turismo e del lavoro straniero in Italia.

Capo ufficio: LANDUCCI Publio, console generale di 2• classe. Segretario: BAISTROCCHI Ettore, volontario.

UFFICIO V

Riservato.

Capo ufficio: DE Rossi DEL LION NERO Pier Filippo, consigliere di legazione.

Segretari: GUGLIELMINETTI Giuseppe, console di 2• classe; CoRSI Fernando, segretario dell'emigrazione.

UFFICIO VI

Assistenza.

Capo ufficio: PASETTI Vittorio, primo segretario di legazione di l" classe. Segretario: CASTELLANI Vittorio, addetto consolare.

UFFICIO VII

Propaganda.

Capo ufficio: N. N.

Segretari: ToRELLA Raimondo, addetto consolare; PATRIZI DI RIPACANDIDA Ernesto, vice consigliere dell'emigrazione; FERRINI Guglielmo, primo segretario dell'emigrazione.

Addetti all'Ufficio per Compiti Speciali: MARZIANI Luigi, consigliere dell'emigrazione di l a classe; MASI Corrado, vice consigliere dell'emigrazione.

DIREZIONE GENERALE DELLE SCUOLE ITALIANE ALL'ESTERO Direttore generale: PARINI Piero, console generale di 2" classe.

UFFICIO DIRETTIVO

Provvedimenti legislativi e regolamenti -Decreti -Disposizioni interministeriali -Manifestazioni relative alla diffusione della cultura italiana all'estero -Corsi di lingua italiana nelle scuole straniere -Istituti italiani di cultura all'estero -Scambi intellettuali e missioni Scuole medie governative -Pe1·sonale direttivo e insegnante -Concorsi -Nomine e trasferimenti -Supplenze, congedi e aspettative -Servizio ispettivo per le scuole medie -Esame delle relazioni trimestrali, dei programmi didattici e degli orari -Libri di testo -Scuole primarie governative -Personale direttivo e insegnante -Giardini d'infanzia-Concorsi -Nomine e trasfe1·imenti, supplenze, congedi e aspettative -Servizio ispettivo per le scuole primarie -Esame delle relazioni trimestrali e finali, dei calendari scolastici, dei programmi didattici, degli orari -Libri di testo -Pareggiamento delle scuole italiane all'estero -Scuole coloniali e private -Sussidi ordinari e straordinari per il lom incremento -Statistiche scolastiche Annuario delle scuole italiane all'estero -Legislazione straniera e pubblicazioni relative -Edifici scolastici -Materiale scolastico -Borse di studio -Archivio delle scuole italiane all'estero -Registrazione -Matricola e fascicoli personali -01·dinativi e fatture del materiale scolastico.

Capo ufficio: GABBRIELLI Luigi, console generale di 2• classe.

Segretari: MoscA Bernardo, console di 2a classe; ARRIGHI Ernesto, volontario.

Comandati: RIMONDINI Felice, R. provveditore agli studi; DE FINA Andrea, segretario capo nei R. Provveditorati agli studi; MALGERI Eugenio, professore nei R. Istituti tecnici; LAcCHÈ Augusto, R. ispettore scolastico; BISCOTTINI Umberto, professore nei R. Ginnasi.

SERVIZIO CIFRA, CORRISPONDENZA ED ARCHIVI

Capo del servizio: SILVESTRI Ugo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di l a classe.

Segretari: NoBILI VITELLESCHI Pietro, CANNICCI Achille Angelo, VALERIANI Valeria, consoli di 2" classe.

CIFRA

Corrispondenza telegrafica e ordinaria in cifra -Compilazione e distribuzione dei cifmri.

Capo ufficio: FossATI Oreste.

ARCHIVIO STORICO

Conservazione ed incremento delle collezioni manoscritte del Ministero e dei Regi Uffici all'estero -Conservazione degli originali degli atti internazionali -Conservazione delle carte riversate dagli archivi del Ministero e dai Regi Uffici all'estero -Ricerche e studi su materie storiche e questioni internazionali per incarico del Ministero -Inventari, schedari e rubriche.

Capo ufficio: FossATI Oreste.

ARCHIVIO E CORRISPONDENZA

Organizzazione e sorveglianza degli archivi -Registrazione e sunto della corrispondenza in arrivo e in partenza -Controllo del carteggio degli Uffici in relazione alla corrispondenza in arrivo -Archivi correnti e archivi di deposito -Spedizione della corrispondenza -Servizio dei corrieri.

Capo ufficio: PERVAN Edoardo, console di l" classe.

Segretario: N. N.

RAGIONERIA CENTRALE

Direttore capo di ragioneria: FANO Alberto.

DIVISIONE I

(alla diretta dipendenza del direttore capo di ragioneria)

Stato di previsione, variazioni, consuntivo -Tenuta degli impegni e scritture relative, registrazione di mandati -Agenti di riscossione e contabilità 1·elative -Conti giudiziali -Conto corrente infruttifero con il Tesoro dello Stato -Giornale della contabilità extra bilancio -Accettazione delle tratte emesse dai Regi Agenti all'estero -Conto con il Portafoglio dello Stato -Conti correnti coi Regi Agenti all'estero e servizi relativi -Partitario dei depositi per successioni, atti e diversi -Richieste vaglia del tesoro e postali -Contabilità dei valori -Liquidazione ed approvazione delle contabilità dei Regi Uffici diplomatici e consolari Servizio cambiario relativo -Liquidazione dei conti delle società di navigazione per il rimpatrio dei nazionali indigenti -Emissione dei mandati

1·elativi -Rendiconti delle spese relative alla assistenza militare, smobilitazione, ecc -Servizio dei cambi -Competenze al personale -Riscontro sugli atti amministrativi dell'ufficio amministrativo ed emissione dei mandati relativi.

Capo sezione: DE SANTIS Paolo.

Segretari: CASONI Enrico, MoLA Odoardo, MoNTUORI Pietro, consiglieri; SERRA Francesco, AsBOLLI Attilio, BLAIS Manlio, PRisco Armando, primi segretari; CoNTI Roberto, Lo SARDO Domenico, VoLPE Mario, ANGELICI Ruggero, segretari; URBANI FALLANI Velia, ragioniere.

DIVISIONE II

Riscontro degli atti amministrativi e servizio cambiario per le scuole italiane aLl'estero -Locali scolastici demaniali all'estero -Monte pensioni dei maestri elementari -Scritture generali e speciali -Contabilità scolastiche mensili e varie (riscontro e liquidazione delle spese, scritture e corrispondenza relativa) -Emissione dei mandati di pagamento -Materiale scolastico -Gestioni speciali e relative scritture.

Direttore capo divisione: FIORETTI Vittorio. Capo sezione: N. N. Segretari: SuGLIANI Augusto, consigliere; ZAFARANA Gino, TURA Michele, primi

segretari.

DIVISIONE III

Accertamento, riscossione e versamento delle entrate disposte dalla legge e regolamento sull'emigrazione -Scritture generali e speciali Servizio delle marche da bollo da applicarsi sugli atti di arruolamento e sulle richieste ferroviarie per i viaggi dei connazionali rimpatrianti Liquidazione delle competenze ai RR. Commissari imbarcati in servizio di emigrazione e rimborso delle stesse da parte dei vettori-Tenuta degli impegni, emissione e registrazione dei mandati di pagamento per le spese relative ai servizi dell'emigrazione -Liquidazione ed approvazione di contabilità per le spese medesime -Fondo pensioni per gli impiegati del soppresso Commissariato generale dell'emigrazione -Stralcio delle contabHità di guerra -Inventari.

Direttore capo divisione: CIOTTI Remigio. Ispettore di ragioneria: RISOLDI Giuseppe Arturo. Capo sezione: N. N. Segretari: BLANDI Silvio, MAZZA Ferrante, TEDEsco Pietro Paolo, primi segretari;

RICCA Alfredo, segretario; PIRODDI Mario, RoTA Armando, vice segretari. CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

Presidente: MussoLINI S. E. Benito, Ministro degli Affari Esteri.

Vice-Presidente: SciALOJA S. E. Vittorio, Senatore del Regno, Ministro di Stato, Professore di diritto nella Regia Università di Roma.

Consiglieri: BARONE Domenico, Consigliere di Stato -BARZILAI Salvatore, Senatore del Regno -BoNIN LoNGARE S. E. conte Lelio, Ministro di Stato, Ambasciatore, Senatore del Regno -CAVAGLIERI Arrigo, Professore di diritto nella Regia Università di Napoli -CAVAZZONI Stefano, Deputato al Parlamento -CoNTARINI S. E. Salvatore, Ministro di Stato, Ambasciatore, Senatore del Regno, Consigliere di Stato -CusANI CoNFALONIERI S. E. marchese Girolamo, Ambasciatore -D'AGOSTINO S. E. marchese Ernesto, Presidente onorario del Consiglio di Stato -D'AMELIO S. E. Mariano, Senatore del Regno, Presidente della Corte di Cassazione -DE MrcHELIS S. E. Giuseppe, Ambasciatore, Senatore del Regno -DrENA Giulio, Professore di diritto nella Regia Università di Pavia -FEDozzr Prospero, Professore di diritto nella Regia Università di Genova -GEMMA Scipione, Professore di diritto nella Regia Università di Bologna -IMPERIALI DI FRANCAVILLA S. E. marchese Guglielmo, Ambasciatore, Senatore del Regno -LANZA DI ScALEA S. E. principe Pietro, Ministro di Stato, Deputato al Parlamento -PAuLuccr DE' CALBOLI S. E. marchese Raniero, Ambasciatore, Senatore del Regno -PERLA S. E. conte Raffaele, Presidente del Consiglio di Stato a riposo, Senatore del Regno -PrLOTTI Massimo, Consigliere di Cassazione -RoLANDI Rrccr S. E. Vittorio, Senatore del Regno, Ambasciatore onorario -RoMANO S. E. Santi, Presidente del Consiglio di Stato -SALANDRA S. E. Antonio, Deputato al Parlamento, Professore di diritto nella R. Università di Roma -SALVAGO RAGGI S. E. machese Giuseppe, Ambasciatore, Senatore del Regno -SoLMI Arrigo, Deputato al Parlamento, Professore di diritto nella Regia Università di Pavia -VALVASSORI PERONI Angelo, Senatore del Regno.

Segretario Generale: GIANNINI Amedeo, Consigliere di Stato, inviato straordinario e ministro plenipotenziario onorario con rango di l" classe.

Segretario aggiunto: N. N.

.4PPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA

(Situazione aL l" gennaio 1929)

Afganistan: QASIM Sayed, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SAID Mohammad, l" segretario; FAIZ Mohammad, 2" segretario.

ALbania: DINO Djémil, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DERVISHI Ferid, l" segretario; KARAZI Hamdi, 2" segretario; LIBOHOVA Ekrem, tenente colonnello, addetto militare.

Argentina: PEREZ Fernando, ambasciatore; LEGUIZAMÒN PoNDAL Honorio, consigliere; CHIAPPE Felipe, l" segretario; AsTENGO Oscar Oneto, l" segretario; FABLET Julian, capitano di vascello, addetto navale ed aeronautico aggiunto; GRAS Martin, tenente colonnello di cavalleria, addetto militare e aeronautico; BREBBIA Carlos, addetto commerciale.

Austria: EGGER MoELLWALD, Lothar, von, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VOLLGRUBER Alois, consigliere di legazione; JoRDA Jwo, consigliere aulico; ROTTER Adrian, segretario di legazione.

Belgio; FAILLE DE LEVERGHEM Georges, conte de la, ambasciatore; LALAING, conte de, consigliere.

BoLivia: N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CAMPERO Fernando, l" segretario.

BrasiLe: TEFFÉ Oscar, de, ambasciatore; FoNsEcA HERMES Joiio Severiano junior, da, l" segretario; TAVARES Raul, capitano di fregata, addetto navale; GUIMARAES BAsTos Arthur, dos, 2° segretario; MoRAES Joao Carvalho, de, 2° segretario; CAMPOS Deoclecio, de, addetto commerciale; SPARANO Luiz, addetto; TAVARES Osvaldo, addetto.

BuLgaria: RADEV Georgy P., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; STOILOV Stoil C., consigliere; VANCEV Nicolas, segretario; SAMARGEV Alexandre, l" segretario.

Cecoslovacchia: MASTNY Vojtech, inviato straordinario e ministro plenipotenzi~rio; CERMAK Milos, consigliere; LAICHTER Ivan, segretario; KuNES Vaclav, tenente colonnello di fanteria, addetto militare ed aeronautico; KuNDRAT Miroslav, segretario, addetto commerciale; MALY Rudolf, consigliere, capo servizio della stampa; ZLATNIK Jan, vice console, addetto all'ufficio stampa.

Paraguay: N. N.

Persia: PAKRÉVAN Fathollah khan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PouRÉVALY Abol-Ghassem khan, l" segretario, incaricato d'affari (ad interim).

Perù: MuJICA Y CARAS Pedro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LrzARZABURU Francisco, 2° segretario (assente); FoRERO Manuel E., tenente colonnello, addetto militare; MoNGE Enrique, capitano di fregata, addetto navale; LANATA CoUDY Luis, addetto civile onorario; SoYER Y CAVERO Salvadar, addetto commerciale aggiunto onorario.

Polonia: PRZEZDZIECKI Stefan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RoMER Taddeo, de, consigliere; ToMASZEWSKI Giorgio, consigliere, gerente della sezione consolare della legazione; GosrEWSKI Taddeo, segretario; KoMIEROWSKI Ludomir, addetto; MrcHALWSKr Gius:eppe, addetto onorado; MrKULSKI Boleslav, consigliere commerciale.

Portogallo: TRINDADE CoELHO Henrique, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CISNEIROS FERREIRA Joao Maria, de, consigliere; AVELLAR TELLES Gastao, de, 2° segretario; VASCONCELLOS NOGUEIRA Qctavio Botelho, de, 3°

segretario; MONTEIRO DE MENDONçA Joao Pinto, addetto. Repubblica Dominicana: EsTRELLA URENA Rafael, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FRANco Tulio Franco, l" segretario; PELLERANO ALFAN Arturo J., addetto commerciale.

Romania: GHIKA Demetriu, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CoNSTANTINEScu Barbu, consigliere; VLADE.scu N. M., l o segretario; SoLAcoLo Theodore, capo dell'ufficio stampa; PoPESCu David, tenente colonnello di stato maggiore, addetto militare; PoRN Eugenio, consigliere commerciale.

SaZvador: N. N. Serbi, Croati e SZoveni (Regno dei): RAKré Milan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; YAKOVLJEvré Vojislav, 2" segretario; PETRovré Rastko, addetto; KoTNIK Cyrille, addetto; PAVELié Ante, addetto; ZAJcré Bozidar, capo ufficio stampa; NEDié M. G., addetto militare: VouKcEvré Petar, addetto aeronautico.

Siam: CHAMNONG DrTHAKAR Phya, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MAITRIRAKS L,uang Saman, 3o segretario; RAJMAITRI Luang Siri, 3o segretario.

Spagna: MuN-oz Y MENZANO Cipriano, conte de la Vifiaza, ambasciatore; GARCIA CoNDE Pedro, consigliere; MuN-oz Y RocA TALLADA Alvaro, segretario; SANCHEZ MAzAs Rafael, addetto per i rapporti culturali ed economici; GANDARA Y PLAZAOLA Josè, marchese de la Gandara, addetto onorario; SERT Josè Maria, addetto onorario (assente); CARRAsco Manuel, addetto onorario; YEBES, conte de, addetto onorario; MARTINEZ DE CAMPos Y SERRANo Carlos, conte de la Llovera, maggiore di artiglieria, addetto militare ed addetto aeronautico per l'esercito; MILLE Mateo, capitano di corvetta, addetto navale ed addetto aeronautico per la marina.

Stati Uniti d'America: FLETCHER Henry Prather, ambasciatore; KrRK Alexander C., l" segretario; HoLMES Ralston, capitano di vascello, addetto navale; CoLLINS James L., maggiore di artiglieria, addetto militare; MITCHELL Mawatt M., addetto commerciale; TrTTMANN Harold H., 2o segretario; DANIELS Thomas L., 2° segretario; BELLINGER Patrick N. L., comandante, addetto navale aggiunto per l'aviazione; LOVELL George E. junior, addetto militare aggiunto per l'aviazione; GAWN James Orville, capitano di fregata, addetto navale aggiunto (residente a Londra); SHIPP William E., maggiore di cavalleria, addetto militare aggiunto; HusE John Oldham, tenente di vascello, addetto navale aggiunto (residente a Berlino); OsBORNE A. A., addetto commerciale aggiunto.

Svezia: SJOBORG Erik, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PousETTE Sven Harald, consigliere; BILDT Care!, barone de, consigliere onorario.

Svizzera: WAGNIÈRE Georges, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SoNNENBERG Theoring, de, consigliere; VIELI Pierre, l o segretario; BAVIER Charles-Edouard, de, l o segretario.

Turchia: SuAD DAvAz Mehmed bey, ambasciatore; VAsFr Hassan bey, consigliere; SAIB Suleyman bey, l" segretario; SABIT Noury bey, l o segretario; EMIN Chakir bey, 3" segretario; HussErN Mustafà bey, addetto militare aggiunto.

Ungheria: HoRY Andras, de, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; WoDIANER Andras, de, consigliere; RosTY-FoRGACH DE BARK6cz Frantisek, segretario di legazione; PAPP DE OvA.R Gabriel, segretario di legazione di 2" classe; ScHINDLER Kostantin, colonnello, addetto militare.

Unione delle Repubbliche Sovietiche Socialiste: KURSKY Dimitri, ambasciatore; SALKIND Horace, 1° segretario; RrGUIN Aristarco, 2° segretario; KuRNossov Vladimir, capo ufficio stampa con rango di addetto; SILIN Grigorij, comandante di brigata, addetto militare, navale e aeronautico; KHODOROVSKI Giuseppe, rappresentante commerciale; LIVENSOHN Michele, capo aggiunto della rappresentanza commerciale.

Uruguay: PoNs Diego, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GRUNWALDT CuEsTAS Federigo, l" segretario; PozziLLI Arturo, addetto; WEsT Jorge, addetto commerciale, ARIAS Teofilo, addetto onorario; CoRDANo Rafael, addetto onorario.

Venezuela: PARRA-PEREZ Caracciolo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CASAS BRICENO J. M., l" segretario; CENTENO VALLENILLA Pedro, addetto.

45 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. VII